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Questa rivista è stata iscritta al Tribunale di Milano con il n. 733 del 31.10.1991 e pubblicata
dalla casa editrice Wichtig di Milano da gennaio 1992 a ottobre 1997. Dal 6.11.1997 è iscritta
al Tribunale di Roma con il n. 606. È stata pubblicata dalla casa editrice Nuove Edizioni Ro-
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trice L’Asino d’oro edizioni di Roma.
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Collaboratori
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Masini, Raffaella Nicolai, Maria Nitti, Andrea Raballo, Carla Severini, Anna Maria Zulli
Indice
Introduzione
Domenico Fargnoli 9
Adolescenza e psicopatia
Maria Gabriella Gatti 57
Introduzione
Domenico Fargnoli
1
Il 10 giugno del 2018 a Firenze, presso la Sala Leopoldine, si è tenuto un incontro di ri-
cerca dal titolo Pericolosità sociale e malattia mentale (dalla legge 180 alla legge 81/2014) che ha
visto a confronto psichiatri, giuristi e giornalisti. Il video dell’incontro, prodotto dall’Asso-
ciazione Amore e Psiche in collaborazione con Mawivideo, è reperibile all’indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=tpTEMhj47_M. Alcuni degli articoli che compongono questo
numero sono la rielaborazione di interventi presentati in quella occasione.
10
2. Fargnoli D_Sogno1 11/03/19 10:40 Pagina 11
Domenico Fargnoli
1
M. Fagioli, Left 2006, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2009, p. 136.
2
D. Coccoli, Il problema è la cura. Non le mura, intervista a M. Fagioli, in “Left”, 28.2.2015.
3
Ibid.
4
Opg: Lorenzin, chiusi in tutta Italia, giornata storica, comunicato ANSA, 20.2.2017.
12
2. Fargnoli D_Sogno1 11/03/19 10:40 Pagina 13
5
F. Schiaffo, La pericolosità sociale tra “sottigliezze empiriche” e “spessori normativi”: la riforma di
cui alla legge n. 81/2014, in “Diritto penale contemporaneo”, 11.12.2014, pp. 14 sgg.
6
U. Fornari, Trattato di psichiatria forense, UTET, Torino 2018, p. 158.
7
G. B. Traverso, Criminologia e psichiatria forense. Momenti di riflessione dottrinale e applicativa,
Giuffrè, Milano 1987.
13
2. Fargnoli D_Sogno1 11/03/19 10:40 Pagina 14
8
A. Sbrana, A. Veltri, V. Lombardi, Dalla REMS-D di Volterra ai percorsi territoriali dei pazienti
psichiatrici autori di reato: un’esperienza innovativa della psichiatria toscana, in “Nuova rassegna
di studi psichiatrici”, 16, 2018, p. 4, http://www.nuovarassegnastudipsichiatrici.it.
9
Corte di Cassazione, Sezioni unite, sentenza dell’8.3.2005.
14
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10
D. Fargnoli, Schizofrenia, imputabilità e infermità mentale, in “Il sogno della farfalla”, 1, 2014,
pp. 25-55.
15
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11
Cfr. M. Sorbi, Nessuno mi invita più a cena. E che rabbia mi fa la felicità, intervista a Vittorino
Andreoli, in “Il Giornale”, 4.4.2018 (www.ilgiornale.it). Afferma Andreoli, a proposito di un
serial killer: «Gli omicidi più efferati sono compatibili con la normalità. Significa che Bilancia
avrebbe anche potuto non uccidere. E il signore per bene invece sì».
16
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del suo internamento. Sull’onda del delitto, come riferisce John Foot
nel suo documentatissimo libro La repubblica dei matti 12, Basaglia riunì
l’équipe e dichiarò che l’intero esperimento goriziano si doveva chiu-
dere o doveva essere affidato a psichiatri “riformisti” che non avrebbero
perseguito l’obiettivo utopico di una radicale deistituzionalizzazione.
Non fu l’unica volta che Basaglia dichiarò un fallimento. Nel giugno
1978, all’indomani dell’approvazione della legge 180, affermò che era-
no prevalse tendenze corporative che volevano riportare la psichiatria
alla logica del controllo sociale: nuove forme di segregazione e di vio-
lenza istituzionale si sarebbero inevitabilmente riproposte13.
Parole profetiche di colui che dobbiamo considerare un eroe suo
malgrado o, come ha detto Giovanni Jervis, una vittima della sua fama14.
Sul piano giudiziario, a Gorizia nel 1968 l’unico che pagò fu Miklus al
quale fu riconosciuta la totale infermità mentale: morì in ospedale giu-
diziario. Basaglia fu prosciolto perché assente (facile la battuta: assente
in che senso?), come anche lo psichiatra Antonio Slavich fu assolto per
la non prevedibilità dell’omicidio, in quanto non premeditato. La re-
sponsabilità ricadde su tale Vittorio Ali, che aveva firmato la dimissione
e che nel frattempo era morto. Il 20 ottobre del 1972 i tre figli di Miklus
scrissero al “Piccolo” di Trieste raccontando di essere stati terrorizzati
dal padre e di essere stati sottoposti a pressione da parte della direzione
dell’ospedale per accettare le sue visite, nonostante temessero per la si-
curezza propria e per quella della madre15. Senza entrare nel merito
del giudizio salomonico della magistratura di allora, condizionato dal
clima di scontro ideologico del tempo, mi stupisce quanto un assertore
della mitologia basagliana come Peppe Dell’Acqua continua a sostene-
re, con una certa sicumera:
12
J. Foot, La repubblica dei matti, Feltrinelli, Milano 2014.
13
Le affermazioni di Franco Basaglia contenute in un articolo di “La Repubblica” del giu-
gno 1978, sono riportate nell’intervento di Carlo Landolfi al Convegno La libertà è terapeutica.
Perché e come cambiare la risposta ordinamentale coercitiva al disagio psichico, organizzato il
20.9.2017 dall’associazione Giustizia Giusta e dai Radicali italiani. http: //www.radioradicale.it/
scheda/520239/la-libertà-e-terapeutica-perche-e-come-cambiare-la-risposta-ordinamentale-coercitiva.
14
G. Corbellini, G. Jervis, La razionalità negata, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 94.
15
J. Foot, La repubblica dei matti cit., p. 163.
17
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16
A. Cr., I malati di mente sono un pericolo sociale?, intervista a Peppe Dell’Acqua, in “Magazine
della Fondazione Umberto Veronesi”, 17.3.2014.
17
S. Zavoli, I giardini di Abele, https://vimeo.com/259720830.
18
F. Basaglia, Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina, Milano 2018, p. 34.
18
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19
Cfr. E. Venturini, D. Casagrande, L. Toresini, Il folle reato, Franco Angeli, Milano 2010.
Nel testo sono contenute le perizie psichiatriche del processo a Miklus.
19
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1968 c’è però un’altra appendice in cui Basaglia parla in generale del-
l’acting out del paziente nel suo rapporto con l’istituzione aperta, e che
sembra un commento al caso Miklus:
«Un malato che può venire dimesso e che si trova rifiutato dalla famiglia,
dal posto di lavoro, dagli amici, da una realtà che lo respinge violente-
mente come uomo di troppo, che cosa può fare se non uccidersi o uc-
cidere chiunque abbia per lui la faccia della violenza di cui è oggetto?
In questo processo chi può, onestamente, parlare solo di malattia?»20.
20
F. Basaglia (a cura di), L’istituzione negata, Einaudi, Torino 1968, p. 168.
21
M. Fagioli, Grazie Manconi grazie Boraschi, in Left 2006 cit., p. 130.
20
2. Fargnoli D_Sogno1 11/03/19 10:40 Pagina 21
22
Atti della commissione ministeriale, in Ministero della Giustizia e degli Affari del culto, Lavori
preparatori del Codice penale, vol. IV, Tipografia delle Mantellate, Roma 1929, p. 137.
Bibliografia
21
2. Fargnoli D_Sogno1 13/03/19 10:26 Pagina 22
Sbrana A., Veltri A., Lombardi V., Dalla REMS-D di Volterra ai percorsi territoriali dei pazienti psi-
chiatrici autori di reato: un’esperienza innovativa della psichiatria toscana, in “Nuova rassegna
di studi psichiatrici”, 16, 2018, http://www.nuovarassegnastudipsichiatrici.it.
Schiaffo F., La pericolosità sociale tra “sottigliezze empiriche” e “spessori normativi”: la riforma di cui
alla legge n. 81/2014, in “ Diritto penale contemporaneo”, 11.12.2014, pp. 14-42.
Traverso G. B., Criminologia e psichiatria forense. Momenti di riflessione dottrinale e applicativa,
Giuffrè, Milano 1987.
Venturini E., Casagrande D., Toresini L., Il folle reato, Franco Angeli, Milano 2010.
The closure of judicial psychiatric hospitals in Italy: legal and historical aspects
In the Italian psychiatric legislation, the idea of “apparent social dangerousness” regarding men-
tally ill patients has been completely overcome by law 180 (1978), which ceased to mention dan-
gerousness as a reason for psychiatric hospitalization. Subsequently, the concept of dangerousness
in mentally ill people is no longer mentioned in the Italian psychiatric legislation, surviving only
in penal laws. Judgement on the social danger of the mentally ill should be undoubtedly affirmed
in the legal field: forensic psychiatry has greatly and authoritatively claimed and concluded that
it is indeed fundamental to overcome the misleading, reductive and non-scientific concept of “so-
cially dangerous”. While rejecting this latter concept, as expression of a custody approach, it cannot
be denied that a connection between mental illness and criminal action can indeed be found in the
limited field of diagnostic and clinical evaluation as historically demonstrated by the Miklus’s case
which determined the end of the experience sought by Franco Basaglia in Gorizia.
Correspondence to Dr. Domenico Fargnoli: fargnoli@me.com
22
3. Cornetti_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 23
La pericolosità sociale
e le misure di sicurezza
Ilaria Cornetti
1
F. Mantovani, Diritto penale, Cedam, Padova 2001, pp. 769 e 776.
2
T. Villa, Relazione della Commissione della Camera dei Deputati sul progetto del codice penale pre-
sentato alla Camera dei Deputati seguita dalle proposte, voti e osservazioni della commissione e di varii
deputati, Unione tipografico-editrice, Torino 1888, p. LXIV. «La sola esecuzione materiale
del fatto non [può] ritenersi sufficiente per dichiarare l’autore medesimo colpevole di un
reato ed assoggettarlo alla sanzione penale corrispondente».
24
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La disciplina positiva
Gli articoli 199-240 del codice Rocco costituiscono un corpus sul qua-
le, dagli anni Settanta del secolo scorso in poi, sono intervenuti ripetu-
tamente sia la Corte costituzionale che il legislatore, e che sarà illustrato
indicando quale fosse la previsione originaria e quali siano stati gli in-
terventi della Corte costituzionale e del legislatore che hanno di fatto
rimosso tutti gli automatismi previsti in origine, permettendo al giudice
di valutare caso per caso l’effettiva sussistenza della pericolosità sociale
e di scegliere la misura di sicurezza di volta in volta più adeguata.
Le misure di sicurezza sono sia detentive che non detentive (articolo
215 c.p.). Per i maggiorenni le prime sono l’assegnazione a una colonia
agricola o casa di lavoro, il ricovero in una casa di cura e custodia, il ri-
covero in manicomio giudiziario; per i minorenni, il ricovero in rifor-
matorio giudiziario. Le misure del ricovero in casa di cura e custodia e
del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (il codice parlava an-
cora di manicomio giudiziario: la definizione di ospedale psichiatrico
giudiziario è della legge Gozzini di riforma dell’ordinamento peniten-
ziario del 1975) sono oggi eseguite non più presso i vecchi ospedali psi-
chiatrici giudiziari, bensì presso le residenze per l’esecuzione delle mi-
sure di sicurezza, o REMS. Le misure di sicurezza non detentive sono
invece la libertà vigilata, il divieto di soggiornare in uno o più comuni
o in una o più province, il divieto di frequentare osterie e pubblici spac-
ci di bevande alcoliche, l’espulsione dello straniero dallo Stato.
Le misure di sicurezza possono essere disposte solo ed esclusivamen-
te nei confronti di soggetti socialmente pericolosi – ovvero di coloro
che, imputabili, non imputabili, o semi-imputabili, hanno commesso
25
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3
La relazione finale approvata dalla commissione nella seduta del 30 gennaio 2013 è di-
sponibile all’indirizzo https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/698049.pdf.
26
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4
La sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 27 luglio 1982 è disponibile all’indirizzo
http://www.giurcost.org/decisioni/1982/0139s-82.html.
5
«L’art. 206 cod. pen., nella parte in cui preclude di adottare una misura di sicurezza non
segregante come la libertà vigilata – che grazie alle prescrizioni che il giudice può imporre
a norma dell’art. 228, secondo comma, cod. pen. consente nello stesso tempo di attuare gli
interventi terapeutici più idonei alla cura dell’infermo di mente e di disporre le opportune
cautele per controllare e contenere la sua pericolosità sociale – viola il principio di ragione-
volezza e, di riflesso, il diritto alla salute, e deve pertanto essere dichiarato costituzionalmente
illegittimo». http://www.giurcost.org/decisioni/2004/0367s-04.html.
27
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6
«Il minore affetto da infermità psichica è prima di tutto un minore, e come tale va trat-
tato, tutelato nei suoi diritti in quanto persona in formazione, ed assistito, anche nell’ambito
del sistema giudiziario penale. Deve dunque dichiararsi la illegittimità costituzionale delle
norme denunciate, che prevedono l’applicabilità ai minori della misura di sicurezza del ri-
covero in ospedale psichiatrico giudiziario. La dichiarazione di illegittimità costituzionale
deve colpire il denunciato quarto comma dell’art. 222 del codice penale, che ha riguardo
all’applicazione della misura ai minori “prosciolti per ragione di età”; ma deve investire al-
tresì in parte equa, secondo quanto si è premesso, i primi due commi dello stesso art. 222,
ove si prevede in generale, e dunque implicitamente anche nei confronti di minori (come
conferma il quarto comma), l’applicazione della misura nel caso di proscioglimento per in-
fermità psichica o condizioni assimilate, ai sensi degli artt. 88, 95 e 96 dello stesso codice.
Deve poi colpire il denunciato art. 206 del codice penale, che disciplina l’applicazione prov-
visoria della misura, nella parte in cui si applica ai minori infermi di mente». http://www.giur-
cost.org/decisioni/1998/0324s-98.html.
7
La sentenza della Corte costituzionale n. 110 del 23 aprile 1974 è disponibile all’indirizzo
http://www.giurcost.org/decisioni/1974/0110s-74.html.
28
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8
Sentenza n. 139 del 27 luglio 1982, http://www.giurcost.org/decisioni/1982/0139s-82.html.
9
Sentenza n. 324 del 24 luglio 1998, http://www.giurcost.org/decisioni/1998/0324s-98.html.
10
Sentenza n. 253 del 18 luglio 2003, http://www.giurcost.org/decisioni/1998/0324s-98.html//
www.giurcost.org/decisioni/2003/0253s-03.html.
29
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11
A. Rocco, Progetto definitivo di un nuovo Codice Penale con la Relazione del Guardasigilli, Ti-
pografia delle Mantellate, Roma 1925, parte I, p. 244: la misura di sicurezza doveva adem-
piere a «fini socialmente eliminativi, o curativi e terapeutici, o educativi e correttivi», e talora
semplicemente cautelari.
12
http://w3.ordineaslombardia.it/sites/default/files/indagine/documenti/nazionali/N-L-36-1904-
IN.pdf.
30
3. Cornetti_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 31
Il contesto europeo
31
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neralità dei consociati. Per i soggetti non imputabili, quelli non rien-
tranti, a causa di infermità, nella nozione di uomo libero e razionale,
non era prevista sanzione penale, dal momento che l’internamento in
manicomio civile era eventualmente deciso dal giudice civile al quale
erano affidati se pericolosi.
L’approccio e il metodo della Scuola classica entrarono in crisi con
i grandi mutamenti sociali determinati dalla rivoluzione industriale, in
particolare con il significativo incremento dei tassi di criminalità, pro-
prio nello stesso momento in cui iniziava ad affermarsi il canone inter-
pretativo della Scuola positiva, a sua volta influenzata dal pensiero del
darwinismo sociale e del positivismo13.
Per la Scuola positiva il reato è un vero e proprio fenomeno naturale,
prodotto e determinato (si parla, infatti, anche di determinismo) da
fattori sia interni che esterni all’autore, ma non espressione del suo li-
bero volere.
Cesare Lombroso, nella sua opera del 1876 L’uomo delinquente14, in-
dividuava le cause del reato in elementi di natura biologica e organica,
propri dell’individuo; Roberto Garofalo concepiva una eziologia del
reato di tipo psicologico; Enrico Ferri, nella sua Sociologia criminale, ela-
borò una teoria multicausale della criminalità, riconducibile a caratte-
ristiche individuali, sia organiche che psicologiche, e ambientali. Pro-
prio Ferri proponeva una politica criminale fondata sul risanamento
preventivo della società, da attuarsi tramite i cosiddetti “sostitutivi pe-
nali”, strumenti preventivi di difesa sociale contro il reato.
L’attenzione, con la Scuola positiva, si spostava dal fatto all’autore
del fatto, determinando in tal modo la costruzione del “diritto penale
d’autore”: a essere sanzionato, più che un fatto, era un tipo di autore,
da ricondurre a una categoria o a un’altra, a ciascuna delle quali doveva
corrispondere un trattamento penale differenziato. A questo proposito
è assai celebre la classificazione proposta da Lombroso delle cinque ca-
tegorie del delinquente: nato, alienato, passionale, d’occasione, di abi-
13
E. Musco, La misura di sicurezza detentiva. Profili storici e costituzionali, Giuffrè, Milano 1978,
p. 32.
14
C. Lombroso, L’uomo delinquente studiato in rapporto all’antropologia, alla medicina legale ed
alle discipline carcerarie (1876), Hoepli, Milano 1976.
32
3. Cornetti_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 33
15
E. Ferri, Sociologia criminale (1892), UTET, Torino 1929, p. 106.
16
A. Prins, La défense sociale et les transformations du droit pénal, Misch et Thron, Bruxelles
1910, p. 74.
17
J. Pradel, Droit pénal general (1974), Cujas, Paris 2010, p. 457.
33
3. Cornetti_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 34
18
M. Pelissero, Pericolosità sociale e doppio binario. Vecchi e nuovi modelli di incapacitazione, Giap-
pichelli, Torino 2008, pp. 256 sgg.
19
Ivi, pp. 217 sgg.
20
Ivi, p. 221.
21
Ibid.
22
R. D. 14 settembre 1919, art. 1, in Relazione sul Progetto preliminare al Codice Penale Italiano,
Milano 1921.
34
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23
Ivi, p. 4.
35
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36
3. Cornetti_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 37
24
M. Bertolino, Il “crimine” della pericolosità sociale: riflessioni da una riforma in corso, in “Diritto
penale contemporaneo”, 24.10.2016, https://www.penalecontemporaneo.it.
37
3. Cornetti_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 38
25
Corte costituzionale, sentenza n. 249/2010, in http://www.giurcost.org/decisioni/2010/
0249s-10.html.
Bibliografia
Bertolino M., Il “crimine” della pericolosità sociale: riflessioni da una riforma in corso, in “Diritto
penale contemporaneo”, 24.10.2016, https://www.penalecontemporaneo.it.
Ferri E., Sociologia criminale (1892), UTET, Torino 1929.
Lombroso C., L’uomo delinquente studiato in rapporto all’antropologia, alla medicina legale ed alle
discipline carcerarie (1876), Hoepli, Milano 1976.
Mantovani F., Diritto penale, Cedam, Padova 2001.
Musco E., La misura di sicurezza detentiva. Profili storici e costituzionali, Giuffrè, Milano 1978.
Pelissero M., Pericolosità sociale e doppio binario. Vecchi e nuovi modelli di incapacitazione, Giappi-
chelli, Torino 2008.
Pradel J., Droit pénal general (1974), Cujas, Paris 2010.
Prins A., La défense sociale et les transformations du droit pénal, Misch et Thron, Bruxelles 1910.
38
4. Fargnoli F_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 39
«I am not what I am» («Io non sono quello che sono»)1. Questo Iago
confida a Roderigo nella famosa opera di Shakespeare, l’Otello, che,
scritta nel 1603, probabilmente rappresenta ancora una delle più sug-
gestive e note descrizioni della psicopatia prodotte in ambito letterario.
L’essenza di Iago sembra essere racchiusa in quelle poche parole sus-
surrate. Apparentemente amico del generale Otello e della moglie De-
sdemona, nonostante appaia, come scriverebbero alcuni giornalisti og-
gi, “una brava persona”, in realtà Iago è un abile manipolatore, freddo,
privo di emozioni e rimorsi che si mostra capace di compiere qualsiasi
nefandezza pur di distruggere la vita dell’odiato rivale. Nell’ultimo atto,
quando il suo piano di rivalsa è ormai compiuto, Iago uccide fredda-
mente la moglie Emilia. Dopo il suicidio di Otello, rifiuta di spiegare i
motivi delle sue azioni e si chiude in un mutismo assoluto, viene portato
via e Shakespeare ci lascia intendere che la sua punizione sarà la tortura
e la morte.
Allo stato attuale, uno dei problemi forse più rilevanti in ambito fo-
rense è quello delle personalità cosiddette psicopatiche. Negli ultimi
anni sono infatti emerse questioni di natura giuridica e di prassi clinica
che impongono una riflessione sulla reale connotazione della psicopa-
tia.
I soggetti che nelle varie epoche sono stati definiti “folli morali”, “psi-
copatici”, o affetti da “disturbi della personalità” hanno cimentato la
1
W. Shakespeare, Otello, I, 1, 67.
2
Per un’accurata ricostruzione storica del dibattito tra psichiatria e giustizia su questi
temi, cfr. G. De Simone, La volontà impensata. Il nodo storico dell’insano rapporto tra giudici e psi-
chiatri, in “Il sogno della farfalla”, 3, 2006, pp. 39-65.
3
“Gazzetta Ufficiale”, 31.5.2014, legge 30 maggio 2014, n. 81, Conversione in legge, con mo-
dificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di supera-
mento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
4
Codice penale, art. 133, punto 4, comma 2.
40
4. Fargnoli F_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 41
ne, dovrebbe farsi garante non solo della cura, ma anche della corret-
tezza della condotta dei pazienti autori di reato. Paradossalmente la leg-
ge 81, che ideologicamente può essere considerata figlia della legge
1805, riporta lo psichiatra a compiti di custodia e vigilanza prebasaglia-
ni6, allargando oltre misura i confini della sua posizione di garanzia ver-
so il malato7.
Le REMS non risultano adatte a tutte le tipologie di pazienti. Alcuni
autori ritengono che i pazienti con elevata componente psicopatica ab-
biano infatti bisogno di un percorso terapeutico differenziato, e sareb-
bero meglio gestiti in ambiente penitenziario o in strutture apposite, a
maggiore sicurezza8. Questi utenti rappresenterebbero indicativamente
il 20-30% degli utenti REMS. I dati della letteratura scientifica indicano
che al momento nessun trattamento, né farmacologico né psicoterapi-
co, è efficace negli psicopatici9. Nel resto d’Europa, la maggior parte
dei posti letto dedicati al trattamento dei pazienti “forensi” è in strutture
a bassa e media sicurezza (analoghe alle REMS), mentre circa il 20% è
situato in ospedali ad alta sicurezza dedicati a pazienti psicopatici10. Nel
sistema inglese è addirittura presente una norma, lo psychopatic act, che
consente al magistrato di disporre l’invio in ospedale psichiatrico giu-
diziario di una persona valutata come psicopatica da due psichiatri in-
dipendenti, anche se non ha commesso reati11. Per gli psicopatici non
5
“Gazzetta Ufficiale”, 16.5.1978, legge 13 maggio 1978, n. 180, Accertamenti e trattamenti
sanitari volontari e obbligatori.
6
«(...) il legislatore ha riportato il ruolo dello psichiatra a quello di mezzo secolo fa, un
esperto della segregazione, con buona pace della Legge 180». A. Balbi, M. Biondi, Ombre ed
errori di una legge: il parere dei clinici, in “Rivista di psichiatria”, 50, 2015, pp. 48-49.
7
Tutti i sanitari sono «ex lege portatori di una posizione di garanzia, espressione dell’ob-
bligo di solidarietà costituzionalmente imposto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione nei
confronti dei pazienti, la cui salute essi devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne
minacci l’integrità». Corte di Cassazione, Sezione penale IV, 1.12.2004-11.3.2005, n. 9739.
8
M. Biondi et al., Chiusura OPG. Benissimo, ma gli psicopatici non possono stare nelle nuove
REMS, in “Psicoterapia e scienze umane”, 1, 2016, pp. 136-140. L’articolo è reperibile anche
online in “Quotidiano Sanità”, 18.12.2015, https://www.quotidianosanita.it/.
9
M. E. Olver, Treatment of psychopathic offenders: evidence, issues and controversies, in “Journal
of Community Safety & Well-Being”, 1, 3, 2016, pp. 75-82.
10
M. Biondi et al., Chiusura OPG cit.
11
V. Volterra, Psichiatria forense, criminologia e etica psichiatrica (2006), Elsevier Masson, Mi-
lano 2010, pp. 590-591.
41
4. Fargnoli F_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 42
12
D. W. Jones, Disordered personalities and crime, Routledge, London 2015, pp. 21 sgg.
13
P. Pinel, Traité médico-philosophique sur l’aliénation mentale ou la manie, Richard, Caille et
Ravier, Paris 1801, p. 155 (traduzione nostra, testo originale reperibile online all’indirizzo
https://gallica.bnf.fr/).
14
J.-E.-D. Esquirol, Note sur la monomanie-homicide, Baillière, Paris 1827; E.-J. Georget, Di-
scussion médico-légale sur la folie ou aliénation mentale, suivie de l’examen du procès criminel d’Hen-
riette Cornier, Migneret, Paris 1826 (testi originali reperibili online all’indirizzo
https://gallica.bnf.fr/).
42
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Nel 1835 James Cowles Prichard definì la “follia morale” (moral in-
sanity) come una «perversione patologica dei sentimenti, degli affetti,
e delle facoltà attive, senza nessuna illusione o convincimento erroneo
nella comprensione: [questa forma di alienazione mentale] a volte
coesiste con un apparentemente intatto stato delle facoltà intellettua-
li»15.
L’utilizzo dell’aggettivo “morale” ha prestato il fianco a interpreta-
zioni colpevolizzanti e religiose, specialmente nella letteratura scienti-
fica anglo-americana16. Erdmann Müller, già nel 1899, notava come «il
termine morale nel concetto di moral insanity è derivato dalla parola
“affettivo” nella terminologia di Esquirol, e la traduzione di moral come
virtuoso o etico è il risultato di un fraintendimento dovuto al doppio
significato del termine»17.
Fino ai primi del Novecento, l’orientamento prevalente della psi-
chiatria tedesca è stato quello di considerare la follia morale e le psico-
patie alternativamente forme fruste di patologia mentale contigue alle
psicosi o alterazioni dello sviluppo su base degenerativa. Nel 1890, Karl
Ludwig Kahlbaum aveva descritto l’“eboidofrenia” (Heboidophrenie), di
fatto una forma di schizofrenia paucisintomatica caratterizzata da un
precoce “indebolimento” affettivo con perdita progressiva del “senso
morale” e tendenza a derive antisociali18.
Secondo Emil Kraepelin le “condizioni psicopatiche” (psychopathi-
schen Zuständen) sarebbero «in parte dei gradi non sviluppati di psicosi
vere e proprie, in parte delle personalità mancate la cui formazione è
stata alterata da influenze ereditarie sfavorevoli, lesioni embrionali, o
altri ostacoli insorti precocemente»19. Tra le personalità psicopatiche,
15
J. C. Prichard, A treatise on insanity (1835), cit. in M. H. Stone (a cura di), Essential papers
on borderline disorders, New York University Press, New York 1986, p. 14.
16
Sui problemi relativi alla traduzione inglese della prima edizione del trattato di Pinel e
alla sua diffusione, cfr. D. B. Weiner, Betrayal! The 1806 English translation of Pinel’s traité médi-
co-philosophique sur l’aliénation mentale ou la manie, in “Gesnerus. Swiss Journal of the History
of Medicine and Sciences”, 57, 2000, pp. 42-50.
17
E. Müller, Über “Moral insanity” (1899), cit. in J. Verplaetse, Localizing the moral sense: neu-
roscience and the search for the cerebral seat of morality. 1800-1930, Springer, Berlin 2009, p. 195
(traduzione nostra).
18
P. Lorenzi, A. Pazzagli, Le psicosi bianche, Franco Angeli, Milano 2006, pp. 51 sgg.
19
K. Schneider, Le personalità psicopatiche (1923), Giovanni Fioriti, Roma 2008, p. 7.
43
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20
A. R. Felthous, H. Sass (a cura di), The international handbook of psychopathic disorders and
the law, vol. I, John Wiley & Sons, Chichester 2007, p. 19.
21
K. Schneider, Le personalità psicopatiche cit., p. 5 (corsivo nel testo).
22
K. Schneider, Psicopatologia clinica (1959), Giovanni Fioriti, Roma 2004, pp. 1 sgg.
23
U. Fornari, Trattato di psichiatria forense (1989), UTET, Torino 2015, p. 270 (corsivi nel
testo).
24
Harvey Cleckley è stato anche l’autore, insieme a Corbett Thigpen, del libro del 1957
The three faces of Eve (La donna dai tre volti), dal quale fu tratto un famoso blockbuster hollywoo-
diano dal titolo omonimo che descrive la storia di una donna affetta da “personalità multi-
44
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Nel suo famoso libro The mask of sanity (La maschera della salute mentale)
del 1941, lo psicopatico viene descritto come un individuo apparente-
mente normale e addirittura affascinante, un manipolatore freddo e
senza scrupoli, abile a dissimulare il suo nucleo patologico e con ten-
denza a una violenza di tipo predatorio e strumentale25.
Nella cultura anglo-americana la psicopatia è concepita, religiosa-
mente, in maniera ambivalente. Lo psicopatico è al tempo stesso temuto
e invidiato. Molti autori fanno infatti riferimento allo “psicopatico pro-
sociale” (in antitesi a quello antisociale) come a un individuo che, sfrut-
tando i tratti di freddezza e manipolazione “a fin di bene” e senza violare
apertamente le norme sociali, ottiene successo e riconoscimento26. Lo
stesso Schneider scriveva: «Il genio è uno psicopatico per la genialità.
Tuttavia il medico non è consultato che per delle personalità conflittua-
li, per gli psicopatici che soffrono o arrecano danno alla società»27.
Sulla concezione di Cleckley si basa la più utilizzata scala psicome-
trica per la psicopatia, la PCL-R di Robert D. Hare28, che elenca tra i
vari item sintomi indicativi di un narcisismo aggressivo, come la men-
zogna patologica e la manipolazione, la mancanza di empatia, rimorso
o senso di colpa, e una serie di attitudini a comportamenti devianti.
Analogo discorso si potrebbe fare per i tratti callous-unemotional (in-
sensibili, non emotivi) descritti da Paul J. Frick dopo averli osservati in
alcuni adolescenti con disturbi della condotta, che sarebbero uno dei
precursori del disturbo antisociale nell’adulto29.
pla”. Su questa descrizione romanzata, che ha contribuito a generare nel secolo scorso una
vera e propria epidemia diagnostica negli Stati Uniti, si basa il controverso e da più parti cri-
ticato “disturbo dissociativo dell’identità” del DSM. A questo proposito, cfr. A. Frances, Mul-
tiple personality . – Is it mental disorder, myth, or metaphor?, in “The Huffington Post”, 30.1.2014,
https:// www.huffingtonpost.com/.
25
H. M. Cleckley, The mask of sanity, Mosby, St. Louis (MO) 1941.
26
Cfr. P. Babiak, R. D. Hare, Snakes in suits: when psychopaths go to work, Regan Books, New
York 2006; A. J. Galang, The prosocial psychopath: explaining the paradoxes of the creative personality,
in “Neuroscience & Biobehavioral Reviews”, 34, 8, 2010, pp. 1241-1248; J. Bercovici, Why
(some) psychopaths make great CEOs, in “Forbes”, 14.7.2011, https://www.forbes.com/.
27
K. Schneider, Le personalità psicopatiche cit., p. 8.
28
R. D. Hare, La psicopatia. Valutazione diagnostica e ricerca empirica, Astrolabio, Roma 2009.
29
P. J. Frick, S. F. White, Research review: the importance of callous-unemotional traits for develop-
mental models of aggressive and antisocial behavior, in “Journal of Child Psychology and Psychia-
try”, 49, 4, 2008, pp. 359-375.
45
4. Fargnoli F_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 46
30
E. Musumeci, Cesare Lombroso e le neuroscienze: un parricidio mancato. Devianza, libero arbitrio,
imputabilità tra antiche chimere ed inediti scenari, Franco Angeli, Milano 2012.
31
O. Contreras-Rodriguez et al., Functional connectivity bias in the prefrontal cortex of psychopaths,
in “Biological Psychiatry”, 78, 9, 2015, pp. 647-655.
32
Y. Yang et al., Localization of deformations within the amygdala in individuals with psychopathy,
in “Archives of General Psychiatry”, 66, 9, 2013, pp. 986-994.
33
K. Schneider, Le personalità psicopatiche cit., p. 57.
34
Il neuroscienziato americano James Fallon è stato protagonista, suo malgrado, di un
fatto curioso: studiando le caratteristiche morfo-funzionali e genetiche di alcuni serial killer,
ha “scoperto” per caso che lui stesso avrebbe l’imaging cerebrale e il corredo genetico “tipico”
degli psicopatici. Sarebbe però diventato uno scienziato di successo e un buon padre di fa-
miglia (family man) grazie all’educazione cattolica ricevuta dalla madre (sic!). Cfr. J. Fallon,
How I discovered I have the brain of a psychopath, in “The Guardian”, 3.6.2014, https://www.the-
guardian.com/. Sorte analoga era capitata, ironicamente, a un illustre antecedente di Fallon,
appunto Lombroso. L’autopsia effettuata all’indomani della morte dello scienziato italiano
repertò che «il peso del cervello era decisamente inferiore alla media e che era in maniera
preoccupante sovraccarico di “pieghe di passaggio”. Segnali inequivocabili che per Lombro-
so e la sua scuola avrebbero suggerito la tipica natura dell’alienato e del criminale». A. Gnoli,
Quel criminale di Cesare Lombroso, in “La Repubblica”, 15.5.1992.
46
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«Ora, è proprio sul versante dei sicuri ancoraggi scientifici che la pro-
posta questione presenta i più rilevanti aspetti di problematicità, in un
contesto in cui la dottrina parla, pressoché unanimemente, di “crisi del-
la psichiatria”, di “una crisi di identità (...) da alcuni anni attraversata”
dalla scienza psichiatrica, risultando “la classificazione dei disturbi psi-
chici quanto mai ardua e relativa, non solo per la mancanza di una ter-
minologia generalmente accettata, ma per i profondi contrasti esistenti
nella letteratura psichiatrica»37.
35
Corte di Cassazione, Sezioni unite penale, sentenza dell’8.3. 2005, n. 9163. Il testo inte-
grale della sentenza è reperibile all’indirizzo https://www.ilsole24ore.com/.
36
Ibid.
37
Ibid.
47
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«Verso le ore 4 del 27 dicembre 2001 Gi. Ra., dinanzi alla porta della
propria abitazione, sul pianerottolo condominiale, esplodeva due colpi
di pistola all’indirizzo di Vi. Al. (...) provocandone la morte. [Agli]
Agenti della Polizia di Stato, prontamente intervenuti (...) questi escla-
mava (...): “Sono stato io, così ha finito di rompere”. (...) l’omicidio era
maturato in un clima di ripetuti diverbi condominiali, originati da pre-
sunti rumori dell’autoclave provenienti dall’appartamento della vittima,
posto al piano superiore rispetto a quello dell’omicida, che più volte
avevano indotto Gi. Ra. a disattivare, recandosi in cantina, l’impianto
della energia elettrica: tanto era avvenuto anche quella mattina e, risa-
lendo l’omicida (...) aveva incontrato Vi. Al. [che evidentemente si stava
recando a controllare l’origine della mancanza di elettricità]: ne era sca-
turita l’ennesima lite che si era conclusa in quella maniera tragica»38.
38
Ibid.
39
S. Ferracuti, Imputabilità e infermità mentale, relazione presentata in occasione delle XVI
48
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49
4. Fargnoli F_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 50
«Ed è proprio questo che sconcerta più di ogni altra cosa, questa lucidi-
tà, questa coscienza (...). Di fronte a soggetti con disturbo antisociale di
personalità si prova spesso l’angosciosa sensazione di fronteggiare qual-
cuno che “lo fa apposta”, lo fa per fare male, si comporta da delinquen-
te. Potremmo dire che compiono le loro azioni in piena coscienza, pur
non avendo mai quella che si chiama coscienza di malattia. Ma questa
affermazione apre il problema se è possibile una malattia che è “coscien-
te”, anche se non nel senso di consapevole»41.
41
A. Masini, «Coloro che fanno soffrire...». Riflessioni sul disturbo antisociale di personalità, in “Il
sogno della farfalla”, 3, 1995, p. 74.
42
H. Ey, P. Bernard, C Brisset, Manuale di psichiatria (1979), cit. in A. Masini, «Coloro che
fanno soffrire...» cit., p. 63.
43
La ruminazione di marca paranoide e il narcisismo “predatorio”, così come descritto da
Otto Kernberg, più che l’impulsività “evacuativa” mista a sentimenti di colpa tipica del “bor-
derline”, rappresenterebbero la cifra caratteristica dello psicopatico. Cfr. C. Maffei, Il disturbo
borderline di personalità (2005), cit. in U. Fornari, Trattato di psichiatria forense cit., p. 271. L’im-
pulsività rabbiosa del borderline non deve essere confusa con gli agiti violenti e imprevedibili
attraverso i quali si può palesare istantaneamente la percezione delirante. Su questo tema
cfr. D. Fargnoli, Il mutamento del mondo, in “Il sogno della farfalla”, 4, 2012, pp. 81-112, e Id.,
Schizofrenia, imputabilità e infermità mentale cit.
44
«Il manierismo si rivela come una modalità attiva di mimare dei sentimenti estranei al-
l’azione nell’azione». F. Barison, Il manierismo schizofrenico (1948), cit. in D. Fargnoli, Schizo-
frenia, imputabilità e infermità mentale cit., p. 34. Sul legame tra anaffettività e manierismo schi-
50
4. Fargnoli F_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 51
zofrenico (e sulla differenza tra questo e la teatralità isterica) cfr. A. Cantini, Il manierismo
schizofrenico. Un’introduzione storica, in “Il sogno della farfalla”, 3, 1997, pp. 3-9. Il «razionalismo
morboso» interviene a compensare quello che Eugène Minkowski considerava il «disturbo
essenziale della schizofrenia», cioè la perdita del «contatto vitale [affettivo, non riflessivo]
con la realtà». E. Minkowski, La schizofrenia. Psicopatologia degli schizoidi e degli schizofrenici
(1953), Einaudi, Torino 1998, pp. 46 sgg. A Minkowski fanno esplicito riferimento Louis
Sass e Josef Parnas con i loro concetti di “iperriflessività” e “diminuita presenza del sé”. L. A.
Sass, J. Parnas, Schizophrenia, consciousness, and the self, in “Schizophrenia Bulletin”, 29, 3, 2003,
pp. 427-444. Per una rivisitazione critica del concetto di schizofrenia semplice, cfr. D. Far-
gnoli, P. Bisconti, F. Fargnoli, La schizofrenia simplex e il delirio: aspetti storici e concezioni attuali,
in “Il sogno della farfalla”, 1, 2015, pp. 9-57.
45
E. Bleuler, Dementia praecox o il gruppo delle schizofrenie (1911), Polimnia Digital Editions,
Sacile (PN) 2017, p. 230.
46
M. Fagioli, La marionetta e il burattino (1974), L’Asino d’oro edizioni, Roma 2011, pp. 76-
77.
51
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47
M. Fagioli, Normalità assassina, in “Il sogno della farfalla”, 3, 2001, p. 31.
48
G. D. Walters, The trouble with psychopathy as a general theory of crime, in “International Jour-
nal of Offender Therapy and Comparative Criminology”, 48, 2, 2004, pp. 133-148.
49
D. Otnow Lewis, Adult antisocial behavior, criminality, and violence, in B. J. Sadock, V. A. Sa-
dock, P. Ruiz (a cura di), Kaplan & Sadock’s comprehensive textbook of psychiatry (1967), Walter
Kluwer, Philadelphia 2017, pp. 6191-6192 (traduzione nostra).
52
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50
D. Fargnoli, Schizofrenia, imputabilità e infermità mentale cit., p. 50.
51
«La psichiatria sopravvivrà come attività terapeutica perché i pazienti non spariranno.
Tuttavia, la psichiatria che nega le proprie fondamenta psicopatologiche (...) rischia di scom-
parire come disciplina medica». J. Parnas, The RDoC program: psychiatry without psyche?, in
“World Psychiatry”, 13, 1, 2014, p. 47 (traduzione nostra).
52
In contrasto a quanto sostenuto dalla psichiatria di ispirazione basagliana che rifugge
dalla diagnosi in quanto “stigmatizzante”, sul «carattere terapeutico della nozione di schizo-
frenia» cfr. E. Minkowski, La schizofrenia cit., pp. 157 sgg.
53
Cfr. l’intervista a Massimo Fagioli apparsa su “Left” in occasione della chiusura degli
OPG: D. Coccoli, Il problema è la cura. Non le mura, in “Left”, 28.2.2015, pp. 40-43.
54
M. Di Fiorino, F. Ungaretti dell’Immagine, R. F. Marin, Il bisogno di un luogo per la cura, La Vela,
Viareggio 2018. Sulla mentalità penitenziaria e il concetto della “pena” alla base dell’istituzione
manicomiale e del carcere cfr. D. Fargnoli, Carceri senza giustizia, in “Left”, 19.1.2018, pp. 20-22.
53
4. Fargnoli F_Sogno1 11/03/19 10:41 Pagina 54
55
Cfr. O. Kernberg, Disturbi gravi della personalità (1984), Bollati Boringhieri, Torino 1997,
pp. 300 sgg.
56
G. Nicolò, S. Ferracuti, F. Veltro, Rems/1. Il carcere per malati di mente autori di reato non è la
soluzione per “liberarle”, in “Quotidiano Sanità”, 13.3.2017, https://www.quotidianosanita.it/; D.
Fargnoli, Carceri senza giustizia cit.
54
4. Fargnoli F_Sogno1 13/03/19 10:22 Pagina 55
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56
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 57
Adolescenza e psicopatia
“La banalità del male”: con queste parole Hannah Arendt descrive i
crimini del terzo Reich e afferma:
«Il guaio, nel caso di Eichmann, è che uomini come lui ce ne erano tanti
e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono
tutt’ora, terribilmente normali. Dal punto di vista delle nostre istituzioni
giuridiche e dei nostri canoni etici, questa normalità è più atroce di tutte
le atrocità messe insieme, poiché implica (...) che questo nuovo tipo di
criminale (...) commette i suoi crimini in circostanze che quasi gli im-
pediscono di accorgersi o di sentire che agisce male».
Quindi “il male” per la filosofa è come una sorta di stato mentale in
cui si accede per circostanze tali da oscurare la coscienza, la vista, il pen-
siero e il sentire. È un elemento connaturato agli esseri umani ed emer-
ge nella sua banale normalità quando viene meno la razionalità, o
meglio, quando si modifica l’assioma razionale per l’influenza di circo-
stanze sociali, come sostiene lo psichiatra Zimbardo con la teoria situa-
zionalistica2. La cura proposta da questo psichiatra consiste in “alcune
1
H. Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 2013, pp. 259
e 282.
2
P. Zimbardo, The Lucifer effect. Understanding how good people turn evil, Random House,
New York 2007.
3
S. D. Hart, R. D. Hare, Psychopathy and antisocial personality disorder, in “Current Opinion
in Psychiatry”, 9, 1996, pp. 129-132.
4
S. Gregory et al., Punishment and psychopathy: a case-control functional MRI investigation of
reinforcement learning in violent antisocial personality disordered men, in “The Lancet Psychiatry”,
2, 2, 2015, pp. 153-160.
58
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 59
5
American Psychiatric Association, DSM-IV. Diagnostic and statistical manual of mental disor-
ders, APA, Washington D.C. 1994. Cfr. anche D. M. Levy, Oppositional syndromes and oppositional
behavior, in P. H. Hoch, J. Zubin (a cura di), Psychopathology of childhood, Grune & Stratton,
New York 1955, pp. 204-226.
6
J. D. Burke, R. Loeber, B. Birmaher, Oppositional defiant and conduct disorder: a review of the
past 10 years, II, in “Journal of American Academy of Child and Adolescent Psychiatry”, 41,
2002, pp. 1275-1293; R. Loeber, D. P. Farrington, Youth children who commit crime: epidemiology,
developmental origins, risk factors, early interventions, and policy implications, in “The Development
of Psychopathology”, 12, 2000, pp. 737-762.
59
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 60
distingue una forma più lieve, con frequenti episodi di assenze scolasti-
che, fughe da casa, fare tardi la sera senza avvisare i genitori, e una for-
ma più grave caratterizzata da aggressività e violenza. Il diminuito inte-
resse per l’attività scolastica può portare molto spesso all’abbandono
dell’iter educativo, con conseguente emarginazione sociale. In ambito
familiare si può avere una conflittualità verbale fino ad agiti aggressivi.
L’ingresso in gruppi con condotte di devianza può portare a furti, atti
di vandalismo, bullismo e a uso di sostanze. La violenza può arrivare al
punto di far commettere stupri e aggressioni di vario genere. L’insor-
genza dei sintomi in un’età precoce conduce con più frequenza alla
cronicizzazione e a una maggiore gravità delle manifestazioni7.
Nella letteratura internazionale, i disturbi di condotta sono descritti
come entità cliniche relativamente stabili in quanto possono evolvere
dopo l’adolescenza nel disturbo antisociale di personalità. Gli autori
del DSM e degli studi cui fanno riferimento le varie categorie di classi-
ficazione patologica8 si limitano a elencare le manifestazioni coscienti
senza alcun approfondimento interpretativo del non cosciente e della
psicopatologia. Le cause sono attribuite ad alterazioni organiche del
cervello, a modificazioni genetiche o a un’educazione poco efficace e
non adeguata.
I bambini e gli adolescenti con disturbi di condotta, così come sono
descritti dal DSM, rappresentano in realtà un gruppo troppo eteroge-
neo dal punto di vista della psicopatologia, in quanto includono diffe-
renti tipologie e severità prognostiche che comportano risposte tera-
peutiche molto differenziate.
Per la necessità di identificare all’interno di questo ampio gruppo i
bambini con prognosi peggiore, sono stati individuati dai ricercatori
dei tratti definiti callous-unemotional (insensibile, non emotivo)9 che, se
7
R. Loeber, K. Keenan, Interaction between conduct disorder and its comorbid conditions: effects
of age and gender, in “Clinical Psychology Review”, 14, 6, 1994, pp. 497-523.
8
J. Biederman, S. V. Faraone, Further evidence of a bidirectional overlap between juvenile mania
and conduct disorder in children, in “Journal of American Academy of Child and Adolescent
Psychiatry”, 38, 1999, pp. 468-476; P. Cohen, M. Flory, Issues in the disruptive behavior disorders:
attention deficit disorder without hyperactivity and the differential validity of oppositional defiant and
conduct disorder, in American Psychiatric Association, DSM-IV cit., pp. 455-463.
9
L’espressione callous-unemotional viene riferita dai ricercatori a una sintomatologia di
60
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 61
tipo cosciente. Va quindi fatta la differenza con il termine “anaffettivo” utilizzato dallo psi-
chiatra Massimo Fagioli in relazione alla ricerca sulle dinamiche non coscienti.
10
P. J. Frick et al., The association between anxiety and psychopathy dimensions in children, in “Jour-
nal of Abnormal Child Psychology”, 27, 5, 1999, pp. 383-392.
11
R. T. Salekin et al., Psychopathy and comorbidity in a young offender sample: taking a closer look
at psychopathy’s potential importance over disruptive behavior disorders, in “Journal of Abnormal
Psychology”, 113, 3, 2004, pp. 416-427.
12
R. Christian et al., Psychopathy and conduct problems in children, II. Implications for subtyping
children with conduct problems, in “Journal of the American Academy of Child and Adolescent
Psychiatry”, 36, 2, 1997, pp. 233-241.
13
P. J. Frick et al., Callous-unemotional traits and conduct problems in the prediction of conduct pro-
blem severity, aggression, and self-report of delinquency, in “Journal of Abnormal Child Psychology”,
31, 4, 2003, pp. 457-470.
14
Ivi.
15
American Psychiatric Association, Diagnostic and statistical manual of mental disorders. DSM-5,
American Psychiatric Publishing, Washington D.C. 2013.
61
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 62
16
P. J. Frick, E. Viding, Antisocial behavior from a developmental psychopathology perspective, in
“Development and Psychopathology”, 21, 4, 2009, pp. 1111-1131.
17
G. Sambuco, Cultura penale e spirito europeo, in “Archivio penale”, 2016, pp. 1-3.
62
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 63
18
G. Giostra, Il processo penale minorile. Commento al D.P.R. 448/1988, Giuffrè, Milano 2016.
63
5. Gatti_Sogno1 21/03/19 14:25 Pagina 64
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psychopathy’s potential importance over distruptive behaviour disorder, in “Journal of Abnormal
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Zimbardo P., The Lucifer effect. Understanding how good people turn evil, Random House, New
York 2007.
64
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 65
65
5. Gatti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 66
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 67
Federico Tulli
1
Delitto dell’Eur, video mostra il raptus di Leonelli. Voleva accoltellare i pompieri, in rainews.it,
5.9.2014.
68
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 69
Forse questo è uno dei casi in cui malattia mentale e pericolosità so-
ciale coincidono? Ed è corretto parlare di “raptus improvviso” riguardo
a un caso del genere?
Le parole sono importanti, dicevamo all’inizio. Il dilagare sui media
di alcuni termini usati in modo inappropriato o superficiale può cau-
sare un vero e proprio cortocircuito della comunicazione, alterando la
realtà. Non siamo nel campo di quelle che chiamano fake news, ma poco
ci manca. Quantomeno l’utilizzo di termini impropri determina con-
2
Decapita una donna all’Eur, la famiglia: «Lo psichiatra gli sospese le medicine», in ilmessaggero.it,
25.8.2014.
3
Federico Leonelli, la famiglia: «Lo psichiatra gli disse di sospendere i farmaci», in ilfatto.it,
26.8.2014.
69
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 70
4
Legge 6 marzo 1998, n. 40.
5
Il decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza
pubblica, è stato approvato in via definitiva al Senato il 23 luglio 2008 e convertito con legge
24 luglio 2008, n. 125. Il provvedimento consente, secondo quanto dichiarato dal ministro
Maroni, «un contrasto più efficace dell’immigrazione clandestina, una maggiore prevenzio-
ne della microcriminalità diffusa, attraverso il coinvolgimento dei sindaci nel controllo del
territorio, e una più incisiva lotta alla mafia, grazie alla norma che prevede l’aggressione ai
patrimoni dei boss» (http: //www1.interno.gov.it). L’anno dopo la legge 125/2008 è stata ina-
sprita con l’approvazione della legge 15 luglio 2009, n. 94, «Disposizioni in materia di sicu-
rezza pubblica», http://www.parlamento.it.
6
Secondo i dati Istat, al 1o gennaio 2017 gli stranieri residenti in Italia erano 5.047.028,
pari all’8,3% della popolazione. Di questi, circa 1,5 milioni provenivano da altri paesi del-
l’Unione europea, mentre i cosiddetti extra-comunitari erano 3,5 milioni circa (5,8% della
popolazione).
7
Cfr. Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), Statistiche sulle migrazioni interna-
zionali e sulle popolazioni di origine straniera, marzo 2018, https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-
explained/pdfscache/15226.pdf, p. 11.
70
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 71
8
Il 31 gennaio 2018 nelle campagne di Macerata venne trovato in due trolley il corpo
smembrato di Pamela Mastropietro, una ragazza diciottenne originaria di Roma. Le indagini
si concentrarono subito su tre nigeriani e fu questo a far “scattare” la vendetta stragista di
Traini. Due di loro, Lucky Awelima e Desmond Lucky, dopo pochi mesi uscirono dall’in-
chiesta. Il terzo, Innocent Oseghale, che abitava nella casa dove Pamela morì, è stato rinviato
a giudizio e il 13 febbraio 2019 a Macerata ha preso il via il processo in Corte d’Assise nei
suoi confronti. È accusato di avere ucciso e fatto a pezzi la ragazza.
9
Omicidio di Pamela Mastropietro, nigeriani scagionati. Scoppio d’ira di Luca Traini, http:
//www.ilrestodelcarlino.it, 9.6.2018.
71
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 72
Per via dei Velini, alla stazione, in corso Cairoli e in altri punti fino a Ca-
sette Verdini, dove si era fermato per accendere un cero con l’immagine
di Mussolini e dire una preghiera nel posto in cui erano stati trovati i
trolley [con i resti di Pamela Mastropietro], Traini aveva fatto fuoco dal
finestrino ferendo sette persone, ma rischiando di fare una strage. Di
questo reato, oltre che di tentato omicidio, aggravati dall’odio razziale,
è sotto processo. Ora su Traini sta completando la perizia lo psichiatra
nominato dalla Corte d’assise, Massimo Picozzi. I risultati dell’accerta-
mento saranno consegnati il 23 agosto, e il 12 settembre ripartirà il pro-
cesso, con il rito abbreviato. Per ora, il professor Giovanni Camerini,
psichiatra consulente nominato dal difensore Giancarlo Giulianelli, ha
dichiarato il maceratese parzialmente capace di intendere e di volere, e
pericoloso socialmente».
10
www.treccani.it/vocabolario/ira.
72
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 73
11
www.ilfattoquotidiano.it, 21.5.2018.
73
6. Tulli_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 74
74
7. Bisconti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 75
Paola Bisconti
Massimo Fagioli fin dagli inizi della sua attività psichiatrica, come ha
più volte raccontato lui stesso, ha focalizzato la sua ricerca sulla perce-
zione delirante, elemento psicopatologico fondamentale per la com-
prensione della malattia mentale e in particolare della psicosi. La spie-
gazione di ciò si può trovare nell’articolo che egli scrisse nel 2011 a
proposito dei termini Materia energia pensiero:
1
M. Fagioli, Left 2011, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2014, p. 151.
2
M. Fagioli, Alcune note sulla percezione delirante paranoicale e schizofrenica (1962), in “Il sogno
della farfalla”, 3, 2009, pp. 9-22.
l’identità medica che, avendo mosso la sua attività mentale, faceva ricer-
ca su un sintomo che rivelava, con certezza, una patologia mentale:
un’identità che non pensava la parola inconoscibile»3.
3
M. Fagioli, Left 2011 cit., p. 202.
4
M. Fagioli, Materia energia pensiero. Lezioni 2011, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2016, p.
35.
5
M. Fagioli, Alcune note sulla percezione delirante paranoicale e schizofrenica cit., pp. 10-11.
6
K. Jaspers, Psicopatologia generale (1913), Il Pensiero scientifico, Roma 2008; K. Schneider,
Psicopatologia clinica (1959), Giovanni Fioriti, Roma 2005; F. Barison, La coscienza di significato
delirante nella percezione. Lo smarrimento cosiddetto schizofrenico, in “Archivio di psicologia, neu-
rologia e psichiatria”, 19, 1958, pp. 347-356.
7
P. Matussek, Studies in delusional perception (1952), in The clinical roots of the schizophrenia
concept, a cura di J. Cutting e M. Shepherd, Cambridge University Press, Cambridge 1987,
pp. 89-103; K. Conrad, La schizofrenia incipiente (1958), Giovanni Fioriti, Roma 2012.
76
7. Bisconti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 77
8
M. Fagioli, Materia energia pensiero cit., pp. 32-35.
9
Ivi, p. 36.
10
M. Fagioli, Left 2009, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2012, p. 65.
77
7. Bisconti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 78
78
7. Bisconti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 79
11
M. Fagioli, Left 2011 cit., p. 204.
12
D. Fargnoli, Il mutamento del mondo. Considerazioni su alcuni aspetti storici del problema della
diagnosi di schizofrenia, in “Il sogno della farfalla”, 4, 2012, pp. 99-101.
13
M. Fagioli, Materia energia pensiero cit., p. 40.
14
Ivi, p. 39.
15
M. Fagioli, Insulinoterapia e psicoterapia di gruppo: valore psicoterapeutico del “senso della schi-
zofrenicità” (1963), in “Il sogno della farfalla”, 1, 2010, pp. 11-21.
16
M. Fagioli, Materia energia pensiero cit., p. 44.
79
7. Bisconti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 80
Nove anni fa Fagioli ha scritto che forse agli inizi, a Padova, non sa-
peva dei possibili sviluppi di quello studio sul sintomo schizofrenico17.
Lo sapeva invece nel 1993 quando, intervenendo all’Aula magna del-
l’Università “La Sapienza” di Roma parlò di percezione delirante del
poeta, colui che usa le parole per dire di cose che non si percepiscono
ma esistono, che pensa e vede una realtà umana non percepibile ai cin-
que sensi. Quando lo psichiatra interpreta i sogni fa la percezione de-
lirante del poeta, trasformando la propria mente che ascolta la voce al-
trui in linguaggio verbale che non è linguaggio imparato. A differenza
del malato che fa la percezione delirante e ha un rapporto visivo con
l’altro, nell’interpretazione c’è un rapporto uditivo. Scrive Fagioli nel
2009:
17
M. Fagioli, Left 2010, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2013, p. 65.
18
M. Fagioli, Left 2009 cit., p. 66.
19
M. Fagioli, Left 2011 cit., p. 205.
80
7. Bisconti_Sogno1 21/03/19 14:24 Pagina 81
non c’è. E non è delirio, ma essere certi della capacità umana di elimi-
nare dall’altro il disumano. Tale certezza Fagioli l’ha maturata perché,
non convinto della naturalità del “Male” nell’uomo, aveva perseguito
l’idea di trasformazione degli esseri umani: ciò che non era umano era
malattia e si poteva curare.
La percezione delirante del poeta verrà sostituita da Fagioli, sempre
nel 2011, con il concetto di percezione-fantasia. L’interpretazione dei
sogni ha, infatti, il suo punto di partenza nell’ascoltare con fantasia e
recettività, cogliendo la realtà interna dell’altro senza alterarla e andan-
do oltre il linguaggio cosciente. Si può pensare che l’interpretazione
dei sogni presupponga che percezione e fantasia siano legate dalla pa-
rola “simultaneo”? Al contrario della percezione delirante, dove la si-
multaneità fra percezione e coscienza abnorme di significato determina
una perdita di senso nel rapporto interumano e quindi un minus, la si-
multaneità fra percezione e fantasia nell’interpretazione dei sogni crea
un pensiero nuovo, un plus creativo, che è conoscenza profonda della
realtà mentale dell’altro.
L’incessante e inesauribile ricerca di Fagioli lo porta, successivamen-
te, nel 2015, in occasione del convegno all’Aula magna della “Sapienza”
per i 40 anni dell’Analisi collettiva, a introdurre il nesso fra percezione
cosciente e fantasia nel momento in cui il bambino vede il proprio volto
allo specchio e si riconosce20:
20
Cfr. Ricerca sulla verità della nascita umana. 40 anni di Analisi collettiva, L’Asino d’oro edi-
zioni, Roma 2016, pp. 265-272.
21
M. Fagioli, Nuovo è il silenzio della linea d’estate, in “Left”, 23.7.2016.
81
7. Bisconti_Sogno1 11/03/19 10:42 Pagina 82
zione della linea allo specchio non può essere compresa se non si pensa
al termine verbale “simultaneo” per le parole percezione cosciente, fan-
tasia, linea, senso, volto22. Non può infatti esistere la sola percezione co-
sciente separata dalle altre parole.
E allora, concludendo, potremmo pensare che sia questa la proble-
matica alla base della percezione delirante? Percepire coscientemente
senza fantasia, ovvero non vedere più la linea attorno al proprio volto
e perdere il senso profondo del rapporto interumano? Così, come so-
stiene Fagioli, il pensare diventa un credere a priori che nell’essere
umano ci sia il “Male”. L’unione fra uguale e diverso non esiste più.
L’altro essere umano è soltanto diverso e per tale motivo deve essere
fatto sparire. Il cardine del rapporto interumano, invece, è lasciarsi an-
dare con un essere umano uguale e diverso cercando la massima rea-
lizzazione. Scriveva Fagioli: «Il tuo volto è la mia immagine interiore»23.
L’essere umano diverso è la propria realtà del pensiero senza coscienza
del primo anno di vita. Il volto diverso è il proprio che riconoscemmo
a sette-dieci mesi di vita davanti allo specchio.
22
M. Fagioli, Percezione cosciente, fantasia, linea, senso, volto, in “Left”, 2.7.2016.
23
M. Fagioli, Teoria della nascita e castrazione umana (1975), L’Asino d’oro edizioni, Roma
2012, p. 12.
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nico, in “Archivio di psicologia, neurologia e psichiatria”, 19, 1958, pp. 347-356.
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Fagioli M., Alcune note sulla percezione delirante paranoicale e schizofrenica (1962), in “Il sogno
della farfalla”, 3, 2009, pp. 9-22.
Fagioli M., Insulinoterapia e psicoterapia di gruppo: valore psicoterapeutico del “senso della schizofre-
nicità” (1963), in “Il sogno della farfalla”, 1, 2010, pp. 11-21.
Fagioli M., Teoria della nascita e castrazione umana (1975), L’Asino d’oro edizioni, Roma 2012.
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Hans Saner
Nascita e fantasia. La naturale dissidenza del bambino
Morcelliana, Brescia 2017, pp. 220, € 18,00
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in adolescenza, di Saner con i genitori, rigidi anabattisti che non tolleravano alcuna
libertà di pensiero e di comportamento al di fuori dei loro precetti.
Torniamo al titolo: Nascita e fantasia. La nascita, in tedesco Gebur, è un evento so-
ciale, strutturante del soggetto. L’autore ne esplora il significato antropologico,
quell’onnipresenza del memento nasci; il compleanno (der Geburstag), infatti, è l’uni-
ca festa che dura tutta la vita (p. 63). La definisce un salto qualitativo, un cambia-
mento da una forma vitale a un’altra, un salto nell’Esserci: «L’uomo non sarà mai
più un iniziatore come accade alla nascita» (p. 94). E se è vero che non solo gli es-
seri umani ma anche altri mammiferi sono partoriti, solo l’uomo può e deve rela-
zionarsi al fatto del suo essere nato.
Perché, si domanda l’autore, la filosofia si è “dimenticata” di riportare alla dimen-
sione natale la sua attività speculativa? «In considerazione di questa interpretazione
ostile alla vita, si è tentati di porre alla storia della cultura le seguenti domande:
non hanno forse antichissime tabuizzazioni, vergogna e timore, bloccato l’accesso
alle questioni della procreazione e della nascita? Alcuni millenni di cultura del pa-
triarcato, le tendenze omofile di molti filosofi antichi e la vita monastica dei pen-
satori propriamente cristiani sono stati forse sufficienti ad estromettere dalla ri-
flessione filosofica il fatto della nascita, derubricato a mero “affare” delle donne e
dei bambini? Il disprezzo spiritualistico della corporeità e della sessualità e il loro
intrecciarsi al peccato in ambito cristiano sono così influenti?» (p. 66).
La fantasia per Saner è «l’umano per eccellenza», capacità originaria dell’essere
umano, la più «inesplorata e inesplorabile di tutte le forze dell’uomo». Il bambino
fa domande, ha un’apertura esplorativa, il bambino «è un genio», possiede una
genialità nella percezione, nella creazione di forme che è di fatto universale nel-
l’età infantile, ma che il mondo degli adulti congiura per disconoscere. La fantasia
è attiva non solo nel dominio della realtà e a partire da questo, ma ha una profon-
dità che, anche quando investe l’elemento razionale, non si risolve mai compiuta-
mente in esso. È variegata e approfondita la disamina dell’autore sulla fantasia, di
cui individua una necessità esistenziale, ma ci piace riportare qui alcune conside-
razioni sui motivi dell’ostile ambiguità, della distruzione, dell’addomesticamento
esercitati su di essa: «Le persone fantasiose sono scomode: quasi mai soddisfatte
di ciò che hanno raggiunto, esigenti, con lo sguardo volto sempre al di là dell’esi-
stente, irrequiete, difficili da inquadrare (…). Di fronte alla fantasia si prova un
certo timore... vi rientrano infatti i fenomeni psichici patologici e l’incontrollato
fantasticare, e poiché ogni uomo incontra tutto questo nei sogni… vorrebbe sal-
varsi nella veglia, nell’apparente affidabilità della razionalità e degli ordinamenti
ragionevoli» (p. 173). E, ancora, egli sostiene che chi ha la fantasia, manifestazione
adeguata che l’essere natale dà di sé, ha il potenziale creativo per progettare un
contromondo in cui ogni uomo possa essere ciò che è a partire dalla sua nascita:
«Un essere che produce, che crea, che diviene, modificando se stesso e il mondo».
Questa potenzialità è controllata dalla politica e, nella lotta tra fantasia e potere,
sembra che la prima debba sempre sottostare al secondo ma «Qualcosa in ogni
uomo riesce a scampare a questi agguati, nella misura in cui l’uomo è e rimane un
essere iniziale e iniziante» (p. 174).
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La dissidenza evocata nel sottotitolo del libro, che etimologicamente significa “es-
sere dall’altra parte”, porta il bambino a essere al di là delle demarcazioni di quel-
l’umano che la cultura ha fissato; il bambino in quanto “iniziante”, dotato di fan-
tasia, è in grado di andare oltre la semplice e pedissequa ripetizione, porta nel
mondo una differenza rispetto a ciò che esisteva prima di lui. È questa la sua dissi-
denza, «nel carattere esuberante dell’espressione della propria vita in rapporto a
ciò che la cultura ha fino a lui normato». Egli è «un inventore eccentrico ed inno-
vatore, fin quando vive prevalentemente di fantasia il bambino è un essere creativo,
imprevedibile, esplosivo e dissidente» (p. 190), ed è proprio per queste sue carat-
teristiche che l’adulto lo teme. Ed è anche per questo che la società commette, co-
me lo definisce Saner, «un omicidio senza uccisione», inventa l’educazione, la di-
sciplina per strappare il bambino alla sua dissidenza naturale vincolandolo ai valori
culturali e ai comportamenti correnti della società di riferimento, dall’originario
dover-chiedere a un letargico non-voler-più-chiedere.
Nella lettura del testo, pur evidenziandone i limiti – il restare nel dominio filosofico
della coscienza – emerge una qualità preziosa dell’autore, quella cioè di aver man-
tenuto l’originario saper domandare, il poter ricominciare sempre di nuovo, poi-
ché, rubando a Schiller, «all’inizio del percorso l’infinità è aperta».
(Mariapia Albrizio)
Jean M. Twenge
Iperconnessi. Perché i ragazzi oggi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno
felici e del tutto impreparati a diventare adulti
Einaudi, Torino 2018, pp. 388, € 19,00
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nari, descrive i principali fattori di rischio che possono condurre a una depressione
conclamata. Negli ultimi anni è salito in modo vertiginoso il numero di ragazzi
che, secondo le indagini riportate nel testo, hanno sottoscritto affermazioni del ti-
po “sento di non riuscire a fare niente nel modo giusto”, “la mia vita non è utile”,
“non amo la vita”. Si può ipotizzare che la frequentazione dei social, dove prevale
lo standard di mostrare di sé solo gli aspetti che contribuiscono a delineare una
immagine di successo, possa far pensare che solo ad alcuni giovani capiti di trovarsi
in difficoltà, con un conseguente vissuto di inadeguatezza. Elemento determinante
è anche il fatto che nei gruppi di coetanei si viene sempre a conoscenza delle esclu-
sioni sociali e sappiamo quanto peso abbiano queste per gli adolescenti. Dal 2007
al 2015 il numero di ragazzi che afferma di sentirsi escluso e solo è ampiamente
cresciuto. Questo aspetto è interessante perché ci fa capire che la possibilità di es-
sere sempre in contatto telematico con gli amici e di essere aggiornati continua-
mente sulle loro attività non aiuta a lenire il senso di solitudine. Dai dati si evince
un’alta correlazione tra il tempo trascorso davanti a uno schermo e il sentirsi infe-
lici, ma non si può dedurre che sia tale abitudine a rendere infelici, anzi è possibile
che proprio gli adolescenti che si sentono più infelici frequentino maggiormente
la rete. È interessante osservare che, comunque, i ragazzi più socievoli lo sono sia
nella vita online che nelle interazioni faccia a faccia.
Quanto detto ci fornisce anche elementi per la comprensione dell’incremento dei
suicidi in età adolescenziale: secondo i dati riportati nel testo la percentuale di sui-
cidio nel 2015 è aumentata del 46 per cento rispetto al 2007; è necessario mettere
in evidenza che il fenomeno del cyberbullismo ha un ruolo determinante in questa
tendenza.
Tra i molteplici aspetti della vita dei giovani descritti nel testo citiamo, infine, la ri-
cerca di “spazi protetti”, che non si riferisce soltanto a una maggiore ricerca di si-
curezza fisica ma addirittura a quella di una “sicurezza emotiva”, per cui si nota
una tendenza a proteggersi non solo da relazioni umane troppo coinvolgenti, ma
anche da idee diverse dalle proprie. Questo ci deve far riflettere sull’importanza
per i giovani di non nascondersi in rete ma di affrontare il disagio che può pre-
sentarsi nei rapporti reali, per non perdere la ricchezza della relazione umana.
D’altra parte, è necessario promuovere nei contesti educativi le complesse capacità
di comprensione, di riflessione e di argomentazione che si sono affievolite a causa
della frammentazione della conoscenza tipica dell’approccio digitale.
(Assunta Amendola)
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«La “naturale“ inferiorità della donna rispetto all’uomo. Nessun’altra tesi trova
d’accordo in maniera tanto appassionata personalità come Buddha, Rousseau,
Nietzsche, Confucio, Freud e Hitler» (p. 138). L’osservazione, formulata da Tama
Starr1, è ripresa da Merete Aimann Gainotti nel suo contributo al volume curato
da Valeria Schimmenti e Giuseppe Craparo. Merito principale del libro, nel suo
insieme, è quello di affrontare il gravissimo tema della violenza sulle donne in ma-
niera complessa e multifocale, sia sul piano psicologico che su quelli antropologico
e sociologico, senza risparmiare dure critiche alla cultura misogina che ha attra-
versato l’intera umanità in tutte le epoche storiche. Si tratta di un problema di di-
mensioni preoccupanti, simili a quelle del terrorismo internazionale, leggiamo,
ma per il quale purtroppo non vengono ancora adottate le stesse adeguate pre-
cauzioni e interventi. Nei diversi saggi che compongono il volume il fenomeno
della violenza è studiato non come una questione individuale, ma in modo più
complesso e su più livelli, e vengono sollevate critiche attente sia alle istituzioni
che alle ideologie occidentali, in particolare a quelle religiose.
La prima cosa che colpisce è la meticolosa raccolta di dati epidemiologici, alcuni
non recentissimi, ma che mostrano bene l’enormità del problema e quanto esso
sia in realtà sottovalutato. «Secondo il Consiglio d’Europa “la prima causa di morte
delle donne è la violenza subita in famiglia dal padre, dai fratelli, dal fidanzato,
dal marito”», scrivono ad esempio Irene Petruccelli, Chiara Simonelli e Simona
Grilli nel loro contributo sulla violenza di genere (p. 15).
Oltre alla suddetta raccolta di dati, un altro elemento di forza del testo è la loro
interpretazione, che in alcuni punti sfocia in una forte denuncia nei confronti
delle istituzioni governative. Ad esempio, dopo aver citato i dati del rapporto del
2013 dell‘Eures, in cui si afferma che in Italia la media annua delle donne vittime
di omicidio è pari a 171, ovvero una ogni due giorni, di cui «l’89 per cento sono
italiane, come lo sono la maggior parte degli autori di tale omicidi, il 73%» (p.
37), gli autori del saggio sul femminicidio, Filippo Petruccelli, Myriam Santilli e
Laura Iannucci, evidenziano che «in Italia non si sono registrati sostanziali miglio-
ramenti nella condizione delle donne. È stato addirittura rilevato il disinteresse da
gran parte del mondo istituzionale per il sempre crescente aumento di violenze
domestiche terminate in femminicidi, cui si è aggiunta la strumentalizzazione po-
litica degli stupri commessi dagli stranieri in luoghi pubblici (un’esigua percen-
tuale rispetto a quelli commessi tra le mura domestiche) al fine di approvare leggi
in materia di immigrazione ulteriormente repressive» (p. 40). Il modo in cui viene
affrontato il tema del femminicidio è condivisibile e interessante anche perché
1
T. Starr (a cura di), La naturale inferiorità delle donne, Sperling & Kupfer, Milano 1993.
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esso non è visto come un semplice fatto privato, ma come un fenomeno di portata
sociale, un crimine che si estende in maniera trasversale e globale, una «violenza
sulle donne in tutte le sue forme miranti ad annientare la soggettività sul piano
psicologico, simbolico, economico, e sociale, che solitamente precede o può por-
tare al femminicidio» (p. 35). Tale definizione comprende «tutte le morti di donne
per mani misogine anche per conto delle istituzioni (per esempio aborti forzati,
interventi chirurgici non necessari come l’isterectomia, sperimentazioni sul loro
corpo) o di pratiche sociali patriarcali (mutilazioni genitali) o culturali che portano
a lasciar morire le figlie femmine di fame, per privilegiare la cura del figlio maschio
come purtroppo accade ancora almeno vistosamente in alcune regioni della Cina
e dell’India» (ibid.).
Anche quando si tratta di smantellare un’“istituzione d’oro” come la famiglia, gli
autori non si tirano indietro. Isabella Merzagora dedica il suo saggio alla violenza
domestica, sottolineando che «la violenza in famiglia è una costante nel panorama
criminale italiano», fino ad affermare che essa «sarebbe prescritta piuttosto che
proscritta» (p. 49). Interessante, nello stesso capitolo, è «la domanda più contur-
bante» posta dall’autrice, ossia «se non sia (...) il concetto di Normalità quello da
rivisitare» (p. 52). Questa riflessione emerge a proposito dei casi di figli che hanno
trucidato i genitori, come Pietro Maso, «il ragazzo di “buona famiglia” priva di par-
ticolari eclatanti sintomi psichiatrici, con amici altrettanto “normali”» (p. 50), o
Erika, che veniva da un’altra famiglia «con tanto di iscrizione al Rotary del padre
e al golf club di tutta la famiglia: le ambizioni di molti, le insegne della emancipa-
zione dalla condizione piccolo-borghese» (p. 51).
Nel capitolo Maltrattamenti e violenze subite in gravidanza: un lato oscuro della violenza
sulle donne, Gainotti smaschera fin da subito il grave pregiudizio culturale presente
in Occidente, dove parlare di violenza in gravidanza è un vero e proprio tabù, e
sottolinea che la violenza non solo non risparmia le donne in tale stato, ma pare
spesso inasprirsi proprio in questo periodo: sembra infatti che «una donna su quat-
tro nel corso della vita sia stata vittima di violenza in gravidanza» (p. 131). Il libro
ha il merito di parlare di tale inquietante fenomeno, spesso negato dalla nostra so-
cietà, che considera la nascita un luogo sacrale e intoccabile.
In questo come in altri capitoli uno dei principali fattori della violenza contro la
donna è individuato nelle influenze misogine della cultura occidentale e dei suoi
più illustri esponenti, dai filosofi ai teorici dell’Illuminismo (Rousseau) fino ai rap-
presentanti del pensiero psicoanalitico, ritenuti responsabili di aver teorizzato
un’inferiorità naturale della donna. Con una critica severa e incisiva si sottolinea
inoltre la responsabilità principale delle religioni monoteistiche – per lo più quella
cristiana e, in Italia in particolare, cattolica – nel determinare tale ideologia.
Le violenze sulle donne avvengono in alta percentuale alla fine di una relazione:
«il 60% di questi eventi tragici accadono all’interno di una relazione intima tra vit-
tima e autore in corso o conclusa. Nel 25 % dei casi le donne erano in procinto di
chiudere la relazione o l’avevano già fatto» (p. 37), osserva ancora Merzagora, che
si propone di studiare in maniera più approfondita questi dati importanti, ma si
limita ad affermare che l’uomo, sentendosi minacciato nella sua immagine con-
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venzionale di pater familias da una donna ormai emancipata e fuori dagli schemi
sociali, in taluni casi e in presenza di una patologia sottostante reagirebbe con la
violenza.
Alle motivazioni che porterebbero uomini violenti ad agire contro le donne sono
dedicati due capitoli: Uomini violenti verso le partner: tra patologia psichiatrica e sindrome
culturalmente caratterizzata, di Chiara Camerani, e Gli autori della violenza: chi sono e
perché lo fanno, di Simona Galasso, Viviana Langher e Maria Elisabetta Ricci. In par-
ticolare nel secondo la sindrome culturale individuata alla base della violenza si
discosta giustamente dal paradigma femminista della società patriarcale, noto co-
me “modello di genere”, secondo il quale gli uomini «sono violenti perché violenta
è la loro natura, e vengono allevati ad usare la violenza contro le donne per tenerle
in una condizione di subordinazione» (p. 185). Le autrici confutano con decisione
questa colpevolizzazione della figura dell’uomo in quanto tale, e affermano che la
violenza è sempre legata alla compresenza di una causa psicopatologica.
Nel capitolo Da Filomela alle donne di oggi: tra mito e clinica, Francesca Picone affronta
l’enorme questione delle caratteristiche psicologiche che differenziano il genere
maschile dal femminile e delle dinamiche che intercorrono nella relazione psico-
logica tra uomo e donna. La sua analisi tuttavia contraddice le critiche alle teoriz-
zazioni freudiane avanzate nei capitoli precedenti e prosegue riallacciandosi al
pensiero di Jung, unito a considerazioni mitologiche, simboliche, filosofiche e an-
tropologiche che conferiscono al testo un tono astratto ed esoterico che sconfina
a tratti nel mistico, generando una confusione di livelli teorici che finisce per met-
tere sullo stesso piano il pensiero dei filosofi con la prassi di esperimenti scientifici
condotti in anni di importanti ricerche. Al mito di Filomela, che descrive il tragico
fallimento del rapporto uomo-donna ed è presentato come un esempio di patolo-
gia disfunzionale, è contrapposto il mito di Eros e Psiche narrato da Apuleio. Pi-
cone afferma che la favola di Apuleio può «rappresentare nel suo insieme la storia
della crescita e della maturazione umana» nel rapporto uomo-donna (p. 182), ma
non approfondisce il tema e si limita a citare in proposito poche righe di Erich
Neumann2. La contrapposizione fra i due miti non risulta quindi adeguatamente
argomentata, e non è compresa dall’autrice l’identità di donna proposta da Apu-
leio e colta da Massimo Fagioli, il quale più volte ha indicato nella favola di Amore
e Psiche l’espressione della reale sessualità umana – in antinomia alla tragedia di
Edipo proposta da Freud – e, soprattutto, della realizzazione dell’identità della
donna3.
In conclusione, il testo svolge bene la sua funzione di denuncia, ben documentata
e argomentata in particolare per ciò che concerne i dati statistici, sensibile e netta
nell’affrontare la cultura misogina in tutte le sue forme e sedi. Può rappresentare
dunque un importante stimolo alla ricerca, sebbene si possa lamentare in generale
2
E. Neumann, Amore e Psiche. Un’interpretazione nella psicologia del profondo, Astrolabio, Roma 1989.
3
Cfr. ad esempio M. Fagioli, La marionetta e il burattino (1974), L’Asino d’oro edizioni, Roma
2011, p. 11.
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(Alessandra Carlotto)
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