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Che cos’è un “paradigma” (secondo Kuhn)? Con il termine “paradigma” si designa una
prospettiva teorica condivisa e riconosciuta dalla comunità di scienziati di una
determinata disciplina, fondata sulle acquisizioni precedenti della disciplina stessa,
che opera indirizzando la ricerca in termini sia di individuazione e scelta dei fatti
rilevanti da studiare, sia di formulazioni di ipotesi entro le quali collocare la
spiegazione del fenomeno osservato.
- Concetti
Nella ricerca quantitativa, i concetti sono gli Nella ricerca qualitativa, i concetti sono
elementi costitutivi della teoria e sono essi a orientativi, aperti; il ricercatore ma utilizza
permettere alla teoria di essere sottoposta a concetti “orientativi”, che sono ancora da
controllo empirico tramite la loro rifinire non solo in termini operativi ma anche
“operativizzazione”, cioè la loro trasformazione in termini teorici. Questo perché i ricercatori
in variabili empiricamente osservabili; i concetti qualitativi ritengono che la natura stessa del
vanno dunque “operativizzati”, in modo tale che mondo empirico abbia un suo senso distintivo,
siano chiari e privi di incertezza: nell’approccio particolare ed unico e si colloca in un contesto
quantitativo la chiarificazione e la altrettanto specifico.
operativizzazione dei concetti avviene ancora
prima che inizi la ricerca.
- Rapporto con l’ambiente
Nella ricerca quantitativa, il rapporto con Nella ricerca qualitativa, il rapporto con l’ambiente
l’ambiente si basa sull’approccio manipolativo. La
si basa sull’approccio naturalistico: per approccio
reattività dell’oggetto di studio non è considerato
un problema per la ricerca quantitativa: la naturalistico si intende un intervento sulla realtà
reattività non rappresenta un ostacolo, in quanto
l’approccio quantitativo ritiene ammissibile un nella quale il ricercatore si astiene da qualsiasi
certo margine di “manipolazione controllata”. manipolazione o interferenza nei confronti della
Attraverso l’esperimento il ricercatore manipola la
realtà in maniera completa, arrivando a costruire realtà da studiare. L’approccio naturalista si basa
una situazione artificiale. sull’empatia.
Attraverso l’osservazione partecipante il ricercator
si limita ad osservare ciò che accade nella realtà.
Problema della reattività: il solo fatto di indagare sul comportamento umano può
comportare alterazioni del comportamento stesso; se le persone sanno di essere
osservate, è molto probabile che si comportino in maniera non naturale.
L’esperimento e l’osservazione partecipante sono due casi limite, fra i quali esistono
molteplici sfumature. Più in generale, tutti gli strumenti dell’analisi qualitativa diversi
dall’osservazione implicano sempre un intervento sulla realtà; simmetricamente, la ricerca
quantitativa non è sempre manipolativa e presenta molte gradazioni al suo interno.
Nella ricerca quantitativa, la concezione della Nella ricerca qualitativa, la concezione della
ricerca come “osservazione” implica un ruolo ricerca come “interazione” implica un ruolo “attivo”
“passivo” degli individui studiati. del soggetto studiato.
Rilevazione
- Disegno della ricerca
Nella ricerca quantitativa, il disegno della Nella ricerca qualitativa, il disegno della ricerca è
ricerca è costruito a tavolino prima dell’inizio
destrutturato, aperto ed idoneo a captare
della rilevazione ed è rigidamente strutturato e
chiuso. l’imprevisto, essendo modellato nel corso della
rilevazione.
- Rappresentatività
- Strumento di rilevazione
Nella ricerca quantitativa, tutti i soggetti Nella ricerca qualitativa, non si ha l’obiettivo della
ricevono lo stesso trattamento; per questo
standardizzazione, anzi, la disomogeneità delle
gli strumenti sono unici e standardizzati. Lo
strumento di rilevazione è dunque uniforme informazioni è un fatto costitutivo, dato che il
per tutti i casi (per esempio, un
questionario), questo perché l’obiettivo ricercatore assume informazioni diverse a
finale della raccolta di informazioni è la seconda dei casi.
“matrice dei dati”, dove per tutti i casi sono Lo strumento di rilevazione varia dunque a
codificate le stesse informazioni. seconda dell’interesse dei soggetti e non si tende
alla standardizzazione.
Nella ricerca quantitativa, i dati sono Nella ricerca qualitativa, i dati sono ricchi e
affidabili, precisi, rigorosi ed univoci. Il profondi.
termine inglese che viene utilizzato per
Con termine inglese, vengono chiamati dati
definire statisticamente questi attributi è
“soft”.
“hard”.
- Oggetto dell’analisi
Nella ricerca quantitativa, l’oggetto dell’analisi è Nella ricerca qualitativa, l’oggetto dell’analisi è
la “variabile”.
l’individuo: viene effettuata un’analisi per
L’analisi per dati avverrà sempre per variabili, soggetti.
in maniera impersonale.
L’oggetto dell’analisi non è rappresentato dalla
variabile ma dall’individuo nella sua interezza.
Esseno l’individuo l’oggetto di analisi, la ricerca
qualitativa prevede lo studio di casi cruciali
(“particolari”) con l’analisi di molte variabili,
ovvero molte informazioni riguardanti l’individuo.
- Obiettivo dell’analisi
Nella ricerca quantitativa, l’obiettivo Nella ricerca qualitativa, l’obiettivo dell’analisi è
dell’analisi è quello di spiegare la variazione,
quello di comprendere i soggetti.
ovvero la “varianza”, delle variabili; trovare
cioè le cause che provocano il variare. L’approccio qualitativo critica la ricerca
quantitativa in quanto ritiene che non sia
possibile l’irriducibilità dell’uomo ad una serie di
variabili distinte e separate: in questa
prospettiva si sottolinea come l’individuo sia
qualcosa di più della somma delle sue parti.
Risultati
- Presentazione dati
Nella ricerca quantitativa, i dati sono presentati Nella ricerca qualitativa, i dati sono presentati
in tabelle. Le informazioni che la tabella sotto forma di brani, interviste, testi.
espone sono compatte e concise. Si ha
Si ha prospettiva narrativa.
prospettiva relazionale.
- Generalizzazione
Nella ricerca quantitativa, si hanno modelli Nella ricerca qualitativa, si hanno tipi ideali.
causali.
Unità di analisi
L’unità di analisi rappresenta l’oggetto sociale al quale afferiscono le proprietà
studiate. L’unità di analisi è singolare ed astratta.
Variabili
Una variabile è un concetto operativizzato, o meglio la proprietà operativizzata di un
oggetto.
Le variabili possono variare tra diverse modalità; il caso limite è quello in cui risulta
invariante nello specifico sottoinsieme degli oggetti studiati, in quel caso prende il nome di
costante. Le variabili possono variare nel tempo, su uno stesso caso oppure fra i casi,
nello stesso tempo. Le variabili possono esser classificate secondo la loro
manipolabilità, la posizione nella relazione causa/effetto, l’osservabilità, il carattere
individuale o collettivo e il trattamento dei loro valori.
La prima distinzione è quella tra variabili manipolabili e non manipolabili. Le variabili
manipolabili sono quelle che possono essere modificate dal ricercatore, viceversa quelle
non manipolabili che non possono essere controllate. La seconda distinzione è quella tra
variabili dipendenti e variabili indipendenti: la variabile indipendente è ciò che influenza
(la causa), mentre la variabile dipendente è ciò che è influenzato (l’effetto). La terza
distinzione è quella tra variabili latenti e variabili osservate. Le prime sono variabili non
direttamente osservabili in quanto rappresentano concetti molto generali o complessi,
mentre le seconde sono facilmente rilevabili. L’ultima distinzione è quella tra variabili
individuali e variabili collettive. Le variabili individuali sono specifiche di ogni individuo,
mentre quelle collettive sono proprie di un gruppo sociale. Le variabili collettive si
suddividono a loro volta in variabili aggregate, dove la proprietà del collettivo deriva dalle
proprietà dei singoli componenti del gruppo, e variabili globali, quando le caratteristiche
esclusive del gruppo non derivano da proprietà dei membri che lo compongono.
Attendibilità e validità
L’attendibilità ha a che fare con la riproducibilità del risultato, e segnala il grado con il
quale una certa procedura di traduzione di un concetto in variabile produce gli stessi
risultati in prove ripetute con lo stesso strumento di rilevazione oppure con strumenti
equivalenti.
La validità fa invece riferimento al grado con il quale una certa procedura di traduzione di
un concetto in variabile effettivamente rileva il concetto che si intende rilevare.
In genere si associa l’attendibilità all’errore accidentale e la validità all’errore sistematico.
Capitolo 5 - L’INCHIESTA CAMPIONARIA: PRIMA PARTE
Con inchiesta campionaria intendiamo un modo di rilevare informazioni. Ci sono 2 modi
di raccogliere informazioni: a) OSSERVAZIONE, osservare i comportamenti manifestati;
b) DOMANDARE, rilevare informazioni interrogando.
Gli elementi che compongono la complessa definizione di inchiesta campionaria sono i
seguenti: rilevare informazioni interrogando gli stessi individui oggetto della ricerca
appartenenti a un campione rappresentativo mediante una procedura standardizzata
di interrogazione allo scopo di studiare le relazioni esistenti tra le variabili.
DA LEGGERE SOLO: Nella formulazione delle domande bisogna seguire i diversi criteri:
Semplicità di linguaggio; Lunghezza delle domande; Numero delle alternative di risposta;
Definizioni ambigue; Parole dal forte connotato negativo; Domande sintatticamente
complesse; Domande con risposta non univoca; Domande non discriminanti; Domande
tendenziose; Comportamenti presunti; Focalizzazione del tempo; Concretezza/astrazione;
Comportamenti e atteggiamenti; Desiderabilità sociale delle risposte; Domande
imbarazzanti; Mancanza di opinione e non so; Intensità degli atteggiamenti; Distorsione
sistematica nelle risposte; Effetto memoria; Sequenza delle domande.
L’effetto contaminazione si riferisce al fatto che in certi casi la risposta una domanda
può essere influenzata dalle domande che l’hanno preceduta.
Batterie di domande.
Le batteria di domande sono delle domande che vengono formulate allo stesso
modo e vengono presentate all’intervistato in un unico blocco, queste formulazioni
compatte hanno le seguenti caratteristiche: fanno risparmiare spazio e tempo in un
questionario, facilitano la comprensione del meccanismo di risposta, migliorano la validità
della risposta perché l’intervistato tiene conto delle risposte date in precedenza,
permettono al ricercatore di costruire degli indici sintetici che riassumano in un unico
punteggio le diverse domande.
Una stessa domanda può essere posta in termini assoluti o in termini relativi. In
termini assoluti ogni elemento della batteria è un’entità autosufficiente alla quale
l’intervistato può rispondere indipendentemente dalle altre domande. In termini relativi la
risposta nasce da un confronto con le altre possibili risposte.
Capitolo 6 - L’inchiesta campionaria: parte seconda
Fino a non molti anni fa, al ricercatore sociale si presentavano tre modi fondamentali di
somministrare un questionario: l’intervista faccia-a-faccia, l’intervista telefonica e il
questionario auto compilato.
A questi tre modi dobbiamo oggi aggiungere un altro: il questionario telematico.
Intervista telefonica: negli anni ‘90 con la diffusione del telefono si estende l’uso
dell’intervista telefonica. I PRO: rapidità di rilevazione; costi inferiori; minori resistenze alla
concessione dell’intervista e maggiore anonimato; possibilità di raggiungere le periferie;
possibilità di utilizzare direttamente il computer. CONTRO: meno coinvolgimento
dell’intervistato; minore durata dell’intervista e impossibilità di utilizzare il materiale visivo;
impossibilità di raccogliere dati non verbali; alcuni settori sociali non sono raggiungibili;
semplificazione dei quesiti.
Questionario telematico: E-mail surveys, Questionario inviato per e-mail, la cui risposta
viene inoltrata sempre per e-mail. Web surveys è un questionario compilato accedendo ad
un sito.
La possibilità di impiegare una rilevazione online dipende del tipo di ricerca che si vuole
fare e alla popolazione che si vuole coinvolgere.
Le inchieste possono essere definite diacroniche (studi che si prolungano nel tempo) o
sincroniche (studi che si effettuano in un preciso momento). Nelle inchieste diacroniche vi
sono:
studi trasversali: Si mette in atto la stessa ricerca (nel tempo) su campioni diversi.
studi longitudinali: Si rilevano le stesse informazioni sugli stessi soggetti a distanza di
tempo.
Capitolo 7 - Tecnica delle scale
L’operativizzazione dei concetti complessi
La tecnica delle scale fa parte dell’ambito della psicologia sociale (psicometria). La tecnica
delle scale (scaling) consiste in un insieme di procedure messe a punto per misurare
l’uomo e la società.
L’unico modo per poterli registrare è quello di usare un insieme coerente ed organico di
indicatori. Possiamo quindi dire che una scala è un insieme coerente di elementi che
sono considerati indicatori di un concetto più generale.
La tecnica delle scale è usata soprattutto nella misura degli atteggiamenti, dove l’unità
d’analisi è l’individuo, il concetto generale è un atteggiamento e i concetti specifici
sono le opinioni.
Per mettere in atto la tecnica delle scale occorre sottoporre ai soggetti studiati una serie
di affermazioni circa l’atteggiamento studiato, chiedendo di esprimere la loro opinione in
proposito; combinando opportunamente le risposte si giunge a un punteggio individuale
che stima la posizione del soggetto sull’atteggiamento in questione (variabili quasi
cardinali).
Scalogramma di Guttman
Lo scalogramma di Guttman è una scala che si presenta come una “sequenza di
gradini”, ovvero una successione di elementi aventi difficoltà crescente, in modo che
chi ha risposto affermativamente ad una determinata domanda deve aver risposto
affermativamente anche a tutte quelle che la precedono nella scala di difficoltà; da ciò
deriva la definizione di questa scala di “scalogramma” o “scala cumulativa”.
Il fatto che gli elementi di una scala presentino tale carattere di cumulatività (o scalabilità)
viene considerato come una prova dell’esistenza di un continuum sottostante dal quale
gli elementi della scala sono indicatori.
Es. della scala di distanza sociale, per determinare il grado di pregiudizio degli intervistati
nei confronti di determinate minoranze etniche, veniva proposta una sequenza di
domande tipo:
- Lei sarebbe disposto ad accettare un nero come visitatore del suo paese?
- Lei sarebbe disposto ad avere un nero come vicino di casa?
- Lei sarebbe disposto ad avere un nero come amico personale?
- Lei sarebbe disposto a sposare un nero?
È evidente che chi è disposto a sposare un nero probabilmente è disposto anche ad
averlo come amico personale, come vicino di casa, ecc., mentre chi non lo accetterebbe
come amico personale probabilmente non è disposto nemmeno a sposarlo.
4 fasi
1. Formulazione delle domande;
2. Somministrazione;
3. Analisi dei risultati con l’eliminazione degli elementi troppo carichi di errori;
4. Definizione di un indice globale di accettazione della scala
Differenziale semantico
La tecnica del differenziale semantico si propone di rilevare il contenuto soggettivo dei
concetti, cioè quali significati assumono i concetti per l’individuo.
Si basa sulle associazioni che l’intervistato instaura fra il concetto che si vuole indagare e
gli altri concetti proposti in maniera standardizzata a tutti gli intervistati.
Capitolo 8 - Le fonti statistiche ufficiali.
Il termine statistica deriva da stato: inizialmente stava ad indicare la scienza che descrive
degli stati, poi con l’introduzione del calcolo delle probabilità divenne la “scienza del
collettivo” e cioè il metodo scientifico per l’analisi quantitativa dei fenomeni collettivi.
La sociologia empirica in Europa è nata a partire da questo tipo di dati. il termine può
avere due significati:
- scienza che studia con metodi matematici fondati sul calcolo delle probabilità
fenomeni collettivi e di massa; statistica come scienza (scienza statistica).
- raccolta di dati che si proponga di dare una visione d’insieme, anche solo
orientativa, su determinati fatti o fenomeni; statistica come dato (dati statistici).
Una caratteristica del tradizionale dato statistico è costituita dal fatto che esso viene
rilevato sull’intera popolazione. La scelta in questo caso è fra rilevazione esaustiva e
rilevazione campionaria.
Nel concetto le fonti statistiche ufficiali, l’attributo ufficiale sta a ricordare che queste
raccolte di dati vengono effettuate, nelle quasi totalità, dall’amministrazione pubblica.
La classificazione più articolata delle statistiche è quella adottata dall’Istat:
- statistiche demografiche: nascite, decessi, matrimoni
- statistiche sociali: sanità, giustizia, istruzione, consumi
- statistiche economiche: prod. industriale, bilanci imprese, prezzi, commercio
estero…
statistiche ambientali: meteorologia, incendi, concimi, inquinamento.
I tipi di dati estrapolati dall’Istat si differenziano dagli altri per i seguenti aspetti:
produzione: le statistiche ufficiali sono raccolte di dati effettuate dall’amministrazione
pubblica; si suddividono in:
- dati generati dalla normale attività amministrativa: atti amministrativi che
l’individuo o l’istituzione producono per finalità burocratiche e che lasciano traccia, in
questo caso si parla di rilevazione indiretta del dato;
-dati raccolti a fine conoscitivo: produzione del dato a fine conoscitivo (rilevazione
diretta) censimento; esistono altre forme di rilevazione diretta perché gli atti
amministrativi producono dati raccolti per altri fini si svolgono quindi indagini
campionarie ad hoc su settori specifici, volte a studiare aspetti particolari della
società, indagini su consumi, strutture familiari, rilevazione trimestrale sulla forza
lavoro, sugli sbocchi professionali dei laureati.
contenuto: riguarda la registrazione di un dato di fatto NON un’interrogazione o
un’osservazione ampiezza della rilevazione. L’Indagine multiscopo sulle famiglie, ad
esempio, si limita all’esplorazione dei comportamenti e dei dati strutturali: non si chiedono
opinioni, motivazioni, orientamenti valoriali.
unità d’analisi: l’indagine non viene eseguita sull’individuo ma sul territorio, anche se
all’origine le informazioni sono state raccolte su individui (unità di rilevazione), il dato è
disponibile SOLO a livello aggregato (unità d’analisi) come ad esempio sezioni elettorali,
comuni, province, regioni, nazioni. Anche se all’origine l'informazione è stata raccolta su
individui il dato è disponibile e analizzabile solo a livello aggregato, con il termine aggregato
sottolineiamo la distinzione fra il caso in cui l'unità di analisi è un collettivo di individui e quello
in cui essere rappresentato da un singolo individuo (dati individuali). Con “aggregato” si
intende un’operazione di composizione, di somma. Il dato aggregato deriva da un’operazione
di conteggio effettuata sugli individui di un collettivo (territorio). Le informazioni sono raccolte
a livello individuale ma registrate a livello di aggregato territoriale, questo avviene: per motivi
di riservatezza, l’informazione è raccolta a livello individuale; per fini amministrativi
(matrimoni, nascite, morti); per esigenze organizzative (censimento);
Esistono variabili aggregate e variabili globali:
-variabili aggregate: conteggio;
- variabili globali: proprietà afferenti al collettivo (al territorio: partito di appartenenza di un
sindaco, presenza di un commissariato di polizia….);
La variabile aggregata è il risultato di una somma, perciò, si tratta di variabili cardinali e si
possono trattare con tutte le operazioni di statistica.
Si possono effettuare due elaborazioni: andamento nel tempo delle variabili (analisi
diacronica), analisi delle serie temporali e variazioni territoriali.
La stima della popolazione sarà quindi sempre affetta da un grado di incertezza, un errore,
che viene chiamato errore di campionamento.
L’errore di campionamento si colloca nel quadro degli errori di selezione, che includono:
- L’errore di copertura, dovuto alla mancata disponibilità della lista completa della
popolazione oggetto di studio
- L’errore di non risposta, conseguente al fatto che alcuni soggetti non vengono raggiunti
o si rifiutano di rispondere
- L’errore di campionamento, dovuto al fatto di operare su un particolare sottoinsieme di
popolazione. È un errore accidentale.
Ampiezza di un campione
Non è possibile indicare una regola fissa nel determinare l’ampiezza del campione, a
meno di non conoscere tutti i parametri della popolazione in esame. Assumendo che nelle
concrete condizioni di ricerca tutti i parametri non siano noti, nella determinazione
dell’ampiezza bisogna tener conto di diversi fattori:
1. omogeneità dell’universo di riferimento: unità di analisi simili fra loro possono
essere più facilmente rappresentate da un campione ristretto.
2. approccio metodologico e le tecniche da utilizzare: in un’indagine quantitativa è
molto importante il principio della rappresentatività, poiché si fonda sulla
generalizzabilità dei risultati.
3. disponibilità delle liste di campionamento
- Campionamento sistematico
Con il campionamento sistematico, le unità campionarie non vengono estratte
mediante sorteggio ma si scorre la lista dei soggetti, selezionandone uno ogni dato
intervallo.
- Campionamento stratificato
La procedura del campionamento stratificato consiste in: 1) Suddividere la popolazione in
sottopopolazioni il più possibile omogenee rispetto alla variabile da stimare. 2) Estrarre
mediante un procedimento casuale semplice un campione da ogni strato. L’estrazione può
avvenire in due modi: Stratificazione proporzionale: il peso degli strati del campione
riflette il peso degli strati nella popolazione; Stratificazione non proporzionale: il peso
degli strati del campione non riflette il peso degli strati nella popolazione.
3) Unire i campioni dei singoli strati per ottenere il campione globale.
- Campionamento a stadi
La popolazione viene suddivisa su più livelli gerarchicamente ordinati, i quali
vengono estratti in successione con un procedimento “ad imbuto”.
- Campionamento a grappoli
Il campionamento a grappoli viene utilizzato quando la popolazione risulta
naturalmente suddivisa in gruppi di unità spazialmente contigue. Questi gruppi
vengono appunto chiamati “grappoli”.
- Disegno fattoriale
Il disegno fattoriale prevede l’impiego di variabili categoriali che assumano un
numero non molto elevato di modalità.
Il piano fattoriale prevede dunque di estrarre un numero uguale di casi per ogni
categoria.
- Campionamento a valanga
Il campionamento a valanga è un disegno campionario particolarmente utile nel caso
di “popolazioni clandestine”, ovvero “elementi rari”, gruppi poco numerosi e
dispersi sul territorio difficilmente identificabili.
Ponderazione
Procedura con la quale modifichiamo artificialmente la composizione del campione per
renderla più prossima alla distribuzione della popolazione. Si realizza attribuendo un
«peso» alle unità campionarie che varia a seconda delle loro caratteristiche.
Bontà di un campione
La bontà di un campione dipende dall’ampiezza del campione e dall’accuratezza della
procedura di campionamento.
La scelta fra i 3 strumenti dipende dagli obiettivi della ricerca e dalle caratteristiche del
fenomeno studiato.
Casi particolari:
intervista non direttiva e intervista clinica: nell’intervista non direttiva neppure
l’argomento della conversazione è pre-stabilito; l’intervistatore si lascia condurre
dall’intervistato, il quale è libero di portare la conversazione dove meglio crede.
4. Conduzione dell’intervista
La parte più difficile sta nel “far parlare” l’intervistato, riuscire a provocare un fluido
racconto nel quale l’intervistatore si limiti ad ascoltare e a fare ogni tanto qualche
domanda di chiarimento; sta nel riuscire ad accedere al mondo delle emozioni e dei
sentimenti della persona intervistata. Per ottenere la piena collaborazione del soggetto
l’intervistatore deve riuscire a stabilire con lui un rapporto di fiducia.
Di seguito alcuni suggerimenti:
Spiegazioni preliminari: il problema principale è rappresentato dalla diffidenza iniziale
dell’intervistato e dalla sua insicurezza di fronte a una situazione nuova e sconosciuta. Nel
caso dell’intervista qualitativa questo problema è minore, in quanto in genere si arriva
all’intervista con una maggiore preparazione, in quanto c’è stato prima un processo di
avvicinamento. In questo caso, quindi, il problema da affrontare è quello di far capire
all’intervistato cosa vogliamo da lui. Si tratterà di descrivere lo scopo della ricerca e
spiegargli perché abbiamo scelto lui.
Domande primarie: sono quelle che introducono un nuovo tema oppure aprono un nuovo
interrogativo. Esistono tre tipi di domande primarie: le domande descrittive («Mi può
parlare del suo lavoro?»; «Come si svolge la sua giornata lavorativa?»). Poi abbiamo le
domande strutturali, che hanno lo scopo di scoprire come l’intervistato struttura la sua
conoscenza («Mi può dire che tipi di persone vengono a lavorare da lei?»; «Attraverso
quali vie si può fare la carriera nella sua azienda?»). Infine, ci sono le domande-contrasto
basate su un confronto («In che senso il suo lavoro attuale è migliore del precedente?»).
Domande sonda (probing): sono degli stimoli che hanno la funzione di incoraggiare
l’intervistato ad andare avanti, ad abbassare le sue barriere difensive, ad approfondire
l’argomento. Possiamo distinguere diversi modi per formulare questi stimoli: ripetizione
della domanda, a volte basta ripetere la domanda, formulandola in maniera differente;
ripetizione della risposta, si riprendono le ultime risposte dall’intervistato per invitarlo ad
approfondirle o a chiarirle (es: «Dunque mi ha detto che...», «Ma che cosa lei intende
veramente con...», «ha ancora qualcosa da dire a questo proposito?»; incoraggiamento, in
questo caso l’intervistatore si limita a esprimere interesse, con espressioni verbali o con
cenni del capo nei confronti di quanto l’intervistato sta raccontando, (es: «questo è molto
interessante...», «continui pure...», «capisco...», «davvero?»); pausa, qualche secondo di
silenzio può agevolare la confidenza da parte dell’intervistato; il momento di vago
imbarazzo creato dalla pausa fa sì che l’intervistato si senta obbligato a rompere il silenzio
riprendendo il suo racconto con ulteriori dettagli; infine, la richiesta di approfondimento (es:
«vorrei conoscere meglio il suo pensiero a questo proposito», «non sono sicuro di capire
bene che cosa lei ha in mente»).
Linguaggio: il problema del linguaggio si pone in quanto esso rappresenta lo strumento
fondamentale nello stabilire il clima di empatia e di comunicazione fra intervistatore e
intervistato.
Ruolo dell’intervistatore: l’intervistatore gioca un ruolo determinante, in quanto
determina l’esito della conversazione. Egli è chiamato a svolgere un ruolo attivo di
orientamento dell’intervista, dirigendo la comunicazione verso quelli che sono i propri
obiettivi. Nello stesso tempo deve fare attenzione che questi atteggiamenti di
incoraggiamento e scoraggiamento non si trasformino in alterazioni del pensiero
dell’intervistato. Gli vengono chieste sensibilità, intuizione, capacità di immedesimarsi nella
personalità dell’interlocutore, esperienza nei rapporti umani e, non ultima, profonda
conoscenza del problema oggetto di studio.
Naturalmente, date queste premesse le interviste qualitative possono essere realizzare
solo in un rapporto faccia a faccia, inoltre esse vanno sempre registrate in quanto la
registrazione permette di conservare il racconto dell’intervistato nella sua forma.
Documenti personali.
La ricerca sociale attenziona i documenti personali prodotti dalla gente comune al fine di
ricostruire le dinamiche e le relazioni sociali a patire dal vissuto dei protagonisti. Questi
documenti hanno la caratteristica di essere espressioni genuine della personalità dei loro
autori.
Le autobiografie sono il resoconto scritto dell'intera vita di una persona, da lei stessa
compilato in un periodo di tempo piuttosto limitato. Sono opere redate spontaneamente da
persone non selezionate. Sono rare nelle scienze sociali e spesso l'autobiografia è
provocata, ovvero viene richiesto espressamente a soggetti di scriverla. In questi casi il
ricercatore può indirizzare il resoconto ponendo domande o fornendo una scaletta di temi
che vorrebbe fossero toccati. Spesso i racconti autobiografici sono difficilmente
riconducibili alla ricerca sociale e si inquadrano come genere letterario.
I diari sono documenti personali caratterizzati dal fatto che vengono scritti per uso
strettamente personale e simultaneamente agli avvenimenti descritti. Nessuna ricerca
sociale risulta mai essersi basata esclusivamente sui diari. Un caso particolare di diario,
utilizzato nella ricerca sociale, è rappresentato da resoconti giornalieri compilati su
richiesta del ricercatore, utilizzati sia nella ricerca quantitativa sia in quella qualitativa
seguiti da interviste in profondità.
Una delle prime ricerche sociologiche, "Il contadino polacco in Europa e in America" è
basata in buona parte su lettere. Attraverso le lettere gli autori cercarono di mettere a
fuoco degli aspetti soggettivi dei processi sociali, il rapporto che intercorre fra individuo e
società, e in particolare i meccanismi di adattamento degli individui e società in via di
trasformazione. Le lettere sono importanti strumenti di espressione dell’interiorità degli
individui, della loro soggettività e definizione della situazione: da questo punto di vista esse
sono uno strumento puro e indisturbato.
Si è poi sviluppato, nella ricerca sociale, un nuovo approccio alla raccolta di documenti
personali, consistente nel raccogliere testimonianze di vita dalla voce degli individui,
provocando delle "autobiografie orali". Esse hanno notevoli similitudini con la tecnica
delle interviste non strutturate, ma esistono tre importanti elementi di differenziazione:
a) il racconto riguarda l'intera propria vita;
b) il ruolo dell'intervistatore è molto più limitato;
c) il metodo biografico non si preoccupa della numerosità dei casi studiati e si accontenta
anche di uno solo.
Le due forme principali nelle quali questa tecnica si articola sono le "storie di vita" e la
"storia orale", pur essendo categorie dai confini sfumati. Le storie di vita, sono racconti
autobiografici, in genere le ricerche sociologiche si basano su una decina di racconti,
talvolta meno, a volte uno solo. Il materiale autobiografico è stato tratto attraverso tre
approcci: il primo è quello della pura, semplice e quasi prescientifica raccolta di
autobiografie senza commento ed interpretazioni dell'autore, il secondo è quello che
consiste nel presentare un corposo saggio interpretativo, mentre il terzo approccio
consiste nel far interagire sistematicamente materiale empirico e interpretazione
teorica in un confronto continuo. La storia orale, il movimento che la sosteneva aveva
l'obiettivo di contrapporre alla storia delle élite la storia del popolo e della sua vita
materiale.
Documenti istituzionalizzati.
Le società moderne producono ogni giorno un'enorme quantità di documenti dei più
diversi tipi: contratti, domande e offerte di lavoro, orari ferroviari, bollette, programmi
televisivi, banconote, carte d'identità, giornali, ecc. Questi documenti sono il prodotto
della nostra vita istituzionalizzata e riguardano la vita ordinaria della gente comune.
Internet è diventato nelle società occidentali uno degli spazi principali in cui i cittadini
interagiscono fra loro e con le istituzioni.
Distribuzione di frequenza
Analisi monovariata
L’analisi monovariata è un’analisi puramente descrittiva dei fenomeni studiati, che si limita
ad esporre come ogni variabile è distribuita fra i casi rilevati, senza porsi problemi sulle
relazioni tra le variabili. Essa rappresenta un passaggio inevitabile e necessario di ogni
analisi multivariata, perché solo con questa analisi il ricercatore perviene a quella
conoscenza diretta dei dati che gli permetterà di analizzarli con piena consapevolezza.
Essa inoltre rappresenta una prima descrizione dei fenomeni analizzati e contribuisce alla
comprensione della struttura del campione e della sua rappresentatività.
Misure di variabilità
Variabili nominali: indici di omogeneità/eterogeneità. Una variabile nominale ha una
distribuzione massimamente omogenea quando tutti i casi si presentano con la stessa
modalità; viceversa è massimamente eterogenea quando i casi sono equidistribuiti tra le
modalità. Il più semplice indice di omogeneità (assoluta) è dato dalla somma dei quadrati
delle proporzioni (cioè delle frequenze relativizzate al totale 1). L’indice di omogeneità
relativa invece neutralizza l’influenza del numero delle modalità.
Variabili ordinali: la differenza interquartile. I quartili sono i valori che segnano i confini tra i
quattro quarti di una distribuzione ordinata divisa in quattro parti di eguale numerosità. La
differenza interquartile è la differenza tra il terzo ed il primo quartile; si usa per eliminare il
25% dei valori più alti e il 25% dei valori più bassi. Questa differenza si usa anche per le
variabili cardinali.
Variabili cardinali: deviazione standard e varianza. La deviazione standard (o scarto
quadratico medio) consiste nella somma degli scarti dei singoli valori dalla media elevati al
quadrato (per annullare il loro segno) sotto radice. Se togliamo la radice otteniamo la
varianza della distribuzione. Essa costituisce l’oggetto primario di tutta l’analisi dei dati.
Se si vogliono confrontare tra di loro le variabilità di distribuzioni aventi medie fortemente
diverse, conviene utilizzare un indice di variabilità che tenga conto del valore della media
(coefficiente di variazione).
La concentrazione. Quando la variabile è cardinale e consiste in quantità possedute dalle
unità d’analisi si può calcolare la concentrazione di questa variabile nelle unità studiate. La
variabile è equidistribuita se il suo ammontare complessivo è distribuito in parti uguali tra
le unità, mentre è concentrata se l’ammontare complessivo è tutto attribuito ad una sola
unità. Tipicamente gli indici di concentrazione sono utilizzati per studiare le disuguaglianze
nella distribuzione della ricchezza.
La costruzione di indici
Un indice è una variabile funzione di altre variabili, che sintetizza le informazioni contenute
nelle singole variabili operativizzando un concetto complesso del quale le singole variabili
sono espressioni parziali. Gli indici si possono costruire in diversi modi, ad esempio
l’indice additivo è quello ottenuto sommando i punteggi delle singole variabili. Esistono
anche altri indici ottenuti attraverso procedure più complesse, con punteggi diversi a
domande diverse e anche con punteggi negativi. Le operazioni attraverso le quali si
costituiscono le nuove variabili (indici) possono essere di tipo algebrico o di tipo logico.
Spesso alle spalle di questa differenza ci sono diversi tipi di variabile: ad esempio sulle
variabili nominali non è possibile effettuare operazioni algebriche.
Dati aggregati
Dati individuali e dati aggregati
Se consideriamo una variabile nominale riferita ad un livello individuale, notiamo che
quando l’unità di analisi è un aggregato di individui questa variabile dà luogo a tante
variabili cardinali quante sono le sue modalità. Quindi quando l’unità di analisi è un
aggregato, la variabile è nella grande maggioranza dei casi cardinale. Naturalmente la
variabile così ottenuta deve essere messa in rapporto con la dimensione della
popolazione.
Rapporti statistici
Quando ci si trova nella situazione di confrontare fenomeni che fanno riferimento a realtà
diverse, nelle quali le quantità assolute dei fenomeni risentono della diversa dimensione
degli aggregati o del diverso ammontare dei fenomeni considerati, si pone la necessità di
relativizzare le quantità assolute alle rispettive basi di riferimento del fenomeno mediante
un rapporto.
Rapporto di composizione: consiste nel rapportare una parte del fenomeno al fenomeno
stesso nella sua totalità.
Rapporto di coesistenza: è il rapporto tra due parti, cioè tra la frequenza di una modalità e
la frequenza di un’altra.
Rapporto di derivazione: è il rapporto tra la misura del fenomeno e quella di un altro che
può essere considerato un suo presupposto necessario.
Rapporti medi: sono diffusissimi e si hanno ogni volta che il fenomeno posto al numeratore
si può associare mediamente ad ogni unità posta al denominatore. Sono una sorta di
categoria residua nella quale si collocano i rapporti che non ricadono nei casi precedenti.
In genere il ricercatore ha ampia possibilità di scegliere cosa mettere al denominatore per
rendere i numeratori confrontabili; per questo deve cercare le scelte più ragionevoli per
non ottenere risultati fuorvianti.
Cap 14 - L’analisi bivariata.
Relazioni tra variabili
Affermare che c’è una relazione tra due o più variabili significa dire che c’è una variazione
concomitante tra i loro valori (una covariazione). Si tratta di relazioni statistiche, ovvero
probabilistiche, ma la statistica non può dire se esiste effettivamente una relazione
causale tra le variabili esaminate (covariazione non significa causazione). Sarà il
ricercatore a conferire a tale relazione il significato di nesso causale, sulla base di una
teoria preesistente che non ha alcun legame con l’analisi statistica. Esamineremo solo
l’analisi bivariata, in cui vengono considerate solo le relazioni tra due variabili, dette
rispettivamente dipendente e indipendente in quanto il ricercatore di solito interpreta le
relazioni in termini di nessi causali. Le tecniche di analisi bivariata dipendono in maniera
determinante del tipo di variabili considerate. Se entrambe le variabili sono nominali, la
tecnica usata sarà quella delle tavole di contingenza; se entrambe le variabili sono
cardinali la tecnica sarà quella della regressione-correlazione; se la variabile indipendente
è nominale e quella dipendente cardinale si userà la tecnica dell’analisi della varianza.
Quando parliamo in linea generale usiamo il termine relazione; quando la relazione è fra
variabili nominali, parliamo di associazione; quando è fra variabili ordinali parliamo di
cograduazione; mentre quando è fra variabili cardinali parliamo di correlazione.
Tavole di contingenza
Direzione delle percentuali (percentuali di riga e percentuali di colonna)
La tavola di contingenza consiste in una tabella a doppia entrata in cui è collocata in riga una variabile
(variabile di riga) e l’altra in colonna (variabile di colonna), mentre nelle celle definite dall’incrocio fra le
righe e le colonne troviamo il numero di casi che presentano le corrispondenti modalità delle due variabili
(frequenza). L’ordine di una tavola di contingenza è il prodotto delle righe per le colonne, mentre la
dimensione è il numero di variabili in essa implicate. L’analisi bivariata tratta quindi solo tabelle
bidimensionali. Dalla tabella con i valori assoluti è possibile ricavare tre diverse tabelle percentuali: le
percentuali di riga (che si ottiene ponendo uguale a 100 la variabile di colonna e registrando quindi i
corrispondenti valori percentuali della variabile di riga), le percentuali di colonna (che si ottiene ponendo
uguale a 100 la variabile di riga e registrando quindi i corrispondenti valori percentuali della variabile di
colonna) e le percentuali sul totale (che si ottengono percentualizzando tutte le frequenze di cella sul totale
generale). Se la tabella è stata costruita per analizzare la relazione tra le due variabili quest’ultima
percentualizzazione è inutile. Lo scopo della percentuale è infatti quello di “pareggiare” basi diverse. È
necessario porre molta attenzione nella scelta delle due percentuali rimanenti perché una è corretta
mentre l’altra è errata; per compiere la scelta giusta bisogna ricordare che si sceglie la percentuale di
colonna quando si vuole analizzare l’influenza che la variabile di colonna ha su quella di riga e viceversa. In
altri termini, si definisce qual è la variabile indipendente e si percentualizza all’interno delle sue modalità.
Talvolta, quando gli obiettivi sono diversi, può essere utile calcolare invece l’altra percentualizzazione
oppure calcolarle entrambe.
Cifre decimali, decimale zero, arrotondamenti, quadratura: valgono le considerazioni già sviluppate
riguardo alla presentazione delle distribuzioni di frequenza.
Intestazione: le tabelle devono sempre essere intestate per poter essere auto esplicative.
Somme di percentuali: la somma di percentuali è legittima se i valori sommati appartengono alla stessa
distribuzione, ma è errata se le percentuali sommate appartengono a due diverse distribuzioni.
Rapporti di probabilità
Il rapporto di probabilità (odds) è il rapporto tra la frequenza di una categoria e la frequenza della
categoria alternativa (nel caso delle variabili dicotomiche) e si indica con la lettera ω. Esso è anche definibile
come il rapporto tra la probabilità che un individuo, estratto a caso dell’universo, appartenga ad una
categoria della variabile considerata e la probabilità che non vi appartenga. Il rapporto di probabilità
assume il valore 1 quando le due categorie della variabile hanno lo stesso peso (equivalente alla
proporzione di 0,5 per entrambe); ha come valore minimo 0 e come valore superiore ha +∞. Il rapporto di
probabilità può essere esteso anche al caso di due variabili; in questo caso si usa il rapporto si associazione,
che varia da 0 a +∞, passando per il valore 1 che si verifica nel caso di indipendenza tra le due variabili.
Maggiore è la distanza da 1, maggiore è la forza della relazione. Valori superiori a 1 indicano una
associazione positiva, mentre valori inferiori a 1 una associazione negativa. Il rapporto di associazione non
risente delle dimensioni del campione è cambia se entrambe le frequenze di una riga o di una colonna sono
moltiplicate per una costante. Questa stabilità è utile per poter cogliere la struttura della relazione tra due
variabili senza risentire delle variazioni campionarie.
Principi e calcoli
L’analisi della varianza serve a studiare la relazione tra una variabile nominale e una cardinale. Se abbiamo
la variabile cardinale dipendente, possiamo notare che essa varia tra i casi (varianza). La varianza può
essere suddivisa in due componenti: quella parte dovuta alla variabilità del fenomeno entro i gruppi
(devianza non spiegata o interna) e quella parte dovuta alla variabilità del fenomeno tra i gruppi (devianza
spiegata o esterna). Si dice spiegata perché la spiegazione di quella parte della variabilità della variabile
dipendente che è attribuibile alla variabile indipendente. Il diverso peso relativo di devianza interna ed
esterna può essere utilizzato per valutare la significatività e la forza della relazione.
Regressione e correlazione.
Diagramma di dispersione.
Nella tecnica di regressione la distinzione fra variabile indipendente e dipendente è particolare importante
in quanto, come vedremo, i valori del coefficiente di regressione differiscono a seconda della scelta. La
rappresentazione grafica nel suo complesso si chiama diagramma di dispersione.
Coefficiente di correlazione.
La retta di regressione ci dice qual è la sua forma della relazione fra X e Y; per misurare la forza di una
relazione fra due variabili cardinali si utilizza il coefficiente di correlazione r.
L’introduzione anche di una sola terza variabile nella relazione bivariata può fornire elementi illuminanti
agli effetti di una reale valutazione di quella relazione. La terza variabile Z interviene quindi nel rapporto tra
X e Y: per questo viene chiamata variabile interveniente. In questo caso non si può dire che non esista
relazione casuale fra X e Y. Il caso di relazione condizionata è quello in cui la relazione fra due variabili
cambia a seconda del valore assunto da una terza variabile.