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AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA

Sala Santa Cecilia


Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
 
Nicola Luisotti direttore
 
Il Gattopardo: Suite sinfonica
Titoli di testa (Allegro impetuoso)
N. 6 Viaggio a Donnafugata (Allegro impetuoso)
N. 19 Senza titolo (Sostenuto appasionato)
N. 11 Angelica e Tancredi (Andante)
N. 7 I sogni del Principe
(Un poco mosso ma tranquillo e sognante -
con ansia - sentito - lo stesso tempo sereno e dolce)
N. 3 Partenza di Tancredi
N. 21 Amore e ambizione
N. 22 Quasi in porto
Finale
Data di composizione
1962-1963
Organico
3 Flauti (Ottavino),
2 Oboi, Corno inglese,
2 Clarinetti,
Clarinetto basso,
2 Fagotti, 4 Corni,
3 Trombe, 3 Tromboni,
Timpani, Tamburo,
Batteria, Arpa,
Pianoforte, Celesta, Archi
  
Il Gattopardo , Suite sinfonica di Rota
di Giovanni d’Alò
Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

«...Ho suonato un tema di una sinfonia che non avevo neanche mai scritta, ma che avevo fatto nel ’44- ’45… era un mio
ricordo di gioventù… Una sinfonia, così, romantica… basti dire che non l’avevo neanche completata, tanto ero poco
convinto, stilisticamente… Gli ho suonato questo tema e lui: “Questo è il tema del Gattopardo”».

In una conversazione con Sergio Miceli, Nino Rota racconta così, con quella disarmante semplicità che altri hanno definito
“candore”, la genesi di uno dei lavori più significativi nell’ambito della musica per il cinema. L’episodio, con tutta probabilità,
risale al 1961 o al 1962. Il “lui” evocato è Luchino Visconti, impegnato nella preparazione del suo settimo lungometraggio,
tratto dal famoso romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa pubblicato nel 1958 e divenuto il caso editoriale di quegli
anni. La “sinfonia” alla quale si allude è la Sinfonia sopra una canzone d’amore, partitura che Rota aveva effettivamente
composto negli anni ’40 e che sull’onda del successo del film completerà solo nel 1972, dando luogo a uno dei casi più
interessanti di traslazioni, passaggi e rimandi reciproci fra musica da concerto e musica per lo schermo.

Il Gattopardo viene distribuito nelle sale italiane nel 1963, anno in cui esce anche 8 e 1/2 di Federico Fellini, altro
capolavoro al quale forniscono un contributo tutt’altro che irrilevante le musiche di Nino Rota. È il momento di maggior
successo nella carriera del timido e schivo compositore (un altro vertice sarà toccato nel 1975 con l’Oscar per le musiche
del film Il Padrino, parte II), che si era affacciato nel mondo del cinema giusto trent’anni prima, e del quale ci apprestiamo a
onorare i cento anni dalla nascita.

Nino Rota nasce infatti nel 1911, a Milano. Dopo i primi insegnamenti appresi dalla madre e un exploit come bambino
prodigio (a soli dodici anni scrive l’oratorio L’infanzia di San Giovanni Battista e a quindici la commedia lirica Il principe
porcaro), studia- composizione al Conservatorio della sua città con Giacomo Orefice, Giulio Blas e Ildebrando Pizzetti,
diplomandosi a Roma nel 1930 sotto la guida di Alfredo Casella. Dopo due anni di perfezionamento al Curtis Institute of
Music di Filadelfia negli Stati Uniti, torna a Roma e scrive le musiche di scena per uno spettacolo della compagnia Tofano-
Cimara-Merlini. L’impegno teatrale si rivela l’anticamera per il debutto nel mondo del cinema, che avviene puntualmente
nel 1933 con il film Treno popolare dell’esordiente Raffaello Matarazzo. L’esperienza non sortisce però effetti immediati e
passeranno nove anni prima che Rota torni a impegnarsi nuovamente nel cinema. È ancora Matarazzo a chiamarlo nel ’42
e da questo momento per il giovane compositore si apre una luminosa carriera che lo porterà a collaborare con i maggiori
registi italiani del tempo: Renato Castellani, Alberto Lattuada, Mario Soldati, Luigi Zampa, Luigi Comencini, Mario Monicelli,
Eduardo De Filippo, e molti altri se ne aggiungeranno nei decenni successivi, anche sul piano internazionale.
Determinante è l’incontro, nel 1952, con Federico Fellini: da Lo sceicco bianco a Prova d’orchestra (e come non citare
almeno anche La dolce vita e Amarcord) i due artisti danno vita a uno straordinario sodalizio destinato a fare scuola in tutto
il mondo, che si interromperà solo con la morte del compositore.

Risale allo stesso periodo anche la prima collaborazione con Luchino Visconti: l’occasione arriva nel ’54 con il film Senso,
per il quale Rota deve “adattare” il primo movimento della Settima Sinfonia di Bruckner. Si tratta di un lavoro su una
partitura preesistente, ma il risultato è funzionale e non manca di ingegno, al punto che Visconti – solitamente incline a
utilizzare musica di repertorio – chiederà al compositore di scrivere le musiche originali per i suoi prossimi progetti: Le notti
bianche (1957), Rocco e i suoi fratelli (1960), Il lavoro (un episodio di Boccaccio ’70 del 1962) e, per l’appunto, Il
Gattopardo, ultimo frutto della loro collaborazione. Tratto dall’omonimo romanzo di Lampedusa, Il Gattopardo è un affresco
crepuscolare su uno dei momenti cruciali della storia italiana: il passaggio dal governo borbonico a quello del neonato
Regno d’Italia visto attraverso le vicende di una nobile famiglia siciliana di stampo patriarcale dominata dalla figura del
Principe Fabrizio di Salina (interpretato da Burt Lancaster). Uno speciale legame affettivo lega il Principe al giovane nipote
Tancredi Falconeri (Alain Delon) che, mosso da ideali rivoluzionari, partecipa attivamente agli eventi del suo tempo prima
come garibaldino e poi nelle fila dell’esercito piemontese. Ma il Principe è anche un disilluso, che ha intuito i mutamenti
sociali che scaturiscono dal nuovo ordine politico, ovvero il declino della nobiltà, con il suo culto della raffinatezza e
dell’eleganza, e l’ascesa di un ceto borghese rozzo e scaltro. E per far sì che “tutto cambi perché tutto rimanga come è”
favorisce le nozze fra Tancredi e la bella Angelica (Claudia Cardinale), figlia di don Calogero Sedara (Paolo Stoppa), ricco
possidente e sindaco di Donnafugata, piccolo paese dove i Salina hanno una residenza estiva.

Per la musica del Gattopardo – come detto – Visconti scelse dei temi che appartenevano a due movimenti di un inedito e
incompleto lavoro giovanile di Rota, Sinfonia sopra una canzone d’amore, peraltro già “saccheggiato” dall’autore in un paio
di occasioni di minore impegno. Per la precisione, dal terzo movimento (Andante sostenuto) proviene il set motivico che va
a costituire il “tema d’amore”, con le sue scansioni e varianti; dal quarto movimento (Allegro impetuoso) sono tratti invece i
temi più ritmici e movimentati che confluiranno in Viaggio a Donnafugata e I sogni del Principe.

Dalla sequenza dei numeri e dei frammenti tematici, più o meno estesi, che compongono il materiale musicale elaborato
per il film è stata tratta una “Suite sinfonica” per l’esecuzione in concerto, articolata in otto parti più un finale, secondo un
ordine fissato da Nicola Scardicchio: Titoli di testa, n. 6 Viaggio a Donnafugata, n. 19 (senza titolo), n. 11 Angelica e
Tancredi, n. 7 I sogni del Principe, n. 3 Partenza di Tancredi, n. 21 Amore e ambizione (“Montagnini di Mirabello”), n. 22
Quasi in porto, Finale. La musica corrispondente ai Titoli di testa ha una funzione analoga a quella di un’ouverture
operistica e si apre con un motivo lapidario (Allegro maestoso), presago di tragicità, dalla cadenza marziale scandita
dall’orchestra compatta, che subito dopo dirada la sua tessitura in un motivo più fluido, brahmsiano, derivato dagli impulsi
ritmici iniziali: è il “tema del Principe”, che va a completare il ritratto psicologico del patriarca dei Salina (fondamentalmente
un uomo solo che ama isolarsi nella quiete del suo osservatorio astronomico) sfociando in un motivo secondario e
“misterioso”, consistente in una successione di accordi affidata a legni, ottoni e arpa. Un cambio di tonalità e di metro
segna l’irrompere del “tema d’amore” (Andante cantabile), venato di lirismo e accenti di ingenuo romanticismo, come si
conviene per alludere al sentimento che unisce Tancredi e Angelica, i due giovani coprotagonisti intrisi di illusioni e ideali.
Questo tema contempla, infine, a mo’ di appendice, un esile disegno melodico fiorito e dai risvolti vagamente
rinascimentali, esposto al registro acuto da oboe e clarinetto.

È stato osservato come gli snodi tematici di questo brano corrispondano a momenti precisi nello scorrimento delle
immagini dei titoli di testa, che si riferiscono a un progressivo avvicinamento alla villa dei Salina: dal cancello d’ingresso,
attraverso il vialetto con gli alberi e i busti marmorei, si arriva alla facciata della villa, che viene aggirata lateralmente fino
ad avvicinarci a una porta finestra che, tramite una tenda di velluto (come un sipario), ci introduce direttamente nella sala
dove si sta recitando il rosario. Il “sipario” è alzato e il film può cominciare.

I materiali del “tema d’amore” alimentano i brani correlati n. 19 (senza titolo), n. 11 Angelica e Tancredi, n. 3 Partenza di
Tancredi e n. 21 Amore e ambizione. Il “tema del Principe” e il suo corollario “misterioso” ricompaiono nei due segmenti più
lunghi della Suite: Viaggio a Donnafugata e I sogni del Principe.

La pagina che commenta il trasferimento in carrozza dei Salina nella loro residenza estiva è strutturata come uno scherzo
avente come “refrain” un “tema eroico” che non compare nei titoli di testa, caratterizzato da un andamento vivace e
slanciato come una tarantella, cadenzato dagli impulsi energici di timpani e piatti sospesi. Il tema produce quindi una
derivazione priva di interventi percussivi e torbidamente espressiva, giocata sul registro medio-basso. Emergono in questo
pezzo le doti di Rota come orchestratore con una sapiente ripartizione delle linee melodiche tra i colori della corposa
tavolozza timbrica a sua disposizione.

L’altro numero di una certa consistenza è il n. 7 I Sogni del Principe, nel quale accanto ai temi legati al Principe di Salina
riemergono le idee melodiche del Viaggio e la melodia fiorita che evoca i giovani innamorati. Insieme al n. 21, anche I
Sogni saranno espunti nel montaggio finale del film.

Un accenno meritano, infine, le danze che Rota scrisse per la lunghissima sequenza del ballo (che da sola occupa quasi
un terzo del film) e che non rientrano in questa “Suite sinfonica”: Mazurka, Controdanza, Polka, Quadriglia, Galop, Valzer
del commiato e il celebre Valzer brillante. Quest’ultimo, come è noto, era un inedito di Giuseppe Verdi, il cui manoscritto –
stando a quanto racconta Franco Mannino – fu trovato da Romolo Valli in una bancarella e donato a Visconti, che ne fece
la musica su cui far ballare Angelica e il Principe, ovvero Claudia Cardinale e Burt Lancaster, in uno dei momenti più
memorabili e rappresentativi del Gattopardo.

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