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Jung

la vita il pensiero i testi esemplari

i memorabili
di Edmond Rochedieu edizioni accademia
Jung
la vita il pensiero i testi esemplari

di Edmond Rochedieu
Traduzione di Donatella Guarnotta

Edizioni accademia
Ringraziamo le Case Editrici Boringhieri, Il Saggiatore, 'Einaudi per l’au­ Introduzione
torizzazione a pubblicare alcuni brani qui inseriti

Titolo originale dell’opera


« C. G. Jung et l’individu
dans le monde d’aujourd’hui »
Éditions Şeghers, Paris
Copyright © 1972
Edizioni Accademia
Milano
Considerevole è il corpo delle opere di Cari Gustav Jung e vasto
poiché, oltre alla psicologia propriamente detta, esso riguarda
parecchi altri campi dei quali alcuni sono connessi, ed altri assai
meno, alla materia specifica.
In questa esposizione noi faremo riferimento ad un solo settore
del suo pensiero, che presenta due aspetti complementari: innan­
zitutto la diagnostica, basata sulle debolezze ma anche sulle oc­
culte risorse della nostra civiltà occidentale contemporanea, quindi
i rimedi psicologici proposti al fine di liberare l’uomo dalle sue
pastoie e permettergli il pieno sviluppo delle possibilità latenti che
dormono in lui e il cui dinamismo cerca di esprimersi.
Per rendere pienamente l’aspetto vitale di un’opera, per nulla
statica, non ci sembra affatto necessario tratteggiare un quadro in
cui tutto si articolerebbe logicamente e dove, dopo aver ricordato
i dati di base della psicologia, si distinguerebbero, andando dal
semplice al complesso, una progressione e una sintesi sempre piu
ricca il cui risultato sarebbe il sistema junghiano nella sua totalità.
Un altro metodo ci è parso invece rispettare meglio il mai soddi­
sfatto spirito di ricerca dello psicologo di cui ci sforziamo di coglie­
re gli intenti.
Ricordandoci che Jung fu innanzitutto medico psichiatra e psi­
coterapista, e che il suo punto di partenza fu un’approfondita
conoscenza delle malattie mentali, non mancheremo di ammirare
la sua capacità di occuparsi di problemi estranei al campo me-

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dico, il che allargherà in modo stupefacente i suoi orizzonti intel­ la realtà dell’anima e ad esaminare tutte le conseguenze che pos­
lettuali. Al contrario di molti psicologi, tesi soltanto allo studio sono derivare dalla riscoperta di questa antica verità.
dei casi individuali, Jung si interesserà anche alle reazioni di Da questo momento Jung descriverà l’individuo come esso è
gruppo e alla psicologia collettiva, senza però mai mutarsi in so­ divenuto nella nostra società moderna, i suoi limiti, le possibilità
ciologo o in etnologo. Ben presto lo studio dei comportamenti che gli rimangono. E naturalmente, poiché è medico e psicotera­
di gruppo lo costringerà’ a riflettere sul ruolo e sul valore dei pista, Jung contemporaneamente indicherà i mezzi che, a suo
simboli e dei riti adottati da un intero paese o, in certi casi, sentiti avviso, permetterebbero di superare le turbe collettive, lasciando
in modo identico da tutti gli uomini. Forte della sua esperienza l’individuo libero di realizzarsi pienamente.
di psicoterapista, scoprirà allora, tanto nelle reazioni inaspettate Il piano del nostro studio si basa dunque sul dinamismo stesso
degli individui o della collettività quanto nella potenza emanante del pensiero di Jung e sull’interesse che egli ha portato successi­
dai simboli e dai riti, la presenza di forze psichiche impersonali e vamente ai diversi problemi, che presto convergeranno in un pro­
collettive. E quando si accorgerà che un certo enigmatico disegno blema unico, quello cioè del destino dell’uomo contemporaneo,
o una cert’altra figurazione sorprendentemente suggestiva si ri­ sottoposto alle pressioni collettive, si tratti del passato, del pre­
trovano sia nelle diverse mitologie che nei sogni o nelle fantastiche­ sente o dell’affascinante attrattiva che esercita un avvenire dalle
rie dei suoi malati, e che per entrambi si impone una stessa promesse infinite.
interpretazione che trascende i secoli e le frontiere, svilupperà
un’ipotesi ardita. Questa ipotesi fa risalire a immagini primitive
e ad archetipi questa somiglianza di comportamento di fronte a
situazioni personali che colpiscono allo stesso modo l’individuo
nel piu profondo di se stesso, qualunque siano le differenze sociali
e di cultura.
Allo stesso modo i simboli artistici gli appariranno dotati di
una forza spirituale, quale generalmente non viene loro attribuita.
Pure il proseguimento dei suoi studi lo condurrà a meditare
şulle condizioni stesse in cui effettua le sue ricerche, in qualche
modo forzandolo a riesaminare il problema filosofico relativo alla
teoria della conoscenza. In questo momento scoprirà le debolezze
del neopositivismo scientifico, al quale erano stati improntati i
suoi studi di medicina, e l’incapacità di tale dottrina di esaminare
la totalità del reale. Giunto a siffatta conclusione, e trasportato
dallo stesso slancio critico, si opporrà a quella psicologia acca­
demica che vuole ridurre ad organicità la sfera spirituale.
È tra i primi ed ultimi scienziati — dal 1927 — ad affermare

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onpiAipin D ţw p o g
I. La personalità Carl Gustav Jung

Non appartengo alla categoria degli


scrittori che nascono già tradotti; io
ho bisogno che qualcuno mi traduca,
e mi tradurranno se quanto ho da di­
re ne varrà la pena.
A lexandre V inet

Significato dell’opera di Jung


Ogni personalità fuori del comune suscita almeno qualche
controversia. E quando si tratta di uno scienziato che, attratto da
nuovi orizzonti, si rifiuta di battere i vecchi sentieri o che non
teme di riprendere alla base, con inusitata chiarezza, i problemi
che la scienza accademica considera già risolti, è facile che agli
omaggi si mescoli la diffidenza.
Certamente Cari Gustav Jung ha i suoi ammiratori entusiasti,
ammiratori che apprezzano l’originslità delle sue ricerche e la
fecondità delle ipotesi da lui proposte. Altri però, piu prudenti,
stupendosi di quanto sembra loro un’inutile audacia, preferiscono
mantenersi su posizioni meno azzardate e piu unanimemente ac­
cettate. Su questo punto si contrappongono due fazioni: da una
parte i discepoli che, negli scritti di Jung, scoprono ricchezze da
cui, a loro avviso, gli psicologi dovrebbero trarre beneficio, e dal­
l’altra gli irriducibili detrattori i quali, al contrario, ritengono
che la stessa originalità dello psicologo zurighese e tutto quanto
lo separa da Freud, lungi dal rappresentare un valido apporto,
tolga alla sua opera il carattere scientifico che costituisce il merito
della psicoanalisi freudiana: anche perché a loro parere il pensiero
junghiano sostituisce alla chiarezza di una scienza obiettiva l’im­
precisione soggettiva di un umanesimo colorito dall’arte, dalla
letteratura e dalla filosofia.

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Che dire di questa accusa? È fondata? Può essere respinta? attribuiva il maggior valore l. Jung dichiara che è inammissibile
Prima di affrontare questo problema, che ritroveremo in ogni vedere nei diversi impulsi psicologici null’altro che una manife­
pagina del nostro studio, è necessario ricordare quali furono le stazione della sessualità o un bisogno di potenza. D ’altra parte egli
relazioni personali tra Freud e Jung, ricordando tra l’altro come considera essenziale affermare l’esistenza dell’anima, affermazione
quest’ultimo sia stato considerato per anni il piu diretto e fedele ben temeraria per quei tempi, nei quali il piu dottrinario dei posi­
discepolo del fondatore della psicoanalisi. tivismi dominava il mondo medico2.
« L’anima — nota Jung — è il vivo dell’uomo, ciò che vive
Relazioni con Freud per se stessa, la causa della vita » 3. Ed aggiunge — e simile
osservazione è, agli occhi di Freud, inaccettabile — che l’anima
Jung prende per la prima volta contatto con il lavoro di Sig­ possiede la peculiarità di entrare in relazione con Dio e che essa
mund Freud nel 1906. L’anno seguente, il 1907, durante un è « naturalmente religiosa ». In questo modo Jung rivendica una
congresso tenuto a Vienna, i due uomini si incontrano, si cono­ psicologia largamente aperta a tutti i problemi umani, una psi­
scono 'e si impegnano in un famoso colloquio durato tredici ore. cologia che si apre a tutte le realtà presenti e storiche, e che non
Ora in questo periodo Jung ha già pubblicato quegli importanti esclude i valori spirituali e religiosi in nome di una libertà di
studi che lo hanno reso noto in campo medico. E in questi testi, pensiero che di fatto altro non è se non un dottrinalismo ma­
trattino essi delle sue osservazioni sulle associazioni normali e scherato 4, legato alla metafisica positivista e per questo stesso fatto
patologiche o delle sue ricerche sui complessi e, la demenza pre­ già fuori corso 5. E Jung osserva a questo proposito — e sulle
coce, noi scopriremo già i dati di base sui quali il giovane psi­ labbra gli si disegna un sottile riso malizioso — : Una teoria
chiatra si appresta a fondare il proprio sistema *. Certamente la scientifica è presto superata da un’altra, mentre il dogma dura da
collaborazione con Freud gli fu molto benefica, poiché gli diede moltissimi secoli6.
la conferma di quanto egli stesso aveva intravvisto e presentito.
Freud dal canto suo non nascose mai la soddisfazione che gli Jung e il nazismo
procurava questo giovane collega. « Sono piu che mai convin­
to — affermava — che è l’uomo del futuro » 12. Infatti nel 1913 La seconda accusa rivolta a Jung sembrerebbe a prima vista
sarà proprio Jung ad assumere un ruolo di primo piano quando molto piu grave poiché riguarda le sue pretese relazioni col nazi­
si tratterà di fondare la Società internazionale di psicoanalisi. smo. L’accusa non è in realtà della portata che generalmente si
Ben presto però tra i due uomini si creano le prime fratture, cerca di attribuirle. Effettivamente nel 1933 Jung aveva accettato
dapprima impercettibili, poi sempre piu profonde. Jung, alla fine la presidenza della Società medica internazionale di psicoterapia
di una serie di ricerche svolte nella vasta sfera dell’inconscio, ave­
va dato prova di un’indipendenza di giudizio che lo allontanerà
insensibilmente, ma in modo definitivo, dalla tesi alla quale Freud 1 Ibidem, p. 12.
2 C. G. Jung, Ma Vie, souvenirs, rêves, pensée, Paris, Gallimard, 1966, p. 243.
3 C. G. Jung, L’âme et la vie, Paris, Buchet-Chastel, 1963, p. 35.
4 Ibidem, p. 243.
1 C Baudoin, L ’oeuvre de Jung et la psycologie complexe, Paris, Payot. 1963, p. 11. 5 Ibidem, p. 438.
2 Ibidem, p. 13. 6 Ibidem, p. 470.

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e contemporaneamente di entrare nella redazione dell’organo del­ redattore della rivista. D ’altronde in questo periodo le autorità
l’associazione stessa, la Zentralblatt für Psychotherapie und ihre hitleriane hanno già preso misure contro Jung: gli è stato proibi­
Grenzgebiete, pubblicata a Lipsia. Ora questa era l’epoca in cui to l’accesso in territorio tedesco, le sue opere vengono bruciate
Hitler prendeva il potere in Germania, e sfortuna volle che su 0 mandate al macero in tutti i paesi d’Europa nei quali è possi­
ogni numero della rivista il nome di Jung comparisse accostato bile e il suo nome figura ormai sulla famigerata lista « Otto »,
a quello del suo co-redat tore tedesco, il professor Goering, cugino vicino a quello di Freud e di molti a ltril.
del fin troppo noto Hermann Goering.
Come del resto molti altri, anche Jung, guardando gli sconvol­
Jung secondo se stesso
gimenti che scossero la Germania intorno agli anni Trenta, aveva
creduto di poter dare la sua fiducia a un movimento politico che Chi cerca di scoprire il segreto di una personalità forte e com­
inizialmente si presentava come il partito che avrebbe ricondotto plessa deve considerare tu tt’altro che trascurabili i documenti e
sui giusti binari il paese. Non ignorava però quanto i nazisti so­ le testimonianze che di se stesso ha fornito tale personalità. Ed
spettassero della psicoterapia e delle sue diverse manifestazioni ecco un documento che potremmo definire preso dal vivo, poiché
e come la presentassero agli occhi del pubblico come « scienza si tratta di una lettera indirizzata nel 1952 da Jung a un giovane
ebrea » per il fatto che era stata fondata da Sigmund Freud. È in corrispondente. Lo psicologo scrive:
questa atmosfera di sfiducia che Jung accetta la presidenza propo­
stagli, e non a cuor leggero ma nella speranza di salvare il salva­ Mi definisco un empirico. Spesso mi è stato rimproverato di essere
bile. Ben presto però si accorge dei pericoli che il nazismo com­ un cattivo filosofo e, evidentemente, non mi piace assolutamente es­
porta. Per apprezzare la lucidità di Jung, ci si rivolga all’impor­ sere considerato un mediocre. Come empirico ho perlomeno portato
tante articolo W otan, apparso nella Neue Schweizer Rundschau, a termine il mio compito.
poi divenuto il primo capitolo dell’opera Aspetti del dramma
contemporaneo. In queste profetiche pagine Jung mette in guardia Quindi precisa:
i suoi lettori contro lo spaventoso scatenarsi di quelle forze collet­ Il linguaggio con cui mi esprimo deve essere equivocabile, cioè a
tive inconscie che caratterizzarono l’antico paganesimo guerriero doppio senso, se si vuole tenere conto della natura della psiche e del
dei Germani, i quali ritrovano la loro virulenza ogni qual volta suo duplice aspetto. Io ricerco, coscientemente e deliberatamente, la
espressione a doppio senso perché, corrispondendo alla natura del-
il cristianesimo cessa di agire come freno e come forza di equi­
1’« essere », essa è preferibile all’espressione univoca...
librio. E questa è — egli conclude — proprio la situazione pale­ Lascio volontariamente risuonare tutte le armonie giacché, da una
satasi col trionfo del nazismo l. parte, esse di fatto esistono e, dall’altra, perché queste danno una
Dal canto suo Jung, ma solo dopo aver tentato tutto quanto piu fedele immagine della realtà... Io — per essere piu preciso —
era umanamente possibile per salvare i colleghi ebrei perseguitati, non sono che uno psichiatra, poiché il problema essenziale che dirige
nel 1939 rassegna le duplici dimissioni sia dalla carica di presi­ 1 miei sforzi è il disordine dell’anima, la sua fenomenologia, la sua
dente della Società medica internazionale di psicoterapia, sia da

* C. G. Jung, Aspects du drame contemporain, Pari«, Buchet-Chastel, 1948, p. 39.


1 C. Baudoin, L’oeuvre de Jung ecc., cit., pp. 26-27.

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eziologia e la sua teologia. Tutto il resto, per me, è secondario. Non anni, « ghermito » dallo stesso sogno, la sua opera non è stata
sento alcuna vocazione né a edificare una religione, né a professarne imperniata su un unico scopo, quello di penetrare il segreto della
alcuna. Non coltivo nessuna filosofia, penso soltanto di essere un buon personalità 1?
medico dell’anima e questo nei particolari limiti a me posti dal mio Divenuto medico, Jung sente il bisogno di aprirsi a nuovi oriz­
stesso compito *.
zonti spirituali. In questo senso intraprende lunghi viaggi di stu­
dio nell’Africa del nord e, dopo, in America. Ed ecco che un
Peraltro nell’autobiografia che redige negli anni che vanno dal
j giorno un amico, Richard Wilhelm, gli fa avere un testo taoista,
1957 al 1959 Jung, dopo aver tratteggiato una panoramica della
che Jung legge gustandolo in tutta la sua stupefacente bellezza.
sua opera, chiarisce quale deve essere il senso e il valore da attri­
Da questa circostanza fortuita, nel 1929 nascerà l’opera, pubbli­
buire alle sue ricerche.
cata in collaborazione con Wilhelm, Il segreto del fiore d ’oro,
Le mie opere possono essere considerate tante stazioni della mia che farà scrivere a Jung: « Le mie riflessioni e le mie ricerche
vita; esse sono l’espressione del mio sviluppo interiore, perché il de­ giunsero allora al punto centrale della mia psicologia, voglio dire
dicarsi ai contenuti dell’inconscio plasma l’uomo e ne determina la l’idea del Sé Solo allora ho ritrovato la strada del ritorno verso
evoluzione e le metamorfosi. La mia vita sono le mie azioni, il mio il mondo » 2.
lavoro dedicato allo spirito è la mia vita; non potrei separare l’uno Questa nozione del Sé, come la definisce Jung, non rappresenta
dall’altra... Quanto ho scritto mi assaliva dalPinterno. Ho lasciato soltanto ai suoi, occhi una delle componenti di ogni personalità de­
parlare lo spirito che mi muoveva. Non ho mai fatto assegnamento gna di questo nome, diviene invece la chiave di volta che assi­
su una vasta risonanza dei miei scritti. Essi rappresentano una com­ cura l’armoniosa solidità di ogni autentica guarigione psicologica,
pensazione che ho apportata al mondo a me contemporaneo, e ho sia individuale che collettiva.
dovuto dire ciò che nessuno ama ascoltare. Per questo, soprattutto
all’inizio, mi sono sentito cosi spesso tanto sperduto. Sapevo che gli
uomini avrebbero reagito con un rifiuto, perché è difficile accettare
la compensazione del proprio mondo cosciente... Ma ciò che mi è
sempre importato e m’importa è che ciò che dovevo dire è stato I
detto 2.

Ricordando i primi anni dell’attività medica, Jung ricorda l’in­


fluenza esercitata su di lui dalla personalità di Goethe, quando
questi elaborava il Faust e faceva di questo poema il dramma in
cui doveva essere la sua vita. Jung si sente apparentato al grande
poeta dalla stessa volontà di penetrare i misteri delle profondità
inconscie. Non è stato forse anch’egli, da quando aveva undici

1 C. G Jung, Ala vie ecc., cit., p 425. 1 Ibidem, p. 210


2 Ibidem, pp. 258-259 2 Ibidem, p. 242

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IL La società

Un corpo cresciuto richiede un sup­


plemento di anima.
H. B ergson

La collettività umana
Non certo per caso abbiamo piu sopra parlato di una psicote­
rapia che si estenderebbe all’insieme di una data società. Questa
costituisce in effetti una delle ricerche di Jung: egli, piu di ogni
altro psicoterapista, si è interessato ai problemi umani posti dallo
stato e dalla struttura della nostra moderna società. Ovviamente
non ha mai cessato di preoccuparsi, in quanto psichiatra, dei ma­
lati mentali che aveva in cura, e non lo ha mai abbandonato nem­
meno la preoccupazione di dar loro un sollievo sempre piu concreto.
Per questo motivo quando nel 1913 — si avviava allora ai qua­
rantanni — gli viene offerta una cattedra universitaria, egli la
rifiuta, rinunciando a una carriera accademica che si preannun­
ciava brillante; ma preferisce dedicare il suo tempo disponibile
alla riflessione e portare avanti cosi le sue ricerche personali. Gli
avvenimenti politici però precipitano. Nel 1914 mentre, di ritorno
da Londra, dove aveva tenuto una serie di conferenze al Bedford
College, si appresta a partecipare ad un congresso medico ad Aber­
deen, scoppia la guerra. È cosi obbligato a rientrare in Svizzera,
dove viene arruolato quale capitano-medico nell’esercito. Tra il
1918 e il 1919 è nominato comandante di un campo di internati
di guerra inglesi. Le sue funzioni gli lasciano parecchio tempo
libero, ed egli ne approfitta per preparare la pubblicazione di
un’importante opera dedicata ai Tipi psicologici, che apparirà so­
lamente nel 1920.

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Come abbiamo veduto, già dalla fine della prima guerra mon­ Forze fino ad allora sconosciute gli si rivelano, forze costituenti
diale Jung è in possesso di tutte le idee che in seguito dirigeran­ le strutture che governano le collettività, di cui assicurano la coe­
no il suo lavoro. Resta però convinto della necessità di un’infor­ sione o al contrario la compromettono. Queste potenze psichiche
mazione piu estesa. Questa è la ragione per cui, quando gli si collettive determinano da una parte la sorte degli individui, e
presenta la possibilità di liberarsi degli obblighi che lo tratten­ però gli individui stessi ne sono i portatori; sono essi infatti a
gono in Svizzera, prende la sua decisione: il medico sedentario si trasmetterle ai loro discendenti allo stesso modo in cui le avevano
trasformerà in un viaggiatore instancabile e curioso di tutto. La ricevute dai loro antenati. L’inconscio collettivo, dinamico quanto
sua tempra di ricercatore lo spinge sulle vie del vasto mondo, alla
quello individuale, si manifesta in mille modi nella vita dei rag­
ricerca di paesi poco o mal conosciuti. L’uomo di scienze, i cui
gruppamenti umani, giocandovi spesso un ruolo piu importante
studi si erano fino a quel momento concentrati sul comportamento
di quello delle forze collettive coscienti descritte dai sociologi.
degli occidentali, sente la necessità di conoscere concretamente i
popoli di altri continenti. Avendo vissuto la scoperta dell’inconscio collettivo, ormai Jung
Da che si era impegnato sui problemi dell’inconscio, un fatto studierà le società dentro questa prospettiva.
l’aveva profondamente colpito; e cioè le analogie tra lo spirito Si guarderà bene però dall’opporre alla psicologia individuale
dell’uomo civilizzato e la struttura della « mentalità primitiva » una psicologia collettiva e dal metterle in contraddizione tra loro.
come l’aveva descritta Lévy-Bruhl. La scoperta di una mentalità Al contrario le sue ricerche lo porteranno a sottolineare senza
primitiva aveva stimolato Freud a quelle ardite e brillanti specu­ sosta i legami che uniscono l’uomo solitario al gruppo di cui fa
lazioni contenute in Totem e tabu. Jung però non può ritenersi parte, e di conseguenza a spiegare come certi comportamenti stra­
soddisfatto dei racconti delle esperienze vissute dagli altri; gli è ni o insoliti in un individuo isolato siano comandati a livello in­
necessario andare a vedere di persona questi « primitivi » e gli conscio, dalla preserza di forze psichiche collettive a tal punto che
altri popoli entro il loro proprio « habitat », per verificare e ac­ la conoscenza dell’inconscio collettivo diventa una delle tappe da
crescere cosi, con osservazioni condotte dal vivo, l’istruzione teo­ superare se vogliamo aiutare l’individuo a ritrovare il pieno pos­
rica impartitagli dai libri. sesso delle sue possibilità.
Dal 1921 al 1926 percorrerà l’Africa del nord, il Kenia e
l’Uganda, si spingerà fino all’India e a Ceylon, cogliendo tutte le
Il nostro mondo occidentale
occasioni per entrare in diretto contatto con personaggi rappre­
sentativi di ciascuna di queste regioni e di ciascuna religione pra­ Essendosi Jung sempre rifiutato alle costruzioni astratte — e ri­
ticatavi. cordiamo a questo proposito la sua dichiarazione « sono un em­
Queste peregrinazioni attraverso il mondo gli insegnano molto, pirico » — non ci meraviglierà il fatto che la società di cui egli
non soltanto sulla profonda natura dell’essere umano a qualsiasi parla sia soprattutto quella occidentale contemporanea come egli
latitudine, ma anche sulle somiglianze nascoste dietro le differenze la conosce, e i cui tratti gli appaiono tanto piu marcati da che ha
delle singole civiltà e dei singoli costumi. Jung prende soprattut­ avuto la possibilità di compararli con quelli di altri continenti e
to coscienza di problemi spesso ignorati dagli psicologi, e cioè di di altre culture. D’altronde, egli nota, non conosciamo veramente
problemi legati all’uomo vivente in società. la nostra civiltà se non dopo averla esaminata da un osservatorio

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retrospettivo. E con questa indicazione intende riferirsi all’espe­ Tali reazioni psicologiche collettive si ripercuotono però sul
rienza. comportamento degli individui; noi occidentali cominciamo a com­
prendere che la strana impotenza, di cui soffrono tante persone
Ho conosciuto parecchi americani e ho viaggiato a lungo per l’Ame­
della nostra società civilizzata, affonda le sue radici non tanto,
rica; a questi viaggi e incontri debbo gran parte della mia capacità
di capire e giudicare il carattere europeo. Sembra che non vi sia come si immagina, nelle difficoltà economiche, finanziarie o mili­
nulla di piu utile all’europeo del guardare l’Europa dall’alto del tet­ tari contro cui vanno ad urtarsi i diversi governi, quanto nei
to di un grattacielo. La prima volta che ho meditato sullo spettacolo nostri problemi morali non risolti e che temiamo di guardare in
dell’Europa dopo aver visto il Sahara, una civiltà cioè che sta alla faccia. Tante situazioni inestricabili, sia familiari che personali o
nostra pressappoco come l’antichità romana all’epoca moderna, ho sociali, troverebbero una soluzione se facessimo lo sforzo di rico­
capito quanto fossi ancora chiuso e imprigionato, anche durante i noscere nell’altro, che rendiamo responsabile di ogni nostro disin­
miei viaggi in America, nella coscienza culturale dell’uomo bianco 1. ganno, gli stessi cattivi sentimenti che lasciamo sviluppare in noi
stessi e che poi in segreto gli attribuiamo.
Una prima constatazione si impone a Jung, in relazione sia alla Ricordando che le malattie spirituali collettive sono sempre esi­
politica che alla psicologia: il mondo in cui viviamo è un mondo stite — e sappiamo abbastanza bene che la decadenza dell’Impe­
dissociato, dissociato nello stesso modo in cui lo è la profonda ro romano fu una delle scosse più gravi subite dall’Occidente — ,
personalità di un nevrotico, e di cui la famosa « cortina di ferro » Jung intravvede in queste turbe della collettività un fenomeno di
che divide l’Europa in due parti, vivente ognuna la propria esi­ dissociazione le cui spaccature non soltanto disgregano lo stato
stenza, raffigura simbolicamente la linea di divisione 12. politico e sociale, le convinzioni filosofiche e le credenze religio­
L’uomo occidentale, reso inquieto dal desiderio di potenza che se, ma scalzano le stesse basi culturali, provocando in tal modo
scopre nei paesi dell’Est, prende straordinarie misure di difesa, condizioni di debolezza tali da far distruggere dalla società i suoi
e cosi operando proclama le sue buone intenzioni e la sua virtù, stessi mezzi di difesa l.
senza rendersi conto che quanto vede negli altri sono i propri vizi Ora, l’epoca attuale offre senza dubbio il quadro di uno di que­
che il mondo comunista gli rimbalza. Ciò che l’Ovest ha per trop­ sti periodi di dissociazione e di malattia. Tutto vi contribuisce:
po tempo tollerato senza dichiararlo mai — le menzogne diplo­ la situazione politica e sociale, il disperdersi della religione e del­
matiche, le frodi sistematiche, le velate minacce — gli viene la filosofia, le novità artistiche, le ricerche e i risultati della psico­
oggi reso apertamente e senza riguardi dai suoi avversari dell’Est. logia moderna. In breve, il malessere non cessa di peggiorare.
Ma in ultima analisi non sarà soltanto l’aspetto spiacevole della Perché? Perché al di sopra di tutti i pericoli fisici, già numerosi,
propria cattiva « ombra » quel lato oscuro ed ignorato di noi compaiono gli effetti giganteschi delle nostre rappresentazioni al­
stessi, in cui si depositano tutte le nostre inferiorità morali, che lucinanti di cui pure la nostra coscienza universale vorrebbe ne­
l’uomo occidentale vuole ricercare dall’altra parte della cortina di gare ogni realtà 2. Ci illudiamo di essere diretti soltanto dalla ra­
ferro 3? gione, e di questa illusione l’uomo occidentale del XX secolo è

1 C. G. Jung, Ma vie ecc., cit., p. 285.


2 C. G. Jung, L ’homme et ses symboles, Paris, Editions du Pont-Royal. 1964, p. 85. 1 L ’âme et la vie, cit., pp. 215-216.
2 Ibidem, p. 85. 2 Ibidem, p. 22.

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convinto e molto fiero. Ma tale pretesa è soltanto la nostra mag­ uomini retti mentre il Senato nel suo insieme, e quando decide
giore illusione e fors’anco la piu tragica !. Questa ragione alta­ collettivamente, si trasforma in una bestia feroce *.
mente stimata, e la volontà che dichiariamo di associarle, viene di Le nostre città tentacolari e l’organizzazione della nostra socie­
fatto sovraestimata poiché, per lo piu, le forze universali che reg­ tà, che si tratti di industria, di movimento operaio, di sport o
gono l’umanità, per il meglio o per il peggio, sono fattori psi­ anche di tempo libero, tendono a modellare l’individuo su alcuni
chici inconsci che producono, indipendentemente dalla nostra vo­ tipi umani, che poi ritroviamo ovunque. Ora questo allivellamen-
lontà e senza il controllo della ragione nella nostra vita cosciente, to gregario delle masse popolari, che dobbiamo guardarci dal con­
i motivi che ci spingono a edificare il mondo in cui viviamo. E fondere con le vere democrazie, la cui virtù è di elevare il livello
questo mondo creato da noi alla fine ci schiaccia 2. di coloro che sono schiacciati dalla società, sopprime i punti di
La specie umana è simile a un individuo recante in sé forze orientamento, che permettono all’individuo di giudicare personal­
sfuggenti al suo potere il quale, per ingannare se stesso, si com­ mente della giustezza degli scopi politici e sociali che gli vengono
piace di chiudere in cassetti separati i suoi problemi piu lanci­ indicati. Mancando tale libertà di giudizio appare inevitabilmente
nanti. Non è urgente in simili condizioni adottare un altro siste­ il desiderio di essere diretti e viene ad aprirsi cosi la strada ad
ma, e cioè prestare vigilante attenzione a ciò che succede intorno ogni genere di dittatura2. La vita dei popoli rassomiglia allora
e al di fuori di noi, per poterci accorgere in tempo dei mortali a un blocco di roccia che, franando, rotola e che può essere fer­
pericoli che oggi ci minacciano, pericoli che l’uomo stesso ha fatto mato soltanto da un ostacolo insormontabile. Sfuma in tal modo
nascere ma di cui ha perduto il controllo 3? il senso stesso dell’esistenza collettiva e cosi si lascia il posto al
Ci piace vantare lo spettacolare sviluppo delle nostre città. nonsenso, all’assurdo 3.
Però ora sappiamo che la concentrazione di popolazione su un Non è piu la volontà degli uomini a presiedere al divenire e
territorio relativamente esiguo presenta perlomeno tanti inconve­ alla decadenza delle nazioni, ma sono i fattori impersonali, lo spi­
nienti quanti sono i vantaggi, perché l’ammassamento di uomini rito nazionale e la terra in cui si abita. In definitiva chi forma
costituisce sempre un focolaio di epidemie psichiche. La moralità i popoli, attraverso strade che a noi rimangono incomprensibili
di una società presa nel suo insieme non è forse inversamente perché emergono da fondi oscuri, sono forze anonime sulle quali
proporzionale alla sua densità 4? Gli antichi avevano intravvisto la volontà cosciente non ha presa 4.
il pericolo sovrastante ogni raggruppamento umano, al cui inter­ Dobbiamo stupirci se di conseguenza il cuore dell’uomo d’oggi,
no l’individuo viene annullato dalla folla, e lo facevano presente plasmato sull’ideale morale collettivo che regna nella nostra ci­
con una boutade diretta contro il Senato romano. Senatus bestia, viltà di massa, si trasforma gradualmente in un « covo di bri­
senat ores boni viri dicevano abitualmente, e questa frase potrebbe ganti » 5?
essere tradotta cosi: i senatori, considerati individualmente, sono D’altra parte — e ritorniamo a quanto diceva Jung dell’uomo

1 Ibidem, p. 220.
1 L ’homme ecc., cit., p. 101. 2 Ibidem, p. 223.
2 L'âme et la vie, cit., pp. 22-23. 3 Ibidem, p. 217.
3 L’homme ecc., cit., p. 85. 4 Ibidem, p. 231.
4 L’âme et la vie, cit., p. 215. 5 Ibidem, p. 222.

28 29
moderno che si illude sulla parte giocata dalla ragione nelle sue Non vediamo forse le filosofie alla moda decantare la bellezza
decisioni quotidiane — la nostra intelligenza ha creato un mondo del nulla e parlare dell’esistenza solo per dimostrarne il nonsenso
tecnico che certamente domina la natura; contemporaneamente e scoprire in essa un motivo di nausea?
però l’intelligenza ha popolato il mondo di macchine mostruose,
anche se indubbiamente utili, di cui non siamo piu capaci di
sbarazzarci né di sfuggire alla soggezione che ci impongono. L’uo­ Il progresso
mo del secolo XX si felicita del suo spirito scientifico e inventivo
che si traduce in conquiste sempre nuove. Ma ci sembra che sul L’inizio del secolo XX ha creduto al progresso come ad una
quadro si disegni un’ombra inquietante. Perché il genio umano verità indiscutibile. Accade però che questo eterno progresso scen­
si mostra propenso a inventare oggetti sempre piu pericolosi, che da dalla montagna che avrebbe dovuto invece scalare. Dobbiamo
d’altronde riconoscere che la scossa subita dalla coscienza moder­
divengono sempre piu efficaci strumenti di suicidio collettivo?
na in seguito alle catastrofi succedutesi nel corso delle due ultime
Malgrado la nostra orgogliosa pretesa di dominare la natura, ri­
guerre mondiali si accompagna al crollo della fede che l’uomo oc­
maniamo ancora sue vittime per il semplice motivo che non ab­ cidentale aveva in sé, nella sua bontà, nella sua capacità di pro­
biamo ancora imparato a dominare noi stessi ’.
gredire.
La conquista della natura da parte dell’uomo presenta altre Le tragiche ore vissute lo hanno obbligato ad ammettere che,
falle. Cosi troppo facilmente dimentichiamo come la pretesa vit­ politicamente e socialmente, può essere situato allo stesso livello
toria ci opprima col naturale fenomeno della sovrapopolazione, degli altri popoli. Mentre in passato l’uomo occidentale si sen­
e come essa aggiunga all’infelicità umana la nostra incapacità psi­ tiva in diritto e in dovere di richiamare all’ordine i rappresen­
cologica di prendere gli accordi politici che si impongono. Siamo tanti delle nazioni ritenute poco civilizzate — ed era anche uno
rimasti al tempo della « legge della jungla », poiché riteniamo na­ degli aspetti della sua testimonianza cristiana — ora sa di aver
turale che gli uomini disputino tra loro e si sterminino al-fine di egli stesso bisogno degli avvertimenti che si compiaceva di pro­
affermare la loro superiorità. La nostra intelligenza e la ragione digare agli altri e che farebbe meglio, in ultima analisi, a met­
paiono incapaci di venirci in aiuto in simile frangente: ci abban­ tere ordine in casa propria *.
donano, schiacciate da questo mondò di cui pretendiamo essere L’europeo rimane persuaso dell’incontestabile superiorità del­
i padroni. Jung constata: la civiltà contemporanea rispetto a quella del Medio Evo. Ha
però dovuto capire che bisogna tener conto dell’immaturità degli
L’uomo d ’oggi si rende dolorosamente conto che né le sue grandi reli­ uomini, e questo in tutti i campi2. Da allora, diviso tra l’idea
gioni né le diverse concezioni filosofiche sembrano in grado di fornirgli di un progresso che si compie pressoché automaticamente, a ma­
quelle forti e dinamiche idee che gli darebbero la sicurezza necessaria no a mano che il tempo scorre, e la constatazione della sua inca­
a far fronte allo stato attuale del mondo 2. pacità a dominare le trasformazioni, spesso troppo rapide, del
mondo in cui vive, l’occidentale cerca di compensare il senso

1 L'homme ecc., cit., p. 101.


2 Ibidem. 1 L ’âme et la vie, cit., p. 236.
2 Nla vie ecc., cit., p. 278.

30 31
di incompletezza, che subdolamente si insinua in lui, con l’illusio­
ne dei suoi successi: treni, navi, aerei, missili, tante realizzazioni
tecniche che, per la loro rapidità, lo trasportano sempre piu in
un altro mondo, nel quale regnano la velocità e l’accelerazione
esplosiva \

La nostra immagine del mondo


La nostra società, molto piu di quanto non credono i suoi com­
ponenti, è influenzata dalle diverse correnti di idee che l’hanno
plasmata. Tra queste, un posto di rilievo deve essere riservato
alla scienza e alla speculazione filosofica a cui essa dà vita. Jung
non teme di affrontare questi problemi, pienamente cosciente del
fatto che molti scienziati preferiscono evitare il problema, o altri­
menti lo risolvono con affermazioni categoriche 123.
L’uomo contemporaneo si è fabbricato una immagine del mon­
do che contrappone volentieri a quelle che chiama superstizioni
di altre ere. Dimentica però che il mondo non esiste in sé e per
sé, ma è innanzitutto quale ci appare e come noi lo interpretiamo.
Come sappiamo, ogni concezione del mondo, anche quella che si
definisce la piu scientifica e obiettiva, possiede la singolare ten­
denza ad affermarsi come l’ultima verità sull’universo quando in­
vece non è, in una reale prospettiva scientifica, altro se non una
nuova spiegazione propostaci \ Possiamo ricordare come, in que­
sti ultimi 150 anni, gli scienziati abbiano edificato numerosi siste­
mi cosmici, e questo fatto prova almeno la relatività di tali siste­
mi. E il secolo XIX morente ci ha lasciato in eredità tante posi­
zioni discutibili da far diventare il dubbio non solo possibile, ma
addirittura giustificato, per non dire utile 4. L’errore fatale di mol­
ti studiosi non è stato quello di pretendere, sotto l’influenza del

1 Ibidem, p. 278.
2 L ’âme et la vie, cit.. p. 366.
3 Ibidem, pp. 364-65. 358.
4 Ibidem, p. 361.
La porta della casa di Küsnacht.

33
32
positivismo, di poter elaborare una concezione del mondo, da con­
siderare come una verità oggettivamente valida, una sorta di evi­
denza scientifica? Tale pretesa non è senza pericoli, giacché l’im­
magine ingannevole che ci facciamo del mondo e alla quale cre­
diamo, reagisce immancabilmente su ognuno di noi, l’illusione che
creiamo ricade su di noi, e ci rende insensati, senza piu senso
della misura, e impreparati di fronte alla realtà, quand’essa si
rivela, non essendo piu nascosta dalla nostra immagine del mon­
do
La vera scienza — e su questo punto Jung insiste senza so­
sta — conosce soltanto ipotesi di lavoro. Se non vogliamo regre­
dire verso una nuova superstizione, quella dell’oggettiva validità
della nostra passeggera concezione del mondo, dobbiamo avere il
coraggio di confessare di aver tratteggiato o adottato a nostro be­
neficio tale o talaltra immagine del mondo, al fine di inserirvi e
contemplarvi la nostra stessa immagine. Per poterci conoscere
nella nostra totalità, abbiamo bisogno di quello specchio costi­
tuito dal mondo tale e quale l’abbiamo immaginato 2.
La nostra concezione del mondo, foss’anche la piu moderna,
non si ferma mai ai fatti oggettivi. D ’altronde quando il mondo
cambia faccia, come distinguere se la trasformazione viene ope­
rata all’esterno o all’interno da noi stessi, o, simultaneamente, da
entrambe le parti3?
L’occidente, che si è lasciato sempre piu trascinare verso una
concezione materialistica della realtà, crede di trovare nella co­
noscenza di questa realtà la totalità del sapere: non è reale che
ciò che agisce e solo ciò che agisce è osservabile. Troppo spesso
però questo « reale » operante viene ridotto ai soli dati accessi­
bili alla percezione sensoriale. Ogni ricerca si basa di conseguenza
sul seguente postulato: è valido soltanto ciò che viene dall’estér-

1 Ibidem, p. 362.
2 Ibidem, pp. 364-65
* Ibidem, p. 363.
Sopra e a pagina precedente: Jung in due sue caratteristiche espressioni.

36
no e che, per conseguenza, può essere verificato, il caso ideale blemi posti dalla vita. E talvolta l’arte di vivere consiste proprio
essendo evidentemente la conferma sperimentale. E l’antitesi è nel superare la ragione e la capacità di adattamento, e nel la­
da considerarsi acquisita: ciò che viene daH’interno non può es­ sciarci invece trasportare oltre le convenzioni, divenendo irragio­
sere ritenuto valido poiché non può assolutamente essere oggetto nevoli. È necessario un esempio? Tutti riconoscono il valore del­
di verifica. Ora, in campo psicologico, simile punto di vista è di­ la vocazione. Ma non pensiamo forse che, sotto molteplici aspetti,
sastroso. Essendosi trasferito l’interesse sulle esperienze di labo­ essa sia un fattore irrazionale che spinge l’individuo a emanciparsi
ratorio, la scienza accademica rifiuta come scarsamente scientifi­ dalla massa, a uscire dalle strade già battute? Una personalità
che le esperienze ricavate dalla vita quotidiana '. autentica ha sempre una linea di condotta nella quale crede, un
La sopravvalutazione dell’importanza dei fattori organici e so­ vero senso di predestinazione che agisce come legge divina da
matici, che predomina in psichiatria, è divenuta invece una delle cui non ci si può allontanare. L’uomo sente come una voce se­
cause principali della stagnazione della psicologia patologica. Il greta che gli viene dall’intimo e gli bisbiglia all’orecchio che da­
dogma: « le malattie mentali sono malattie del cervello » è a vanti a lui si aprono nuove strade estranee alla ragione \
questo riguardo una sopravvivenza del materialismo che fioriva
intorno al 1870. Sfortunatamente tale affermazione si è gradual­ Civiltà e cultura
mente trasformata in un pregiudizio, che arresta ogni tipo di
progresso, e che attualmente non possiamo piu giustificare in al­ Comincia a diffondersi l’idea dell’unità profonda del genere
cun modo, umano. Cominciamo ad ammettere che il popolo che vive sul­
Jung a questo proposito ricorda che è proprio delle esperienze l’altro versante della montagna non sia formato di demoni colpe­
vissute il non poter far altro che viverle e il non poterle sosti­ voli di tutte le disgrazie accadute su questo versante della mon­
tuire con ragionamenti. E le esperienze personali sono spesso di tagna 2. Per lo psicologo tutte le razze hanno una comune psiche
inestimabile valore123. Tuttavia la strada che conduce all’esperien­ collettiva, anche se differenze genetiche rivelano alcune differen­
za vissuta è spesso rischiosa ed esige l’adesione incondizionata ze essenziali \ Effettivamente, il carattere nazionale è imposto
dell’individuo nella sua totalità. La nostra intelligenza, alla ricer­ agli individui poiché fa parte del loro destino, allo stesso modo
ca di una soluzione a livello razionale, conseguibile e logico, è del corpo, bello o brutto che sia 4. La volontà dell’uomo è del
giusta e sufficiente a risolvere i problemi medi; si rivela insuf­ tutto estranea a ciò. D’altra parte la « nazione », come lo « Sta­
ficiente invece riguardo le grandi questioni decisive. Ricordiamo­ to », è un fatto sociale che possiamo certamente personificare,
ci — e tendiamo un po’ troppo a dimenticare questo problema — ma che, in realtà, corrisponde soltanto a una certa parte della
di non aver mai potuto dimostrare che la vita e il destino siano mentalità degli individui5. Di conseguenza è chimerico accusare
conformi alla nostra umana ragione, in altri termini di non essere o lodare le nazioni, dato che nulla può cambiarle6.
mai riusciti a dimostrare la loro razionalità. Il buon senso — che
non apprezzeremo mai abbastanza — non risolve però tutti i pro- 1 Ibidem, pp. 414-416.
2 Ibidem, p. 147.
3 Ibidem, p. 234.
4 Ibidem, p. 231.
1 Ibidem, pp. 246-249 5 Ibidem, pp. 231-232.
2 Ibidem, p. 392. 6 Ibidem, pp. 331-332.

38 39
Nelle civiltà moderne, e per qualunque popolo, possiamo nota­ pressoché inesistente al momento attuale. I popoli tecnicamente
re la degradazione della cultura individuale a vantaggio della cul­ e scientificamente piu avanzati sono spesso quelli i cui individui
tura di massa. A questo riguardo, che ci insegna la storia? Men­ vivono soltanto per le realizzazioni pratiche, trascurando o igno­
tre l’antichità pagana, opprimendo larghe masse popolari, favori rando le realtà spirituali, mentre i gruppi culturali che conside­
lo sviluppo individuale di una classe superiore, l’epoca cristiana rano essenziali i problemi della vita spirituale sono incapaci di as­
doveva, al contrario, valorizzare l’individuo, ricordando che ogni similare i vantaggi di una scienza e di una tecnica intelligente­
anima vale infinitamente davanti a Dio. Si raggiunse perciò uno mente utilizzate '.
stato di cultura collettiva per cui l’umile massa del popolo non D’altra parte, a chi rifletta alla decristianizzazione dell’occiden­
potè piu essere sacrificata alla libertà di una minoranza privile­ te nel periodo posteriore al Rinascimento e alle lotte religiose con­
giata. Tale processo sfociò gradualmente in una forma sociale che seguenti alla Riforma, appare indiscutibile un fatto: l’uomo mo­
accordava i « diritti dell’uomo » ad ogni individuo, fatto mai ac­ derno ha perduto la protezione del baluardo ecclesiastico, cosi ac­
caduto nell’antichità, e ci si cominciò a preoccupare piu dell’ef­ curatamente elevato e rafforzato fin dall’epoca romana; senza es­
ficacia immediata della cultura che non della sua intrinseca qua­ serne cosciente, l’uomo si è. avvicinato alla « zona di fuoco in cui
lità. In simili condizioni si è elevato il grado della cultura col­ i mondi si distruggono e si creano ». Il mondo è scosso e invaso
lettiva, si è abbassato però il grado della cultura individuale *. da un’ondata di inquietudini e paure 2.
Certamente non si dà mai cultura completa. A volte l’ideale Viaggiando, Jung è entrato in contatto con gli indiani Pueblos
perseguito è quello di trasformare il mondo esterno, che viene del Nuovo Messico. In questa occasione comprende e coglie dal
progressivamente migliorato da una tecnica che permette di sfrut­ vivo il ruolo rassicurante dei riti segreti in una società chiusa,
tarlo al massimo. Lo scopo principale diviene allora la conquista ripiegata su se stessa, che non si apre al visitatore straniero. Il
racconto lasciatoci a proposito del suo insuccesso, quando volle
della natura e delle sue risorse. Altre volte, al contrario, il signi­
ficato della cultura sarà la padronanza di sé, ovvero lo sviluppo interrogare un indigeno sulle sue credenze religiose, è doppiamen­
metodico della vita interiore e delle risorse spirituali nascoste te istruttivo: rivelando il valore sociale delle pratiche rituali, la
cui portata abitualmente sfugge all’europeo prigioniero del suo
nell’individuo. Nel primo caso la cultura prende una forma col­
senso di superiorità, questo episodio rappresenta anche la testi­
lettiva, nel secondo caso un aspetto universale 2.
monianza dell’apertura mentale di Jung, il quale non crede di
Quale stadio abbiamo raggiunto nel momento presente? Su
degradarsi mettendosi allo stesso livello degli indigeni da lui visi­
questo punto la diagnosi di Jung si avvicina di molto a un se­
tati. Quindi, dopo aver ricordato quanto l’indiano Pueblo sia
gnale di allarme. Ricordando che ogni civiltà ha bisogno contem­
chiuso e inaccessibile circa i problemi riguardanti la sua religione,
poraneamente del lavoro esterno, che ordina il mondo, e dello
il nostro viaggiatore prosegue:
sforzo personale e interiore che, insegnandogli a resistere alle
costrizioni impostegli dall’esterno, rende autonomo l’individuo, Egli fa intenzionalmente mistero delle sue pratiche religiose, mistero
Jung cònstata che l’armoniosa unione di queste due tendenze è tanto ben custodito che io rinunciai — anche perché non vi era alcuna

1 Ibidem, pp. 196-197.


1 Ibidem, pp. 209-210. 2 Ibidem, p. 455 e Psychologie et Religion. Paris. Bouchet-Chastel. 1960, p. 97.
2 Ibidem. p. 196.

41
40
speranza — a perseguire la via dell’interrogazione diretta. Non avevo il dittatore
mai percepito prima una simile atmosfera di mistero, anche perché le
religioni del mondo civile contemporaneo sono accessibili a tutti; dopo Uno dei rimedi per riconquistare la sicurezza perduta sarà
tanto tempo i sacramenti hanno perduto il loro carattere misterioso. quello di ricorrere a un capo incontestato, all’uomo predestinato
Qui invece l’aria era satura di un mistero conosciuto da tutti ma che risponde al bisogno della massa di possedere un’incarnazione
inaccessibile al bianco. della potenza magica, di questa forza segreta e invincibile che
animava i riti misteriosi ai quali non crediamo piu, ma la cui at­
E Jung, medico e umanista attento, teso a scoprire i pensieri trattiva permane a livello inconscio. La società è allora matura per
e i sentimenti racchiusi nell’uomo di tutti i tempi e di ogni lati­ accogliere il padrone onnipotente al quale affiderà il suo destino,
tudine, commenta: soddisfacendo contemporaneamente la sete di potere di un uomo
che sa imporsi e il desiderio di sottomissione delle masse im­
Questa strana situazione mi diede un’idea di cosa potesse essere Eieusi,
il cui mistero, noto a una intera nazione, non fu però mai tradito. Capi­ paurite '.
sco cosa provassero un Pausania o un Erodoto quando scrivevano: La massa è sempre anonima e irresponsabile, per cui i sedicenti
« .. manifestare il nome di questo dio non mi è permesso ». Pertanto capi che essa accetta e acclama sono i sintomi inevitabili di ogni
non vedevo in questo fatto una mistificazione, sentivo che era un movimento gregario. Ma i dirigenti che il popolo si impone, nella
segreto vitale il cui tradimento avrebbe costituito un pericolo sia per segreta speranza di approfittare largamente e di abusare della
l'individuo che per la collettività. La preservazione del segreto dà al forza invincibile e misteriosa che viene loro attribuita, non sono
Pueblo fierezza e forza per resistere di fronte all’onnipotente bianco. certamente capi di tutto riposo, giacché le vere guide dell’uma­
Esso gli dà coesione e unità h nità sono, al contrario, coloro che, meditando su se stessi, alleg­
** geriscono le masse dei loro oneri, mantenendosi coscientemente
L’elemento irrazionale ma dinamico rappresentato dai riti non lontani dalla inerzia naturale e cieca propria di ogni massa in
svelati e dai patti religiosi avvolti nel mistero manca sempre piu movimento. Come resistere però alla potente attrattiva costituita
alle nostre società moderne, le quali lo sostituiscono con l’ammi­ da una collettività simile a un flutto gigantesco in mezzo al quale
razione di sé e con l’infatuazione per i risultati della tecnica. Ma ognuno si afferra al proprio vicino? Può trionfare e rimanere se
che avviene quando la società non mantiene tutte le sue premesse stesso solo colui che si sostiene al suo mondo interiore e trova
e quando la tecnica e la scienza vengono utilizzate contro l’uomo in esso un rifugio sicuro 2.
e per la sua somma infelicità? Il senso di sicurezza, indispensa­ Però, mentre viene raggiunto lo scopo implicito del prestigio,
bile ad ogni individuo, sia che viva solo o raggruppato in collet­ cioè l’approvazione generale, un inatteso pericolo minaccia l’eletto
tività, scompare rapidamente e lascia il posto alla piu irrazionale e i suoi adepti. Divenuta una sorta di verità collettiva, la perso­
angoscia. E da questo momento diventa possibile ogni sorta di nalità deH’uomo la cui grandezza si è imposta, si dissolve regre­
avventura. dendo nella psiche collettiva. Da questo momento inizia la fine.

1 L'âme et la vie, cit., p. 224.


2 C. G. Jung. L'homme à ta découverte de son âme. Genève. Edition du Mont
1 Ma vie ecc.. cit., pp. 287-288. Blanc. 1%3. pp. 64-65.

42 43
e quando scompaiono gli ostacoli che furono la ragione stessa del- gliamo un esempio? Jung parlando con esperienza, poiché ha
Pappeilo al capo affidante, il prestigio perde il suo valore primi­ visto sul posto i popoli africani che vivono sotto il giogo dei pa­
tivo, divenendo un peso morto. In tal modo molto spesso si pro­ droni europei, non esita a denunciare le spedizioni a scopo di
duce uno scisma e il processo ricomincia conquista intraprese dall’occidente come altrettante manifestazioni
di questa animalità primitiva mai totalmente repressa. E la sua
diagnosi è ancora una volta severa:
L'individuo nella società
Quanto noi designamo col nome di colonizzazione, missione presso i
I malesseri sociali invadono tutti i paesi civilizzati e se è vero pagani, espansione della civiltà ecc., ha un altro volto, da uccello da
che toccano particolarmente gli strati inferiori della popolazione, preda crudelmente teso, spiante la sua prossima vittima, volto degno
è pure vero che anche gli strati superiori provano la stessa ten­ di una razza di predoni e di pirati.
sione latente12. Tali inquietudini e conflitti di opinione, in defi­
nitiva, altro non sono se non il riflesso dei nostri problemi indi­ Quindi aggiunge, passando dal caso particolare della colonizza­
viduali. Abbiamo piu sopra detto che dobbiamo fare i conti con zione allo stato spirituale che caratterizza l’uomo occidentale:
l’immaturità degli uomini che sono ritenuti civili3. Ma è proprio
nella stessa misura in cui le collettività sono soltanto semplici ac­ Tutte le aquile e altre bestie rapaci che ornano i nostri stemmi araldici
cumulazioni di individui che anche i loro problemi sono accumu­ appaiono come le appropriate rappresentazioni psicologiche della no
lazioni di problemi individuali. Che mette in luce questo fatto? stra vera natura l.
Allorché una parte della società si identifica con l’uomo supe­
riore e non può degradarsi, l’altra parte si identifica con l’uomo Cosi dunque in qualunque modo prendiamo coscienza del pro­
inferiore e tenta di salire di livello. Simili problemi non sono blema posto dal crescente malessere della società contemporanea,
risolvibili né legislativamente né artificiosamente. Vengono risolti che si tratti di guerre tra nazioni, di lotte sociali, di contestazioni
solo da una generale trasformazione dell’atteggiamento di tutti giovanili o del disordine che si insinua e nelle relazioni sessuali
gli individui4. e in campo artistico, l’unica soluzione efficace riconduce alla tra­
Sappiamo come lo stesso processo di civilizzazione consiste nel sformazione dell’uomo stesso, per istruito e addottorato che sia.
domare progressivamente l’animalità insita nell’essere umano. Ma Tale cambiamento può germogliare soltanto nell’individuo, e
non illudiamoci ed evitiamo di credere che secoli di cultura cri­ in qualunque individuo. Nessuno può permettersi di aspettare,
stiana siano riusciti a domare la bestia istintiva e senza pietà che guardandosi intorno, che altri venga a compiere quel che egli stes­
resta accovacciata nel cuore di ogni individuo civilizzato e che so non vuol fare 2. Il problema dell’uomo contemporaneo, a chi
una qualsiasi occasione propizia basta a far ricomparire 5. Ne vo- cerchi di trovargli una risposta valida, dovrà essere esaminato si­
multaneamente sul piano collettivo e individuale, tenendo sempre
presente che uno stretto legame unisce l’individuo alla società.
1 L'âme et la vie, cit., p. 225.
2 Psychologie et religion, cit., p. 157.
3 L'âme et la vie, cit., p. 348.
4 Psychologie et religion, cit., pp. 157-158. 1 Ma vie ecc., cit., p. 287.
s Psychologie de l’incoscient, Paris, Bouchet-Chastel, 1952, p. 148. 2 L ’homme et ses symboles, cit., p. 101.

44 45
costituendo essa il quadro in cui l’uomo vive e il risultato stesso in cui la corrente della vita si sia lungamente riversata: quanto
della sua attività. piu ha scavato questo letto, quanto piu ha conservato questa di­
rezione, tanto piu è probabile che, presto o tardi, essa vi ritorni *.
Gli archetipi Gli archetipi sono al contempo immagine ed emozione e Io
sono a tal punto che non possiamo parlare di archetipi se non
Tra le concezioni di Jung, una delle piu controverse, ma an­ quando i due aspetti si presentano simultaneamente. Se fosse sol­
che delle piu ricche, è certamente la nozione di archetipo. tanto un’immagine, questa equivarrebbe a una descrizione senza
Riprendendo un concetto platonico e usando un termine preso molte consegeunze. Quanto piu l’immagine si carica di affettività,
in prestito da Dionigi l’Areopagita, il neoplatonico cristiano dei tanto piu essa diviene dinamica e ne comporta necessariamente
secolo VI, Jung dichiara che la psiche non è una tabula rasa poi le conseguenze. Frammenti stessi di vita, gli archetipi sono im­
che contiene invece immagini primordiali, gli archetipi, apparte­ magini che fanno parte integrante dell’individuo vivente, e ciò
nenti all’inconscio collettivo, controfigura dell’inconscio indivi­ avviene attraverso le emozioni112*. Tali immagini sono infatti resi­
duale. Gli archetipi agiscono da induttori di associazioni di idee dui di piu che millenarie esperienze di lotta per l’adattamento e
ed avviano con stupefacente costanza presso tutti gli uomini i l’esistenza. Tutti i grandi avvenimenti della vita, tutte le piu alte
procedimenti analoghi. tensioni toccano i tensori di queste immagini, facendole rispun­
I miti ne traggono spunto: di qui la loro rassomiglianza che tare come fenomeni interiori coscienti ogni volta che l'individuo
varca i confini delle differenti civiltà; e i simboli, di cui sono dis­ ha acquisito la necessaria capacità di riflettere e di essere anche
seminati i miti, rivelano ancor piu apertamente la loro apparte­ cosciente di ciò che fa invece di esserne un semplice esecutore \
nenza al mondo degli archetipi. Sotto certi aspetti, l’archetipo può essere confuso con l’istinto,
Cosa sono gli archetipi? Inafferrabili alla ragione che non può giacché l’istinto, definito da Jung come un’impulso fisiologico per­
ricondurli a una semplice formula, essi rappresentano al contem­ cepito dai sensi, si manifesta anche nelle fantasie, rivelando la sua
po le radici invisibili della coscienza individuale e gli elementi presenza attraverso immagini simboliche. Ora, simili manifesta­
irremovibili dell’inconscio, e determinano a priori i processi psi­ zioni sono archetipi4.
chici. Esistenti allo stato potenziale e atemporale, essi sopravvi­ Gli archetipi non sono assolutamente catalogabili, non possia­
vono nei millenni ed entrano in funzione ogni volta che la co­ mo nemmeno prepararne una lista che ognuno potrebbe consul­
scienza si indebolisce. tare, giacché sono forze psichiche vitali che sfuggono all’analisi
Nel momento in cui non è piu l’essere a muoversi, ma la massa, cessa intellettuale5. Qualunque spiegazione dell’archetipo, anche la mi
la regolazione umana e gli archetipi cominciano ad esercitare la loro gliore, sarà sempre e solo una traduzione piu o meno riuscita in
influenza un altro sistema di immagini6.

Sono come i letti di un fiume abbandonati dall’onda ma che


1 L'âme et la vie, cit., p. 63.
possono essere nuovamente irrigati da essa dopo un indeterminato 2 L’homme et ses symboles, cit., p. 96.
periodo di tempo. Un archetipo è simile a una gola di montagna 2 L’âme et la vie, cit., p. 66.
4 L’homme ecc., cit., p. 69.
5 L'âme et la vie, cit., p. 64.
6 L’homme ecc., cit., p. 69
1 Aspects du drame contemporain, cit., p. 99.

46 47
La loro origine resta sconosciuta, ma pure si è constatato che l’abbandonato, il trascurato, ma, nello stesso tempo, è il divina­
esse ricompaiono in ogni epoca e ovunque, anche laddove la loro mente potente; egli è l’insignificante e dubbioso inizio, ma anche
presenza non può essere spiegata con una trasmissione di gene­ la fine trionfante. L’« eterno bambino » che è nell’uomo costi­
razione in generazione o con fecondazioni incrociate risultanti dal­ tuisce un’esperienza indescrivibile, è al contempo uno stato di
le migrazioni. disadattamento, un difetto e una prerogativa divina, e, per dire
Sembra proprio che, come gli istinti, questi schemi collettivi tutto, un imponderabile che costituisce il valore o il non-valore
del pensiero umano siano innati ed ereditari. Quando però en­ di una personalità *.
trano in azione, il loro funzionamento si rivela pressoché simile Lo stesso Jung spiega nella sua autobiografia come è giunto al
per tutti gli uomini h concetto di archetipo, al concetto che, come vedremo, costituisce
Alcuni esempi, propostici dallo stesso Jung, ci aiuteranno a il cardine su cui si articola l’individuale e il collettivo. Avendo
comprendere meglio cosa egli intende per archetipo. Cosi il per­ osservato — scrive Jung — che i miti e i racconti della lette­
sonaggio dell’eroe, ammirato e sognato dai giovani, esistito in ratura universale racchiudono temi ricorrenti non soltanto nelle
tutti i tempi e che ritroviamo sotto molteplici forme, è un ar­ piu diverse regioni, ma anche presso soggetti che non hanno mai
chetipo 2. Un altro archetipo è l’immagine della donna che ogni conosciuto quei miti e racconti, decise di spingersi oltre nelle
uomo porta in sé, non il ricordo di questa o quella determinata sue ricerche. Si accorse allora che gli stessi temi si ritrovano nelle
donna, ma l’ideale femminile come viene universalmente sentito. fantasie, nei sogni o nei deliri, nelle allucinazioni dell’uomo di
E simile immagine non è forse un insieme ereditario inconscio, oggi. Tali immagini e corrispondenze sono designate da Jung col
di origini assai lontane, sintetizzante tutte le esperienze ance­ nome di rappresentazioni archetipiche. Ma queste stesse imma­
strali intorno all’animo femminile3. gini derivano da un’altra realtà psichica che, sfuggente ad ogni
Se, per caso, ci trovassimo in un luogo in cui la donna fosse rappresentazione, è come la forma preesistente ed inconscia della
totalmente assente, questa immagine inconscia ci permetterebbe struttura stessa della nostra vita psichica. Quest’ultima realtà,
di fissare le caratteristiche spirituali che la donna dovrebbe posse­ sempre sfuggente ma ininterrottamente attiva, non è altro che Var­
dere. Ugualmente, ogni donna porta in sé un’immagine archetipica chetipo. E Jung, con poche parole precise, mette in guardia con­
dell’uomo, alla quale ella si riferisce inconsciamente. tro la falsa interpretazione che si è spesso data del suo pensiero.
Un terzo esempio illustrerà cosa bisogna intendere per arche­ « M’imbatto sempre » annota « nel malinteso che presenta l’ar­
tipo. Constatando che uno dei risultati della piu antica esperienza chetipo come se esso avesse un contenuto determinato; in altri
umana è il sapere che la coscienza è contornata di potenze psi­ termini ne hanno fatto una sorta di rappresentazione inconscia,
chiche, che la proteggono e sostengono — a meno che non la se mi è permessa l’espressione; è dunque necessario precisare che
minacciano o ingannino — Jung sottolinea che tale esperienza gli archetipi non hanno un contenuto determinato, essi sono de­
viene proiettata sulla figura del « bambino », la quale esprime terminati solo nella forma e anche in grado molto limitato ».
allora la totalità a cui l’uomo può pervenire. Il « bambino » è Quindi aggiunge, usando un paragone particolarmente sugge­
stivo: la forma dell’archetipo ricorda il sistema assiale di un cri-
1 Ibidem, p. 75.
- Ibidem, p. 73.
3 L’âme et la vie, cit., pp, 153-154. 1 Ibidem, p. 406.

48 49
stallo che, in un certo senso, preforma la struttura cristallina del­ dobbiamo mai designare troppo precisamente se non vogliamo
l’acqua madre, anche se di per sé non ha esistenza materiale. rendere statico quanto è invece vivente dinamismo.
Quest’ultima appare soltanto nel modo con cui gli ioni e le mo­ I temi mitici, indeterminati e determinati al contempo, allo
lecole si raggruppano. Ugualmente l’archetipo in sé è vuoto e stesso modo degli scintillanti e suggestivi simboli, esprimono il
non è altro se non una possibilità di preformazione, una forma processo mentale piu esattamente e piu perfettamente, di conse­
di rappresentazione data a priori *. guenza, piu chiaramente dei concetti intelligibili e distinti.
Ed ecco che, nella descrizione dell’archetipo, compare un’ul­ Da parte sua, il simbolo non si accontenta di comunicare
tima caratteristica che merita di essere segnalata. Gli archetipi un’idea del processo mentale, egli fornisce anche — e forse ciò
sono bipolari: nati dall’inconscio collettivo, essi comportano, co­ è altrettanto importante — l’accompagnamento vissuto del pro­
me l’inconscio individuale, un lato oscuro e uno chiaro, ciò che cesso i cui chiaroscuri non possono essere percepiti che per sim­
li rende di volta in volta temibili o salutari. Tale bipolarità costi­ patia e mai attraverso il rozzo intervento della precisione l. I sim­
tuisce un pencolo poiché, quando gli archetipi entrano m azione, boli sono simili a corpi viventi grazie ai quali si esteriorizza quan­
nessuno può sapere in che senso si svilupperà la loro evoluzione, to vi è di universale in ogni individuo, e piu essi, utilizzando im­
la loro apparizione, potendo far sorgere un incontrollabile movi­ magini improntate alla fisiologia, sono semplici e arcaici, tanto
mento di massa. Nel qual caso la catastrofe sarà evitata soltanto piu divengono collettivi e comprensibili a tutti gli uomini. Per
se una maggioranza riprenderà coscienza della realtà e arginerà contro, quanto piu essi cadono nell’astrazione e assumono sfuma­
lo scatenarsi delle forze collettive inconscie. ture, avvicinandosi cosi alla vita cosciente individuale, tanto piu
Non dobbiamo però dimenticare l’aspetto benefico dell’arche­ perdono la loro universalità. Rischiarati dalla luce della piena co­
tipo, giacché spesso la sua azione è di protezione e di salvezza. scienza, i simboli rischiano di ridursi a semplici allegorie, che
Esso diviene pericoloso solo se trascurato. Avendo il compito di non superano di molto il quadro delle concezioni coscienti, e
compensare le anomolie e gli squilibri della coscienza, la cui ten­ vengono esposti ad ogni tentativo di spiegazione razionale 2.
denza al progresso si dimostra talvolta di vista corta, egli ricon­ Quando lo psicanalista si interessa ai simboli, si interessa anzi­
duce all’osservanza le leggi immutabili dell’universo. Gli arche­ tutto ai simboli « naturali », naturali in opposizione ai « cultura­
tipi, confondendosi allora con alcuni tratti istintivi dell’anima li ». I primi, che egli trova nei sogni e nelle fantasie dei pazienti,
oscura e primitiva, sono in questi casi sentiti come forze magiche provengono dai contenuti inconsci della psiche e, di conseguenza,
e religiose, mentre la loro impercettibile attività si manifesta nei presentano un considerevole numero di variazioni delle immagini
miti e nei simboli. archetipiche fondamentali. In molti casi però è possibile risalire
alle loro origini arcaiche, alle idee e immagini che ritroviamo
Simboli e miti nelle piu antiche testimonianze e nelle società primitive. Per con­
tro i simboli culturali sono quelli utilizzati per esprimere « verità
Effettivamente i fondamenti della nostra vita psichica sono i eterne » e sono ancora in uso per diverse religioni. Essi hanno
processi vissuti, che instancabilmente si trasformano e che non

1 L’âme et la vie, cit., p. 66.


1 Ala vie ecc., cit., p. 453.
2 Ibidem, p. 67.

50 51
subito molteplici trasformazioni e sono stati spesso oggetto di psichico sotterraneo. Certamente egli si è liberato di quelle che
un processo di elaborazione piu o meno cosciente, divenendo considera « superstizioni »; ma liberandosene ha perduto in gra­
cosi immagini collettive accettate dalle società civili. do allarmante i valori superiori che lo pongono al di sopra de­
Questi simboli culturali, nondimeno, conservano in gran parte gli animali. Le sue tradizioni morali e spirituali si sono disgre­
il loro originario carattere semi-religioso e semi-magico, tanto gate, ed egli paga tale crollo con quel disordine e quelle dis­
che possono provocare, in alcuni individui, profonde reazioni af­ sociazioni che infieriscono attualmente nel mondo intero '.
fettive. Sono quindi un importante elemento della nostra strut­ Siamo nella stessa situazione di una società primitiva cui il
tura mentale e ricoprono un ruolo vitale nell’edificazione delle trauma del contatto con la civiltà moderna ha fatto perdere il
società umane, anche se ci appaiono assurdi e irrazionali. Non senso della vita e provocato il disintegrarsi della sua organizza­
possiamo sradicarli senza provocare gravi turbe. Laddove sono re­ zione sociale. Noi però non abbiamo mai compreso appieno la
pressi o trascurati, la loro energia scomparirà nell’inconscio, con natura della nostra perdita, poiché le nostre guide spirituali si
incalcolabili conseguenze. Perché l’energia psichica che sembrava sono preoccupate piu di proteggere le istituzioni religiose che
perduta serve di fatto a risvegliare o a intensificare, nell’incon­ non di capire il mistero e il dinamismo rappresentati dai sim­
scio, tendenze che fino a quel momento non avevano avuto la boli religiosi2.
possibilità di esternarsi. L’uomo moderno è cosi un curioso miscuglio di caratteri ac­
Tali tendenze nel nostro spirito cosciente formavano un’« om­ quisiti nel corso di una millenaria evoluzione mentale. Lo scet­
bra » sempre presente e virtualmente distruttiva. Ora, non ap­ ticismo e le convinzioni scientifiche coesistono con pregiudizi
pena represse, anche quelle tendenze che, in alcune circostanze, sorpassati, modi di pensare e sentire superati, controsensi osti­
potevano avere un’influenza benefica si trasformano in demoni nati, cieca ignoranza. E gli stessi uomini che si vantano di es­
malefici. Il nostro secolo ci ha d’altra parte permesso di deter­ sersi liberati di tutto un passato ascientifico e di quei simboli
minare ciò che avviene quando si aprono le porte di questo mon­ grazie ai quali gli avi esprimevano i loro sentimenti, creano a
do sotterraneo. Si sono verificati eventi cosi tragici e sconvolgenti loro volta i simboli e rimangono ancorati a superstizioni di
che nessuno negli anni di innocenza idillica che hanno contras- un’altra epoca. Mai le cartomanti, le indovine e le veggenti
segnato l’inizio del secolo XX, avrebbe potuto immaginare. Da al­ sono state tanto numerose e hanno realizzato guadagni tanto
lora il mondo è afflitto da schizofrenia, come un individuo pro­ considerevoli e regolari. E che dire di uomini lanciati negli
fondamente diviso al suo interno. Non soltanto la civile Germa­ affari, nella politica e anche nella ricerca scientifica che credono
nia ha messo in luce la spaventosa primitività che portava in sé, all’influenza nefasta di certi numeri e di certi giorni!
ma questa primitività governa anche la Russia; e, a sua volta, Per quali segreti motivi gli uomini occidentali del secolo XX
l’Africa ha preso fuoco l. sono cosi profondamente colpiti da siffatti dati irrazionali, to­
L’uomo occidentale non ha capito fino a qual punto la sua talmente estranei, ed anche opposti, alla loro scientifica e ma­
« razionalità », distruggendo la facoltà di reagire ai simboli e terialistica concezione del mondo? Perché uno degli archetipi
alle idee religiose, l’abbia messo alla mercé di questo mondo

1 Ibidem, p. 94.
1 L'bommc ecc., cit., pp. 93-94. 2 Ibidem.

52 53
che sonnecchiano nel piu profondo della loro struttura mentale enigma di sempre. Anche la nostra scienza è un linguaggio sim­
entra repentinamente in azione. Prendiamo a esempio il nu­ bolico, piu adatto però all’attuale vita pratica che non le vec­
mero 13, che la maggior parte dei grandi alberghi ha soppres­ chie ipotesi metodologiche esprimenti con rappresentazioni con­
so dalla numerazione delle camere offerte ai clienti. L ’individuo
crete ciò che noi esprimiamo con concetti '.
che soggiace all’incanto di questo 13 nefasto si sentirà a disagio Il mito è molto vicino al simbolo, poiché anch’esso è la for­
sia che alloggi in una camera che porta questo numero sia in mulazione irrazionale e spontanea di un’esperienza psicologica
un pranzo in cui vi siano tredici convitati. E questo stesso indi­ primordiale, quella dell’intimo della nostra personalità: il mito
viduo molto probabilmente si crederà affrancato da ogni cre­ sviluppa, in racconti dove il soprannaturale rende la realtà de­
denza irrazionale! 1 scritta una dimensione che supera il presente e sfocia nell’eter­
Questo esempio ci mostra in quale modo l’archetipo si mani­ nità, temi che esercitano per ciò stesso un’azione liberatrice e sal­
festi attraverso un numero assurto a simbolo e per ciò stesso vatrice, a condizione però che i suoi destinatari la rivivano in
portatore di emozioni. Per mantenersi vivo e conservare il di­ se stessi2. Pensiamo a esempio all’antico mito universale del­
namismo conferitogli dal suo carattere archetipico, un simbolo l’eroe, che tutto sommato altro n»>n è se non lo sviluppo dram­
deve però restare misterioso e inesplicato2. Se viene analizzato matico dell’archetipo dell’eroe di cui abbiamo precedentemente
razionalmente, il simbolo perde la sua forza salutare. In effetti parlato. Esso si riferisce sempre a un uomo potentissimo o a
per essere efficace esso deve rispondere a parecchie condizioni: un semi-dio, il quale trionfa sul male incarnato da draghi, ser­
anzitutto presentarsi come la migliore espressione possibile del­ penti, mostri, demoni e che libera il suo popolo dal pericolo
la concezione del mondo di una data epoca, poi deve avere della distruzione e della morte. Ed ecco che attraverso il nar­
un senso non superabile, in terzo luogo deve essere di cosi dif­ ratore la rituale ripetizione di testi sacri e di cerimonie, il culto
ficile comprensione che l’intelletto critico non può far altro che stesso dell’eroe, arricchendosi di danze, inni, preghiere e sacri­
dichiararsi incapace di percepirlo con chiarezza, infine la forma fici, suscita nell’auditorio emozioni che oltrepassano il perso­
estetica del simbolo deve raccogliere l’adesione del sentimento naggio in questione, come per magico incanto, ed esaltano i
in modo tale che nessun argomento emotivo possa aver presa partecipanti fino a farli identificare con l’eroe \
contro di lu i3. Se provassimo a esaminare la situazione del credente, capi­
Notiamo ancora che la necessità di un linguaggio simbolico remmo forse come l’uomo comune può sentirsi affrancato dalla
fa talmente parte della nostra struttura mentale che non appena sua impotenza e miseria e, almeno temporaneamente, dotato di
l’uomo, in nome della ragione e della scienza, si è sbarazzato un carattere pressoché sovrumano. Molto spesso la convinzione
degli antichi simboli ereditati dall’antichità e dal medio evo, ne ricavata dal mito lo sosterrà durevolmente e gli imporrà un
ha creati di nuovi ricorrendo al linguaggio scientifico; e questi certo stile di vita. Essa può anche dare il tono a un’intera so­
simboli, simili alle immagini decadute che non gli suscitano piu cietà 4.
le emozioni provate da altre generazioni, tradiscono però un

1 Ibidem, p. 96 1 Ibidem, p. 74.


2 L'âme et la vie, cit., p. 69. 2 Ibidem, p. 459.
3 Ibidem, p. 70. 3 L ’homme eco., cit., p. 79.
4 Ibidem, p. 19.

54 55
In effetti il mito dell’eroe, per chi lo vive, diventa un im­ questo mefistofelico capovolgimento del senso nel non-senso,
pegno della persona nella sua totalità: l’eroe rappresenta l’in­ della .bellezza nella bruttezza, della quasi dolorosa rassomiglian­
conscio del soggetto, e le peripezie che si succedono nel dram­ za del sensato con l’insensato, dell’esaltazione del laido, tratti
ma non sono altro che lo svolgimento delle sofferenze nascoste che d ’altronde ritroviamo come sintomi nelle malattie mentali
agli occhi di tutti, come aspirazioni non appagate o raramente Soltanto che nell’artista moderno non si lamentano malattie indivi­
soddisfatte verso le piu profonde sorgenti del proprio essere duali bensì si dà un fenomeno d'epoca di cui l’artista è l’inter­
e verso una comunione con gli infiniti aspetti della vita A que­ prete. Egli obbedisce non a un impulso individuale ma a una
sto proposito scopriamo che i miti religiosi agiscono spesso da corrente collettiva che affonda le sue radici nell’inconscio col­
terapia mentale alle sofferenze e ai motivi di inquetudine che lettivo della mentalità contemporanea. E questo spiega come la
affliggono l’umanità: la fame, la guerra, le malattie, la m orte12. stessa tendenza negativa e distruttrice venga ritrovata identica
nei piu disparati campi, nella pittura come nella letteratura, nella
L'arte scultura come nell’architettura2.

Come abbiamo detto, i simboli e i miti attingono la loro for­


za dal contatto con l’inconscio collettivo espresso, dagli arche­
tipi. Nel quadro della società cui apparteniamo, descritto da
Jung, l’opera d ’arte appare anch’essa in stretta relazione con
forze che scaturiscono dall’inconscio collettivo. Già nell’artista
l’opera, non ancora creata ma in segreta gestazione, manifesta
la presenza di una forza naturale che si realizza vuoi con ti­
rannica potenza, vuoi con la sottile astuzia della natura che
raggiunge sempre i suoi scopi, senza preoccuparsi del bene e
del male personale del -portatore dello slancio creativo 3.
L’artista interpreta a tal punto la mentalità del suo tempo e
del suo ambiente, da giungere persino — come avviene oggi —
a provare il bisogno di negare e distruggere quanto fino a quel
momento era ritenuto bello, come la società, di cui egli riflette
le aspirazioni, cerca di distruggere i valori spirituali da lei
stessa precedentemente sostenuti. Opere come VUlisse di Joyce
o i quadri di Van Gogh e Picasso esprimono al massimo grado

1 L'âme et la vie, cit., p. 395.


2 L ’homme ecc., cit., p. 79.
3 L’âme et la vie, cit., p. 259. 1 Les problèmes de l ’âme moderne, Paris. Buchet-Chastel, 1961, p. 378.
2 L’âme et la vie, cit., p. 419.

56
III. L’inconscio

L'inconscio collettivo
Come abbiamo già constatato, lé forze collettive inconscie
operano nella nostra società. Questa realtà psicologica è stata
designata da Jung con il termine di inconscio collettivo.
Ovviamente l’umanità ha l’impressione di dirigersi da sola,
di realizzare quanto ha coscientemente deciso. Cosa scopriamo
invece? Che allorché gli uomini dichiarano di desiderare la pa­
ce, il mondo intero si arma come non mai. Nell’antica mito­
logia un simile desiderio di stragi veniva attribuito agli dei.
Oggi queste divinità hanno mutato nome e sono divenute « fat­
tori », termine che deriva dal verbo facere, cioè fare. Tali « fat­
tori » rimangono dietro le quinte del teatro del mondo. Ora
questa constatazione è vera tanto in grande quanto in piccolo:
nello stato di piena coscienza siamo padroni di noi stessi, appa­
rentemente siamo i « fattori » stessi. Ma se varcassimo la porta
che conduce all’inconscio comprenderemmo allora con terrore
di esser gli zimbelli di questi fattori *.
Un’energia psichica, che sembrava perduta, risveglia o inten­
sifica nel nostro inconscio tendenze che forse non avevano mai
avuto la possibilità di esprimersi. Come abbiamo notato, tragici
e assolutamente imprevisti avvenimenti hanno contrassegnato la

1 L’âme et la vie, cit., p. 418.

59
prima metà del nostro secolo, capovolgendo il nostro universo le riserve dinamiche della suggestione collettiva siano in grado
e facendo del mondo una società colpita da schizofrenia, una di supplire all’insufficienza di armonia psichica. Quante sono
società interiormente lacerata. le persone il cui atteggiamento cosciente non corrisponde af­
L’irruzione di forze collettive inconscie può trasformare in fatto al loro vero carattere! Gli sforzi che fanno per adattarsi
un forsennato un essere dolce e pacifico '. Colto nella massa, sono superiori alle loro risorse individuali: essi appaiono mi­
l’uomo è sempre al di sotto del suo livello; non piu soggetto gliori e di maggior valore di quanto in realtà non siano. Ciò
a timori personali, egli perde contemporaneamente il senso del­ che li sostiene e permette loro di mantenersi a un livello piu
la responsabilità. Una vera « partecipazione mistica », simile a elevato di quello donatogli dalla natura è proprio l’efficacia di
quella che unisce l’artista alla sua epoca, ma che qui altro non un ideale comune, il fulgore di un vantaggio collettivo o il so­
è se non un’inconscia identificazione, regna tra la massa, crean­ stegno cieco della società, e cioè l’azione benefica dell’inconscio
do in essa una specie di ebbrezza che, dando all’individuo l’im­ collettivo
pressione di appartenere a una totalità che lo supera, lo esalta 2. Un pericolo però sovrasta l’uomo la cui personalità si è trop­
In effetti da questo momento la situazione cosciente si allontana po identificata con la psiche collettiva. Immancabilmente infatti
da un dato punto di equilibrio, travolta com’è dall’irrompere egli tenterà di imporre agli altri le esigenze del suo inconscio,
di contenuti inconsci in cerca di equilibrio. Ne risulta alla fine esigenze a cui conferisce un valore assoluto e universale. Perché
una dissociazione interiore: da una parte la coscienza di sé tenta la convinzione di possedere una verità universale scaturisce spon­
disperatamente di scuotere un avversario invisibile; dall’altra, taneamente dalla mentalità collettiva. Ahimè, un simile atteg­
essa è sottomessa in misura sempre crescente alla volontà tiran­ giamento mentale comporta sempre da parte del soggetto un
nica di un controgoverno interno, che presenta tutte le caratte­ rifiuto categorico, una reale incapacità a percepire le differenze
ristiche di una sotto-umanità p di una sovra-umanità demoniaca. individuali e di apprezzarle nel loro giusto valore 2.
Se alcune migliaia di uomini giungono a questo stadio, si L’inconscio collettivo permette di cogliere meglio lo svolgi­
produce una reazione della coscienza che la allontana dalla sua mento storico, perché ogni epoca può essere paragonata all’ani­
posizione di equilibrio e che si manifesta attraverso una vera ma di un individuo; come l’individuo, cosi la storia si svolge su
e propria follia di distruzione e devastazioni, caratteristica de­ due piani, quello cosciente e quello inconscio. Quando la si­
gli eventi contemporanei. Esiste però, tanto per l’uomo che per tuazione cosciente è eccessivamente limitata e particolare, è nel­
la società, un equilibrio interno tramite il quale l’io cosciente l’inconscio collettivo che essa trova la necessaria compensazione.
prende nella dovuta considerazione le « potenze » inconscie che E con la mediazione di un poeta, di un visionario o di un capo
si presentano, e ciò impedisce che esse invadano la vita psichica che si esprimeranno allora i bisogni incompresi di tutta una
e ci lascino indifesi davanti a qualunque suggestione, anche la civiltà, e questo nel bene come nel m ale3.
piu insensata3. Di contro possiamo vedere come in molti casi Vi sono periodi nella storia universale — e la nostra epoca

1 Ibidem, p. 213. 1 Ibidem, p. 203.


2 Ibidem, p. 218. 2 Ibidem, p. 226.
3 Ibidem, pp. 58-59. 3 Ibidem, p. 267.

60 61
ne è un esempio assai comprovante — nei quali quanto prece­ getta uno sguardo altezzoso sulle « nebbie » della semplicità di
dentemente era stato giudicato buono deve cedere il posto ad spirito e della credulità medievale e primitiva; ignora però che
altro, e questo spiega come la migliore prospettiva possa di l’intero passato rimane vivo nei piani inferiori di quel gratta­
colpo apparire come un male Ma non facciamoci troppe illu­ cielo a cui potremmo paragonare il nostro cosciente razionale.
sioni sul valore della nostra cultura. Le forze istintive accumu­ Il positivismo razionalista non ha sostituito nulla alle vecchie
late della nostra civiltà sono infinitamente piu pericolose degli credenze da lui distrutte. Privato degli strati superiori, che do­
istinti dei primitivi perché questi ultimi sanno vivere i loro istin­ vrebbero sostenerlo come appoggio rassicurante, il nostro spi­
ti negativi senza cercare costantemente di reprimerli. Nei popoli rito rimane sospeso nel vuoto; l’uomo moderno diviene così
civilizzati, essendo invece repressi dagli imperativi coscienti del­ nevrotico
t
la civiltà, gli istinti negativi si vanno ad accumulare nell’incon­
scio collettivo, costituendovi riserve esplosive che possono inva­ L'inconscio individuale
dere all’improvviso l’intera società12.
Oggi, dopo le guerre mondiali e gli sterminii che le hanno Se la collettività possiede un dinamismo che le concede una
accompagnate, nessuno si azzarderebbe piu a sostenere che l’uo­ sorta di autonomia psichica, in cui i dati coscienti sono stret­
mo europeo è un agnello e che non è posseduto da alcun de­ tamente mischiati alla realtà inconscia, agli archetipi, che ab­
monio 3. biamo visto esprimersi nei simboli, nei riti e nei miti, gli indi­
Ci vantiamo di avere eliminato le tenebrose superstizioni del vidui che compongono la società obbediscono a leggi compieta-
medio evo, giacché abbiamo lasciato cadere l’idea del peccato mente simili che, a un primo sguardo, danno l’impressione di
originale, di una sostanziale malvagità del cuore. L’epoca mo­ un predominio delle motivazioni volontarie e coscienti. La psi­
derna ha voluto vedere nel -male morale soltanto un’erronea in­ cologia classica ha lungamente studiato tali manifestazioni della
terpretazione dell’idea del bene. Ma rendendo in tal modo rela­ vita cosciente, precisando le strette relazioni che intercorrono
tivo il male, i pensatori occidentali hanno aperto la strada alfa tra la chiarezza dello scopo da raggiungere, il grado di atten­
corruzione psichica degli uomini. D’altronde l’occidente ha già zione del soggetto e la padronanza dei mezzi di cui dispone.
fatto un sì cattivo uso delle sue qualità e si è lasciato andare Dobbiamo però constatare che le forze inconscie agiscono an­
ad una tale decrepitezza psichica che è costretto adesso a negare che nell’individuo, sia preso isolatamente che inserito in un
la divinità stessa — cioè la forza psichica misteriosa che l’uomo gruppo. Dopo le osservazioni e le ricerche di P. Janet, di Dwel-
non ha mai domato né saprebbe arginare — per impadronirsi, shauvers e, soprattutto, di Sigmund Freud e di tutta la scuola
oltreché del male che ha già assorbito, del bene di cui non può psicoanalitica, la presenza dell’inconscio è divenuto un fatto in­
fare a meno 4. contestabile; anche lo psicologo piu intellettualistico o organi­
L’atteggiamento moderno, orgoglioso e troppo sicuro di sé, cistico deve tenerne conto, qualunque sia l’importanza che gli
attribuisce.
Su questo punto la posizione di Jung è tra quelle che forni-
1 Ibidem, p. 304.
2 Ibidem, p. 305
? Ibidem, p. 306.
4 Ibidem, p. 307. 1 Ibidem, p. 385.

62 63
scono maggiori ragguagli sulle difficilmente sondabili profondità
psichiche. Lo psicologo zurighese in effetti non si è accontentato
di valutare il ruolo dell’inconscio negli stati morbosi, nei quali
sappiamo che i comportamenti piu bizzarri e piu inaspettati si
spiegano facilmente giacché ammettiamo l’intrusione di forze
psichiche non piu controllate dalla volontà cosciente. Oltre al­
l’attento studio della patologia mentale, Jung ha esteso le sue
indagini alla vita normale, sia per quanto riguarda le nostre
reazioni nel corso ordinario della giornata, sia i fenomeni psi­
chici che presentano una particolare colorazione come l’arte, la
mistica, le religioni o anche le credenze che la scienza positivi­
sta contemporanea rifiuta generalmente di prendere in seria con­
siderazione, come l’astrologia, l’alchimia o i metodi per rag­
giungere la padronanza di sé dell’Estremo Oriente.
In questo arco tanto diversificato e ricco, sono apparsi pa­
recchi dati interessanti prima sfuggiti alla perspicacia di altri
studiosi, per i quali meritavano di essere esaminate soltanto le
turbe psichiche caratterizzate in quanto testimonianze dei se­
greti dell’inconscio.
D’altra parte Jung riconosce quanto sia irritante per uno
scienziato il doversi occupare di fatti che non possono essere
indagati né completamente né convenientemente. L’irritazione in
questi casi sta nel fatto che i fenomeni sono si innegabili, ma
non sottostanno ad alcuna formulazione intellettualel. Sembra
tuttavia che quanto denominiamo inconscio abbia conservato al­
cune caratteristiche delPoriginario spirito umano. E a questi
tratti originari che si riferirebbero ad esempio i simboli che po­
polano i nostri sogni, come se l’inconscio cercasse di risusci­
tare tutto ciò che lo spirito è riuscito a eliminare nel corso della
sua evoluzione 12.
Questo è sicuramente il motivo nascosto della resistenza, e

1 L ’homme ecc., cit., p. 91.


2 Ibidem, p. 98.

L’Istituto Jung a Zurigo.

65
anche del timore, opposta dagli individui nei confronti del loro
inconscio personale. Perché non sono assolutamente semplici
sopravvivenze psicologiche neutre e indifferenti; al contrario,
questi contenuti inconsci sono talmente carichi di energia da
provocare spesso piu di un malessere e di suscitare un vero
panico. E piu essi sono rimossi, piu il loro dominio si estende
all’intera personalità, che allora soffre di nevrosil.
Possiamo tuttavia constatare che se la coscienza si lascia ad­
destrare come un pappagallo, l’inconscio si sottomette soltanto
in apparenza. E se ha luogo un tentativo di raddrizzare l’incon­
scio ciò è sempre di grave danno per la coscienza. Dimenticare
l’autonomia dell’inconscio e l’idea che esso non sia null’altro
che l’assenza di coscienza riflettono la moderna ipertrofìa del
cosciente ed esprimono il grande imbarazzo del suo orgoglio12,
perché nel fondo di ogni uomo possiamo scoprire un giudice
impietoso che misura gli errori commessi, anche se l’individuo
non ha coscienza di avere qualche ingiustizia da rimproverarsi3.
Nondimeno l’inconscio non è assolutamente un mostro dai
modi demoniaci. Per lo piu esso è soltanto una realtà naturale
indifferente ai problemi morali, estetici e intellettuali; diviene
pericoloso quando il nostro atteggiamento cosciente nei suoi ri­
guardi è disperatamente falso. Piu lo reprimiamo in noi stessi,
piu appaiono i pericoli in cui possiamo incorrere per causa sua.
Benché neutro, come la natura da cui deriva, l’inconscio con­
tiene tutti gli elementi della nostra personalità, le luci e le om­
bre, la bellezza e la bruttezza, il bene e il male, la profondità
e la sciocchezza. In realtà — e le guerre mondiali con il loro
stuolo di abominii ci hanno aperto gli occhi — la nostra co­
scienza è assai piu diabolica e perversa dell’inconscio. Se a volte
l’inconscio esercita una influenza nefasta, è però anche la sor-

1 Ibidem.
2 L'âme et la vie, cit.. p. 48.
3 Ibidem, p. 297.

69
gente dei beni piu elevati '. È l’ostilità che gli testimoniamo a e integrare questi contenuti perduti e ritrovati, completamente
conferirgli quell’aspetto minaccioso, mentre avvicinandolo bene­ carichi di emotività l.
volmente ne addolciamo le reazioni12. In realtà si crea una interdipendenza tra le due sfere della
Ma quanti pregiudizi sfavorevoli sussistono nei riguardi di tut­ nostra personalità. Le trasformazioni che si producono nello sta­
to ciò che oltrepassa la sfera dell’illuminata coscienza! Anche to cosciente hanno ripercussioni sui contenuti dell’inconscio.
se da oltre settant’anni l’inconscio è divenuto un concetto scien­ E piu la situazione cosciente si allontana da una data posizione
tifico indispensabile a ogni seria investigazione psicologica, re­ di equilibrio, piu saranno significativi ed anche pericolosi i con­
stiamo talmente affascinati, occupati dalla nostra coscienza sog­ tenuti inconsci in cerca di equilibrio. Alla fine ne risulta una
gettiva, da ignorare volontariamente il ruolo svolto dall’inconscio dissociazione che, dapprima vissuta soltanto da qualche indi­
nella nostra esistenza. Il buddismo vuole vedere nei fantasmi viduo isolato, rischia di estendersi gradualmente e di propagarsi
generati dall’inconscio soltanto inutili illusioni; il cristiano frap­ a intere collettività 2.
pone tra sé e il proprio inconscio la Chiesa e la Bibbia, il ra­ Cosi dunque, e qualunque cosa possano obiettare a questo
zionalista riduce la vita psichica alla sola coscienza. Compia­ proposito i vanagloriosi che credono di possedere una volontà
centemente noi identifichiamo la coscienza con la ragione e l’in­ che nulla può spezzare, la nostra libertà non è sovrana. Conti­
conscio con l’irragionevolezza3. Le immagini create dal nostro nuamente minacciati da numerosi fattori psichici che sfuggono
inconscio, e che risalgono alla nostra infanzia, contengono spes­ al controllo della nostra coscienza, possiamo improvvisamente
so strani frammenti mitologici. Ora diverse immagini hanno un venire « posseduti » da queste « forze della natura ». Infatti i
loro carattere altamente « celeste » o, se vogliamo dire in un contenuti dell’inconscio collettivo si presentano proprio cosi,
altro modo, possiedono un’affascinante e terrificante potenza che quando penetrano nell’inconscio individuale 3. Ogniqualvolta tali
appartiene esclusivamente alla divinità e di cui l’uomo può fare forze inconscie collettive prendono vita nell’individuo, l’avveni­
solo l’esperienza immediata 4. mento esercita sulla coscienza un’azione straordinariamente po­
Se queste immagini riappaiono nella vita adulta possono, in tente, che inizialmente si manifesta con una certa confusione.
alcuni casi, provocare gravi turbe psicologiche o, in altri casi, Se poi la rianimazione dell’inconscio ha come causa il totale
segnare l’inizio di una miracolosa guarigione o anche di una fallimento delle speranze e delle aspettative di tutta una vita,
conversione religiosa. Esse fanno frequentemente rinascere alla vi è il grave pericolo che l’inconscio prenda il posto della realtà,
memoria frammenti di vita dimenticati da tempo, i quali danno suscitando cosi uno stato morboso4. Però, a dispetto di questi
un senso nuovo all’esistenza. Il rammentarsi dei ricordi d ’in­ impedimenti psicologici, l’uomo continua a provare un senso di
fanzia e il riprodursi di comportamenti psichici archetipici pos­
libertà che confonde con l’autonomia della coscienza e nulla può
sono aprire orizzonti piu larghi e accrescere il campo della co­
convincerlo della sua schiavitù, perché il semplice fatto che esi-
scienza, a condizione però che la coscienza riesca ad assimilare

1 Ibidem, pp. 48 e 223; L ’homme ecc., cit., pp. 102-103. 1 L'homme ecc.. cit., p. 99.
2 L ’âme et la vie, cit., p. 47. 2 L ’âme et la vie, cit., p. 59.
3 L’homme ecc., cit., p. 102. 3 Ibidem, p. 280.
4 Ibidem, p. 99; Ma vie ecc., cit., p. 459. 4 Ibidem, p. 215.

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ste in lui, la coscienza dell’io implica l’affermazione della sua mitologia, dei quali uno era mortale e l’altro immortale, sempre
libertà l. insieme, eppure non mai totalmente uniti. La trasformazione e
Nulla è piu adatto a suscitare una salutare presa di coscienza 10 sviluppo della nostra personalità tendono ad avvicinarci a
del disaccordo con se stesso. Ciò è vero tanto per l’individuo una unione interna, la coscienza però trova resistenza poiché
che per l’umanità: nulla è piu efficace per far uscire l’uno e l’altro, cioè l’inconscio, sembra estraneo e terrificante. E come
l’altra da uno stato di irresponsabile dormiveglia, di una crisi non possiamo abituarci all’idea di non essere noi gli unici pa­
morale nel corso della quale l’uomo o la società scoprono le droni della nostra casa, cosi preferiamo identificarci sempre con
contraddizioni in cui vivono2. In effetti in questo momento 11 nostro cosciente che si crede onnipotente. Però, che lo vo­
appare la coscienza morale con tutte le sue esigenze, e in par­ gliamo o no, siamo incessantemente messi a confronto con
ticolare la cattiva coscienza può divenire una prodigiosa forza questo amico o nemico interiore, e che esso sia amico o nemico
benefica, un vero dono del cielo, a condizione però che essa sia dipende esclusivamente da noi *.
utilizzata in vista di un’approfondita autocritica, che ci aiuti a L’uomo porta in sé la sua storia e quella dell’umanità. E
capire noi stessi3. Poiché lo stimolo costituito dalla cattiva co­ consiste proprio in ciò il duplice aspetto, individuale e collet­
scienza incita a scoprire pensieri e azioni condannabili fino ad tivo, dell’inconscio. Il passato deve in qualche modo poter vi­
allora inconsci, spingendoci contemporaneamente a superare le vere e esprimersi nel presente2. Per questa ragione dobbiamo
soglie dell’inconscio e obbligandoci ad affrontare queste forze avere la possibilità di lasciare che la nostra vita psichica, tanto
impersonali che rendono l’individuo strumento incosciente di cosciente che inconscia, si svolga senza impedimenti3. Quando
quell’omicida inveterato e gregario che si nasconde in ogni sul piano cosciente non ci si delinea nessuna soluzione ai nostri
uom o4. problemi, il solo consiglio efficace che possiamo ricevere è di
Non dimentichiamo che le piu dolorose sofferenze sono quel­ « aspettare ciò che ha da dirci sulla situazione il nostro incon­
le che ci vengono dall’inconscio, perché esso le scaglia dall’in­ scio ». Giacché nessuna risposta precisa, nessuna concezione pre­
terno di noi stessi come tante frecce avvelenate e offensive, parata in anticipo possono portare improvvisamente la chia­
creando cosi un dolore da cui non possiamo difenderci5. E l’ami­ rezza che dissiperebbe l’oscurità in cui ci dibattiamo. Quando
co intimo e segreto sul quale pensavamo di poter contare si si tratta di problemi di vita, e che riguardano il nostro destino,
trasforma in un nemico6. Per cui, non sarebbe nostro interesse
la migliore verità non serve a nulla fino a che non è diventata
chiederci cosa pensa il nostro inconscio di noi? 7 Scopriremmo
esperienza vissuta e profonda dell’individuo. Abbiamo bisogno
allora che il nostro piu accanito avversario si nasconde in noi
non già di « sapere » la verità tramite uno sforzo della nostra
stessi. Siamo come la coppia dei Dioscuri, di cui parlava l’antica
ragione e intelligenza, bensì di comprenderla; non di avere una
nuova concezione intellettuale, ma di trovare la strada che con-
1 Ibidem, p. 28.J.
2 Ibidem, p. 59.
3 Ibidem, p. 299.
4 Ibidem, p. 300.
5 Ibidem, p. 328. 1 L’âme et la vie, cit., p. 298.
^ Ibidem, p. 295. 2 Ibidem, p. 370.
7 L'homme ecc., cit., p. 102. 3 Ibidem, p. 388.

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duce all’esperienza interiore irrazionale, forse non esprimibile a
parole ma che penetra fino al cuore IV. L’individuo
A questo punto si verifica una trasformazione dell’intera per­
sonalità. Quanto prima disprezzavamo diventa principio supre­
mo, quanto prima era verità appare ora come un errore.
Questo capovolgimento equivale a una distruzione dei valori
vitali accettati fino ad allora 12. Sappiamo però che se il vecchio
non fosse già maturo per scomparire non apparirebbe nulla di
nuovo, e che non vi sarebbe nessuna necessità, nessuna possi­
bilità di farlo scomparire. L’« abbandono » è allora un distacco
e una liberazione da uno stato anteriore di oscurità e di inco­
scienza e conduce a uno stato di chiarificazione, di sforzo e, fi­ L’individuo nell’attuale società
nalmente, di trionfo su quei « dati » precedentemente senza Precisate le relazioni tra vita cosciente e vita incoscia, tanto
valore reale 3. a livello individuale che sul piano collettivo dove, oltretutto,
Abbiamo veduto come le immagini che sorgono dall’incon­ si svolgono gli interventi degli archetipi sotto forma di sim­
scio abbiano un carattere nettamente « celeste », il che significa boli, miti e riti, Jung disegna un quadro dell’uomo contempo­
che esse possiedono un dinamismo al contempo terrificante e raneo, specialmente dell’uomo occidentale quale noi siamo: qua­
attraente, proprio del divino4. Se stringiamo da presso questa dro le cui sfumature sono frutto di esperienza paziente e minu­
constatazione, scopriamo nella nostra vita una duplice tendenza: ziosa. Crediamo valga la pena di fissare i tratti essenziali della
quando il nostro atteggiamento cosciente può gloriarsi di una immagine dell’uomo come ci è presentata dallo psicologo zuri­
certa somiglianza con la divinità, poiché tende all’assoluto, si ghese.
sviluppa parallelamente un atteggiamento inconscio la cui so­ Fin dall’inizio — ricordiamoci che egli stesso si è proclamato
miglianza con la divinità è orientata verso il basso, verso un dio empirico — Jung afferma contemporaneamente la sua diffidenza
arcaico di natura sensuale e violenta. Se non vi presteremo at­ nei confronti delle astratte idee suWHomo sapiens e la sua con­
tenzione, verrà il giorno in cui questo deus absconditus, questo vinzione che l’individuo è, per lo psicologo, la sola realtà che
dio nascosto e primitivo verrà in superficie e ucciderà il dio del conviene studiare. Non è in effetti l’individuo a costituire per
nostro ideale 51. eccellenza il fattore di differenziazione? L’uomo moderno si il­
lude stranamente, e molto piu dei suoi predecessori, sulla vera
capacità delle proprie azioni, credendo di poter compiere quanto
ha scelto di fare '. « Volere è potere »: questo è il motto che
esprime la sua superstizione e ne riassume l’atteggiamento.
1 Ibidem, p. 389.
2 Ibidem, p. 430. Non presta però attenzione al fatto che in realtà egli stesso è
3 Ibidem.
4_ L’homme ecc., cit., p. 99.
5 L ’âme et la vie, cit., p. 446.
1 L'âme et la vie, cit., p. 220.

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posseduto da « potenze » sfuggenti alla sua volontà '. La sua centro della coscienza, è una realtà psichica dotata di quella
vita è simile a un campo di battaglia in cui opposizioni di ogni forza creativa che noi chiamiamo volontà: esso partecipa a que­
sorta si succedono formando un insieme inestricabile di con­ sti due campi che, come sappiamo, si compensano l’un l’altro *.
trari: il giorno e la notte, la nascita e la morte, la felicità e E se volessimo domandarci quale può essere la natura del co­
la sofferenza, il bene e il male. Ed è in se stesso, in ciò che fa sciente, la nostra attenzione dovrebbe essere risvegliata da un
di lui un individuo, un essere umano, che la coesistenza del co­ fatto: non è in effetti sorprendente che non appena si verifica
sciente e dell’inconscio mantiene una tensione. Perché la nostra un avvenimento nel cosmo, in noi sorge simultaneamente una
personalità è composta proprio di due elementi di differente immagine, grazie alla quale siamo coscienti di tale avvenimen­
natura, i cui urti o i cui momenti di armonia comanderanno to? Ora, questa coscienza non si crea da sola, ma emana da
tutto lo svolgimento dell’esistenza. profondità sconosciute, è come un bambino che quotidianamen­
te rinasce dal seno materno àeWinconscio2. D’altra parte la
coscienza stessa non è se non la coscienza dell’io; essa non
La personalità congloba la totalità della persona3.
Jung, che in un primo tempo aveva accettato le concezioni
freudiane della personalità, concezioni che, come sappiamo, com­
Le quattro funzioni della vita cosciente
portano per il fondatore della psicoanalisi Pio, il Super-io e l’Es
{Ich, Ueberich e Es), ha sviluppato, nel corso delle sue ricer­ Se procediamo piu avanti nella nostra indagine, scopriamo
che, uno schema un po’ diverso dellà psiche, cioè dell’insieme di che la coscienza, questa facoltà con cui siamo capaci di perce­
tutti i processi psichici, coscienti e inconsci12. pire e riconoscere il mondo esterno cosi come noi stessi nelle
Per cogliere la posizione e le reazioni di Jung di fronte alla nostre relazioni con l’esterno, si esercita utilizzando quattro
presente situazione della civiltà occidentale è necessario offrire funzioni fondamentali: il pensiero, il sentimento, la sensazione
un quadro ben articolato. Parecchi schemi si affiancano uno e Yintuizione. Cosa si intende per funzioni psichiche? Sono,
all’altro, completandosi ma non sempre sovrapponendosi l’uno ci dice Jung, una « attività psichica che permane costante an­
all’altro su ogni punto. Ogni schema in effetti traduce una di­ che col variare delle condizioni e assolutamente indipendente
versa veduta su una realtà la cui stessa ricchezza esclude le pos­ dai contenuti del momento » 4.
sibilità di rinchiuderla in una sola ed unica concezione. Il pensiero è la funzione che, attraverso un atto di conoscen­
za, tende a far capire il mondo e quindi ad adattarvisi, stabi­
La psiche lendo a tale scopo relazioni astratte e conclusioni logiche.
All’opposto si situa il sentimento che cerca di cogliere il mon-
Come abbiamo piu volte notato, la psiche è divisa in due
campi uniti e insieme divergenti, la coscienza e Vinconscio. L’io,
1 L ’homme à la découverte ecc., cit., pp. 82-90.
1 L ’homme ecc., cit., p. 82. 2 Afa vie, cit., p. 455.
2 Cfr. J. Jacobi, La psychologie de C. G. Jung. Neuchâtel-Paris. Delachaux er 3 L'âme et la vie, cit., p. 339.
Niestlé, 1950, p. 16. 4 Cfr. J. Jacobi, op. cit., p. 22.

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do valutandolo sul piano del « piacevole-spiacevole », o anche
e l’intuito, si oppongono e si escludono nella stessa misura in
di « accogliere-respingere ». Il sentimento mi indica il valore
cui si oppongono e si escludono il pensiero e il sentimento.
che un oggetto ha per me.
L’esperienza rivela però che l’uomo non utilizza mai, per
Le due funzioni, il pensiero e il sentimento, sono considerate
orientarsi e adattarsi alla realtà, piu d ’una di queste funzioni.
razionali, poiché entrambe formulano un giudizio fondato su
La funzione privilegiata, probabilmente determinata dalla di­
una valutazione: il pensiero compie l’atto di conoscenza e giu­
sposizione individuale di ciascuno di noi, di conseguenza si svi­
dica dal punto di vista del « vero-falso », mentre il sentimento,
luppa e diversifica sempre piu. Essa diviene in tal modo la
lasciandosi trasportare dall’emozione, non ha altro criterio del
funzione predominante e dà all’atteggiamento cosciente del sog­
« piacere-dispiacere ».
getto la sua direzione e la sua qualità. È questa a determinare
Queste due attitudini fondamentali si escludono l’un l’altra il tipo psicologico dell’individuo. Ben inteso, tale atteggiamento
e non possono comparire simultaneamente: una delle due deve comporterà tutte le possibili varianti individuali, quali appari­
predominare. ranno secondo il livello sociale, spirituale e morale degli indi­
Quanto alle altre due funzioni, la sensazione e l’intuizione, vidui.
Jung le definisce irrazionali poiché, non ricorrendo alla ragione Per cui la sfera d ’azione del nostro apparato psicologico deve
e non utilizzando il giudizio, dipendono da semplici percezioni essere rappresentata in modo tale che la funzione dominante,
senza che intervengano la valutazione e l’interpretazione. sia essa il pensiero o il sentimento o la sensazione o l’intuizione,
La sensazione coglie le cose così come sono (e mai altrimen­ appartenga interamente alla vita cosciente, mentre la funzione
ti). Essa ci indica per esempio se lo spazio in cui ci troviamo opposta, divenuta funzione inferiore, rimanga completamente
è vuoto o se in esso si trova qualche oggetto, e se questo og­ sprofondata nell’inconscio; le due altre funzioni devono essere
getto è immobile o si muove. Quanto all’intuizione, anch’essa situate parzialmente nel cosciente e parzialmente nell’inconscio.
si impadronisce delle cose attraverso la percezione, con la diffe­ Notiamo però che i quattro tipi determinati dalla funzione
renza che questa funzione viene esplicata non tanto tramite i dominante non vengono quasi mai trovati allo stato puro; tutta
sensi coscienti quanto mediante una specie di « percezione inte­ una gamma di tipi intermedi misti sottolinea le differenze tra
riore » inconscia che scopre le possibilità inerenti alle cose. Di gli esseri umani.
fronte a un magnifico paesaggio primaverile, l’individuo nel qua­ Ecco però che si stabilisce una vera autoregolazione. Quando
le domina la sensazione osserverà i fiori, gli alberi, il colore una delle funzioni è decisamente troppo sviluppata, per esem­
del cielo e li ricorderà in tutti i particolari, mentre l’intuitivo pio il pensiero nell’intellettuale puro, la funzione opposta, cioè
si accontenterà dell’impressione generale e dell’insieme del gio­ il sentimento, reclamerà una compensazione; essendo però stata
co dei colori. L’intuizione, funzione perfettamente normale e repressa, essa agirà soltanto utilizzando le sue possibilità piu
necessaria, ci permette di accedere a ciò che non possiamo sen­ fruste. L’intellettuale in questione si vedrà allora repentinamen­
tire né pensare in conseguenza a un’assenza di realtà percepi­ te e come subdolamente assalito da sentimenti puerili, sarà
bile, come il passato che non esiste piu o l’avvenire che non sommerso da visioni e sogni strettamente ancorati ai suoi istinti
possediamo fintantoché ci accontentiamo di immaginarlo. e si sentirà alla loro mercé. Ugualmente per l’uomo troppo
È dunque evidente che le due ultime funzioni, la sensazione esclusivamente intuitivo: spesso la funzione sensitiva trascura-

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ta prende impietosa e incomprensibile rivincita, costringendolo te, sempre suscettibile di esteriorizzarsi in emozionil. Scopria­
a tener conto della realtà che aveva sottovalutato. mo che gli affetti, attirando la coscienza, ci prendono in loro
dominio e talvolta ci spingono a comportamenti insensati. Non
è piu l’io a comandare, ma un altro essere, e questo fatto spiega
I livelli dell’inconscio come alcuni manifestano, in certi momenti affettivi, un carattere
A proposito dell’inconscio abbiamo già notato che si sud­ radicalmente opposto a quello che abitualmente conoscevamo2.
divide in inconscio personale e inconscio collettivo. Se il primo Infine, quarto e ultimo elemento dell’inconscio personale, le
contiene la totalità di quanto abbiamo dimenticato e rimosso, irruzioni dell’inconscio. Affioranti dai contenuti inconsci, esse
come anche tutto ciò che è percepito, pensato e sentito senza si impongono alla coscienza improvvisamente, come fulmini a
che sia stata superata la soglia della coscienza, l’inconscio col­ ciel sereno. Abitualmente sono fantasie o frammenti di fanta­
lettivo non possiede alcun carattere personale e non risulta as­ sie che si uniscono alla coscienza senza provocare eccessive tur­
solutamente dalle acquisizioni dell’io. È in questo campo col­ be affettive; esse possono concretarsi sotto forma di repentina
lettivo dell’inconscio che ritroviamo gli archetipi di cui ab­ impressione, di opinione, di pregiudizio, di illusione o, anche,
biamo parlato e le loro piu antiche manifestazioni quali i sim­ di allucinazione.
boli e i miti. Assai piu numerose di quanto avremmo supposto sono le
Jung stabilisce, come per la vita cosciente, un inventario persone che, almeno una volta nella loro vita, hanno cono­
degli elementi che possiamo distinguere nella vita inconscia, sciuto epoche in cui fatti singolari fecero irruzione nella loro
ed essi sono quattro. Primo fra tutti, giacché sfiorano la soglia coscienza, ispirando loro una profonda angoscia e un’appren­
della coscienza, possiamo dunque citare senza difficoltà i ricordi, sione che, con il senso di incongruenza, sono come i resti di
che scaturiscono certamente dall’interno di noi stessi. Essi sono antichi tabu 3.
composti di dati precedentemente immagazzinati che poi sfila­
no davanti alla nostra mente \ Quindi vengono le rimozioni
di ogni genere, le quali sono un modo semi-cosciente e semi­
Estroversione e introversione
intenzionale di lasciare le cose nell’indecisione, o anche un ten­ Rileviamo ancora, dominanti e inglobanti al contempo i campi
tativo di mascherare con il disprezzo l’impotenza e raggiungere del cosciente e dell’inconscio, due atteggiamenti generali del­
l’inaccessibile, o ancora il rifiuto di vedere, e questo rifiuto ci l’essere umano, che definiscono due classi di soggetti qualora
permette di non prendere coscienza dei nostri desideri12. si osservi il loro comportamento rispetto al mondo esterno e
Da una piu profonda sorgente sgorgano gli affetti, definiti interiore: Vestroversione e Yintroversione. Questo atteggiamen­
dalla psicologia corrente con il termine di emozioni. L’affetto, to, che governa l’insieme dei processi psichici, è il modo di
visto dalla psicologia analitica che basa i suoi fondamenti sulla reazione che determina in seguito il nostro modo di reagire, la
conservazione dell’energia, rievoca la carica energetica costan-

1 L’homme à la découverte ecc., cit., p. 105.


1 L ’homme à la découverte ecc., cit., p. 101. 2 Ibidem, p. 106.
2 L ’âme et la vie, cit., p. 317. 3 Ibidem, p. 124.

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presa di posizione verso le esperienze soggettive ed anche il I compagni deìl’io
modo in cui il nostro inconscio compensa la nostra vita co­
sciente. L'estroverso è caratterizzato dalla concentrazione del Jung ci propone una concezione supplementare della perso­
suo interesse sull’oggetto esterno, l’introverso dalla concentra­ nalità. Nel nuovo schema, frutto di una pratica psicoterapeutica
zione del suo interesse sui contenuti intrapsichici. L’estroverso sempre piu approfondita, la totalità psichica potrebbe essere
pensa, sente, agisce in rapporto all’oggetto esterno, è essenzial­ paragonata a un’abitazione al cui centro si sarebbe istallato l’io,
mente guidato dal mondo esterno. Contrariamente, nell’introver­ mentre delle sue facciate una guarda sulla strada e l’altra si
so, è la propria vita interiore a costituire il punto di partenza affaccia sui misteri di un giardino segreto.
del suo orientamento.
Estroversione e introversione si compensano l’un l’altra. Se 1. L’io, dicevamo, occupa il centro della dimora, l’io che, co­
il cosciente è estroverso, l’inconscio sarà introverso e viceversa. me sappiamo, partecipa tanto alla vita cosciente che alla vita
D’altronde soltanto una profonda trasformazione interiore do­ inconscia. Qui l’io si confonde col soggetto cosciente, ed è tale
vuta a uno spontaneo cambiamento di origine biologica (il pas­ titolo che la sua attività manifesta la personalità cosciente. Ma
saggio dalla giovinezza all’età matura e quindi alla vecchiaia) essere attivo presuppone l’intervento di una volontà, tanto che
od ottenuto in seguito a una laboriosa e lenta evoluzione psi­ dobbiamo considerare l’io come dotato di quella forza creativa
chica, può modificare l’atteggiamento psicologico generale e chiamata volontà, dipendente a sua volta da una funzione irra­
rendere estroverso un introverso o viceversa. zionale intuitiva, Ximmaginazione creatrice, la sola capace di
Se riprendiamo la tavola delle quattro funzioni della vita co­ suggerire alla volontà l’atteggiamento che permette di conci­
sciente — il pensiero, il sentimento, la sensazione e l’intuizione liare le opposizionil. Non dimentichiamo infine che l’io, in cui
— di cui ognuna può divenire la funzione dominante, e se com­ si concentrano tutte le rappresentazioni di cui siamo coscienti,
biniamo i quattro tipi funzionali con i due atteggiamenti gene­ è caratterizzato da un alto grado di continuità e di identità con
rali dell’introversione e. dell’estroversione, otteniamo una serie se stesso. I suoi interventi sono d’altronde decisivi, giacché
di otto tipi psicologici le cui sfumature permettono, tanto al soltanto esso è in grado di capire e apprezzare le manifesta­
semplice profano di psicologia che allo specialista piu esigente, zioni dell’inconscio e di prendere una posizione nei loro ri­
di classificare gli individui, quindi di distinguerli e situarli gli guardi 2.
uni in rapporto agli altri. La determinazione del tipo psicolo­
gico al quale ognuno appartiene può rivelarsi di grande utilità 2. Se ora rivolgiamo la nostra esplorazione verso l’esterno,
per appianare i conflitti tra individui e dissimili, poiché ognuno scopriamo un primo compagno dell’io che lo protegge in qual­
di noi è immancabilmente tentato a rinchiudersi nelle proprie che modo dal mondo esterno e gli permette di adattarvisi nel
reazioni, a tal punto da rendersi incapace di comprendere il miglior modo possibile: la persona, termine preso in prestito
punto di vista altrui quando il suo interlocutore appartiene a dal vocabolario del teatro antico, in cui la persona era, in ori-
un tipo psicologico diverso dal suo h
1 L ’homme à la découverte ecc., cit., p. 90.
2 Types psychologiques, Genève e Paris, Buchet-Chastel, 1948, pp. 117 e 478;
1 L'âme et la vie, cit., p. 293. Ma vie ecc., cit., p. 218.

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gine, la maschera portata dall’attore. « La persona », precisa lato tenebroso, questa ombra che non significa soltanto piccole
Jung, « è il sistema di adattamento o, meglio, il modo con cui debolezze e grani di bellezza, ma anche dinamismo spesso de­
comunichiamo con il mondo. Ogni stato, ogni professione, a moniaco
esempio, possiede una propria persona che la caratterizza. Il Talvolta l’ombra, anche se generalmente è qualcosa di infe­
pericolo consiste però nell’identificarsi alla propria persona: il riore e di disadattato, non ha il solo ruolo di compagno nega­
professore al suo manuale, il tenore alla sua voce. Possiamo di­ tivo. Essa ha in sé anche parecchie e autentiche qualità, istinti
re, senza tema di esagerare, che la persona è ciò che l’individuo normali, reazioni appropriate, percezioni realistiche e impulsi
in realtà non è, ma ciò che egli stesso e gli altri pensano che creativi che in molti casi possono ravvivare e abbellire resi­
sia » l. stenza 2.
La persona è anche — e in questo si conferma compagno Per alcuni aspetti possiamo affermare che l’ombra evoca, in
indispensabile dell’io — un compromesso tra l’individuo e la linguaggio immaginario, Vinconscio personale. E il termine om­
società. In un soggetto assai ben adattato sia al mondo esterno bra diviene allora piu di un semplice artificio linguistico, poi­
che al suo mondo interiore, la persona è una sorta di facciata ché appare come una personificazione, di cui i sogni posseggono
protettiva necessaria ed elastica, che assicura un contatto rela­ il segreto, piu volte riscoperti dallja produzione letteraria. Ri­
tivamente naturale, regolare e facile con tutto quanto viene cordiamoci dell’Uomo che ha perso la sua ombra di Chamisso,
dal di fuori. Essa può però mutarsi in una pericolosa trappola, della Donna senz’ombra di Hoffmannsthal o dei romanzi di Ri­
proprio per la facilità che offre all’uomo di dissimulare la sua der Haggard, Ella, Il ritorno di Ella e la Figlia della saggezza,
vera identità dietro la facciata della professione esercitata o al o ancora di Alfred de Musset che vede sorgere, nella Notte di
titolo di cui può fregiarsi. Troppi uomini, ahimè, non sono dicembre, a ogni svolta decisiva della sua esistenza, « uno stra­
niente di piu della dignità conferitagli dalla società 2. niero vestito di nero il quale gli rassomigliava come un fratello ».
3. L’uomo, nel suo complesso, è meno buono di quanto non 4. Inoltrandosi ulteriormente aH’interno del nostro essere, nel
immagini o di quanto vorrebbe essere. Egli porta in sé la parte segreto giardino che è in ognuno di noi, o meglio immergendosi
inferiore della sua personalità, la somma di tutti gli elementi ancor piu profondamente nei contenuti dell’inconscio, Jung vi
psichici personali e collettivi i quali, incompatibili con la forma scopre un compagno dell’io di primo acchito assai stupefacente,
di vita da lui coscientemente scelta, non sono stati vissuti. Tali Vanima-animus, che al contempo personifica la natura femminile
elementi si uniscono nell’inconscio, formandovi una personalità dell’inconscio dell’uomo e la natura maschile dell’inconscio del­
parziale relativamente autonoma, le cui tendenze sono diame­ la donna 3.
tralmente opposte a quelle della vita cosciente. Questa realtà Effettivamente nessun uomo è cosi totalmente mascolino da
psicologica è stata definita da Jung ombra, termine che sotto- non possedere una qualche caratteristica femminile. Spesso uo­
linea l’aspetto spaventoso del fatto che l’uomo abbia anche quel mini particolarmente virili nascondono assai bene una vita af-

1 Ibidem, p. 460. 1 Ma vie ecc., cit., p. 459.


2 L’âme et la vie, cit., p. 312. 2 Ibidem, p. 460.
3 Ibidem, p. 451.

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D ’altronde il sé rappresenta anche Io scopo della vita e, a
fettiva stranamente tenera e vulnerabile. Ora la rimozione del­
tale titolo, è la piu completa espressione di quella combina­
le tendenze femminili operata dall’uomo accumula nel suo in­
zione del destino chiamata individuo. La sua comparsa corri­
conscio tutto ciò che non può esprimere, deponendovi natural­
mente l’immagine della donna come egli la immagina e desidera. sponde a una presa di coscienza attraverso la quale diventiamo
L'anima è composta da queste tendenze e dalle immagini che veramente noi stessi. Un nuovo atteggiamento nei confronti
le accompagnano. Lo stesso fenomeno si ritrova nella donna: della vita porta allora a un rinnovamento della personalità, le
in essa .l'animus è costituito dalle tendenze mascoline la cui cui possibilità latenti si realizzano una dopo l’altra, dando una
rimozione approda all’immagine dell’uomo ideale *. nuova dimensione all’esistenza. Attraverso la forza del suo ir­
La bisessualità psichica è d ’altronde la riproduzione di un raggiamento, il sé congloba e avvince tutta la vita psichica;
fatto biologico: infatti il fattore decisivo nella determinazione e in seguito vedremo lo stesso Jung identificarlo con lo spirito.
dei sessi è costituito dal predominio di geni maschi o di geni Contrariamente all’io e agli altri compagni, il sé non può es­
femmine, il che non esclude però mai l’esistenza di geni di sere descritto; soltanto un’esperienza vissuta può permetterci
sesso contrario 2. di coglierne la dinamica. Scopriremmo allora che è incontesta­
bilmente il centro vitale di una struttura misteriosa: gli inizi
5. Infine, e riprendiamo il paragone della casa abitata dall’io della nostra vita psichica sembrano scaturire da questo punte
e dai suoi diversi associati, ecco apparire un nuovo compagno, inaccessibile, e tutti i fini superiori e supremi dell’esistenza
il sé, il cui carattere è assai diverso dagli altri compagni. Cosa vi convergono.
è esattamente? Uno straniero, ci spiega Jung, nel quale ci ri­ La realizzazione del sé non è un’azione egoista né una sper­
flettiamo ma che ci è originariamente proprio, un essere inte­ sonalizzazione di se stessi. Essa è una risposta alla non formu­
riore che è il nostro ceppo e da cui un giorno nacque l’io \ Per­ lata aspirazione della personalità totale, che raggruppa il co­
tanto è possibile distinguere l’io dal sé, poiché l’io non corri­ sciente e l’inconscio, e ha lo scopo di colmare le assenze e le
sponde alla totalità della'psiche, mentre il sé comprende non lacune oscuramente percepite '. Alcuni, tanto fra i positivisti quan­
soltanto il cosciente di cui l’io è il centro, ma abbraccia an­ to fra i credenti, hanno rimproverato a Jung di aver legato la
che la psiche inconscia e costituisce per questo stesso fatto una concezione del sé al concetto di Dio a tal punto da farli apparire
personalità piu ampia4. Nondimeno, una conoscenza intellet­ identici. Ma questa accusa non corrisponde a verità, e lo stesso
tuale anche approssimativa del sé rimane al di fuori delle no­ Jung è insorto contro questa confusione, indicando con molta
stre possibilità perché, per quanto considerevoli e estesi siano esattezza qual è ai suoi occhi la giusta relazione tra il sé e la
le zone di noi stessi di cui possiamo prendere coscienza, nondi­
vita religiosa. « Il sé — scrive — non è mai collocato in luogo
meno sussisterà una massa imprecisata di incoscienza che fa
e a< posto di Dio, può essere però il ricettacolo della grazia
propriamente parte del s é 5.
divina » 2.
1 L ’âme et la vie, cit., p. 153.
2 Ma vie ecc., cit., p. 451.
3 L ’âme et la vie, cit., p. 108. 1 L ’âme et la vie, cit., pp. 237 e 287-288.
4 Types ecc., cit.. pp. 479 e 386. 2 Cfr. C. Baudoin, op. cit., p. 228.
5 Ma vie ecc., cit., p. 462.

87
86
Lo sviluppo della personalità to è stato dispersol. L’accrescimento della personalità trova
la sua sorgente nell’inconscio di cui non potremmo fissare i
L’individuo si trasforma ininterrottamente: non vi è nessuno
lim iti2. Divenire una personalità non è una prerogativa del ge­
infatti che sia all’inizio come diventerà in seguito. Uno sviluppo
nio, poiché potremmo essere geniali senza possedere una perso­
della personalità è sempre possibile, soprattutto nella prima
nalità o senza esserne una. Come ogni individuo ha innato in
metà della vita. Spesso lo sviluppo dipende da un’influenza
sé una sua propria legge di vita, cosi ognuno ha almeno teori­
esterna, nel senso che nuovi contenuti vitali si riversano dal­
camente la possibilità di obbedire a questa legge e accedere
l’esterno nella personalità che li assimila.
alla personalità3. Ma soltanto colui che dirà coscientemente si
Nondimeno la vera espansione dell’uomo si realizza quando alle forze della sua vocazione interiore, quand’esse gli si pre­
la coscienza si allarga, grazie alle acquisizioni che gli giungono sentano, si realizzerà pienamente la personalità che deve essere.
dalle sorgenti interioril.
Una prima tappa deve però essere superata nella conquista
In simili condizioni possiamo comprendere come soltanto di noi stessi. È necessario che i diversi elementi componenti
l’adulto possa pervenire all’autentica personalità, giacché que­ la nostra psiche, tanto le quattro funzioni della vita cosciente
sta deve maturare a lungo e si presenta di fatto come un’attività — pensiero, sentimento, sensazione, intuizione — quanto l’in­
di vita tesa ad autoperfezionarsi. D ’altra -parte personalità asso­ tero inconscio — nel quale i ricordi, le rimozioni, gli affetti
lutamente complete si incontrano soltanto eccezionalmente; que­
e le irruzioni dell’inconscio attingono la loro forza non soltanto
sto limite però non ci impedisce di scoprire, anche tra coloro nella psicologia individuale, ma anche nell’inconscio colletti­
che abitualmente chiamiamo primitivi, personalità la cui forma
vo — è necessario, dicevamo, che questo insieme di elementi
mentis impone rispetto e che lasciano l’impressione di aver rea­
psichici trovi un equilibrio armonioso. La ricerca dell’armonia
lizzato un destino da nulla turbato e in cui è stato messo in
interiore, che si presenta spesso come una vera lotta per libe­
gioco l’intero essere 2.
rarsi dagli impedimenti psicologici che sopprimono ogni vera
È impressionante d ’altronde constatare come il cambiamento, libertà, richiede talvolta l’aiuto di un alleato, che altri non è
che è anche destino, corrisponde solo raramente a quanto si se non lo psicoterapista. L’azione liberatrice dello psicologo alla
aspettava la coscienza del soggetto. E non è ancor piu sorpren­ quale corrispondono le successive trasformazioni del soggetto libe­
dente osservare che questi cambiamenti spesso contraddicono rato, viene da Jung designata con il termine di processo di indi­
gli istinti piu radicati e che però possono essere un’espressione viduazione, e queste parole lasciano capire come l’individuo,
stranamente fedele della personalità totale3? È vero che per lungo un cammino spirituale che ricrea in lui l’equilibrio inte­
percorrere un esteso sviluppo psicologico non è necessaria una riore, ricupera, per la sua esistenza quotidiana, tutte le possi­
particolare intelligenza, né particolari talenti, ma abbisognano bilità che riposavano in lui e ritorna ad essere l’individuo che
invece qualità morali e una conoscenza di sé che raccolga quan realmente è.

1 L ’âme et la vie, cit., pp. 404-405.


2 Ibidem, 1 Ibidem, p. 399.
3 Ibidem, p. 434. 2 Ibidem, p. 402.
3 Ibidem, p. 400.

88
89
V
' V. Problemi d ’oggi

L’attuale situazione
Se vi è mai stata un’epoca in cui l’autenticità interiore e la
padronanza di sé costituiscono una necessità imperiosa, questa
è l’epoca catastrofica in cui stiamo vivendo. E cosa constatiamo
invece? Una coscienza egocentrica e piena di sé, da sembrare
la rana della favola che si picca di farsi grande come il bue,
conscia unicamente della propria presenza \ Autoipnotizzata, la
coscienza contemporanea si condanna inevitabilmente a disav­
venture che rischiano di distruggerla in un sol colpo 2. A questo
proposito ci sembra necessario aggiungere che è sempre perico­
loso alienarsi a profitto di una personalità artificiale, recitare
la commedia e presentarsi agli altri con una maschera che imma­
giniamo vantaggiosa mentre di fatto essa nasconde un’emotività
morbosa3. D’altra parte una vita egoistica, dove tutto tenda
alla valorizzazione dell’io, esercita una soffocante influenza non
soltanto su chi la vive, ma anche, e soprattutto, su coloro che
ne sono gli spettatori4.
Una delle piu perniciose illusioni è quella di cullarsi in uno
stato di autosoddisfazione, poiché un simile atteggiamento fa

1 L'âme et la vie, cit., p. 303.


2 Ibidem, p. 56
3 Ibidem p. 312.
4 Ibidem, p. 353.

91
da schermo a tutto ciò che è insopportabile e di conseguenza Certamente la falsa sicurezza dell’uomo moderno nasconde spes-
impedisce qualsiasi progresso; questo è però anche l’atteggia­ - so un senso di inferiorità che egli cerca di compensare masche­
mento piu difficilmente superabile '. Nella misura in cui, infe­ rando le sue emozioni. Ma un esame piu approfondito rivela
dele alla propria legge, l’uomo non si eleva alla personalità, gli che il senso di inferiorità, quando è sentito sul piano morale
si nasconde il senso della vita 12. come sofferenza, è il quasi infallibile sintomo del fatto che,
Ma stiamo attenti; non sono le circostanze esterne a togliere all’origine delle turbe interiori, si nasconde il rimpianto per
all’uomo la possibilità di riuscire nella vita, bensì è la sua inca­ qualcosa che manca e non dovrebbe mancare; il soggetto sente
pacità di amare3. Sotto questo aspetto l’influenza della folla segretamente questa anomalia e sospetta anche che dovrebbe
non è mai benefica, e sfortunatamente dobbiamo constatare che e potrebbe essere diverso se soltanto se ne desse la pena. In
una massa umana, foss’anco composta di uomini eccellenti, equi­ realtà il senso di inferiorità morale non deriva da un disaccordo
vale soltanto, per chi pensa alla sua propria moralità e intelli­ con la legge della morale comune, — legge, in alcuni casi, per­
genza, a una sorta di mostro balordo, ottuso, impulsivo e senza fino arbitraria; — è invece causato da un conflitto dell’indivi­
discernimento 4. duo con se stesso, con il sé, con la propria personalità global­
Non lasciamoci illudere dalle apparenze, poiché spesso esse mente considerata, sia cosciente che inconscia, la quale chiede
ingannano. Chiunque si compiace troppo della certezza è in imperiosamente di colmare i deficit e le lacune percepite oscura­
realtà pieno di incertezze. Inoltre, e malgrado tutti gli sforzi mente. Ogni complesso di inferiorità ha la sua ragione d’essere
pedagogici di cui si gloria la nostra civiltà, siamo ancora tal­ e corrisponde a un’autentica inferiorità, che però non è sempre
mente poco educati da aver bisogno di leggi esterne e coattive, là dove pensiamo si trovil.
cioè dei padre, per capire il bene e praticare la giustizia5. E Perché la legge morale è tu tt’altro che un male contro cui
poiché siamo ancora barbari, la semplice fede nel valore delle dobbiamo lottare; essa è una necessità interiore creata per sod­
leggi di natura e del destino umano ci appare come l’indice di disfare i bisogni piu intimi dell’uomo. La moralità non è una
un naturalismo pericoloso e immorale. Sotto il sottile strato di invenzione scoperta sul monte Sinai da un ambizioso di nome
vernice della nostra cultura trapela la bestia umana dalle pas­ Mosè; essa è parte integrante delle leggi della vita e si edifica
sioni incontrollabili. E non si è mai domato l’animale metten­ seguendo ‘un corso normale, come una casa, un battello o qual­
dolo in gabbia. La moralità è inseparabile dalla libertà; ma, per siasi altro strumento culturale 2.
essere liberi, dobbiamo in primo luogo vincere la barbarie. E D’altronde la moralità si accompagna a un senso di libertà
l’uomo vince la barbarie quando sente e percepisce le cause e che esiste in ognuno di noi anche quando si avverta la pre­
le motivazioni della moralità come altrettanti elementi apparte­ senza di cause precise che, di necessità, sono associate a tale
nenti alla propria natura e non come limiti posti dall’esterno. o talaltra conseguenza. Se la nostra volontà cosciente è a tal
punto impregnata della persuasione di una libertà sovrana, ciò
accade perché la libertà è una particella dell’oscura forza crea-
1 Ibidem, p. 301.
2 Ibidem, p. 410.
3 Ibidem, p. 136.
4 Ibidem, p. 221. 1 Ibidem, p. 288.
5 Ibidem, pp. 228 e 284. 2 Ibidem, pp. 284-285.

92 93
trice che alberga in noi e ci plasma, edifica incessantemente lisi, è j a vita soggettiva dell’individuo. Essa sola fa la storia, ed
il nostro essere, governa il nostro corpo, mantiene o distrugge è in essa che si compiono in primo luogo le grandi trasforma­
la sua struttura e crea nuove vite l. Tale potenza creativa agisce zioni. Noi siamo, in ciò che la nostra vita ha di piu privato
sempre senza curarsi delle convenzioni2. La grandezza dei per­ e di piu soggettivo, non soltanto le vittime ma anche gli artefici
sonaggi storici non è mai consistita nell’assoluta sottomissione del nostro tempo. Il nostro tempo siamo noi ’.
ai costumi dell’epoca; al contrario, la grandezza si è manife­ Ciò non impedisce alla nostra psiche personale e cosciente
stata nella libertà che li salvava dalle convenzioni3. di edificarsi sulle larghe basi di una disposizione mentale gene­
Per questa ragione anche le eruzioni distruttive delle forze rale e ereditaria che, in quanto tale, è inconscia e implicita.
creatrici, anche le contestazioni e le convulsioni sociali di ogni Quindi la nostra psiche personale sta alla psiche collettiva un
genere, se sembrano catastrofiche in quanto fenomeni di massa, po’ come l’individuo sta alla società. L’insieme dell’umanità è
sono in realtà una liberazione per l’individuo che si sottomette composta di individui isolati. Come sarà la psicologia dell’in­
a queste potenze superiori e mette il suo potere al loro servi­ sieme, cosi sarà anche la psicologia di ciascuno2. Psicologia
zio'4. Che avviene negli strati profondi del nostro essere? L’uo­ individuale e psicologia collettiva sono talmente sovrapposte e
mo colto — la contestazione si sviluppa soprattutto negli am­ agganciate una all’altra che il loro rispettivo equilibrio viene
bienti che hanno avuto libero accesso- alla cultura — si sforza facilmente compromesso dall’eccessivo sviluppo di una di esse.
di reprimere in sé l’uomo inferiore, si rende conto però che Cosi la realizzazione del rapporto sociale si attua soltanto, nella
cosi facendo costringe quest’ultimo a divenire rivoluzionario5. maggior parte dei casi, a spese della persona individuale 3.
I rapporti che uniscono l’individuo alla società sono com­ Ciò non toglie che i grandi movimenti che trasformano una
plessi. Tutto ci dimostra come l’uomo non potrebbe piu vivere civiltà inizino spesso nel piu appartato angolino e con cambia­
senza la società allo stesso modo in cui non potrebbe soprav­ menti che, di primo acchito, sembrano insignificanti4. Perché
vivere senza ossigeno, acqua, albumine, grassi. La società co­ le manifestazioni dello spirito sono singolari e multiple come
stituisce una delle condizioni stesse della sua esistenza. Ma come la creazione stessa.
sarebbe ridicolo sostenere che l’uomo vive per respirare l’aria, Per giungere *alla totalità, sia per l’individuo che per la col­
cosi sarebbe ridicolo dichiarare che egli esiste per la società6. lettività, è necessario che l’intero essere accetti di essere messo
Però non si danno progresso né perfezionamento delle con­ in causa. L’Europa, benché si parli spesso di impegno, per il
cezioni umane che non vadano di pari passo col progresso della momento si dimostra impotente a realizzare questa offerta to­
coscienza individuale7. I grandi eventi storici sono spesso pro­ tale di sé che costituisce l’esigenza assoluta di un perfeziona­
fondamente insignificanti. L’unica cosa essenziale* in ultima ana- mento teso alla totalità 5.
Come sanare la situazione? Con quale psicoterapia indivi-
1 Ibidem, p. 283.
2 Ibidem, p. 273.
3 Ibidem, p. 272. 1 Ibidem, p. 208.
4 Ibidem, p. 273. 2 Ibidem, p. 205.
5 Ibidem, p. 316. 3 Ibidem, p. 172.
6 Ibidem, p. 227. 4 Ibidem, p. 302.
7 Ibidem* p. 301. 5 Ibidem, p. 402.

94 95
duale o collettiva — giacché la psicologia di gruppo obbedisce
alle stesse leggi di quella individuale — bisognerà trattare que­
sto duplice malato che è l’uomo del nostro tempo e la società ROSARIVM
da lui edificata?
Tentando di definire la posizione assunta da Jung di fronte
a questo immenso problema, possiamo raggruppare in quattro
punti le proposizioni da lui formulate sotto i diversi aspetti
lungo tutto l’arco dei suoi scritti. Innanzitutto Jung invoca un
nuovo orientamento scientifico: tale rinnovamento dei metodi
scientifici avrà come conseguenza una psicologia allargata e
piu umana. In terzo luogo — e non è altro che lo sviluppo del
nuovo orientamento, — Vaffermazione dell’esistenza dell’anima,
con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Infine metodi
psicoterapeutici che non temano di ispirarsi ad altre culture che
non siano la nostra, e che rompano con tutti gli schemi dottri­
nari, anche con quelli ammantati della qualifica di scientifici.

Il ruolo della scienza


Una prima constatazione deve farci riflettere. Contrariamente
a quanto profetato da Ernest Renan e dai positivisti dell’ultimo
secolo, i progressi della conoscenza scientifica, lungi dall’aver
portato il paradiso sulla terra, hanno disumanizzato il mondo.
L’uomo contemporaneo si sente isolato nel cosmo, non piu im­
pegnato dalla natura, ha perduto il senso di partecipazione af­
fettiva ai fenomeni naturali, ciò che Lévy-Brühl chiamava « par­
tecipazione mistica » l.
Tutto sommato noi oggi raccogliamo i frutti dell’educazione
del secolo XIX, epoca in cui la Chiesa predicava all’adolescente
la fede cieca e l’Università si compiaceva di un intellettualismo
razionalista. Il risultato di questo insegnamento è che l’argo­
mento della fede e quello della ragione sono stati usati uno

1 L’homme et ses symboles, cit., p. 95

Illustrazione del Rosarium Philosophorum.

96 97
C. G. Jung. Nella pagina seguente: un’al­
tra illustrazione del Rosarium Philoso-
phorum.
pniLU ìsU FH U K V M .
fô'pfisfècundumçquaîitatê infpiflcntur. Soîuş contro l’altro e l’uomo moderno, stanco di queste dispute, vuole
cnim calor cêperatus f fi:hunndiran's infpifTatunis personalmente sperimentare quanto la realtà gli sottopone.
et mixiiònisperfcctiuus, et non Ïïiper excedens. Il procedimento non è stato intrapreso per capriccio: esso
costituisce invece un coraggioso tentativo nato da un altrettanto
N àgenera tiôes et procreationcs rcrû naturalii» profondo sgomento *. Crollate tutte le certezze metafisiche del­
babent folii fieri per tcperatifsrmûcalorëct equa l’uomo medioevale, abbiamo barattato queste certezze con un
lc,vti eft folus fìmus cquinus humidus et calidus. ideale di sicurezza materiale e di benessere generale 12. Ma quan­
to piu aumenta la sicurezza sociale, tanto piu cresce l’insicu­
rezza psicologica, dapprima inconscia e portatrice di nevrosi,
poi cosciente e suscitatrice di alterchi, separazioni, divorzi e di
altri attriti 3.
Ovviamente il problema non è di minimizzare i meriti della
scienza, il che equivarrebbe a segare il ramo su cui riposa lo
spirito europeo 4. È però pericoloso fare di una scienza lo scopo
assoluto, perché perseguendo simili ideali vediamo nascere al­
trettanti assoluti quante sono le scienze e le a rti5.
Quando la scienza diventa un fine in sé, l’uomo trova la sua
ragione d’essere soltanto nell’intelligenza, e lo stesso vale in
campo artistico o economico. Seguendo questa pericolosa stra­
da, la coscienza moderna si è disperatamente sbriciolata in tutti
questi « fini in sé », e gli uomini, coltivando qualità stretta-
mente specializzate, diventano essi stessi semplici strum enti6.
Lo scopo di una scienza è servire, e non ammantarsi di regalità;
deve anche imparare a mettersi al servizio di altre scienze si­
mili: soltanto allora diventerà il meraviglioso strumento della
mente occidentale 7. Ma deve ammettere che la natura, che essa
cerca di conoscere e dominare, non è unicamente composta di
materia, poiché lo spirito la compenetra e la anima 8.

1 L ’â m e e t la v ie , cit., pp. 372-373.


2 Ibidem, p. 369.
3 Ibidem, p. 166.
4 Ibidem, p. 257.
5 Ibidem, p. 256.
6 Ibidem, p. 358.
7 Ibidem, p. 256.
8 Ibidem, p. 339.

101
Lo scienziato deve innanzitutto allargare il suo orizzonte e pregiudizio, non si spaventano forse quando viene pronunciato
persuadersi che non tutto può essere ridotto a concezioni per­ il termine « inconscio », sentendo in esso il profilarsi di quel
fettamente razionali. La vita, nella sua pienezza, talvolta obbe­ misticismo inaccettabile nel nostro secolo illuminato? Simile paura
disce alle leggi, talvolta sfugge loro; a volte è razionale, altre dell’« altro lato » ha la sua vera causa nel timore di scuotere
volte irrazionale la sicurezza morale e scientifica cui la nostra razionale concezione
Si dà però qualcosa di piu grave: non appena il procedi­ del mondo ci ha abituati
mento da noi scelto razionalmente raggiunge una certa espan­
sione, possiamo essere certi di avere contemporaneamente esclu­
so tutta una serie di possibilità irrazionali, che però hanno al­ Verso una psicologia piu umana
trettanto diritto di essere vissute12. Quanto si presenta alla no­ I presupposti e il metodo della psicologia stessa devono essere
stra intelligenza senza equivoco e senza contraddizione esprime profondamente modificati.
un solo lato delle cose e, di conseguenza, è inadatto a espri­ La psicologia, troppo spesso ce ne dimentichiamo, è l’unica
mere l’inafferrabile3. A fianco delle verità razionali ve ne sono scienza che deve tenere conto del valore, cioè del sentimento,
di irrazionali, e la storia ci insegna che le grandi trasformazioni giacché attraverso il valore che noi attribuiamo ai fenomeni, si
dell’umanità non sono sempre avvenute attraverso il calcolo stabilisce il legame tra i fatti psichici e la vita. A questo punto si
intellettuale, ma anche attraverso vie che sfuggirono ai con­ insinua l’equivoco che trascina le menti critiche a formulare
temporanei — che le giudicarono insensate — e di cui se ne l’accusa secondo cui la psicologia non è materia scientifica. Ciò
comprese la veridicità soltanto molto piu tard i4. dimostra soltanto che costoro si rifiutano di tener conto della
D’altra parte — e riprendiamo un argomento già posto — è necessità, al contempo pratica e scientifica, di dare al sentimento
mai stato dimostrato e potrà mai essere provato che la vita e il e all’affettività il posto che spetta loro 2.
destino sono conformi alle leggi della ragione umana? Non ab­ D’altro canto l’obiettività — che consideriamo assoluta e che
biamo al contrario diritto di presumere che sono irrazionali e alcuni presentano come l’unico metodo scientifico, ma che spesso
che il loro fondamento in ultima istanza si situa in qualche viene confusa con un nuovo nominalismo per cui esistono sola­
modo oltre la ragione 5. mente convenzioni empiriche, le quali diventano verità nella mi­
Gli occidentali hanno avuto paura di un mondo incomprensi­ sura in cui sono comode e assicurano il successo — questa obiet­
bile, sono stati attanagliati dall’angoscia di intravvedere ciò che tività tanto esaltata poggia in realtà su un postulato dai limiti
potrebbe costituire « l’altro lato » della realtà a cui si sono intel­ ben definiti e quindi ristretto.
lettualmente avvicinati, quel « lato » che sfugge alla ragione ra­ II postulato, da noi già citato, è il seguente: ha valore sol­
gionante e dal quale l’ambiguità e l’imprevedibile sorgono, da tanto ciò che viene dall’esterno e che di conseguenza può essere
ogni parte. Alcuni individui colti che si credono liberi da ogni verificato. La dimostrazione ideale di questo punto di vista è
allora la conferma sperimentale. E l ’antitesi salta subito agli
1 Ibidem, p. 335.
2 Ibidem, p. 336.
3 Ibidem, p. 468.
4 Ibidem, p. 336. 1 Ibidem , p. 359.
5 Ibidem, p. 415. 2 L 'h o m m e e t ses s y m b o le s , cit., p. 99.

102 103
occhi; non è valido ciò che, venendo dall’interiore, non è suscet­ con le altre? 1 Dobbiamo inoltre ricordare che la psicologia è
tibile di una verifica sperimentale *. la piu giovane delle scienze: essa è appena nata e soffre ancora
D ’altra parte — e Jung lo ribadisce a piu riprese — dobbia­ di tutte le malattie infantili che, alla fine del Medio Evo, con­
mo diffidare del famoso principio dell’« osservazione pura », uti­ trassegnarono gli anni di sviluppo delle scienze naturali.
lizzato come criterio di conoscenza dalla psicologia obbiettiva. Alcuni psicologi pretendono di ridurre il campo dell’esperienza
Difatti pure l’osservazione è impossibile, e ogni psicologo teso mentale alla coscienza e ai suoi contenuti e si rifiutano, ancor
alla verità dovrebbe essere convinto che il proprio punto di vista oggi, di riconoscere la realtà dell’inconscio, anche se tutte le ri­
rappresenta unicamente un pregiudizio personale. Le spiegazioni cerche ne provano l’esistenza2. Altri vorrebbero ricondurre ogni
da lui proposte, è vero, valgono quante quelle di un altro ed è attività psichica al solo principio della sessualità generalizzata.
assai probabile che costituiscano, per parecchi osservatori, un’ipo­ Ma un vero spirito scientifico, lungi dal formulare soltanto teorie
tesi fondamentale soddisfacente. Resta nondimeno il fatto che in esclusiviste, deve al contrario ammettere che i processi dinamici
nessun caso lo psicologo deve lasciarsi cullare dalla scientifica della vita psichica non possono essere ricondotti a questo o quel­
illusione che un pregiudizio soggettivo possa repentinamente tra­ l’istinto \ In questa prospettiva, Jung propone di postulare resi­
sformarsi in una fondamentale e universale verità psichica. Perché stenza di un’ipotetica grandezza che spieghi il complesso della vita
in realtà in tal modo non giungiamo a una conclusione scientifica, psichica; questo dato è un’« energia » e Jung, riprendendo il senso
bensì a una credenza inficiata di fanatismo e di intolleranza 2. classico del termine, « libido », la chiama il « desiderio impe­
Nell’ambito della ricerca scientifica esiste un’incognita perso­ tuoso ». A questo punto possiamo comprendere agevolmente i
nale tanto psicologica che psicofisica, e anche il caso ha una diversi processi mentali, ma sussiste però ancora un mistero,
parte importante nell’elaborazione delle teorie e delle concezioni quello dell’evoluzione psichica dell’uom o4. Tale evoluzione, agli
scientifiche. In psicologia l’influenza di questa incognita personale occhi di Jung, non sarà mai completamente svelata poiché dipende
appare già dall’osservazione e dai risultati cui essa conduce3. dalle attitudini di ogni individuo. Come abbiamo già notato, lo
Ricordiamo che, a causa di una certa mediocrità intellettuale, sviluppo psicologico non è riservato agli individui particolar­
caratterizzata proprio da un razionalismo si illuminato ma abu­ mente dotati; non sono necessari infatti né un’intelligenza fuori
sivo, una teoria scientifica che semplifica i fatti costituisce un del comune né speciali talenti per realizzare una personalità; giac­
eccellente mezzo di difesa, grazie alla fiducia incrollabile e al ché all’intelligenza, quando sembra non basti, possono sostituirsi
contempo quasi religiosa accordata dall’uomo moderno a tutto le qualità morali. È allora che si realizza una personalità autentica,
ciò che porta 1’« etichetta » di scientifico4. grazie alle forze spirituali, tenute fino ad allora in riserva, che
Non è forse giusto riconoscere l’esistenza di parecchi atteggia­ infine trovano il loro pieno impiego 5.
menti psicologici, aventi tutti diritto alla vita anche se la loro Tuttavia fintantoché la psicologia vuole restare una scienza pu-
differenza conduce a un confronto di teorie incompatibili le une

1 Ibidem, p. 245.
1 L'âme et la vie, cit.. p. 249. 2 Ibidem, p. 246.
2 Ibidem, pp. 242-243. 3 Ibidem, p. 342.
3 Ibidem, p. 242. 4 Ibidem, p. 343.
4 Ibidem, p. 248. 5 Ibidem, p. 399.

104 105
ramente obbiettiva, essa rimane distante dalla vivente realtà uma­ cacemente chi soffre, avremo notato che per ben due volte, all’ini­
na, giacché non raggiunge altro scopo che quanto la scienza si zio e alla fine, compaiono le parole « anima umana », termini che
propone; ora tale scopo non è di descrivere esattamente i fatti, la psicologia scientifica ha bandito dal suo vocabolario. A tale
ma di scoprire una legge che sia anch’essa l’espressione sintetica scopo abbiamo riprodotto questa pagina. Perché la rinascita in­
di molteplici processil. D ’altra parte questa scienza, che come vocata da Jung — che, come egli ritiene, deve prendere il posto
abbiamo visto disumanizza il mondo, riesce a cogliere soltanto di una concezione desueta e incompleta della natura e degli scopi
mezza verità; l’altra metà, la piu vitale, gli sfugge totalmente della psicologia — e dall’altra parte il preconizzato abbandono di
proprio a causa di quella razionalizzazione di cui la scienza si un accademismo cristallizzato su posizioni superate, questo nuovo
gloria 2. Jung a questo proposito è categorico, ricordando quanto orientamento intravvisto da Jung per accostarsi alla psicologia,
un diretto contatto umano insegni allo psicologo e quanto invece è da lui riassunto in un’unica formula: Vaffermazione dell esisten­
un’esagerata obiettività lo lasci nell’ignoranza di quei problemi za dell’anima. Jung si applicherà a esporre minutamente le im­
che, in definitiva, sono quelli propri della psicologia 3. Aggiungen­ plicazioni di questa convinzione, che si presenterà sempre piu ne­
do una nota umoristica alle sue proposte, nella speranza di scuo­ cessaria nella misura in cui si arricchirà la sua esperienza di psi­
tere tradizioni e abitudini che giudica superficiali, Jung mette in coterapista.
guardia un giovane collega appena uscito dall’Università:

Colui che vuol conoscere l’animo umano non imparerà quasi nulla L’esistenza dell’anima
dalla psicologia sperimentale. Dobbiamo consigliargli di appendere a
un chiodo la scienza esatta, dispogliarsi del suo abito di scienziato, di Jun parte da una constatazione che ai suoi occhi assume la forza
dire addio a questo suo tipo di ricerca e di camminare per il mondo dell’evidenza. Uno dei termini della concezione del mondo che
con cuore umano, nel terrore delle prigioni, dei manicomi, degli ospe­ piu manca nel momento attuale gli sembra essere proprio la
dali; di vedere le taverne dei sobborghi, i bordelli, le bische, i saloni nozione di anima umana. La scienza positivista dei secoli XIX e
della società elegante, la borsa, i comizi socialisti, le chiese, i revival e XX si era assunta il compito di estromettere l’anima da ogni spie­
le estasi delle sette; di provare sulla propria carne amore e odio, le gazione scientifica, sia in campo medico che in campo psicologico,
passioni sotto tutte le loro forme. Allora ritornerà carico di una scien­ sociologico o psicoterapeutico. Se Jung protesta veementemente
za ben piu ricca di quella che gli avrebbero dato i manuali alti un contro simile ostracismo, non è, come alcuni potrebbero credere,
piede e potrà essere, per i malati, un vero conoscitore dell’animo per sostenere dottrine religiose o filosofiche, bensì per sostenere
umano4.
la scienza psicologica della quale egli desidera la massima estensio­
ne. Una delle sue opere piu suggestive non è del resto dedicata al
In questo testo vibrante dell’emozione di un uomo che vor­
problema dell’« uomo alla scoperta della sua anima », il cui titolo
rebbe rendere gli altri partecipi della sua ansia di aiutare effi-
originale tedesco, Wirklichkeit der Seele (la realtà dell’anima) è
quanto mai significante?
1 Ibidem, pp. 364 e 241-242.
2 L ’homme et ses symboles, cit., p. 95.
3 L ’âme et la vie, cit., p. 370.
4 Ibidem, p. 111.

106 107
I misfatti dell’intellettualismo énantiodromia, la corsa in senso opposto, parola che lascia inten­
dere come tutto si trasforma nel suo contrario. Questa legge è
Jung conosce la forza degli attuali pregiudizi, L’Occidente, dal verificabile in modo particolare nel campo della psicologia col­
secolo XVIII assoggettato alla filosofia dei lumi e, quindi, al po­ lettiva. Cosi l’attitudine razionale dell’uomo civilizzato sfocia ne­
sitivismo, ama servirsi della parola « spirito ». Lo « spirito » stes­ cessariamente nel suo contrario, cioè nella devastazione irrazio­
so ha però perduto, nel linguaggio moderno, il senso che aveva nale della sua cultura. Quando una tendenza estremamente unila­
conservato a lungo nel contesto della civiltà cristiana, quando rap­ terale domina la vita cosciente, possiamo essere quasi certi che
presentava lo scopo « positivo » che si doveva raggiungere. Dalla un atteggiamento altrettanto stabile viene gradualmente a costi­
fine del Medio Evo e soprattutto nel secolo XIX, il concetto di tuirsi nell’inconscio; quest’ultimo atteggiamento si manifesterà
spirito è degenerato in quello di intelletto. L’intelletto, che diven­ dapprima con un’inibizione e quindi con una progressiva inter­
ta allora la facoltà di capire, in opposizione alle sensazioni e alle ruzione del suo orientamento eccessivo unilaterale della vita co­
intuizioni, è realmente dannoso quando si arroga il diritto di es­ sciente '.
sere erede dello spirito. Il vero spirito è superiore all’intelletto poi­ La vita razionale, la si chiami intelligenza, intelletto, ragio­
ché congloba non soltanto quest’ultimo ma anche la sensibilità, il ne o, anche, spirito, è soltanto una parte della nostra vita psichi­
sentimento e l’intuizione, e si identifica cosi con quanto Jung, co­ ca. Il mondo non è compreso unicamente dall’intelletto ma anche
me abbiamo già visto, ha designato con il nome di sé. Il vero dal sentimento. E il giudizio intellettuale rappresenta tu tt’al piu
spirito, nella sua piena dinamica e non ridotto alla sola facoltà di la metà della verità 2. Ricordandosi del posto in cui Pascal, nel
capire e di ragionare, aspirando a luminose altezze sovrumane, è processo di conoscenza, collocava il cuore, il cuore che allo stesso
orientamento e principio di vita '. titolo dei sentimenti è una intuizione puramente conoscitiva che
Cosa scopriamo? Il nostro intelletto ha certamente compiuto si allarga in carità, Jung dichiara: « L’affermazione del cuore ri­
imprese prodigiose, e lo testimoniano le scoperte scientifiche e le guarda sempre l’insieme — al contrario dell’intelletto discriminan­
realizzazioni della tecnica, ma la nostra dimora spirituale cade in te. Le fibre del cuore echeggiano, come l’arpa eolia, unicamente al
rovina. Da non piu di cinquant’anni, con Bergson e altri pensatori, leggero soffio dell’umore pieno di presentimenti che nulla soffoca,
gli ultimi dei quali sono gli esistenzialisti, è iniziata una reazione ma che è in ascolto. Ciò che il cuore sente sono le grandi cose della
contro l’insopportabile predominio dell’intellettualismo, reazione vita, gli avvenimenti vissuti, mai organizzati da noi ma sempre
che ha però commesso subito l’errore di confondere l’intelletto subiti3.
con lo spirito e di attribuire a quest’ultimo i misfatti del primo 2.
E quale occasione migliore di questa per rendere omaggio a uno
dei maggiori saggi e sapienti dell’antichità, al vecchio Eraclito, La realtà dell’anima
che fu il primo a scoprire una delle piu stupefacenti leggi psicolo­ Il brano sopra citato ci riconduce alla teoria della realtà del­
giche, cioè la funzione regolatrice dei contrari? 3 Egli la chiamò l’anima che Jung ritiene sia essenziale e debba venire salvaguar-

1 Ibidem, p. 331. 1 Ibidem, p. 445.


2 Ibidem. 2 L ’âme et la vie, cit., p. 340.
3 Types psychologiques. cit., pp. 444-445. 3 Ibidem, pp. 340-341.

108 109
data. Chiunque voglia studiare l’anima deve iniziare col non nata continuamente a quella totalità che è la nostra anima in cui
confonderla con la propria coscienza. Al contrario è necessario l’inconscio, tanto individuale che collettivo, supplisce alle distra­
riconoscere quanto essa si differenzi dalla coscienza l. Cosi un’au­ zioni e alle debolezze della coscienza stessa.
tentica fantasia creatrice si rivela essere la vera attività dell’anima, Però l’anima — ed è questa una delle sue piu importanti ca­
essa prorompe ovunque cede il dominio della coscienza o quando ratteristiche, — possiede una particolare dinamica, una forza se­
questa svanisce nel sonno. Ma l’anima, riflesso del mondo e del­ greta che le conferisce la parte inconscia che è in lei. Ogni qual
l’uomo, è talmente variata e complessa da dover essere conside­ volta sorgono difficoltà impreviste o è in pericolo la vita psichica,
rata sotto molte e differenti angolazioni. In effetti dimentichiamo entra in azione una sorta di autoregolazione che ristabilisce la si­
troppo facilmente che l’anima è il solo fenomeno del mondo a noi tuazione. L’anima non possiede unicamente meccanismi istintivi
immediatamente accessibile: per questa ragione essa rappresenta di difesa che intervengono automaticamente ogni volta che la
la condizione indispensabile ad ogni esperienza generale dell’uni­ miseria interiore raggiunge il suo culmine, ma « tutto avviene co­
verso 2. me se, al culmine della malattia, gli elementi distruttivi si trasfor­
Ovviamente il concetto di una vita perpetuamente mutevole massero in elementi salutari » ’. E questo non è indicativo di una
dell’anima ci conforta assai meno della rigida serenità di una dot­ spontanea attività dell’anima? Talvolta tale attività autonoma si
trina. Ma un essere provvisto di anima è un essere vivente: acuisce a tal punto da suscitare la percezione di una voce interio­
l’anima è il nucleo vitale dell’uom o3. « Possedere un’anima è re o di una visione, creando cosi un’originale esperienza di questa
l’avventura della vita, poiché l’anima è un demone dispensatore attività spirituale.
di vita che conduce il suo gioco di elfo al di sotto dell’esistenza Accade anche che lo psicoterapista, teso a far ritrovare la pace
umana » 4. e l’armonia interna al malato torturato dall’angoscia, sia condotto
L’anima, identificata spesso da Jung con la psiche, è una realtà a fare un’esperienza singolarmente commovente: dopo aver bran­
psicologica che, utilizzando al contempo la vita psichica e il corpo colato per settimane intere e anche per mesi senza ottenere risul­
umano proprio della nostra specie, fa di ognuno di noi una per­ tati apparenti, ecco che improvvisamente, come se avesse toccato
sonalità a parte. L’anima, ove si uniscono il cosciente e l’inconscio, una leva nascosta che mette in moto ogni cosa, vede prodursi una
si sviluppa in noi in tutto l’arco della nostra vita. L’infanzia non trasformazione; il malato diventa un essere nuovo, ed è egli stesso
è forse uno sforzo per liberarci dell’inconscio e non è forse vero a trovare, con stupefacente sagacia, quanto va fatto per vincere
che appena la nostra attenzione si rilassa vi ricadiamo? È il no­ la malattia. Questo autentico dinamismo, che permette di sco­
stro inconscio ad assicurare la continuità della persona: se do­ prire nuove soluzioni, mai prima intravviste, adatte all’individuo
vessimo contare soltanto sulla nostra vita cosciente sempre inter­ a tal punto da valere soltanto per lui, la perfetta autoregolazione
rotta, che ne sarebbe della nostra unità personale? La coscienza, che riconcilia il soggetto alle sorgenti della vita, è tu tt’altro del­
che rappresenta solamente una parte della vita psichica, è subordi- l’autoregolazione delle macchine anche le piu perfette. Le macchi­
ne infatti non creeranno mai alcunché di nuovo, né giungeranno
1 Ibidem, p. 27.
2 Ibidem, p. 28.
3 Ibidem, p. 35.
4 Ibidem, p. 41. 1 La guérison psychologique, Genève e Paris. Buchet-Chastel, 1953, p. 297.

110 I li
a invertire il valore di un fenomeno o a trasformare in realtà sa­ indica le misure da prendere affinché, nella pratica, e tanto nell’in­
lutare quanto prima era soltanto un fattore di distruzione. dividuo quanto in seno alla società, l’anima possa esercitare la
È cosi che agli occhi di Jung, sempre attento a scrutare le mol­ sua azione.
teplici manifestazioni del dinamismo dell’anima, la morale stessa, Jung inizia ricordando alcuni degli ostacoli che si frappongono
lungi dall’essere una semplice conseguenza dello stato sociale, si alla realizzazione dell’anima. Cosi, quando cessa l’armoniosa colla­
presenta anche come regolazione dell’attività umana ad opera del­ borazione delle forze psichiche nella nostra vita instintiva, l’anima
l’uomo stesso. Essa non è imposta dall’esterno con la forza, per­ soffre per una ferita sempre aperta e mai guarita, perché se una
ché in ultima analisi, ognuno la porta a priori in sé, non sotto for­ delle sue funzioni psichiche — il pensiero, il sentimento, la sensa­
ma di legge come predisposizione di natura morale l. Un dinami­ zione e l’intuizione — si accresce smisuratamente, si avrà uno
smo vivente si trova sempre — e potrebbero essere citati a soste­ squilibrio di cui le altre funzioni soffriranno come fiori abbando­
gno altri esempi — all’origine di tale attività spirituale, la quale nati che sfioriscono
distingue l’uomo non soltanto dalle macchine da lui inventate, In noi d’altra parte non può crescere alcun bene positivo sen­
ma anche dagli animali piu evoluti. za che di fronte ad esso si erga il suo contrario. Perciò il male che
La concezione allargata della natura dell’anima considerata co­ respingiamo, ma che malgrado tutto reclama il suo diritto alla
me la totalità del cosciente e dell’inconscio, la quale, come ab­ vita, non è costituito nell’uomo che ha perso coscienza di quanto
biamo già rilevato, la identifica con il sé e con lo spirito, avviene in lui, tanto da quanto l’attira verso il piacere, quanto da
comporta a sua volta una nuova conseguenza messa in piena luce ciò che egli teme 2.
da Jung. È effettivamente importante che in ogni individuo l’io Tale complementarità del bene e del male non significa in
cosciente collabori con l’attività inconscia allo scopo di creare un alcun modo che queste categorie non esistano o non siano valide.
« individuo psicologico », in altre parole un’unità autonoma e AI contrario, il giudizio morale, anche nell’individuo che se ne
indivisibile. L’inconscio, che può diventare una forza ostile, fun­ crede affrancato, resta ovunque e sempre presente, con tutte le
ziona in modo soddisfacente soltanto se la coscienza adempie a sue conseguenze psicologiche. Avviene cosi che un’ingiustizia
sua volta al proprio compito fino al limite del possibile. Tale colla­ commessa o progettata, o anche soltanto pensata, si vendichi sulla
borazione sarà fruttuosa se — e Jung usa un linguaggio militare — nostra anima 3.
la direzione delle operazioni, ritornerà all’inconscio, mentre alla A questo punto tocchiamo il problema del male a cui nessuno
coscienza spetteranno la critica, le scelte e le decisioni2. sfugge, e tale questione pone enigmi insolubili. Ed è proprio il
problema personale e individuale che merita, sopra ogni altro, la
Esigenze di una psicoterapia efficace nostra attenzione. Chi agisce quando viene commesso il male? È
in ultima istanza la risposta a tale quesito a decidere realmente
Dopo aver ricuperato sul piano concettuale la nozione di anima del valore della nostra azione. Alla lunga l’azione giusta compiuta
umana, considerata ormai come una realtà della vita psichica, Jung

1 L ’âme et la vie, cit., p. 30.


1 Psychologie de l ’incoscient, cit., p. 62. 2 Ibidem, p. 309.
2 Ibidem, p. 213. 3 Ma vie ecc, cit., p. 374.

112 113
dal malvagio avrà solamente effetti disastrosi, mentre una cattiva psicoterapista e del paziente stesso devono essere diretti alla rea­
azione commessa da un uomo retto sarà quasi priva di conse­ lizzazione dell’uomo « totale », al sè, a questo essere nascosto e
guenze funeste \ non ancora manifestatosi, all’individuo potenziale che al contempo
Per questa ragione colui che desidera trovare una risposta al è l’uomo piu completo e quello del domani. Ora il giusto cam­
problema del male, come oggi si pone, ha bisogno in primo luo­ mino verso la totalità è costellato di errori e di svolte. È una via
go di conoscersi profondamente. Egli deve sapere, senza pudori, lunga e tortuosa, nella quale si devono armonizzare le opposizioni
di quanto bene e di quali atti turpi è capace z. Per conoscersi però che ancora sussistono in noi, lungo la quale dobbiamo riconciliar­
l’uomo ha bisogno di un interlocutore. Le confessioni che facciamo ci con noi stessil.
a noi stessi non hanno pressoché conseguenze pratiche. Di contro, Conviene però tenere conto delle età della vita. Se l’adolescente,
quando la confessione è rivolta a qualcun altro, possiamo atten­ ancora disadattato e alla ricerca di successi, ha bisogno di formarsi
derci risultati duraturi3. Chi però riceve la confessione abbia cura un io tanto efficiente quanto possibile e quindi, per ottenere ciò, di
di non esercitare alcun tipo di professione. Infatti educare la sua volontà, diversamente sarà per l’uomo che ha rag­
giunto la seconda metà della sua esistenza, il quale non ha bi­
io so per esperienza che qualsiasi costrizione, dalla piu discreta allusione sogno di formare la sua volontà cosciente, ma deve utilizzare, per
fino alla suggestione vera e propria, nelle forme piu diverse e graduate cogliere intelligentemente il senso della propria vita individuale,
dell’influenza, non rappresenta in ultima analisi che un ostacolo alla
l’esperienza della propria natura. Perché il mezzogiorno della vita
esperienza fra tutte la piu importante e decisiva, quella cioè di rimanere
soli con sé stessi, con il proprio sé, a prescindere dal nome che si sia
è il momento della massima espansione, in cui l’uomo è intera­
scelto per indicare l’obiettività dell’anima 4. mente all’opera, con tutte le sue possibilità e la sua volontà. Ma
è anche il momento in cui nasce il crepuscolo. La passione cambia
Il nostro passato sopravvive in noi piu di quanto non immagi­ volto e prende il nome di dovere. Non è piu in avanti ma è all’in-
niamo e condiziona il nostro presente. Parecchi adulti continuano dietro cui involontariamente guardiamo 123456.
a vivere nel quadro familiare della loro infanzia; e se in questo Viene quindi il pomeriggio dell’esistenza. Questo periodo, pur
quadro non sono stati risolti problemi effettivi, il disadattamento possedendo altrettanta validità quanta ne ha il mattino, ha però
permane e si sviluppa fino a provocare la nevrosi5. Inoltre — e senso diverso e il suo fine è un altro. L’uomo che invecchia deve
ne facciamo l’esperienza incessantemente — la vita non vissuta, sapere che la sua vita non è piu in fase ascendente né in espan­
l’ideale intravvisto ma non mai realizzato diventano in noi irresi­ sione, ma che una impietosa forza interna la restringe. Il suo do­
stibili potenze distruttive 6. vere non è allora di considerare il suo sè con serietà? Deve soprat­
In presenza di un essere interiormente turbato, gli sforzi dello tutto imparare ad accettare la sua vecchiaia, perché resta uomo
vitale soltanto chi vuol morire a un tempo medesimo con la vita 3.
Cosi ogni tempo dell’esistenza ha le sue gioie e i suoi vantag­
1 L ’âme et la vie, cit., p. 323.
2 Ma vie ecc., cit., p. 375.
3 L'âme et la vie, cit., p. 122.
4 Ibidem, p. 117. 1 Ibidem, p. 133.
5 Ibidem, p. 130. 2 Ibidem, pp. 179-181.
6 Ibidem, p. 164. 3 Ibidem, pp. 183-184.

114 li
gi, anche se troppi non ne denunciamo che i fastidi. Ricordiamoci noi dobbiamo ricordarci che l’amore migliora l’uomo mentre l’odio
quindi che l’uomo maturo del nostro tempo ha un premente bi­ lç rende peggiore, anche quando l’odio è rivolto contro noi stessi.
sogno di cultura individuale, lui che, per tutto l’arco della gio­ La ragione di ogni giorno, il buon senso, la scienza stessa non
vinezza e dell’adolescenza, ha dovuto subire le pressioni col­ apportano soluzioni al problema della sofferenza, e non superano
lettive *. mai la frontiera della piu banale realtà '. Perché è nell’inconscio
Nell’adulto è frequente ogni genere di turbe nevrotiche. Ma che si dispiega la sofferenza dell’anima, e se non vi poniamo ri­
curiosamente esse si rassomigliano in quanto tutte hanno la ca­ medio, la fragile barriera, che protegge la nostra vita cosciente
ratteristica di trasferire la psicologia fìsica della fase giovanile al dalla potenza distruttrice della sofferenza, rischia di crollare. In
di là delle soglie dei quarant’ anni. Chi non conosce almeno uno di parecchi casi le nevrosi psichiche hanno come causa profonda una
quei vecchi signori patetici che non cessano mai di rivivere i ri­ sofferenza dell’anima che non ha trovato la sua ragione d’essere 2.
cordi del tempo in cui erano studenti e riescono a ravvivare la Dai tempi piu remoti e dalle fasi piu primitive, l’uomo ha avuto
fiamma della vita soltanto riguardando l’epoca del loro omerico coscienza di questo pericolo che mette a repentaglio l’anima. I
eroismo, ma che però rimangono attaccati alla loro vita di filistei riti religiosi e magici non avevano il solo scopo di metterlo al ri­
senza speranze e senza avvenimenti? 2. paro da queste minacce, e di guarirlo dalle devastazioni psichiche
Ritorniamo all’uomo « totale », all’anima che deve divenire che avevano scosso la sua anima. Le religioni sono sempre state
realtà per ognuno di noi. Abbiamo visto quale ruolo ricopre anche sistemi atti ad alleviare le sofferenze dell’anima, e tra esse in modo
inconsciamente il sempre presente giudizio morale, le cui conse­ particolare le due piu grandi, il cristianesimo e il buddismo.
guenze psicologiche sono inevitabili. La sua influenza è tale che, Nondimeno se il problema è affrontato dal punto di vista psi­
volendo ignorare, non soltanto non ci accostiamo alla felicità che cologico e pedagogico, ci accorgiamo che una meta precisa è alla
ci può procurare, ma non raggiungiamo nemmeno quel vitale nostra portata, nel mondo in cui viviamo, ed è quella di mirare
senso di colpa, senza del quale un uomo non potrà mai pervenire allo sviluppo e poi alla maturazione della personalità individuale.
alla totalità e resterà disperatamente alla ricerca della sua ani­ I piu efficaci non saranno necessariamente i mezzi e gli interventi
ma 3. Ma l’uomo ha paura di riconoscersi colpevole e l’io coscien­ piu spettacolari. Un’osservazione avanzata da Jung a questo pro­
te sente la propria colpevolezza come una sorta di autosacrificio, posito deve farci riflettere e darci al contempo fiducia. Dopo aver
giacché gli sarà necessario riparare al male commesso. Pertanto è ricordato come l’incontro con esseri umani d’ogni genere e di di­
attraverso il sacrificio di noi stessi — e spesso sarà il senso di colpa versissimi livelli psicologici fu per lui di incomparabile valore.
a renderci coscienti di nuanto bisogna abbandonare — che noi Jung aggiunge queste parole:
guadagniamo noi stessi, che accediamo al sè, che ritroviamo la
nostra anima. Le piu belle e, di conseguenza, anche le piu faticose conversazioni della
Nel cammino verso la realizzazione delle possibilità che sono in mia vita sono anonime 3.

1 Ibidem, p. 185. 1 Ibidem, pp. 325-329.


2 Ibidem, p. 184. 2 Ibidem, p. 330.
3 Ibidem, p. 126. 3 Ma vie eco., cit., p. 172.

116 117
Il ruolo d e ll arte l’anima del suo tempo l. Nella sua opera, che traduce nel linguag­
gio attuale le immagini che la quasi totalità della comunità umana
Perché riesca l’opera di correzione della mentalità in generale e
non riesce a fissare, ognuno può ritrovare l’accesso alle piu pro­
penetri in essa « quel piu » d ’anima di cui ha bisogno, non è suf­
fonde sorgenti della vita. Risiede in questo il ruolo sociale dell’ar­
ficiente trasformare l’io cosciente e volontario, che rappresenta
tista, il quale lavora continuamente per educare lo spirito della
soltanto la metà di essa mente. Deve essere acquisito anche l’in­
sua epoca, facendo sorgere in esso le forme che piu le mancano 2.
conscio, e non solamente l’inconscio individuale ma anche l’in­
conscio collettivo.
Sotto questo aspetto l’arte è di prezioso aiuto perché rappre­ I contributi della saggezza orientale
senta, nella vita delle nazioni, un processo di autoregolazione spi­
rituale di straordinaria forza l. Il segreto della creazione artistica Altre risorse sono però alla nostra portata al fine di rinnovare
e dell’azione esercitata dall’opera d ’arte consiste in effetti nel la nostra cultura. Troppo a lungo l’occidente ha vissuto nella
ricondurre gli uomini allo stato originale della loro anima; quindi, certezza della sua assoluta superiorità, prendendo in esame le altre
su questo piano, non è piu l’individuo ma l’intero gruppo a vi­ civiltà unicamente per denunciarne le debolezze e di conseguenza
brare alle sollecitazioni del vissuto; non si tratta piu della fortuna per rafforzare il proprio orgoglio.
o della disgrazia di un solo essere, ma della vita di tu tti2. Il tempo ha riconosciuto che la nostra coscienza occidentale
L’artista, nel senso piu profondo del termine, è lo strumento non è in nessun caso la coscienza assoluta. Essa è condizionata
della sua opera. Ovviamente, in quanto uomo, potrà avere malu­ dalla nostra storia, limitata dalla geografia, e rappresentata sola­
mori, capricci e mire egoistiche. In quanto artista però è « uo­ mente una parte dell’umanità. L’invasione degli europei in orien­
mo » nel senso piu elevato della parola, è un essere collettivo che te, che fu un atto di violenza in grande stile, ci ha lasciato l’obbli­
porta ed esprime l’anima inconscia dell’umanità. Talvolta dà perfi­ go di capire lo spirito orientale, e questo ci è piu necessario di
no l’impressione che la personalità creativa in lui si syiluppi a quanto non supponiamo3.
spese della personalità umana 3. In lui si produce un dualismo: Non si tratta di imitare l’oriente con atteggiamento servile, il
da una parte è l’uomo personale, dall’altra è il processo creativo che sarebbe un tragico errore perché antipsicologico 4. Un salutare
ma impersonale. Se è autenticamente creativo, l’artista deve pa­ avvertimento ci viene fornito a questo proposito dal modo in
gare a caro prezzo la scintilla divina del suo genio4. Questo ci cui l’uomo occidentale ha voluto troppo spesso copiare lo Yoga.
Intraprendendo da solo e senza l’aiuto di un guru gli esercizi pro­
ricorda come le forze creative irrazionali, che nell’arte si manife­
posti, ha trasformato lo Yoga in un problema di volontà e di co­
stano con maggiore chiarezza che in altri campi, si beffano di ogni
scienza di sé, rafforzando in tal modo il cosciente in rapporto al­
sforzo razionale 5. Non ci stupiremo quindi se l’artista si rivela
l’inconscio, che è proprio quanto lo Yoga vuole evitare 5.
senza volerlo, come ogni vero profeta, interprete dei segreti del-

1 L ’âme et la vie, cit., p. 271. 1 Ibidem, p. 268.


2 Ibidem, p. 267. 2 Ibidem, p. 269.
3 Ibidem, pp. 269-270. 3 Ibidem, p. 377.
4 Ibidem, pp. 273-274. 4 Ibidem, p. 379.
5 Ibidem, p. 259. 5 Ibidem, p. 378.

118 119
Invece di tentare di imitare ciò che ci è tipicamente estraneo, il sè della sua personalità — supera le proprie forme anteriori.
cerchiamo di edificare con cura una nuova civiltà occidentale con Paragonate alla vita dello spirito sempre rinnovantesi attraverso
occhi aperti su piu vasti orizzonti. La saggezza e la mistica orien­ la storia, i nomi e le forme cui gli uomini si sforzano di aggrap­
tali hanno molto da insegnarci anche quando trasmettono un mes­ parsi sono poca cosa, perché gli esseri, in ultima analisi, non sono
saggio difficilmente assimilabile. Esse ci ricordano che nella no­ nulla di piu che frutti e foglie caduche sul tronco dell’albero
stra cultura vi è qualcosa di analogo, che forse abbiamo trascu­ eterno *.
rato; attirano la nostra attenzione su quanto respingiamo in noi La vita è lo scorrere, il riversarsi nell’avvenire, e non una sta­
perché lo consideriamo privo di importanza, sul destino della gnazione o un rifluire e nemmeno un perpetuo ritorno di quanto
nostra umanità interiore ‘. Rinnegare la nostra cultura sarebbe una una volta fu 2. La vita, tanto quella della collettività che quella
follia oltreché il mezzo piu sicuro per trascinarci verso un nuovo degli individui, è dinamica. Nulla del passato e poco del pre­
sradicamento. Ma un’accresciuta conoscenza della spiritualità orien­ sente può essere cambiato; di contro è nostro l’avvenire, ricco
tale può divenire per noi l’espressione simbolica del fatto che co­ di possibilità, idoneo a cogliere le piu alte tensioni della for­
minciamo a entrare in relazione con quanto ci è interiormente za di vivere 3.
estraneo: in altri termini costituisce l’annuncio di una ricerca per­ Non facciamoci spaventare dalle incertezze e dalle contestazioni
sonale tesa a meglio cogliere ciò che si muove nel nostro incon­ del tempo presente. Ogni malattia che dissocia un mondo costi­
scio 2. tuisce allo stesso tempo un processo di guarigione; è come il pun­
Comprenderemo allora che ogni cambiamento generale ha la to culminante di una gestazione annunciato dai dolori del parto 4.
sua origine nel singolo individuo che ne ha l’intuizione: sta a lui Ricordiamoci infine che le turbe spirituali che sconvolgono l’in­
realizzarlo. Questa trasformazione può germogliare unicamente dividuo hanno anche un aspetto positivo. È dalla sofferenza del­
nell’individuo e può manifestarsi appunto individualmente in l’anima che germoglia ogni creazione spirituale ed è da questa che
ciascuno di noi. Nessuno può permettersi di aspettare, guardandosi prende vita ogni progresso dell’uomo in quanto spirito5.
intorno, che qualcun altro compia ciò che egli non vuole fare 3.
Per il momento non sappiamo piu, o ancora, quali profondità
dell’anima siano state sconvolte dalla nuova era in cui siamo en­
trati. Ma abbiamo scoperto che merita di esser vissuta solamente
una vita che ci superi. L’esistenza, che vede unicamente l’io,
esercita un’influenza soffocante non soltanto su colui che la vive,
ma anche su tutti coloro che ne sono gli spettatori. Mentre uno
spirito vitale — e questo è il caso dell’uomo che ha trovato la
sua anima, che ha realizzato la sua « totalità », che ha interpretato
1 L’âme et la vie, cit., p. 353.
2 Ibidem, p. 387.
1 Ibidem, p. 380. 3 Ibidem.
2 Ibidem, p. 381. 4 Ibidem, pp. 457-458.
3 L’homme et ses symboles, cit., p. 101. 5 Ibidem, p. 330.

120 121
Testi esemplari
Il nostro perturbato mondo moderno

Il nostro mondo è, per cosi dire, dissociato allo stesso modo dei
nevrotici, e la cortina di ferro ne rappresenta la simbolica linea
di spartizione. L’uomo occidentale, rendendosi conto dell’aggressi­
vo desiderio di potenza dell’Est, si vede obbligato a prendere
straordinarie misure di difesa. Contemporaneamente però egli si
illude a proposito della propria virtù e delle sue buone intenzioni.
Ciò che egli non vede è che questi sono i suoi stessi vizi, da lui
dissimulati sul piano internazionale sotto la maschera delle buone
maniere che il mondo comunista gli rimbalza senza vergogna e
metodicamente, in modo aperto. Quanto l’Ovest ha tollerato in
segreto, con un leggero senso di vergogna (cioè la menzogna di­
plomatica, la frode sistematica, le velate minacce), gli è oggi ser­
vito apertamente, e con prodigalità, dall’Est; e questo contrac­
cambio provoca in noi « nodi » nevrotici. È la faccia contorta del­
la propria cattiva « ombra » che l’uomo occidentale vede ghigna­
re dall’altro lato della cortina di ferro.
E questo stato di cose spiega lo strano senso di impotenza di
cui soffrono tanti individui nelle società occidentali. Essi hanno
cominciato a capire che le difficoltà contro cui urtano, derivano
da problemi morali, e che il tentativo di rispondere ad essi me­
diante un’accumulazione di armi nucleari o con la « competizio­
ne » economica, ha poco effetto perché è un’arma a doppio taglio.
Molti tra noi oggi comprendono che sarebbero piu efficaci i ri-

125
medi morali e intellettuali, poiché essi darebbero un’immunità quel che costi, affinché sia preservato l’istinto di conservazione del
psichica contro un contagio che non cessa di estendersi. cittadino; perché l’uomo, privato delle radici nutritive dei suoi
Tutto ciò che abbiamo intrapreso fino ad ora ha avuto notoria­ istinti, è in balia del vento. Non è piu nient’altro che un animale
mente pochi risultati, e continuerà ad essere cosi fintantoché noi malato, demoralizzato e degenerato, e soltanto passando per una
tenteremo di convincerci e di convincere il mondo, che sono sol­ catastrofe ha la possibilità di riacquistare la salute.
tanto loro (cioè a dire i nostri avversari) ad avere torto. Varrebbe
(Aspects du drame contemporain, cit., pp. 151-152)
molto di piu uno sforzo sincero per riconoscere negli altri la no­
stra propria ombra, e la sua azione nefasta. Se potessimo vedere
questa ombra (il lato tenebroso della nostra natura), saremmo
È un fatto evidente che la moralità di una società, presa nella
immunizzati contro ogni contagio intellettuale e morale. Nell’at­
tuale stato di cose, ci apriamo da noi stessi la strada del conta­ sua totalità, è inversamente proporzionale alla sua massa, perché
gio poiché, praticamente, facciamo le stesse cose che fanno loro. quanto piu è grande il numero degli individui che vi sono riuniti,
tanto piu vengono cancellati gli attori individuali e nello stesso
Noi però siamo afflitti dall’ulteriore svantaggio di non vedere e
tempo anche la moralità che riposa interamente sul senso etico
di non voler capire ciò che facciamo sotto il velo delle buone
di ognuno .e, per il fatto stesso, sulla libertà dell’individuo, indi­
maniere.
spensabile al suo esercizio. Per questa ragione ogni individuo,
(L'homme et ses symboles, cit., p. 85)
in quanto membro della società, è inconsciamente piu cattivo, in
un certo senso, di quanto non sia quando agisce come unità pie­
namente responsabile. Perché, quando è fuso nella società, egli
I cristiani spesso chiedono per quale motivo Dio non parli piu
è in una certa misura libero dalla sua responsabilità individuale.
loro, come si crede abbia fatto un tempo. Quando mi viene pro­
posto questo problema, mi ricordo sempre di quel rabbino al (L’âme et la vie, cit., pp. 220-221)
quale era stato domandato perché, mentre Dio era apparso tanto
frequentemente agli uomini di una volta, nessuno lo ha visto piu
al giorno d ’oggi. Il rabbino aveva risposto: « Oggi non c’è piu Un’autorità che conduce con saggezza e prudenza la barca dello
nessuno che sia capace di chinarsi cosi in basso ». Stato, lasciando alla natura — di cui fa parte anche lo spirito —
(Ibidem, p. 102) spazio sufficiente, non ha bisogno di temere la sua prematura
decadenza. Riconosciamolo: dobbiamo constatare che una testi­
monianza poco lusinghiera della mancanza di maturità dell’uomo
L’estensione continua della previdenza dello Stato va certa­ europeo consiste nel fatto che egli auspica e anzi necessita di
mente in un senso molto giusto, essa però dà molto da pensare un’autorità accresciuta. Però, che lo vogliamo o no, non pos­
perché annulla la responsabilità individuale e produce caratteri siamo eludere il fatto che milioni di individui, in Europa, sono
infantili e gregari. Inoltre essa si accompagna al pericolo che in­ sfuggiti all’autorità ecclesiastica come anche all’onnipotenza pa­
dividui irresponsabili amministrino gli uomini capaci, come era triarcale di re e imperatori. Le masse liberate manifestano allora
accaduto su vasta scala in Germania. È necessario vigilare, costi (di fronte a se stesse) un senso di colpevolezza che deriva sia

126 127
dalla loro mancanza di tradizioni, sia dalla loro puerilità, e sono
assolutamente pronte a divenire vittime cieche e insensate della
prima potenza che si investirà dell’autorità: dobbiamo fare i con­
ti con l’immaturità degli uomini come fatto innegabile.
Z E IT S C H R IF T F Ü R A N W E N D U N G ,
(Ibidem, p. 348)
D E R . P S Y C H O A N A L Y S E A U F D IE

L’uomo ha difficoltà ad abbandonare le vie e i metodi della


sua infanzia, necessari allora, e nocivi poi, quando appunto la
loro nocività largamente si dimostra. Lo stesso accade, ingrandi­
to gigantescamente, in relazione ai cambiamenti di atteggiamento
nella storia. A una data religione corrisponde un atteggiamento ge­
J G E IS T E S W IS S E N S C H A F T E N

H ER A U SG EG EBEN V O N
nerale e i cambiamenti di religione sono momenti estremamente
penosi nella storia del mondo... È vero che la nostra epoca a PROF. DE S1GM. FREUD
questo proposito è di una cecità senza pari. Pensiamo che basti
dichiarare falsa e priva di valore una forma di confessione per R E D IG IE R T V O N
liberarci psicologicamente di tutte le conseguenze tradizionali del­ OTTO R A N K u . Dü H A N N S SA C H S
le religioni ebrea o cristiana. Crediamo ai lumi razionali, come
se una modifica deH’orientamento intellettuale avesse mai in I. BAND
qualche modo avuto una qualunque influenza sui moti del senti­
mento o anche sull’inconscio. Dimentichiamo completamente che
la religione, da duemila anni, è un atteggiamento psicologico, una
forma determinata di adattamento esteriore e interiore, da cui è
uscita una determinata forma di cultura, che crea un’atmosfera
che non può influenzare nessuna negazione da parte dell’intelletto.
(Ibidem, p. 437)

Abbiamo sempre bisogno di un punto esterno sul quale pog­ 1912


giare, per poter adoperare efficacemente la leva della critica. Que­
sto vale particolarmente per i fatti psicologici, in cui, per natura,
HUGO HELLER&.CÄ
siamo molto piu coinvolti con la nostra soggettività che in qual­ L E IP Z IG u . W 1 E N - I - B A U E R N M a r K J 3
siasi altra scienza. Per esempio, come potremmo renderci conto
Testata della rivista Im a g o .

128
Eine Teufelsneurose
im s ie b z e h n te n J a h r h u n d e r t

ron

Sigm. F re u d

1924

Internationaler Psychoanalytischer Verlag


Leipzig / Wien / Zürich

Frontespizio di U n a n e v r o s i d e m o n ia c a d e l sec. X V I I . Nella pagina prece­


dente: ritratto di Freud.

131
delle caratteristiche nazionali, se non avessimo mai avuto l’occa­
sione di considerare la nostra nazione dall’esterno ? Considerarla
dall’esterno significa considerarla dal punto di vista di un’altra
nazione. Per poterlo fare, dobbiamo acquistare una sufficiente
conoscenza dell’anima straniera, e nel corso di questo processo
di assimilazione urtiamo in tutte quelle incompatibilità che costi­
tuiscono il pregiudizio e le caratteristiche nazionali. Tutto ciò che
ci irrita negli altri può cosi portarci alla comprensione di noi
stessi. Capisco l’Inghilterra soltanto quando vedo in che cosa io,
svizzero, non mi adatto ad essa. Capisco l’Europa, il nostro pro­
blema piu grande, solo quando vedo in che cosa io, come europeo,
non mi adatto al mondo. Grazie alla mia conoscenza di molti ame­
ricani, e ai miei viaggi in America e all’interno di quel continen­
te, ho acquistato una considerevole conoscenza e capacità di cri­
tica del carattere europeo; mi è sempre parso che non ci possa
essere nulla di piu utile, per un europeo, che osservare l’Europa,
una volta o l’altra, dalla cima di un grattacielo. Quando contem­
plai per la prima volta lo spettacolo europeo dal Sahara, circon­
dato da una civiltà che ha con la nostra piu o meno la stessa rela­
zione dell’antichità romana con i tempi moderni, mi resi conto di
quanto completamente, persino in America, fossi ancora impac­
ciato e legato dalla coscienza culturale dell’uomo bianco. Fu al­
lora che maturò in me il desiderio di portare piu a fondo i para­
goni storici, scendendo a livelli ancora inferiori di civiltà.
(da Ricordi, sogni e riflessioni di C. G. Jung, Milano,
Il Saggiatore, 1965, pp. 278-279)

Il germe del male dissociante mise radici nell’animo umano il


giorno in cui nacque la coscienza, al contempo bene supremo e
sorgente di ogni male. È difficile giudicare il presente immediato
nel quale viviamo. Se ci riportiamo però alla storia della malattia
spirituale dell’umanità, troviamo casi anteriori che potremo molto
piu facilmente giudicare. Una delle crisi piu gravi è costituita
Ritratto di C. G. Jung.

132 133

J
i
dalla malattia del mondo romano del primo secolo dell’era cri­ psichica. Siamo minacciati da guerre spaventose e rivoluzioni, le
stiana. Il fenomeno di dissociazione si rivelò con spaccature di quali altro non sono che epidemie psichiche. In ogni momento,
un’ampiezza mai vista che disgregarono Io stato politico e sociale, qualche milione di uomini può essere afferrato da una follia che
le convinzioni religiose e filosofiche, e passarono attraverso una ci precipiterebbe nuovamente in una guerra mondiale o in una
deplorevole decadenza delle arti e delle scienze. Riduciamo l’uma­ rivoluzione devastatrice. Invece di essere esposto a pericoli rap­
nità di allora alle proporzioni di un solo individuo; ci troviamo presentati da bestie feroci, da acque straripanti o da montagne
di fronte a una personalità altamente differenziata da tutti i punti che franano, l’uomo d’oggi è minacciato dalle elementari potenze
di vista, che all’inizio è riuscita, con estrema sicurezza di sé, a della psiche. La psiche è una grande potenza che supera di molto
estendere la sua potenza a tutto il suo seguito ma che, una volta tutte le potenze terrestri. Il secolo dei lumi, che ha tolto alla
ottenuto il successo, si è dispersa in parecchie occupazioni e in­ natura e alle istituzioni umane il loro carattere divino, ha igno­
teressi differenti; al punto da finire per dimenticarsi la propria rato il dio del terrore che dimora nell’anima. Il timor di Dio è
origine, le sue tradizioni e anche i propri ricordi personali, e da piu spiegabile in rapporto all’estrema potenza della psiche che per
immaginarsi di essere identica ad altra cosa, il che la precipita in qualunque altra ragione.
un irrimediabile conflitto con se stessa. Questo conflitto provoca Ma sono semplici astrazioni. Ognuno sa che quel diavolo di
alla fine un tale stato di debolezza che l’ambiente, precedente- intelletto ha ben altri modi di esprimersi. È invece ben diverso se
mente soffocato, fa un’irruzione devastatrice che accelera il pro­ questo psichismo, duro come granito, obiettivo e pesante come il
cesso di decomposizione. piombo, si oppone all individuo sotto forma di esperienza inte­
Lo studio della natura dell’anima, a cui mi sono dedicato per riore e gli dice, con voce appena percettibile: « È cosi che ciò av­
parecchi decenni, mi ha imposto, cosi come ad altri studiosi, il verrà, che quello deve accadere ». Allora l’uomo si sente chia­
principio di non considerare mai un fatto psichico sotto un unico mato, come i gruppi sociali quando si tratta di guerra, di rivo­
aspetto, ma di tener sempre conto anche del suo aspetto contra­ luzioni o di qualunque altra follia. Non è invano che la nostra
rio. Giacché un’esperienza, per quanto poco vasta, mostra che le epoca invoca proprio la personalità salvatrice, cioè colui che si
cose hanno almeno due lati, e spesso ne hanno anche di piu. La distingue dalla ineluttabile potenza della collettività liberandosi in
massima di Disraeli di non prendere troppo alla leggera le cose tal modo, spiritualmente. Egli accende per gli altri una luce di
insignificanti e troppo a cuore le cose importanti è un’altra espres­ speranza, e annuncia che almeno un essere è riuscito a sfuggire
sione della stessa verità; una terza versione potrebbe esserci for­ alla funesta identificazione con l’anima di gruppo. Infatti, a causa
nita dall’ipotesi che ogni manifestazione psichica è compensata della propria incoscienza, il gruppo non può decidere liberamen­
interiormente dal suo contrario, o, per ricondurci ai proverbi, te, e questo avviene perché la psiche produce in lui tutto il suo
che « gli estremi si toccano » e « non tutto il male viene per effetto, come una legge naturale che nulla può ostacolare. Il grup­
po si incammina allora in un corso causalmente determinato che
(L’homme à la découverte de son âme, cit., pp. 43-44) si arresta soltanto con la catastrofe. Il popolo aspira sempre al­
l’eroe, uccisore di draghi, quando sente il pericolo dello psichico;
Le catastrofi gigantesche che ci minacciano non sono avveni da qui il grido di richiamo alla personalità.
menti elementari di natura fisica o biologica, esse sono di natura (Problèmes de l’âme moderne, cit., pp. 258-259)

134 135
!
Ma dimentico che, almeno apparentemente, noi uomini occi­ L’uomo e la natura - Il contadino
dentali ignoriamo ancora questo fatto: mentre noi sconvolgiamo
il suo mondo materiale con la superiorità delle nostre conoscenze
tecniche, l’oriente, dal canto suo, getta lo scompiglio nel nostro
mondo spirituale con le superiori conoscenze psichiche. Non ab­
biamo ancora pensato che, se noi lo dominiamo dall’esterno,
l’oriente potrebbe conquistarci dall’interno.
... L ’oriente sembra effettivamente avere un qualche rapporto
con la causa della nostra attuale trasformazione psichica. L’orien­
te però non è un monastero tibetano di Mahatmah; ma dimora
essenzialmente nel nostro intimo. È indubbiamente la nostra ani­ Sappiamo che lo sviluppo accelerato delle città con la divisio­
ma che crea nuove forme spirituali, forme che racchiudono realtà ne del lavoro che favorisce la produttività, la crescente indu­
psichiche capaci di opporre freni salutari alla sfrenata sete di strializzazione dei piani, e l’aumento di sicurezza della vita, sot­
saccheggio dell’uomo ariano. E forse qualcosa di analogo a quel traggono agli uomini parecchie occasioni per liberarsi delle loro
restringersi della vita che in oriente assume l’aspetto di una pe­ energie affettive. Il contadino con la sua attività estremamente
ricolosa acquiescenza; è forse una sorta di stabilità dell’esistenza diversificata, attività che gli procura, grazie ai suoi contenuti sim­
che compare necessariamente quando le esigenze dell’anima diven­ bolici, soddisfazioni inconsce, ignote e irraggiungibili sia all’ope­
gono tanto pressanti quanto i bisogni della vita sociale. Siamo raio dell’officina sia al burocrate — la vita a contatto della natura,
però ancora ben lontani dall’età dell’americanismo; non ci tro­ i bei momenti in cui il contadino, padrone e fecondatore della
viamo piuttosto, e piu semplicemente, all’inizio di una nuova terra, affonda il suo aratro nel terreno, in cui con gesto regale
cultura psichica? Non ho la pretesa di atteggiarmi a profeta, ma sparge le sementi delle future messi, la sua comprensibile ango­
mi sembra che non possiamo tratteggiare un quadro molto pre­ scia di fronte alla potenza distruttiva degli elementi, la sua gioia
ciso del problema psichico dell’uomo moderno, senza sottoli­ di fronte alla fecondità della sua sposa che gli dona figli e figlie
neare l’aspirazione alla quiete nello stato d ’inquietudine e alla che rappresentano per lui un aumento di forza lavorativa e un
sicurezza nello stato di insicurezza. maggior benessere — ahimè! noialtri gente di città, moderne
(Ibidem, pp. 187-189) macchine cittadine, quanto siamo lontani da tutto questo! Non
siamo forse già privi della piu naturale e della piu bella di tutte
le soddisfazioni fin dalla venuta della nostra propria semenza,
della « benedizione » dei nostri bambini, che non possiamo piu
guardare con gioia completa? Potremmo contare sulle dita di una
mano i matrimoni in cui fioriscono tutte le arti dell’alcova. Non
è forse questo un primo addio alla gioia donata da madre natura
ai suoi figli primigenii? Può sgorgare da tutto ciò una qualche
soddisfazione? (L’âme et la vie, cit., pp. 189-190)

136
Il processo di civilizzazione medesimo consiste nel domare pro­ Le età della vita
gressivamente tutto quanto vi è di animale nell’uomo; addome­
sticamento che non potrebbe attuarsi senza ribellione da parte
della sua natura animale, assetata di libertà. Cosi di quando in
quando una sorta di ebbrezza si impadronisce dell’umanità, che
si infrange essa stessa sempre piu contro le costrizioni della ci­
vilizzazione. L’antichità ne è stata testimone quando il flutto del­
le orge demoniache, venute dall’Oriente, si è abbattuto su di lei.
Queste orge divennero parte integrante, essenziale e caratteristica
della cultura antica; lo spirito che le animava ha contribuito non
poco allo sviluppo, in numerose sette e in parecchie scuole filo­ Immaginate un sole animato da sentimenti umani e dalla po­
sofiche dell’ultimo secolo avanti Cristo, dell’ideale stoico del­ tenza umana del tempo. Il mattino nasce dal mare notturno del­
l’ascetismo; in questo modo scaturirono dal caos politeista di l’inconscio ed osserva il vasto e variegato mondo di cui aumenta
quell’epoca, le religioni ascetiche di Mitra e di Cristo. Una se­ la comprensione a misura che si alza nel cielo. All’allargarsi del
conda ondata di ebbrezza e di libertà si impadronì del mondo suo campo d ’azione, che deriva dalla sua ascesa, il sole si ren­
occidentale all’epoca del Rinascimento. È difficile esprimere un derà conto della propria importanza e scorgerà il fine dal punto
giudizio sulla propria epoca; tuttavia nell’elenco dei problemi ri­ piu alto e nella piu grande estensione della sua benedizione. Con
voluzionari sollevati dalla prima metà del secolo XX, assume rilie­ questa convinzione raggiungerà lo Zenith, che non aveva mai so­
vo il « problema sessuale » che generò tutta una letteratura di gnato, perché la sua esistenza individuale, che è unica, non po­
un genere particolare. La psicanalisi, ai suoi inizi, afionda le pro­ teva conoscere prima il suo punto culminante. A mezzogiorno co­
prie radici in « questo movimento » che influenzò in modo essen­ mincia la discesa che determina una inversione di tutti i valori
ziale e unilaterale la formazione delle sue concezioni teoriche. e degli ideali del mattino.
Giacché nessuno riesce mai a sottrarsi alle correnti contempora­ (Ibidem, pp. 181-182)
nee nelle quali è immerso. Quindi il « problema sessuale » è
stato ricacciato sullo sfondo, in larga parte, dai problemi poli­
tici e da quelli della concezione del mondo. Ma ciò non modi­ Il passaggio dal mattino al pomeriggio della vita avviene attra­
fica assolutamente il fatto essenziale che la natura umana, istin­ verso una sorta di trasmutazione dei valori. Si impone la neces­
tiva, urta continuamente con i limiti imposti e valorizzati dalla sità di riconoscere la validità non già dei nostri antichi ideali,
civilizzazione. Questi talvolta cambiano nome, la situazione gene­ ma dei loro contrari, d ’avvertire l’errore in quello che fino a
rale rimane tuttavia fondamentalmente la stessa. quel momento era la nostra convinzione, di sentire la menzogna
(Ibidem, pp. 192-193) in ciò che era la verità e di valutare quanta resistenza ed anche
animosità vi fosse in ciò che noi credevamo amore.
Il vino della giovinezza non sempre si schiarisce nell’età ma­
tura, a volte si intorbidisce.

138 139
Senza essere preparati gli uomini raggiungono la seconda metà sario continuare a guadagnare denaro senza tregua ed allargare
della vita. Esistono da qualche parte scuole, e non soltanto scuole la propria esistenza oltre ogni limite ragionevole?
superiori o di un grado piu elevato, che preparino i quarantenni Colui che trasporta cosi la legge del mattino, cioè lo scopo na­
alla loro vita di domani e alle sue esigenze come le università turale, senza bisogno, nel pomeriggio della vita, subirà per questo
e le scuole superiori danno ai giovani una prima conoscenza del danni psichici esattamente come il giovane che, volendo conser­
mondo e della vita? Non esistono. È all’improvviso che perve­ vare nell’età adulta il suo egoismo infantile, paga il suo errore
niamo al mezzogiorno della vita; peggio ancora, vi giungiamo con le sconfitte sociali.
armati delle idee precostituite, degli ideali, delle verità che ave­ (Ibidem, pp. 185-186)
vamo fino ad allora. È impossibile vivere la sera della vita se­
condo gli stessi canoni del mattino, poiché ciò che allora era di
grande importanza ne avrà poca adesso e la verità del mattino Non dimentichiamo che sono molto pochi gli artisti della vita;
sarà l’errore della sera. l’arte di vivere è la più nobile e la più rara di tutte; chi riesce
Tanto la nostra educazione collettiva si preoccupa di educare a vuotare in bellezza tutto il contenuto della coppa? Troppe cose
la gioventù quanto poco pensa all’educazione dell’adulto del qua­ restano che molti non hanno vissuto e che del resto colla miglior
le si suppone sempre — non si sa a che titolo — non ne abbia più volontà del mondo non avrebbero potuto vivere, di modo che
bisogno. Per questo passaggio straordinariamente importante dal­ essi arrivano alla soglia della vecchiaia carichi di desideri non
l’attitudine biologica all’attitudine culturale, per la trasformazione realizzati, che li costringono a volgere involontariamente lo sguar­
dell’energia dalla sua forma biologica alla sua forma culturale do verso il passato.
egli è per cosi dire provvisto di consigli. Questo processo di tra­ Per uomini simili il volgersi indietro è particolarmente dan­
sformazione, essendo un processo individuale, non può essere di­ noso. Essi hanno bisogno di avere una prospettiva pel domani,
retto da regole e preclusioni generali. uno scopo per l’avvenire. Perciò tutte le grandi religioni hanno
(Ibidem, pp. 181-182) le loro promesse dell’al di là, pongono uno scopo ultraterreno da
raggiungere, permettendo cosi ai mortali di tendere verso una
meta nella seconda metà della vita, come nella prima. Ma se mete
quali l’espansione e l’elevazione suprema della vita appaiono
L’uomo non raggiungerebbe certamente i settanta o gli ottan- plausibili all’uomo odierno, l’idea della continuazione dopo la
t’anni se la durata della vita non corrispondesse al senso della morte gli sembra dubbia ed oltremodo incredibile. La fine della
sua esistenza. Cosi anche il pomeriggio della vita deve avere un vita, cioè la morte, non può essere uno scopo ragionevole se
senso ed uno scopo propri, non può essere solamente un misero non quando la vita è cosi penosa, che si è contenti di vederla
prolungamento del mattino. Quest’ultimo ha certamente come finire, oppure se si è convinti che il sole cerchi il suo declino
scopo lo sviluppo degli individui, il suo consolidarsi e il suo « per illuminare popoli lontani » per la stessa ragione per cui si
riprodursi nel mondo esterno, cosi come il pensiero del proprio innalzava verso il mezzogiorno. Ai nostri giorni, disgraziatamente,
declino — tale è evidentemente il suo scopo naturale — . Una la fede è divenuta un’arte cosi difficile, da essere quasi inaccessi­
volta raggiunto, largamente raggiunto, questo obiettivo, è neces- bile, soprattutto per la parte colta dell’umanità. Si è troppo abi-

140 141
tuati a pensare che suH’immortalifà esistano una quantità di idee zione vitale sarà disturbata da questa idea, se invece io mi ci
contraddittorie senza prove decisive. Siccome la parola scienza è sento al sicuro, posso viverci a mio agio e normalmente. Per la
il solo grande termine contemporaneo che sembri avere un’asso­ salute mentale sarebbe bene poter pensare che la morte non è
luta forza persuasiva, si esigono prove « scientifiche ». Ma le per­ che un passaggio, una parte di un grande, lungo e sconosciuto
sone colte e che pensano sanno perfettamente che una simile prova processo vitale. Sebbene la maggior parte degli uomini ignori la
è filosoficamente impossibile. Non si può sapere assolutamente ragione per cui il corpo abbisogna di sale, cerchiamo tutti di pro­
nulla a questo proposito. curarcene, per un bisogno istintivo. Altrettanto accade per le cose
Mi sarà concesso di osservare che, per le stesse ragioni, non psichiche. La maggior parte degli uomini, in ogni tempo, ha sen­
possiamo sapere se non accade nulla dopo la morte? La risposta tito la necessità di credere alla sopravvivenza. Questa constata­
è un non liquet, né positiva, né negativa. In realtà non sappiamo zione non ci porta al di fuori, ma nel bel mezzo della grande
in proposito nulla di scientificamente determinato; di fronte a via strategica della vita umana. Pensando che la vita oltrepassi
questo problema ci troviamo come di fronte alla questione di i confini della morte, noi agiamo secondo il senso della vita, an­
sapere se Marte è o non è abitato; e per gli abitanti di Marte, che se il significato di questa idea ci sfugge.
se ve ne sono, è del tutto indifferente che noi affermiamo o ne­ (Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna,
ghiamo la loro esistenza. Essi possono esserci o no. Altrettanto Torino. Einaudi. 1 9 6 4 . p p . 1 8 7 -1 8 9 )
dicasi per ciò che riguarda Pimmortalità. Potremmo dunque la­
sciare da parte questo problema.
Ma a questo punto si ridesta la mia coscienza di medico, per por­
tare a questo problema un contributo essenziale. In effetti, ho
osservato che una vita orientata verso uno scopo è, in genere,
migliore, piu ricca, piu seria di una vita senza scopo, ed ho pure
osservato che è preferibile avanzare seguendo il cammino del
tempo, anziché volerne risalire il corso. Per lo psichiatra, il vec­
chio che non vuole rinunciare alla vita è altrettanto debole e ma­
lato quanto il giovane incapace di evolversi. Si tratta infatti, tanto
nell’un caso quanto nell’altro, in genere, della medisima brama
infantile, del medesimo orgoglio e capriccio. Come medico, io
sono convinto che è piu igienico, per cosi dire, vedere nella
morte una meta a cui tendere, e che vi è qualcosa di insano nella
resistenza che noi le opponiamo e che toglie alla seconda metà
della vita il suo scopo. Perciò trovo molto ragionevoli tutte quelle
religioni che hanno una meta ultraterrena, non foss’altro che dal
punto di vista dell’igiene psichica. Se vivo in una casa sapendo
che dopo quindici giorni crollerà sul mio capo, ogni mia fun-

142 143
Il ruolo della collettività

Ordunque, l’abdicazione dal sè a vantaggio del collettivo cor­


risponde a un ideale sociale: essa passa anche per una virtù e un
dovere nei confronti della società, quantunque possa essere usata
abusivamente e per scopi egoistici. Di un egoista diciamo che è
« pieno di sè »: « sè » in questo caso non ha naturalmente nien­
te a che vedere con il concetto del sè, come io l’ho utilizzato in
quest’opera. La realizzazione del proprio sè si situa all’oppo­
sto della spersonalizzazione di se stesso. Scambiare l’individua­
zione e la realizzazione del proprio sè per egoismo è un equi­
voco assai comune, perché le menti fanno generalmente poca
differenza tra individualismo e individuazione. L’individualismo
accentua deliberatamente e mette in rilievo la pretesa particola­
rità dell’individuo, in opposizione al riguardo e ai doveri in fa­
vore della collettività.
Al contrario l’individuazione è sinonimo di migliore e più com­
pleto compimento dei compiti collettivi di un individuo, è pren­
dere sufficientemente in considerazione le proprie particolarità, il
che permette all’individuo di divenire, nell’edifìcio sociale, una
pietra più appropriata e meglio inserita di quanto sarebbe se que­
ste stesse particolarità rimanessero trascurate e oppresse.
La scossa subita dalla coscienza moderna a causa della serie di
catastrofi avvenute durante la guerra mondiale, si accompagna
interiormente alla scossa subita dalla fede in noi stessi e nella
nostra bontà.

145
Un tempo era lecito giudicare gli altri, gli stranieri, dei buoni a La colpevolezza collettiva
nulla, sia dal punto di vista politico che morale; l’uomo moderno
deve invece riconoscere di essere, politicamente e moralmente,
come tutti gli altri.
Mentre un tempo credevo che il dovere impostomi da Dio
consistesse nel richiamare gli altri all’ordine, oggi so di avere
bisogno quanto gli altri di tale richiamo e so che farei meglio a
mettere ordine in casa mia.
{L'âme et la vie, cit., pp. 237-28)

Il fatto psicologico della colpevolezza collettiva è una tragica


fatalità. Tutti sono colpiti senza discriminazione, il giusto come
il colpevole, tutti coloro che, per un qualunque motivo, si tro­
vano in prossimità del luogo in cui fu perpetrato il fatto spa­
ventoso. Ovviamente, ogni uomo ragionevole e coscienzioso non
tradurrà sconsideratamente la colpevolezza collettiva in colpevo­
lezza individuale, che rende l’individuo responsabile senza col­
pirlo. Egli sarà in grado di distinguere il criminale dal « colpe­
vole collettivo ». Ma quale è la percentuale di individui coscien­
ziosi e ragionevoli, e quanti si impegnano a esserlo o a diventarlo.''
( Aspects du drame contemporain, cit., pp. 141-142)

Non basta recitare il meu culpa e accettare i propri iati peg­


giori, la propria « ombra », dobbiamo invece domandarci come
potremo d’ora in avanti transigere e vivere con essa.
Quale atteggiamento bisogna assumere per continuare a vivere
malgrado il cattivo cuore che portiamo, insieme all’altro, nei no­
stro petto?
È necessario un ampio rinnovamento spirituale, prima di po­
ter dare un valido responso a tale quesito — e tale rinnovamento
non può essere dato bell’e fatto a chiunque, ma ognuno dovrà
conquistarlo per conto proprio, nella sua sfera, e in funzione dei

146 147
suoi ciati personali. Vecchie formule, che un tempo resero frut­ L ’in c o n s c io
tuosa la vita, non possono, senza perdere la loro efficacia, essere
ora applicate senza discernimento, perché le verità eterne non
vogliono essere trasmesse meccanicamente: esse vogliono, in ogni
epoca, ricreate dall’animo umano, rispuntare spontaneamente,
splendenti di nuova giovinezza.
(Ibidem, pp. 189-190»

In effetti lo spirito ha raggiunto il suo attuale stadio di co­


scienza come la ghianda si trasforma in quercia, come i sauri si
sono trasformati in mammiferi. Come si è trasformata durante un
tempo lunghissimo, cosi continua ancora a svilupparsi in quanto
siamo spinti tanto da forze interiori quanto da stimoli esterni.
Queste forze interiori provengono da una sorgente profonda che
non è alimentata dalla coscienza e sfugge al suo controllo.
Nell’antica mitologia queste forze erano chiamate mana, spiri­
to, demoni o dei. Esse sono sempre attive anche oggi. Se si con­
formano ai nostri desideri, parliamo di ispirazione o di impulsi
felici e ci compiacciamo di essere « tipi intelligenti ». Se queste
forze ci sono sfavorevoli diciamo che si tratta di mancanza di
fortuna o che certe persone ci sono ostili o che la causa della
nostra disgrazia deve essere patologica. La sola cosa che non sap­
piamo ammettere è che dipendiamo da « potenze » che sfuggono
alla nostra volontà. È per altro vero che negli ultimi tempi l’uomo
civilizzato ha acquisito una certa dose di volontà, che può usare
come meglio crede. Ha imparato a svolgere il proprio lavoro
efficacemente senza ricorrere al canto o al tam-tam per ipnotiz­
zarsi. Può anche tralasciare la preghiera quotidiana con la quale
implorava l’aiuto di Dio. Può compiere ciò che ha deciso di fare
e, almeno apparentemente, tradurre le sue idee in azioni senza
ostacoli mentre il primitivo sembra essere bloccato ad ogni passo

148 149
da paure, superstizioni, ed altri invisibili ostacoli. « Volere è po­ Gli archetipi
tere » riassume la superstizione dell'uomo moderno.
Ma l’uomo contemporaneo sostiene questa convinzione al prez­
zo di una notevole mancanza di introspezione.
Non si accorge che, malgrado il suo raziocinio e la sua effi­
cienza, è sempre posseduto da « potenze » che sfuggono al suo
controllo. I suoi dei e i suoi demoni non sono affatto spariti.
Hanno semplicemente cambiato nome. Lo tengono in sospeso con
l’inquietudine, con vaghe apprensioni, con complicazioni psico­
logiche, col bisogno insaziabile di pillole, d ’alcool, di tabacco, di
nutrimento e soprattutto con una varietà impressionante di ne­ Gli archetipi sono come i letti dei fiumi abbandonati dall’acqua,
vrosi. che però possono nuovamente accoglierla dopo un determinato
(L’homme et ses symboles, cit., pp. 81-82) periodo di tempo. Un archetipo è simile a una gola di montagna
in cui la corrente della vita si sia lungamente riversata: quanto
piu ha scavato questo letto, quanto piu ha conservato questa di­
Abbiamo una paura profonda come un abisso della laidezza rezione, tanto piu è probabile che, presto o tardi, essa vi ritorni.
del nostro inconscio personale: per questo l’europeo preferisce
dire agli altri come dovrebbero agire. Non possiamo concepire (Aspect du drame contemporain, cit., pp. 98-99)
come il miglioramento del tutto cominci dall’individuo, ivi com­
preso se stesso. Molti pensano che sia dannoso gettare, anche una Ma che, in un paese veramente civile nel quale si suppone il
sola volta, uno sguardo dentro di sé. Questo ci rende malinconici Medioevo sia stato superato da molti secoli, un vecchio dio della
come un giorno mi ha assicurato un teologo. tempesta e dell’ebbrezza, voglio dire Wotan, da tempo messo in
(L’âme et la vie, cit., p. 295) pensione — quella della storia — ; che quel dio, come un vul­
cano spento, possa risvegliarsi e dar prova di una rinnovata atti­
vità: ecco, questo è un fatto piu che curioso; è sintomatico e
non manca di un suo lato comico.
Come sappiamo, è nei movimenti giovanili della Germania che
è stato richiamato alla vita ed onorato, dalla sua risurrezione, con
sanguinosi sacrifici di montoni.
Questi biondi adolescenti (talvolta anche ragazze) che vedeva­
mo instancabilmente errare su tutte le grandi strade, dal Capo
Nord alla Sicilia, col sacco in spalla e armati di chitarra, erano
i fedeli servitori dell’infaticabile dio errabondo. Piu tardi, verso
la fine della repubblica di Weimar, le migliaia di disoccupati che

150 151
si incontravano dappertutto, nomadi, vennero a ingrossare le fila [...] La razza germanica (correntemente ariana), la comunità
dei viaggiatori vagabondi. Dal 1933 però questa forma di pelle­ popolare tedesca, il suolo e il sangue, i canti di Wagalaweia,
grinaggio ( Wandern) fini, sostituito da una marcia cadenzata, alla le cavalcate delle Valchirie, un Gesù trasformato in un eroe
quale presero parte centinaia di migliaia di individui, dal bambino biondo dagli occhi azzurri, la madre greca di San Paolo, il dia­
di cinque anni al veterano. Il movimento hitleriano mise lette­ volo divenuto un Alberich internazionale, riedito sotto le sem­
ralmente in piedi tutta la Germania, offrendo lo spettacolo di una bianze di ebrei e di frammassoni le aurore boreali di una cul­
migrazione di popolo sul posto, migrazione che ritma il suo passo: tura nordica, le razze mediterranee inferiori [...] tutto questo
Wotan il dio errante si era risvegliato. costituisce una indispensabile messa in scena e traduce in fondo
[...] Wotan, instancabile errabondo, torbido fautore che su­ un medesimo stato d ’animo, la presa di possesso da parte di un
scita, ovunque, querele e dispute o che esercita effetti magici, dio dei tedeschi, la cui dimora è invasa da una potente ventata.
era immediatamente stato mutato dal cristianesimo in una specie
di diavolo; della sua esistenza restava soltanto un fuoco fatuo (Ibidem, pp. 91-92)
che bruciava talvolta nelle notti tempestose, sotto le sembianze
di un cavaliere fantasma accompagnato dalla sua coorte; e questo
ormai soltanto nelle tradizioni puramente locali che si andavano La Germania è un paese di catastrofi spirituali: a lc u n e q u a lità
sempre piu assopendo. o ffe r te d a lla n a tu r a n o n v i c o n tr a t ta n o m a i a ltr o c h e u n a p a c e

[ ...] Q u e s t o s to r m ir e n e lla fo r e s ta v e r g in e d e l l ’in c o n s c io n o n p u r a m e n te f o r m a le c o n la r a g io n e , d o m in a tr ic e d e l m o n d o . I l s u o

è s t a t o p e r c e p it o , fe s t e g g ia n d o il s o l s t i z io d ’e s t a t e , s o lt a n t o d a g li a n ta g o n is ta è u n v e n t o c h e , p r o v e n ie n t e d a lle im m e n s ità a s ia ti­

a d o le s c e n t i t e d e s c h i: p r im a d i lo r o l ’a v e v a n o g ià in t u it iv a m e n t e c h e , d a c u i n a s c e , so ffia su u n la r g o fr o n t e , d a lla T r a c ia a lla G e r ­

p r e s e n t it o N ie t z s c h e , S c h u le r , S t e f a n G e o r g e e K la g e s . m a n ia , p e n e t r a n d o anche in E uropa, d ove t a lv o lt a sp a z z a d a l­


l ’e s t e r n o i p o p o li c o m e f o s s e r o f o g l ie d ’a u tu n n o ; t a lv o lt a is p ir a ,
(Ibidem, pp. 79-81) d a ll’in t e r n o , p e n s ie r i p e r tu r b a t o r i d e l m o n d o , c o m e u n a s p e c ie
d i e le m e n ta r e D i o n i s o , c h e a n n ie n t a l ’o r d in e a p o llin e o . L ’is t ig a ­
to r e d i t e m p e s t e è s t a t o c h ia m a to W o t a n . P e r s t u d ia r e in m o d o
W o ta n m i sem b ra u n ’ip o t e s i p e r t in e n t e com e a ltr e m a i. In p r e c is o il s u o c a r a tte r e , d o b b ia m o c o n o s c e r e n o n s o l t a n t o g li e f ­
r e a ltà ' e s s o s e m b r a a v e r s o l t a n t o d o r m it o a l K iffh a iis e n , fin o a f e t t i s t o r ic i d e i d is o r d in i s p ir itu a li e d e i r o v e s c ia m e n t i p o li t i c i,
c h e i c o r v i s i s o n o p r e s e n t a t i a l r a p p o r to d e l l ’a lb a . ( I c o r v i, n e l­ m a a n c h e i r a c c o n ti m i t o lo g i c i c h e c i g iu n g o n o d a e p o c h e in c u i
la m i t o lo g i a g e r m a n ic a r ic o p r iv a n o , p r e s s o W o t a n , il r u o lo d i v i ­ a n c o r a n o n s i s p ie g a v a t u t t o c o n l ’u o m o , n o n s i r ic o n d u c e v a a n ­
g il i e d i a g e n ti d i c o ll e g a m e n t o ) . W o t a n è u n a q u a lit à , u n a c a r a t­ c o r a t u t t o a lle s u e li m i t a t e p o s s ib il it à , m a si tr o v a v a n o le p iu
te r is tic a f o n d a m e n t a le d e l l ’a n im a t e d e s c a , u n « f a t t o r e » p s ic h ic o p r o f o n d e c a u s e n e lla s fe r a d e l l ’a n im a e d e ll e s u e a u t o n o m e p o ­
d i n a tu r a ir r a z io n a le , u n c ic l o n e c h e a n n ie n t a e sp a z z a in l o n t a ­ t e n z a L a p iu r e m o t a in t u iz i o n e h a s e m p r e in c a r n a t o ta li p o t e n z e
n a n z a la z o n a c a lm a in c u i r e g n a la c u lt u r a . C o lo r o c h e c r e d o n o n e g li d e i: e s s a li d e f in iv a , a lla s u a p r o p r ia m a n ie r a , c o n u n a c u r a
a W o ta n se m b r a n o , a d is p e tto di tu tte le lo r o b iz z a r r ie , a v e r m in u z io s a e a s s a i c ir c o s t a n z ia t a , a t t r a v e r s o i m it i. Q u e s t a o p e r a ­
v i s t o p iu g i u s t o d e i d e t e n t o r i d e lla r a g io n e r a g io n a n t e . z i o n e e r a ta n t o p iu a g e v o le t r a t t a n d o s i d i t ip i o d i im m a g in i o r i-

152 - 153
L ’arte

L’arte è nata nell’artista come un istinto che lo domina e fa


dell’uomo un proprio strumento. Ciò che in ultima analisi vuole
da lui è l’anima: non lui come individuo, ma l’opera d’arte da
creare. In quanto persona può avere i suoi umori, i suoi capricci
e le sue mire egoistiche. In quanto artista, al contrario, è « uomo »
nel senso piu elevato; egli è un uomo collettivo, che porta ed
esprime l’anima inconscia e attiva dell’umanità. In ciò consiste il
suo compito, la cui esigenza a volte predomina tanto che la feli­
cità umana e tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta
per l’uomo medio verrà sacrificato al suo destino.
Il segreto della creazione e dell 'azione dell’arte consiste nel
muffarsi nello stato originale dell’anima, perché, da allora, su
questo piano non è piu l’individuo ma tutto il gruppo che vibra
alle sollecitazioni del vissuto, non si tratta piu di fatti o misfatti
di un singolo essere, bensì della vita di tutto un popolo. È per
questo che un capolavoro, pur essendo contemporaneamente obiet­
tivo ed impersonale, ci colpisce in ciò che abbiamo di piu pro­
fondo; è per questo che gli avvenimenti personali di un poeta,
siano essi fausti o infausti, non sono mai essenziali per la sua
arte. La sua biografia personale può essere quella di un filisteo, di
una brava persona, di un nevrotico, di un folle o di un crimi­
nale: interessante o meno, essa è secondaria per l’essenza della
poesia.
(L'âme et la vie, cit., pp. 269-270 e 267-268)

157
Il mito

Allo stesso modo delle equazioni matematiche di cui noi igno­


riamo a quali realtà psichiche corrispondono, anche per le realtà
mitiche non sappiamo, di primo acchito, a quali realtà psichiche
si riferiscono.
(Ma vie ecc., cit., p. 354)

Si può percepire l’energia specifica degli archetipi quando si


abbia occasione di apprezzare il fascino che essi esercitano. Sem­
bra che essi gettino il malocchio. La stessa qualità caratterizza
i complessi personali, e, proprio come i complessi personali, an­
che i complessi sociali di carattere archetipico hanno una storia.
Ma mentre i complessi individuali non causano che anomalie per­
sonali, gli archetipi creano miti, religioni e filosofie che influen­
zano e caratterizzano intere nazioni ed epoche. Consideriamo i
complessi personali come una compensazione di attitudini che
sorgono da una coscienza unilaterale o pervertita. Allo stesso mo­
do i miti di carattere religioso possono essere interpretati come
una sorta di terapia mentale diretta contro la sofferenza e i mo­
tivi di inquietudine che affliggono l’umanità: la fame, la guerra,
le malattie, la morte.
(L’homme et ses symboles, cit., p. 79)

159
I misfatti dell’intellettualismo

Il nostro intelletto ha compiuto imprese prodigiose mentre la


nostra dimora spirituale cadeva in rovina. Siamo assolutamente
convinti che anche con i piu moderni e potenti telescopi costruiti
in America non si scoprirà al di là delle piu lontane nebulose nes­
sun empireo dove l’acqua e il fuoco si amalgamino; e sappiamo
che il nostro sguardo errerà disperatamente attraverso il morto
vuoto degli spazi infiniti. E quando la fisica matematica ci svela il
mondo dell’infinitamente piccolo — insiemi di elettroni per sem­
pre, nell’eternità — non siamo per nulla avanzati.
Alla fine dissotterriamo la saggezza di ogni tempo e di tutti
i popoli e scopriamo che ciò che ci sta piu a cuore e che ci è
piu prezioso è già stato detto nel modo piu accattivante e piu
bello possibile. Come bambini avidi, tendiamo le mani verso que­
ste ricchezze e afferrandole ci immaginiamo anche di possederle.
Ma ciò che noi prendiamo non ha piu valore e le nostre mani si
affaticano a cogliere. Perché fino a dove può giungere il nostro
sguardo troveremo sempre delle ricchezze. Tutte queste acquisi­
zioni si trasformano in acqua e piu di un apprendista stregone ha
finito per nuocere a se stesso in queste acque chiamate e mobi­
litate da lui stesso a meno che prima non abbia ceduto alla fol­
lia salvatrice di optare tra questa buona saggezza o quell’altra
cattiva. È tra questi adepti che incontriamo i malati di angoscia
che immaginano di avere l’incarico di una missione profetica. In
effetti l’artificiale distinzione fra vera e falsa saggezza fa na-

161
La scienza scere nell’anima una scissione e una solitudine, malattia analoga
a quella dell’alcoolizzato che spera sempre di trovare dei compagni
di vizio. Quando la nostra eredità naturale si è levata in volo,
allora, per dirla con Eraclito, tutto lo spirito è stato invaso dalla
sua luminosa altezza. Insomma un’altra descensus Spiritus sancti:
ogni simbolo è anche profetico. Ma quando lo spirito si appe­
santisce, diviene acqua e il battesimo del fuoco è sostituito dal
battesimo dell’acqua.
La formula magica del prete nella notte del sabbathus sanctus
riproduce questo procedimento: Descendat in banc plenitudinem
Abbiamo mai visto — tranne che in epoche assai cupe della fontis virtus Spiritus sancti. Ed è accaduto l’inevitabile: l’anima
storia — una verità scientifica che abbia avuto bisogno di essere è diventata acqua, come dice Eraclito, e l’intelletto nel suo luci­
elevata alla dignità di dogma? La verità può esistere per se stessa ferino orgoglio si è impadronito del seggio dove fino a allora
e da sola; soltanto le opinioni vacillanti hanno bisogno di essere aveva dominato lo spirito. Lo spirito può arrogarsi la patris po-
sostenute da un procedimento dogmatico. Il fanatismo è il sem­ testas sull’anima, cosa che non può fare l’intelletto nato dalla
pre presente fratello del dubbio. terra che è una spada e un martello per l’uomo e non un creato­
(L’âme et 1<
j vie, cit., pp. 253-54) re del mondo spirituale, un padre dell’anima.
(L’âme et la vie, cit., pp. 331-333)
Ce la prendiamo tanto contro i « fantasmi metafisici » da quando
qualcuno ha pensato di spiegare il processo cellulare in modo
vitalistico: l’ipotesi fisica è tanto accreditata come scientifica, ep­
pure essa non è per niente meno fantastica della prima. Essa però
ha il vantaggio di quadrare con il pregiudizio materialista ed è
per questo motivo che qualsiasi assurdità viene consacrata come
scientifica, giacché permette di mutare un fatto psichico in fatto
fisico. Speriamo che non siano tanto lontani i tempi in cui i
nostri scienziati si sbarazzino di questi resti di materialismo vuoto
e ormai vecchio.
(Ibidem, p. 247)

La scienza non è certamente uno strumento perfetto; è però


inestimabile e superiore; diventa negativa soltanto in quanto vuo-

163 162
le essere un fine in se stessa. La scienza è fatta per servire; com­ La concezione del mondo
mette un errore quando vuole usurpare un trono. Deve mettersi
anche al servizio delle altre scienze vicine, perché ognuna, pro­
prio a causa della sua insufficienza, ha bisogno di essere soste­
nuta dalle altre. La scienza è lo strumento dello spirito occiden­
tale e, grazie ad essa, noi possiamo aprire molte piu porte che
con le mani nude. Essa contribuisce alla nostra comprensione e
non offusca la nostra intelligenza a meno che noi non conside­
riamo come intelligenza assoluta la comprensione ch’essa ci ha
trasmessa.
( Ibidem, pp. 256-257) Il mondo non esiste unicamente in sé e per sé, è anche come
mi appare. Anzi, non abbiamo, a dire il vero, alcun criterio che
possa farci esprimere un giudizio su un mondo a cui il soggetto
non potrebbe paragonarsi. Trascurare il fattore soggettivo equivar­
rebbe a negare il grande dubbio, sempre esistente, sulla possibi­
lità della conoscenza assoluta. Ci si impegnerebbe cosi sulla via
di quel vuoto e piatto positivismo che ha deturpato l’inizio del
nostro secolo, e nello stesso tempo arriveremmo a quell’arroganza
intellettuale, annunciatrice di rozzezza di sentimenti e di quella
violenza che è tanto stupida quanto è pretenziosa. Sopravvalu­
tando l’intelligenza obbiettiva, noi respingiamo l’importanza del
fattore soggettivo, il significato del soggetto stesso. Ora, quale è
il soggetto? È l’uomo, il soggetto siamo noi. È malsano dimen­
ticare che vi è un soggetto che conosce, e che nessuna conoscen­
za, e di conseguenza, per noi, nessun mondo esiste senza che vi
sia qualcuno che dica: « Io conosco », ponendo in tal modo il
termine obiettivo di ogni conoscenza.
(L’âme et la vie, cit., pp. 365-366)

Molti scienziati evitano di formarsi una concezione del mondo


perché questo non sarebbe scientifico. Essi, evidentemente, non
vedono chiaramente i risultati del loro modo di agire. In realtà
lasciano volontariamente calare le tenebre sulle loro idee diret-

165
I
trici, ossia essi restano a un grado di coscienza inferiore e piu
primitivo di quello che corrisponderebbe alle loro attitudini co­
La psicologia
scienti. Critica e scetticismo non costituiscono sempre una prova
di intelligenza, al contrario, soprattutto quando ci si trincera die­
tro lo scetticismo per mascherare la mancanza di una propria con­
cezione del mondo. Molto spesso ciò che manca è piu spesso il
coraggio morale che non l’intelligenza. Perché non possiamo ve­
dere il mondo senza vedere noi stessi e vediamo noi stessi come
vediamo il mondo, e per far questo ci vuole parecchio coraggio.
Per questo motivo è sempre disastroso non avere una concezione
del mondo. Ogni psicologo dovrebbe essere soprattutto e innanzitutto per­
{Ibidem, p. 366) suaso che il suo parere rappresenta soltanto un pregiudizio per­
sonale. Questo, è vero, vale quanto un altro ed è anche assai pro­
babile che rappresenti per molti l’ipotesi fondamentale. Per que­
sto motivo generalmente vai la pena di utilizzare un tale parere
il piu largamente possibile. Esso farà maturare frutti che avranno
una certa utilità. Ma in nessun caso bisogna abbandonarsi all’il­
lusione ascientifica che un pregiudizio soggettivo possa essere
anche una virtù psichica fondamentale e universale, perché da
simile illusione non scaturisce nessuna scienza, ma soltanto una
credenza la cui « ombra » è l’impazienza e il fanatismo. Le opi­
nioni contraddittorie sono necessarie al divenire di una scienza.
Bisognerebbe però che esse non si irrigidissero le une contro le
altre: esse dovrebbero invece, e il più rapidamente possibile,
cercare la loro sintesi.
(L’âme et la vie, cit., p. 243)

Sarebbe proprio l’ora che la psicologia universitaria aprisse gli


occhi sulla realtà e che si interessasse, parallelamente alle espe­
rienze di laboratorio, all’anima umana come è in realtà. Non
dovremmo più lamentare che i « professori » proibiscano ai loro
allievi di interessarsi alla psicanalisi o di utilizzarne le nozioni.
Non si dovrebbe più indirizzare alla nostra psicologia il rimpro-

166 167
La psicoterapia vero « di utilizzare in modo poco scientifico le esperienze attinte
dalla vita quotidiana ». So che la psicologia generale potrebbe
trarre il massimo profitto da un serio studio dei problemi oni­
rici, se soltanto essa giungesse a liberarsi del pregiudizio, scon­
siderato e profano, secondo cui il sogno è soltanto l’eco di ecci­
tazioni somatiche. La sopravvalutazione dell’importanza somatica
è, anche in psichiatria, una delle principali cause della stagnazione
della psicologia patologica che prospera soltanto nella misura in
cui è direttamente resa fruttifera dall’analisi. Il dogma: « Le ma­
lattie mentali sono malattie del cervello » è un residuo del ma­
Spesso mi vengono chiesti chiarimenti circa il mio metodo ana­ terialismo che fioriva intorno al 1870. Esso si è trasformato in un
litico o psicoterapeutico. Non posso rispondere in modo univoco: pregiudizio assolutamente ingiustificabile che frena ogni progres­
la terapia è diversa per ogni caso. Quando un medico mi dice so scientifico.
che segue rigorosamente questo o quel metodo, ho i miei dubbi (Ibidem, pp. 246-247)
sull’efficacia della sua terapia. È stato scritto tanto sulla resistenza
che oppone il malato, da far sembrare quasi che il medico voglia
tentare di imporgli qualcosa, mentre la cura dovrebbe provenire
spontaneamente dal malato stesso. La psicoterapia e l’analisi va­
riano tanto quanto gli individui umani. Per quanto è possibile
tratto ogni paziente come un caso individuale, perché la so­
luzione del problema è sempre individuale: regole generali si
possono stabilire solo cum grano salisi Una verità psicologica è
valida solo se si può anche capovolgere: una soluzione che può
essere fuori questione per me, potrebbe essere proprio quella
giusta per qualcun altro.
Naturalmente, un medico deve avere familiarità con i cosid­
detti « metodi »; ma deve guardarsi dall’applicarli in modo ste­
reotipato. Le premesse teoriche vanno applicate con cautela.
Oggi forse sono valide, domani lo saranno altre. Nelle mie ana­
lisi, non vi hanno alcuna parte. Non sono sistematico, e voluta-
mente. Secondo me, avendo a che fare con individui, ciò che
importa è la comprensione dell’individuo. Abbiamo bisogno di un
linguaggio diverso per ogni paziente: in un’analisi mi si può
sentir usare il linguaggio di Adler, in un’altra quello di Freud.

169 168
Lo psicoterapeuta non deve però limitarsi a capire il paziente; L’importante è che io mi ponga dinanzi al paziente come un
è importante anche che capisca se stesso. Per questo motivo la essere umano di fronte a un altro essere umano: l’analisi è un
conditio sine qua non della preparazione dell’analista è la sua dialogo, che richiede due interlocutori. L’analista e il paziente
stessa analisi, la cosiddetta analisi didattica. Il trattamento del seggono uno di fronte all’altro, gli occhi negli occhi: il medico
paziente comincia, per cosi dire, dal medico: solo se questi sa ha qualcosa da dire, ma anche il paziente.
far fronte a se stesso e ai suoi problemi, sarà in grado di pro­ Dal momento che l’essenza della psicoterapia non consiste nel-
porre al paziente una linea di condotta. Ma solo allora. Nell’ana­ T« applicare un metodo », il solo studio della psichiatria non è
lisi didattica il medico deve imparare a conoscere la propria sufficiente. Io stesso ho dovuto lavorare ancora molto prima di
anima e a prenderla sul serio: se egli non sa farlo, non potrà possedere il bagaglio necessario per la psicoterapia. Fin dal 1909
apprenderlo neppure il paziente. Questi perderà una parte della mi resi conto che non potevo curare le psicosi latenti se non
sua che non ha imparato a conoscere. Non basta perciò, nell’ana­ capivo il loro simbolismo, e fu allora che mi misi a studiare la
lisi didattica, acquisire un sistema concettuale: il medico deve mitologia.
rendersi conto che l’analisi lo riguarda, che essa ha che fare con Con pazienti intelligenti e colti lo psichiatra ha bisogno di
la vita reale, e non è un metodo che si possa imparare a memo­ conoscenze piu vaste di quelle meramente professionali. Deve
ria (in senso letterale!) capire, al di là di ogni assunto teorico, quali sono le autentiche
motivazioni del paziente, altrimenti provoca inutili resistenze.
(Ricordi, sogni e riflessioni di C. G. Jung, cit. pp. 158-159) Non si tratta, dopo tutto, di confermare una teoria, bisogna
invece che il paziente riesca a comprendersi come individuo.
Questo, comunque, non è possibile senza un raffronto con le
Intorno alla natura della psiche si sono fatte tutte le affer­ concezioni collettive, di cui il medico deve avere conoscenza.
mazioni possibili e immaginabili. Tra l’altro, la psiche appare Perciò il semplice tirocinio medico non è sufficiente, poiché
come un processo dinamico che si fonda sulla natura antitetica l’orizzonte della psiche umana comprende infinitamente di piu
della psiche e dei suoi contenuti e che rappresenta un dislivello del limitato campo visivo del gabinetto di consultazione medica.
tra i suoi poli. Poiché le ipotesi scientifiche non devono essere L’anima è certamente piu complessa e inaccessibile del corpo:
moltiplicate oltre il necessario, e l’interpretazione energetica si è rappresenta, per cosi dire, quella metà del mondo che perviene
dimostrata valida come principio generale di spiegazione delle all’esistenza solo quando ne diveniamo coscienti. Per questa ra­
scienze naturali, dobbiamo attenerci ad essa anche in psicologia. gione la psiche costituisce un problema non solo personale, ma
Non vi sono del resto dati di fatto sicuri che potrebbero far universale, e lo psichiatra ha a che fare con un intero mondo.
preferire un’altra interpretazione, e inoltre la polarità, o la na­ Oggi possiamo vedere, come mai in passato, che il pericolo
tura contraddittoria della psiche e dei suoi contenuti è stata com­ che ci minaccia tutti non deriva dalla natura, ma dall’uomo,
provata dall’esperienza psicologica come un dato essenziale. dall’anima dell’individuo e della massa. Il vero pericolo è nel­
Ora, se il concetto energetico della psiche è corretto, tutte le l’aberrazione psichica dell’uomo. Tutto dipende dal fatto che la
affermazioni che cercano di oltrepassare i limiti posti dalla po­ nostra psiche funzioni bene o no: se certe persone perdono la
larità della psiche — come ad esempio le affermazioni circa una testa, oggi, la conseguenza è il lancio della bomba all’idrogeno!

171 170
realtà metafìsica — se pretendessero a una qualche validità, non sono mai giunto a questa frettolosa conclusione, perché non so­
potrebbero che essere paradossali. no mai stato incline a credere che i nostri sensi fossero capaci
La psiche non può spingersi al di là di se stessa, non può cioè di afferrare tutte le forme dell’esistenza. Perciò ho perfino az­
stabilire alcuna verità assoluta, perché la sua stessa polarità de­ zardato il postulato che il fenomeno delle figure archetipiche,
termina la relatività delle sue affermazioni. Tutte le volte che la dunque di fatti squisitamente psichici, potrebbe fondarsi su una
psiche proclama verità assolute — quali ad esempio, « l’Essere base psicoide, e cioè su una forma di esistenza solo limitata-
eterno è movimento » o « l’Essere eterno è l’Uno » — necessa­ mente psichica, oppure del tutto diversa. In mancanza di dati
riamente cade in uno o nell’altro degli opposti. Si potrebbe empirici non posso conoscere né capire tali forme di esistenza,
egualmente affermare « l’Essere eterno è quiete », o « l’Essere che comunemente sono dette « spirituali ». Dal punto di vista
eterno è il Tutto ». Nell’unilateralità la psiche si disgrega e perde scientifico non ha importanza che cosa io posso credere a que­
la capacità di conoscere. Diventa una irriflessiva (perché irri­ sto riguardo, e devo contentarmi della mia ignoranza. Ma in
flessa) successione di stati psichici, ognuno dei quali crede a quanto gli archetipi agiscono su di me, per me sono reali ed
torto di giustificarsi da sé, perché o non vede, o non vede ancora, effettivi, anche se non conosco quale sia la loro vera natura.
un altro stato. Ciò ovviamente vale non solo per gli archetipi, ma anche per
Con questo naturalmente non si esprime una valutazione, si la natura della psiche in genere. Qualunque cosa essa possa af­
enuncia il dato di fatto che il limite viene oltrepassato molto fermare di se stessa, non andrà mai oltre se stessa. Sia l’atto
spesso e persino inevitabilmente poiché « tutto è trapasso ». della comprensione che il suo contenuto sono in sé psichici, e
La tesi è seguita dall’antitesi, e tra le due si erge un terzo fat­ pertanto noi siamo inesorabilmente chiusi in un universo esclu­
tore, una lysis, che prima non era percettibile. Cosi la psiche sivamente psichico. Tuttavia abbiamo buone ragioni per sup­
ancora una volta non fa che dar prova della sua natura anti­ porre che al di là di questo velo esista l’oggetto assoluto ma
tetica, senza essere affatto riuscita ad andare al di là di se stessa. incompreso che opera e influisce su di noi anche quando —
Nel mio tentativo di delineare i limiti della psiche non inten­ come è specialmente il caso dei fenomeni psichici — non si
do affermare implicitamente che solo la psiche esiste, ma solo possono fare constatazioni reali. Affermazioni concernenti la
che, per quanto riguarda la percezione e la conoscenza, noi non possibilità o l’impossibilità sono valide soltanto entro l’ambito
possiamo vedere al di là della psiche. La scienza è tacitamente di particolari discipline; fuori di esse sono pure congetture.
convinta dell’esistenza di un oggetto non-psichico, trascendente; Sebbene non sia consentito, da un punto di vista oggettivo,
ma sa anche quanto sia difficile comprendere la reale natura del­ fare delle affermazioni a caso — e cioè senza una ragione suf­
l’oggetto, specialmente quando l’organo della percezione falli­ ficiente — tuttavia ve ne sono alcune che sembra debbano
sca o addirittura manca, e quando le forme appropriate di pen­ esser fatte senza ragioni obiettive. In tal caso la motivazione è
siero non esistono o devono ancora essere create. In casi nei psicodinamica, che di solito si considera soggettiva e puramente
quali né i nostri organi di senso, né i mezzi artificiali per aiu­ personale. Ma cosi si commette l’errore di non riuscire a di­
tarli possono attestare la presenza di un oggetto reale, le diffi­ stinguere se l’affermazione provenga soltanto da un soggetto
coltà crescono enormemente, al punto che si è tentati di asse­ singolo, e sia provocata da motivi esclusivamente personali, o
rire semplicemente che non è presente alcun oggetto reale. Non se avvenga generalmente e derivi da un pattern dinamico pre-

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sente nella collettività. In questo caso non dovrebbe essere grado p r e s ta r s i a q u e s t a e s p e r ie n z a . Io n on sa p ev o n u lla d e lla
classificata come soggettiva, ma psicologicamente oggettiva, dal su a v it a . D opo r e s p e r im e n to g li d o m a n d a i:
momento che un imprecisato numero di individui sono indotti,
da un impulso interno, a fare una dichiarazione identica, ov­ — Ha le i n o t a t o d i a v e r t a lv o lt a lu n g a m e n t e e s it a t o ?
vero sentono che una certa concezione è una necessità vitale. — N o, ho sem p re r is p o s t o d ir e t t a m e n t e .
Bai momento che l’archetipo non è affatto una forma inattiva, — Sa d i a v e r c o m m e s s o e r r o r i d i r ip r o d u z io n e ?
ma è una forza reale carica di energia specifica, può ben essere — N o , t u t t e le m ie r ip r o d u z io n i e r a n o fe d e li.
considerato come la causa ejficiens di simili affermazioni, ed — H a c o m u n q u e n o t a t o q u a lc o s a d i s p e c ia le ?
essere inteso come il loro soggetto. In altri termini non è l’in­ — N o , a lt r im e n t i l o d ir e i.
dividuo in quanto tale che fa quella affermazione, ma è l’arche­ — P osso p e r m e t te r m i di e s p o r le una r if le s s io n e ? L ei deve
tipo che in essa si esprime. Se le affermazioni sono impedite, a v e r a v u t o t e m p o fa u n a s to r ia a ssa i s g r a d e v o le , p r o b a b ilm e n te
o non vengono prese in considerazione, ne derivano disturbi una s t o r ia di c o lt e ll o che ha in d u b b ia m e n te a v u to s p ia c e v o li
psichici — come è attestato non solo dall’esperienza medica, co n seg u en ze.
ma anche dalla comune conoscenza. Questi disturbi si presen­ L ’u o m o a m o m e n ti c a d d e d a lla se d ia !
tano, in casi individuali, come sintomi nevrotici; quando si trat­ — C o m e lo sa ?
ta di persone che non sono suscettibili di nevrosi, sorgono for­ I o g li c h ie s i s e era u n a n o tiz ia e s a t ta . E g li r is p o s e :
me di nevrosi collettive. — S i. M a io e r o m o l t o lo n t a n o d a l p e n s a r lo .
Le affermazioni archetipiche si basano su presupposti istintivi
E g li aveva sc o n ta to una pena in una p r ig io n e a l l ’e s t e r o a
e non hanno nulla a che fare con la ragione; non solo non sono
c a u sa d i u n a r is sa , n e l c o r s o d e lla q u a le a v e v a g r a v e m e n t e f e ­
fondate razionalmente, ma neanche possono essere confutate
r ito c o n u n c o lt e ll o il s u o a v v e r s a r io . Q u e lla era u n a m a c c h ia
con argomentazioni razionali. Hanno sempre fatto parte della
n era n e lla su a v it a e d e g li a v e v a n a tu r a lm e n te f a t t o a t t e n z io n e
scena del mondo, « représentations collectives », come giusta­
a c h e n e s s u n o d e l s u o a tt u a le « g ir o » n e v e n is s e a c o n o s c e n z a
mente le ha chiamate Lévy-Bruhl. Certamente l’io e la sua vo­
Q u a n t o a lu i, s i era s fo r z a to d i d im e n tic a r e . A l l ’e p o c a d e l l ’in ­
lontà hanno una parte di primo piano nella vita; ma ciò che
c id e n t e , c h e r is a liv a a u n a d e c in a d i a n n i a d d ie tr o , era a n co ra
l’io vuole è soggetto al massimo a interferenze, in modi dei
g io v a n e . N e p p u r e p e r u n is ta n te a v e v a im m a g in a to c h e sa r e b b e
quali di solito non è cosciente, dipendenti dalla autonomia e
sta to p o s s ib ile r itr o v a r n e la tr a c c ia . M a , c o n s t a ta te voi s te s s i!
dalla numinosità dei processi archetipici. La considerazione pra­
Le p a r o le « c o lt e ll o » , « la n c ia » , « b a tte r e » , « a p p u n tito » lo
tica di questi processi è l’essenza della religione, almeno nei
fa c e v a n o s u s s u lta r e . E q u esto g ià p e r m e t te di ab bozzare una
limiti in cui essa può essere soggetta a speculazione psicologica
il soggetto stesso non
d ia g n o s i. I l f a t t o p iu in t e r e s s a n t e è c h e
(Ibidem, pp. 388-390) si era accorto assolutamente delle sue esitazioni: p e r c h é o g n i
v o lta c h e u n a p a r o la in d u ttr ic e c r itic a c o g lie n e l s e g n o , la c o ­
sc ie n z a ne è im m e d ia ta m e n te a ffa sc in a ta ; essa si r iv o lg e a l­
Il soggetto era un uomo di trentadue anni, impiegato, all’epo­ l ’in te r n o e n o n n o ta p iu c iò c h e a v v ie n e a ll’e s te r n o . I l s o g g e t to
ca dell’esperimento, in una clinica, e aveva voluto di buon p e r c iò n o n p u ò c o n s ta ta r e la su a e c c ita z io n e . E g li è v ittim a di

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una assenza che afferra per un istante, durante il quale il tempo parola « morte » il soggetto risponde con « morire »: egli non
scorre, la sua attenzione. abbandona questo tema; pensa alla morte e ne conserva il
Poi torna in sé e riflette: « Cosa stavamo dicendo? ». Senza pensiero.
rendersi conto che è stato altrove col pensiero, trascinato a sua 3) « Abbracciare » - « bello ». Ecco un’altra scoperta, è come
insaputa, come da un turbine, nella complessità dei suoi ricordi un grido del cuore! In un vecchio giurista questo fatto ci sor­
e delle sue immagini interiori. Talvolta con l’aiuto di pochissi­ prende; ma sappiamo che l’amore sboccia a ogni età. Ricordia­
me associazioni possiamo arrivare a un qualche risultato. Ero moci però che in età avanzata certi ricordi sentimentali ritorna­
stato messo alle strette da un professore di diritto che si inte­ no alla luce volentieri, che ci si ricorda con tenerezza degli
ressava a questi esperimenti, pur senza crederci molto. Andai incontri del tempo passato.
a fargli visita, munito dei miei accessori, lista di parole indut­ Doveva essergli tornata alla memoria qualche avventura erotica;
trici e cronometro. Era un anziano signore che, giunto alla io lo avevo associato alla seminatrice che serve d ’effigie alle mo­
quinta associazione, si stancò e mi disse: nete francesi. Perché non ci poteva essere qualche francese di
— In fondo, cosa vuole che ne venga fuori? mezzo?
— Non va male, stanno venendo fuori dei dati dei quali Gli dissi: — Chiaramente Lei ha delle difficoltà finanziarie;
potrei metterla al corrente. pensa alla sua morte, che potrebbe derivare da una crisi cardiaca;
di tanto in tanto ha delle palpitazioni. Ha poi dolci ricordi, pro­
Le reazioni critiche erano state: babilmente di un’avventura amorosa, con una francese ». Egli
dette una manata sul tavolo.
Parole induttrici Parole indotte — Ha della magia nera, gridò. Come sa tutto questo?
denaro poco — È esatto?
morte morire — Certo che è esatto!
abbracciare bello Corse quindi nella stanza accanto e disse alla moglie: — Vieni,
cuore palpitare bisogna che anche tu faccia questa prova; anzi, è meglio di no,
pagare la seminatrice è senz’altro preferibile!
Penserete che le mie conclusioni non mancassero d ’audacia.
Si trattava di un insegnante universitario che si avvicinava Indubbiamente, ma devo riconoscere che al tempo di questo espe­
alla settantina e pensava di ritirarsi. Potei rischiare le seguenti rimento non ero piu un principiante; ne avevo già fatti parecchi,
conclusioni: e una lunga abitudine sperimentale aveva affinato il mio giudizio.
1) Il mio paziente doveva avere difficoltà finanziarie poiché (L’homme à la découverte de son âme, cit., pp. 141-142)
alla parola « denaro » associava « poco » e a « pagare » reagiva
violentemente.
2) Quando si raggiunge questa età, involontariamente si pen­
sa alla morte; naturalmente non se ne parla, la qual cosa però
non impedisce all’inconscio di ammetterla con discrezione. Alla

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L’interpretazione dei sogni

Mi ricordo di parecchie persone venute a consultarmi perché


sconcertate dai sogni loro o da quelli dei loro bambini. Questi
pazienti non riuscivano a comprenderli, perché i sogni conteneva­
no immagini la cui origine non poteva essere rintracciata nei loro
ricordi o pensavano di non averla trasmessa ai loro figli. Tra que­
ste persone, alcuni erano molto colti e tra essi si contavano per­
fino degli psichiatri.
Mi ricordo in particolare il caso di un professore che aveva
avuto un’improvvisa visione e si credeva pazzo. Venne a crovarmi
in uno stato di panico totale. Io presi da uno scaffale un libro
antico di quattrocento anni e gli mostrai una vecchia incisione che
rappresentava esattamente la sua visione: « Ha avuto torto a cre­
dersi pazzo » gli dissi. « La sua visione era conosciuta già quat­
trocento anni fa ». Detto questo, egli si sedette su una sedia, pro­
strato, ma nuovamente normale.
Un caso importante mi era stato sottoposto da un cliente, psi­
chiatra egli stesso. Un giorno mi portò un libriccino manoscritto
che la figlia di dieci anni gli aveva donato come regalo di Natale.
Esso conteneva tutta una serie di sogni che la ragazza aveva avuto
all’età di otto anni. Era la piu strana serie di sogni della quale
avessi mai avuto notizia, e capivo bene perché il padre avesse
provato qualcosa piu dello stupore a leggerlo. Malgrado l’appa­
renza infantile, i sogni contenevano qualcosa di soprannaturale

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e immagini la cui origine era totalmente incomprensibile al pa­ 12. Sciami di mosconi oscurano il sole, la luna, e tutte le stelle
dre. Ecco i motivi principali che vi figuravano. tranne una. Questa stella cade sulla bambina.
1. « La bestia malvagia », un mostro a forma di serpente con Nel testo originale tedesco ogni sogno inizia con la fase rituale
parecchie corna che uccide e divora tutti gli altri animali. Ma Dio « C’era una volta... ». Con queste parole la bambina lascia in­
sopraggiunge dai quattro angoli, essendo di fatto formato di quat­ tendere di considerare ciascun sogno come una specie di fiaba che
tro dei, e fa ritornare in vita gli animali morti. ella vuol raccontare al padre come regalo di Natale. Il padre ave­
2. Un’ascesa nei cieli, dove si celebra una festa con danze paga­ va tentato di spiegare i sogni attraverso il loro contesto ma non
ne. E una discesa all’inferno dove gli angeli compiono buone vi era riuscito, perché questi sogni non sembravano comportare
azioni. nessun tipo di elaborazione personale.
3. Un’orda di animaletti atterrisce la ragazzina, essi si ingran­ La possibilità che questi sogni fossero stati il prodotto di una
discono poi spaventosamente, e uno di questi la divora. elaborazione cosciente non avrebbe potuto, ben inteso, essere
escluso se non da qualcuno che avesse conosciuto sufficientemente
4. Le viene inviata una topolina da vermi,* serpenti, pesci e la bambina al punto da essere assolutamente certo della sua sin­
esseri umani. La topolina diventa un essere umano. Questo sogno cerità. (Anche se fossero stati immaginari, essi avrebbero tutta­
rappresenta le quattro tappe dell’origine dell’umanità. via pur sempre costituito una sfida alla nostra capacità di ca­
5. Una goccia d’acqua è vista come al microscopio. La bambina pirli). Nel caso particolare, il padre era convinto dell’autenticità
vede la goccia d ’acqua piena di rami d ’albero. Questo rappresenta dei sogni, e io non avevo motivo di dubitarne. Avevo conosciuto
l’origine del mondo. la ragazzina, ma prima dell’epoca in cui aveva offerto questa serie
6. Un ragazzo malvagio ha tra le mani una zolla di terra e ne di sogni al padre. Di modo che non potei porle nessuna domanda
getta delle manciate su tutti i passanti E tutti i passanti diventano in proposito. Ella viveva all’estero e mori per una malattia infet­
malvagi. tiva l’anno seguente il Natale di cui stiamo parlando.
7. Una donna ubriaca cade nell’acqua e ne esce sobria ed emen­ I sogni hanno un carattere assolutamente particolare. Le idee
data. predominanti sono di spiccata natura filosofica. Il primo sogno,
8. La scena si svolge in America dove parecchie persone, at­ per esempio, parla di un mostro che uccide gli altri animali. Dio
taccate dalle formiche, si rotolano su un formicaio. La bambina, però li fa rinascere tutti mediante una Apokatastasis divina o re­
in un momento di panico, cade in un fiume. surrezione finale. Nel mondo occidentale questa idea è conosciuta
grazie alla tradizione cristiana. È menzionata negli Atti degli Apo­
9. Un deserto sulla luna in cui la bambina sprofonda tanto da
stoli (III, 21): [Il Cristo] «che il cielo deve custodire fino al
arrivare all’inferno.
momento della resurrezione universale ». Tra i Padri della Chie­
10. La bambina vede una palla luminosa: la tocca. Da essa si sa, i greci, Origene per esempio, hanno insistito sulla idea che,
sprigionano vapori. Sopraggiunge un uomo e la uccide. alla fine dei tempi, il Redentore ristabilirà le cose nella perfe­
11. La bambina sogna di essere gravemente malata. Improvvi­ zione del loro stato originale. Secondo San Matteo (XVII, 11),
samente dalla sua pelle escono degli uccelli che la ricoprono com­ però, esisteva già un’antichissimà tradizione ebraica secondo la
pletamente. quale Elia sarebbe dovuto venire a ristabilire ogni cosa. Ritro­

180 si
viamo il medesimo concetto nella prima Epistola ai Corinzi (XV, mente importante, poiché ci si può talvolta assicurare che i bam­
22): « Perché come tutti muoionno in Adamo, cosi tutti rivivran­ bini non hanno accesso diretto alla tradizione in causa. Nel no­
no nel Cristo ». stro caso specifico, la famiglia della ragazzina aveva soltanto una
Si potrebbe supporre che la bambina abbia ricavato questo con­ conoscenza superficiale della tradizione cristiana. I temi cristiani,
cetto dall’educazione religiosa: essa però aveva una cultura reli­ beninteso, possono essere rappresentati da idee come Dio, gli
giosa assai limitata. I genitori ufficialmente erano protestanti, di angeli, il cielo, l’inferno e il male. Ma il modo in cui la bambina
fatto, però, essi conoscevano la Bibbia solamente per sentito dire. li utilizzava indicava un’origine totalmente non cristiana.
È molto improbabile che alla ragazzina sia stata spiegata un’im­ Esaminiamo il primo sogno di Dio, che consiste in quattro dèi
magine tanto astrusa come è quella dell’Apokatastasis. Il padre giungenti da quattro « angoli ». Gli angoli di cosa? Il sogno non
non aveva certamente mai sentito parlare di questo mito. Nove, accenna a una camera, che tra l’altro non si adatterebbe a ciò
dei dodici sogni, contengono il tema della distruzione e della re­ che manifestamente è un avvenimento cosmico, in cui interviene
surrezione; e nessuna mostra traccia di una educazione e di una lo stesso Essere Universale. Tale « quaternità », l’importanza at­
influenza specificamente cristiana. Al contrario essi sono in piu tribuita al numero quattro, è di per sè un’idea strana, che però
stretto rapporto con i miti primitivi. Questo rapporto viene con­ gioca un ruolo importante in molte religioni e filosofie. Il cristia­
fermato dal secondo motivo, il mito « cosmogonico » (la crea­ nesimo gli ha sostituito il concetto di Trinità, che la bambina, come
zione del mondo e dell’uomo) che figura nel quarto e nel quin­ possiamo supporre, doveva conoscere. Ma chi, in una famiglia
to sogno. appartenente alla moderna classe media, avrebbe potuto sentire
Lo stesso legame tra morte e resurrezione, Adamo e il Cristo parlare di una quaternità divina? È un’idea che fu assai diffusa
(la morte e la resurrezione), figurava nélYEpistola ai Corinzi (I, tra gli studiosi della filosofia ermetica del Medioevo: essa però si
XV, 22) appena citata. A questo punto dobbiamo osservare che è perduta intorno all’inizio del secolo XVIII, ed è stata comple­
il concetto di Cristo redentore è stato ripreso da un tema pre­ tamente dimenticata da almeno duecento anni. Dove ha potuto
cristiano, diffuso nel mondo intero, quello dell’eroe e del salva­ ritrovarla la bambina? Nella visione di Ezechiele? Ma nessun in­
tore, che divorato da un mostro, riappare miracolosamente dopo segnamento cristiano identifica Dio e i serafini.
averne trionfato. Dove e quando è nato questo tema, resta un Possiamo porci lo stesso problema a proposito del serpente con
mistero. Non sappiamo nemmeno come condurre le nostre inve­ le corna. È vero che nella Bibbia, per esempio nell’Apocalisse,
stigazioni. La sola cosa di cui siamo assolutamente certi è che troviamo un gran numero di animali con le corna; tutti però sem­
questo motivo era familiare ad ogni generazione, e che ogni ge­ brano essere quadrupedi, anche se il loro signore è il drago, il cui
nerazione sembra averla ricevuta in eredità da quella precedente. nome greco (drakon) significa anche serpente. Il serpente con le
Di modo che possiamo, senza tema di sbagliare, supporre che la corna compare nell’alchimia latina del secolo XVI. Essa parla del
sua origine risalga a un’epoca in cui l’uomo non sapeva ancora quadricornutus serpens, simbolo di Mercurio e viene opposto alla
possedere il mito dell’eroe, perché non rifletteva ancora coscien­ trinità cristiana. Questo riferimento però è poco accessibile. Per
temente su ciò che diceva. Il personaggio dell’eroe è un archetipo quanto io sappia esso figura in un solo autore, e questa bambina
esistente da tempo immemorabile. non aveva alcuna possibilità di conoscerlo.
La produzione di archetipi da parte dei bambini è particolar- Nel secondo sogno appare un motivo indiscutibilmente non

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cristiano che contiene un ribaltamento dei valori tradizionali, per Questi sogni ci rivelano una nuova e assai terrificante dimen­
esempio le danze pagane eseguite dagli uomini in Paradiso e le sione della vita e della morte. Ci aspetteremmo di trovare questo
buone azioni compiute dagli angeli nell’inferno. Dove ha trovato genere di immagini in una persona attempata che guarda dietro
la bambina un concetto cosi rivoluzionario, degno del genio di di sè e non in una bambina che normalmente guarda in avanti.
Nietzsche? La loro atmosfera ricorda un vecchio detto romano, secondo cui
Questo problema ne introduce un altro: qual’è la portata com­ la vita non è che un breve sogno, e non certo l’esuberanza e la
pensatrice di questi sogni, ai quali la bambina aveva attribuito gioia della prima giovinezza. La vita della bambina assomiglia al
un’importanza tale da donarli al padre come regalo di Natale? voto di sacrificio primaverile di cui parla il poeta. Anche l’altare
Se i sogni fossero stati fatti dallo stregone di una tribù primi­ delle chiese cristiane rappresenta da una parte la tomba e dall’altra
tiva, potremmo , a ragione supporre che essi rappresentino una la resurrezzione, e dunque la trasformazione della morte in vita
variazione sui temi filosofici della morte, della resurrezione e della eterna.
salvezza finale, sull’origine del mondo, la creazione dell’uomo e Ecco quali erano le idee che i sogni suggerivano alla bambina.
la relatività dei valori. Se però li esaminiamo a livello personale, I sogni erano una preparazione alla morte narrata in brevi storie
potremo essere tentati di rinunciare all’interpretazione di questi analoghe ai racconti che facevano parte della iniziazione del pri­
sogni a causa della loro scoraggiante difficoltà. Essi contengono in­ mitivo, o ai koans del buddismo Zen. Questo messaggio non as­
discutibilmente immagini collettive, in una certa misura analoghe somiglia alla dottrina cristiana, assomiglia piuttosto al modo di
alle dottrine insegnate ai giovani nelle tribù primitive al momento pensare dei primitivi. Sembra nato al di fuori della tradizione cul­
della loro iniziazione. In quel momento essi apprendono le azioni turale storica, dalle ormai da tempo dimenticate sorgenti dello
di Dio, degli dei, o anche degli animali fondatori, come sono psichismo, le quali, dall’epoca preistorica, hanno alimentato le
stati creati il mondo e l’uomo, come essi finirann oe qual’è il speculazioni filosofiche religiose sulla vita e sulla morte.
senso della morte. Esistono circostanze in cui noi, nell’ambito Era come se avvenimenti non ancora accaduti proiettassero già
della civiltà cristiana, diamo un analogo insegnamento? Si, duran­ la loro ombra sulla bambina, risvegliando pensieri che, benché
te l’adolescenza. Molti però non ripensano a queste cose che normalmente assopiti, accompagnano o descrivono l’approssimarsi
nella vecchiaia, quando la morte si avvicina. di una uscita fatale. Benché la forma specifica in cui si esprimono
Ora, la ragazzina si trovava contemporaneamente in queste due sia più o meno personale, il loro schema generale è collettivo. Li
situazioni. Si avvicinava alla pubertà e, nello stesso tempo, alla si trova ovunque e in ogni tempo, e variano come gli istinti che
fine della vita. Nel simbolismo dei suoi sogni quasi nulla annun­ mutano considerevolmente da una specie all’altra, tuttavia ser­
cia l’inizio di una normale vita di adulto; al contrario, vi sono vendo gli stessi fini generali.
molte allusioni alla distruzione e alla guarigione. Quando lessi (L’homme et ses symboles, cit., pp. 69-75)
per la prima volta questi sogni, ebbi in verità l’inquietante sensa­
zione che suggerissero un imminente disastro. La ragione era co­
stituita dalla particolare natura della compensazione che deducevo La nostra ipotesi è che l’inconscio abbia importanza etiologica
dal loro simbolismo. Essa era ben contraria a quanto ci si poteva e che i sogni siano la diretta espressione di attività psichiche in­
aspettare dalla coscienza di una ragazzina di quell’età. consce. Ciò costituisce una giustificazione teoretica da un punto di

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vista scientifico, per tentare un’analisi e un’interpretazione dei la sua nevrosi. A questo punto della sua storia il paziente non
sogni. Se il tentativo riesce potremo sperare, anche a prescindere può fare a meno di ripetere la ben nota frase stereotipata che in­
da qualsiasi azione terapeutica, di raggiungere una comprensione comincia con: « E proprio ora che... » La sintomatologia del mal
scientifica della struttura dell’etiologia psichica. Ma per il medico di montagna sembra fatta apposta per rappresentare in forma
pratico le scoperte scientifiche possono tutt’al piu costituire un drastica la situazione specifica in cui è venuto a trovarsi il pa­
gradito sottoprodotto dell’attività terapeutica, e non basta quindi ziente. Durante la seduta egli mi riferisce due sogni avuti la notte
che l’analisi dei sogni consenta un chiarimento teorico delle basi precedente.
etiologiche perché una sua applicazione sia giustificata o addirit­ Ecco il primo sogno: « Mi ritrovo nel paesetto dove son nato.
tura indicata; a meno che il medico si riprometta di trarre da quel Sulla via son adunati alcuni ragazzi già miei compagni di scuola.
chiarimento un effetto terapeutico, perché in tal caso l’applicazione Fingo di non conoscerli e li oltrepasso; sento però che uno di loro
dell’analisi dei sogni diventerà per lui un preciso dovere. dice, segnandomi col dito: Quello li non torna piu che di rado al
Com’è noto la scuola di Freud ha ampiamente sviluppato la dot­ paese ». Non occorrono acrobazie interpretative per riconoscere
trina secondo la quale il chiarimento e l’interpretazione, ossia la in questo sogno l’allusione alle modeste origini del paziente e per
completa attrazione nella coscienza dei fattori etiologici inconsci, comprendere il significato di quella allusione. Essa significa chia­
avrebbe il massimo valore terapeutico. Ammettendo che i fatti ramente: Tu dimentichi che hai cominciato dal basso.
giustifichino questo punto di vista, rimane da vedere se l’analisi Ed ecco il secondo sogno: « Ho una gran fretta perché debbo
dei sogni sia idonea in senso assoluto o in senso relativo (e cioè partire. Cerco di radunare il mio bagaglio ma non trovo nulla;
in connessione con altri metodi) alla determinazione dell’etiologia intanto il tempo passa e il treno sta per partire. Alla fine riesco
inconscia. Devo qui dare per nota la risposta che ad un tale pro­ a raccogliere la mia roba e mi precipito in strada; m’accorgo però
blema dà la dottrina freudiana. Posso senz’altro associarmi a di aver dimenticato una borsa che contiene documenti importanti;
quella risposta, nel senso che i sogni e in particolar modo i sogni torno indietro, tutto affannato, finalmente la trovo, e corro alla
iniziali (ossia quelli che coincidono con l’inizio del trattamento), stazione, appena in tempo per vedere il treno che sta uscendo
rivelano spesso in forma indubbia il fattore etiologico essenziale. dalla tettoia. Esso percorre una strana curva fatta a S, assai lunga;
Il caso seguente potrà servire da esempio. penso che se il macchinista non fa attenzione e giunto sul tratto
Un uomo di buona posizione sociale mi consulta. Egli prova diritto dà tutto vapore, le ultime vetture trovantisi ancora in
angoscia, senso di insicurezza, capogiri, talora con nausea, emi­ curva rischiano di essere lanciate fuori dei binari. Effettivamente, il
cranie, oppressioni alla testa: stati in complesso simili a quelli del macchinista dà vapore; cerco di gridare; le ultime vetture sbanda­
mal di montagna. Il paziente ha percorso una carriera straordina­ no paurosamente e sono difatti lanciate fuori dei binari. È una
riamente brillante. Figlio di poveri contadini ma animato da una catastrofe spaventosa e io mi sveglio in preda all’angoscia ». An­
forte volontà, è riuscito grazie alla sua capacità e operosità a salire che qui non ci vuole molta fatica per comprendere la scena del
di grado in grado, fino a raggiungere una posizione alta, straordi­ sogno. Essa riproduce dapprima il vano orgasmo per andare an­
nariamente ricca di possibilità per un’ulteriore ascesa sociale. Egli cora avanti. E poiché il macchinista se ne va senza complimenti,
ha effettivamente raggiunto la piattaforma da cui potrebbe spic­ dietro a lui si produce la nevrosi, lo sbandamento, il deragliamento.
care un volo piu alto, se non fosse insorta improvvisamente quel- Nella fase attuale della sua vita, il paziente ha certamente rag-

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urobilina, o qualche altra cosa, magari piu corrispondente alla giunto il vertice; le umili origini e la fatica della lunga ascesa ne
mia attesa. In altri termini tratto il sogno come un fatto che può hanno esaurito le forze. Egli dovrebbe contentarsi di ciò che ha
essere utilizzato per la diagnosi. ottenuto; invece la sua ambizione lo spinge avanti, piu in alto,
Il breve sogno portato ad esempio ci ha dato — e i sogni fanno fino ad un’atmosfera rarefatta che non è piu per lui. Perciò lo
sempre cosi — qualche cosa di piu di quanto serviva al nostro colpisce la nevrosi ammonitrice.
assunto. Non ci ha fornito soltanto l’etiologia della nevrosi, ma Per ragioni d’ordine estrinseco non ho potuto continuare il trat­
anche una prognosi. Anzi ci ha dato piu ancora, giacché sappiamo tamento del paziente, e la mia interpretazione non lo soddisfece.
senz’altro su quale punto debba intervenire la terapia. Bisogna Cosi il destino* tracciato dal sogno fece il suo corso. Egli volle
impedire al paziente di dare tutto vapore: il paziente stesso se orgogliosamente tentare la sua sorte, ma usci dalle rotaie profes­
lo dice da sé nel sogno. sionali in modo da provocare realmente la catastrofe.
Ma lasciamo ora quest’ultima indicazione e torniamo al nostro Ciò che si lasciava appena intravedere nell’anamnesi cosciente
problema: se cioè i sogni possano spiegare Pedologia di una ne­ (il mal di montagna come rappresentazione simbolica del « non
vrosi. Il mio esempio del sogno costituisce un caso in questo senso poter salire piu oltre ») viene confermato in pieno dal sogno.
positivo. Ma potrei portare innumerevoli altri esempi di sogni Qui c’imbattiamo in un fatto di capitale importanza per l’appli­
iniziali ove non si può rintracciare neppure l’ombra di un fattore cazione pratica dell’analisi dei sogni: il sogno riproduce quella si­
etiologico: e questo anche limitandoci ai sogni particolarmente tuazione interiore del soggetto che la coscienza non vuol ricono­
trasparenti e lasciando in disparte i sogni che richiedono un’analisi scere, o riconosce solo a malincuore, come vera e reale. Cosciente­
e un’interpretazione approfondita. mente il soggetto non vede alcuna ragione per non procedere piu
(La realtà dell’anima, Torino, Boringhieri, 1963, pp. 5è-59) oltre; preso dalla sua ambizione, aspira a salire ancora e nega
quell’incapacità che le vicende future della sua vita finiranno col
rivelare sin troppo. Finché ci manteniamo sul terreno della co­
Ogni interpretazione è un’ipotesi, un puro tentativo di lettura scienza, si è sempre incerti in casi di questo genere. L’anamnesi
di un testo ignoto. È raro quindi che un sogno oscuro isolato pos­ può essere valutata come si vuole. In fin dei conti ogni soldato ha
sa venire interpretato con sicurezza anche approssimativa; dò quin­ il bastone di maresciallo nello zaino e molti figli di poveri genitori
di poco peso all’interpretazione di un singolo sogno. Una relativa hanno raggiunto i successi piu alti; perché dunque non poteva
sicurezza si ottiene invece con una serie di sogni, giacché allora i essere anche questo un caso simile? Che garanzia vi è circa la
sogni successivi rettificano gli errori d’interpretazione dei prece­ serenità del mio giudizio? E perché il mio parere dovrebbe valere
denti, e nella serie complessiva dei sogni gli elementi e motivi piu del suo? Ma qui interviene il sogno, come espressione di un
fondamentali si lasciano meglio individuare. Perciò invito i miei processo psichico inconscio, che si sottrae all’infiuenza della co­
pazienti a tenere attentamente nota dei loro sogni e delle inter­ scienza e rappresenta la vera realtà interiore cosi com’è: non dun­
pretazioni che ne sono state date. Li abituo anche a elaborare i que come io la suppongo, o come il paziente la avrebbe, ma pro­
sogni nel modo sopra indicato, in modo che possano venire al prio come essa è. Io mi sono quindi fatta la norma di considerare
consulto col sogno e il suo contesto messi per iscritto. Quando si i sogni alla stregua delle manifestazioni fisiologiche. Se nell’urina
è piu avanti col trattamento faccio loro elaborare anche le in- appare dello zucchero, c’è senz’altro zucchero, e non albumina, o

189 188
perto da una valanga e tratto in salvo all’ultimo momento da una
pattuglia militare che per caso si trovava sul posto. Tre mesi terpretazioni; in tal modo il paziente si abitua a trattare corretta-
dopo fu la fine. In un’ascensione fatta senza guide con un amico mente, anche senza il medico il proprio inconscio.
piu giovane, e mentre era in parete, egli — come lo vide una Se i sogni fossero soltanto fonti d ’informazione relative agli
guida che si trovava piu basso — fece letteralmente un passo nel elementi etiologicamente importanti, si potrebbe tranquillamente
vuoto e cadde sull’amico che attendeva piu sotto: entrambi pre­ lasciare in mano al medico tutto il lavoro sui sogni. Oppure se al
cipitarono, sfracellandosi nel burrone. Questa fu l’estasi in ogni medico i sogni servissero soltanto per ricavare ogni sorta di in­
dizi utili e di criteri psicologi, si potrebbe certo risparmiare il
senso.
procedimento ora descritto. Ma poiché i sogni — come lo mostra­
Nonostante ogni scetticismo e critica, non vedo come si pos­
no i miei esempi — possono contenere piu di quanto serve al
sano considerare i sogni come entità trascurabili. Se essi ci ap­
medico come strumento pratico, è necessario rivolgere ai sogni
paiono insensati, siamo solo noi gli insensati, e non abbiamo ab­
un’attenzione del tutto particolare. Spesso infatti possiamo tro­
bastanza spirito per leggere esattamente il messaggio enigmatico
varci addirittura di fronte a un immediato pericolo mortale.
del lato notturno della nostra vita. Almeno metà della nostra
vita psichica appartiene a quel lato notturno, e come la coscien­ Tra i molti casi di questo genere uno mi è rimasto particolar­
za estende la sua azione anche sulla notte, cosi l’inconscio inter­ mente impresso. Si trattava di un mio collega che, essendo alquan­
ferisce sulla nostra vita diurna: perciò la psicologia medica do­ to piu anziano, aveva l’abitudine, quando per caso c’incontravamo,
vrebbe affinare le sue possibilità con un lavoro sistematico sopra di punzecchiarmi a proposito delle mie interpretazioni dei sogni.
i sogni. Nessuno dubita dell’importanza della nostra vita coscien­ Lo incontrai cosi una volta per la strada ed egli mi apostrofò:
te; perché dunque si dovrebbe dubitare dell’importanza del mondo « Ciao, come va? Sempre interpretazioni di sogni? A proposito,
dei processi inconsci? Anch’esso è vita nostra, ed è talora piu ho fatto poco fa un sogno stupido. Anche quello significa qualche
denso di pericolo e di salvezza che non la vita diurna. cosa? Ecco che cosa aveva sognato: « Mi arrampico su un alto
monte per una ripida costa coperta di neve. Vado sempre piu in
Dal momento che i sogni ci permettono di renderci conto della
alto e il tempo è splendido. Piu salgo e piu vorrei salire; mi sem­
nascosta vita interiore e di quelle componenti della personalità
bra di poter continuare a salire eternamente. La mia felicità e la
del paziente che nella vita diurna hanno il significato di sintomi
mia esaltazione sono tali, quando ho raggiunto la cima, che ho
nevrotici, il paziente non può essere curato soltanto in base
l’impressione di poter continuare a salire nello spazio. Ed effetti­
alla coscienza e in essa, ma ha bisogno anche di una cura del­
vamente lo posso fare; e salgo su per l’aria. Mi risveglio in pie­
l’inconscio. Per ciò che ne sappiamo sinora, ciò si può fare sol­
tanto determinando una progressiva assimilazione dei contenuti na estasi ».
dell’inconscio da parte della coscienza. Io gli risposi cosi: « Caro amico, so che non rinunceresti per
Per « assimilazione » non si deve qui intendere una valuta­ nulla all’alpinismo; vorrei perciò pregarti con la massima insi­
zione, un’interpretazione, un soggiogamento dei contenuti in­ stenza di rinunciare a fare ascensioni da solo. Se vai in monta­
consci da parte della coscienza — cosi come in genere si pensa gna, porta due guide con te, e prometti loro, sulla tua parola
e si fa — ma una reciproca compenetrazione di elementi co­ d ’onore, un’obbedienza assoluta ». Egli si mise a ridere: « Sempre
scienti ed incoscienti. A tale proposito si sono diffuse idee fal- incorreggibile! », e si congedò. Non l’ho piu riveduto. Due mesi
dopo ebbe il primo colpo. In un’escursione fatta da solo fu co-

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sissime sul valore dei contenuti inconsci. Com’è noto Freud vede quando nel bel mezzo della vita l’inconscio viene ostacolato con
l’inconscio sotto una luce assai fosca: cosi l’uomo sarebbe, se­ la rimozione, con le false interpretazioni e con una svalutazione.
condo il pensiero di quella scuola, una specie di mostro. Da un
(La realtà dell’anima, cit., pp. 66-69)
lato la favola sullo spaventoso uomo primitivo, dall’altro la dot­
trina del carattere infantile, perverso e criminale dell’inconscio,
hanno fatto un mostro pauroso di quel prodotto naturale che è
l’inconscio. Come se tutto ciò che è bene e razionale, tutto çiô Sono giunto a pensare che quella concezione freudiana che es­
che è bellezza e ha un valore per la vita, albergasse nella co­ senzialmente individua nei sogni soltanto la realizzazione di desi­
scienza! La guerra mondiale, con i suoi orrori, non ci ha per deri e la protezione del sonno, sia troppo stretta, mentre invece
nulla aperto gli occhi, per mostrarci quanto sia piu diabolica l’idea fondamentale di una funzione ideologica compensatrice
e perversa la coscienza che non l’inconscio nella sua essenza sia certamente da ritenere. Questa funzione non è che sussidia­
naturale. riamente compensatrice rispetto al sonno. Il soggetto principale
è la vita cosciente. I sogni si comportano come compensazione
Mi è stato recentemente obiettato che la mia dottrina dell’assi­
milazione insidia la civiltà e affida alla primitività i nostri valori della situazione cosciente che li ha visti nascere. Essi proteggono
il piu possibile, cioè automaticamente, il sonno, in risposta al­
piu alti. Ma tale obiezione può solo fondarsi sul falso presuppo­
l’influenza e all’ascendente di questo stato; essi sanno però anche
sto che l’inconscio sia un mostro; e un’idea simile nasce solo
interromperlo quando la loro funzione lo richiede e quando i
dalla paura della natura o della realtà effettiva. In vista di una
loro contenuti equilibranti hanno un’intensità sufficiente a so­
salvazione dagli artigli immaginari dell’inconscio, la stessa teoria
spendere il corso. Un elemento inconscio compensatore si am­
freudiana ha inventato il concetto della sublimazione. Ma ciò
plifica intensamente quando ha un’importanza vitale per l’orien­
che esiste effettivamente non si lascia sublimare alchimisticamen­
tamento della coscienza.
te; e d ’altra parte quanto viene apparentemente sublimato non
era neppure all’origine ciò che sembrava essere in base a un’in­ (L’homme à la découverte de son âme, cit., pp. 237)
terpretazione erronea.
L’inconscio non è affatto un mostro demoniaco, ma un essere
naturale, moralmente, esteticamente e intellettualmente indiffe­ Quanto piu l’atteggiamento cosciente è di un estremismo esclu­
rente, che diventa pericoloso solo quando la nostra impostazione sivo, e si allontana cosi dall’ optimum delle possibilità vitali,
cosciente è radicalmente sbagliata. La sua pericolosità aumenta tanto piu dobbiamo fare i conti con la possibile apparizione di
nella misura in cui noi lo reprimiamo, mentre diminuisce nel sogni vivaci e penetranti, dai contenuti riccamente contrastati,
momento stesso in cui il paziente comincia ad assimilare i con­ ma giudiziosamente compensatori, come espressione della autore­
tenuti che erano inconsci. Con la progressiva assimilazione scom­ golazione psicologica dell’individuo. Allo stesso modo in cui il
pare la dissociazione della personalità, ossia l’angosciosa scis­ corpo reagisce adeguatamente a una ferita, a un’infezione o a
sione del lato diurno e del lato notturno. Quello che i miei cri­ una vita anormale, le funzioni psichiche reagiscono alle turbe
tici temono, e cioè una sopraffazione della coscienza da parte perturbatrici e dannose con appropriati mezzi di difesa. Il sogno,
dell’inconscio, si produce invece nella forma piu rapida proprio a mio giudizio, fa parte di queste reazioni opportune poiché intro-

192 193
duce nella potenza, grazie a un accostamento simbolico, i mate­
11 sogno è un’apparizione straordinariamente complessa, com­
riali costellati nell’inconscio dai dati della situazione cosciente.
plessa e insondabile come i fenomeni del cosciente. Sarebbe assai
Nelle sostanze inconscie troviamo tutte le associazioni la cui azzardato voler spiegare tutti i fenomeni coscienti con una teoria
riservatezza rendeva sublimali, ma che però possiedono parecchia che li riconduca senza distinzione al soddisfacimento di desideri
energia per manifestarsi durante il sonno. Evidentemente l’op­ o di istinti; è egualmente poco probabile che i fenomeni onirici
portunità del sogno e delle sue immagini non salta agli occhi a si prestino a una spiegazione altrettanto semplicistica.
prima vista; l’analisi del contenuto manifesto del sogno è neces­
Nello stesso ordine di idee, a maggior ragione, non potremo
saria per liberare gli elementi compensatori dal suo contenuto
limitarci a una concezione dei fenomeni onirici che metta in ri­
latente. La maggior parte delle reazioni di difesa del corpo umano
lievo solamente la loro funzione compensatrice e secondaria in
sono anch’esse di natura oscura e in qualche modo indiretta;
rapporto ai contenuti coscienti. È vero che la opinione generale
sono state necessarie conoscenze approfondite e ricerche precise
accorda alla coscienza un valore ben piu considerevole di quanto
per chiarire il loro ruolo salutare. Ricordiamo il significato della
non accordi all’inconscio. Questa opinione corrente, però, dovrà
febbre e delle suppurazioni in una ferita infetta.
indubbiamente essere rivista perché, quanto piu si arricchisce la
Essendo i fenomeni psichici compensatori quasi sempre es­ nostra esperienza, tanto piu si rafforza la certezza che la funzione
senzialmente individuali, viene accresciuta molto la difficoltà, già dell’inconscio occupa, nella vita psichica, un posto importantissi­
incontrata, per mettere in evidenza la loro natura compensatrice. mo, che per il momento riusciamo solo a intravedere. È l’espe­
In particolare si smarrirà facilmente il principiante. Ad esempio, rienza analitica a rivelare in modo sempre piu probante quali
secondo la teoria delle compensazioni, ci si aspetterebbe che un sono le influenze dell’inconscio sulla vita cosciente dell’anima.
soggetto esageratamente pessimista verso la vita faccia sogni se­ Interferenza la cui esistenza e il cui significato erano fino ad ora
reni e ottimisti. Questa aspettativa invece si realizzerà soltanto sfuggiti. Secondo la mia convinzione, nata da una lunga esperienza
se l’individuo è sensibile a tali forme di incoraggiamento. Se, e da innumerevoli esami, l’attività generale dello spirito e la pro­
al contrario, il suo temperamento vi si ribella, i suoi sogni, giudi­ duttività della psiche, sono probabilmente frutto tanto dell’in­
ziosamente, saranno ancora piu neri di quanto non sia la sua vita conscio che del cosciente. Se questo modo di vedere è esatto, pos­
cosciente. Essi applicano il principio similia similibus curati tur. siamo dire che non è soltanto la funzione inconscia a essere
Non è dunque facile capire quali leggi presiedono alla com­ compensatrice e relativa in rapporto alla coscienza, ma anche
pensazione onirica. La compensazione, nella sua essenza, è inti­ la coscienza a essere subordinata al contenuto inconscio momen­
mamente legata all’insieme della natura dell’individuo. Le possi­ taneamente costellato. Cosi il cosciente non sarà il solo ad avere
bili compensazioni sono infinite e inesauribili, anche se, con la il privilegio dell’orientamento attivo verso uno scopo o una in­
esperienza, si finisce per vederne cristallizzare alcuni principi tenzione; perché in alcune circostanze, anche l’inconscio sarà
fondamentali. ugualmente suscettibile di assumere una direzione orientata verso
Proponendo la teoria delle compensazioni, non voglio assolu­
un fine. *-
tamente dire che essa sia la sola attraverso cui può essere giusti­
Se è cosi, il sogno può avere all’occorrenza il valore di una
ficato il sogno o che essa renda completamente conto di tutti i
positiva idea direttrice, o di una rappresentazione diretta, di
fenomeni della vita onirica.
portata vitale superiore ai corrispondenti tratti coscienti. Tale pos-

194
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sibilità, a mio avviso reale, si accorda con il consensus gentium, L’armonia dei contrari
giacché la superstizione di tutti i popoli e di ogni epoca vede
nel sogno un oracolo rivelatore di future verità. Se trascuriamo
le esagerazioni e il fanatismo di rappresentazioni universalmente
diffuse, scopriamo che esse lasciano dietro di sé sempre una pic­
cola parte di verità.
... Distinguiamo la funzione prospettiva del sogno dalla sua
funzione compensatrice. Quest’ultima esamina l’inconscio nella
sua dipendenza dal conscio, al quale l’inconscio aggiunge tutto
quell’insieme di elementi che, da svegli, non escono alla luce
perché rimossi, o semplicemente perché non possiedono l’energia In una società sana e normale, è naturale che gli individui
necessaria per giungere da soli alla coscienza. La compensazione siano in disaccordo, perché è relativamente raro che si stabilisca
rappresenta un’autoregolazione dell’organismo psichico assai ap­ un accordo generale, non appena si esce dal campo degli istinti.
propriata. Se, in una società, il disaccordo è un veicolo della vita mentale,
La funzione prospettiva al contrario, si presenta come antici­ non potremmo però considerarlo come fine in sé. Anche l’accordo
pazione, sorgente nell’inconscio, delle future attività coscienti; è importante. E poiché la psicologia fondamentalmente riposa
essa evoca un abbozzo preparatorio, uno schizzo a grandi linee, sull’equilibrio dei contrari, nessun giudizio può essere considerato
un progetto di piano esecutorio. Il suo contenuto simbolico rac­ definitivo se non è stato preso in considerazione anche il suo con­
chiude, se necessario, la soluzione di un conflitto. Maeder lo trario. La ragione di questa particolarità risiede nel fatto che non
ha illustrato assai chiaramente. La realtà dei sogni prospettici di vi è nessun punto di vista che si situi al di sopra e al di fuori
questa natura è innegabile. Sarebbe ingiustificato chiamarli pro­ della psicologia e sul quale potremmo poggiare un giudizio defi­
fetici, perché, in fondo, lo sono assai poco, quanto potrebbero nitivo sulla natura della psiche.
esserlo una diagnosi medica o una previsione metereologica. Qui
(L’homme et ses symboles, cit., p. 59)
si tratta di una anticipazione di probabilità, combinazione pre­
coce che, è vero, può concordare all’occasione con il corso reale
degli avvenimenti, può però anche non concordare del tutto o
solo in taluni punti. Si potrebbe parlare di profezia soltanto se
corrispondessero fin nei minimi particolari.
I pronostici della funzione prospettica del sogno sono spesso
nettamente superiori alle congetture coscienti; non dovremmo
stupircene perché il sogno risulta da una mescolanza di elementi
sublimali, da una unione di tutte quelle sensazioni, sentimenti,
pensieri che a causa del loro sfumato rilievo, sono sfuggite alla
coscienza.
(Ibidem, pp. 238-242)

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Vita interiore e individuale

Le antiche religioni con i loro simboli crudeli o buoni, ridicoli


o solenni, non sono nate in un cielo sereno, sono invece state
create da e in questa anima umana, come essa è sempre stata
e vive ora in ciascuno di noi. Tutte queste cose, dalle loro strut­
ture di base, dalle loro forme archetipiche, possono in qualunque
momento avventarsi su di noi con la potenza distruttrice di una
valanga, sotto forma di suggestione di massa contro cui l’indi­
viduo isolato è indifeso. I nostri dei terrificanti si sono prestati
soltanto a un cambiamento di nome e i termini con cui sono
chiamati fanno rima con « ismo ». Chi avrebbe il coraggio di so­
stenere che la guerra mondiale o il bolscevismo con le catastrofi
che ne sono conseguite sono state delle trovate ingeniöse? Come
viviamo esteriormente in un mondo in cui, in ogni momento,
può affondare un continente, o spostarsi un polo, o scoppiare
una nuova epidemia, cosi viviamo interiormente in un mondo
in cui può sopraggiungere un analogo cataclisma, e ovviamente
il cataclisma avverrà sotto forma di ideologia, il cui punto di par­
tenza sarà un’idea: forma però non meno pericolosa e imprevedi­
bile. Il disadattamento al nostro universo interiore è una lacuna
che può avere conseguenze nefaste quanto lo sono quelle che
conseguono all’ignoranza e all’incapacità di adattarsi al mondo
esterno.
(L ’â m e e t l a v ie , cit., pp. 201-202)

199
« Sii quello che realmente sei ». Da sempre soltanto lo sprolo­ permettere di sottrarvisi. In effetti io sospetto il nostro attuale
quio ha suonato a vuoto e nessuna abilità, per artificiosa che sia, entusiasmo per la pedagogia e la psicologia del bambino di inten­
permetterà alla lunga di sottrarsi a questa elementare verità. Da zioni disoneste: parliamo del bambino quando invece dovremmo
sempre non è ciò di cui siamo persuasi che agisce, bensì il fatto intendere il bambino che è nell’adulto. Perché nell’adulto c’è un
di essere persuasi. bambino, un eterno bambino sempre in divenire, mai terminato,
(Ibidem, p. 279) che avrebbe un bisogno costante di cure, di attenzioni e di es­
sere educato. È questa parte della personalità umana che vor­
rebbe svilupparsi interamente. Ora, l’uomo del nostro tempo è
Esistono i beni della mente; ci sono però anche i doni del a una distanza astronomica da queste totalità. Presentendo oscu­
cuore che non sono meno importanti. Ci dimentichiamo però ramente quel qualcosa che gli manca, l’uomo si impadronisce
facilmente di questi ultimi perché, in quei casi, l’intelligenza è dell’educazione del bambino, si entusiasma alla psicologia infan­
spesso piu debole del cuore. Pertanto gli uomini del secondo tile perché gli piace supporre che, nella sua educazione e nel suo
tipo sono sovente piu utili e preziosi per il bene della società di sviluppo infantile, qualcosa deve essere andata di traverso, e che
quanto lo siano gli altri. questa potrebbe essere eliminata nella generazione seguente.
(Ibidem, p. 340) Questa intenzione è certamente lodevole ma si scontra con
questo fatto psicologico: cioè che non posso correggere nessun
errore nel bambino se io stesso continuo a commetterlo. Attual­
L’affermazione del cuore riguarda sempre l’insieme — al con­ mente i bambini non sono sciocchi come pensiamo. Essi distin­
trario dell’intelletto discriminante. Le fibre del cuore echeggiano, guono fin troppo bene ciò che è vero da ciò che è falso. Il rac­
come l’arpa eolia, unicamente al soffio dell’umore pieno di pre­ conto di Andersen che parla dei vestiti nuovi dell’imperatore
sentimenti che nulla soffoca, ma che è in ascolto. Ciò che il contiene un’eterna verità. Quanti genitori mi hanno comunicato
cuore sente sono le grandi cose della vita, gli avvenimenti vis­ la loro lodevole intenzione di risparmiare ai loro figli quelle
suti, mai organizzati da noi ma sempre subiti. esperienze che hanno dovuto fare nella loro giovinezza! E quando
(Ibidem, pp. 340-341) domandavo loro: « Siete sicuri di avere superato i vostri errori? »
erano completamente persuasi di aver riparato ai loro peccati da
tempo. Nella realtà non era vero. Se erano stati allevati troppo
Faremmo meglio a non imporre ai bambini l’alto ideale di severamente nella loro infanzia, viziavano i loro bambini con
educazione della personalità, perché ciò che intendiamo comu­ una tolleranza che rasentava il cattivo gusto; altre volte, se certi
nemente per « personalità », cioè a dire una determinata totalità aspetti della vita erano stati loro minuziosamente nascosti, essi
psichica, capace di resistenza e dotata di forze, è un ideale da con altrettanta cura e con una quantità di spiegazioni li svela­
adulto; e abbiamo potuto attribuirlo ai bambini soltanto in una vano ai loro figli. Erano dunque semplicemente caduti nell’er­
epoca in cui l’individuo adulto non ha ancora preso coscienza rore opposto, •potente prova della tragica persistenza dei vecchi
del problema della sua pretesa maturità, o, peggio ancora, se peccati! Questo era loro completamente sfuggito. Tutto ciò che
ne è semi-cosciente, proietta il problema sul bambino, per potersi vorremmo modificare nei bambini dovrebbe per prima cosa es-

200 201
sere esaminato attentamente, per vedere se non dovrebbe essere L’anima
modificato in noi stessi: per esempio, il nostro entusiasmo peda­
gogico. Ciò è diretto a noi. Forse non ci riconosciamo di aver
bisogno della pedagogia perché ciò sveglierebbe in noi il fasti­
dioso ricordo di essere ancora, in qualche modo, bambini e di
aver largamente bisogno di essere educati.
(Les problèmes de l’âme moderne, cit., pp. 248-249)

L’io vive nello spazio e nel tempo: deve essere adattato alle Secondo me, il nodo del problema psichico dell’uomo moderno
loro leggi se vuole esistere. Se esso viene assimilato all’inconscio, consiste nel fascino che l’anima esercita sulla coscienza dell’uomo
al punto che quest’ultimo diventa padrone delle decisioni, allora moderno. Ciò è un sintomo di decadenza, se è visto con occhio
esso soffoca e non vi è piu nulla in cui l’inconscio possa inte­ pessimistico; ma è un germe che promette modificazioni profonde
grarsi o in cui possa realizzarsi. La distinzione tra l’io empirico nell’atteggiamento spirituale dell’Occidente, se visto con ottimi­
e l’uomo « eterno » e universale è dunque di vitale importanza, smo. In ogni caso è un fenomeno di grande importanza e di cui
soprattutto ai nostri giorni, quando cioè la massificazione della bisogna tener conto, tanto piu che ha le sue radici negli strati
personalità progredisce inquietantemente. Ora, questa massifica­ profondi dell’anima popolare e specialmente perché interessa quel­
zione non viene esclusivamente dall’esterno, ma viene anche dal­ le forze irrazionali dell’anima, che, come insegna la storia, tra­
l’interno, dall’inconscio collettivo. sformano improvvisamente e misteriosamente la vita e la cul­
Per quanto riguarda l’esterno, i diritti dell’uomo assicurano tura dei popoli. E sono quelle le forze, per molti ancor oggi
una protezione; attualmente però la maggior parte dell’Europa invisibili, che si celano dietro l’interesse che la nostra epoca
li ha perduti e laddove non sono ancora scomparsi, partiti poli­ ha per la psicologia. Il fascino esercitato dall’anima non ha nulla
tici tanto potenti quanto ingenui sono all’opera per cercare con di morboso e di perverso, è una forza di attrazione cosi potente,
tutte le loro forze di minare questi diritti eterni dell’uomo, per che non si lascia spaventare neppure da ciò che è disgustoso.
eliminarli a vantaggio di un’esistenza da ergastolo (prigione di Lungo le vie militari del mondo tutto sembra devastato ed
schiavi) con la scusa della sicurezza sociale. Contro il demonismo esausto. Per fortuna l’istinto ricercatore abbandona i sentieri
interiore, è di protezione la presenza della Chiesa fintantoché battuti per volgersi altrove, come l’uomo dell’antichità ad un
essa conserva la sua autorità. Protezione e sicurezza però hanno certo punto si liberò delle sue divinità olimpiche, per volgere
valore soltanto se non opprimono la vita oltre misura; ugualmen­ il suo interesse ai misteri dell’Asia. Il nostro segreto istinto,
te la superiorità della coscienza è desiderabile soltanto se non accettando la teosofia e la magia orientale, cerca al di fuori, ma
opprime una eccessiva parte di vita e se non la sopprime. La cerca anche al di dentro, se consideriamo la serietà con la quale
vita è sempre un viaggio tra Scilla e Cariddi. si volge ad osservare gli strati profondi della sua anima. Es­
{L’âme et la vie, cit., pp. 210-211) so si comporta con lo stesso scetticismo e radicalismo del Budda,

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che allontanava da sé, come insignificanti, i suoi due milioni di La vita morale e l’idea di Dio
dèi, e si dedicava esclusivamente alla realizzazione della sua espe­
rienza interiore originaria, come all'unica cosa convincente.
Ed ora giungiamo all’ultima questione: « ciò che dico del­
l’uomo moderno, è veramente vero? o non è altro che illusione
ottica? » È fuori di dubbio che, per molti milioni di occidentali,
i dati di fatto da me espressi non sono altro che inconsiderevoli
combinazioni prive di valore, e che, per molti uomini di alta cul­
tura, essi non rappresentano che deprecabili errori. Cosa pensava
per esempio un antico romano colto del Cristianesimo, che si
sparse dapprima negli strati piu bassi della società? Il Dio occi­ L’idea della legge morale, il concetto di Dio fanno parte della
dentale è, per molti ancora, una personalità tanto vivente, quanto sostanza prima e inespugnabile dell’anima umana. Per questo
lo è Allah per i popoli che abitano l’altro versante del Mediter­ motivo ogni psicologia sincera, che non sia accecata da non so
raneo; e gli uni considerano gli altri come dei miseri eretici, essi quale superba idea di spirito forte, deve accettare di discuterne.
si sopportano perché non possono fare altrimenti. Né l’ironia mordente, né le vaghe spiegazioni giungeranno a dissi­
L’europeo intelligente invece considera la religione e le forme parli. In fisica possiamo fare a meno del concetto di Dio; in
a lei affini come necessità per il popolo e per la sensibilità fem­ psicologia al contrario il concetto della divinità è un’immutabile
minile, ma la loro importanza è per lui di gran lunga inferiore a grandezza con cui bisogna fare i conti, com eper gli « affetti »,
quella delle questioni economiche e politiche. gli « istinti », il « concetto di madre » ecc. L’originale confu­
sione tra Yimago e il suo soggetto soffoca ogni differenza tra
(Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, « Dio » e 1’« imago di Dio »; per questo motivo venite accusati
Torino, Einaudi, 1964, pp. 297-298) di teologia, e pensano a Dio ogni volta che parlate del « con­
cetto di Dio ». La psicologia in quanto scienza non deve ipo­
statizzare Yimago divina, deve semplicemente, conformemente ai
fatti, fare i conti con la funzione religiosa, con l’immagine di Dio.
(L’âme et la vie, cit., p. 439)

204 205
La religione

Da millenni lo spirito dell’umanità si è sforzato di soccorrere


l’anima sofferente: probabilmente lo ha fatto ancora prima di
preoccuparsi delle sofferenze del corpo. La « salute » dell’anima,
il « conciliarsi i favori degli dei », i pericoli dell’anima non sono
problemi di ieri. Le religioni sono sistemi psicoterapeutici, nel
senso piu stretto della parola, di proporzioni monumentali. Esse
esprimono l’immensità del problema psichico con potenti imma­
gini. Queste sono professioni di fede e percezioni dell’anima, e,
nello stesso tempo, rivelazioni e manifestazioni della sua essen­
za. Non vi è anima umana che sia distaccata da questa base uni­
versale; soltanto poche e rare coscienze, avendo perduto l’intui­
zione dell’unità vivente dell’anima, hanno potuto soccombere
all’illusione che l’anima è un piccolo distretto ben circoscritto,
suscettibile di diventare oggetto di una teoria « scientifica ».
L’aver perso l’intuizione dell’intricazione universale è alla base
del male nevrotico; se il cammino del malato si perde in viuzze
sempre piu oscure e malfamate, accade perché chiunque nega ciò
che è grande, è obbligato a ricercare motivazioni di colpevolezza
in ciò che è piccolo e meschino.
(L’âme et la vie, cit., p. 436)

Quando insegnamo gradualmente l’arte di vedere a un indivi­


duo fino a quel momento cieco, non dovremmo aspettarci che

207
questo scopra immediatamente nuove verità con l’occhio acuto cano? I bianchi vogliono sempre qualche cosa, sono sempre
dell’aquila. Dobbiamo già ritenerci soddisfatti se egli distingue scontenti e irrequieti. Noi non sappiamo che cosa vogliono. Non
appena appena qualcosa e se comincia a capire in modo appros­ li capiamo. Pensiamo che siano pazzi ».
simativo ciò che vede. La psicologia si interessa all’arte di vivere Gli chiesi perché pensasse che i bianchi fossero tutti pazzi.
e non già alla edificazione di nuove verità religiose, quando le « Dicono di pensare con la testa » rispose.
dottrine già esistenti non sono ancora state accettate né comprese. « Ma certamente. Tu con che cosa pensi? » gli chiesi sorpreso.
In materia religiosa, è noto che non possiamo comprendere nulla « Noi pensiamo qui » disse, indicando il cuore.
di cui non abbiamo innanzitutto fatto l’esperienza interiore. M’immersi in una lunga meditazione. Per la prima volta nella
(Ibidem, p. 439) mia vita, cosi mi sembrava, qualcuno mi aveva tratteggiato l’im­
magine del vero uomo bianco. Era come se fino a quel momento
non avessi visto altro che stampe colorate, abbellite dal senti­
Il viaggio seguente mi condusse, in compagnia di alcuni amici mento. Quell’indiano aveva centrato il nostro punto debole,
americani, a visitare gli indiani del Nuovo Messico, i Pueblos, svelato una verità alla quale siamo ciechi. Sentii sorgere dentro
costruttori di città. « Città », tuttavia, è una parola troppo gros­ di me, come una informe nebulosa, qualcosa di sconosciuto ma
sa: ciò che essi costruiscono in realtà sono solo villaggi; ma le pure di profondamente intrinseco. E da questa nebulosa, imma­
loro case assiepate, costruite l’una sull’altra, suggeriscono la pa­ gine dopo immagine, si districarono dapprima le legioni dei Ro­
rola « città », come pure il loro linguaggio e tutte le loro ma­ mani che piombavano sulle città dei Galli, e i tratti decisi di
niere. Fu quella la prima volta che ebbi l’occasione di parlare Cesare, di Scipione l’Africano, di Pompeo; poi vidi l’aquila romana
con un non-europeo, cioè con un non-bianco. Era un capo dei sul Mare del Nord e sulle rive del Nilo Bianco; e poi S. Ago­
Pueblos Taos, un uomo intelligente, dell’età di quaranta o cin­ stino che portava ai Britanni il credo cristiano sulla punta delle
quantanni. Il suo nome era Ochwia Biano (Lago di Montagna). lance romane, e la piu gloriosa conversione dei pagani ottenuta
Potei parlare con lui come raramente ho potuto con un europeo. con la forza da Carlo Magno; infine le schiere predatrici e omi­
Certamente era prigioniero del suo mondo, cosi come un europeo cide dei Crociati. Con una fitta segreta mi resi conto della vuo­
lo è del proprio, ma che mondo era! Parlando con un europeo tezza del tradizionale romanticismo intorno alle Crociate! Poi
ci si incaglia sempre nei banchi di sabbia delle cose conosciute seguirono Colombo, Cortez, e gli altri conquistadores che con
da tempo ma mai comprese; con questo indiano invece la nave il fuoco, la spada, la tortura e il cristianesimo atterrirono per­
galleggiava sui mari profondi, sconosciuti. E non si sa che cosa sino questi remoti Pueblos, che sognavano pacificamente al sole,
sia piu affascinante, se la vista di nuove spiagge o la scoperta di loro padre. Vidi le isole dei Mari del Sud con la loro popolazione
nuove vie d’accesso a ciò che ci è noto da sempre e che abbiamo decimata dall’acquavite, dalla sifilide, dalla scarlattina; contagio
quasi dimenticato. mutuato dai panni che erano stati costretti a indossare.
« Vedi » diceva Ochwia Biano « quanto appaiono crudeli i Era abbastanza. Ciò che noi dal nostro punto di vista chia­
bianchi. Le loro labbra sono sottili, i loro nasi affilati, le loro miamo colonizzazione, missioni per la conversione dei pagani,
facce solcate e alterate da rughe. I loro occhi hanno uno sguardo diffusione della civiltà e via dicendo, ha anche un’altra faccia,
fisso, come se stessero sempre cercando qualcosa. Che cosa cer- la faccia di un uccello da preda, crudelmente intento a spiare

208 209
una preda lontana, una faccia degna di una razza di pirati e di in una simile atmosfera di segretezza; le religioni dei popoli
predoni. Tutte le aquile e le altre fiere che adornano i nostri civili oggi sono tutte accessibili, i loro sacramenti da molto tem­
stemmi mi parvero gli adatti rappresentanti psicologici della no­ po non sono piu misteri. Qui invece avvertivo nell’aria la pre­
stra vera natura. senza di un segreto noto a tutti, ma rigorosamente inaccessibile
Anche qualche altra cosa, dettami da Ochwia Biano, mi rimase per i bianchi. Questa strana situazione mi diede un’idea di
impressa. Ciò che mi disse mi sembra cosi intimamente connesso Eieusi, il cui segreto era noto a un’intera nazione: eppure non
con la caratteristica atmosfera della nostra intervista, che il mio venne mai tradito. Capii ciò che doveva aver provato Pausania,
racconto sarebbe incompleto se non ne facessi parola. La nostra 0 Erodoto, quando scrisse: « Non mi è permesso di nominare quel
conversazione ebbe luogo sul tetto del quinto piano dell’edificio dio ». Ero sicuro che non si trattava di artificio, ma di un mi­
principale. Di tanto in tanto, con frequenza, altre figure di in­ stero vitale la cui violazione avrebbe significato la rovina sia
diani si potevano vedere sui tetti, avvolte da coperte di lana, dell’individuo sia della comunità. Custodire questo segreto dà ai
e immerse nella contemplazione del sole errante, che si levava Pueblos l’orgoglio e la forza di resistere al soverchiante uomo
ogni giorno in un cielo limpido. Intorno a noi erano raggruppati bianco, dà loro coesione e unità, e si avverte con certezza che
gli edifici quadrati, bassi, di mattoni seccati all’aria (adobé), con essi come comunità singola continueranno ad esistere fin quando
le caratteristiche scale che portavano dal suolo fino al tetto, o 1 loro misteri non saranno traditi.
da un tetto all’altro ai piani superiori. (Nei tempi passati, tur­ (Ricordi, sogni, riflessioni ecc., cit., pp. 279-282)
bolenti, l’entrata era di solito dal tetto). Innanzi a noi l’ondu­
lato altopiano di Taos (a circa 2300 metri sul livello del mare)
si stendeva all’orizzonte, dove parecchie cime coniche (antichi
vulcani) si innalzavano fino ai 4000 metri. Alle nostre spalle,
al di là delle case, scorreva mormorando un chiaro ruscello, e
sulla sua riva opposta c’era un secondo Pueblo con le sue case
di adobé rossicci, costruite l’una sull’altra verso il centro della
colonia, anticipando cosi stranamente la vista di una metropoli
americana con i grattacieli al centro. A monte del ruscello, forse
a mezz’ora di distanza, si innalzava una imponente montagna iso­
lata, la montagna che non ha nome. Secondo una leggenda, nei
giorni in cui è avvolta dalle nuvole, gli uomini scompaiono in
quella direzione per compiervi strani riti.
Gli Indiani Pueblos sono estremamente chiusi, e, per ciò che
riguarda la loro religione, addirittura inaccessibili. Conservano
segrete le loro pratiche religiose, e il segreto è mantenuto cosi
gelosamente che io abbandonai, ritenendolo infruttuoso, qual­
siasi tentativo di fare domande dirette. Mai prima mi ero trovato

210 211
La morte

È nell’ora misteriosa del mezzogiorno della vita che la para­


bola si inverte e inizia la nascita della morte. Nella seconda
metà, la vita non è ascensione, dispiegamento, moltiplicazione o
straripamento; essa è morte, perché il suo scopo è la fine. Non
voler raggiungere l’apogeo della vita e non volere la sua fine
vogliono dire la medesima cosa. Entrambe significano non voler
morire. Divenire e scomparire fanno parte di una stessa curva.
Come la traiettoria di un proiettile ha termine nel suo bersa­
glio, allo stesso modo la vita termina nella morte che è il fine
a cui essa tende. L’ascensione della vita e il suo apogeo non sono
che stadi, mezzi per arrivare al fine: alla morte.
La morte è, psichicamente parlando, importante quanto la
nascita e, come quest’ultima, è parte integrante della vita.
(L’âme et la vie, cit., pp. 420-421)

213
Il significato delPautoconoscenza

Ciò che appare ai nostri tempi per lo piu come « ombra » e


di valore minore della psiche umana, non ha contenuti soltanto
negativi. Il solo fatto che attraverso l’autoconoscenza, ossia at­
traverso l’esplorazione della propria anima, si scoprano gli istinti
e il loro mondo d ’immagini, dovrebbe gettare luce sulle forze
che dormono nell’anima e di cui non ci si rende conto finché
tutto va bene. Si tratta di risorse di altissimo dinamismo, e di­
pende soltanto dalla preparazione e posizione della coscienza se
l’ingresso di tali forze e delle immagini e rappresentazioni ad esse
connesse porterà a una costruzione oppure a una catastrofe. Solo
il medico sa forse per sua esperienza quanto sia precaria la pre­
parazione pschica dell’uomo moderno, perché solo lui è costretto
a ricercare nella natura dell’uomo singolo quelle forze e rappre­
sentazioni soccorrevoli che da sempre lo hanno aiutato a trovare
la giusta via attraverso tenebre e pericoli. In questo lavoro, che
abbisogna anzitutto di pazienza, il medico non può richiamarsi
a nessun tradizionale « dovrebbe » o « sarebbe », lasciando cosi
la fatica all’altro e contentandosi della facile parte dell’ammoni­
tore. Sappiamo tutti a questo proposito che non valgono a nulla
le prediche sulle cose che si dovrebbero fare, ma la perplessità
generale di fronte a questa situazione è tanto grande e l’esi­
genza cosi dura, che si preferisce ripetere il vecchio errore piut­
tosto che rompersi la testa con un problema soggettivo. E poi
si tratterà sempre e soltanto di un solo individuo e non di cen-

215
tornila che giustificherebbero meglio quella fatica, per quanto
mato che lo spirito profetico dell’arte abbandona le sue relazioni
si sappia che nulla accadrà finché non muterà il singolo.
con l’oggetto e si rivolge al caos, per ora oscuro, dei presupposti
Un’azione esercitata su tutti gli individui che si vorrebbero soggettivi. È vero che sinora l’arte non è stata in grado — per
educare non potrà rendersi manifesta neppure dopo qualche se­ quanto ne possiamo giudicare — di scoprire sotto il manto del­
colo, poiché la trasformazione spirituale dell’umanità si attua l’oscurità ciò che potrebbe unire gli uomini e dare un’espressione
quasi insensibilmente, nel processo dei millenni, né vi è modo di totale alle loro anime. Ma essendo a tal fine inevitabile la rifles­
accelerarla o rallentarla con processi razionali, a tacere della pos­ sione, può darsi benissimo d e queste scoperte siano riservate
sibilità di provocarla nel corso di una sola generazione. Sta in­ ad altri campi dell’esperienza. Sinora la grande arte ha sempre
vece nelle nostre possibilità di provocare un mutamento nei tratto ispirazione dal mito, ossia da quell’inconscio processo di
singoli, i quali avranno o si procureranno a loro volta la possibili­ simboli che procede lungo gli evi e che, quale manifestazione
tà di influenzare, in una cerchia ristretta o piu larga, coloro che originaria dello spirito umano, sarà probabilmente la fonte anche
la pensano in modo non dissimile. Con ciò io non penso a una di ogni creazione futura. L’evoluzione dell’arte moderna, con la
opera di convincimento o di predicazione, ma accenno al dato sua tendenza dissolvitrice, apparentemente nichilistica, va intesa
sperimentale che ogni uomo che possiede l’intelligenza del pro­ come sintomo e simbolo di un’atmosfera di tramonto e rinnova­
prio fare e ha raggiunto cosi l’accesso all’inconscio esercita in­ mento del mondo, caratteristica dei nostri tempi. Noi viviamo
volontariamente un’azione sul proprio ambiente. L’approfondi­ nell’attesa di un « mutamento delle forme degli dèi » ossia dei
mento e l’allargamento della coscienza genera l’effetto che i pri­ principi e simboli fondamentali. Quest’esigenza del nostro tempo,
mitivi chiamano mana. Si tratta di un influsso involontario sul­ che davvero non abbiamo scelto coscientemente, è l’espressione
l’inconscio degli altri, in certo senso di un prestigio inconscio, dell’uomo interiore e inconscio che si trasforma. Di questo mu­
che conserva tuttavia il suo effetto soltanto finché non avviene tamento gravido di conseguenze dovranno rendersi conto le ge­
deliberatamente. Inoltre lo sforzo verso l’autoconoscenza è frut­ nerazioni future, sempreché l’umanità voglia salvarsi dall’autodi­
tifero anche perché giunge qui in soccorso un fattore che è stato struzione che la minaccia per la potenza della sua tecnica e della
sinora fondamentalmente trascurato: l'inconscio spirito del tempo, sua scienza.
che compensa la presa di posizione della coscienza e anticipa Come all’inizio dell’èra cristiana, si pone di nuovo il problema
quasi per presentimento le modificazioni future. dell’arretratezza morale generale, che non sembra adeguata al­
Un chiaro esempio in questo senso è dato dall’arte moderna, che l’evoluzione moderna, scientifica, tecnica e sociale. La posta è
compie sul pubblico, sotto la parvenza di un problema estetico, grande e troppo dipende oggi, manifestamente, dalla struttura
un lavoro di educazione psicologica, ossia la distruzione dell’idea psicologica delPuomo. Saprà egli resistere alla tentazione di fare
estetica sinora vigente, del concetto del bello formale, la disso­ uso del suo potere per mettere in scena un’apocalisse? Si rende
luzione del significativo, contenutistico. Alla piacevolezza del­ conto della strada su cui si trova e delle Conseguenze finali che
l’immagine artistica si sostituiscono fredde astrazioni di natura dovrebbe trarre dalla situazione del mondo e della propria ani­
estremamente soggettiva, che chiudono bruscamente la porta di­ ma? Sa che sta perdendo il mito, conservatore di vita, dell’uomo
nanzi alla gioia dei sensi, ingenua e romantica, col suo impegna­ interiore, che il cristianesimo conservò per lui? È in grado di
tivo amore dell’oggetto. In tal modo viene apertamente procla- immaginare ciò che accadrebbe se si producesse la catastrofe?

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217
Può in genere immaginare che ciò sarebbe una catastrofe? E fi­ ero in compagnia del professor Charles Baudouin di Ginevra. Il collo­
nalmente, l’individuo sa che è lui l’ago della bilancia? quio si svolse in francese.
Felicità e contentezza, equilibrio spirituale e senso della vita Dopo che diversi temi furono proposti da Charles Baudouin, io avan­
possono essere sperimentati soltanto dall’individuo e non dallo zai il seguente quesito direttamente al professor Jung:
Stato, che, da un lato, non è che una convenzione tra individui Perché le sue ultime opere segnano un netto cambiamento per
autonomi e, dall’altro, minaccia di farsi preponderante e di soffo­ quanto riguarda la descrizione degli archetipi? Precedentemente si
era mantenuto strettamente e costantemente sul piano psicologico,
care l’individuo. Il medico è tra le persone che piu sanno delle essendo l’archetipo una reazione funzionale, mentre ora la descrizione
condizioni del benessere psichico, da cui dipende un’infinità di da lei fornita è ontologica, metafisica e perfino teologica. Si è veri­
cose, nel processo di addizione sociale. Le condizioni temporali, ficato qualche cambiamento nelle sue concezioni, le sue idee si sono
sociali e politiche, hanno certo molta importanza, ma vengono trasformate?
smisuratamente sopravvalutate agli effetti della felicità o infe­ Jung reagì immediatamente e con vivacità: no, le sue idee non erano
licità individuali, poiché vengono giudicate come gli unici fattori cambiate, ma ciò che non poteva dire all’inizio poteva essere espres­
decisivi. Tutto ciò che è inteso a tal fine soffre del difetto di tra­ so oggi liberamente.
scurare la psicologia dell’uomo, al quale asserisce di essere destina­ Perché gli psicologi e coloro a cui si rivolge fanno fatica a capire
to, e di favorire soltanto le sue illusioni. cosa sia un archetipo. Essi tendono a accostarsi al problema soltanto
Sia quindi concesso a un medico che si è occupato nel corso sotto il suo aspetto razionale e anche razionalista. In fondo l’uomo
di una lunga vita delle cause e delle conseguenze dei disturbi psi­ teme di imbattersi nell’archetipo, poiché si tratta di un’esperienza
chici, di esprimere modestamente la sua opinione sui problemi che sconvolge le abitudini intellettuali. Prima di poter spiegare al
pubblico cosa sia veramente un archetipo, bisognerebbe preparare il
che la situazione attuale del mondo pone a lui come uomo sin­ terreno e restare di conseguenza sul piano puramente psicologico e
golo. Non sono animato da eccessivo ottimismo né acceso da alti soggettivo. Per Jung però l’archetipo è sempre stato qualcosa di piu:
ideali, ma solo preoccupato del destino, del bene e del male di non soltanto la reazione suscitata nell’uomo dall’incontro con l’irra­
ogni uomo, di quell’unità infinitesima da cui dipende un mondo, zionale, ma proprio l’irrazionale, questo dato trascendente che sfug­
di quell’essere individuale in cui — se intendiamo rettamente il ge totalmente al controllo della ragione. E l’uomo moderno teme pro­
messaggio cristiano — Dio stesso cerca il suo scopo. prio questo, perché ciò che lo rassicura è appunto il controllo eserci­
tato dalla ragione sulla totalità della sua vita intellettuale e spirituale.
(La realtà dell’anima, cit., pp. 218-221) Jung a questo punto ci illustrò con un esempio l’intimo dramma
che per tanti intellettuali contemporanei — e anche per i non intel­
lettuali — rappresenta l’incontro con l’archetipo.
N ota s u p p l e m e n t a r e a lla n o z io n e d i a r c h e t ip o Uno dei suoi studenti, un tedesco, non riusciva a intendere il si­
gnificato di archetipo, perché non riusciva ad abbandonare il piano
Il 25 luglio 1954, giorno del suo 79° compleanno, all’indomani del intellettuale. Jung pensò di ricordargli le immagini semi-coscienti che
Congresso internazionale di psicoterapia, tenuto a Zurigo dal 20 al sorgono quando ci si addormenta o al risveglio, e di suggerirgli di
24 luglio, il professor ari Gustav Jung mi invitò a partecipare al guardare nella sua immaginazione una di queste immagini, di contem­
ricevimento organizzato nella sua villa di Küsnacht, posta sul lago. plarla a lungo. L’intellettuale si prestò all’esperimento. L’immagine
Il tempo era splendido e gli invitati furono ricevuti in giardino. Io che sorse fu quella di una montagna, la cui parete, coperta di fore-

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ste, si ergeva davanti a lui, discendendo fino a toccare i bordi del­ Lo spirito della psicologia
l’acqua. Conservando tale immagine e contemplandola nuovamente, lo
studente sulle prime non vide che la foresta. Riguardando però con
maggiore attenzione, vi scopri un uccello, un’aquila, la cui testa era
posta proprio di fronte a lui e lo guardava. Incuriosito, l’intellettua­
le continuò a guardare l’immagine; ed ecco che l’uccello girò la testa
e fu un essere vivente. Spaventato il giovane balzò fuori dal letto
.e fuggi. Cos’era accaduto? Per la prima volta nella sua vita aveva
preso coscienza del fatto che certi dati della vita spirituale sfuggono
totalmente al controllo della ragione e della volontà.
E Jung aggiunse: « In seguito quest’uomo divenne nazista, e fu
l’unico a divenirlo tra i miei discepoli ». L’inconscio in una prospettiva storica

Forse con maggior chiarezza che qualunque altra scienza, la


psicologia dimostra la transizione spirituale dall’epoca classica
alla moderna. La storia della psicologia fino al diciassettesimo
secolo consiste essenzialmente nella enumerazione di dottrine ri­
guardanti l’anima, senza che l’anima abbia possibilità di interlo­
quire in quanto oggetto investigato. Come dato immediato del­
l’esperienza essa pareva già talmente nota a ogni pensatore che
egli era convinto non ci fosse nessuna necessità di una ulteriore
esperienza, tanto meno oggettiva. Questo atteggiamento è total­
mente estraneo al punto di vista contemporaneo, giacché oggi
siamo dell’opinione che, oltre e al di sopra di ogni certezza sog­
gettiva, è necessaria una esperienza oggettiva per confermare una
opinione che avanzi la pretesa di essere scientifica. Nonostante
questo è tuttavia ancora difficile, perfino oggi, applicare coeren­
temente alla psicologia il punto di vista puramente empirico o
fenomenologico, poiché l’ingenua idea originaria che l’anima, es­
sendo il dato immediato dell’esperienza, sia il meglio conosciuto
di tutti i dati conoscibili, è una delle nostre convinzioni piu pro­
fondamente radicate. Non solo ogni profano pretende di poter
avere un’opinione, ma anche ogni psicologo e non semplicemente
nei riguardi del soggetto ma, ciò che ha maggiori conseguenze,
anche dell’oggetto. Egli sa, o piuttosto pensa di sapere, quello

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che accade in un altro individuo, e quello che è bene per lui. estensiva. Ma quanto piu estensiva essa diventa, tanto piu perce­
Questo è dovuto meno a un sovrano disprezzo delle differenze pirà le differenze, e si emanciperà dalle regole collettive, poiché la
che a un tacito presupposto che tutti gli individui siano identici. libertà empirica del volere cresce in proporzione alla estensione
È una conseguenza di ciò l’inclinazione alla fede nella universale della coscienza.
validità delle opinioni soggettive. Menziono questo fatto soltanto A mano a mano che procede la differenziazione individuale
per dimostrare che, malgrado il crescente empirismo degli ultimi della coscienza, la validità oggettiva delle sue opinioni proporzio­
trecento anni, l’atteggiamento originario non è affatto scomparso. nalmente decresce e la loro soggettività aumenta. Non si può piu
Il permanere della sua esistenza dimostra soltanto quanto sia tenere per certo che i propri preconcetti personali siano appli­
diffìcile la transizione dal vecchio atteggiamento filosofico a quello cabili a altri. Questo sviluppo logico ebbe per conseguenza che
moderno empirico. nel diciassettesimo secolo — un secolo di grande importanza per
Naturalmente non venne mai fatto di pensare, ai rappresen­ lo sviluppo della scienza — la psicologia cominciò ad emergere
tanti dell’antica opinione, che le loro dottrine non erano altro a lato della filosofia, e fu Christian von Wolff (1679-1754) il
che fenomeni psichici, poiché si presupponeva ingenuamente che primo a parlare di psicologia « empirica » o « sperimentale »
con l’aiuto dell’intelligenza o ragione l’uomo potesse quasi eva­ riconoscendo in tal modo la necessità di porre la psicologia su
dere dalla sua condizione psichica e trasferirsi su un piano so- una nuova base. La psicologia doveva escludere la definizione
vrapsichico e razionale. Non ci si chiedeva ancora se in fondo le razionale di verità del filosofo, poiché gradatamente era apparso
affermazioni dello spirito umano non potessero essere sintomi di chiaro che nessuna filosofia aveva una sufficiente validità generale
certe condizioni psichiche. Questa domanda, assolutamente na­ da adattarsi uniformemente alla varietà dei soggetti individuali.
turale, ha conseguenze cosi vaste e rivoluzionarie che possiamo E siccome, anche per questioni di principio, era possibile un
capire fin troppo bene perché passato e presente abbiano fatto numero indefinitamente grande di differenti dichiarazioni sog­
del loro meglio per ignorarle. Siamo ancor oggi molto lontani dal gettive, la cui validità a sua volta poteva essere asserita solo
concetto di filosofia del Nietzsche, e precisamente della teologia, soggettivamente, divenne naturalmente necessario abbandonare la
come « ancilla psychologiae », poiché nemmeno lo psicologo è discussione filosofica per sostituirla con l’esperienza. In tal modo
disposto a considerare le proprie affermazioni del tutto alla stre­ la psicologia divenne una scienza naturale.
gua di confessioni soggettivamente condizionate. Possiamo parlare Per il momento la filosofia tuttavia conservò la sua presa sul
di uniformità per i soggetti individuali soltanto in quanto essi vasto campo della psicologia « razionale » o « speculativa », e
sono in larga misura inconsapevoli delle loro reali differenze. soltanto con il passare dei secoli quest’ultima potè svilupparsi
Quanto piu un uomo è inconsapevole tanto piu si conformerà al in una scienza naturale. Neppure oggi la trasformazione è com­
canone generale del comportamento psichico. Ma quanto piu egli pleta. La psicologia come materia di studio fa parte ancora nella
diverrà consapevole della propria individualità, tanto piu pro­ maggior parte delle Università della Facoltà di Filosofia, e la
nunciata sarà la sua differenza dagli altri soggetti e tanto meno « psicologia clinica » deve trovare rifugio presso la Facoltà di
si conformerà alle comuni aspettative. Inoltre le sue reazioni sono Medicina. Cosi, ufficialmente, la situazione è ancora per lo piu
molto meno prevedibili. Questo è dovuto al fatto che una co­ medievale, dato che perfino le scienze naturali sono ammesse
scienza individuale è sempre piu altamente differenziata e piu soltanto come « Phil. II », sotto il mantello della Filosofia Na-

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turale. Sebbene sia ovvio da almeno duecent’anni che la filosofia rizione nella interconnessione pratica dei processi psichici. La
dipende soprattutto da premesse psicologiche, fu fatto tutto quan­ nostra conoscenza di un elemento che è divenuto inconscio non
to era possibile per oscurare l’autonomia delle scienze empiriche, si estende oltre la possibilità del suo rinnovamento... Pertanto
quando la scoperta della rotazione della Terra e delle lune di esso non ha significato alcuno se non come disposizione all’emer­
Giove non potè piu a lungo esser negata. Di tutte le scienze gere di elementi futuri... Considerazioni circa lo stato dell’ “in­
naturali la psicologia è stata la meno capace di conquistarsi l’in­ conscio” o dei “processi inconsci” di qualunque tipo... sono
dipendenza. completamente improduttive per la psicologia. Ci sono, natural­
Questa arretratezza mi sembra significativa. La posizione della mente, concomitanti fisiche della disposizione psichica menzio­
psicologia è paragonabile a quella di una funzione psichica che nata, delle quali alcune possono essere direttamente dimostrate,
è inibita dalla mente cosciente; è ammessa l’esistenza soltanto di altre dedotte da varie esperienze. »
quei componenti di essa che si accordano con la prevalente ten­ Un rappresentante della scuola di Wundt ritiene che « uno
denza della coscienza. Qualunque cosa non sia in accordo viene stato psichico non può essere descritto come tale se non abbia
negata come esistente, nonostante ci siano numerosi sintomi o raggiunto perlomeno la soglia della coscienza. » Questa argo­
fenomeni che provano il contrario. Chiunque abbia una certa mentazione presume, o piuttosto afferma, che soltanto il conscio
familiarità con questi processi psichici sa con quali sotterfugi e è psichico e che perciò ogni psichico è conscio. L’autore dice
quali manovre di autoinganno si cerchi di eliminare l’inconve­ stato « psichico »: logicamente avrebbe dovuto dire « stato »
niente. Accade precisamente lo stesso per la psicologia empirica; poiché si sta appunto esaminando se un tale stato sia psichico.
disciplina subordinata alla generale psicologia filosofica, la psico­ Segue un’altra argomentazione: il piu semplice fatto psichico è
logia sperimentale è ammessa come una concessione all’empiri­ la sensazione, poiché essa non può essere analizzata in fatti piu
smo della scienza naturale, ma è appesantita di termini tecnici semplici. Di conseguenza quanto precede o sta sotto una sensa­
della filosofia. Per quanto riguarda la psicopatologia, essa è stata zione non è mai psichico, ma soltanto fisiologico. Ergo, l’in­
collocata nella Facoltà di Medicina come una curiosa appendice conscio non esiste.
alla psichiatria. La psicologia « clinica », come ci si può ben J. F. Herbart ha detto una volta: « Quando una rappresenta
aspettare, trova scarso o nullo riconoscimento nelle università zione [idea] cade al di sotto della soglia della coscienza essa
Mi esprimo in modo piuttosto drastico sull’argomento perché continua a vivere in una forma latente, tentando continuamente
cerco di mettere in rilievo la posizione della psicologia tra la fine di riattraversare la soglia e di rimuovere le altre rappresenta
del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo. Il punto di zioni. » Cosi formulata, la proposizione è indubbiamente scor­
vista di Wundt è perfettamente indicativo della situazione — an­ retta, poiché sfortunatamente ogni cosa veramente dimenticata
che perché dalla sua scuola è uscita una serie di notevoli psicologi non tende affatto a riattraversare la soglia. Se Herbart avesse
che fissarono la posizione della psicologia agli inizi del ventesimo detto « complesso » nel senso moderno della parola anziché « rap­
secolo. Nel suo « Lineamenti di psicologia », Wundt dice: presentazione », la sua proposizione sarebbe stata assolutamente
« Qualunque elemento della psiche che sia scomparso dalla co­ esatta: difficilmente potremmo sbagliare supponendo che egli in­
scienza deve essere chiamato inconscio nel senso che abbiamo tendesse dire proprio qualcosa del genere. A questo proposito
in noi la possibilità del suo rinnovamento, cioè della sua riappa- un oppositore filosofico dell’inconscio fa la seguente osserva-

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z io n e a ssa i ch ia r ific a tr ic e : « U n a v o lta c h e c iò sia s ta to a m m e s s o , Fechner, sia « una sopravvivenza del misticismo psicologico »
ci si tr o v a alla m e r c è d i o g n i fo r m a d i ip o t e s i c o n c e r n e n ti la v ita della scuola di Schelling. Ovviamente egli confonde la rappre­
in c o n s c ia , ip o t e s i c h e n o n p o s s o n o e s s e r e c o n tr o lla te d a alcu n a sentazione inconscia con una rappresentazione che nessuno « ha ».
o s s e r v a z io n e . » Q u e s t o p e n s a to r e n o n è lo n t a n o d a l r ic o n o s c e r e In questo caso anche la parola « rappresentazione » sarebbe su­
i fa t ti, m a p e r lu i è d e c is iv o il tim o r e d i in c o r r e r e in d iffic o ltà . perata, poiché allude a un soggetto cui qualcosa è « presente »
C o m e p u ò sa p e r e c h e q u e s t e ip o t e s i n o n p o sso n o essere co n ­ o viene « presentato ». Questa è la ragione fondamentale per la
tr o lla te , d a ll’o s s e r v a z io n e ? P er lu i q u esto è s e m p lic e m e n te un quale Wundt respinge l’inconscio. Ma possiamo facilmente aggi­
a priori. M a e g li n o n r ie s c e a c o n fu ta r e l ’o s s e r v a z io n e d i H e r b a r t. rare questa difficoltà parlando non di « rappresentazione » o di
C ito q u e s t o c a so n o n p e r il s u o s ig n ific a to p o s itiv o m a s o l­ « percezione », ma di contenuto, come di solito faccio io. Qui
ta n to p erché esso ca ra tte r iz z a l ’e s s e n z a d e l l ’a n tiq u a to a tte g ­ devo anticipare un punto del quale tratterò abbastanza diffusa-
g ia m e n to filo so fic o v e r s o la p s ic o lo g ia e m p ir ic a . W u n d t s t e s s o è mente in seguito, cioè che ai contenuti inconsci si riferisce qual­
d e l l ’o p in io n e c h e p e r q u a n to rigu ard a « i c o s id d e tti p r o c e ss i i n ­ cosa di assai simile alla « rappresentatività » o alla coscienza,
c o n s c i, n o n si tr a tta d i u n a q u e s t io n e d i e le m e n ti p s ic h ic i in ­ cosicché la possibilità di un soggetto inconscio diventa una que­
c o n s c i m a s o lta n to d i e le m e n ti consci in m a n iera p iu o sc u r a , » stione seria. Un tale soggetto non si identifica tuttavia con l’ego.
e c h e « a g li ip o t e tic i p r o c e s s i in c o n s c i p o tr e b b e r o e s s e r e s o s tit u iti Che fossero soprattutto le « rappresentazioni » la bestia nera di
p r o c e s s i d im o s tr a b ili p r a tic a m e n te o com u n q u e p r o c e s s i c o n sc i Wundt è chiaro anche dal suo insistente rifiuto delle « idee in­
m e n o ip o t e tic i. » Q u e s t o a tte g g ia m e n to im p lic a u n a .chiara rip u lsa nate ». Quanto egli prendesse alla lettera questo concetto lo si
d e l l ’in c o n s c io c o m e ip o t e s i p s ic o lo g ic a . I ca si d i « d o p p ia c o ­ può rilevare dal brano seguente: « Se un animale neonato avesse
sc ie n z a » e g li li sp ie g a c o m e « m o d ific a z io n i d e lla c o s c ie n z a in ­ realmente anteriori a un’idea tutte le azioni che si propone di
d iv id u a le c h e a ssa i s p e s s o s i v e r ific a n o in c o s ta n te s u c c e s s io n e , compiere, quale ricchezza di anticipate esperienze vitali giacereb­
e a lle q u a li, c o n u n v io le n t o tr a v is a m e n to d e i fa t ti, v ie n e s o s t i­ bero immagazzinate negli istinti animali e umani, e quanto do­
tu ita u n a p lu r a lità d i c o s c ie n z e in d iv id u a li. » Q u e s t e , c o s i a r g o ­ vrebbe sembrare incomprensibile il fatto che non solo gli uomini,
m e n ta W u n d t, « d o v r e b b e r o e s s e r e s im u lta n e a m e n te p r e s e n ti in ma anche gli animali debbano acquisire la maggior parte delle
u n s o lo e m e d e s im o in d iv id u o » , il c h e , e g li d ic e , « c o m e è da cose solo attraverso l’esperienza e la pratica! » Esiste tuttavia
tu t ti r ic o n o s c iu to n o n è p o s s ib ile » . S e n z a d u b b io è d iffic ile c h e uno « schema di comportamento » innato, e proprio come cassa
d u e c o s c ie n z e si e s p r im a n o sim u lta n e a m e n te in u n s in g o lo in d i­ del tesoro di esperienze di vita, non anticipate, ma in realtà
v id u o in u n a fo r m a c la m o r o s a m e n te r ic o n o s c ib ile . P e r q u e s ta r a ­ accumulate; soltanto che non si tratta di « rappresentazioni », ma
g io n e d i s o lit o i d u e sta ti si a lte r n a n o . P ie r r e J a n e t h a d im o s tr a to di abbozzi, di piani o di immagini, che sebbene non siano effetti­
c h e , m e n tr e u n a c o s c ie n z a c o n tr o lla il c a p o , p e r c o s i d ir e , l ’altra vamente « presenti » all'ego, sono tuttavia altrettanto reali dei
sim u lta n e a m e n te s i m e t te in c o m u n ic a z io n e c o n l ’o s s e r v a to r e p er cento talleri di Kant, che erano stati cuciti nella fodera di una
m e z z o d i u n c o d ic e d i m o v im e n ti m a n u a li e s p r e s s iv i. L a d o p p ia giacca e dimenticati dal proprietario. Wundt potrebbe essersi ri­
c o s c ie n z a p u ò b e n is s im o e ss e r e p e r c iò sim u lta n e a . cordato di Christian von Wolff che egli stesso nomina e della
W u n d t p e n sa c h e l ’id e a d i u n a d o p p ia c o s c ie n z a , e q u in d i d i sua definizione degli stati « inconsci » che « possono essere de­
u n a « su p e r c o s c ie n z a » e d i u n a « su b c o s c ie n z a » n e l s e n s o di dotti soltanto da ciò che troviamo nella nostra coscienza. »

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A lla c a te g o r ia d e lle « id e e in n a te » a p p a r te n g o n o anche le
presente in noi sotto forma di contenuto conscio o di immagini .»
« id e e e le m e n ta r i » d i A d o lf B a stia n , c h e c i p e r m e t to n o d i in ­
Le osservazioni di Theodor Lipps non contrastano in alcun
te n d e r e le fo r m e fo n d a m e n ta lm e n te a n a lo g h e d i p e r c e z io n e c h e
modo con le nostre teorie moderne, ma anzi esse costituiscono
si p o s s o n o tr o v a r e d o v u n q u e ; e s s e c o r r is p o n d o n o p e r c iò p iu o
la base teoretica per la psicologia dell’inconscio in generale. Cio­
m e n o a q u e lli c h e o g g i c h ia m ia m o « a r c h e tip i » . W u n d t, n a tu ­
nonostante per molto tempo dopo di lui persistette la resistenza
r a lm e n te , d u b ita d i q u e s ta n o z io n e , a n co ra n e lla fa lsa o p in io n e
all’ipotesi dell’inconscio. Per esempio è caratteristico che Max
c h e si tr a tti d i « r a p p r e se n ta z io n i » e n o n d i « d is p o s iz io n i ». E g li
Dessoir, nella sua storia della psicologia tedesca moderna, non
d ic e : « I l p r o d u r si d i u n s o lo e m e d e s im o f e n o m e n o in lu o g h i
citi nemmeno G. C. Carus e Eduard von Hartmann.
d iv e r s i n o n è a s s o lu ta m e n te im p o s s ib ile , m a , d a l p u n to d i v is ta
d e lla p s ic o lo g ia e m p ir ic a , im p r o b a b ile al m a s s im o . » E g li n eg a
« u n c o m u n e r e ta g g io p s ic h ic o d e ll’u m a n ità » e r e sp in g e l ’id ea
Il significato dell*inconscio nella psicologia
s te s s a d i u n in t e lle g g ib ile s im b o lis m o m itic o c o n la ca r a tte r istic a
a ffe r m a z io n e c h e la s u p p o s iz io n e d i u n « s is te m a d i id e e » c h e si
L’ipotesi dell’inconscio pone in crisi l’idea della psiche. L’ani­
n a sc o n d a d ie tr o il m ito è im p o s s ib ile . L a p e d a n te a s s u n z io n e
ma, fino a quel momento postulata dalla filosofia e dotata di
c h e l ’in c o n s c io sia , tra tu t te le c o s e , u n s is te m a d i id e e , n o n
tutte le facoltà necessarie, minacciò di emergere dalla sua crisa­
a v r e b b e r e tto n e p p u r e ai te m p i d i W u n d t, p er n o n p arlare d i lide con proprietà inaspettate e inesplorate. Non rappresentava
p rim a o d i d o p o .
piu l’immediatamente noto di cui non rimanessero da scoprire
S a r e b b e sb a g lia to c r e d e r e c h e il r ifiu to d e l l ’id e a d i in c o n s c io che alcune ulteriori definizioni piu o meno soddisfacenti. Piutto­
n e lla p s ic o lo g ia a c c a d e m ic a d e lla fin e d e l s e c o lo f o s s e g e n e r a le : sto appariva ora in una forma stranamente duplice, come nota
n o n è a ffa tto v e r o , p o ic h é F e c h n e r , e d o p o d i lu i T h e o d o r L ip p s, e come ignota. In conseguenza la vecchia psicologia fu comple­
a v e v a n o d a to a ll’in c o n s c io u n p o s t o d i d e c is iv a im p o r ta n z a . S e b ­ tamente detronizzata e subì una rivoluzione pari a ’quella della
b e n e p e r L ip p s la p s ic o lo g ia sia « u n a sc ie n z a d e lla c o sc ie n z a » fisica classica dopo la scoperta della radioattività. Questi primi
e g li parla tu tta v ia d i p e r c e z io n i e r a p p r e se n ta z io n i « in c o n s c ie » psicologi sperimentali si trovarono nello stesso imbarazzo del
c h e c o n sid e r a c o m e p r o c e s s i. « L a n a tu ra o , p iu p r e c is a m e n te , mitico scopritore della sequenza numerica che appese delle pere
l ’id e a d i u n p r o c e s s o “ p s i c h ic o ” n o n è ta n to u n c o n te n u t o c o n s c io in fila e continuò semplicemente ad aggiungere un’altra unità a
o u n a e sp e r ie n z a c o n sc ia q u a n to la r e a ltà p sic h ic a c h e si d e v e quelle già presenti. Quando contemplò il risultato, questo ao-
n e c e s s a r ia m e n te p e n sa r e alla b a se d e ll’e s is te n z a d i u n ta le p r o ­ parve solo come un centinaio di unità identiche, ma i numeri
c e s s o . » « L ’o s s e r v a z io n e d e lla v ita c o n sc ia c i p e r su a d e c h e n o n che aveva pensato come nomi, inaspettatamente si dimostrarono
s o lo a v o lt e si p o s s o n o ritr o v a r e in n o i p e r c e z io n i e r a p p r e se n ta ­ entità peculiari con proprietà irriducibili. Per esempio c’erano
viene influenzata da esse
z io n i in c o n s c ie , m a c h e la v it a p sic h ic a numeri pari, dispari e primi; numeri positivi, negativi, irrazio­
costantemente, e che soltanto occasionalmente, in punti partico­ nali e immaginari, ecc. Lo stesso accade per la psicologia: se
lari, quello che opera dentro di noi rivela direttamente la sua l’anima è realmente soltanto un’idea, questa idea ha intorno a
presenza con immagini appropriate. » « P e r ta n to la v ita p sic h ic a sé un’allarmante atmosfera di imprevedibilità — con qualità che
v a se m p r e m o lt o al d i là d e i lim iti d i q u e llo c h e è o p u ò e ss e r e nessuno avrebbe mai immaginato. Si può osare anche asserire che

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l’anima è la coscienza e il suo contenuto, ma ciò non impedisce, chissime — e sempre minori — eccezioni, presti apparentemente
anzi affretta, la scoperta di uno sfondo prima insospettato, una cosi poca attenzione a questo fatto. Sopraffatto dalla conoscenza
vera matrice di tutti i fenomeni consci, una precoscienza e una degli oggetti esterni, il soggetto di ogni conoscenza è stato tem­
post-coscienza, una supercoscienza e una subcoscienza. Come ci poraneamente eclissato al punto di sembrare del tutto inesistente.
si forma un’idea di una cosa e si riesce ad afferrare uno dei suoi L’anima era un presupposto tacito che sembrava conoscere se
aspetti, invariabilmente si è vittima dell’illusione di aver affer­ stesso in ogni particolare. Con la scoperta di un possibile regno
rato il tutto. Non si considera mai che una appercezione totale psichico inconscio, l’uomo ebbe l’opportunità di imbarcarsi in
è assolutamente fuori questione. Neppure una idea postulata co­ una grande avventura dello spirito, e ci si sarebbe potuti aspet­
me totale è totale, poiché essa è ancora un’entità particolare con tare che un appassionato interesse si volgesse in questa direzione.
qualità imprevedibili. Questo auto-inganno incoraggia certamente Non solo questo non accadde per nulla, ma perfino si sollevarono
la pace mentale; l’ignoto ha un nome, il remoto è stato portato da ogni parte forti proteste contro questa ipotesi. Nessuno trasse
vicino cosicché ognuno può toccarlo con un dito. Ne abbiamo la conclusione che se il soggetto della conoscenza, la psiche, è in
preso possesso ed esso è divenuto una proprietà inalienabile, come realtà una velata forma di esistenza non accessibile immediata­
un animale selvatico catturato che non può fuggire. È un procedi­ mente alla coscienza, allora tutto il nostro sapere deve essere in­
mento magico come quello del primitivo enumeratore sugli og­ completo e per di piu ad un grado che non possiamo determi­
getti e quello dello psicologo sull’anima. Questi pur non essendo nare. La validità della conoscenza consapevole fu discussa in ma­
piu alla sua mercé, non sospetta nemmeno che il fatto stesso di niera del tutto differente e piu minacciosa di quanto mai lo fosse
comprenderlo concettualmente conferisce all’oggetto una ottima stata dai procedimenti dell’epistemologia. Questa impose certi
opportunità di mettere in mostra tutte quelle qualità che non limiti alla conoscenza umana in generale, dai quali l’idealismo
sarebbero mai apparse se non fossero state imprigionate in un tedesco postkantiano lottò per emanciparsi: ma la scienza natu­
concetto (ricordiamo i numeri!). rale e il senso comune si adattarono ad essa senza grande diffi­
I tentativi che sono stati fatti negli ultimi trecento anni per coltà, se accondiscesero a riconoscerla in tutti i suoi aspetti. La
impadronirsi dell’anima sono tutti manifestazioni essenziali di filosofia la combattè nell’interesse di una antiquata pretesa della
quella tremenda espansione del sapere che ha portato l’universo mente umana di essere capace di sostenersi da se stessa per cono­
tanto vicino a noi da far vacillare l’immaginazione. Le migliaia scere cose completamente al di fuori dei limiti della conoscenza
di ingrandimenti resi possibili dal microscopio elettronico gareg­ umana. La vittoria di Hegel su Kant diede il colpo piu grave alla
giano con i 500 milioni di anni luce di distanza percorsi dai tele­ ragione e allo ulteriore sviluppo spirituale del pensiero tedesco
scopi. La psicologia è ancora assai lontana da uno sviluppo simile e poi di quello europeo, tanto piu dannoso in quanto Hegel era
a quello compiuto dalle altre scienze naturali; inoltre... è stata uno psicologo camuffato che proiettò grandi verità dalla sfera del
molto meno capace di sciogliersi dalle pastoie della filosofia. Cio­ soggetto verso un cosmo che egli stesso aveva creato. Sappiamo
nonostante ogni scienza è in funzione dell’anima e ogni sapere quanto si estenda oggi l’influenza di Hegel. Le forze che com­
ha in essa la radice. La psiche è la maggiore di tutte le meraviglie pensarono questo calamitoso sviluppo, da un lato, si personifi­
cosmiche e la condizione sin e qua non del mondo in quanto og­ carono in parte nel tardo Schelling, in parte in Schopenhauer e
getto. È estremamente strano che l’uomo occidentale, con po- in Cams, dall’altro, quello sfrenato « Dio baccante », che Hegel

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conferma questa opinione: ricorda il linguaggio megalomaniaco
aveva già subodorato nella natura, alla fine si rivelò a noi con
la violenza di Nietzsche. degli schizofrenici che usano parole terribili e affascinanti per
ridurre il trascendente in forma soggettiva, per dare a banalità
L’ipotesi dell’inconscio formulata da Carus era intesa a colpire il fascino della novità, o spacciare luoghi comuni per illuminante
con la maggior durezza possibile la tendenza allora prevalente saggezza. Una terminologia cosi ampollosa è un sintomo di debo­
della filosofia tedesca, in quanto quest’ultima aveva apparente­ lezza, di inettitudine e di mancanza di sostanza. Ma ciò non
mente appena avuto la meglio sul criticismo kantiano e aveva impedisce ai piu recenti filosofi tedeschi di usare lo stesso lin­
riaffermato, o meglio ristabilito la sovranità quasi divina dello guaggio roboante e di pretendere che non sia psicologia inin­
spirito umano — dello Spirito con la esse maiuscola. Lo spirito
tenzionale.
dell’uomo medievale era sia nel bene che nel male ancora lo
Di fronte a questa primordiale irruzione dell’inconscio nella
spirito del Dio che egli serviva. Il criticismo epistemologico fu
sfera occidentale della ragione umana, Schopenauer e Carus non
da un lato un’espressione della modestia dell’uomo medievale,
ebbero una base solida sulla quale sviluppare e applicare la loro
e dall’altro una rinuncia o un’abdicazione allo spirito di Dio e
influenza compensatrice. La salutare sottomissione dell’uomo a
conseguentemente una estensione e un rafforzamento moderni
una Deità benevola, e il cordon sanitaire tra lui e il demone
della coscienza umana nei limiti della ragione. Dovunque lo spi­
delle tenebre, il pesante lascito del passato, rimasero inalterate
rito di Dio viene estromesso dai nostri calcoli umani, un incon­
con Schopenauei, perlomeno in linea di massima, mentre con Ca­
scio prende il suo posto. In Schopenhauer troviamo Ja Volontà
rus non furono neanche sfiorate poiché egli cercava di attaccare
inconscia come nuova definizione di Dio, in Carus l’inconscio e
il problema alle radici, trasferendolo dal punto di vista estrema-
in Hegel, identificazione e esaltazione, l’equazione pratica della
mente presuntuoso della filosofia verso quello della psicologia.
ragione filosofica con lo Spirito, che rende cosi possibile quel­
Dobbiamo chiudere gli occhi al fascino della sua filosofia se desi­
l’equivoco gioco intellettuale con l’oggetto, che raggiunge un tale
deriamo dare il massimo peso alla sua ipotesi essenzialmente
orribile splendore nella sua filosofia dello Stato. Hegel offri una
psicologica. Egli era giunto per lo meno un passo piu vicino alla
soluzione al problema sollevato dal criticismo epistemologico col
conclusione che menzionammo prima, quando tentò di costruire
dare alle idee una possibilità di dimostrare la loro sconosciuta
un quadro del mondo che includeva la parte oscura dell’anima.
forza di autonomia. Essi provocarono quella hybris della ragione
Questa struttura mancava ancora di qualcosa della cui impor­
che portò al superuomo di Nietzsche e di li alla catastrofe che
tanza senza precedenti vorrei convincere il lettore.
porta il nome di Germania. Non solo gli artisti, ma talvolta anche
A questo scopo dobbiamo anzitutto rendere ben chiaro a noi
i filosofi possono essere profeti.
stessi che ogni sapere è il risultato della imposizione di una certa
Penso che sia ovvio che tutte le affermazioni filosofiche che
forma di ordine sulle reazioni del sistema psichico che scorrono
superino i limiti della ragione sono antropomorfiche e non hanno
nella nostra coscienza — un ordine che riflette il comportamento
alcuna validità oltre quella che compete alle affermazioni psichi­ di una realtà metapsichica, di ciò che è di per sé reale. Se, come
camente condizionate. Una filosofia come quella di Hegel è un’au-
anche certe correnti moderne vorrebbero, il sistema psichico coin­
torivelazione del retroscena psichico, e, filosoficamente parlando, cide, con la nostra mente conscia, ed è identico ad essa, allora ne
è una presunzione. Dal punto di vista psicologico equivale a consegue per noi la possibilità di conoscere ogni cosa che sia
un’invasione dell’inconscio. Il particolare linguaggio alato di Hegel

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conoscibile, che si trovi cioè entro i limiti della teoria della cono­ già essi rimangono subliminali come le corrispondenti percezio­
scenza. In questo caso non c’è nessun motivo di inquietudine ni sensoriali.
diverso da quello degli anatomisti o dei fisiologi che contem­ Come Lipps ha già rilevato, la prima obiezione è annullata dal
plano la funzione dell’occhio o l’organo dell’udito. Ma se dovesse fatto che il processo psichico resta essenzialmente lo stesso che
risultare che la psiche non coincide con la coscienza, e, ciò che sia « rappresentato » o no. Chiunque accetti l’opinione che i fe­
è piu grave, che essa funziona inconsciamente in un modo simile, nomeni della coscienza comprendono l’intera psiche deve fare un
o differente rispetto alla parte conscia di essa, allora la nostra altro passo avanti e dire che le « rappresentazioni che non abbia­
inquietudine dovrebbe trasformarsi in agitazione, poiché non si mo » non possono essere descritte come « rappresentazioni ». De­
tratterebbe piu di una questione di limiti generali epistemologici, ve anche negare ogni qualità psichica a quanto viene trascurato.
ma di una fragile soglia che ci separa dal contenuto inconscio della Per questo rigoroso punto di vista la psiche può avere soltanto
psiche. L’ipotesi della soglia e dell’inconscio significa che l’indi­ la fantasmagorica esistenza che appartiene ai fenomeni effìmeri
spensabile materiale grezzo di ogni conoscenza — cioè le reazioni della coscienza. Questo modo di vedere non quadra affatto con
psichiche — e forse anche i « pensieri » e le « intuizioni » incon­ l’esperienza comune, che parla in favore di una possibile attività
scie, si trovano assai vicino, al di sopra o al di sotto della coscien­ psichica senza coscienza. L’idea di Lipps dell’esistenza di proces­
za, separati da noi dalla semplice « soglia », e tuttavia apparente­ si psichici an sich fa maggiore giustizia ai fatti. Non desidero spre­
mente irraggiungibili. Noi non abbiamo alcuna nozione di come care tempo per dimostrare questo punto, ma mi limiterò ad affer­
mare che mai finora una qualunque persona ragionevole ha du­
funzioni questo inconscio, ma siccome si suppone che sia un
bitato dell’esistenza di processi psichici in un cane, sebbene nessun
sistema psichico, esso può forse comprendere tutti gli aspetti
cane — a quanto sappiamo — abbia mai espresso la consapevo­
della coscienza, inclusa la percezione, l’appercezione, la memoria,
lezza dei suoi contenuti psichici.
l’immaginazione, la volontà, l’affettività, la sensibilità, la rifles­
sione, il giudizio ecc., tutto in forma subliminale. La dissociabilità della psiche
Qui ci troviamo di fronte alla obiezione di Wundt che non si
Non c’è nessuna ragione a priori per presumere che i processi
potrebbe parlare di « percezioni », « rappresentazioni », « senti­ inconsci debbano inevitabilmente avere un soggetto, nessuna piu
menti », inconsci, e tanto meno di « azioni volitive » inconscie, di quelle che si hanno per dubitare della realtà dei processi psi­
visto che nessuno di questi fenomeni può essere rappresentato chici. Evidentemente il problema diventa diffìcile quando si sup­
senza un soggetto che li esperimenti. L’idea di soglia presuppone pongono atti inconsci della volontà. Se questa non deve soltanto
una forma di osservazione in termini di energia, secondo la quale essere una faccenda di « istinti » e di « inclinazioni » ma piuttosto
la coscienza di contenuti psichici dipende essenzialmente dalla di «scelta» e di «decisione» avvedute, peculiari alla volontà,
loro intensità, cioè dalla loro energia. Esattamente come solo allora diffìcilmente si può evitare la necessità di un soggetto discri­
uno stimolo di una certa intensità può superare la soglia, così minatore al quale le rappresentazioni si riferiscono. Ma questo,
si può a ragione ritenere che anche altri contenuti psichici debba­ per definizione, equivarrebbe a situare una coscienza nell’incon­
no possedere un potenziale di energie molto elevato, se riescono scio, sebbene questa sia un’operazione concettuale che non pre­
a passare. Se possiedono soltanto una piccola quantità di ener- senta grandi difficoltà per lo psicopatologo. Egli ha familiarità

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con un fenomeno psichico che sembra del tutto sconosciuto alla è forse obbligato a raggiungere il suo « punto di emergenza ». Se
psicologia « accademica » e cioè la dissociazione o la dissociabilità è cosi, ci si deve chiedere il motivo per cui il processo inconscio
della psiche. Questa particolarità nasce dal fatto che il legame che non va direttamente al di sopra della soglia e non diventa per­
unisce tra loro gli stessi processi psichici è assai incerto. Non cepibile all’ego. Dato che ovviamente non fa questo, ma appa­
solo i processi inconsci sono talvolta stranamente indipendenti rentemente resta sospeso nel dominio di un soggetto secondario
dalle esperienze della mente conscia, ma anche i processi psichici sub-liminale, dobbiamo ora spiegare perché il soggetto, che ex
dimostrano un chiaro allentamento o distacco. Noi tutti sappiamo hypothesi è carico di sufficiente energia per divenire conscio, non
di assurdità causate da complessi e osservabili con la massima evi­ si spinge a sua volta al di là della soglia e non si articola con la
denza nell’esperimento associativo. Esattamente come i casi di coscienza primaria dell’ego. La psicopatologia possiede il mate­
doppia coscienza, di cui Wundt dubitava, si verificano realmente, riale necessario per rispondere a questa domanda. Questa co­
cosi i casi nei quali non sia scissa a metà l’intera personalità, ma scienza secondaria rappresenta una componente della personalità
siano dissociate soltanto parti minori, sono assai piu probabili e che non si è separata per mero accidente dalla coscienza dell’ego,
infatti anche piu comuni: essi costituiscono una delle antiche espe­ ma deve la sua separazione a cause definite. Una tale dissocia­
rienze dell’umanità che si riflette nella supposizione generale di zione ha due aspetti distinti; in un caso c’è un contenuto origi­
una pluralità di anime entro un solo medesimo individuo. Come nariamente conscio che divenne sub-liminale perché represso a
dimostra la pluralità dei componenti psichici percepita al livello causa della incompatibilità della sua natura, nell’altro caso il sog­
primitivo, lo stato originale è lo stato in cui i processi psichici getto secondario consiste essenzialmente di un processo che non
sono intrecciati molto labilmente e non formano in alcun modo entrò mai per nulla nella coscienza poiché in essa non esistono
una unità autosufficiente. Inoltre la esperienza psichiatrica indi­ possibilità di percepirlo. Vale a dire, la coscienza dell’ego non lo
ca che spesso ci vuole ben poco per frantumare l’unità di coscien­ può accettare per mancanza di comprensione, e di conseguenza
za cosi laboriosamente costruita nel corso dello sviluppo e disso­ esso rimane per la maggior parte sub-liminale sebbene dal punto
ciarla di nuovo nei suoi elementi originari. di vista dell’energia sia pienamente in grado di divenire conscio.
Questa dissociabilità ci mette anche in grado di evitare le dif­ Esso deve la sua esistenza non alla repressione, ma ai processi
ficoltà che derivano dal presupposto logicamente necessario di una sub-liminali che di per sé stessi non furono mai consci. Tuttavia,
soglia della coscienza. Se è giusto dire che i contenuti consci di­ siccome in ambedue i casi c’è sufficiente energia da renderli po­
ventano sub-liminali per perdita di energia, e reciprocamente che tenzialmente consci, il soggetto secondario ha veramente un ef­
i processi inconsci diventano consci per accrescimento di energia, fetto sulla coscienza dell’ego, indirettamente o — come dicia­
allora, se gli atti inconsci di volizione devono essere possibili, ne mo — « simbolicamente », sebbene questa espressione non sia
segue che questi devono possedere una energia che permetta loro particolarmente felice. In realtà i contenuti che appaiono alla
di raggiungere la coscienza, o comunque uno stato di coscienza coscienza sono dapprima sintomatici. Per quanto noi sappiamo, o
secondaria che consiste nel fatto che un processo inconscio viene pensiamo di sapere, su ciò cui essi si riferiscono o su cui si fon­
« rappresentato » a un soggetto sub-liminale che sceglie e decide. dano, essi sono semiotici, anche se la letteratura freudiana usa
Questo processo deve necessariamente possedere la quantità di costantemente il termine « simbolico » senza considerare il fatto
energia richiesta per raggiungere tale coscienza, in altre parole esso che in realtà i simboli esprimono sempre quello che non sappia-

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mo. I contenuti sintomatici sono in parte veramente simbolici, talistici da un lato e dall’altro da processi specificatamente psichi­
essendo i rappresentanti indiretti di stati o di processi inconsci ci. Quest’ultima distinzione ci obbliga anche a definire piu atten­
la cui natura può essere dedotta solo imperfettamente e realizzata tamente la natura e l’estensione della psiche, e della psiche in­
soltanto dai contenuti che appaiono nella coscienza. È perciò pos­ conscia in particolare.
sibile che l’inconscio ospiti contenuti cosi ricchi di energia che in Se l’inconscio può contenere tutto quello che sappiamo essere
altre condizioni essi dovrebbero essere percepibili all’ego. Nella funzione della coscienza, dobbiamo affrontare la possibilità che
maggior parte dei casi essi non sono contenuti repressi ma sem­ anch’esso come la coscienza possieda un soggetto, una specie di
plici contenuti che non sono ancora consci e che non sono stati ego. Questa conclusione trova la sua espressione nell’uso comune
soggettivamente constatati, come i demoni o le divinità dei pri­ e sempre ricorrente del termine « subcoscienza ». Questo ultimo
mitivi o gli « ismi » ai quali crede tanto fanaticamente l’uomo termine si presta certamente ad equivoci in quanto o significa
moderno. Questo stato non è né patologico né in alcun modo ciò che è « al di sotto della coscienza » o postula una coscienza
peculiare; è anzi la norma originale, mentre la integrità psichica « inferiore » e secondaria. Nello stesso tempo la ipotetica « sub-
inclusa nella unità di coscienza è una meta ideale che non è an­ coscienza » che si associa immediatamente alla « supercoscienza »
cora mai stata raggiunta. isola il vero centro della mia argomentazione: il fatto cioè che
Non a torto noi colleghiamo la coscienza, per analogia, con le un secondo sistema psichico coesistente con la coscienza — non
funzioni sensoriali, in base alla fisiologia dalla quale deriva l’in­ importa quali siano le qualità che sospettiamo possieda — ha una
tera idea di « soglia ». Le frequenze sonore percepibili dall’orec­ importanza assolutamente rivoluzionaria in quanto potrebbe ra­
chio umano vanno da venti a ventimila vibrazioni al secondo; le dicalmente mutare la nostra visione del mondo. Anche se nella
lunghezze d’onda della luce visibile all’occhio da 7.700 a 3.900 coscienza dell’ego non affiorasse di questo secondo sistema psichi­
unità angstrom. Questa analogia rende concepibile il fatto che co altro che le percezioni, avremmo la possibilità di estendere
esista una soglia sia inferiore che superiore per gli eventi psichici, enormemente i limiti del nostro orizzonte mentale.
e che la coscienza, il sistema percettivo per eccellenza, possa Una volta che abbiamo preso seriamente in considerazione la
perciò essere paragonata con la scala percepibile del suono e della ipotesi dell’inconscio ne segue che la nostra visione del mondo
luce, avendo al pari di essi un limite inferiore e uno superiore. può essere soltanto provvisoria; poiché se apportiamo un’altera­
Forse questo paragone potrebbe essere esteso alla psiche in ge­ zione cosi radicale al soggetto della percezione e della cognizione
nere, il che non sarebbe impossibile se ci fossero processi « psi­ come questa duplice focalità richiede, il risultato deve essere una
coidi » ad ambedue gli estremi della scala psichica. In base al visione del mondo molto differente da qualunque altra nota in
principio natura non facit saltus una tale ipotesi non sarebbe del precedenza. Questo vale soltanto se si mantiene valida l’ipotesi
tutto fuori posto... Se mi servo del termine « psicoide » lo faccio dell’inconscio, che a sua volta può essere verificata soltanto se i
con tre riserve: primo, lo uso come un aggettivo, non come un contenuti inconsci possono essere mutati in contenuti consci —
nome; in secondo luogo esso non implica nessuna qualità psichica se cioè i disturbi emananti dall’ìnconscio, gli effetti delle ma­
nel vero senso della parola, ma solo qualità « quasi-psichiche » nifestazioni spontanee, di sogni, di fantasie e di complessi, pos­
quali quella del processo di riflesso; e in terzo luogo, è rivolto sono essere felicemente integrati nella coscienza, mediante il me­
a distinguere una categoria di eventi da fenomeni meramente vi- todo dell’interpretazione.

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Istinto e volontà dell’inconscio come fenomeno di repressione che poteva essere
compreso in termini personalistici. I suoi contenuti erano ele­
Mentre nel corso del diciannovesimo secolo la principale preoc­
menti perduti che un tempo erano stati consci. In seguito Freud
cupazione era di porre l’inconscio su una base filosofica, verso la
riconobbe l’esistenza continuativa di vestigia arcaiche in forma
fine di quel secolo furono fatti vari tentativi in diverse parti
di modi primitivi di funzionamento, sebbene anche questi fossero
d ’Europa, piu o meno contemporaneamente e indipendentemente
spiegati personalisticamente. In questo modo di vedere la psiche
l’uno dall’altro, di comprendere l’inconscio sperimentalmente o
inconscia appare come una appendice sub-liminale della mente
empirifcamente. I pionieri in questo campo furono Pierre Janet
cosciente.
in Francia e Sigmund Freud nella vecchia Austria. Janet divenne
I contenuti che Freud portò alla coscienza erano quelli che
celebre per la sua investigazione degli aspetti formali, Freud per
sono piu facilmente recuperabili perché hanno la capacità di dive­
le sue ricerche sul contenuto dei sintomi psicogeni.
nire coscienti e tali erano originariamente. Riguardo alla psiche
Non ho qui la possibilità di descrivere in particolare la tra­ inconscia essi dimostrano solamente l’esistenza di un limbo psi­
sformazione di contenuti inconsci in contenuti consci, cosi mi chico al di là della coscienza. I contenuti dimenticati che sono
devo limitare a alcuni cenni. In primo luogo l’ipotesi dei processi ancora recuperabili dimostrano la stessa cosa. Questo non ci di­
inconsci ha spiegato soddisfacentemente la struttura dei sintomi rebbe quasi niente circa la natura della psiche inconscia se non
psicogeni. Freud partendo dalla sintomatologia delle neurosi, so­ esistesse un indubbio collegamento tra questi contenuti e la sfera
stenne plausibilmente il fatto che i sogni avevano la funzione di istintiva. Pensiamo quest’ultima come fisiologica, per lo piu co­
mediatori dei contenuti inconsci. Quello che egli definì come me una funzione delle ghiandole. La moderna teoria delle se­
contenuto dell’inconscio sembrava, a giudicare dall’apparenza, crezioni interne e degli ormoni conferisce il massimo sostegno
consistere di elementi di carattere personale pienamente capaci a questa interpretazione. Ma la teoria degli istinti umani si trova
di coscienza e che dovevano perciò essere stati consci in altre in una posizione alquanto delicata, poiché è insolitamente diffi­
condizioni. Egli opinò che essi fossero stati « repressi » per la loro cile non solo dare una definizione concettuale degli istinti ma
natura moralmente incompatibile. Quindi, in quanto contenuti anche stabilirne il numero e le limitazioni. In questo campo le
dimenticati, essi erano stati un tempo coscienti ed erano divenuti opinioni divergono. Tutto quello che si può accertare con qualche
sub-liminali, e piu o meno irrecuperabili, per effetto di una rea­ sicurezza è che gli istinti hanno un aspetto fisiologico e uno
zione esercitata dalla mente cosciente. Con una opportuna con­ psicologico. Ai fini descrittivi è di grande utilità il punto di vista
centrazione dell’attenzione e facendosi guidare dalle associazio­ di Pierre Janet sulla « partie supérieure et inférieure d'une
ni — cioè dagli indici che ancora esistevano nella coscienza — il fonction. »
ricupero associativo dei contenuti perduti emergeva come in un II fatto che tutti i processi psichici accessibili alla nostra os­
esercizio mnemotecnico. Ma mentre i contenuti dimenticati erano servazione e alla nostra esperienza siano in qualche modo legati
irrecuperabili a causa del loro diminuito valore di soglia, i con­ a un substrato organico indica che essi sono articolati con la vita
tenuti repressi dovevano la loro relativa irrecuperabilità a un dell’organismo in un tutto unico e perciò partecipano alla sua
controllo esercitato dalla mente conscia. dinamicità — in altre parole devono avere una parte negli istinti
Questa scoperta iniziale portò logicamente alla interpretazione di esso o essere in un certo senso il risultato dell’azione di tali

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is t in t i. C iò n o n sig n ific a c h e la p s ic h e d e r iv i e s c l u s iv a m e n t e d a lla D a q u e s t e r if le s s io n i a p p a r e c h e l o p s i c h ic o è u n a e m a n c ip a ­
s fe r a is t in t iv a e q u in d i d a l su o s u b s tr a to o r g a n ic o . La p s ic h e z io n e d e lla f u n z io n e d a lla s u a fo r m a is t in t iv a e d a lla c o s t r it t iv i t à
c o m e t a le n o n p u ò e s s e r e s p ie g a ta in te r m in i d i c h im ic a f i s io ­ c h e , in q u a n to s o la d e t e r m in a n t e d e lla f u n z i o n e , la p o r ta a c r i­
lo g ic a , s e n o n a lt r o p e r c h é , in s ie m e c o n la « v it a » s t e s s a , è il s ta lliz z a r s i in u n m e c c a n is m o . L a c o n d iz i o n e o q u a lità p s ic h ic a
s o l o f a t t o r e n a tu r a le c a p a c e d i c o n v e r t ir e o r g a n iz z a z io n i s t a t is t i­ in iz ia d o v e la f u n z i o n e perde il s u o d e t e r m in is m o e s t e r io r e o
c h e , s o g g e t t e a lla le g g e n a tu r a le , in s t a ti « s u p e r io r i » o « in n a ­ in t e r io r e e d iv e n t a cap ace di a p p lic a z io n i p iu e s te n s iv e e p iu
tu r a li » , in c o n tr a d d iz io n e a lla le g g e d i e n tr o p ia c h e d o m in a in lib e r e , c io è q u a n d o c o m in c ia a d im o s tr a r s i a c c e s s ib ile a u n a v o ­
o g n i p a r te d e l r e g n o in o r g a n ic o . N o n s a p p ia m o c o m e la v it a p r o ­ lo n t à c h e n asca da a ltr e f o n t i. A r is c h io di a n tic ip a r e il m io
d u c a c o m p le s s i s is t e m i o r g a n ic i d a q u e lli in o r g a n ic i, s e b b e n e a b ­ p r o g r a m m a n o n p o s s o fa r e a m e n o d i s o t t o lin e a r e c h e , s e d is t in ­
b ia m o u n ’e s p e r ie n z a d ir e t ta d i c o m e l o fa c c ia la p s ic h e . L a v it a g u ia m o la p s ic h e d a lla s fe r a f is io lo g ic a d e g li i s t in t i v e r s o il b a s s o ,
p e r c iò h a u n a p r o p r ia le g g e s p e c ific a c h e n o n p u ò e s s e r e d e d o t t a u n a ta le d e lim it a z io n e si im p o n e a n c h e v e r s o l ’a lt o . I n f a t t i , a u ­
d a lle n o t e le g g i fis ic h e d e lla n a tu r a . A n c h e c o s i la p s ic h e è ad m e n ta n d o la su a lib e r tà dai puri i s t in t i, la partie supérieure
u n c e r to g r a d o d ip e n d e n t e da p ro cessi d el s u b s tr a to o r g a n ic o . r a g g iu n g e r à a lla fin e u n p u n t o n e l q u a le l ’e n e r g ia in tr in s e c a d e lla
È a ssa i p r o b a b ile c h e c iò a v v e n g a s e m p r e . L a b a s e is t in t iv a g o ­ fu n z io n e c e s s a d e l t u t t o d i e s s e r e o r ie n t a ta d a ll’i s t in t o n e l s e n s o
v e r n a la partie inférieure d e lla f u n z io n e , m e n t r e la partie supé­ o r ig in a r io e a s s u m e u n a fo r m a c o s id d e t t a « s p ir itu a le » . Q u e s t o
rieure c o r r is p o n d e a lle s u e c o m p o n e n t i p r e d o m in a n t e m e n t e « p s i­ n o n im p lic a u n a a lt e r a z io n e s o s ta n z ia le d e l l ’e n e r g ia m o t r ic e d e l­
c h ic h e » . L a 'partie inférieure s i d im o s tr a la p a r te r e la t iv a m e n te l ’is t in t o , m a s e m p lic e m e n t e u n a fo r m a d iv e r s a d i a p p lic a z io n e d i
in a lte r a b ile e a u to m a tic a d e lla f u n z io n e , la partie supérieure q u e l­ e s s a . I l s ig n ific a to o fin e d e l l ’is t in t o n o n è p r iv o d i a m b ig u ità , in
la v o lo n t a r ia e a lte r a b ile . q u a n to l ’i s t in t o p u ò f a c ilm e n t e m a s c h e r a r e u n s e n s o d i d ir e z io n e
A q u e s t o p u n t o n a s c e la d o m a n d a : q u a n d o s ia m o a u to r iz z a ti d iffe r e n te d a q u e llo b io lo g ic o , c h e p e r ò a p p a r e s o lt a n t o n e l c o r s o
a p a r la r e d i « p s ic h ic o » e c o m e in g e n e r e d e fin ia m o l o « p s i­ d e l s u o s v ilu p p o .
c h ic o » p e r d is tin g u e r lo d a l « f is io lo g ic o » ? A m bedue so n o fe ­ N e l l ’a m b ito d e lla sfe r a p s ic h ic a la fu n z io n e p u ò e s s e r e d e v ia ta
n o m e n i v it a li m a e s s i d if fe r is c o n o in q u a n to la c o m p o n e n t e c a ­ m e d ia n te l ’a z io n e d e lla v o lo n t à e m o d ific a ta in d iv e r s i m o d i. Q u e ­
r a tte r iz z a ta c o m e la partie inférieure h a u n a s p e t t o in c o n f o n d ib il­ s t o f a t t o è p o s s ib ile p o ic h é il s is te m a d e g li is t in t i n o n è r e a l­
m e n t e fis io lo g ic o . L a su a e s is te n z a e n o n -e s is t e n z a se m b r a e s s e r e m e n te a r m o n ic o n e lla su a c o m p o s iz io n e , e d è e s p o s t o a n u m e r o ­
c o lle g a ta a g li o r m o n i. I l s u o fu n z io n a m e n to h a u n c a r a tte r e c o ­ s e c o llis io n i in te r io r i. U n is t in t o d is tu r b a e s p o s ta l ’a ltr o , e s e b ­
s t r itt iv o : q u in d i la d e s ig n a z io n e « im p u ls o » . R iv e r s a fferm a c h e b e n e n e l lo r o c o m p le s s o sia n o g li is t in t i c h e r e n d o n o p o s s ib ile
ad e s s o s i a d d ic e n a tu r a lm e n te l ’e s p r e s s io n e « t u t t e le r e a z io n i o la v ita in d iv id u a le , il lo r o c ie c o c a r a tte r e c o s t r it t iv o crea p a r e c ­
n e s s u n a »: la f u n z io n e c io è a g is c e to t a lm e n t e o n o n a g is c e p e r c h ie o c c a s io n i d i r e c ip r o c o d a n n o . L a d iffe r e n z ia z io n e d e lla f u n ­
n u lla , il c h e è tip ic o d e lla c o s t r iz io n e . D ’a ltra p a r te la partie z io n e d a lla is t in t iv it à c o s t r it t iv a , e la a p p lic a z io n e v o lo n ta r ia , s o n o
supérieure, m e g lio d e fin ita c o m e p s ic h ic a e s e n t ita in o ltr e c o m e d i e s s e n z ia le im p o r ta n z a p e r il m a n t e n im e n t o d e lla v it a . M a c iò
ta le , h a p e r d u to il Suo c a r a tte r e c o s t r it t iv o , e p u ò e s s e r e s o t t o ­ in c r e m e n ta la p o s s ib ilit à d i c o llis io n e e p r o v o c a s c is s io n i, le m o lte
p o s ta alla v o lo n t à e p e r fin o a p p lic a ta in u n a m a n ie r a c o n tr a r ia d is s o c ia z io n i c h e m e t to n o p e r se m p r e in p e r ic o lo la u n ità d e lla
a g li is t in t i o r ig in a r i. c o sc ie n z a .

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e s s e r e a s s o g g e tta te a ll’in flu e n z a d e lla v o lo n t à . La s e m p lic e is t in ­
C o m e a b b ia m o v is t o , n e lla sfera p sic h ic a la v o lo n tà in flu en za
tiv ità n o n p e r m e tte la s u p p o s iz io n e d i a lcu n a c o s c ie n z a e n o n n e
la fu n z io n e . E ssa fa c iò in fo rza d e l fa t to c h e è e ss a ste ssa una
h a b is o g n o . M a p er la su a e m p ir ic a lib e r tà d i s c e lta la v o lo n tà
fo rm a d i e n e r g ia e h a il p o te r e d i su p e r a r e u n ’altra fo r m a . In
h a b is o g n o d i u n ’a u to r ità o r d in a ta al d i so p r a d i e s s a , d i q u a lc o sa
q u e s ta sfe r a c h e io d e fin isc o p sic h ic a , la v o lo n t à è in u ltim a is ta n ­
c o m e u n a c o s c ie n z a d i s é , p e r p o te r m o d ific a r e la fu n z io n e . D e v e
za m o tiv a ta d a g li is tin t i, n a tu r a lm e n te n o n in m o d o a s s o lu to , a l­
« a v er c o n o s c e n z a » d i u n o s c o p o d iv e r s o d a q u e llo d e lla fu n z io n e ,
tr im e n ti n o n sa r e b b e u n a v o lo n t à , d a to c h e q u e s ta p er d e fin i­
a ltr im e n ti c o in c id e r e b b e c o n la fo r z a m o tr ic e d i q u e s ta . D r ie sc h
z io n e d e v e a v e r e u n a ce r ta lib e r tà d i sc e lta . « V o lo n tà » im p lic a
g iu s ta m e n te s o tto lin e a : « N on c ’è v o lo n t à se n z a c o n o sc e n z a ! ».
una c e r ta m assa d i e n e r g ia lib e r a m e n te a d is p o s iz io n e d e lla p s i­
L a v o liz io n e p r e s u p p o n e u n a sc e lta d a p a r te d i u n s o g g e t to c h e
c h e . C i d e v e e s s e r e ta le carica d i libido ( o d i e n e r g ia ) d is p o n ib ile ,
o sa r e b b e r o im p o s s ib ili le m o d ific a z io n i d e lla f u n z io n e d a to c h e c o n sid e r i v a r ie p o s s ib ilità . V is ta s o t t o q u e s t o a s p e t to , la p sic h e

q u e s t ’u ltim a sa r e b b e alla fin e in c a te n a ta a g li is t in t i — c h e d i p er è e s s e n z ia lm e n te u n c o n flitt o tra il c ie c o is t in t o e la v o lo n t à


(lib e r tà d i s c e lta ). D o v e l ’is tin t o p r e d o m in a in te r v e n g o n o pro­
s é s o n o e s tr e m a m e n te c o n se r v a to r i e c o r r is p o n d e n te m e n te in a l­
te r a b ili — in m o d o ta lm e n te e s c lu s iv o c h e n o n p o tr e b b e r o aver
cessi psicoidi c h e a p p a r te n g o n o alla sfe r a d e ll’in c o n s c io c o m e e le ­
m e n ti in c a p a c i d i c o sc ie n z a . I l p r o c e s s o p s ic o id e n o n è l ’in c o n ­
lu o g o v a r ia z io n i, a m e n o c h e e s s e n o n fo s s e r o m o d ific a z io n i o r g a ­
n ic h e . C o m e g ià a b b ia m o d e t t o , la m o t iv a z io n e d e lla v o lo n tà in s c io in q u a n to ta le p o ic h é q u e s t o ha u n a e s t e n s io n e assai m a g ­
g io r e . O ltr e ai p r o c e ss i p s ic o id i n e ll’in c o n s c io c i s o n o id e e e a tti
p r im o lu o g o d e v e e s s e r e c o n sid e r a ta c o m e e s s e n z ia lm e n te b io lo ­
v o li t i v i, q u in d i q u a lc o s a d i s im ile ai p r o c e s s i c o n s c i, m a n ella
g ic a . M a al lim ite su p e r io r e ( s e c i v o g lia m o p e r m e tte r e q u e sta
sfe r a is tin t iv a q u e s ti fe n o m e n i si r itir a n o ta lm e n te v e r s o lo s fo n d o
e s p r e s s io n e ) d e lla p s ic h e d o v e la fu n z io n e si s v in c o la d a lla sua
c h e il te r m in e « p s ic o id e » è p r o b a b ilm e n te g iu s tific a to . S e tu tta ­
m e ta o r ig in a r ia , g li is tin t i p e r d o n o la lo r o in flu e n z a d i m o v e n ti
v ia lim itia m o la p s ic h e a g li a tti d e lla v o lo n t à , a r r iv ia m o alla c o n ­
d e lla v o lo n t à . P e r l ’a lte r a z io n e d e lla su a fo r m a , la fu n z io n e è c o ­
str e tta al s e r v iz io d i a ltr e d e te r m in a n ti o m o tiv a z io n i c h e e v i­ c lu s io n e c h e la p s ic h e è p iu o m e n o id e n tic a alla c o s c ie n z a , p o ic h é
d iffic ilm e n te p o tr e m o c o n c e p ir e u n a lib e r tà d i sc e lta e u n a v o lo n ­
d e n te m e n te n o n h a n n o p iu n u lla a c h e fa r e c o n g li is tin t i. Q u e llo
tà se n z a c o sc ie n z a . Q u e s to a p p a r e n te m e n te ci r ip o r ta al p u n to c r u ­
c h e c e r c o d i r e n d e r e c h ia r o è il fa t to n o t e v o le c h e la v o lo n t à n o n
p u ò su p e r a r e i c o n fin i d e lla sfera p sic h ic a ; n o n p u ò c o s tr in g e r e
c ia le , a ll’a ss io m a psiche-coscienza. C h e c o sa d u n q u e è a v v e n u to
d e lla p o s tu la ta n a tu ra p sic h ic a d e ll’in c o n s c io ?
l ’is tin t o , n é h a p o te r e s u llo s p ir ito , in te n d e n d o p e r s p ir ito q u a l­
co sa d i p iu c h e l ’in t e lle t t o . S p ir ito e is t in t o s o n o a u to n o m i p er
n a tu ra e d a m b e d u e lim ita n o in u g u a le m isu r a il c a m p o d i a p p li­
Conscio e inconscio
c a z io n e d e lla v o lo n tà . I n s e g u ito m o s tr e r ò c o sa c o s titu is c a la re la ­
z io n e d e llo s p ir ito c o n l ’is tin t o . Q u e s ta d o m a n d a r ig u a r d a n te la n a tu ra d e ll’in c o n s c io p o r ta c o n
C o m e n e lle s u e z o n e in fe r io r i la p s ic h e si p e r d e n e l s u b s tr a to s é le str a o r d in a r ie d iffic o ltà in t e lle ttu a li c h e la p s ic o lo g ia d e ll’in ­
o r g a n ic o m a te r ia le , c o s i n e lle z o n e su p e r io r i e ss a s i r is o lv e in una c o n s c io c i p r o p o n e . T a li d iffic o ltà d e v o n o in e v ita b ilm e n t e so r g e r e
fo r m a « s p ir itu a le » d e lla q u a le c o n o s c ia m o c o s i p o c o c o m e d ella o g n i q u a lv o lta la m e n te s i g e tta a r d ita m e n te n e ll’ig n o t o e n e ll’in ­

b a se fu n z io n a le d e g li is tin t i. Q u e lla c h e c h ia m e r e i la p s ic h e p r o ­ v is ib ile . I l n o s t r o filo s o f o p r e n d e u n a p o s iz io n e a ssa i a b ile al ri­


g u a r d o p o ic h é , r ifiu ta n d o d e c is a m e n te l ’in c o n s c io , sp a zza c o n u n
p r ia m e n te d e tta si e s t e n d e a tu t te q u e lle fu n z io n i c h e p o s s o n o

244 245
colpo solo ogni complicazione dal suo cammino. Una perplessità
za). In accordo con il « rasoio di Occam », entia praeter necessi­
simile si presentava anche al fisico della vecchia scuola che crede­
va solamente alla teoria ondulatoria della luce e era poi portato
tateci non sunt multiplicanda, la conclusione piu cauta sarebbe
che nulla, tranne il rapporto con l’ego conscio, muta quando un
a scoprire fenomeni che possono essere spiegati esclusivamente
contenuto diventa inconscio. Per questa ragione respingo il pa­
con la teoria corpuscolare. Per fortuna la fisica ha mostrato allo
rere che contenuti momentaneamente inconsci siano soltanto fisio­
psicologo che essa pure può tener testa a una apparente contra- logici. Manca ogni evidenza e, oltre a ciò, la psicologia della neu­
dictio in adiecto. Incoraggiato da questo esempio, lo psicologo rosi offre convincenti prove del contrario. Basta soltanto pensare
può osare di affrontare il suo controverso problema senza avere ai casi di doppia personalità, di automatisme ambulatoire ecc. Sia
il sentimento di essere caduto al di fuori del mondo della scienza Janet che Freud nelle loro scoperte mostrano che ogni cosa con­
naturale. tinua a funzionare nello stato inconscio esattamente come se fosse
Prima che analizziamo il nostro dilemma piu da vicino, mi pia­ conscio. C’è la percezione, il pensiero, la sensibilità, la volizione
cerebbe chiarire un aspetto del concetto di inconscio. L’inconscio e l’intenzione, esattamente come se un soggetto fosse presente; in
non è semplicemente Vignoto, ma è piuttosto Yignoto psichico; e realtà ci sono non pochi casi — p. e. la doppia personalità, che
definiamo questo, da un lato, come tutto ciò in noi che se giun­ prima abbiamo citato — in cui appare praticamente un secondo
gesse alla coscienza presumibilmente non differirebbe in nessun ego che lotta con il primo. Tali scoperte sembrano dimostrare che
modo dai contenuti psichici noti, con l’aggiunta, dall’altro lato, in effetti l’inconscio sarebbe un « subsconcio ». Ma da certe espe­
del sistema psicoide. Cosi definito, l’inconscio rivela una situazione rienze — delle quali alcune note anche a Freud — è chiaro che
estremamente fluida: tutto quello che so, ma a cui in questo mo­ lo stato dei contenuti inconsci non è affatto quello dei contenuti
mento non sto pensando; tutto quello di cui un tempo ero conscio consci. Per esempio, complessi di tono sentimentale non mutano
ma che ora ho dimenticato; tutto quello che è percepito dai miei nell’inconscio allo stesso modo che nella coscienza. Sebbene pos­
sensi ma non viene notato dalla mia mente conscia; tutto quello sano arricchirsi con associazioni, essi non ne vengono modificati
che involontariamente e senza farci attenzione sento, penso, ri­ ma conservano la loro forma originaria come si può rilevare dal­
cordo, desidero e faccio; tutte le cose future che stanno prendendo l’effetto continuo e uniforme che producono sulla mente cosciente.
forma in me e una volta o l’altra emergeranno nella coscienza: Parimenti essi assumono il carattere irriducibile e costrittivo di
tutto questo è il contenuto dell’inconscio. Questi contenuti sono un automatismo del quale possono liberarsi soltanto se vengono
tutti piu o meno capaci, per cosi dire, di coscienza, o erano consci resi consci. Quest’ultimo procedimento è considerato a ragione co­
una volta e possono divenire di nuovo consci in un prossimo me uno dei piu importanti fattori terapeutici. Alla fine tali com­
momento. Fino a questo punto l’inconscio è una « sfrangiatura plessi, presumibilmente in proporzione alla loro distanza dalla
della coscienza » come dice William James. A questo fenomeno coscienza, assumono per autoamplificazione un carattere arcaico e
marginale originato da stati alterni di luce e di ombra, appartengo­ mitologico quindi una certa « numinosità » come è perfettamente
no anche le scoperte freudiane delle quali abbiamo già parlato. chiaro nelle dissociazioni schizofreniche. Tuttavia la numinosità è
Giungiamo ora alla domanda: in quale stato si trovano i con­ completamente al di fuori della volizione cosciente, poiché tra­
tenuti psichici stessi quando non sono riferiti all’ego cosciente? sporta il soggetto in uno stato di rapimento che è uno stato di
(Questa relazione determina ciò che può essere chiamato coscien- abdicazione alla volontà.

246 247
Queste particolarità dello stato inconscio contrastano molto le predomina l’autocoscienza. Questo paradosso diventa immedia­
fortemente con il modo in cui si comportano i complessi nella tamente comprensibile quando ci rendiamo conto che non esiste
mente conscia. Qui essi possono essere corretti: possono perdere nessun contenuto conscio di cui si possa dire con assoluta cer­
il loro carattere di automatismo e essere essenzialmente trasfor­ tezza che è totalmente conscio, poiché ciò richiederebbe una inim­
mati. Essi si spogliano del loro involucro mitologico e, procedendo maginabile totalità di coscienza, e questa a sua volta presuppor­
nella coscienza mediante un processo di adattamento, si persona­ rebbe una completezza e una perfezione ugualmente inimmagina­
lizzano e si razionalizzano al punto che diventa possibile una di­ bili della mente umana. Cosi arriviamo alla paradossale conclu­
scussione dialettica. Evidentemente lo stato inconscio è, malgrado sione che non c’è contenuto conscio che non sia sotto qualche
tutto, differente da quello conscio. Sebbene a prima vista il pro­ altro aspetto inconscio. Forse non c’è nemmeno uno psichismo in­
cesso continui nell’inconscio come se fosse conscio, appare con conscio che non sia anche conscio nello stesso tempo. Quest’ulti­
l’aumentare della dissociazione che esso sprofonda a un livello ma proposizione è piu difficile da dimostrare della prima, perché
piu primitivo (arcaico-mitologico) per avvicinarsi nel carattere al il nostro ego, che solo potrebbe verificare un’asserzione del gene­
sottostante schema istintivo, e per assumere le qualità che sono re, è il punto di riferimento per ogni coscienza e non ha una
i tratti distintivi dell’istinto: automatismo, mancanza di suscet­ associazione tale con i contenuti inconsci da essere in grado di
tibilità all’influenza, ogni-o-nessuna reazione, e cosi via. Impie­ dire qualcosa circa la loro natura.
gando l’analogia dello spettro, potremmo paragonare l’abbassa­ Per quanto riguarda l’ego essi sono inconsci a qualunque fine
mento dei contenuti consci a uno spostamento verso l’estremità
pratico, non però in modo assoluto, poiché l’ego può conoscere
rossa della banda cromatica, confronto particolarmente edificante
questi contenuti sotto un aspetto e non conoscerli sotto un altro,
in quanto il rosso, colore del sangue, ha sempre significato emo­
quando essi provocano alterazioni di consapevolezza. Inoltre ci
zione e istinto.
sono processi rispetto ai quali non può essere dimostrata alcuna
Di conseguenza l’inconscio è un medium differente dal con­ relazione con l’ego conscio e che tuttavia sembrano essere « rap­
scio. Nelle aree quasi-conscie non c’è molto cambiamento poiché presentati » o « quasi-consci ». Infine ci sono casi in cui un ego
in esse l’alternarsi delle ombre e delle luci è troppo rapido. Ma inconscio, e quindi una seconda coscienza, sono presenti, come
è proprio questa terra di nessuno che è di maggior valore per for­ già abbiamo visto, sebbene queste siano eccezioni.
nire la risposta alla bruciante questione dell’ipotesi: psiche = co­
Nella sfera psichica lo schema di comportamento costrittivo
scienza. Ci dimostra quanto sia relativo lo stato inconscio, in real­ permette-variazioni di comportamento che sono condizionate dal­
tà talmente relativo che si sarebbe tentati di valersi di un con­ l’esperienza e da atti della volizione, cioè da processi consci. Ri­
cetto come « il subconscio » allo scopo di definire la parte piu
spetto allo stato psicoide, riflessivo-istintivo, la psiche implica
oscura della psiche. Ma la coscienza è ugualmente relativa poiché quindi un allentamento dei legami ed una costante recessione dei
essa comprende non solo la coscienza in quanto tale ma un’intera processi meccanici a favore delle modificazioni « selezionate ».
scala di intensità di coscienza. Tra « io faccio questo » e « io so­ Questa attività selettiva ha luogo in parte entro la coscienza e in
no conscio di fare questo » c’è un mondo di differenza che giunge parte fuori di essa, cioè senza riferimento all’ego cosciente e quin­
talvolta all’aperta contraddizione. Quindi c’è una coscienza nella di inconsciamente. Nell’ultimo caso il processo è « quasi-conscio »,
quale predomina l’incoscienza, come pure una coscienza nella qua- come se fosse « rappresentato » e conscio.

248
249
ancora come una catena di isole o un arcipelago. Non è un in­
Siccome non ci sono motivi sufficienti per ritenere che in ogni
sieme completamente integrato, neppure agli stadi piu alti, piut­
individuo esista un secondo ego o che tutti soffrano di dissocia­
tosto è capace di un’espansione indefinita. Isole scintillanti, e anzi
zione della personalità, dobbiamo scartare l’idea di un secondo
continenti interi, possono ancora aggiungersi alla nostra coscienza
ego come origine di decisioni volontarie. Ma siccome l’esistenza
moderna — un fenomeno che è divenuto la quotidiana espe­
di processi altamente complessi e quasi-consci nell’inconscio è già
rienza dello psicoterapeuta. Perciò faremo bene a pensare la
stata dimostrata insolitamente probabile dallo studio della psico-
coscienza dell’ego come circondata da una moltitudine di piccole
patologia e dalla psicologia dei sogni, siamo costretti bene o male
luminosità.
a concludere che, sebbene lo stato dei contenuti inconsci non sia (da Questa è la mia filosofia, a c. di Whit Burnett,
identico a quello dei contenuti consci, è in qualche modo assai Milano, Bompiani, 1959, pp. 163-194)
« simile » ad esso. In queste circostanze non resta altro che sup­
porre qualcosa e mezza strada tra gli stati consci e inconsci, vale
a dire una coscienza approssimativa. Siccome abbiamo immediata
esperienza soltanto di uno stato riflesso, che ipso facto è conscio
e noto in quanto essenzialmente consiste nel riferire idee o altri
contenuti a una struttura egologica che rappresenti la nostra per­
sonalità empirica, ne segue che ogni altro genere di coscienza —
sia senza ego che senza contenuti — è virtualmente impensabile.
Ma non occorre affatto inquadrare la faccenda in un modo cosi
assoluto. Su un piano umano un po’ piu primitivo la coscienza
dell’ego perde molto del suo significato e la coscienza conseguen­
temente viene modificata in un modo caratteristico. Soprattutto
cessa di essere riflessa. E quando osserviamo i processi psichici
nei vertebrati superiori e in particolare negli animali domestici,
troviamo fenomeni simili a quelli della coscienza che tuttavia
non ci permettono di congetturare l’esistenza di un ego. Come
sappiamo dall’esperienza diretta, la luce della coscienza ha parec­
chi gradi di splendore, e la struttura egologica parecchie grada­
zioni di intensità. Sul piano animale e primitivo c’è una semplice
« luminosità », che differisce appena da tutti i balenanti fram­
menti dell’ego dissociato. Qui come al livello dell’infànzia, la
coscienza non è ancora unitaria, in quanto non è organizzata da
una struttura egologica solidamente costruita, e manda appena
barlumi di vita qua e là quando avviene che eventi esterni o
interni, istinti ed effetti la risvegliano. In questa fase essa è

250 251
Cronologia
1875 26 luglio. Nasce nel presbitero di Kesswil, cantone di Turgovia
(Svizzera).
1879 La famiglia di Jung si stabilisce a Kleinhiiningen, paese vicino
a Basilea. Frequenta la scuola del villaggio.
1886 Prosegue gli studi secondari presso il collegio e poi presso il
Ginnasio di Basilea.
1895-1900 Studia medicina presso l’università di Basilea. Sostiene
l’esame di stato.
1900 È assistente al Burghòzli, ospedale cantonale per alienati e cli­
nica universitaria del cantone di Zurigo.
1902 Discute la tesi di laurea in medicina: Contributo alla psicolo­
gia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti.
1902-03 Soggiorna a Parigi. Segue alla Salpétrière le lezioni di Pier­
re Janet.
1903 Sposa Emma Rauschenbach, che gli darà cinque figli. Medico
volontario al Burghòzli: conduce i primi lavori sulle associa­
zioni di idee e sulla teoria dei complessi.
1905 È primo dottore del Burghòzli. Tiene corsi sull’ipnosi e conduce
ricerche sulla demenza precoce. È docente privato presso la
facoltà di Medicina di Zurigo e vi tiene corsi sulle psiconevrosi
e la psicologia.
1907 Incontra, a Vienna, Sigmund Freud.
1909 Lascia il Burghözli; si trasferisce a Kiisnacht (Zurigo). Pratica 1937 Tiene conferenze presso l’università di Yale (U.S.A.), pubbli­
la psicologia analitica; insegna psichiatria, fino al 1913, al­ cate col titolo Psicologia e Religione.
l’università di Zurigo.
1944 L’università di Basilea crea in suo omaggio una cattedra di
1911 Assume un ruolo di primo piano nella fondazione della So­ medicina psicologica, che il cattivo stato di salute lo obbligherà
cietà internazionale di psicoanalisi, di cui diviene presidente. ad abbandonare nel 1946.
1912 Tiene conferenze alla Fordham University (New York) sulla 1945 Scrive l’articolo Dopo la catastrofe, ultimo capitolo dell’opera
teoria psicoanalitica e pubblica Metamorfosi e simboli della Aspetti del dramma contemporaneo.
libido.
1948 È fondato, a Zurigo, VInstitut Jung.
1913 Si separa da Sigmund Freud e adotta, per il suo metodo, il
termine di Psicologia analitica. 1957 È fondata la Società svizzera di Psicologia analitica.

1914 Tiene conferenze al Bedford College di Londra e partecipa al 1958 È fondata la Società internazionale di Psicologia analitica.
congresso di Aberdeen. 1961 6 giugno. Muore a Kiisnacht, sul lago di Zurigo.
1917-19 È medico capo del campo per prigionieri inglesi « internati »,
a Chateau d’Oex, quindi a Miirren. Inizio delle ricerche sui
Tipi psicologici. Sviluppa la sua concezione dell’Inconscio col­
lettivo.
1921-26 Viaggi di studio: Africa del nord, Indiani Pueblos, Arizona,
Nuovo Messico, Pellirossa, Kenia.
1930 È presidente ad honorem della Società medica tedesca di Psi­
coterapia.
1933 È presidente della Società medica internazionale di Psicoterapia,
e redattore dell’organo dell’associazione stessa, lo Zentralblatt
für Psychotherapie und ihre Grenzgebiete. Tiene un corso libero
presso la Scuola politecnica federale, divenuto, nel 1935, corso
regolare di psicologia.
1934 Tiene un seminario a Basilea, dal 1" al 6 ottobre, da cui uscirà
l’opera L'uomo alla scoperta della sua anima.
1935 E’ fondata a Zurigo la Schweizerische Gesellschaft für prak­
tische Psychologie, presieduta da Jung, che raggruppa medici
e psicologi di diverse tendenze.
1936 Pubblica l’articolo su Wotan, nella « Neue Schweizer Rund­
schau ».

256 257
Bibliografia
O pere di J ung in edizione originale (Bibliografìa essenziale)
Der Inhalt der Psychose, Wien 1908 e 1914.
Die Bedeutung des Vaters für das Schicksal des Einzelnen, Wien 1909
e 1927, Zürich 1949.
Wandlungen und Symbole der Libido, Wien 1912 e 1938.
Die Psychologie der unbewussten Prozesse, Zürich 1917; quindi Das
Unbewusste im normalen und kranken Seelenleben, ivi 1926; infine
Ueber die Psychologie des Unbewussten, ivi 1948.
Psychologische Typen, Zürich 1921, 1930, 1950.
Die Beziehungen zwischen dem Ich und dem Unbewussten, Darmstadt
1928.
Seelenprobleme der Gegenwart, Zürich 1931 e 1950.
Wirklichkeit der Seele, Zürich 1934, 1939.
Psychologie und Religion, Zürich 1940 e 1947.
Einführung in das Wesen der Mythologie, Amsterdam 1941 e Zürich
1951.
Psychologie und Alchemie, Zürich 1944 e 1952.
Psychologie und Erziehung, Zürich 1946.
Symbolik des Geistes, Zürich 1948 e 1953.
Antwort auf Hiob, Zürich 1952.

O pere di J ung tradotte in italiano

Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, Torino, Einaudi,


1942, 1959 e 1964.

261
Psicologia e educazione, Roma, Astrolabio, 1947. A. G e m e l l i , Psicologia e religione nella concezione analitica di C. G.
Sulla psicologia dell inconscio, Roma, Astrolabio, 1947. Jung, Milano 1955.
Tipi psicologici, Roma, Astrolabio, 1948. B ertine E leanor , La relazione tra persone, Milano, 1961.
L’io e l’inconscio, Torino, Einaudi, 1948; Torino Boringhieri, 1967. F. F ordham , Introduzione alla psicologia di Jung, Firenze, Edizione
Psicologia e religione, Milano, Edizioni di Comunità, 1948 e 1962. Universitaria, 1961.
Aspetto psicologico della figura di Kore, in Prolegomeni allo studio E. A. Bennet , C. G. Jung, Milano, Rizzoli, 1962.
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ghieri, 1966. colo, Milano, 1962.
La realtà dell’anima, Roma, Astrolabio, 1949; Torino, Boringhieri, C arlo P etrò , La psicologia del profondo e in particolare la psicologia
1963. analitica di C. G. Jung e l’igiene mentale, Cremona, Mangiarotti,
Psicologia e alchimia, Roma, Astrolabio, 1950. 1963.
La simbolica dello spirito, Torino, Einaudi, 1959. E. A. Bennet , Che cosa ha veramente detto Jung, Roma, Uboldi, 1967.
Lo spirito della psicologia, in Questa è la mia filosofia, a c. di W. Bur­ E dward G lover , Freud o Jung? Milano, Sugar, 1967.
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Su cose che si vedono nel cielo, Milano, Bompiani, 1960. ringhieri, 1966.
La psicologia del transfert, Milano, Il Saggiatore, 1962. R adin P aul - K erenji Karl , Il briccone divino, Milano, Bompiani,
Ricordi, sogni e riflessioni di Cari Gustav Jung, raccolti ed editi da 1965.
Aniela Jaflé, Milano, Il Saggiatore, 1965. F. D e F o r ti , Il contrasto Freud-Jung e la nuova direzione della psi­
Risposta a Giobbe, Milano, Il Saggiatore, 1965. coanalisi, Roma, Silva, 1968.
La libido. Simboli e trasformazioni, Torino, Boringhieri, 1967.
Studi psichiatrici, Torino, Boringhieri, 1970.

Stud i su J ung

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C. G. Jung, Zürich 1934.
W ilh elm R ichard , Il mistero del fiore d’oro, Bari, Laterza, 1936.
J. J acobi, Die Psychologie von C. G. Jung, Zürich 1940 e 1949, e
traduz. it., La psicologia di Jung, Torino, Boringhieri, 1965.
M. F rischnecht , Die Religion in der Psychologie C. G. Jungs, Zü­
rich 1946.
C. R. A ldrich , The primitive Mind and Modern Civilization, Lon­
don 1947.
A. M iotto , Conoscere la psicoanalisi, Milano, Garzanti, 1949.
A ldrich C harles Robert , Mente primitiva e civiltà moderna, Torino,
Einaudi, 1949.

262
263
Indice delle illustrazioni

In copertina: d isegn o d el v o lto d i Cari G u stav Jung

I - La porta della casa di Kiisnacht pag. 33


II-III-IV - Jung in due sue caratteristiche espres­
sioni ...................................................... 34-35-36
V - L’Istituto Jung a Zurigo . . . . 65
VI-VII - Jung nel suo u fficio ........................... 66-67
V ili - Cari Gustav Jung nel 1904 . 68
IX - Illustrazione del Rosarium Philosophorum 97
XXI - C. G. Ju n g ............................................... 98-99
XII - Un’altra illustrazione del Rosarium Philo­
sophorum ............................................... 100
XIII - Testata della rivista Imago . . . . 129
XIV - Ritratto di F r e u d ................................. 130
XV - Frontespizio di Una nevrosi demoniaca
del sec. X V I I ........................................ 131
XVI - Ritratto di C. G. J u n g ........................... 132

Referenze fotografiche: le illustrazioni riprodotte nella presente opera sono


state concesse dalle Editions Seghers di Parigi.

267
Indice generale

I n tr o d u z io n e ................................................................... pag. 7
Società e individuo.......................................................................... 13

I - La personalità di Carl G ustav Ju n g . . . 13


Significato dell’opera di Jung, 15 - Relazioni con Freud, 16 -
Jung e il nazismo, 17 - Jung secondo se stesso, 19.
II - L a s o c i e t à .................................................................................23
La collettività umana, 23 - Il nostro mondo occidentale, 25 -
Il progresso, 31 - La nostra immagine del mondo, 32 - Civiltà e
cultura, 39 - Il dittatore, 43 - L’individuo nella società, 44 - Gli
archetipi, 46 - Simboli e miti, 50 - L’arte, 56.
Ili - L’in c o n s c io ............................................................................. 59
L’inconscio collettivo, 59 - L’inconscio individuale, 63.
IV - L ’in d iv id u o ............................................................................. 75
L’individuo nell’attuale società, 75 - La personalità, 76 - La psi­
che, 76 - Le quattro funzioni della vita cosciente, 77 - I livelli
dell’inconscio, 80 - Estroversione e introversione, 81- 1 com­
pagni dell’io, 83 - Lo sviluppo della personalità, 88.
V - P roblemi d ’o g g i ..............................................................91
L’attuale situazione, 91 - Il ruolo della scienza, 96 - Verso una
psicologia piu umana, 103 - L’esistenza dell’anima, 107 - I mi­
sfatti dell’intellettualismo, 108 - La realtà dell’anima, 109 -
Esigenze di una psicoterapia efficace, 112 - Il ruolo dell’arte,
118-1 contributi della saggezza orientale, 119.

269

L_
T esti esem pla ri

I l nostro perturbato mondo moderno . . . . 125


L’uomo e la natura - I l c o n t a d in o .....................................137
Le età della v i t a .....................................................................139
I l ruolo della c o l l e t t iv it à .....................................................145
La colpevolezza c o l l e t t iv a .....................................................147
L ’inconscio .............................................................................149
G li a r c h e t i p i ............................................................................ 151
Sim boli e s e g n i .............................................................................155
L ’a r t e ............................................................................................ 157
I l m i t o .............................................................................................159
I MISFATTI DELL’INTELLETTUALISMO..................................... 161
L a s c i e n z a .................................................................................... 163
La concezione del m o n d o .............................................................165
La p s i c o l o g i a .............................................................................167
La p s ic o t e r a p ia ............................................................................ 169
L ’interpretazione dei s o g n i .....................................................179
L ’armonia dei c o n t r a r i .............................................................197
V ita interiore e in d iv id u a l e .....................................................199
L ’a n i m a ............................................................................................ 203
La vita morale e l ’idea diD i o .............................................205
La r e l ig io n e .................................................................................... 207
La m o r t e ............................................................................................ 213
I I significato dell ’autoconoscenza .....................................215
N ota supplem entare alla nozione di archetipo . . 218
Lo SPIRITO DELLA PSICOLOGIA.................................................... 221
L’inconscio in una prospettiva storica, 221 - Il significato del­
l’inconscio nella psicologia, 229 - La dissociabilità della psi­
che, 235 - Istinto e volontà, 240 - Conscio e inconscio, 245.

C ronologia ..........................................................................................253
Bibliografia ..........................................................................................259
Indice delle illustrazioni.................................................................... 267
g in a li, s o lid a m e n te c o s t r u iti, in n a ti n e ll’in c o n s c io d i p a recch i p o ­ Simboli e segni
p o li, il c u i c o m p o r ta m e n to p a r tic o la r e v e n iv a c o s i a c a r a tte r iz ­
zarsi.
P e r q u e s t o p o s s ia m o p arlare d e l l ’a r c h e tip o « W o t a n » , il q u a ­
le , in q u a n to fa tto r e p s ic h ic o a u to n o m o , p r o d u c e e ffe tti c o lle t t iv i
e a b b o z z a , p r o p r io p er q u e s ta tr a s c r iz io n e n e i fa t ti e n e lla v ita ,
u n ’im m a g in e d e lla p r o p r ia n a tu ra .
W o ta n p o s s ie d e la su a p a r tic o la r e b io lo g ia , c h e si d is tin g u e
d a ll’e s s e n z a d e g li in d iv id u i p r e si u n o a lla v o lta ; q u e s ti s o n o s o l­
ta n to te m p o r a n e a m e n te s o t t o l ’ir r e s is tib ile in flu ss o d i ta le c o n d i­
z io n a m e n to in c o n s c io . M a n e l fr a tte m p o l ’e s is te n z a d e ll’a r c h e tip o I l s e g n o è se m p r e q u a lc o s a d i m e n o d e l c o n c e tt o c h e ra p p r e ­
W o ta n sarà p e r lo r o u n fa t t o ta n to in c o n s c io q u a n to , p e r e s e m ­ s e n ta , m e n tr e il s im b o lo r in v ia sem pre, ad u n c o n te n u t o p iu a m p io
p io , u n ’e p ile s s ia la te n te . d i q u a n to sia il s u o s e n s o im m e d ia to e d e v id e n t e . I s im b o li s o n o
(Ibidem, pp. 93-95) in o ltr e p r o d o tt i n a tu r a li e s p o n ta n e i. N e s s u n g e n io h a m a i o t t e ­
n u to a lc u n c h é d ic e n d o s i: « a d e s s o in v e n t o u n s im b o lo » . N e s s u n o
p u ò p r e n d e r e u n p e n s ie r o , p iu o m e n o r a z io n a le , c o s t itu e n t e la
L’avvenire si prepara a lungo termine nell’inconscio; e per c o n c lu s io n e lo g ic a d i u n r a g io n a m e n to , o c r e a to e s p r e s s a m e n te ,
questo motivo i chiaroveggenti possono indovinarlo molto tempo e d a rg li in s e g u ito u n a fo r m a « s im b o lic a ».
prima. Cosi, ad esempio, alla notizia dell’incoronazione dell’im­
S o t t o q u a lu n q u e tr a v e s tim e n to , p e r q u a n to fa n ta s tic o s i p o n g a ,
peratore a Versailles, Jakob Burckhardt esclamò: « È il declino
u n a ta le id e a rim arrà se m p r e u n s e g n o , c o lle g a to al p e n s ie r o c o ­
della Germania! ». Già gli archetipi di Wagner battevano alla
s c ie n te c h e v u o le sig n ific a r e ; e n o n u n s im b o lo c h e su g g e r isc e u n
porta, e con essi arrivava l’esperienza dionisiaca di Nietzsche,
q u a lc o s a c h e n o n è a n co ra c o n o s c iu to . N e i s o g n i i s im b o li s i p r e ­
che sarebbe piu giusto attribuire al dio dell’ubriachezza, a Wotan.
s e n ta n o s p o n ta n e a m e n te p o ic h é il s o g n o è u n a v v e n im e n to e n o n
{Ma vie ecc., cit., p. 272). u n ’in v e n z io n e . I s o g n i s o n o q u in d i la f o n t e p r in c ip a le alla q u a le
a ttin g ia m o la n o str a c o n o s c e n z a sim b o lic a .
I n q u e s t o s e c o lo d i s c o n v o lg im e n t i s o c ia li e d i r a p id i c a m b ia ­
m e n ti è a u sp ic a b ile sa p e r n e m o lt o d i p iu c h e p er il p a s s a to s u g li e s ­
se r i u m a n i c o n s id e r a ti in d iv id u a lm e n te , p o ic h é m o lto d ip e n d e d a lle
q u a lità m e n ta li e m o r a li d i c ia s c u n o d i e s s i. P e r ta n to , se v o g lia ­
m o v e d e r e le c o s e n e lla lo r o g iu s ta p r o s p e t tiv a , d o b b ia m o ca p ir e
il p a ss a to d e l l ’u o m o a ltr e tta n to b e n e c h e i l s u o p r e s e n te . E d è
p e r c iò c h e la c o m p r e n s io n e d e i m iti e d e i s im b o li è e s s e n z ia le .

{L’homme et ses symboles, cit., pp. 58 e 55)

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