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Giulia Guadagni
Introduzione
1
Cfr. M. Foucault, Du gouvernement des vivants. Cours au Collège de France. 1979-1980,
Seuil-Gallimard, Paris 2012; trad. it. di D. Borca e P. A. Rovatti, Del governo dei viventi. Corso
al Collège de France (1979-1980), Feltrinelli, Milano 2014, p. 106 [d’ora in poi GV].
2
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, realizzata nel 1976 da A. Fontana e
P. Pasquino, in Id., Il discorso, la storia, la verità. Interventi 1969-1984, a cura di M. Bertani,
Einaudi, Torino 2001, pp. 171-192, in particolare p. 191.
3
Per una ricostruzione del percorso editoriale dei corsi di Foucault al Collège
de France e delle implicazioni letterarie, filosofiche, giuridiche e politiche della loro
pubblicazione rimandiamo a C. Del Vento e J.-L. Fournel, L’édition des cours et les « pistes »
de Michel Foucault. Entretiens avec Mauro Bertani, Alessandro Fontana et Michel Senellart, in
«Laboratoire italien», n. 7 (2007), pp. 173-198.
4
In tale senso, ha ricoperto un ruolo rilevante anche la recente pubblicazione delle
conferenze al Dartmouth College del 1980, M. Foucault, Subjectivity and Truth e Christianity
and Confession, ed. it., Sull’origine dell’ermeneutica di sé, a cura di mf/materiali foucaultiani,
Cronopio, Napoli 2012; e del corso tenuto all’Università di Lovanio nel 1981, M. Foucault,
Mal faire, dir vrai. Fonction de l’aveu en justice. Cours de Louvain, 1981, Presses Universitaires de
Louvain-University of Chicago Press, 2012; trad. it. di V. Zini, Mal fare, dir vero. Funzione
della confessione nella giustizia. Corso di Lovanio, 1981, Einaudi, Torino 2013.
5
Cfr. M. Foucault, L’ordre du discours, Gallimard, Paris 1971; trad. it. di A. Fontana,
M. Bertani e V. Zini, L’ordine del discorso, Einaudi, Torino 1972; Id., Le pouvoir psychiatrique.
Cours au Collège de France. 1973-1974, Seuil-Gallimard, Paris 2003; trad. it. di M. Bertani, Il
potere psichiatrico. Corso al Collège de France (1973-1974), Feltrinelli, Milano 2004, pp. 210-212;
Id., La volonté de savoir, Gallimard, Paris 1976; trad. it. di P. Pasquino e G. Procacci, La
volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 1978, p. 54.
6
M. Foucault, Structuralism and Post-Structuralism, intervista con G. Raulet, in «Telos»,
vol. 16 (1983), n. 55, pp. 195-211; trad. fr. in Dits et écrits, Gallimard, Paris 1994, vol. IV, n.
330, pp. 431-57 [d’ora in poi DE]; trad. it. Strutturalismo e post-strutturalismo, in Id., Il discorso,
la storia, la verità, cit., pp. 301-332, in particolare p. 317. Cfr. Id., Nietzsche, la généalogie,
l’histoire, in Hommage à Jean Hyppolite, PUF, Paris 1971; ripreso in DE, vol. II, n. 84, pp. 136-
Regimi di verità in Michel Foucault 109
56; trad. it. Nietzsche, la genealogia, la storia, in Id., Il discorso, la storia, la verità, cit., pp. 43-64, in
particolare p. 47; cfr. anche Id., Leçons sur la volonté de savoir. Cours au Collège de France. 1970-
1971, Seuil-Gallimard, Paris 2011; trad. it. di M. Nicoli e C. Troilo, Lezioni sulla volontà
di sapere. Corso al Collège de France (1970-1971), Feltrinelli, Milano 2015, in particolare la
Lezione su Nietzsche, conferenza tenuta all’Università McGill di Montréal nell’aprile 1971.
7
Sull’influenza della «tradizione epistemologica» francese sulla propria opera,
soprattutto quella esercitata da Canguilhem, si veda M. Foucault, L’archéologie du savoir,
Gallimard, Paris 1969; trad. it. di G. Bogliolo, L’archeologia del sapere, Rizzoli, Milano 1971,
in particolare l’Introduzione; Id., Sur l’archéologie des sciences. Réponse au Cercle d’épistémologie,
in «Cahiers pour l’analyse», n. 9 (1968), pp. 9-40 ; ripreso in DE, vol. I, n. 59, pp. 696-
731; trad. it. di M. de Stefanis, Il sapere e la storia. Due risposte sull’epistemologia, Savelli,
Milano 1979; Id., Strutturalismo e post-strutturalismo, cit., in particolare pp. 306-307 e
pp. 311-312; Id., La vie: l’expérience et la science, in «Revue de métaphysique et de morale»,
vol. 90 (1984), n. 1, pp. 3-14, poi Postfazione a G. Canguilhem, Le normal et le pathologique,
PUF, Paris 1994; trad. it. La vita: l’esperienza e la scienza, in G. Canguilhem, Il normale
e il patologico, Einaudi, Torino 1998; D. Trombadori, Colloqui con Foucault, Castelvecchi,
Roma 2005, in particolare pp. 52-53. Sul rapporto tra Foucault e l’epistemologia storica
rimandiamo a D. Lecourt, Pour une critique de l’épistemologie, Maspero, Paris-Montpellier
1972; trad. it. di F. Fistetti, Per una critica dell’epistemologia, De Donato, Bari 1973; J. Revel,
Michel Foucault: discontinuité de la pensée ou pensée du discontinu?, in «Le Portique» (en ligne),
nn. 13-14 (2004), in <http://leportique.revues.org/635> (consultato il 6 agosto 2017);
P. Macherey, Da Canguilhem à Foucault, la force des normes, La fabrique éditions, Paris 2009;
trad. it. Da Canguilhem a Foucault. La forza delle norme, ETS, Pisa 2011; Ph. Sabot, Archéologie
et histoire des sciences. Y a-t-il un « style Foucault » en épistémologie?, in P. Cassou-Noguès e
P. Gillot (a cura di.), Le concept, le sujet et la science. Cavaillès, Canguilhem, Foucault, Vrin, Paris
2009, pp. 109-124.
8
È il titolo del primo capitolo del loro libro. Con l’espressione «illusione del discorso
autonomo» gli autori evidenziano lo spostamento operato da Foucault a metà degli anni
sessanta, «da un interesse per le pratiche sociali che caratterizzavano sia il discorso che
le istituzioni» a «una attenzione quasi esclusiva alle pratiche linguistiche». Ciò, a parere
di Dreyfus e Rabinow, avrebbe condotto Foucault, nell’opera del 1969, a trascurare
110 Giulia Guadagni
Definizioni iniziali
l’influenza esercitata dalle pratiche sociali su quelle discorsive e a presupporre una fittizia
autonomia del ricercatore dal proprio oggetto d’indagine; cfr. H. Dreyfus e P. Rabinow,
Michel Foucault. Beyond Structuralism and Hermeneutics, The University of Chicago Press,
Chicago 1983; trad. it. di D. Benati, M. Bertani e I. Levrini, La ricerca di Michel Foucault,
Ponte alle Grazie, Firenze 1989, pp. 9-10. Secondo gli autori però Foucault non ha mai
veramente rinunciato alla sua posizione iniziale secondo la quale le istituzioni sociali
esercitano un’influenza significativa sulle pratiche discorsive. Sembrano perciò suggerire
che L’archéologie du savoir sia una parentesi, un esperimento metodologico, all’interno del
pensiero di Foucault; cfr. ivi. pp. 18-19.
9
M. Foucault, La volontà di sapere, cit., p. 8.
10
J. Revel, Michel Foucault. Un’ontologia dell’attualità, Rubettino, Soveria Mannelli 2003,
p. 94.
Regimi di verità in Michel Foucault 111
11
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 171.
12
M. Foucault, L’ordine del discorso, cit., p. 11.
13
M. Foucault, Histoire de la folie à l’âge classique, Gallimard, Paris 1972; trad. it. di
F. Ferrucci, Storia della follia nell’età classica, Rizzoli, Milano 1976, p. 68.
14
S. Natoli, La verità in gioco. Scritti su Foucault, Feltrinelli, Milano 2005, p. 43.
112 Giulia Guadagni
dispersione, nel caso in cui, tra gli oggetti, i tipi di enunciazione, i concetti,
le scelte tematiche, si possa definire una regolarità»19.
Le formazioni discorsive sono le regolarità mostrate dai rapporti tra
serious speech acts dello stesso genere e di genere differente e le trasformazioni
cui sono sottoposte20. Ora, le famiglie di enunciati che compongono le
scienze umane sono famiglie di serious speech acts.
Un legame tra i concetti di formazione discorsiva e di regime di
verità emerge nel corso di un’intervista rilasciata a Pasquale Pasquino
e Alessandro Fontana nel 1976, durante la quale Foucault usa la parola
«regime» riferendosi alle proprie opere degli anni sessanta21. In Histoire
de la folie e ne Les mots et les choses il problema del potere era ancora
poco evidenziato: «ciò che mancava al mio lavoro – dice – era questo
problema del “regime discorsivo”, degli effetti di potere propri al gioco
enunciativo»22. Riferendosi alla domanda posta negli anni sessanta circa
le trasformazioni dei paradigmi scientifici, nella stessa intervista sostiene
che tali trasformazioni non siano semplicemente delle nuove scoperte,
ma nuovi regimi nel discorso e nel sapere23, e che avvengano in virtù
di una «modificazione nelle regole di formazione degli enunciati che
sono accettati come scientificamente veri»24. Il regime discorsivo è qui
inizialmente indicato come «quel che regola gli enunciati ed il modo in
cui si reggono gli uni agli altri per costituire un insieme di proposizioni
scientificamente accettabili e suscettibili di conseguenza di essere verificate
o falsificate attraverso procedimenti scientifici25.
Riconosciamo in questa prima definizione di regime discorsivo
un’elaborazione ulteriore del concetto di formazione discorsiva. La
domanda all’interno della quale Foucault si muove è ancora quella circa le
relazioni tra vero e falso nell’ambito delle discipline scientifiche, il tema è
la verità intesa come sistema che definisce la partizione tra vero e falso. Si
può allora sostenere che la formazione discorsiva corrisponda al regime
19
Ivi, p. 48.
20
Cfr. H. Dreyfus e P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, cit., p. 73.
21
Tale operazione di analisi e riformulazione del proprio percorso passato è un
tratto ricorrente del suo filosofare, occorre dunque leggere le osservazioni di questo
genere tenendo conto del loro statuto particolare di retrospettive.
22
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 174.
23
Cfr. ibidem.
24
Ibidem.
25
Ibidem.
114 Giulia Guadagni
26
Anche se non nei termini di un confronto diretto tra le nozioni di formazione
discorsiva e di regime di verità, bensì per fugare l’interpretazione secondo cui, a partire dal
1980, Foucault avrebbe mutato completamente direzione nel dedicarsi al cristianesimo
delle origini e all’antichità greca e romana, Bertani evidenzia il legame che intercorre tra
L’archéologie du savoir e le opere della seconda metà degli Settanta, sostenendo che proprio
l’indagine sui rapporti tra soggetto e verità abbia accompagnato Foucault lungo tutto il
suo percorso filosofico; cfr. M. Bertani, La fine di un mondo? Foucault e la veridizione cristiana,
in «aut aut», n. 362 (2014), pp. 75-100, in particolare pp. 76-77.
27
Cfr. M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., pp. 176-177. A proposito della
continuità che lega le prime opere di Foucault, in particolare Histoire de la folie à l’âge
classique e alcuni corsi al Collège de France degli anni settanta, in merito ai rapporti
tra verità e potere rimandiamo a D. Defert, Volontà di verità e pratica militante in Michel
Foucault, intervista con O. Irrera e D. Lorenzini realizzata il 9 novembre 2011, in «materiali
foucaultiani», vol. 1 (2012), n. 2, pp. 145-157, in particolare pp. 145-146.
Regimi di verità in Michel Foucault 115
più fini della rete del potere»28, è stato possibile occuparsi di tematiche che
fino ad allora erano rimaste escluse dall’analisi politica: «l’internamento
psichiatrico, la normalizzazione mentale degli individui, le istituzioni
penali»29. Tali questioni non erano pertinenti a un’analisi subordinata alla
sola istanza economica, ma lo sono diventate – conclude Foucault – anzi,
sono diventate essenziali, quando ci si è potuti rivolgere al «funzionamento
generale degli ingranaggi del potere»30. In ciò, e nella militanza con il Groupe
d’information sur les prisons troviamo la motivazione storica dell’analitica del
potere. Come scrive Revel, l’esperienza del G.I.P. ha permesso a Foucault di
sviluppare «un nuovo modello d’indagine che non separa più l’esperienza
soggettiva dalla teorizzazione»31.
Foucault stesso quindi, tra le sue ricerche dell’inizio degli anni sessanta
e quelle degli anni settanta, disegna un ponte costituito dalla ricerca
intorno ai regimi discorsivi, cioè dalla questione del rapporto tra il sapere
e le relazioni di potere. All’inizio degli anni settanta dunque è tornato su
un tema che era già presente in forma embrionale in Histoire de la folie e che
ha ritrovato il suo posto centrale a partire da L’ordre du discours, caricato di
una nuova pregnanza politica.
All’interno dell’analitica del potere è messa in luce a più riprese la
relazione tra potere e verità e i suoi effetti. Fedele al proprio metodo di
rinuncia agli universali32, Foucault sostiene che il potere non sia un oggetto
28
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 177.
29
Ibidem.
30
Ibidem.
31
J. Revel, Michel Foucault. Un’ontologia dell’attualità, cit., p. 94.
32
Cfr. M. Foucault, Naissance de la biopolitique. Cours au Collège de France. 1978-1979,
Seuil-Gallimard, Paris 2004; trad. it. di M. Bertani e V. Zini, Nascita della biopolitica. Corso al
Collège de France (1978-1979), Feltrinelli, Milano 2009, pp. 14-15 e pp. 30-31; GV, pp. 87-88;
Id., Foucault, in D. Huisman (a cura di), Dictionnaire des philosophes, PUF, Paris 1984, vol. I, pp.
942-944; trad. it. di S. Loriga, Foucault, in Id., Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste, vol. 3
(1978-1985). Estetica dell’esistenza, etica, politica, a cura di A. Pandolfi, Feltrinelli, Milano 1998,
pp. 248-252, in particolare pp. 250-51. Rimandiamo inoltre a P. Veyne, Foucault révolutionne
l’historie, Seuil, Paris 1979; Id., Foucault et le dépassement (ou achèvement) du nihilisme, Seuil, Paris
1989; Id., Le dernier Foucault et sa morale (1986), ed. it. a cura di M. Guareschi, Michel Foucault.
La storia, il nichilismo e la morale, Ombre Corte, Verona 1998, p. 45, p. 48 e p. 54; M. Senellart,
Michel Foucault: gouvernementalité et raison d’État, in «La pensée politique», n. 1 (1993); trad. it.
di G. Gentile, Michel Foucault: governamentalità e ragion di Stato, in «Bollettino dell’Archivio della
Ragion di Stato», n. 2 (1994), pp. 37-73, in particolare p. 63; P. Veyne, Foucault, Albin Michel,
Paris 2008; trad. it. di L. Xella, Foucault. Il pensiero e l’uomo, Garzanti, Milano 2010, pp. 45-61;
M. Bertani, La fine di un mondo? Foucault e la veridizione cristiana, cit., p. 76.
116 Giulia Guadagni
Non c’è esercizio del potere senza una certa economia dei discorsi di verità
che funzioni in – a partire da e attraverso – questo potere. Siamo sottomessi
dal potere alla produzione della verità e non possiamo esercitare il potere che
attraverso la produzione della verità. […] Siamo sottomessi alla verità anche nel
senso che la verità fa legge; è il discorso vero che almeno in parte decide; esso
trasmette, spinge avanti lui stesso degli effetti di potere35.
33
M. Foucault, « Il faut défendre la société ». Cours au Collège de France. 1976, Seuil-
Gallimard, Paris 1997; trad. it. a cura di M. Bertani e A. Fontana, “Bisogna difendere la
società”. Corso al Collège de France (1976), Feltrinelli, Milano 2010, p. 33.
34
Ibidem.
35
Ivi, p. 29.
36
L. Bazzicalupo, Politica. Rappresentazioni e tecniche di governo, Carocci, Roma 2013, p. 17.
37
M. Foucault, “Bisogna difendere la società”, cit., p. 29.
38
M. Foucault, Sull’origine dell’ermeneutica di sé, cit., p. 40; rimandiamo anche a
L. Cremonesi, O. Irrera, D. Lorenzini e M. Tazzioli, Introduzione a A.A. V.V., Foucault e
le genealogie del dir-vero, a cura di mf/materiali foucaultiani, Cronopio, Napoli 2014, p. 10.
Regimi di verità in Michel Foucault 117
39
Cfr. M. Foucault, Sull’origine dell’ermeneutica di sé, cit., p. 40.
40
Ibidem.
41
Cfr. D. Lorenzini, What Is a “Regime of truth”?, in «Foucaultblog» (2013),
Forschungsstelle für Sozial-und Wirtschaftsgeschichte, Universität Zürich, in <www.fsw.
uzh.ch/foucaultblog/featured/28/what-is-a-regime-of-truth> (consultato il 6 agosto
2017).
42
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 189.
43
M. Foucault, “Bisogna difendere la società”, cit., p. 18.
118 Giulia Guadagni
44
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 190.
45
Ivi, p. 191.
46
P.A. Rovatti, Dimmi chi sei. Foucault e il dilemma della veridizione, in «aut aut», n. 362
(2014), pp. 35-48, in particolare p. 43. Questo articolo di Rovatti non tratta degli scritti
di Foucault degli anni settanta, ma di quelli degli anni ottanta, in particolare della nuova
definizione di regime di verità formulata in Du gouvernement des vivants.
47
Ivi, p. 45.
48
Ibidem.
49
P. Veyne, Foucault, cit., p. 21.
50
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 190. Bernini, riprendendo la metafora
della boccia dei pesci, sostiene che Foucault alla fine, con le ricerche sull’antichità, abbia
smentito, senza esplicitarlo, l’incommensurabilità dei sistemi di pensiero da lui stesso
postulata; cfr. L. Bernini, Pesci rossi, filosofi e acrobazie. L’impossibile morale di Michel Foucault,
in «Thaumàzein», n. 1 (2013), pp. 291-304.
Regimi di verità in Michel Foucault 119
che si riconosce come vero e che un secolo più tardi farà sorridere»51. I
regimi di verità, secondo la formulazione delle procedure di esclusione
che regolano la produzione dei discorsi, esposta ne L’ordre du discours, sono
ciò che determina la nostra possibilità o impossibilità di dire qualcosa,
di reputare vero o falso qualcos’altro. Sono la griglia epistemologica in
cui siamo immersi e dalla quale non si può uscire, che fa sì che alcuni
discorsi siano possibili in un certo tempo e in un certo luogo e non in altri.
Foucault, nel 1970, chiama «interdetto» l’effetto del regime discorsivo:
quel meccanismo di esclusione, operante a livello dei discorsi per il quale
«non si ha il diritto di dir tutto, […] chiunque, insomma, non può parlare
di qualsiasi cosa»52. Il regime di verità agisce sia sul soggetto parlante sia
sull’oggetto del discorso, sia sul chi parla sia sul cosa si dice. È ciò che la
ricerca genealogica si propone di far emergere, pur nella consapevolezza di
non potersene chiamare fuori (consapevolezza raggiunta da Foucault solo
successivamente a L’archéologie du savoir, secondo Dreyfus e Rabinow53).
Un regime di verità è l’espressione della relazione tra sapere e potere.
Esso fa sì che, in un determinato periodo storico, alcuni saperi siano passibili
di squalifica, implica che alcune voci abbiano diritto di cittadinanza e altre
no. Ancora ne L’ordre du discours, Foucault fa l’esempio delle procedure di
limitazione dei discorsi che presiedono all’organizzazione delle discipline
scientifiche. A seconda dei tempi e dei luoghi, ogni disciplina – in questo
caso il riferimento è alla botanica, alla biologia e alla medicina – ha un
suo vero: l’esser vero o falso di una proposizione è preceduto dal suo
essere «nel vero» della disciplina. Per appartenere a una disciplina una
proposizione deve rispondere «a condizioni in un certo senso più rigide
e più complesse della verità pura e semplice»54: deve rivolgersi a un piano
di oggetti determinato, utilizzare specifici strumenti concettuali e tecnici
e iscriversi in un certo tipo di orizzonte teorico. Solo il rispetto di queste
condizioni fa sì che una proposizione sia «nel vero» di una disciplina.
Mentre Veyne, almeno nel testo citato, si riferisce al livello
epistemologico del regime di verità, Rovatti ne sottolinea il senso politico.
51
P. Veyne, Foucault, cit., p. 21.
52
M. Foucault, L’ordine del discorso, cit., pp. 9-10. È da notare come questa frase sia
quasi identica a un’altra scritta nel 1969 a proposito delle condizioni che permettono
l’apparire di un oggetto di discorso; cfr. M. Foucault, L’archeologia del sapere, cit., p. 56.
53
Cfr. H. Dreyfus e P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, cit., p. 128.
54
M. Foucault, L’ordine del discorso, cit., p. 26.
120 Giulia Guadagni
Egli ricorda che il contenitore (la boccia dei pesci) non ha la sola funzione
di «distribuire le parti del vero e del falso», ma «soprattutto detta le funzioni
del comandare e dell’obbedire in una microfisica del potere che non passa
sulle nostre teste, bensì attraversa i nostri corpi e – sempre di più – ci
interpella come singoli individui»55.
La metafora del contenitore, come sottolinea anche Rovatti, forse
riferendosi alla descrizione di Veyne, è utile per farsi un’idea di cosa sia
un regime di verità, ma è parzialmente imprecisa56. Se il regime di verità è
la struttura in virtù della quale un dato sapere è ritenuto scientifico e gli si
riconosce di conseguenza una certa portata veritativa, mentre a un altro
no, esso è anche e soprattutto ciò che istituisce la differenza tra sapere
scientifico e non; attraverso questo concetto Foucault sostiene che la
conoscenza sia fondata sul gioco del vero e del falso.
Con la parola «regime» quindi, Foucault introduce nel proprio campo
di analisi quello che prima era mancato, l’attenzione esplicita agli effetti
di potere determinati dal gioco enunciativo e una dimensione politica che
emerge con chiarezza nello svolgersi dei suoi corsi al Collège de France.
Tale concetto, pur segnando una distanza con le opere degli anni sessanta,
proviene da esse, secondo i percorsi che abbiamo cercato di ricostruire.
55
P.A. Rovatti, Dimmi chi sei. Foucault e il dilemma della veridizione, cit., p. 45.
56
Cfr. ibidem.
57
Cfr. GV, p. 101.
58
GV, p. 102.
Regimi di verità in Michel Foucault 121
59
GV, p. 103.
60
Cfr. ibidem; cfr. D. Lorenzini, Foucault, il cristianesimo e la genealogia dei regimi di verità,
in «Iride», vol. 25 (2012), n. 66, pp. 391-401, in particolare pp. 395-396.
61
GV, p. 103.
62
Ibidem.
63
Ibidem.
64
GV, p. 104.
65
Ibidem.
66
Cfr. D. Lorenzini, Foucault, il cristianesimo e la genealogia dei regimi di verità, cit.,
pp. 395-396.
67
Cfr. M. Foucault, L’ordine del discorso, cit., p. 13.
122 Giulia Guadagni
68
Per un commento critico su questa rinnovata attenzione al ruolo giocato dal
soggetto rimandiamo a P.A. Rovatti, Il soggetto che non c’è, in M. Galzigna (a cura di),
Foucault, oggi, Feltrinelli, Milano 2008, e a D. Defert, Volontà di verità e pratica militante in
Michel Foucault, cit., pp. 148-149.
69
GV, p. 105.
70
Ibidem.
71
GV, p. 106.
72
Ibidem.
Regimi di verità in Michel Foucault 123
Il progetto di condurre una storia politica della verità negli ultimi anni
della vita di Foucault è confluito nell’intento di tracciare una «genealogia
del soggetto moderno»74. Essa è stata esplicitamente inaugurata nel corso
al Collège de France del 1980, quando Foucault ha posto la questione
delle relazioni che intercorrono tra governo, verità e soggettività come
questione politica che riguarda l’attualità: «perché e in che forma, in una
società come la nostra, esiste un legame così profondo tra l’esercizio del
potere e l’obbligo, per gli individui, di diventare essi stessi attori essenziali
nelle procedure di manifestazione della verità?»75.
Posto che il regime di verità è un modo di legare l’individuo, cioè
la costituzione di soggettività specifiche, e la manifestazione del vero,
ovverosia il dire-il-vero, si possono distinguere – scrive Foucault – diversi
regimi di verità. Nel 1980 infatti distingue il regime proprio della scienza
moderna e quello, diverso, sviluppatosi a partire dalle tecniche del sé
nell’antichità greca e romana e dalle pratiche di veridizione di sé in uso
73
GV, p. 102.
74
M. Foucault, Sull’origine dell’ermeneutica di sé, cit., p. 33.
75
GV, p. 88. Abbiamo sottinteso in questa sede lo spostamento teorico dalla nozione
di potere a quella di governo. Si veda a questo proposito M. Foucault, Sécurité, territoire,
population. Cours au Collège de France. 1977-1978, Seuil-Gallimard, Paris 2004; trad. it. di
P. Napoli, Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978), Feltrinelli,
Milano 2010, in particolare le lezioni del 25 gennaio, 1 e 8 febbraio; Id., Nascita della
biopolitica, cit., in particolare le lezioni del 10, 17 e 24 gennaio; GV, in particolare la lezione
del 9 gennaio. Rimandiamo inoltre, senza pretendere di esaurire l’ampia letteratura critica
sul tema, a P. Pasquino, Michel Foucault: la problematica del “governo” e della veridizione, in
P.A. Rovatti (a cura di), Effetto Foucault, Feltrinelli, Milano 1986; C. Gordon, Governamental
Rationality: An Introduction, in G. Burchell, C. Gordon e P. Miller (a cura di), The Foucault
Effect. Studies in Governamentality, Harvester Wheatsheaf, Hemel Hempstead 1991;
M. Senellart, Michel Foucault: governamentalità e ragion di Stato, cit., pp. 37-73; S. Chignola,
Biopotere e governamentalità. Michel Foucault e la politica dei governati, in S. Marcenò e S. Vaccaro
(a cura di), Il governo di sé e degli altri, Duepunti, Palermo 2011.
124 Giulia Guadagni
vivants si riferiva più genericamente agli atti di confessione come l’insieme delle pratiche
che nel cristianesimo delle origini coinvolgevano il dir vero su se stessi; cfr. Mal fare, dir
vero, cit., pp. 3-9 e GV, pp. 109-110.
80
Cfr. ivi, p. 12.
81
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 191.
82
Cfr. D. Lorenzini, What is a “Regime of truth”?, cit.
83
Cfr. ibidem.
84
M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, cit., p. 192.
126 Giulia Guadagni
Giulia Guadagni
Università della Calabria
guadagni.giulia@gmail.com
85
A questo proposito, con fine esemplificativo e senza pretesa di completezza,
rimandiamo ad alcuni studi che usano la nozione di regime di verità come chiave di
lettura di diversi aspetti del neoliberismo: M. Nicoli, Regimi di verità nell’impresa postfordista,
in «Esercizi filosofici», n. 5 (2010), pp. 65-77, in <www.univ.trieste.it/eserfilo/art510/
nicoli510.pdf> (consultato il 6 agosto 2017); M. Tazzioli, Politiche della verità. Michel Foucault
e il neoliberalismo, Ombre Corte, Verona 2011; P. Dardot e Ch. Laval, La nouvelle raison du
monde. Essais sur la société néolibérale, La Découverte, Paris 2009; trad. it. di R. Antoniucci e
M. Lapenna, La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista, DeriveApprodi,
Roma 2013; P. Maltese, L’università postforsidista, ETS, Pisa 2014; M. Nicoli e L. Paltrinieri,
Il management di sé e degli altri, in «aut aut», n. 362 (2014), pp. 49-74.