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Giuseppe Verdi - (Giuseppe Fortunino Francesco Verdi), uno dei massimi compositori italiani

dell'Ottocento, autore di pagine musicali indimenticabili e di melodrammi molto amati che fanno
parte stabilmente del repertorio operistico odierno, nacque da povera famiglia a Roncole di
Busseto (ora Roncole Verdi), dell'allora Stato di Parma governato dalla Francia, il 10 Ottobre 1813.

Dotato di una precoce inclinazione musicale, ebbe come primo maestro l' organista del paese, Don
Pietro Baistrocchi, Verdi, da ragazzo, si esercitava su una vecchia spinetta ed aiutava i genitori
nella bottega, una modesta osteria di paese.

A dodici anni si recò a Busseto per aiutare negli affari il suo futuro protettore Barezzi, ed a Busseto
frequentò il ginnasio, studiò musica con il maestro Ferdinando Provesi, direttore della Società
Filarmonica e latino con il canonico Seletti.

Fu in seguito a Milano con una borsa di studio del Monte di Pietà e con un sussidio del Barezzi.

Nel 1828, a 15 anni, compose una sinfonia ispirata a “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini, a
diciannove anni tentò di entrare in Conservatorio, ma non vi fu ammesso perché non aveva più
l’età adatta e decise di proseguire privatamente gli studi con il maestro al cembalo della Scala
Vincenzo Lavigna, che era anche professore di solfeggio del Conservatorio.
Tornato a Busseto, venne nominato maestro di musica del Comune e Direttore della Banda.

Nel 1835 sposò la figlia del suo protettore Margherita Barezzi, da cui ebbe due figli e si trasferì a
Milano dove, ottenuto nel 1838, un contratto con la casa di edizioni musicali Ricordi, Verdi esordì
come compositore di opere.

La sua prima opera "Oberto Conte di San Bonifacio", commissionata dall’impresario del Teatro La
Scala di Milano Bartolomeo Merelli, andò in scena con successo il 17 novembre del 1839, ma la
seconda opera "Un giorno di regno", a soggetto comico, rappresentata il 5 settembre dell‘anno
dopo, cadde rovinosamente, fu duramente fischiata e non ebbe neppure una replica, aggiungendo
così sconforto a Verdì già provato per la scomparsa della moglie e dei due figli.
Ma si era solo agli inizi della instancabile e prodigiosa attività di Verdi che proseguì di successo in
successo con “ Nabucodonosor” (o Nabucco) rappresentata il 9 Marzo del 1842, seguita da “I
Lombardi alla Prima Crociata“, andata in scena sempre alla Scala l'11 febbraio 1843, “Ernani”
(Teatro La Fenice di Venezia, 9 marzo 1844), “I due Foscari” (Teatro Argentina di Roma, 3
novembre 1844),“Giovanna d'Arco” (Teatro alla Scala di Milano, 15 febbraio 1845), “Alzira” (Teatro
San Carlo di Napoli, 12 agosto 1845), “Attila” (Teatro La Fenice di Venezia, 17 marzo 1846),
“ Macbeth” (Teatro della Pergola, 14 marzo 1847), “I Masnadieri“ (Teatro Her Majesty di Londra,
22 luglio 1847), “Il corsaro” (Teatro Grande di Trieste, 25 ottobre 1848), “La battaglia di Legnano”
(Teatro Argentina di Roma, 27 gennaio 1849), “Luisa Miller” (Teatro San Carlo di Napoli, 8
dicembre 1849), “Stiffelio“, rappresentato al Teatro Grande di Trieste il 16 novembre 1850.

Verdi aveva trentasette anni e le sue opere erano ormai rappresentate nei teatri di tutta Europa,
aveva affrontato anche l'esperienza del Grand Opéra parigino mettendo in scena “I Lombardi”
sotto la nuova veste di “Jerusalem“.

Nella primavera del 1851 Verdi si trasferì insieme alla sua nuova compagna, Giuseppina Strepponi
(che viveva con lui dal 1849 e che sposerà nel 1859), in una tenuta nel Piacentino a Sant'Agata,
una frazione di Villanova sull'Arda (Piacenza), poco lontano da Busseto, dove si dedicò con
passione all'agricoltura, coltivò il suo interesse per l'arte, la poesia, l'economia e la politica, fu
anche eletto consigliere nella giunta della provincia di Piacenza e continuò a comporre opere che
ebbero ancor più successo delle precedenti, come: “Rigoletto” (Teatro La Fenice di Venezia, 11
marzo 1851),“Il Trovatore” (Teatro Apollo di Roma, 19 gennaio 1853), “La Traviata” (Teatro La
Fenice, 6 marzo 1853), “I Vespri Siciliani” (Teatro de l'Operà di Parigi, 13 giugno 1855), “Simon
Boccanegra” (Teatro La Fenice, 12 marzo 1857), “Un ballo in maschera” (Teatro Apollo di Roma,
17 febbraio 1859)

Biografia e composizioni

Giuseppe Verdi - (Giuseppe Fortunino Francesco Verdi), uno dei massimi compositori italiani
dell'Ottocento, autore di pagine musicali indimenticabili e di melodrammi molto amati che fanno
parte stabilmente del repertorio operistico odierno, nacque da povera famiglia a Roncole di
Busseto (ora Roncole Verdi), dell'allora Stato di Parma governato dalla Francia, il 10 Ottobre 1813.

Dotato di una precoce inclinazione musicale, ebbe come primo maestro l' organista del paese, Don
Pietro Baistrocchi, Verdi, da ragazzo, si esercitava su una vecchia spinetta ed aiutava i genitori
nella bottega, una modesta osteria di paese.

A dodici anni si recò a Busseto per aiutare negli affari il suo futuro protettore Barezzi, ed a Busseto
frequentò il ginnasio, studiò musica con il maestro Ferdinando Provesi, direttore della Società
Filarmonica e latino con il canonico Seletti.

Fu in seguito a Milano con una borsa di studio del Monte di Pietà e con un sussidio del Barezzi.

Nel 1828, a 15 anni, compose una sinfonia ispirata a “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini, a
diciannove anni tentò di entrare in Conservatorio, ma non vi fu ammesso perché non aveva più
l’età adatta e decise di proseguire privatamente gli studi con il maestro al cembalo della Scala
Vincenzo Lavigna, che era anche professore di solfeggio del Conservatorio.

Tornato a Busseto, venne nominato maestro di musica del Comune e Direttore della Banda.

Nel 1835 sposò la figlia del suo protettore Margherita Barezzi, da cui ebbe due figli e si trasferì a
Milano dove, ottenuto nel 1838, un contratto con la casa di edizioni musicali Ricordi, Verdi esordì
come compositore di opere.

La sua prima opera "Oberto Conte di San Bonifacio", commissionata dall’impresario del Teatro La
Scala di Milano Bartolomeo Merelli, andò in scena con successo il 17 novembre del 1839, ma la
seconda opera "Un giorno di regno", a soggetto comico, rappresentata il 5 settembre dell‘anno
dopo, cadde rovinosamente, fu duramente fischiata e non ebbe neppure una replica, aggiungendo
così sconforto a Verdì già provato per la scomparsa della moglie e dei due figli.
Ma si era solo agli inizi della instancabile e prodigiosa attività di Verdi che proseguì di successo in
successo con “ Nabucodonosor” (o Nabucco) rappresentata il 9 Marzo del 1842, seguita da “I
Lombardi alla Prima Crociata“, andata in scena sempre alla Scala l'11 febbraio 1843, “Ernani”
(Teatro La Fenice di Venezia, 9 marzo 1844), “I due Foscari” (Teatro Argentina di Roma, 3
novembre 1844),“Giovanna d'Arco” (Teatro alla Scala di Milano, 15 febbraio 1845), “Alzira” (Teatro
San Carlo di Napoli, 12 agosto 1845), “Attila” (Teatro La Fenice di Venezia, 17 marzo 1846),
“ Macbeth” (Teatro della Pergola, 14 marzo 1847), “I Masnadieri“ (Teatro Her Majesty di Londra,
22 luglio 1847), “Il corsaro” (Teatro Grande di Trieste, 25 ottobre 1848), “La battaglia di Legnano”
(Teatro Argentina di Roma, 27 gennaio 1849), “Luisa Miller” (Teatro San Carlo di Napoli, 8
dicembre 1849), “Stiffelio“, rappresentato al Teatro Grande di Trieste il 16 novembre 1850.

Verdi aveva trentasette anni e le sue opere erano ormai rappresentate nei teatri di tutta Europa,
aveva affrontato anche l'esperienza del Grand Opéra parigino mettendo in scena “I Lombardi”
sotto la nuova veste di “Jerusalem“.

Nella primavera del 1851 Verdi si trasferì insieme alla sua nuova compagna, Giuseppina Strepponi
(che viveva con lui dal 1849 e che sposerà nel 1859), in una tenuta nel Piacentino a Sant'Agata,
una frazione di Villanova sull'Arda (Piacenza), poco lontano da Busseto, dove si dedicò con
passione all'agricoltura, coltivò il suo interesse per l'arte, la poesia, l'economia e la politica, fu
anche eletto consigliere nella giunta della provincia di Piacenza e continuò a comporre opere che
ebbero ancor più successo delle precedenti, come: “Rigoletto” (Teatro La Fenice di Venezia, 11
marzo 1851),“Il Trovatore” (Teatro Apollo di Roma, 19 gennaio 1853), “La Traviata” (Teatro La
Fenice, 6 marzo 1853), “I Vespri Siciliani” (Teatro de l'Operà di Parigi, 13 giugno 1855), “Simon
Boccanegra” (Teatro La Fenice, 12 marzo 1857), “Un ballo in maschera” (Teatro Apollo di Roma,
17 febbraio 1859).
In quegli anni Verdi si dedicò anche alla politica : dal 1861 al 1865 fu deputato del primo
Parlamento del Regno d’Italia, di questa esperienza ci resta l’”Inno delle Nazioni“, composto per
l'Esposizione Universale di Londra nel 1862.

Dopo la rappresentazione de “La forza del destino” al Teatro Imperiale di Pietroburgo, il 10


novembre 1862, Verdi rallentò il ritmo della sua produzione e compose ancora “ Don Carlos”
(Teatro de l'Operà di Parigi, 11 marzo 1867), “Aida” (Teatro dell'Opera del Cairo, 24 dicembre
1871), commissionata per l'inaugurazione del canale di Suez e l'unica composizione di genere
cameristico il “Quartetto in mi minore per archi” nel 1873.

Nel 1874, sebbene Verdi si fosse ormai allontanato (deluso) dalla politica venne nominato
Senatore, scrisse una “ Messa di Requiem” per la morte di Alessandro Manzoni, rappresentata
nella Chiesa di San Marco a Milano il 22 maggio e, negli anni seguenti, le ultime opere “Otello” (5
febbraio 1887) e “Falstaff “(9 febbraio 1893) che furono rappresentate a Milano, dove si era
trasferito, dove compose quattro pezzi di musica sacra “Ave Maria”, “ Laudi alla Vergine”, “Te
Deum” ed il “Pater noster”, e dove il 16 Dicembre 1899 istituì l'“Opera Pia Casa di Riposo per i
Musicisti“ volendo generosamente assicurare una vita decorosa a coloro che si erano dedicati
all'Arte Musicale e che si trovavano in condizioni precarie.

Giuseppe Verdi morì a Milano, nel compianto dei suoi tanti ammiratori, il 27 gennaio 1901 ed è
sepolto nella Casa di Riposo dei Musicisti di Milano da lui fondata.

NASCITA E CONTESTO DEL NABUCCO


Originariamente era Nabucodonosor , nella partitura autografa di Verdi e nella prima edizione
a stampa, ma lo stesso Verdi usò sempre in seguito il titolo abbreviato, Nabucco , per la sua
terza opera nonché primo dei numerosi trionfi che segnarono la sua lunga carriera. La storia
della composizione di Nabucco mescola romanzescamente verità e fantasia nel libro Volere è
potere (1869) di Michele Lessona e nel Racconto autobiografico , presumibilmente dettato da
Verdi a Giulio Ricordi nel 1879.
Entrambe le fonti ci raccontano, in modo più o meno fantasioso, come l’impresario della Scala,
Bartolomeo Merelli, nel periodo successivo alla composizione di Oberto, conte di San
Bonifacio , offrì a Verdi un contratto per tre opere da scrivere in otto mesi, tra cui un’opera
buffa, Un giorno di regno , che cadde clamorosamente alla prima esecuzione; Merelli non
diede peso a questo evento e confermò comunque la sua fiducia in Verdi, offrendogli di
musicare un libretto – Nabucodonosor appunto – che era stato rifiutato dal giovane
compositore prussiano Otto Nicolai.
Per quanto non sia possibile stabilire con certezza quando Verdi mise mano a Nabucco , è
stato ipotizzato (Parker) che l’inizio della composizione non sia avvenuto prima del maggio
1841. Prima fonte del libretto di Temistocle Solera è naturalmente la Bibbia, letta nella
traduzione di Giovanni Deodati, come testimoniano le citazioni apposte a capo delle varie
sezioni del libretto. I riferimenti alla Bibbia riguardano in particolare il regno di Giuda e la sua
invasione da parte del re babilonese Nabucodonosor nel 587-586 a.C., quando fu
saccheggiato il tempio di Gerusalemme, cui seguì la deportazione dei vinti in Babilonia, dove
circa mezzo secolo dopo furono liberati; nel racconto biblico non figurano però né Ismaele –
nipote di Sedecia re di Gerusalemme – né Abigaille, e neppure Fenena.

ALTRE FONTI
Altre fonti più vicine al libretto di Solera sono il dramma francese Nabuchodonosor di Auguste
Anicet-Bourgeois e Francis Cornu, rappresentato nel 1836 al Théâtre de l’Ambigu-Comique di
Parigi, tradotto dopo circa due anni in italiano, e il ballo storico Nabuccodonosor di Antonio
Cortesi, rappresentato alla Scala il 27 ottobre 1836. Frutto della fantasia di Solera è invece
l’amore non corrisposto di Abigaille per Ismaele, che non trova riscontro in alcuna delle fonti
citate.
Se la rielaborazione delle varie fonti operata da Solera non aveva convinto Otto Nicolai, che
volentieri aveva lasciato libero il libretto di Nabucco scrivendo che una rabbia perpetua,
spargimento di sangue, maledizioni, frustate e omicidi» non erano un soggetto adatto a lui,
tale soggetto era stato evidentemente giudicato funzionale allo sviluppo drammaturgico della
propria opera da Verdi che, certo del risultato che Nabucco avrebbe sortito, intraprese un
braccio di ferro con Merelli al fine di vedere l’opera inserita nel cartellone della stagione di
carnevale-quaresima 1842. Per l’impresario non era consigliabile infatti figurare in un
cartellone che contemplava nomi di compositori più illustri, quali Donizetti, Pacini, Bellini, e
proponeva che si rimandasse l’opera a primavera.
Ma Verdi non ci sentiva: secondo quanto narra il Racconto autobiografico , egli insistette
caparbiamente per carnevale, anche perché il cast di quella stagione comprendeva il soprano
Giuseppina Strepponi e il baritono Giorgio Ronconi. Nonostante le pessime condizioni vocali
della Strepponi nel ruolo di Abigaille (condizioni talmente critiche da costituire probabilmente la
causa del taglio, a partire dalla terza recita, dell’agonia di Abigaille che chiude l’opera) e le
scene e i costumi, raffazzonati alla meglio, l’opera andò in scena il 9 marzo 1842 con un
successo tale da venire ripresa settantacinque volte solo alla Scala entro la fine dell’anno.

GLI ATTI
ATTO PRIMO  .
‘Gerusalemme’. All’interno del tempio di Salomone, Ebrei e Leviti invitano le vergini ebree a
pregare per la salvezza di Israele. Infatti il re d’Assiria, Nabucco, ha attaccato gli Ebrei (coro
“Gli arredi festivi”). Entra il pontefice Zaccaria, dicendo che Dio ha tratto in suo potere Fenena,
figlia di Nabucco: lei forse potrà far ritornare la pace; invita perciò gli Ebrei a confidare nel loro
Dio (cavatina “D’Egitto là sui lidi”). Improvvisamente si sentono grida: arriva Ismaele, nipote di
Sedecia re di Gerusalemme, annunciando che Nabucco si sta avvicinando furibondo. Zaccaria
affida Fenena a Ismaele, predicendo rovina al Dio di Belo (cabaletta “Come notte a sol
fulgente”).
Intanto Ismaele, innamorato di Fenena e trovatosi solo con lei, ricorda quando, nelle vesti di
ambasciatore di Giuda, andò in Babilonia e, imprigionato, fu salvato da Fenena: sia dalla
prigione, sia dall’amore furente della di lei sorella, Abigaille. Fenena gli rammenta la sua
attuale condizione di schiava, e Ismaele le giura che le renderà la libertà; ma, mentre sta per
aprire una porta segreta da cui fuggire, entra Abigaille, schiava creduta figlia primogenita di
Nabucco, seguita da alcuni guerrieri babilonesi travestiti da Ebrei. Sorpresi i due amanti, ella
accusa Ismaele di tradire la patria per una donna babilonese e grida vendetta, confessando di
averlo amato e di avergli offerto anche il regno di Babilonia; sentendosi schernita, ha mutato
ora il suo amore in odio, ma si dichiara pronta a salvarlo se Ismaele cambierà partito
(terzettino “Io t’amava!…”).
Gli Ebrei sono in preghiera nel tempio, quando giunge la notizia che Nabucco a cavallo si sta
avvicinando. S’avanza anche Abigaille, inneggiando a Nabucco: è lei che ha aperto il passo ai
guerrieri babilonesi, che ora fanno irruzione nel tempio. Segue anche Nabucco, che viene
affrontato da Zaccaria; questi minaccia di uccidere Fenena, che tiene in pugno, se Nabucco
osasse profanare il tempio. Mentre Zaccaria sta per vibrare il colpo su Fenena, Ismaele ferma
il pugnale; la fanciulla corre fra le braccia di Nabucco, che annuncia tremenda vendetta.
ATTO SECONDO  .
‘L’empio’. Abigaille ha in mano uno scritto che ha sottratto a Nabucco, nel quale si attesta la
sua nascita servile; per questo motivo Nabucco ha destinato il trono alla figlia minore, Fenena,
mentre Abigaille è tenuta in schiavitù. Questa condizione la rende furente contro tutti. Arriva
persino a minacciare di morte Fenena, il finto padre Nabucco e il regno. Inizia l’ aria “Anch’io
dischiuso un giorno”.
Il gran sacerdote di Belo avverte Abigaille che Fenena sta liberando gli Ebrei, per cui il popolo
assiro acclama regina Abigaille (cabaletta “Salgo già del trono aurato”). Nella reggia Ismaele
incontra i Leviti che gli intimano di fuggire, maledicendolo perché ha tradito il suo popolo (coro
“Il maledetto non ha fratelli”). Sopraggiunge Anna, che dice di aver pietà di Ismaele: ha salvato
un’ebrea, Fenena, che si è infatti convertita al dio di Israele. Entra Abdallo, dicendo che è stata
annunciata la morte di Nabucco e che Abigaille è invocata regina.
Abigaille intima a Fenena di renderle la corona; ma entra Nabucco e, strappata la corona dalle
mani di Abigaille, la sfida a prenderla dal suo capo (“S’appressan gl’istanti”). Nabucco ripudia il
dio di Babilonia, che ha reso i babilonesi traditori e quello degli Ebrei, che li ha posti in suo
potere. In un impeto d’orgoglio, dichiara se stesso dio. A questa affermazione scoppia un
fulmine; Nabucco sembra avere sul volto le tracce della follia: sconvolto, cade, invocando
l’aiuto di Fenena (“Chi mi toglie il regio scettro”), mentre Abigaille raccoglie la corona.
ATTO TERZO.
‘La profezia’. La scena si apre negli orti pensili di Babilonia. Abigaille è sul trono. Il sacerdote
di Belo invoca la morte per tutti gli Ebrei e per Fenena per prima, in quanto traditrice di Belo.
Entra Nabucco, con vesti lacere e barba incolta. allora Abigaille ordina di rinchiuderlo nelle sue
stanze, poiché ha perso il senno, ma Nabucco rivendica il suo trono e affronta l donna.
Abigaille dice di averlo occupato per il bene di Belo quando lui era demente e invoca lo
sterminio degli Ebrei. Nabucco è perplesso, Abigaille lo accusa di essere un vile. Furibondo,
Nabucco la appella schiava e cerca il foglio che attesta la sua nascita servile, ma è Abigaille a
trarlo dal seno e a farlo in pezzi (duetto “Donna, chi sei?”). Abigaille fa condurre in prigione
Nabucco, il quale chiede di rendergli almeno Fenena. Intanto, sulle sponde dell’Eufrate, gli
Ebrei incatenati e costretti al lavoro pensano con nostalgia alla loro patria (coro “Va pensiero
sull’ale dorate”); arriva Zaccaria, che profetizza la futura liberazione del suo popolo (“Del futuro
nel buio discerno”).
ATTO QUARTO.
‘L’idolo infranto’. Negli appartamenti della reggia Nabucco è assopito. Si sveglia ansante al
suono di guerra, e crede che Belo stia cadendo in mano agli Ebrei: si affaccia alla finestra e
vede Fenena tratta a morte in catene. Cerca di uscire, ma si rende conto di essere rinchiuso;
disperato, si tocca la fronte e domanda perdono al Dio degli Ebrei (aria “Dio di Giuda!”).
Fa per aprire con violenza la porta, sentendosi ormai guarito e rinvigorito, prende la spada di
Abdallo e corre a salvare Fenena (cabaletta “O prodi miei seguitemi”). Intanto negli orti pensili
il sacerdote di Belo attende Fenena, che si prepara al martirio (“Oh dischiuso è il firmamento”).
Irrompe Nabucco, con Abdallo e i guerrieri; cade l’idolo, e Nabucco narra di come il Dio di
Giuda lo rese demente quand’era tiranno, facendo anche impazzire Abigaille che nel frattempo
ha bevuto il veleno.
Tutti si inginocchiano e rendono grazie a Dio (“Immenso Jeovha”). Entra Abigaille, in fin di vita,
sorretta da due guerrieri: chiede perdono a Fenena, benedicendo il suo amore con Ismaele;
muore implorando la pietà di Dio (aria “Su me… morente… esanime”), mentre Zaccaria saluta
Nabucco re dei re.

ANALISI DELL’OPERA
La fortuna di Nabucco è legata al successo di una delle pagine più celebri, il coro “Va
pensiero”. Erroneamente, certa critica sostiene essere stato bissato alla prima esecuzione,
laddove fu invece il coro “Immenso Jeovha” a essere replicato. In realtà “Va pensiero”
costituisce il fulcro ideale dell’opera,  connotata come dramma corale. Non è dunque un caso
che già dalla sinfonia, il tema presentato come principale sia quello della fermezza degli
Ebrei di fronte alla persecuzione, seguito dal tema della maledizione di Ismaele.
Per questo suo carattere una delle opere  modello  di Nabucco è il Moïse et Pharaon di
Rossini, opera eminentemente corale. A questa impostazione del dramma come scontro di
popoli corrisponde una concezione della partitura estremamente massiccia, connotata da una
forte presenza degli ottoni, trattati spesso con una scrittura corale, e dalla banda.

IL DRAMMA INTIMO
Rimane naturalmente lo spazio anche per il dramma intimo, come quello di Abigaille alla fine
dell’opera:  il canto franto della schiava morente è orchestrato con mano leggerissima (corno
inglese, arpa, violoncello e contrabbasso soli). Ma anche il momento altissimo della follia di
Nabucco,  dove la gamma emotiva del protagonista (follia, terrore, pianto, svenimento) è
condensata con una straordinaria ed efficacissima economia di mezzi.
La grandezza di Nabucco sta proprio in questa  di far prevalere sempre e comunque il
dramma. Funzionale a questo esito è l’individuazione di un conflitto tra personalità incarnate in
tipi vocali. Questo conflitto diverrà tipico in Verdi, e si attua qui tra Nabucco e Zaccaria. Vi è
poi in Nabucco l’immissione di quella larga vena di melodismo popolare che pervaderà tutti i
cori ‘patriottici’ fino alla Battaglia di Legnano .
Durante l’Ottocento Nabucco conobbe moltissime riprese. In occasione di una di queste
(Venezia, La Fenice, 26 dicembre 1842) Verdi scrisse una ‘romanza’ in sostituzione della
‘preghiera’ di Fenena “Oh dischiuso è il firmamento”, per assecondare le richieste
dell’interprete, il soprano Almerinda Granchi, che considerava la sua parte sacrificata rispetto
a quella di Abigaille. Un’altra modifica da registrare – non suggellata dal placet di Verdi, ma
interessante dal punto di vista storico, soprattutto per i sostenitori del carattere risorgimentale
di Nabucco – è la modifica apportata a un verso significativo della cabaletta di Zaccaria “Come
notte a sol fulgente”: fino al 1848 Zaccaria cantava impunemente “Che sia morte allo stranier”;
fu solo a partire dalle riprese successive, quando la censura divenne più rigida e la
repressione più serrata, che questa frase fu occasionalmente sostituita.

INFORMAZIONI PRINCIPALI
Type:
Dramma lirico in quattro parti
Author:
Giuseppe Verdi (1813-1901)
Subject:
libretto di Temistocle Solera, dal dramma Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e
Francis Cornu e dal ballo Nabuccodonosor di Antonio Cortesi.
First:
Milano, Teatro alla Scala, 9 marzo 1842

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