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ROSSINI A ROMA:

Breve introduzione, L’Inganno felice


e la Matilde di Shabran.

A cura di Marco Carlo Rognoni


Rossini inizia il suo percorso artistico proprio a Roma il 18 maggio 1812 al Teatro valle con “Demetrio e
Polibio”, Dramma serio in 2 atti, e dopo una parentesi a Venezia, Bologna, Ferrara e Milano torna a Roma
nel 1815 sempre al Teatro Valle con “Torvaldo e Dorliska”, Dramma semiserio in 2 atti, due generi
completamente diversi e tipici di quel periodo.

In seguito arriva al Teatro Argentina con un grande successo che durerà nella storia, il “Barbiere di Siviglia”,
il più rappresentato anche ai giorni nostri.

Ancora nel 1817 viene rapprentata “La Gazza Ladra”, rappresentata sempre al Teatro Valle dopo il periodo
Napoletano.

Rossini, dopo il 1817 al Teatro Argentina con “Adelaide di Borgogna” si sposta a Napoli con delle parentesi
ancora a Venezia e a Milano per poi tornare a Roma per l ‘ultima opera del 1821 creata proprio per Roma,
la “Matilde di Shabran”, anche se sull’argomento ci sono diversi dubbi e questioni ancora aperte.

Ma se la “Matilde di Shabran” è l’ultima opera creata, non è di certo l’ultima opera rappresentata.

Ma non possiamo comprendere a fondo l’operato di Rossini senza accennare ad un breve inquadramento
storico.

Nel 1814, dopo ben quattro anni, dieci mesi e quattordici giorni di forzato esilio, Pio VII rientrò a Roma e
riprese in mano le redini del potere.

Prima del 1801 però, con il “motu proprio” l’Imperatore Napoleone Bonaparte occupa Roma con il dominio
francese e minaccia l’autorità papale proclamando Roma la seconda città del suo Impero francese.

Pio VII venne arrestato e fatto prigioniero dai francesi e quindi deportato in Francia dove rimase per cinque
anni rinchiuso nelle carceri del Castello di Fontainbleau.

Nel 1814 però, come già accennato, alla caduta di Napoleone venne restaurato il potere papale con il
congresso di Vienna, che continuò le vie delle riforme con l’aiuto del fedele Cardinale Ercole Consalvi.

Le riforme principali furono :

- la riforma del catasto e della tassazione


- la liberalizzazione del commercio
- la soppressione dei diritti feudali
- l’apertura della scuola di ingegneria alla Sapienza
- la formale approvazione alla pubblicazione di opere che presentano la teoria copernicana come
fatto scientifico assoluto.

Tuttavia il futuro del Papa non darà alla luce una restaurazione vera e propria, poiché infatti quest’ultimo
confermò nei loro incarichi molti degli uomini di potere coinvolti nell’esperienza Napoleonica.

Anche Gioachino Rossini, in questo periodo storico, non ebbe certo vita facile e non poche difficoltà, anchè
perché il famoso compositore non si riteneva affatto un rivoluzionario ma bensì un conservatore.

Nel 1815 in Italia il processo di semplificazione del quadro politico vede la soppressione di due antiche
Repubbliche di Genova e Venezia, e pose le premesse per una riduzione di numero di stati indipendenti
della penisola.

Anche il Regno di Napoli, come il Ducato di Parma e Piacenza fu soppresso, e i Borboni con Ferdinando I,
che ritornò a Napoli divenne capo di un Nuovo Regno, il Regno delle due Sicilie, cui facevano parte oltre a
Napoli, anche Roma e le Sicilie.

Le due Sicilie si considereranno la più grande potenza italiana e molti erano convinti che con Ferdinando al
potere di ottenere l ‘egemonia assente della penisola. ??????

In questa situazione complessa Rossini opera con difficoltà e proprio da qui escono le più grandi opere del
compositore italiano.

Il 1821 è l’anno in cui Rossini chiude la sua avventura a Roma, scrivendo per l’occasione un’ultima nuova
opera, La “Matilde di Shabran”, riscoperta negli ultimi anni.

Nel 1821 i Teatri più attivi a Roma sono il Teatro Argentina e il Teatro Apollo, ora Teatro Tor di Nona, e in
piccola parte il Teatro Valle.

In questo periodo abbiamo autori come Gaetano Gioia, con “Acbar Gran Mogol”, ballo tragico
rappresentato il 17 febbraio 1821 per la stagione di Carnevale.

Questa è l’unica opera con un genere completamente diverso che si contraddistingue dalle altre, che sono
per lo più Drammi seri o giocosi, mentre questo è caratterizzato in tutto dal ballo, presente
ininterrottamente in tutta l’opera.

Anche il libretto appare scritto in modo diverso, contenente solo la spiegazione delle scene e quello che
rappresenta il balletto eseguito in scena.

Ancora per la stagione di Carnevale 1821-1822, il 26 dicembre 1821 abbiamo Michele Carafa con “La
capricciosa e il soldato o sia un momento di lezione”, melodramma giocoso in due atti, rappresentato al
Teatro Apollo .
Giovanni Papini, con Cesare in Egitto, melodramma eroico in due atti, prima assoluta il 26 dicembre 1821,
Vincenzo Pucitta con I due Prigionieri, Farsa giocosa per musica in un atto, il 13 giugno 1821 e Domenico
Capranica con “L’olandese in Russia”, melodranmma giocoso in un atto il 9 settembre 1821 sono alcuni
degli autori in voga al Teatro Argentina nel 1821 insieme a Rossini,
Altri autori Pietro Ambrosini, Giacomo Cordella e Giovanni Simone Mayr.
RAPPRESENTAZIONI 1821 – TEATRO ARGENTINA

GAETANO GIOIA ACBAR GRAN MOGOL 17-2-1821 BALLO TRAGICO IN 5 ATTI

PACINI GIOVANNI CESARE IN EGITTO 26-12-1821 MELODRAMMA EROICO IN 2 ATTI PRIMA ASS.

PUCITTA VINCENZO I DUE PRIGIONIERI OSSIA LA BURLA FORTUNATA 13-6-1821 FARSA GIOCOSA PER MUSICA IN 1 ATTO

CAPRANICA DOMENICO L’OLANDESE IN RUSSIA 09-09-1821 MELOGRAMMA GIOCOSO IN 1 ATTO

AMBROSINI PIETRO IL RICONOSCIMENTO FELICE 30-06-1821 FARSA PER MUSICA IN UN ATTO

CORDELLA GIACOMO LO SPOSO DI PROVINCIA 29-09-1821 COMMEDIA PER MUSICA IN 2 ATTI

TEATRO VALLE

TRENTO VITTORIO LA CONQUISTA DELLE GIOVANI AMAZZONI 22-01-1821 MELODRAMMA


SEMISERIO SPETTACOLOSO IN 2 ATTI
MAYR GIOVANNI SIMONE IL TRIONFO DELL’AMICIZIA O SIA LA ROSA BIANCA E LA ROSA ROSSA
29-01-1821 DRAMMA PER MUSICA IN 2 ATTI

TEATRO APOLLO

GRAZIOLI FILIPPO LA FESTA DELLA RICONOSCENZA OSSIA IL PELLEGRINO BIANCO CARN. 1821
MELODRAMMA GIOCOSO IN 2 ATTI
(LIBRETTO JACOPO FERRETTI )
ROSSINI GIOACHINO L’INGANNO FELICE 15-09-1821 FARSA PER MUSICA IN UN
ATTO
ROSSINI GIOACHINO LA MATILDE DI SHABRAN 24-02-1821 MELODRAMMA GIOCOSO IN
2 ATTI (LIBRETTO DI JACOPO FERRETTI )

*LA MATILDE DI SHABRAN SI NOTI SCRITA DALLO STESSO LIBRETTISTA DI GRAZIOLI ED E’ L’ULTIMA
OPERA SCRITTA PER LA CITTA’ DI ROMA E IN ASSOLUTO
Al teatro Valle abbiamo in scena Trento Vittorio e Mayr Giovanni Simone.
Una curiosità per il Teatro Apollo, ora Tor di Nona: nella stagione di carnevale oltre a Rossini con
Matilde di Shabran va in scena un’opera di Grazioli Filippo, con “La festa della Riconoscenza ossia il
pellegrino Bianco”, un melodramma giocoso in due atti scritto da Jacopo Ferretti , lo stesso
librettista di Rossini per “La Matilde di Shabran”.
Dal punto di vista vocale abbiamo un Tenore, un basso e un contralto e soprano.
Come abbiamo detto la “Matilde di Shabran” è l’ultima opera nuova creata per la città di Roma ma
non l’ultima rappresentata.
In realtà l’ultima opera di Rossini rappresentata a Roma al Teatro Argentina è “L’inganno Felice”,
che già fu rappresentata per la prima volta al Teatro San Moisè di Venezia l’8-01-1812 come terza
opera rappresentata .
La scena è in Provenza, con una catena di montagne in prospettiva e l’ingresso di una miniera.
Isabella, moglie fedele del Duca Bertrando, respinge le avances di Ormondo, consigliere del Duca.
Ormondo, per vendetta, mente a Bertrando dicendogli che la moglie è infedele, e il Duca ordina che
la moglie sia uccisa, così Isabella viene condotta da Batone, servo di Ormondo, su una barchetta,
abbandonata e lasciata alla mercè delle onde. La barchetta però arriva su una spiaggia e Isabella
viene soccorsa dal minatore Tarabotto.
Al suo salvatore Isabella non vuole far sapere la sua identità, e Tarabotto la fa passare per sua
nipote Nisa.Dopo 10 anni Isabella rivela la verità a Tarabotto, e lui le consiglia di approfittare delle
circostanze per rivelare la verità a Bertrando, che si trova nelle miniere con il suo seguito per
studiare una strategia contro il nemico che avanza.

Il Duca, Ormondo e Batone rimangono sconvolti quando vedono la finta Nisa, che credono un
fantasma vendicatore di Isabella .

La donna però non si fida più di Bertrando ma sente di amarlo ancora e cerca di avvicinarsi a lui, che
sconvolto e spaventato viene costretto da Ornando a rapire Isabella.

Nel finale notturno Bertrando difende Nisa per la quale nutre affetto profondo, e Tarabotto spera di
ricongiungere la coppia.

Alla fine i piani di Ornando vengono sventati e il traditore viene arrestato, Isabella e Bertrando si
ricongiungono dopo dieci anni, e Tarabotto viene ricompensato per la sua lealtà, e Batone graziato da
Isabella.

Cavatina di Bertrando, Qual tenero diletto, Tenore.

Nonostante i componimenti di Rossini siano difficili e non facili da interpretare, nella Cavatina di Bertrando
al contrario la melodia è orecchiabile e con un buono studio cantabile da qualsiasi tenore. La vocalità parte
da un MI 4 ad un SOdisis 5, con tre diesis in chiave, FA diesis, DO diesis e SOL diesis.

Nell’ascolto della cavatina di Bertrando si possono notare l’uso di strumenti a fiato, coe 2 flauti ottavini, 2
oboi, 2 clarinetti, fagotto, 2 corni e gli archi, violino in particolare.
In questo periodo nelle opere di Rossini vengono utilizzati ben 2 Tenori, 2 Bassi, e 1 Soprano e in
pochissime volte il Contralto en travestie.

Prende sempre più piede il Tenore che avrà sempre più spazio nelle opere del periodo e anche in Rossini.

Anche in Matilde di Shabran, ultima opera scritta per Roma nel 1821 da Rossini, il Tenore è molto
considerato. Troviamo 4 Tenori, 4 Bassi, 1 Soprano e 1 Contralto.

Il 24 febbraio 1821 Rossini rappresenta la “Matilde di Shabran”, l’ultima opera semi-seria scritta per Roma,
al Teatro Apollo mi Roma, detto anche Tor di Nona dal nome del quartiere che lo ospita.

Sul frontespizio del libretto della prima romana della “Matilde di Shabran” si trova la dicitura “melodramma
giocoso”, definizione che nella versione napoletana sarà modificata in dramma per musica. L’intento di
Ferretti, noto librettista e autore anche dell’opera in oggetto, era quello di fare un lavoro decisamente
comico.

Gli elementi tipici dell’opera semiseria introdotti da Ferretti nel Corradino e riproposti nella Matilde non
sono molti e la loro presenza diventa veramente determinante solo nel secondo atto. Uno dei più tipici si
trova in ogni caso nell’introduzione dopo la descrizione dell’atrio del castello, dove il poeta Isidoro si
avvicina e commenta le scritte minacciose del castello preceduto però dall’arrivo dei “villani e villanelle”
che si recano al castello per offrire i loro omaggi, frutta ed erbaggi, al Conte. Questo bè uno dei topoi
dell’opera semiseria, e di tutte le opere di ambientazione feudale.

La “Matilde di Shabran” si porta dietro molti interrogativi, e uno di questi è se è stata scritta veramente per
Roma e poi trasformata per i teatri e il pubblico napoletano oppure se è stato un esperimento pensando già
a Napoli.

In effetti si sa che la Matilde ha tre versioni, di cui due le principali quelle di Roma e Napoli, la terza è per il
pubblico Viennese.

In realtà cercando sul web le rappresentazioni degli ultimi tempi si troverà soltanto la versione Napoletana,
e mai quella romana, e questo lo si deduce dalla differenza tra il recitato e il libretto ufficiale, dove si
sentono chiaramente le recitazioni in dialetto napoletano.

Ma anche da alcune lettere di Rossini abbiamo una testimonianza sul perché Rossini non scrive più per
Roma e perché la Matilde di Shabran fu poi quasi dimenticata, fino alle ultime riscoperte e studi.

La lettera 214-Napoli 19-9-1820 indirizzata a Giovanni Paterni a Roma si riferisce al rifiuto della proposta
per il Teatro Argentina essendo in accordo con il Duca di Torlonia per rappresentare al suo neo acquistato
Teatro Apollo l’opera “Matilde di Shabran”.

Una piccola curiosità è che nonostante la promessa fu per l’inaugurazione del periodo di carnevale come
opera di apertura, quest’opera ancora non nera stata scritta e ci furono grossi ritardi documentati in alcune
lettere e la rappresentazione slittò poi quasi alla fine del periodo.

Nella lettera 242 – Roma 27-2-1821 per Tomaso Bernetti, Rossini si riferisce al mancato pagamento e al
venir meno degli accordi col Duca Torlonia per cui RITIRA l’Opera in quanto proprietario intellettuale (oggi
si direbbe dei diritti di autore).
Infatti , come già è stato accennato, l’Opera Rossiniana vede nel giro di pochi mesi cadute e restaurazioni di
governi, con una vita familiare scossa dalla prigionia del padre e del trasferimento a Lugo nel Bolognese.

Già da adolescente era il sostegno economico della famiglia e il periodo storico si svolse su un palcoscenico
mutevole al massimo, con il sorgere e il declinare dei regimi Napoleonici in Italia.

Lettera 214-Napoli 19-9-1820 indirizzata a Giovanni Paterni:

“Pregiatissimo Sr,

non le ho risposto prima d’ora poiché essendo io in tratato col Sig. Duca Torlonia, pel suo Teatro, non le
avrei data che una risposta vaga; ora che sono con il Sig. Torlonia scritturato le dico non potere per
conseguenza accettare la sua gentil offerta nel prossimo carnevale ……………………… . Suo serv. GR “

Giovanni Paterni fu dal 1779 al 1837 impresario di diversi teatri di Roma.

Il Duca Torlonia, banchiere Romano , nel 1820 compra e rinnova il Teatro Apollo . D’intesa con il capo
comico Luigi Vestri, il Duca organizzò all’Apollo , che accoglieva compagnie di Prosa, una stagione
operistica.

Il teatro apre il 26-12-1820 con “La Cenerentola”, per la quale Rossini compose l’aria “Là del ciel nell’arcano
profondo”, seguì “la festa della riconoscenza ossia Il pellegrino bianco” di Filippo Grazioli, e infine la
“Matilde di Shabran”, opera alla quale si riferisce la scrittura cui accenna Rossini.

Per il ritardo del Duca a pagare Rossini, dopo la Prima recita dell’opera, il figlio del Duca Giovanni, il principe
Alessandro, che comprò tra il 1843-1852 il teatro Argentina, fu in corrispondenza con Rossini.

Lettera 242 Roma 27 febbraio 1821 a Tommaso Bernetti.

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