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Dopo aver analizzato quali possono essere gli approcci teorici alla metodologia della
ricerca sociale, entriamo nel vivo della trattazione concernente le dimensioni
applicative, che riguardano in special modo il momento della “rilevazione empirica dei
dati”. Vale la pena di sottolineare che, anche per ciò che riguarda le scelte operative,
bisogna tenere sempre presenti le premesse teorico-epistemologiche che fanno da
sfondo alle decisioni di carattere metodologico, perché il ricercatore sociale, nello
scegliere gli strumenti di rilevazione che di volta in volta applicherà al suo oggetto di
I modi per conoscere la realtà sociale fanno capo essenzialmente a strategie che
possono muoversi tramite l’“interrogazione”, l’“osservazione” e la “visualizzazione”.
Di queste ultime due fattispecie non ne parleremo in questa sede poiché fanno capo al 2
versante della metodologia della ricerca qualitativa; mentre, nel capitolo presente, si
intende focalizzare l’attenzione esclusivamente sull’interrogazione “chiusa”.
Come si può notare, dietro i modelli dell’interrogazione si celano due visioni teorico-
epistemologiche da cui discendono le specifiche tecniche che rappresentano le ragioni
per le quali i ricercatori optano per l’uno o per l’altro modello. Per questo, è bene
analizzare i limiti intrinseci dell’interrogazione per questionamento, prima di
addentrarci nella trattazione degli aspetti tecnici che la contraddistinguono. Pertanto, ciò
che faremo con i prossimi paragrafi – prima di passare agli altri campi applicativi – sarà
analizzare le differenze enucleate nelle pagine precedenti, trasponendo le riflessioni
teoriche sul piano operativo e ragionando concretamente su ciò che accade quando si
utilizza il modello dell’interrogazione chiusa nel momento della rilevazione.
Tale prassi ha ricevuto un notevole impulso con lo sviluppo del concetto della
“rappresentatività statistica” e con l’introduzione delle tecniche del campionamento,
basate sull’idea che, per conoscere la distribuzione delle variabili all’interno della
popolazione, non sia necessario studiare la popolazione nella sua interezza, ma che,
attraverso uno studio condotto su un campione opportunamente scelto, si possano
produrre risultati analoghi con altrettanta accuratezza. Anzi, si può ritenere che le
risorse risparmiate grazie alla riduzione drastica dei soggetti da coinvolgere induca a
riporre una maggiore attenzione sulla qualità dei processi attuati.
«Fate attenzione che nulla delle vostre parole o nel vostro comportamento implichi critica, sorpresa,
approvazione o disapprovazione […] usate un tono di voce normale, un modo di ascoltare attento, un
atteggiamento dal quale non traspaia alcun giudizio […]. Se l’intervistato chiede spiegazioni su una
parola o su una frase, evitate di aiutarlo e rimandate la responsabilità della definizione all’intervistato
stesso […] se per esempio chiede […] che cosa intendete per “discriminazione” rispondete “proprio
quello che significa per lei” […] e se insiste “non capisco” passate alla domanda successiva» (ISR 1976,
pp. 11-13).
«un certo grado di formalità burocratica, di distacco sociale è preferibile. Quando il rapporto supera un
certo livello la relazione diventa troppo intima e l’intervistato può essere tentato di compiacere i
sentimenti dell’intervistatore […] soprattutto nel caso in cui egli sia poco coinvolto nella materia in
oggetto […] e non abbia una propria posizione personale» (p. 48).
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Il secondo tratto distintivo cui si è accennato poco sopra riguarda il problema della
“standardizzazione della rilevazione” che si concretizza nell’uniformità dello strumento
di interrogazione. Nel modello quantitativo, il questionario è utilizzato come strumento
vincolante che richiede al ricercatore di porgere le stesse domande, nello stesso ordine,
a tutti gli intervistati; come pure è previsto un elevato livello di standardizzazione per le
risposte che gli intervistati possono fornire, dal momento che sono chiamati a scegliere
entro un ventaglio di possibilità pre-confezionate.
«Non modificate la formulazione delle domande. Evitate non solo i cambiamenti deliberati, ma anche
quelli inavvertiti […] potrebbe capitare che nello sforzo di rendere più fluida la conversazione
aggiungiate qualche parola. […] Vari esperimenti hanno mostrato che anche la più leggera modifica nelle
parole può distorcere la risposta» (ISR 1976, p. 11).
Per quanto riguarda il primo, va precisato che coloro che lo scelgono lo adoperano
sapendo di andare incontro all’impossibilità di comprendere i fenomeni appieno.
Nonostante questo, si opta per tale soluzione, perché consente di raggiungere un numero 8
Molti studiosi dubitano che si possa raggiungere una comprensione piena dei
fenomeni attraverso le risposte ottenute interrogando. «In molte società esistono delle
norme istituzionalizzate che permettono di dire una cosa e di fare l’opposto. […] Da
tempo gli antropologi hanno abbandonato l’idea che le risposte alle domande siano un
dato stabile e definitivo nello studio del comportamento umano, avendo imparato che
ciò che la gente dice di aver fatto o che farà non corrisponde all’effettivo
comportamento» (Williams 1959, p. 57).
Dopo aver trattato i problemi di carattere generale che possono derivare dall’uso
dell’interrogazione chiusa, vediamo come concretamente si mette a punto lo strumento
presentando le principali tipologie delle domande inserite nella struttura. A differenza di
quanto si possa credere ad una prima lettura, l’operazione di costruzione della struttura 10
di un questionario è tutt’altro che banale e richiede sforzi enormi per stabilire in quale
esatto ordine debbano essere poste le domande, al fine di ridurre al massimo gli errori
dovuti ai problemi precedentemente analizzati.
Le domande possono essere ripartite in base alle informazioni che intendono rilevare;
sono perciò finalizzate a registrare le proprietà sociografiche di base, gli atteggiamenti e
i comportamenti.
Con le “domande relative ai comportamenti” si passa dal piano dei pensieri a quello
delle azioni, perché queste, a differenza della tipologia precedentemente esposta,
rilevano ciò che l’intervistato dice di fare e di aver fatto nella vita. Il campo, quindi, si
presenta particolarmente solido, sia perché non si presta ad equivoci, sia perché attiene
all’esperienza concreta, direttamente osservabile. Questo significa che, se le opinioni
possono essere volubili, in questo secondo caso le risposte riguardano gli aspetti
materiali dell’esistenza che, in maniera inequivocabile, sono avvenuti oppure no. La
Come si può facilmente intuire, i vantaggi delle “domande a risposta chiusa” (o più
brevemente “domande chiuse”) costituiscono il rovescio della medaglia di quanto
appena visto a proposito delle domande aperte. Innanzitutto, offrono a tutti i soggetti
interrogati lo stesso ventaglio di possibilità, e questo riduce di molto il rischio di andare
“fuori pista”, perché si chiarisce quale sia il quadro di riferimento entro cui collocarsi.
Avere una traccia di opzioni presentate sotto forma di elenco costituisce un buon
espediente per la memoria, che sprona alla riflessione, inducendo la persona a uscire
dalla vaghezza e dall’ambiguità. L’elenco di risposte possibili, soprattutto se fornito
attraverso una traccia scritta, permette all’individuo di percorrerlo numerose volte per
chiarirsi le idee, fino a che non arriva a focalizzare aspetti che, fino ad un momento
prima, potevano apparire confusi.
Come è ovvio che sia, tali punti di forza possono rappresentare al contempo anche
limiti di fondo delle domande chiuse, che possono essere così sintetizzati. Come prima
cosa va detto che le domande chiuse lasciano fuori le alternative che il ricercatore non
ha previsto, e questo richiama uno dei limiti intrinseci dell’approccio quantitativo,
relativo al fatto che, imponendo alla realtà studiata le categorie concettuali del
ricercatore, si determina una chiusura prematura dell’orizzonte conoscitivo. «Il
questionario con domande a risposta prestabilita preclude la possibilità di ottenere
definizioni non previste della situazione in grado di rivelare i pensieri privati ed i
sentimenti dei soggetti» (Cicourel 1964, p. 105).
A questo primo aspetto di rilievo deve essere aggiunto che la presenza di alternative
tra cui scegliere può influenzare le risposte, perché vi è il rischio di suggerire possibilità
anche a coloro che non possiedono un’opinione in merito all’oggetto. Le domande
chiuse favoriscono le pseudo-opinioni, le risposte date a caso: un problema che non si
doppio, applicandolo alle domande e alle risposte previste dal ricercatore. Su questo c’è
da dire che, mentre una domanda chiusa maschera molto il problema del discernimento,
perché l’intervistato può nascondersi dietro il ventaglio di proposte offerte dal
ricercatore, con la domanda aperta questo limite può essere arginato, perché
l’intervistatore ha la possibilità di chiarire meglio il senso delle formulazioni.
Quindi, per concludere, come si presentano indiscutibili limiti per quanto concerne le
domande aperte (vaghezza espositiva, eterogeneità del materiale raccolto, assenza di
standardizzazione e disomogeneità, difficoltà nella codifica), così vi sono limiti evidenti
per ciò che concerne le domande chiuse (difficoltà di discernimento nell’assegnazione
dei significati alle domande e alle risposte, forzatura all’interno di opzioni prestabilite,
libertà espressiva limitata, impossibilità di prevedere tutte le sfaccettature del reale).
Ciononostante, nelle ricerche sui grandi numeri, ogni alternativa alle domande chiuse
rischia di minare alle basi l’obiettivo delle indagini che, essendo svolte su campioni
estesi, mirano ad ottenere, attraverso la standardizzazione delle domande e delle
risposte, dati uniformi da confrontare senza rimanere schiacciati sotto il peso di una
massa sconfinata di informazioni lacunose, incongruenti, non codificabili e
difficilmente interpretabili.
C’è stato un tempo in cui la somministrazione face to face era la modalità prevalente
con cui si sottoponeva la scheda di rilevazione agli individui da interrogare: ci si recava
a casa delle persone e si dava corso alla rilevazione seduti gli uni di fronte agli altri. Con
l’aumentare della criminalità e della pericolosità dovuta alla presenza di estranei nelle
proprie abitazioni, è cresciuta la diffidenza da parte della gente nei confronti dei
rilevatori. A questi cambiamenti si deve associare pure la diffusione dei telefoni nelle
case, che hanno reso di fatto meno costosa la rilevazione, spingendo i centri di ricerca a
preferire sempre più la somministrazione per via telefonica a quella in cui è richiesta la
presenza personale dei rilevatori.
Pur trovandoci nel versante quantitativo, dove non è prevista una stretta interazione
tra i soggetti inseriti nella relazione comunicativa, resta il fatto che l’esito di questa
prassi conoscitiva è fortemente legato alle modalità con cui l’intervistatore interviene.
Ciò significa che, dovendo limitare al massimo le sue iniziative, si renderà molto utile
procedere attraverso una preventiva fase di addestramento.
Nella prima parte della spiegazione delle finalità della ricerca, il rilevatore deve fare
intendere alla persona che ha davanti che al mondo esiste una varietà enorme di opinioni
e punti di vista in merito ai fatti, per cui non esistono risposte esatte e risposte errate, e
che anzi egli è interessato a ricevere il parere personale sull’oggetto della rilevazione
per come si presenta, nella sua specificità. Nel porgere le domande, dovrà quindi evitare
di assumere un atteggiamento che inclini verso l’una o l’altra risposta, perché così
facendo potrebbe correre il rischio di influenzare il soggetto. La posizione del rilevatore
deve, dunque, essere neutrale e impersonale, onde evitare di condizionare gli esiti della
È importante che il rilevatore tenga a bada l’istinto di direzionare le risposte verso gli
esiti da lui attesi. Potrebbe capitare di farlo inavvertitamente, con gesti improvvisi, con
cenni involontari, con le espressioni del viso, con la mimica corporea, con la
prossemica, con il tono della voce, con l’enfasi posta sulle alternative possibili. Tali
meccanismi sfuggiti al controllo personale possono infatti esercitare un loro peso
soprattutto sulle persone incerte, su quelle che non hanno un’opinione particolarmente
vivida sugli accadimenti, come pure possono influenzare coloro che cercano, in specie
quando si parla di argomenti inerenti al prestigio, di compiacere con le loro risposte
l’intervistatore. Per queste ragioni quest’ultimo deve essere messo al corrente della
particolare “reattività” dei soggetti alle sue domande e alle sue aspettative, attraverso un
periodo di addestramento, trascorso il quale deve essere prevista altresì la presenza di un
supervisore che monitori costantemente lo svolgersi delle rilevazioni. Come sottolinea
Marradi (1980, p. 64), sarebbe indispensabile evitare di porgere la domanda nel modo
seguente: “lei è d’accordo con questa affermazione, non è vero?”, limitandosi a chiedere
in maniera neutrale: “lei è d’accordo o contrario?”.
A partire dagli anni Ottanta, dato il numero elevato dei telefoni presenti nelle case, la
rilevazione telefonica assume una frequenza maggiore che la porta ben presto a
diventare la tecnica di rilevazione alla quale si ricorre più spesso, soprattutto nel caso
delle ricerche di mercato e nei sondaggi di opinione.
legato alla possibilità di raggiungere con una telefonata soggetti che vivono nelle
periferie difficilmente raggiungibili con i tradizionali metodi di trasporto e di
comunicazione. Dal punto di vista della campionatura ciò consente di conseguire una
copertura del campione che si estende oltre le zone centrali e più accessibili del paese.
Un altro svantaggio legato alla tecnica CATI riguarda il mancato rispetto di alcune
condizioni imposte dal campione, in cui, per esempio, si chiede di raggiungere un certo
numero di soggetti anziani. Ebbene, questi sono normalmente i meno rappresentati nelle
inchieste in cui si fa uso di questo metodo perché il più delle volte preferiscono cedere il
telefono ai familiari presenti, più giovani e istruiti. Sempre con riguardo alla
campionatura, va precisato che, pur vivendo in una realtà sociale altamente digitalizzata,
non è detto che tutti abbiano una linea telefonica per essere raggiunti. Ciò significa che
intere porzioni della popolazione possono rimanere escluse dalle computer assisted
telephone interviewing, che ad esempio non possono coinvolgere tutti coloro che non
sono presenti sugli elenchi telefonici. Ciò significa che vi è un difetto intrinseco nelle
rilevazioni di questo genere, per lo meno per quanto riguarda le esigenze di copertura
stabilite dal piano di campionamento.
3.3. L’autocompilazione
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In genere si preferisce non utilizzare le domande a risposta aperta nei questionari autocompilati
perché, data l’assenza dell’intervistatore, verrebbe a mancare il requisito minimo capace di giustificare la
presenza di domande aperte, che prevedono un rapporto di interlocuzione, soggetto agli stimoli del
rilevatore.
In casi come questo il primo vantaggio immediato è costituito dalla riduzione dei
costi, riferiti unicamente alle spese di spedizione e alla stampa delle schede. C’è da dire
che il questionario ricevuto per posta può essere compilato in qualsiasi momento la
persona ritenga opportuno farlo, ad esempio durante le pause e in più riprese, cosa che
consente di riflettere oltremodo sulle risposte che si intendono dare. Vi sono garanzie
maggiori quanto all’anonimato, perché i questionari restituiti non presentano
necessariamente l’indicazione del soggetto compilatore. Data l’assenza del rilevatore
vengono meno anche le possibili distorsioni dovute ai suoi stimoli inavvertiti. Inoltre, si
possono raggiungere, grazie alle comunicazioni postali, zone isolate non facilmente
accessibili del paese.
Se questo è quanto si può dire a proposito dei vantaggi, per quanto concerne gli
svantaggi va certamente ricordata la scarsa tendenza a rispondere e a restituire il
questionario compilato: in genere la percentuale dei rispondenti si attesta attorno al 50%
dei casi selezionati. Si presenta anche in questo caso il limite dell’autoselezione: non c’è
alcuna garanzia che i rispondenti siano un campione casuale della popolazione, anzi,
normalmente chi risponde è mediamente diverso da chi decide di non rispondere: tanto
per cominciare è tendenzialmente più istruito. Riguardo all’istruzione c’è da dire che i
soggetti selezionati devono presentare necessariamente un certo grado di
alfabetizzazione, indispensabile a procedere con la stesura tramite scrittura, e questo di
fatto esclude una fetta enorme di persone che, non essendo avvezze allo strumento, non
potendo partecipare, non potrebbero offrire le loro opinioni. L’assenza del rilevatore
impedisce di sapere se il questionario è stato riempito dal destinatario al quale era
realmente indirizzata la scheda, o se viceversa abbiano contribuito i parenti o una
L’impiego dei software di gestione dei database permette, nei sistemi più sofisticati,
la realizzazione di web-survey in cui si rende possibile controllare le quote del
campionamento in base alle zone di appartenenza geografica, o in base al genere, al
grado di istruzione e alle fasce di età. Si può limitare il range dell’IP di provenienza
degli intervistati, fissare il numero massimo dei soggetti da intervistare, oppure
richiedere che la compilazione sia consentita solo agli utenti iscritti.
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