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Tecniche di ricerca qualitativa – M.

Cardano

Introduzione
Le principali tecniche di ricerca qualitativa, l’osservazione partecipante, l’intervista discorsiva e
il focus group, mostrano con maggior chiarezza le loro specificità nella fase di costruzione della
documentazione empirica. Queste specificità, che verranno esposte nel volume, conducono alla
linea di confine tra la ricerca qualitativa e quantitativa. E’ difficile articolare una distinzione
netta, vista anche la sempre più frequente combinazione delle due tecniche.
Nella ricerca sociale si possono distinguere 4 fasi:

1] ELABORAZIONE DEL DISEGNO DI RICERCA ! i tratti caratterizzanti della ricerca qualitativa


attengono alla scelta dei casi e alla definizione dei concetti che verranno impiegati nello studio.
I casi vengono identificati in ragione della loro rilevanza teorica o pragmatica e non già in
ragione della loro rappresentatività. Questo conduce a studi INTENSIVI, privilegiando lo studio
in profondità all’indagine estensiva. I concetti che all’inizio guidano la ricerca qualitativa sono
CONCETTI SENSIBILIZZANTI, che “si limitano a indicare la direzione nella quale guardare”, in
opposizione ai concetti definitivi o conchiusi (tali in ragione della precisa definizione della
sequenza di operazioni con le quali rilevare e registrare l’oggetto di studio).

2] COSTRUZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE EMPIRICA ! il ricercatore osserva direttamente il


proprio oggetto e la relazione osservativa che lo lega ad esso è stretta, per durata e intensità
emotiva.
La forma assunta dalle tecniche impiegate è modellata dall’oggetto: SOTTOMISSIONE
ALL’OGGETTO.
Questa fase è spesso accompagnata dall’emergere di nuove domande che nella ricerca
qualitativa possono re-indirizzare in itinere la costruzione della documentazione (flessibilità).
Le procedure di costruzione della documentazione sono modellate dalle caratteristiche
personali, dalla conoscenza e dalla competenza relazionale del ricercatore.

3] ANALISI DELLA DOCUMENTAZIONE EMPIRICA ! le procedure di analisi qualitativa sono


molte; questo costituisce una risorsa in termini di ricchezza e creatività, ma anche un limite in
quanto può rendere più impegnativa la comparazione dei risultati consegnati dalle diverse
procedure (che inoltre non sempre sono descritte in dettaglio dal ricercatore).

4] COMUNICAZIONE DEI RISULTATI ! questa fase mostra due tratti salienti della ricerca
qualitativa: 1) valorizzazione del linguaggio naturale; 2) procedure di giustificazione dei
risultati che mostrano eterogeneità (dall’ostentato rifiuto al minuzioso resoconto riflessivo).
Resta da chiarire in base a quali criteri sia possibile fondare la plausibilità degli asserti prodotti
con l’impiego di tecniche qualitative. La questione è molto controversa. Secondo Cardano la

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soluzione ideale passa attraverso la ri-definizione di METODO: da collezione di regole che
agiscono come ordini, a insieme di principi che impongono allo scienziato la responsabilità della
loro interpretazione nel contesto in cui si applicano (non si da una e una soltanto applicazione
corretta). Questa definizione consente di tenere insieme l’ideale di unità del metodo scientifico
con la pluralità delle procedure. Viene depotenziata anche la contrapposizione tra tecniche
quantitative e qualitative circa la plausibilità degli asserti prodotti: le differenze divengono
l’espressione di differenti registri interpretativi del medesimo insieme di principi metodologici.
Ciò che le accomuna è il richiamo ad una generica nozione di obiettività, riconoscibile nel
richiamo all’esigenza di replicabilità pubblica e all’adozione di una procedura di costruzione e
analisi della documentazione empirica codificata e comunicabile, nel richiamo alla necessità di
un dettagliato resoconto riflessivo delle procedure di ricerca adottate. Infine, ciò che le
accomuna, è la convinzione che “là fuori” ci sia un mondo empirico la cui realtà è indipendente
dall’osservatore, la cui rappresentazione è theory laden ! le rappresentazioni plausibili di un
oggetto sono più di una ma il loro numero non è infinito. Le differenze stanno nella
declinazione di queste somiglianze, in particolare per quanto riguarda il principio dell’obiettività
(replicabilità pubblica ! ripercorribilità cognitiva, riflessività).

Parte prima: Un quadro d’insieme

Cap. 1 – I modi della ricerca sociale: osservazione, esperimento, simulazione

RICERCA SOCIALE ! ricerca scientifica condotta nel dominio delle scienze sociali. Possiamo
distinguere due orientamenti di ricerca:
1) RICERCA TEORICA ! produce i suoi asserti muovendo da un’analisi dei risultati della ricerca
empirica e attraverso lo sviluppo autonomo di ipotesi e modelli;
2) RICERCA EMPIRICA ! produce i propri asserti e ne fonda la plausibilità facendo esperienza
del proprio oggetto. Ricolfi: successione di operazioni per produrre risposte a domande sulla
realtà. Questa definizione di ricerca empirica, da un lato estende la gamma degli interrogativi
che possono orientare l’attività cognitiva (domande e non solo ipotesi), dall’altro delimita gli
obiettivi epistemici cui la ricerca empirica può aspirare (Boudon: la finalità dell’attività
scientifica non è spiegare il reale ma rispondere a interrogativi sul reale).
La ricerca empirica si compone di 4 fasi (CFR introduzione) che nella ricerca qualitativa sono
legate tra loro da una relazione circolare.
I principali modi della ricerca sociale sono 3

1] L’esperimento
E’ lo strumento principe per il controllo delle ipotesi causali, controllo che richiede 3 condizioni
empiriche:
a) la covariazione tra variabile (V) indipendente (causa) e dipendente (effetto);

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b) il controllo della direzione causale: la V cui si imputa un impatto causale deve essere la
fonte di variazione della V dipendente;
c) il controllo delle cosiddette V terze: si deve accertare che la relazione tra la VD e la VI
non sia perturbata da altre variabili.
Queste condizioni possono essere soddisfatte nel modo pie efficace e rigoroso nel DISEGNO
SPERIMENTALE CLASSICO. Ha il proprio paradigma nell’esperimento di laboratorio, ma in molti
ambiti della ricerca sociale risulta inapplicabile per ragioni sia pratiche e metodologiche che
etiche. In questi casi si ricorre al QUASI ESPERIMENTO, di cui esistono due varianti (in ragione
della distanza che li separa dal modello sperimentale classico):
- QE SUL CAMPO ! il ricercatore manipola la VI ma non esercita un controllo pieno sulle
V terze;
- QE NATURALE ! vengono meno sia il controllo delle V terze che la manipolazione della
VI

2] La simulazione
Se con l’osservazione e l’esperimento il ricercatore fa esperienza del proprio oggetto, nel caso
della simulazione egli osserva o sottopone a trattamento non l’oggetto, ma una copia
dell’oggetto, disegnata da un insieme di algoritmi eseguiti al computer. Gli agenti osservati
dispongono di un patrimonio di informazioni sull’ambiente in cui devono muoversi e sono
corredati di alcuni script procedurali del tipo “se, allora” che danno corso alla loro azione;
questi possono essere desunti dalla descrizione di un caso concreto ed evolvere nel corso della
simulazione. Il ricercatore può osservare, momento per momento, l’effetto aggregato delle
diverse scelte individuali operate dagli agenti. Quindi con la simulazione non si studiano i
fenomeni sociali ma le loro rappresentazioni rese da un modello informatico. La simulazione
può fornire un valido contributo alla costruzione – sorretta da osservazione ed esperimento –
di una rappresentazione dei fenomeni sociali sempre più accurata, consentendo l’articolazione
dei modelli teorici concepiti per rappresentare i fenomeni sociali e rendendo possibile
controllarne la coerenza (imprescindibile requisito di una rappresentazione adeguata che la
comunità scientifica possa ritenere adottabile; la simulazione consente questo controllo).
Pregi della simulazione:
- consente la messa a punto di modelli che raffigurano l’interazione sociale;
- consente di raffigurare i processi sociali e di elaborare modelli dinamici;
3 principali applicazioni della simulazione nelle scienze sociali:
- SPERIMENTAZIONE: consente di condurre in vitro esperimenti sociali, anche i più arditi dal
punto di vista etico e anche quelli collocati nel passato;
- OSSERVAZIONE (o ESPLORAZIONE): in questo caso la simulazione delinea uno scenario
sociale offrendo al ricercatore l’opportunità di puntare la lente sugli aspetti che ritiene più
rilevanti;
- PROIEZIONE: consente di costruire ipotesi sugli stati futuri di un sistema sociale.

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Il ricorso alla simulazione richiede la costruzione di un modello del fenomeno sociale di studio
! MODELLING: implica la scelta dei tratti dell’oggetto da raffigurare e una sua radicale
semplificazione, scelta che delimita la portata delle conclusioni che si possono trarre con la
simulazione. Nonostante questo limite, questa stessa scelta presenta un vantaggio: il rendere
necessariamente espliciti gli assunti ontologici che guidano la ricerca.
Le rappresentazioni di fenomeni sociali messe a punto con tecniche qualitative sono di norma
espresse in modo discorsivo.

3] L’osservazione (CFR CAP. 2)


Per concludere, possiamo distinguere i modi della ricerca sociale a seconda che le variabili
rilevanti siano o meno manipolate (esperimento vs osservazione), e a seconda che l’oggetto
sia trattato in vivo o in vitro – simulazione (CFR altre due tassonomie della ricerca sui lucidi).
Nella ricerca sociale l’osservazione assorbe più dell’80% delle procedure di costruzione della
documentazione empirica (CFR CAP. 2).

Cap. 2 – L’osservazione: una tassonomia delle tecniche di costruzione della


documentazione empirica
L’osservazione è la procedura di costruzione della documentazione empirica più diffusa nelle
scienze sociali, il che ha determinato un notevole sviluppo e differenziazione delle diverse
tecniche. La loro classificazione muove prima di tutto dalla considerazione delle caratteristiche
dell’oggetto cui si applicano (unità di osservazione): la prima distinzione rilevante quindi
oppone l’osservazione di comportamenti all’osservazione dei prodotti di comportamenti.
L’osservazione di comportamenti potrà riguardare individui o gruppi mentre per prodotti di
comportamenti si intendono i documenti naturali, cioè documenti prodotti da individui o
collettivi con scopi diversi da quelli della ricerca scientifica. A loro volta sono ripartiti in due
classi: i documenti segnici (testi scritti, documenti iconici, … ) e documenti non segnici (in
primis i manufatti).

1] Tecniche di osservazione degli individui


Fanno capo a questo insieme le diverse forme di intervista che possiamo differenziare in base
alla forma assunta dalla comunicazione tra osservatore ed osservato e più in generale dalla
relazione osservativa (schema di rilevazione):
* Intervista STRUTTURATA ! l’interazione è governata dallo strumento osservativo impiegato,
il QUESTIONARIO. Le domande sono definite nell’ordine di successione e nei contenuti.
L’intervistato risponde con le espressioni verbali definite dal questionario
* Intervista DISCORSIVA (CFR CAP. 3), al cui interno possiamo distinguere l’intervista:
- GUIDATA (SEMI-STRUTTURATA) ! la traccia dell’intervista governa ma non in modo rigido la
formulazione delle domande ma non le modalità nelle quali l’intervistato risponde.

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L’intervistatore può adattare alle esigenze degli intervistati sia le domande sia l’ordine in cui le
pone. L’intervistato risponde con parole sue ma sempre guidato dall’intervistatore.
- LIBERA (NON STRUTTURATA) ! l’intervistatore porge alcuni temi e lascia che sia
l’intervistato a svilupparli come meglio crede. L’intervistatore si pone in un atteggiamento di
ascolto, le sue domande e il sostegno alla comunicazione hanno una funzione maieutica.
Nella ricerca sociale l’intervista discorsiva viene condotta con due diverse finalità: sollecitare
una narrazione (quando questa è prevalente si parla di intervista NARRATIVA o BIOGRAFICA) e
raccogliere informazioni dettagliate sul sistema di valori, rappresentazioni,… (intervista
TEMATICA).
Tra le tecniche di osservazione degli individui rientrano anche le procedure in cui l’intervistato
risponde alle domande poste dall’intervistatore in sua assenza, attraverso un esercizio di
autosservazione e lavoro ermeneutico. La qualità della documentazione empirica di solito è
diminuita (soggetti che non fanno il compito o non lo fanno bene). Tuttavia in alcuni casi è
indispensabile (per es, rilevare l’uso del tempo quotidiano ! non intrusività e costi ridotti).

2] Tecniche di osservazione di collettivi


Consentono di cogliere l’INTERAZIONE SOCIALE. Possiamo distinguere le diverse tecniche sulla
base dell’ambiente entro cui l’osservazione viene condotta e la natura della relazione
osservativa osservatore-oggetto. Il primo criterio permette di distinguere fra tecniche applicate
in un ambiente naturale o in un ambiente artificiale. Il secondo criterio, l’intrusività, si applica
solo alle tecniche impiegate in un ambiente naturale. Per intrusive si intendono quelle
procedure osservative che con la loro applicazione perturbano in misura variabile l’oggetto cui
si applicano. Questo accade quando i soggetti sono consapevoli dell’attenzione del ricercatore
! effetto HAWTHORNE: può indurre nei soggetti mutamenti, etichettati come REATTIVITA’, dei
loro comportamenti, dettati da considerazioni di opportunità/desiderabilità sociale.
Sulla base di questi criteri: in ambiente naturale non intrusivo l’OSSERVAZIONE
NATURALISTICA; in un ambiente naturale intrusivo l’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE (cuore
della ricerca etnografica – CFR CAP. 4) e lo SHADOWING. In ambiente artificiale il FOCUS
GROUP (CFR CAP. 5), i GIOCHI e l’OSSERVAZIONE di LABORATORIO.
* SHADOWING ! tecnica di osservazione dell’interazione sociale che fa perno su un individuo
che il ricercatore “segue come un’ombra”.
Il ricercatore fa esperienza delle interazioni in cui questi è coinvolto; inoltre dialogando con lui,
l’osservatore può trarre elementi utili all’interpretazione delle interazioni di cui è testimone.
È una delle tecniche di osservazione più intrusive, per questo può essere applicata solo in
alcuni contesti di ricerca. Di norma è usata congiuntamente ad altre tecniche ma può essere
utilizzata anche da sola per tempi relativamente ristretti.
* OSSERVAZIONE NATURALISTICA ! tecnica di osservazione dell’interazione sociale che
ha il proprio paradigma nell’etologia animale e umana. È una tecnica non intrusiva il cui
impiego non richiede la cooperazione dei soggetti in studio. L’attenzione cade sui

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comportamenti osservati direttamente, sulla cui base viene descritta l’interazione sociale.
Viene spesso applicata ricorrendo alle cosiddette tecniche visuali di registrazione della
documentazione empirica. Può essere condotte ricorrendo a procedure
- FORMALIZZATE impiegate per accrescere la rappresentatività dei comportamenti osservati.
Per questo gli individui oggetto di osservazione e gli eventi su cui focalizzarsi sono scelti in
base a procedure probabilistiche (riconducibili a quelle di campionamento dell’esperimento o
dell’inchiesta campionaria). Si associano una pluralità di procedimenti di stesura dei protocolli
osservativi;
- NON FORMALIZZATE si basa su procedure di scelta delle unità di osservazione e forme di
annotazione dei comportamenti osservati simili a quelli impiegati nell’osservazione
partecipante.
* GIOCHI ! tecnica di osservazione dell’interazione sociale in condizioni quasi-sperimentali. I
soggetti interagiscono seguendo le indicazioni di un “copione” che attribuisce a ciascuno un
ruolo e un obbiettivo da perseguire. L’osservazione è condotta con modalità riconducibili a
quelle dell’osservazione naturalistica. Può seguire a volte la conduzione di interviste individuali.
* OSSERVAZIONE di LABORATORIO (o osservazione in condizioni controllate) ! si colloca a
metà strada tra l’osservazione naturalistica e l’esperimento di laboratorio. I soggetti
interagiscono in un ambiente artificiale, costruito dal ricercatore per le proprie finalità.
Diversamente da quanto accade nell’esperimento, nell’osservazione di laboratorio il controllo
delle V terze è decisamente più contenuto e minori sono i gradi di libertà con cui l’osservatore,
attraverso la configurazione dell’ambiente, può modulare lo stimolo.

3] Tecniche di osservazione di documenti naturali


In sociologia sono poche le ricerche basate esclusivamente sull’osservazione documentaristica,
più frequente è la combinazione con altre tecniche. L’operazione intellettuale che
contraddistingue le tecniche di osservazione dei documenti come tecniche di costruzione della
documentazione empirica è la CRITICA del DOCUMENTO, passo che precede l’analisi dei
materiali e che indica i margini di errore delle conclusioni che il ricercatore può trarre. La
critica del documento, più propriamente delle fonti verte in storia, dove quest’attività è
maggiore, sull’autenticità delle fonti e la credibilità dell’informatore. In questo modo l’insieme
di informazioni viene trasformato in dati suscettibili di analisi. Non sempre annoverate tra le
tecniche di costruzione della documentazione, a seconda delle procedure impiegate per la
qualifica rientra sia nel campo delle tecniche qualitative che in quelle delle tecniche
quantitative.

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Parte seconda: Tecniche di ricerca qualitativa

Cap. 3 – L’intervista discorsiva


Una delle tecniche di costruzione della documentazione empirica più usata nelle scienze sociali.
E’ una forma speciale di conversazione nella quale due persone si impegnano in un’interazione
verbale nell’intento di raggiungere una meta cognitiva precedentemente definita. Speciale per
l’asimmetria di potere dei due interlocutori: è l’intervistatore a stabilire gli obiettivi cognitivi
della conversazione e a dettarne il ritmo ponendo le domande cui l’intervistato deve
rispondere.
L’intervista discorsiva consegna non solo un insieme di informazioni ma anche un DISCORSO,
con le conseguenze che questo comporta.
Le forme di impiego dell’intervista discorsiva nella ricerca sociale sono principalmente 3:
- come sola tecnica di costruzione della documentazione empirica ! approccio biografico
- in combinazione con altre tecniche ma con un ruolo ancillare ! inchiesta campionaria
per specificare le domande cognitive (studio pilota) o collaudare il questionario (pre-
test)
- in combinazione con altre tecniche alla pari ! approccio multimethod o
TRIANGOLAZIONE.

Triangolazione
Nella sua accezione originaria indica la procedura topografica diretta a localizzare un punto non
accessibile, combinando le informazioni desunte da due distinte procedure di misurazione.
Nella ricerca sociale ha 4 diverse accezioni, basate sulla metafora topografica
1) riconducibile al realismo ingenuo, la triangolazione, ovvero la combinazione di almeno due
procedure di rilevazione, consente di individuare la vera posizione dell’oggetto preso di mira,
consente di stabilire il vero stato di un caso su di una proprietà non direttamente osservabile.
2) riconducibile al realismo critico, la triangolazione è una procedura da cui è ragionevole
attendersi non già un’indicazione sul vero stato del nostro oggetto, ma sulla sua autonomia
ontologia dalle procedure di rilevazione impiegate. Il ricorso a più tecniche di costruzione della
documentazione empirica offre al ricercatore buone ragioni per credere che l’oggetto cui si
applicano abbia uno statuto di realtà indipendente, non sia cioè un mero artefatto dovuto
all’impiego di questa o quella tecnica di osservazione.
3) riflessiva, l’impiego congiunto di più tecniche aiuta il ricercatore a stabilire quali conclusioni è
legittimo trarre dalla documentazione empirica consegnata da ciascuna tecnica. La
triangolazione serve qui a identificare i limiti specifici di ciascuna tecnica di rilevazione. Colti
alla luce della documentazione empirica consegnata al ricercatore dalle altre tecniche.
4) pensiero post-moderno, la triangolazione è una procedura applicata non nella fase di
costruzione della documentazione empirica, ma nel momento in cui i materiali empirici
vengono messi in forma con la scrittura. Si parla di CRISTALLIZZAZIONE e prevede la
rappresentazione dell’oggetto cui si applica attraverso il ricorso a una pluralità di generi
testuali. Questo allo scopo di mostrare il lavoro di costruzione dell’oggetto compiuto dalla
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scrittura e, al contempo, di moltiplicare le immagini dell’oggetto.
I temi trattati possono essere i più disparati riguardanti il mondo interno degli individui ma non
si presta per lo studio dell’interazione sociale.
Le implicazioni dell’uso dell’intervista possono essere analizzate seguendo il processo della
ricerca

1) Disegno della ricerca


a) Il punto di partenza di ogni ricerca sociale è la DEFINIZIONE della DOMANDA
COGNITIVA a cui si intende rispondere. Essa non deve necessariamente essere un’ipotesi
del tipo se…allora, né è necessario che l’ambito da indagare sia circoscritto con un insieme
di definizioni operative. Deve però essere ben profilata.
b) Gli INTERVISTATI ! L’individuazione dei soggetti è un’operazione che compone di 2 passi
*l’individuazione del tipo di interlocutore appropriato;
*la definizione della procedura empirica che consentirà di reclutare un congruo numero di
individui con le caratteristiche appropriate. Quest’ultima in alcuni casi corrisponde alla
definizione di un piano di campionamento, in altri con l’organizzazione dell’agenda delle
interviste condotte sulla totalità dei casi che costituiscono la popolazione pertinente; si
ricorre al campionamento quando questo è impossibile o troppo oneroso. Di solito il numero
dei soggetti interpellati è abbastanza contenuto, tra i 50 e i 100 casi, limite dettato dalle
caratteristiche delle procedure di costruzione della documentazione. Il campionamento
probabilistico si basa sull’assunto che l’estrazione casuale garantisca la rappresentatività
del campione, assunto dubbio ancor di più per i piccoli campioni. E’ preferibile il ricorso al
campionamento non probabilistico perché la scelta dei casi è motivata da considerazioni
teoriche e non da teorie della probabilità ! campionamento a scelta ragionata (theoretical
sampling), declinabile in due modalità
*la prima prevede la definizione del profilo del campione prima di procedere con la
conduzione delle interviste (domanda cognitiva e quadro teorico guidano l’identificazione
dei soggetti). Questa procedura può essere rappresentata come la costruzione di uno
spazio di attributi le cui dimensioni coincidono con le dimensioni concettuali, le proprietà cui
la teoria annette rilievo. Questo permette di identificare dei “tipi”, per ciascuno dei quali si
deciderà il numero di interviste da condurre, lo stesso numero oppure un numero diverso
determinato riproducendo la distribuzione congiunta delle proprietà osservata nella
popolazione (per quote).
L’individuazione dei soggetti da intervistare può essere compiuto in diversi modi, uno dei
quali riproduce la logica del campionamento ragionato: le persone saranno scelte
considerando caso per caso il profilo. Quando questo non è possibile possiamo

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- ricorrere a “testimoni qualificati” o mediatori culturali
- utilizzare liste di nominativi
- ricorrere allo SNOW BALL SAMPLE
*la seconda costituisce uno dei contributi più rilevanti della proposta metodologica di Glaser e
Strauss: il profilo e la dimensione del campione vengono definiti nel corso della ricerca,
contestualmente alla conduzione e all’analisi preliminare delle interviste che via via vengono
condotte. Criterio della “saturazione teorica” che si innesta nel quadro più generale della
grounded theory.
c) FORMA dell’intervista discorsiva (guidata o libera) ! la scelta è importante anche ai fini
dell’analisi; in entrambi in casi è opportuno preparare con cure le domande o la traccia,
realizzate seguendo le indicazioni di buona tecnica, coniugando cioè brevità, chiarezza e
precisione.
d) INTERVISTATORE ! è opportuno che le interviste vengano condotte dal gruppo di
ricerca. Quando ciò non è possibile è indispensabile coinvolgere gli intervistatori sia nel lavoro
di progettazione della ricerca che nell’analisi della documentazione empirica. Occorre che
l’intervistatore abbia esperienza nella conduzione e sufficiente familiarità con i temi trattati. Per
quanto riguarda la natura del rapporto che lega intervistatore e intervistato prima
dell’intervista, il grado di maggiore vicinanza o lontananza dipende dai contesti e dai temi in
cui l’intervista viene attuata.

2) Costruzione della documentazione empirica


a) Contatto e presentazione della ricerca ! è necessario innanzitutto ottenere il consenso
degli intervistati che dovranno mettere a disposizione del loro tempo. La richiesta può essere
avanzata per telefono, per lettera o di persona o dalla collaborazione in altre ricerche. La scelta
fra queste alternative deve essere attuata considerando le caratteristiche dei soggetti. I primi
contatti servono ad informare e rassicurare adeguatamente i soggetti sulla ricerca, le sue
finalità, le garanzie di anonimato e il tempo richiesto, nonché i temi affrontati.
b) Conduzione dell’intervista ! a prescindere che la scelta sia ricaduta sull’intervista guidata
o su quella libera, il primo fondamentale principio metodologico da seguire è quello
dell’atteggiamento di ascolto. L’ascolto richiesto è una partecipazione attiva che permetta
all’intervistato di esprimersi liberamente costruendo il suo discorso. A ciò si aggiunge la tecnica
della ricapitolazione. All’intervistato l’intervista dovrà apparire quanto più simile ad una
conversazione ordinaria, a dispetto dell’asimmetria dei ruoli. Il colloquio dovrà essere
registrato, per questo e per mettere a proprio agio il soggetto, l’intervista dovrà essere
condotta in un luogo idoneo.
c) Trascrizione dell’intervista ! prima di procedere con l’analisi, le interviste devono essere
trascritte per intero, perciò è necessario che almeno la revisione delle trascrizioni sia condotta
dall’intervistatore (è l’unico in grado di ricostruire le forme di comunicazione non verbale).
Sarebbe meglio leggere tutto il materiale non alla fine ma durante il lavoro di costruzione.

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3) Analisi della documentazione empirica
E’ costituita da un insieme composito di operazioni intellettuali. L’analisi si basa su una lettura
metodica del corpus testuale costituito dalla trascrizione dei colloqui d’intervista. Ci si propone
di distillarne il senso e di inscriverli all’interno di una cornice teorica. L’articolazione del quadro
teorico procede in parallelo con la lettura metodica (relazione circolare). L’applicazione al
materiale empirico delle categorie teoriche sviluppate dal ricercatore consente di saggiarne
l’adeguatezza e il valore euristico. Spesso questa operazione coincide con la classificazione dei
testi e la costruzione di una tipologia/tassonomia. I modi in cui si procede in questo lavoro
ermeneutico di lettura e teorizzazione sono più di uno, modellati dalle scelte teoriche ed
epistemologiche del ricercatore. Le diverse procedure sono accomunate da alcuni elementi.
a) Primato dei casi sulle variabili ! riguarda la strategia di lettura del corpus testuale
costituito dall’insieme delle interviste trascritte. L’analisi segue la logica dello studio di un
caso: ciascuna intervista viene letta e qualificata presa da sé sola.
b) Forma e contenuti ! le interviste possono essere lette in due modi complementari: uno
riguarda la forma (struttura argomentativi, modalità di persuasione e di impostazione del
discorso, adozione di un gergo, coloritura emotiva, …), l’altro il contenuto (ciò che viene
detto).
c) Procedure di analisi ! la qualificazione dei contenuti è il cuore del lavoro ermeneutico
applicato a questi testi. Le procedure utilizzate a questo fine sono diverse e possono essere
raggruppate in due classi:
* le procedure INFORMALI valorizzano innanzitutto tutto la competenza teorica del ricercatore
che le applica. I precetti che governano queste procedure prendono figura nel corso
dell’analisi. Un pregio è che possono consegnare letture e interpretazioni molto acute. Ma il
limite è la difficoltà a dar conto in modo puntuale dei principi e delle procedure che hanno
sorretto l’analisi. Per questo il resoconto riflessivo è fondamentale.
* le procedure FORMALIZZATE possono essere distinte in procedure basate su uno specifico
modello semiotico del discorso (per es. analisi strutturale del discorso di Demaziere e Dubar) e
in procedure basate su un insieme di principi metodologici posti alla guida dell’analisi. In
questo secondo gruppo rientra la proposta metodologica di Glaser e Strauss della
GROUNDED THEORY ! procedura che disciplina con un insieme di principi il processo di
costruzione della cornice teorica in cui inscrivere la documentazione empirica. Si basa sul
precetto della COMPARAZIONE COSTANTE che suggerisce, in sede di costruzione della
documentazione empirica, la massima eterogeneità dei materiali raccolti e, in sede di analisi, la
comparazione sistematica fra essi. A ciò si lega la definizione di un percorso di lettura e
qualificazione dei materiali empirici: la CODIFICA, che segue tre passi lungo i quali i materiali
empirici vengono inscritti in un quadro teorico caratterizzato da un livello di generalità che
cresce passo dopo passo. La codifica APERTA assegna ai diversi brani di cui si compone la
trascrizione di un’intervista CODICI, proprietà che li connotano in un registro prossimo a quello
impiegato dagli intervistati. La codifica ASSIALE classifica i codici attraverso un processo che

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combina l’aggregazione o la dissezione delle categorie. La codifica SELETTIVA estrae dai
materiali messi in una forma con la codifica assiale una o alcune categorie teoriche cui i tratti
salienti dei discorsi analizzati possono essere ricondotti.
La codifica dei materiali di intervista può essere condotta sia con carta e penna, sia con l’aiuto
di software (CAQDAS). Quale che sia la procedura impiegata, l’analisi si basa sulla
combinazione di tre operazioni: la caratterizzazione di ogni singola intervista, la comparazione
fra le interviste e la loro classificazione in una tipologia o tassonomia. La comparazione dei
testi che raccolgono la trascrizione di ciascuna intervista è diretto individuare affinità e
differenze specifiche fra essi, delineando con ciò la cornice teorica entro cui questi materiali
saranno inscritti. Vengono individuate le proprietà e i tratti costitutivi dei generi cui i testi
possano essere ricondotti; è possibile delineare i contorni dello spazio semantico che racchiude
il corpus testuale. La segmentazione di questo spazio costituisce l’ultimo passo del lavoro di
analisi che mette capo ad una classificazione ora dei discorsi ora delle persone intervistate, ad
una tipologia/tassonomia.
d) La classificazione dei testi d’intervista ! la forma di classificazione più appropriata ai
materiali di intervista, quella cioè che meglio può esprimere la relazione che lega ciascun
testo al genere cui è ricondotto, mette capo a tipi ideali, definiti seguendo la lezione
weberiana. Nel tipo ideale i tratti di un genere vengono accentuati, caricati per renderne
immediatamente riconoscibile il profilo. A questi tipi possono essere ricondotti i testi di cui
si compone il corpus delle interviste trascritte, testi legati ad un genere da una relazione di
somiglianza più o meno intensa. Un importante nodo teorico relativo alle forme di
classificazione messe a punto con l’analisi dei materiali di intervista riguarda la definizione
della natura della funzione di appartenenza che lega ciascuna intervista al tipo ideale cui fa
capo. La soluzione più diffusa prevede l’impiego di una funzione di appartenenza discreta a
due valori. Ha lasciato il è necessario infine dar conto in modo analitico delle scelte di
metodo adottate nel resoconto redatto per comunicare i risultati della ricerca, legando con
ciò l’analisi alla giustificazione, all’illustrazione delle ragioni che rendono plausibili risultati
raggiunti.

4) La comunicazione dei risultati


A questo proposito esistono indicazioni diverse, e questo è un elemento di ricchezza. Ciò che le
accomuna è la necessità di includere almeno due sezioni: un dettagliato resoconto
metodologico e l’illustrazione dello schema interpretativo maturato con l’analisi e del rapporto
che lo lega alla documentazione empirica. Questo serve in primis a delineare i margini di
incertezza che gravano sui risultati raggiunti. Può essere opportuno allegare la trascrizione
completa dei colloqui di intervista, riportata in un CD-ROM o depositata in un sito internet.
Questo sia per rendere ispezionabile al pubblico la documentazione che per autodisciplina del
ricercatore.

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Cap. 4 – Osservazione partecipante e ricerca etnografica
L’osservazione partecipante è una forma speciale di osservazione. Non è solo guardare, … ma
aprirsi ad un’esperienza in cui la distanza con l’oggetto viene meno. Ciò di cui l’osservatore può
fare esperienza dipende dalle sue caratteristiche personali, dalla forma del rapporto instaurato
con il proprio oggetto. E’ la tecnica principe per lo studio dell’interazione sociale che viene colta
in un contesto naturale nel quale l’osservatore si immerge. Pertanto la partecipazione è la
chiave di questa esperienza, è osservazione diretta, dialogo e assunzione di ruolo. Di norma è
un’esperienza che si sviluppa in un lasso di tempo relativamente esteso, in modo da cogliere
l’azione e l’interazione sociale nel loro farsi, consente di ritrarre processi sociali e di accedere
ad una rappresentazione dinamica dei fenomeni sociali.
L’osservazione partecipante costituisce il cuore e il tratto distintivo della ricerca etnografica. Di
norma è impiegata in combinazione con altra tecniche (osservazione documentaria,
naturalistica, intervista discorsiva, talvolta focus group e shadowing).
Osservazione partecipante e ricerca etnografica consentono di ricostruire dall’interno il profilo
culturale della società ospite.
Gli oggetti cui questa tecnica può essere applicata con profitto sono i più diversi, ciò che li
accomuna è l’accessibilità all’esperienza diretta del ricercatore, la possibilità di una sua
partecipazione alla vita quotidiana. Di norma osservazione partecipante/ricerca etnografica i
applicano allo studio di contesti sociali dai confini spaziali delimitati, che coincidono con
l’estensione delle forme di interazione sociale cui l’osservatore ha facoltà di partecipare. La
forma assunta dall’osservazione partecipante dipende da un insieme di fattori, tra cui le
caratteristiche dell’oggetto, le caratteristiche dello strumento osservativo, la persona del
ricercatore, gli eventi che nel corso del lavoro sul campo si succedono, … .
La ricerca etnografica per sua natura consente di seguire itinerari di ricerca molto diversi tra
loro, come diversi saranno pertanto le conclusioni. Il metodo etnografico non può essere
standardizzato perciò è cruciale lo specifico itinerario di ricerca seguito rilevante sia per la
qualificazione del punto di vista da cui l’oggetto è stato ritratto sia per la valutazione della
plausibilità dei risultati cui la ricerca perviene. Il lavoro sul campo impone la responsabilità di
tradurre in concrete operazioni di ricerca la propria sensibilità metodologica ma impone anche
di dar conto in modo analitico dell’itinerario di ricerca seguito, costruendo in questo modo
l’obiettività del proprio resoconto.

1) Disegno di ricerca
L’elaborazione del disegno di ricerca procede con la conduzione dello studio. In questo
processo, due decisioni sono cruciali
a) L’identificazione dell’oggetto di studio ! *ci si può muovere da una specifica domanda
cognitiva che guida il ricercatore nella scelta dell’oggetto da cui è ragionevole attendersi
una risposta; *ci si può muovere dall’oggetto che, osservato, consegna al ricercatore la
domanda cognitiva pertinente o quantomeno contribuisce alla sua definizione; *la domanda

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cognitiva e l’oggetto possono essere delineati benché sommariamente sin dalle prime
battute della ricerca. Ciascun percorso ha i suoi pro e contro ma qualunque sia il percorso
scelto, dobbiamo tener contro di due elementi: uno pratico che attiene alla sostenibilità
emotiva della relazione emotiva nella quale per un tempo non breve verremo coinvolti (è
necessario anche che le caratteristiche più visibili dell’osservatore gli consentano di
partecipare a tutte le attività che ritiene rilevanti); uno epistemico che attiene alla
generalizzabilità dei risultati ottenuti dallo studio di uno o di pochi casi (pg 116 - 118).
b) Scelta del ruolo osservativo (forma della partecipazione) ! l’osservazione partecipante
può essere condotta assumendo all’interno della cultura ospite diversi ruolo osservativi. La
scelta determina in buona misura i contenuti dell’esperienza che l’osservatore potrà vivere
sul campo. *l’osservazione COPERTA (in incognito) consente di evitare i cosiddetti
guardiani (gatekeepers), riduce al minimo l’effetto Hawthorne e la competenza del
ricercatore del ruolo che ricopre può essere completa. Per quanto riguarda i limiti: le
possibilità di movimento sul campo sono minori e minore la capacità dell’etnografo di
distanziarsi emotivamente e cognitivamente dall’oggetto di studio; inoltre è difficile
prendere commiato nei tempi/modi previsti nel proprio programma di ricerca. Infine, con la
pubblicazione il ricercatore è costretto a togliersi la maschera e a pagare il prezzo del
“tradimento”. *l’osservazione SCOPERTA impone al ricercatore le difficoltà del rapporto con
i gatekeepers, la figura dello scienziato sociale può essere mal percepita; è presente il
problema della reattività, benché essa non sia necessariamente un fattore di distorsione.
L’osservatore infine può essere coinvolto in situazioni di “arbitrato”. I punti di forza
riguardano invece la flessibilità (l’osservatore ha cioè una buona possibilità di movimento
sul campo), potrà ricorrere al backtalk (interpellare i nativi circa l’appropriatezza delle
proprie interpretazioni della loro cultura e l’adeguatezza delle procedure osservative
impiegate; i commenti possono essere resi spontaneamente o sollecitati dall’osservatore,
essere verbali o espressi per iscritto. Offrono nuovo materiale empirico su cui riflettere).
Inoltre consente di affiancare all’osservazione partecipante altre tecniche di ricerca. La
scelta fra questi due “ruoli” è irreversibile solo nel caso in cui l’osservazione sia dal principio
scoperta. Nel caso dell’osservazione in incognito il problema etico circa le conseguenze che
l’adozione di questa strategia comporta per i soggetti in studio dovrà essere valutato caso
per caso, considerando la praticabilità di una strategia di ricerca alternativa e l’entità del
danno inferto ai propri interlocutori.

2) La costruzione della documentazione empirica


a) L’accesso, guadagnare la fiducia dei nativi ! L’osservatore coperto diverrà parte della
società in studio sottoponendosi alla trafila riservata a un qualsiasi nuovo venuto; l’osservatore
scoperto dovrà invece negoziare con i nativi i tempi e i modi della propria ricerca. E’
fondamentale innanzitutto conquistare la fiducia dei gatekeepers, contando sulle sue
competenza relazionali. E’ bene quindi che l’osservatore arrivi a questo momento forte di tutte

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le informazioni disponibili sulla cultura che vuole studiare, consultando la letteratura scientifica.
Questo è utile non solo per affrontare l’incontro con i guardiani ma anche per identificare alcuni
possibili mediatori culturali (persona che gode della fiducia della popolazione in studio e che è
facilmente avvicinabile dal ricercatore; ha solidi legami con entrambe le culture). Il mediatore
può essere la persona che presenterà l’osservatore ai guardiani e cercherà di rassicurarli sui
suoi propositi. Il lavoro sul campo inizia con un singolare rito di inversione di status:
l’osservatore diventa oggetto di osservazione. Questa è una forma di negoziazione. Di tutto
quanto descritto occorre prendere nota con cura.
b) Il lavoro sul campo ! la ricerca etnografica si compone di un insieme composito di
operazioni che si ripetono e si rinnovano più volte con un tipico andamento circolare. La
domanda cognitiva orienta il lavoro sul campo ma al contempo, viene modellata, ridefinita o
articolata, da questa esperienza. Il lavoro sul campo rende disponibili materiali per l’analisi e
l’analisi di questi materiali orienta nuovamente il lavoro sul campo. La scrittura diviene essa
stessa uno strumento di scoperta e non solo strumento di rappresentazione dei risultati
consolidati nel rigore dell’analisi. Il cuore del lavoro sul campo è l’osservazione partecipante cui
si affiancano altre tecniche di ricerca. Parte integrante di questo lavoro e la redazione delle
note etnografiche, appunti di campo. In queste note l’esperienza dell’osservatore viene
cristallizzata in un documento che, sottoposto ad analisi guiderà l’interpretazione della cultura
in studio. Le forme di osservazione e partecipazione di norma evolvono nel corso del lavoro sul
campo. Possiamo distinguere tre passi di questo processo, legati da una relazione circolare:
*osservazione DESCRITTIVA, da cui prende il via il lavoro sul campo; il ricercatore si guarda
intorno e cerca di capire dove i suoi interessi di ricerca lo hanno condotto. L’obiettivo è una
descrizione comprensiva, per questo necessariamente superficiale della cultura in oggetto. Non
è solo una faccenda di “osservazione e riporto” ma l’esercizio di una scelta, nella selezione
all’interno di un insieme infinito di asserti descrittivi possibili, di un sottoinsieme di asserti
rilevanti. Deve pertanto essere preceduta e accompagnata da una riflessione teorica tesa a
rendere espliciti e comunicabili i criteri che orientano la selezione degli asserti descrittivi.
Esistono comunque dei criteri di rilevanza comuni, di cui una buona descrizione di una cultura
dovrebbe tenere conto: spazio, tempo, attori e attività principali.
*osservazione FOCALIZZATA con la quale l’osservatore acquisita una certa familiarità con la
cultura, dirige lo sguardo su una forma particolare di interazione sociale, un aspetto specifico
della cultura. Delineati i contorni nella prima fase di osservazione, il passo successivo consiste
nell’analisi più dettagliata di alcuni “luoghi” della cultura in esame. Questa fase può consegnare
a quella successiva una domanda conoscitiva diversa da quella da cui ha preso il via, e sarà
questa nuova domanda a indirizzare l’individuazione del luogo della cultura su cui concentrare
l’attenzione. A questo proposito possiamo scegliere di approfondire un tema (salienza),
rilevante per considerazioni teoriche o spunti di riflessione forniti dai nativi, alla luce del quale
rileggeremo tutte le considerazioni fatte finora, oppure scegliere un percorso basato sulla
sineddoche, dove la parte diviene espressione del tutto, analizziamo cioè un aspetto specifico

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della cultura ma l’analisi non coincide con l’approfondimento di un particolare tema (percorso
insidioso).
*osservazione SELETTIVA, quando cresce il grado di dettaglio richiesto e, al contempo, si
rende necessaria una qualche forma di strutturazione dell’attività osservativa. E’ uno
strumento la quale si ricorre quando le domande conoscitive da cui ci si muove possono
trovare risposta solo attraverso una rigorosa formalizzazione/quantificazione delle procedure
osservative.
c) Gli informatori ! sono persone con cui l’osservatore stabilisce un rapporto privilegiato e
dalle quali ottiene preziose informazioni sulla cultura in studio. Possono essere istituzionali,
cioè incaricati dalla società del rapporto con coloro che non ne sono membri, esponendo il
ricercatore ad un maggior rischio di manipolazione strumentale, oppure non istituzionali, cioè
privi di un’investitura formale, offrono all’osservatore la propria collaborazione (attenzione: non
sempre le persone più disponibili a cooperare sono anche le più informate).
Bisogna tenere presente che poiché il rapporto privilegiato con un nativo apre all’osservatore
alcune porte della società ma ne chiude altre, è bene consolidare la relazione con un
informatore solo dopo aver soggiornato qualche tempo nella società; inoltre, l’informatore e il
rapporto istituito con esso sono parte integrante della relazione osservativa e pertanto devono
essere sottoposti ad un severo scrutinio: capire qual è la sua posizione sociale e quali le ragioni
che lo spingono a collaborare.
d) Le note etnografiche ! la documentazione empirica a sostegno degli asserti prodotti dalla
ricerca etnografica viene costruita con la stesura delle note etnografiche, con la registrazione
(per lo più in linguaggio naturale) di ciò che l’osservatore ha appreso dai propri informatori,
dalle persone che ha intervistato, ma soprattutto attraverso l’osservazione e la partecipazione
alla vita quotidiana. Sono fondamentali per questo è necessario prestargli molto tempo e
attenzione (con la dovuta discrezione). Tre principi generali offrono una guida per la stesura
delle note: distinzione (separare, rendendoli riconoscibili, oggetti, fonti, tipi di discorso, tipi di
asserti), concretezza (utilizzare un linguaggio concreto che indulga il meno possibile
all’astrazione) e ridondanza (richiama la necessità di descrizioni nelle quali NULLA venga dato
per scontato e per questo indegno di menzione). Le note dovrebbero raccogliere le
informazioni relative sia all’oggetto osservato (descrizione della cultura) che alla relazione
osservativa (prendere nota delle condizioni entro le quali si conduce la propria ricerca).
E’ importante avviare fin da subito l’analisi della documentazione empirica che man mano di
raccoglie (anche per avere nuovi o più completi spunti di osservazione/riflessione). A ciò si
deve aggiungere il resoconto dettagliato delle proprie attività (chi, quando, cosa, come, …), è
necessario dar conto, anche ai fini di una maggiore solidità dei risultati della ricerca e proprio
perché l’osservazione è ricerca ma soprattutto esperienza personale, delle procedure
osservative adottate, delle caratteristiche dello strumento osservativo, della cosiddetta
equazione personale dell’osservatore: orientamento teorico e metodologico che ispira il lavoro,
orientamento di valore e relazione tra i suoi valori e quelli che ispirano la cultura in studio,

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principali coordinate emotive della propria esperienza sul campo (costi emotivi ma anche
risvolti positivi) - CFR appunti.
Accanto all’osservazione partecipante vengono usate altre tecniche di costruzione della
documentazione empirica, tra cui anche l’osservazione documentaria.

3) Analisi della documentazione empirica


E’ un’attività che accompagna tutte le fasi del lavoro etnografico. E’ con l’analisi della
documentazione empirica che si realizza il delicato passaggio dai costrutti di prim’ordine – il
linguaggio dei nativi – ai costrutti di second’ordine – le categorie concettuali della teoria
sociologica. Inizia dunque un processo di traduzione di una cultura nei termini di un’altra,
processo caratterizzato da creatività ma anche rigore. Occorre fare in modo che il pnuto di
vista dal quale l’etnografo ritrae una cultura in studio contribuisca a sottolinearne piuttosto che
a offuscarne gli aspetti rilevanti. Inoltre occorre che la comunità scientifica disponga di tutti gli
strumenti necessari per valutare la plausibilità di quela rappresentazione, strumenti forniti dal
resoconto riflessivo delle procedure di osservazione e di analisi della documentazione empirica
impiegate. La costruzione di un sofisticato modello teorico, la corroborazione di ipotesi
decisive, la definizione di estese reti di nessi tra asserti, per quanto auspicabili, non sono l’esito
necessario e obbligato di una buona analisi della documentazione empirica. La messa a punto
di una tipologia/tassonomia, una buona classificazione dei fenomeni osservati o la definizione
di alcuni concetti sono obiettivi più adeguati. Inoltre, non è necessario analizzare e
commentare con il medesimo dettaglio tutta la documentazione raccolta.
L’analisi delle note etnografiche può essere condotta ricorrendo agli strumenti convenzionali e
non della statistica e/o alle procedure dell’analisi narrativa. L’ANALISI NARRATIVA delle note
etnografiche muove da due semplici operazioni cognitive, la LETTURA e la CLASSIFICAZIONE:
occorre leggere e rileggere le note per poi cercare di imporre loro un ordine classificando temi,
attori, situazioni e quant’altro la teoria che ci guida e che emerge dall’analisi di questi materiali
suggerisce di considerare. Queste operazioni, che hanno intenti sia descrittivi che esplicativi,
possono essere condotte carta e penna oppure con l’aiuto di CAQDAS.

4) Comunicazione dei risultati


La scrittura del resoconto etnografico porta a compimento l’esperienza di ricerca cominciata sul
campo, rendendola comunicabile e con ciò valutabile dalla comunità scientifica. La scrittura
non si limita a comunicare un insieme di informazioni ma contribuisce essa stessa alla
definizione dei contenuti trasmessi. La scelta dello stile è pertanto cruciale: occorre prestare
attenzione nella ricerca di una forma che renda giustizia delle peculiarità della cultura e allo
stesso tempo rifletta e descriva i contorni dell’esperienza che ha condotto l’osservatore a
maturare le proprie interpretazioni. Nel costruire l’interpretazione di un testo occorre mostrare
non solo le ragioni che rendono appropriata l’interpretazione proposta ma anche quelle che

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portano a ritenere inadeguate le interpretazioni alternative, in un’ottica di dialogo e confronto.
L’autore non dovrebbe celare ma qualificare la propria presenza nel testo.

Cap. 5 – Il focus group


Tecnica di osservazione che si applica su piccoli gruppi, costituiti e animati da un osservatore
che sollecita la discussione si un argomento specifico. L’attenzione cade sull’interazione sociale
e nello specifico sull’interazione discorsiva. Il gruppo è un gruppo artificiale di 6-10 persone,
costituito ad hoc dal ricercatore per rispondere ad una specifica esigenza cognitiva. La
discussione è condotta da un moderatore, aiutato da un altro osservatore ce si occupa
principalmente della rilevazione dei comportamenti non verbali. Le condizioni in cui la
discussione è condotta consentono la reciproca influenza dei membri del gruppo, chiamati a
esporre e confrontare la loro opinione sul tema proposto. Il focus group permette di rilevare
atteggiamenti, credenze, emozioni, orientamenti di valore e anche il perché le persone provano
tutto ciò, nonché i processi di costruzione sociale di opinione, …
Non è un’intervista di gruppo ma una discussione di gruppo. Non è l’osservazione di una
discussione di un gruppo naturale perché nel focus è l’osservatore a costituire il gruppo. Nel
focus group l’osservatore porge delle domande al gruppo e prende nota dell’interazione tra le
persone che lo compongono. Queste caratteristiche pongono il focus group in una posizione
intermedia tra l’intervista discorsiva e l’osservazione partecipante. Rispetto all’osservazione
partecipante però il focus permette di accedere all’analisi di forme di interazione sociale cui è
difficile accedere quando hanno luogo in un contesto naturale. Rispetto all’intervista discorsiva
invece, il focus consente di accedere ad una rappresentazione più chiara delle somiglianze/
differenze di opinione, credenze e valori all’interno di una cultura. Gli ambiti di applicazione del
focus comprendono con la ricerca sociale, anche la ricerca di mercato e la ricerca valutativa. I
temi di cui si può sollecitare la discussione non hanno limiti se non quelli dettati da
considerazioni etiche. In un focus non è possibile garantire l’anonimato perciò è necessario
escludere i temi che risultino eccessivamente intrusivi nel contesto sociale da cui provengono i
nostri interlocutori.
La locuzione focus group designa un insieme composito di procedure osservative, diverse in
ragione della composizione dei gruppi (grado di omogeneità delle persone interpellate e natura
della relazione sociale che lega gli uni agli altri prima della conduzione del focus) e della
modalità di conduzione della discussione da parte del moderatore (dal gruppo autogestito al
gruppo condotto seguendo un percorso ben definito). La forma canonica di focus si basa sulla
costituzione di gruppi omogenei di persone che riconoscono affine la loro esperienza rispetto al
tema in discussione, costituiti da persone estranee tra loro, guidate da un moderatore che
esercita un controllo sulla discussione. L’omogeneità facilita la discussione; l’estraneità offre
maggiori garanzie di anonimato e facilita l’apertura, soprattutto quando è accompagnata dalla
percezione di una comunanza. La presenza del moderatore rende più agevole il confronto della
documentazione prodotta dai diversi gruppi.

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Il focus può essere usato da solo, con altre tecniche con funzione ancillare, in un disegno di
ricerca multimethod. La combinazione del focus con altre tecniche può accrescere la validità
dei risultati.

1) Disegno della ricerca


a) La progettazione dello studio ! l’impiego del focus group richiede un’attenzione
particolare nella progettazione dello studio. Sul campo tutto accade in meno di un paio d’ore
(per ciascun focus), perciò è necessario delineare con sufficiente chiarezza la domanda
cognitiva e pianificare nel dettaglio la sequenza di sollecitazioni con i quali il moderatore dovrà
condurre il gruppo nella discussione del tema prescelto.
b) Il gruppo ! la definizione della domanda cognitiva è spesso associata all’individuazione del
profilo del gruppo. Occorre considerare la possibilità che all’interno della categoria degli
interlocutori individuata si diano sotto-categorie entro le quali la discussione del tema possa
assumere una piega specifica. Questa presenza suggerisce di condurre tanti cicli di focus
quante sono le sotto-popolazioni individuate e in alcuni casi arricchire il disegno con la
conduzione di un ciclo di focus nei quali le diverse sotto-categorie d soggetti interagiscano tra
loro. La presenza di sotto-categorie però non è sempre cosi facilmente riconoscibile, si possono
pertanto interpellare testimoni qualificati o condurre interviste discorsive con un piccolo
campione della popolazione in studio.
c) Studio trasversale o longitudinale ! dipende dagli obiettivi della ricerca se condurre
focus con gruppi dalla composizione stabile in incontri distanziati nel tempo o progettare focus,
distribuiti nel tempo ma con gruppi dalla diversa composizione. Lo studio longitudinale fornisce
una rappresentazione più accurata dell’evoluzione del fenomeno in studio ma risulta più
oneroso.
d) Composizione dei gruppi ! dipende dagli obiettivi della ricerca il grado di omogeneità e
reciproca estraneità dei membri del gruppo (CFR). E’ fondamentale comunque che fra loro non
ci siano marcate differenze nelle capacità di verbalizzazione, nel livello di scolarità e
soprattutto nell’esperienza legata al tema in discussione. Se la reciproca estraneità non è
possibile è necessario comunque che non ci siano relazioni di dominio/subordinazione o di
stima/avversione.
e) Numerosità del gruppo ! il gruppo deve essere grande quanto basta per consentire la
presenza di una gamma sufficientemente ampia di opinioni da mettere a confronto e, al
contempo, sufficientemente piccolo da consentire a ciascuno di esprimere la propria opinione.
In generale, i gruppi troppo piccoli mostrano maggiore vulnerabilità, quelli troppo grandi
rendono la conduzione del focus molto difficile ! 6 < x < 10.
Per quanto riguarda il campionamento, bisogna *selezionare le persone da includere nel
gruppo e *definire il numero di gruppi necessari ai fini di una rappresentazione adeguata del
fenomeno in studio. Le procedure più comunemente impiegate ai fini della selezione possono
essere probabilistiche (con l’impiego di liste di candidati, selezione casuale dei nominativi

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mediante interviste telefoniche; interviste telefoniche condotte ricorrendo ad una qualche
procedura di selezione casuale) oppure non probabilistiche (campionamento a scelta ragionata
– theoretical sampling, CFR appunti – tra cui campionamento per quote, snow ball sample,
individuazione dei casi da interpellare guidata dalle indicazioni di testimoni qualificati,
reclutamento in un luogo che qualifichi le caratteristiche dei presenti, campionare non individui
ma comportamenti, atteggiamenti, …, campionamento opportunistico – piggyback: i gruppi
vengono costituiti associando questa iniziativa a un’altra attività che porta un gruppo di
persone ad incontrarsi, ricorso ad annunci su giornali/riviste: modalità associata al
riconoscimento di un compenso, è difficile escludere le persone che sono più interessate ad
esso che alla collaborazione). Non sempre è necessario ricorrere a incentivi, inoltre la forma di
compenso deve essere scelta con estrema cautela. La partecipazione al focus non potrà che
collocarsi in una data successiva la contatto: molte persone probabilmente non si
presenteranno pertanto è necessario sovradimensionare il gruppo.
Nel campionamento a scelta ragionata, il numero dei gruppi appropriato viene definito
seguendo i principi della grounded theory, il principio della saturazione teorica (CFR) ! in
genere è necessario condurre almeno 3 focus per ciascuna categoria rilevante.
f) Il grado di strutturazione ! in base agli obiettivi della ricerca, bisognerà stabilire il grado
di strutturazione che può andare dal gruppo autogestito a quello in cui il percorso è ben
definito nei tempi e nei modi. La forma autogestita è appropriata quando l’intento dello studio
è esplorativo o quando vogliono essere studiati aspetti della discussione formali. La forma
moderata di focus group risulta più appropriata quando la domanda cognitiva ha una
sufficiente specificazione e quando il confronto fra le discussioni condotte nei diversi gruppi è
decisiva per l’analisi/interpretazione del materiale empirico prodotto. E’ possibile combinare le
due forme di conduzione.
g) La traccia ! la conduzione può essere guidata da una scaletta, che rende la discussione
più fluida ma può creare difficoltà di comparazione tra i materiali prodotti dai diversi gruppi. La
lista di domande e stimoli è preferibile quando la conduzione è affidata non ad un moderatore
esperto ma a più moderatori inesperti o caratterizzati da stili di conduzione molto eterogenei.
La lista di domande rende il confronto fra i diversi materiali prodotti meno difficoltosa. Le
domande dovranno comunque essere definite con cura (benché ci si possa “mettere mano”).
Affianco a domande aperte, contenute nel numero e formulate seguendo le regole di buona
tecnica, potranno essere usati stimoli visivi come filmati o diapositive. Occorre ovviamente,
prima dell’inizio della discussione, presentare il tema e il gruppo chiamato a discuterlo. Le
domande saranno introduttive, chiave, di chiusura. Ci dovrà essere inoltre una restituzione.
Occorre infine predisporre un breve questionario da somministrare per tratteggiare il profilo
sociale degli interlocutori.
h) Il moderatore ! deve essere percepito come una persona cui si possa consegnare la
propria esperienza nella convinzione di essere capiti e accettati. E’ necessario che possegga un
livello di conoscenza del tema congruente con lo stile di conduzione prescelto.

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i) Il luogo ! deve essere il più possibile neutro, facilmente raggiungibile, consentire di
sentirsi a proprio agio e garantire una registrazione della discussione di buona qualità. Il
gruppo dovrà essere disposta a ferro di cavallo o semicerchio.
l) Studio pilota ! la progettazione della ricerca si conclude con la conduzione di uno studio
pilota con il quale l’impianto dello studio possa essere collaudato. Può essere condotto
simulando la discussione con un gruppo di ricercatori esperti sia del metodo che
dell’argomento oppure con un gruppo di testimoni qualificati competenti sul tema. Si può
anche procedere conducendo la discussione con un gruppo costituito dal tipo di persone che si
intende interpellare. Al termine si chiederà di esprimere un giudizio sulla rilevanza dei temi
affrontati e sulle modalità di conduzione. Le indicazioni emerse verranno impiegate per la
messa a punto della traccia e la definizione delle modalità di conduzione più appropriate.

2) Costruzione della documentazione empirica


Il lavoro fra conduttore e assistente deve essere coordinato. Il moderatore deve facilitare la
discussione, governare il gruppo in modo non intrusivo, avere buone capacità di ascolto e una
buona competenza relazionale; deve illustrare le regole che governano la discussione, … .
L’assistente deve prendere nota delle forme di interazione che sfuggono alla registrazione e
coadiuvare il conduttore, senza scalfirne l’autorevolezza, deve gestire le apparecchiature di
registrazione.
La video registrazione comporta diversi svantaggi e viola l’anonimato. La registrazione è
necessaria. La discussione non dovrebbe durare più di un’ora e mezzo/due ore, durata che va
comunicata preventivamente ai soggetti. Al termine di ciascun focus bisogna trascrivere la
discussione, meglio in itinere per eventualmente modificare la traccia o definire il numero dei
gruppi se si è optato per la saturazione teorica. Al termine delle trascrizioni è necessario
integrarle con le note dell’assistente.

3) Analisi della documentazione empirica


L’analisi si muove su due livelli: l’analisi di ciò di cui discute ciascun gruppo e l’analisi di quanto
ciascun individuo nel gruppo sostiene. Verranno ricostruiti non solo i temi emersi ma anche le
modalità nelle quali la discussione si è sviluppata. Si procede poi al confronto tra i diversi
gruppi, teso a identificare somiglianze/differenze. Si tratta di inscrivere il materiale all’interno
di una cornice teorica, cui le stesse procedure di analisi contribuiscono a definire i contorni.
L’articolazione del quadro teorico procede in parallelo alla lettura metodica delle trascrizioni del
focus, in una relazione circolare. Nell’analisi di questi materiali prevalgono le procedure
informali, sono utilizzabili le stesse tecniche di analisi usate per altri materiali empirici (CFR
CAP 3).

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4) Comunicazione dei risultati
La comunicazione dei risultati dovrà attraversare due luoghi: un dettagliato resoconto delle
procedure di ricerca adottate e l’esposizione dello schema teorico che da forma ai principali
risultati dello studio. Può essere opportuno allegare le trascrizioni delle discussioni (CFR CAPP 3
e 4).

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