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L’anarchismo e “andrà tutto bene”

Sin dalla premessa del suo libro “Contro il metodo” Feyerabend chiarisce l'obiettivo del suo lavoro, ovvero la
presentazione o meglio l'abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza. Egli si dimostra a favore di un
anarchismo, poiché questo si rivela "una eccellente medicina per l'epistemologia e per la filosofia della scienza"
piuttosto che essere un osservatore di norme rigorose. Già dalle prime battute, dunque, iniziano a intravedersi le
linee essenziali del pensiero di Feyerabend, quali la critica alle metodologie ritenute infallibili, alla scienza e al suo
procedimento ben definito, all'uso di un solo metodo, alle visioni dogmatiche.
Accade, infatti, che molte intuizioni che potrebbero rivelarsi interessanti vengano inibite, così come
l'immaginazione, da un tipo di formazione scientifica che fissa le regole in anticipo e cristallizza il pensiero
creativo. Il desiderio di libertà è così accantonato per seguire norme universali o tradizionali rigide [1].
Chi può, infatti, escludere l'esistenza di altri metodi e la loro validità e costruire gerarchie stabilendo a quale
metodologia spetti il primato? L'anarchia a cui pensa Feyerabend si oppone a principi o leggi universali affinché si
consegua "il progresso in qualsiasi senso si voglia intendere questa parola". Egli vuole convincere i suoi lettore
che "tutte le metodologie, anche quelle più ovvie, hanno i loro limiti" e che l'adesione a un determinato metodo,
sia anche quello scientifico, ha come conseguenze la perdita della complessità umana e del flusso storico. Spesso
l'atteggiamento della scienza ha come risultato un dogmatismo che impoverisce il ricco universo di alternative e
nuove possibilità di evoluzione sulla strada della conoscenza.
Feyerabend raccomanda che "dobbiamo perciò mantenere aperte le nostre scelte e non dobbiamo fissarci limiti
in anticipo" affinché non si rischi di ignorare tutta quella gamma di opportunità, di casi, di eventi e di fluttuazioni
che accompagnano la storia dell'uomo. Il problema che qui si solleva è come possa essere possibile una qualsiasi
evoluzione in qualsiasi campo se già ci precludiamo vie diverse di ricerca da quelle che sono note? Il pensiero,
così, rischia di subire una brusca frenata, per cristallizzarsi a causa dell'abitudine a percorrere gli stessi metodi
che rendono effimeri i risultati ottenuti. È per questo motivo che Feyerabend ci invita ad adottare un principio
secondo il quale "qualsiasi cosa può andar bene". Questo principio deve essere seguito anche dallo scienziato, il
quale deve tener conto di tutte le opinioni, confrontando idee con altre idee e non semplicemente scartare
queste in nome di una "condizione di coerenza" che elimina una teoria perché in disaccordo con un'altra. Questo
crea immobilità, staticità nel processo conoscitivo poiché si tende, in questo modo, a preservare teorie meglio
conosciute a scapito di nuove e diverse. L'anarchico come è concepito da Feyerabend si oppone a quelli che
vengono proposti come principi universali o leggi Universali quali Ragione, Giustizia, Dovere, Verità. Questo è un
concetto che implica l'annullamento di ogni genere di autorità all'interno della ricerca epistemologica per far
posto a teorie che "dimostrano che la scienza non è l'unica via per acquisire la conoscenza, che ci sono alternative
e che le alternative possono riuscire laddove la scienza ha fallito". Nella scienza e nel suo campo rientrano
concezioni irrazionali, caos, deviazioni, errori, che aiutano questa a progredire. Molti critici lo hanno accusato di
seguire un "anarchismo ingenuo", ovvero di portare avanti un'analisi dei limiti di regole e criteri per poi
abbandonarli definitivamente, ma forse egli mira a far capire al lettore che deve avere l'intelligenza nonché la
spregiudicatezza di usare metodi e criteri a seconda della circostanza in cui si trova immerso.

La Controinduzione.
Feyerabend fu anche critico verso il falsificazionismo. Egli argomentò che nessuna teoria interessante è mai
coerente con tutti i fatti che la riguardano, e che ciò esclude la possibilità di utilizzare la regola falsificazionista
ingenua, secondo la quale le teorie scientifiche devono essere rifiutate se non concordano con i fatti noti. all'epoca
di Galileo la teoria ottica non poteva spiegare i fenomeni che venivano osservati tramite i telescopi. Perciò gli
astronomi che usavano i telescopi dovettero usare regole 'ad hoc' finché non riuscirono a giustificare le loro
supposizioni tramite la teoria ottica. Feyerabend fu critico con ogni direttiva intenzionata a giudicare la qualità
delle teorie scientifiche confrontandole con i fatti noti. Egli ritenne che le teorie precedenti avrebbero potuto
influenzare l'interpretazione naturale dei fenomeni osservati. Gli scienziati fanno necessariamente supposizioni
implicite quando confrontano le teorie scientifiche con i fatti che osservano. Tali supposizioni devono essere
cambiate, per rendere la nuova teoria compatibile con le osservazioni. L'esempio principale fornito da Feyerabend
sull'interpretazione naturale fu l'argomento della torre. Si trattava di una delle maggiori obiezioni alla teoria del
movimento della Terra. Gli aristotelici assunsero che il fatto che una pietra lasciata cadere da una torre cada
direttamente sotto di essa, dimostri che la terra sia immobile. Essi pensavano che, se la terra si fosse mossa mentre
la pietra cadeva, la pietra sarebbe 'rimasta indietro'; che gli oggetti cadrebbero diagonalmente invece che
verticalmente. Poiché questo non accade, gli aristotelici conclusero che la terra non si muovesse. Se si adottano le
antiche teorie dell'impulso e del moto relativo, la teoria copernicana appare effettivamente falsificata dal fatto che
gli oggetti cadono verticalmente sulla terra. Questa osservazione necessitava di una nuova interpretazione per
diventare compatibile con la teoria copernicana. Per arrivare a una nuova interpretazione Galileo dovette cambiare
idea sulla natura dell'impulso e del moto relativo. Prima che tali teorie venissero articolate, Galileo dovette
ricorrere a metodi 'ad hoc' e procedere in modo antinduttivo. Quindi le ipotesi 'ad hoc' hanno in realtà una
funzione positiva: esse rendono una nuova teoria temporaneamente compatibile con i fatti fino a quando la teoria
da difendere non può essere sostenuta da altre teorie. Nel loro complesso, queste osservazioni approvano
l'introduzione di teorie che siano incoerenti con i fatti ben noti. In questo modo il pluralismo scientifico migliora il
potere critico della scienza. Così Feyerabend sostiene che la scienza procederebbe meglio per controinduzione,
anziché per induzione. Feyerabend pensava anche che la possibilità dell'incommensurabilità, una situazione in cui
le teorie scientifiche non possono essere direttamente confrontate perché sono basate su assunzioni incompatibili,
potrebbe anche prevenire l'uso di standard generali che stabiliscano la qualità delle teorie scientifiche. Egli scrisse:
"Poiché l'incommensurabilità dipende da classificazioni nascoste e implica importanti mutamenti concettuali,
difficilmente si riesce mai a darne una definizione esplicita". Egli criticò pure i tentativi di catturare
l'incommensurabilità in una struttura logica, perché la considerava un fenomeno al di fuori della logica.

Il principio della proliferazione delle teorie (pluralismo


teorico).
Sotto questo profilo, di particolare rilievo appare la teorizzazione, nei Problemi dell'empirismo , del principio della
tenacia e del principio della proliferazione. Il primo (ripreso da Kuhn, che però lo riferiva solo ai periodi di "scienza
normale") si contrappose alla tesi, particolarmente cara a Popper, secondo cui una teoria falsificata dai fatti deve
essere abbandonata immediatamente. Al contrario, il principio della tenacia suggerisce di mantenere una teoria
anche se ci sono dei dati con essa incompatibili. Abbandonare una teoria alla prima difficoltà significa perdere la
possibilità di sfruttare le sue potenzialità nascoste, ossia la possibilità che questa teoria si riveli feconda in un nuovo
contesto e in rapporto a nuovi obiettivi. Secondo Feyerabend, non esiste del resto una teoria che sia in accordo con
tutti i fatti compresi nel suo campo di applicazione: seguendo alla lettera il principio di falsificazione di Popper si
dovrebbero quindi abbandonare tutte le teorie scientifiche. Quanto al principio di proliferazione (già presente in
Popper), esso afferma, contro ogni forma di monismo teorico, che la scienza non solo non può identificarsi con
un'unica teoria ed un unico metodo, ma progredisce proprio attraverso la discussione critica fra teorie alternative. È
bene, pertanto, che si sviluppino concezioni diverse rispetto a quella più accreditata, per quanto giustificata e
autorevole possa apparire, affinché tale discussione sia possibile. 
La coerenza delle teorie.
Uno dei criteri per valutare le teorie scientifiche attaccate da Feyerabend, è la condizione di coerenza: "La
condizione della coerenza, la quale richiede che le nuove ipotesi siano in accordo con teorie accettate, è
irragionevole, in quanto preserva la teoria anteriore, non la teoria migliore". Egli sottolinea che insistere sul requisito
che le nuove teorie siano coerenti con le vecchie, fornisce un irragionevole vantaggio alle teorie più vecchie. Il punto
essenziale secondo lui è che la compatibilità con una defunta teoria precedente non rende una nuova teoria più
valida, né più vera, delle teorie rivali sullo stesso argomento. In altre parole, se si deve scegliere tra due teorie che
abbiano lo stesso potere esplicativo, scegliere quella che è compatibile con una teoria anteriore, precedentemente
falsificata, è una scelta estetica più che razionale. Le teorie già affermate possono essere più gradite agli scienziati
perché permettono loro di conservare molti amati pregiudizi. Si può quindi affermare che tale teoria avrebbe "un
ingiusto vantaggio".

Contributo della scienza.

Concludiamo qui l’esame della prima parte della controinduzione, dedicata alla invenzione ed elaborazione di
ipotesi in contraddizione con un punto di vista ben stabilito e universalmente accettato. Qualunque teoria può
essere presa da qualunque parte della storia del pensiero umano, e storicamente è andata proprio così (Copernico
riprese i Pitagorici, Newton gli scritti ermetici). Gli esempi di Copernico, della teoria atomica e del vudù dimostrano
che neanche la teoria più avanzata e apparentemente più discutibile è sicura, che anche essa può essere
modificata o interamente rovesciata con l’aiuto di opinioni che la boria dell’ignoranza aveva già gettato nella
pattumiera della storia. In questo modo il sapere di oggi può diventare la favola di domani, e il mito più risibile può
finire con il rivelarsi l’elemento più solido della scienza. Il pluralismo delle teorie e delle concezioni metafisiche è
non solo importante per la metodologia, ma è anche una parte importante di una visione umanitaria.

Conflitto tra fatti e teorie.

«Nessuna teoria è sempre in accordo con tutti i fatti compresi nel suo campo, ma non sempre la colpa è della teoria. I
fatti sono costituiti da ideologie anteriori, e un conflitto tra fatti e teorie può essere una prova di progresso. Questo è
anche un primo passo nel nostro tentativo di trovare i principi impliciti in nozioni d'osservazione familiare.».
I disaccordi tra fatti e teoria sono di due tipi. Il disaccordo di tipo numerico viene da una predizione numerica
erronea. Sono casi abbondanti nella storia della scienza, e sono l'origine dell'oceano di anomalie che aleggia attorno
ad ogni teoria.
Il secondo tipo di disaccordo concerne le insufficienze qualitative: «la concezione copernicana al tempo di Galileo
era tanto chiaramente e manifestatamente incompatibile con i fatti che Galileo dovette definirla "sicuramente
falsa".». Vediamo alcune incongruenze quantitative e numeriche: «la teoria della gravitazione di Newton fu gravata,
fin dal principio, da difficoltà abbastanza serie da fornire materiali per la sua confutazione. Quando Feyerabend parla
di insufficienze qualitative, pensa esistano contraddizioni non tra teoria e "un fatto recondito", ma "con circostanze
che vengono facilmente osservate e che sono familiari a tutti. Es. la teoria dei colori di Newton, "inconciliabile con
l'esistenza di immagini speculari", perché, se la luce è composta di raggi, uno specchio dovrebbe comportarsi come
una superficie scabra. La contraddizione fu eliminata con un'ipotesi ad hoc.
Anche l'elettrodinamica classica di Maxwell e di Lorentz presenta incongruenze, ad esempio quando implica che il
moto di una particella libera sia autoaccelerato. È certamente difficile, se non "impossibile" esaminare tutte le
conseguenze "interessanti", ma anche "assurde" di una teoria. «Questo dato di fatto può dipendere da insufficienze
nei metodi matematici esistenti, ma può essere dovuto anche all'ignoranza di coloro che difendono la teoria.
Feyerabend non solo è convinto che fatti e teorie siano in costante disaccordo ma, che essi non siano mai separabili
nettamente. Le regole metodologiche parlano di teorie e di osservazioni, e anche di risultati sperimentali come si
trattasse di oggetti distinti. Ma non è così. Ciò che valuta realmente lo scienziato è indeterminato, e non è mai
pienamente separato dallo sfondo storico. Ma, anche la componente soggettiva della percezione recita la sua parte.
Secondo Feyerabend essa 'si fonde' col testo fino a comporre un 'tutto non strutturato' che può essere sbrogliato
dall'esterno solo grazie ad un procedimento controinduttivo. Inoltre, c'è sempre bisogno di ricorrere a premesse
ausiliarie per disporre di conclusioni verificabili.

Le interpretazioni naturali.
Un'interpretazione naturale fu l'argomento della torre: per prima cosa, Feyerabend dice che Galileo disinnescò, ma
non confutò, un importante argomento contro il moto della terra. Rispetto alla pietra che cade in perpendicolo,
Galileo «ammette subito l'esattezza del contenuto sensibile dell'osservazione fatta, ossia che i gravi, "cadendo da alto
a basso, vengono a perpendicolo sopra la superficie della Terra". Come si oppone Galileo alla realtà empirica? Con il
famoso argomento della luna che, in guisa di gatta, sembra seguirci passo dopo passo mentre camminiamo nella
notte. «Per cominciare - scrive Feyerabend - dobbiamo chiarirci la natura del fenomeno totale: apparenza più
asserzione. Non ci sono due atti distinti - l'osservazione di un fenomeno, e la sua espressione con l'aiuto di una
formulazione verbale appropriata - ma soltanto uno, consistente nel dire ad esempio, in una certa situazione
d'osservazione: "la Luna mi segue", oppure "la pietra cade in perpendicolo". È ovvio che possiamo suddividere
astrattamente questo processo in due parti, e possiamo anche cercare di creare una situazione in cui espressione
verbale e fenomeno sembrano essere psicologicamente distinti e in attesa di essere messi in rapporto fra loro. In
circostanze normali, però, una tale divisione non esiste; la descrizione di una situazione familiare è, per chi parla, un
evento in cui espressione verbale e fenomeno sono saldati assieme.». Per Feyerabend, questa situazione psicologica è
frutto di un addestramento su basi comportamentistiche. Possiamo ora distinguere fra le sensazioni e "quelle
operazioni della mente che conseguono dal senso". Chiama queste operazioni interpretazioni naturali. Dette
interpretazioni, nella storia della scienza, sono state considerate in due modi: come presupposti a priori, o come
pregiudizi da rimuovere. «Galileo - dice Feyerabend - è tra quei rari pensatori che non desiderano né conservare  per
sempre le interpretazioni naturali, né eliminarle completamente. Le interpretazioni naturali sono necessarie. I sensi
da soli, senza l'aiuto della ragione, sono incapaci di darci una vera immagine della natura.» Ed a questo punto che
Feyerabend comincia ad enfatizzare quello che sarebbe il procedimento controinduttivo di Galileo, il quale avrebbe
formulato una teoria in disaccordo  con i fatti. Ciò dovrebbe indurre a guardare tutte le nuove teorie, anche le più
lontane dalla realtà dei fatti, in modo aperto e non rifiutandole aprioristicamente. «Galileo sostituisce
un'interpretazione naturale con un'interpretazione molto diversa e fino ad allora (1630) almeno in parte innaturale. In
che modo procede? In che modo riesce a introdurre asserzioni assurde e contronduttive, come l'asserzione che la
Terra si muove, procurando nondimeno loro un ascolto giusto e attento? Ci si immagina immediatamente che le
argomentazioni da sole non bastino - ecco qui una limitazione interessante e molto importante del razionalismo - e i
discorsi di Galileo sono in effetti argomentazioni solo in apparenza. Galileo si serve in effetti dei mezzi
della propaganda. Oltre a tutte le ragioni intellettuali che può offrire egli fa ricorso anche a trucchi psicologici. Questi
trucchi hanno molto successo e lo conducono alla vittoria. Essi oscurano però il nuovo atteggiamento nei confronti
dell'esperienza in divenire e procrastinano per secoli la possibilità di una filosofia ragionevole. Essi oscurano il fatto
che l'esperienza su cui Galileo vuol fondare la concezione copernicana non è altro che il risultato della sua fertile
immaginazione, che è un'esperienza inventata. Essi oscurano questo fatto insinuando che i nuovi risultati che
emergono sono noti a tutti concessi da tutti e che abbiamo bisogno solo di richiamare su di sé la nostra attenzione per
apparirci come l'espressione più ovvia della verità.»

I risultati ottenuti finora suggeriscono di abolire la distinzione tra contesto della scoperta e contesto della
giustificazione e trascurare la distinzione connessa tra termini di osservazione e termini teorici. Nessuna delle due
distinzioni ha una parte nella pratica scientifica: “La scoperta può essere razionale e può non seguire alcun metodo
riconosciuto. La giustificazione, invece, o la critica ha inizio solo a scoperta già avvenuta e procede in modo ordinato.
Nel caso di un conflitto gli scienziati scelgono di tanto in tanto le mosse appartenenti al contesto della giustificazione
ma potrebbero anche scegliere quelle appartenenti al contesto della scoperta e con ragioni eccellenti. Quindi viene
meno l’idea di un contrasto tra le due tipologie di ragioni, ed emerge l’immagine di un campo unitario di
procedimenti, i quali sono tutti ugualmente importanti per la scienza. Ecco che quindi la distinzione crolla. Una
argomentazione simile si applica anche alla distinzione rituale tra prescrizioni metodologiche e descrizioni storiche. La
metodologia, si dice, si occupa di ciò che si dovrebbe fare e non può essere criticata in riferimento a ciò che è. Ma
dobbiamo ovviamente essere certi che le nostre prescrizioni abbiano un punto di attacco nel materiale storico, e
dobbiamo essere certi che una loro applicazione esatta conduca a risultati desiderabili. Il punto è che, di nuovo, si può
progredire solamente se la distinzione tra il “si deve” e “l’è” è considerata come uno stratagemma temporaneo e non
una linea di demarcazione fissa. Altro elemento da abbandonare è l’idea che ci possa essere una distinzione precisa
tra il linguaggio di osservazione e quello teorico. Come abbiamo mostrato in precedenza è impossibile pretendere di
mostrare una distinzione tra le osservazioni e la dimensione teorica che necessariamente essa implica. Essa, quindi,
quand’anche fosse mantenuta sarebbe del tutto inutile.” Le classi di contenuto di certe teorie non sono compatibili,
nel senso che nessuna delle relazioni logiche abituali (di inclusione, esclusione, intersezione) può essere considerata
applicabile nei loro confronti. Ci troviamo in questa situazione quando mettiamo a confronto il mito con la scienza. La
stessa situazione si presenta anche nelle parti più avanzate, più generali e perciò più mitologiche della scienza stessa.
Le teorie scientifiche, come la teoria del moto di Aristotele, la teoria della relatività, la teoria quantistica, la
cosmologia classica e quella moderna siano abbastanza generali e complesse da essere paragonate ai linguaggi
naturali e quindi incommensurabili. L’incommensurabilità spesso dipende da classificazioni nascoste e implica
importanti mutamenti concettuali. Casi interessanti di incommensurabilità si presentano già nel campo della
percezione. Dati stimoli appropriati ma sistemi di classificazione (insiemi mentali) diversi il nostro apparato
percettuale potrebbe produrre oggetti percettuali difficilmente compatibili tra loro.

Scienza e mito.

Attraverso un’analisi minuziosa del periodo che va da Copernico a Galileo, Feyerabend ha dimostrato che ci sono
delle qualità, considerate non propriamente scientifiche, come ad esempio la fantasia e l’astuzia, che hanno
facilitato il progresso scientifico. Molte scoperte sono state realizzate per caso, proprio nel momento in cui
l’uomo non stava affatto seguendo il metodo. Il successo in campo scientifico non è esclusivamente l’esito di un
metodo razionale, ma anche il risultato di momenti irrazionali.  Bisogna, quindi, concedere libero spazio alla
creatività e all’immaginazione, evitando di lasciarsi ingabbiare nelle strettoie del metodo. Già dalle prime righe
della sua opera si capisce quale scarso valore Feyerabend attribuisse al metodo scientifico: «La scienza è
un’impresa essenzialmente anarchica: l’anarchismo teorico è più umanitario e più aperto a incoraggiare il
progresso che non le sue alternative fondate sulla legge e sull’ordine». Perciò, in questo senso – secondo
Feyerabend – la scienza è «molto più vicina al mito di quanto una filosofia scientifica sia disposta ad ammettere.
Essa è una fra le molte forme di pensiero che sono state sviluppate dall’uomo, e non necessariamente la
migliore». L’idea che la scienza possa e debba essere gestita in accordo con leggi universali e fisse è tanto
irrealistica quanto perniciosa. È irrealistica in quanto considera in modo troppo semplicistico le doti dell’uomo e
le circostanze che ne incoraggiano, o ne causano, lo sviluppo. Ed è perniciosa in quanto un tentativo di imporre le
regole è destinata ad aumentare le nostre qualificazioni professionali a scapito della nostra umanità. Ed è
perniciosa per la scienza in quanto trascura le complesse condizioni fisiche e storiche che influiscono sul
mutamento scientifico. Essa rende la nostra scienza meno adattabile e più dogmatica: ogni regole metodologica è
associata ad assunti cosmologici, cosicché usando la regola diamo per scontato che gli assunti siano giusti. Il
falsificazionismo ingenuo dà per scontato che le leggi della natura siano manifeste e non nascosti dietro disturbi
di grandezza considerevole. L’empirismo dà per scontato che l’esperienza sensoriale sia uno specchio del mondo
migliore del pensiero puro. L’elogio della ragione dà per scontato che gli artifici della Ragione siano risultati
migliori che non il libero gioco delle nostre emozioni. Tali assunti possono essere perfettamente plausibili ed
anche veri. Di tanto in tanto, però, li si dovrebbe sottoporre a verifica. Sottoporli a verifica significa che
dovremmo smettere di usare la metodologia ad essi associata, cominciare a praticare la scienza in un modo
diverso e vedere che cosa succede. Studi di casi come quelli riferiti nei capitoli precedenti dimostrano che
verifiche del genere hanno luogo continuamente e che danno risultati contrari alla validità universale di ogni
regola. Tutte le metodologie hanno i loro limiti di applicazione e l’unica regola che sopravvive è “qualsiasi cosa
può andare bene”.

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