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Il contrasto alla violenza di genere non è soltanto una grande questione di civiltà e di
rispetto dei diritti umani ma è oggi anche una vera e propria “questione sociale”, dal
problema di salute pubblica, che incide direttamente sul benessere fisico e psichico delle
questione epocale, per dimensione e sviluppo nel tempo, troppo spesso colpevolmente
sottovalutata. Ma, allo stesso tempo, la violenza di genere è anche un fenomeno assai
difficile da contrastare, perché si annida negli interstizi della società, spesso sfuggenti e
stesse vittime. Le violenze di genere determinano, dunque, un costo sociale che frena lo
da parte delle vittime – che dopo avere subito una violenza hanno grandi difficoltà a
condurre una vita lavorativa equilibrata - fino ad arrivare ai costi finanziari che il
sistema deve sostenere per arginare gli effetti negativi dei maltrattamenti contro le
donne. Le violenze generano spese pubbliche più elevate per i servizi medici, per il
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sistema giudiziario, per la sicurezza e, soprattutto, per il prezzo pagato dalle future
La violenza di genere si caratterizza come un fenomeno del nostro tempo, che racchiude
solo un’immagine sfocata. Come altre manifestazioni, quali la tratta di esseri umani o
invisibile perché si consuma all’interno del privato dei rapporti familiari e affettivi,
genere, ad esempio è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna, o perché
dimensione privata: tuttavia è una realtà innegabile che oggi molte donne subiscano
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La violenza di genere, perlopiù in ambito familiare, è dunque una realtà statisticamente
in aumento, ma non salta immediatamente agli occhi come tale. Si parla spesso infatti di
stupri, violenza sessuale, molestie, maternità forzata, incesto, ma non si coglie l’essenza
comune di tutti questi reati: da qui la necessità trattare la violenza contro le donne come
Il singolo episodio di omicidio di una donna in sé non costituisce e non può essere
raptus improvviso, così come sarebbe fuorviante affermare che degli stupri siano
perlopiù autori gli extra-comunitari: le statistiche, come detto, smentiscono questi input
inviati dai media, affermando che nella maggior parte dei casi la violenza sulle donne è
strada, ma ha radici più profonde di quanto i media vogliano far credere: è un fenomeno
trasversale, interessa tutte le classi perché sta “dentro” il nucleo base della comunità, la
famiglia.
analizzare in quanto gli autori di reato commettono gli episodi perlopiù entro le mura
domestiche e ciò comporta, dato il legame spesso di natura intrafamiliare tra autore e
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vittima, il silenzio di quest’ultima che concorre ad accrescere il cosiddetto “numero
oscuro”. Da ciò derivano i limiti dell’analisi di un fenomeno per sua natura sommerso,
Una conoscenza approfondita del fenomeno nel suo insieme, tuttavia, è essenziale per lo
sviluppo delle politiche e dei servizi, a partire dalle campagne di sensibilizzazione per
La presente tesi sulla violenza di genere è stata elaborata partendo dall’analisi del
fenomeno a livello culturale, sociale e normativo per poi analizzare i dati raccolti a
livello nazionale. Nel secondo capitolo sono state esaminate le politiche di welfare a
contrasto della violenza, l'attuale approccio europeo e le azioni messe in campo dalla
Nel capitolo terzo, dopo aver esaminato le risposte della regione Emilia Romagna e
l'esperienza della rete dei servizi, viene trattato nello specifico il caso della Provincia di
di formazione interistituzionale: “la violenza sulle donne e i loro figli” tenutasi nel
donne nel contesto familiare e, più in generale sociale, per riprogettare reti di servizio
più efficaci.
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Il percorso di formazione ha avuto come scopo quello di riflettere sulla violenza nei
confronti delle donne proprio tenendo fermo il presupposto di questo approccio centrato
l’approccio al quale varia a seconda del membro della famiglia o della cultura
dall’immobilismo, dalla situazione di stallo ecc., proprio ciò che codifica, nei fatti, un
alla violenza maschile: essa viene in qualche modo ritualizzata e promossa in pratiche
ecc., eppure il nuovo ruolo sociale delle donne rende molto più complessa l’accettazione
di modelli maschili di questo tipo. Certo la violenza maschile è una forma appresa, o
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Potremmo dire insomma che l’identità maschile vive trasformazioni ambivalenti e
diversamente strutturate nei ceti sociali e nei gruppi culturali, creando davvero una
‘dal basso’ a formulare la propria visione sul problema e a condividerla con altri
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CAPITOLO 1
e sociale
In Italia vi è stata una sorta di negazione del problema sia da un punto di vista
istituzionale che sociale; la violenza contro le donne (per lo più consumata all'interno
delle mura domestiche) per molto tempo è stata percepita come un affare privato e non
come un reato contro la persona, per cui sono ancora poche le ricerche e le
Per lungo tempo è stato considerato , come osservato, un fenomeno privato, da relegare
nel segreto del focolare domestico . Si è ritenuto anche che gli uomini violenti fossero
degli individui di ceto sociale basso, degli individui poveri, sfruttati, frustati, alcolizzati
che si vendicavano sulla donna del proprio decadimento sociale e delle umiliazioni
subite, mentre attualmente, in base a dati statistici, si sa che il fenomeno è più ampio e
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Parlare di violenza contro le donne significa, dunque, affrontare una tematica assai
complessa che non può essere definita esclusivamente a partire da concetti di tipo
relazionale e individuale.
Le modalità con le quali una società interviene sulla violenza nei confronti delle donne
versano molte donne in varie parti del mondo e che spesso rendono non solo
vengono sottoposte.
trasmessi tra generazioni) che vedono la donna subordinata all’uomo e come soggetto
dipendente nel rapporto affettivo. Convinzioni che affidano alla donna la funzione di
cura nelle relazioni, a discapito della reciprocità e della possibilità di fare richieste
basate sui propri desideri e bisogni. I comportamenti aggressivi, anche quelli sessuali,
vengono giustificati perché connaturati alla natura dell’uomo; la gestione delle finanze
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spetta al “capofamiglia”; una brava moglie e madre non lavora fuori casa, ecc. sono
stereotipi tutt'altro che superati. Tollerare una relazione tra i sessi in cui esista uno
risorse in contesti relazionali positivi permette di crescere con un buon livello di auto-
questo non è possibile, per esperienze precoci di violenza o per la presenza di contesti
l’aver avuto una madre vittima di violenza, diventano in età adulta fattori di
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le donne tendono a considerare “normale” la violenza in famiglia e non mettono in
positiva. Le donne che hanno subito violenza invece provano vergogna, si sentono in
all’integrità fisica e psichica della donna che produce pesanti effetti e conseguenze:
l’accaduto e uscire dalla situazione, insieme a risposte di sostegno del contesto familiare
di appartenenza, con la struttura sociale, con il sesso della persona - il quale determina
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scuola, i mezzi di comunicazione, i gruppi di pari ecc. Tutto ciò agisce nel mondo
Questa struttura della personalità non è permanente, anzi attraversa dei momenti di crisi
e cambiamenti continui.
che incidono sulla propria maniera di sentire, pensare e agire. Alcune riguardano quasi
Per quanto riguarda invece la società, la nostra proviene da una struttura patriarcale, che
dominazione e sottomissione. Per tanto tempo fino all'azione del movimento delle
e la sottomissione alla donna. Questo ha creato stili di relazione di potere in cui la donna
ha impostato così una relazione non paritaria e disuguale, che tuttora ha delle
conseguenze.
La persona che si sente oppressa tende a cambiare il suo ruolo appena trova
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finisce a volte con l’identificarsi con i ruoli maschili giocando a sua volta la parte di
dominatrice.
Ovviamente i cambiamenti dei valori sociali e delle strutture relazionali non sono
Le differenze sessuali nella nostra società occidentale non sono solamente delle
la sottocultura maschile è quella dominante, incidendo sia nella vita quotidiana che
nell'elaborazione delle teorie del sapere scientifico. La possibilità che potesse esserci
una percezione del mondo al femminile non è stato per molto tempo nemmeno presa in
differenziazione sessuale - anche da parte delle stesse donne, che sovente finivano,
come già osservato, per cercare la propria identità imitando quella dell'uomo.
Queste sottoculture non sono il prodotto della natura biologica; insieme ad essa
c'è la struttura dei ruoli della nostra società imparati attraverso gli agenti di
socializzazione durante un processo educativo diverso per gli uomini e per le donne.
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Il concetto di maschile/femminile è una costruzione socioculturale formata dai valori e
dai ruoli, dalle forme di percezione di sé, e infine, da tutta una configurazione del
quanto sia ancora importante nella nostra società che gli uomini appaiano forti,
non piangere, il resistere e stimolando a difendersi con il corpo più che con le parole. La
femmine. Per contro le bambine vengono spesso educate a svolgere ruoli di cura, e
mentre si accettano i loro lamenti e i pianti come valvole di sfogo nelle situazioni di
frustrazione.
della donna, che a volte può viversi come una dura corazza che impedisce una fluida
alle aspettative sociali riguardo al ruolo di donna occupano il secondo posto nella
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ai fini di essere riconosciute socialmente vengono frequentemente disprezzate come
donne.
Oggi, nella nostra società occidentale, sono sempre più evidenti gli sforzi che le donne
e, sempre più uomini fanno per sradicare gli stereotipi legati ai ruoli sessuali. Appare
chiaro che tutti e tutte abbiamo bisogno di esprimerci nei momenti della nostra vita in
diversi modi, a volte più femminili talvolta più maschili, senza perciò attribuire ad essi
Gli studi psicologici sulle differenze di genere sono arrivati - al pari di alcune
tradizioni millenarie - alla conclusione che sia uomini che donne abbiamo dentro di noi
I cambiamenti, però, sono lenti se si osservano su grande scala. Resta difficile non
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2. La portata del fenomeno
Ricerche e studi condotti a diversi livelli e contesti confermano che la violenza contro le
donne è un problema che interessa ogni Paese del mondo. Non vi sono statistiche
stima che una donna su cinque ha subito nella sua vita una qualche forma di violenza.
All'interno dell'UE, in base ai dati sui reati negli stati membri, la violenza rappresenta la
prima causa di morte delle donne nella fascia di età tra i 16 e i 50 anni. In Italia ogni tre
Purtroppo questa è solo la punta dell’iceberg, non potendosi stimare tutti quegli episodi
di maltrattamento che avvengono tra le mura domestiche e che non vengono denunciati.
Si stima che le denunce relative alla violenza non superano il 5% da qui l’importanza di
progettare misure pubbliche ed intervento che facciano in qualche modo luce sulle
dinamiche della violenza, soprattutto nel contesto familiare e sociale dove avvengono, e
che facciano emergere le molteplici situazioni sommerse e che diano risposte articolate
ed efficaci al problema.
I dati statistici circa il fenomeno e l’estensione della violenza nei confronti delle donne
1 Pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2002 sotto il titolo “World Report on Violence and
Health”. World Health Organization 2002
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violazione dei diritti delle donne sia diffusa in tutto il mondo tanto da essere definita
La condanna che arriva dalle istituzioni e dal senso comune non arresta però il problema
del globo non può essere ricondotto a processi individuali; è riduttivo spiegare il
soggetti coinvolti.
Nonostante gli sforzi compiuti dal Movimento Femminista negli anni Settanta, ancora
oggi essere donna vuol dire appartenere a uno stereotipo socialmente costruito da un
che esce dagli schemi e va contro i preconcetti maschili dei ruoli uomo-donna, spesso è
la causa secondo cui la vittima stessa è ritenuta responsabile della violenza subita o
pubblica e in quella privata. Al nuovo ruolo sociale della donna autonoma corrisponde
oggi un crescente rancore che sale dal mondo maschile e che è dovuto al fatto che le
donne sono diventate sempre più estranee al ruolo sociale loro assegnato, intaccando il
senso e il valore del ruolo opposto. Essere donna diventa un pericolo, e la supremazia
del ruolo maschile su quello femminile si afferma sempre più spesso con la forza che,
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approfittando della debolezza fisica, è usata per minacciare, spaventare, violentare, o
compiere un percorso ancora lungo. Gli eventi hanno dimostrato come talvolta le
che in alcuni casi si sono ritrovate ad essere additate come istigatrici della violenza
stessa. Inoltre, numerosi sono stati gli sforzi delle Nazioni Unite per promuovere i diritti
umani delle donne e l'uguaglianza tra i generi. E’ innegabile che a livello internazionale
siano state emanate utili direttive per gli stati membri sulla via delle pari opportunità,
femminile, è lontano dalla realtà. Servono quindi altri strumenti che agiscano più
concretamente e da una posizione più vicina e circoscritta alla violenza contro le donne.
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3. Violenza sulle donne: impatto sulla salute e benessere
Sia l’UNICEF che l’OMS ritengono che non si possa parlare di un problema “privato”,
ma di una reale questione di salute pubblica data la forte incidenza sulle malattie e le
ferite riportate dalle donne; dati di molte ricerche indicano una elevata incidenza della
violenza contro le donne in tutti i paesi del mondo. In particolare la violenza domestica
è la forma più comune di abuso commesso contro le donne. Per questi motivi l’OMS ha
lanciato l’allarme sulla violenza come fattore eziologico e di rischio per una serie di
potere ,minacciato o agito, contro se stesso, un’altra persona, o contro un gruppo o comunità,
che ha come conseguenza o ha un’alta probabilità di avere come conseguenza il danno fisico,
L’inserimento del termine “potere”, oltre alla frase “utilizzo della forza fisica”, amplia i
fino a comprendere quegli atti che rappresentano il risultato di una relazione di potere,
includere l’incuria o gli atti di omissione, oltre ai più scontati atti violenti di
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comprende l’incuria e tutti i tipi di abuso fisico, sessuale e psicologico, così come il
anche la violenza che non determina necessariamente una lesione o la morte, ma che
sanitari in tutto mondo. Diverse forme di violenza contro le donne, i bambini e gli
anziani, ad esempio, possono determinare problemi fisici, psicologici e sociali che non
essere immediate o latenti e possono perdurare per anni dopo l’abuso iniziale. Definire i
dell’impatto globale della violenza sugli individui, le comunità e la società nel suo
insieme.
Le conseguenze dell’abuso sono profonde e vanno oltre la salute e la felicità dei singoli
partecipare alla vita sociale. Diversi studi hanno dimostrato che le donne vittime di
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attivo da amici e parenti. Non sorprende inoltre che le donne in queste condizioni siano
spesso incapaci di occuparsi in modo adeguato di se stesse e dei propri figli o di ottenere
La violenza di genere può incidere essenzialmente su tre aspetti della vita della
prole.
Un corpus di prove scientifiche ogni giorno più ampio dimostra con maggiore
fondatezza che condividere la propria vita con un partner violento può avere un impatto
profondo sulla salute della donna. La violenza è stata collegata a una quantità di
Oltre al fatto che la violenza presenta conseguenze sanitarie dirette, le lesioni, essere
vittima di violenza aumenta anche per la donna il rischio di una cattiva salute in futuro.
Alcuni studi mostrano come le donne vittime di abusi fisici o sessuali nell’infanzia o
nell’età adulta sperimentino situazioni di malattia più frequentemente delle altre donne
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Le principali conseguenze sulla salute possono essere così schematizzate:
Fisiche
➢ Lesioni addominali
➢ Lividi e frustate
➢ Sindromi da dolore cronico
➢ Disabilità Fibromialgie Fratture
➢ Disturbi gastrointestinali. Sindrome dell’intestino irritabile. Lacerazioni e
abrasioni
➢ Danni oculari
➢ Funzione fisica ridotta
Sessuali e riproduttive
➢ Disturbi ginecologici Sterilità
➢ Malattia infiammatoria pelvica
➢ Complicazioni della gravidanza/aborto spontaneo
➢ Disfunzioni sessuali
➢ Malattie a trasmissione sessuale, compreso HIV/AIDS
➢ Aborto in condizioni di rischio
➢ Gravidanze indesiderate
Psicologiche e comportamentali
• Abuso di alcool e droghe Depressione e ansia
• Disturbi dell’alimentazione e del sonno
• Sensi di vergogna e di colpa Fobie e attacchi di panico Inattività fisica
• Scarsa autostima
• Disturbo da stress post-traumatico
• Disturbi psicosomatici
• Fumo
• Comportamento suicida e autolesionista
• Comportamenti sessuali a rischio
Conseguenze mortali
➢ Mortalità legata all’AIDS
➢ Mortalità materna
➢ Omicidio
➢ Suicidio
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• Salute riproduttiva
Le donne che vivono con un partner violento hanno difficoltà a proteggere se stesse da
fondato come la violenza domestica sia più frequente nelle famiglie con molti bambini.
I ricercatori hanno pertanto ritenuto per lungo tempo che lo stress per la presenza di
molti figli aumenti il rischio di violenza. La violenza si può presentare anche durante la
gravidanza, con conseguenze non solo per la donna ma anche per il feto : aborto
le donne con una storia di violenza da parte del partner avessero vissuto periodi di
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di problemi di salute fisica e mentale in grado di condizionare la performance
donne che non presentavano una storia di violenza da parte del partner.
Spesso i figli assistono ai litigi domestici. I bambini che assistono alla violenza tra
genitori presentano un rischio più elevato per una moltitudine di problemi affettivi e
comportamentali, tra cui ansia, depressione, scarsi risultati scolastici, basso livello di
maggiore potere alle donne e alle giovani, azioni che raggiungano gli uomini, attenzione
ai bisogni delle vittime e pene più severe per i responsabili di violenza. È fondamentale
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4. Il quadro normativo a livello nazionale
Con il termine “violenza” si intende comunemente “l’essere violento, ossia ricorrere alla
forza per imporre la propria volontà a danno di altri”, o anche “un’azione aggressiva,
Tuttavia, come più volte ricordato, in passato questa concezione è stata soggetta a
numerose eccezioni, soprattutto per quanto riguardava gli abusi commessi all’interno
della famiglia nei confronti delle donne: infatti, molte delle azioni che oggi possiamo
definire “violente” non erano considerate tali alcuni decenni fa nel nostro Paese, e
Il Codice Rocco, elaborato e promulgato nel 1930 durante il regime fascista, è tuttora
(sia pure attraverso importanti modifiche ) il testo normativo di base per la legislazione
penale italiana. La parte che i giuristi hanno modificato con maggiori difficoltà, proprio
sistema familiare patriarcale in cui la donna era “sposa e madre esemplare”, creatura
soggetta ed obbediente al suo destino biologico ossia, alla funzione riproduttiva esaltata
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In virtù di tale concezione della donna all’interno della famiglia, il Codice Penale Rocco
nella versione originaria non contemplava il reato di violenza sessuale qualora ne fosse
vittima la moglie. Dagli anni trenta agli anni settanta, infatti, vi è stato un indirizzo
mutua assistenza fisica e morale, fra questi includendovi quelli relativi alla reciproca
un diritto, mentre il reato di violenza carnale veniva relegato ai soli casi di costrizione
del coniuge ad atti sessuali estranei ai fini procreativi del matrimonio come quelli
vincolo coniugale, per quanto riguarda i rapporti “normali”, non vi poteva mai essere un
relazione matrimoniale. Inoltre per il Codice Penale del 1930 i reati di violenza sessuale
e incesto erano rispettivamente parte “Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon
sessuale”) e “Dei delitti contro la morale familiare”. Così mentre si affermava che la
libertà, ma ledeva una generica moralità pubblica, si dimostrava che il bene che si
voleva proteggere e tutelare non era tanto la persona quanto il buon costume sociale
secondo il quale la donna non era libera di disporre di alcuna libertà nel campo
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sessuale .Altro reato contro la morale era il “Ratto a fine di matrimonio” e il “Ratto a
fine di libidine” (entrambi gli articoli del codice penale abrogati definitivamente con la
legge sullo stupro del 1996). Il codice distingueva il ratto a seconda del fine che il
(Matrimonio riparatore: norma abrogata nel 1981, cioè pochissimi anni fa 2) e più
gravemente chi rapiva a fine di libidine, ritenendo evidentemente che privare della
libertà una donna e coartarne la volontà allo scopo di sposarla fosse meno grave. Va
notato che nel ratto a fine di libidine era prevista una aggravante se il reato era
commesso nei confronti di donna legalmente sposata: la tendenza era quella di tutelare
l’“oggetto” moglie, di “proprietà” del marito. Risulta evidente come nel codice era
Gran parte dei cambiamenti nelle legislazioni (italiana e straniera) sui reati relativi alla
violenza sessuale sono dovuti al movimento femminista. A partire dagli anni settanta ci
furono molti processi per stupro; in diversi Stati il movimento di liberazione delle donne
creò i primi centri per vittime di violenza sessuale; questo movimento fu guidato
dell’Organizzazione Nazionale per le Donne (NOW) . In Italia è alla fine degli anni ’80
2 L’assurdità del matrimonio riparatore fu rivelata per la prima volta nel 1965 dal coraggioso gesto di una ragazza,
Franca Viola. Rapita ad Alcamo, in provincia di Trapani, Franca, 18 anni, rifiutò le nozze riparatrici e denunciò il suo
rapitore, Filippo Melodia, e i suoi complici. Il caso sconvolse l’opinione pubblica e in particolare quella siciliana: non
si era mai vista una “disonorata” sottrarsi al “matrimonio riparatore” violando una consuetudine che dava per scontata
la sottomissione delle donne a questo tipo di violenza. Malgrado le intimidazioni e le difficoltà opposte dall’ambiente
sociale, Franca Viola non tornò indietro: il processo contro Filippo Melodia e i suoi dodici complici si concluse nel
dicembre 1966 con una condanna ad undici anni per lui, cinque assoluzioni e pene minori per gli altri (Nozzoli,
Paletti, 1966).
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accoglienza delle domande di aiuto di donne vittime di violenza e successivamente
alla metà degli anni ’90 le istituzioni italiane non applicavano nessun tipo di politica
Nel diritto penale italiano attuale il reato di violenza sessuale viene disciplinato
dall’art. 609 bis c.p. (introdotto dalla L. 15 febbraio 1996 n°66): “Chiunque, con
Tra le novità introdotte dalla legge n. 66 del 1996, vi è il passaggio dai reati contro la
personale”), accentrando in tal modo la punibilità del gesto come offesa alla persona
anziché alla morale pubblica. La fattispecie incriminatrice è inserita, infatti, tra i delitti
contro la libertà personale. In sostanza, il concetto di libertà sessuale non può essere
considerato come interesse collettivo alla continenza sessuale, bensì come aspetto
del ventunesimo secolo, che restituisce alla vittima di simili delitti la piena dignità,
garantendole la piena tutela della volontà di disporre del proprio corpo a fini sessuali.
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Diverse pronunce della Corte di Cassazione 3 hanno infine stabilito - in assenza di una
esplicita previsione legislativa - che la fattispecie delittuosa di cui l' art 609 bis può
essere integrata anche in presenza vincolo coniugale. Tuttavia la punibilità del reato di
violenza sessuale tra coniugi non è ancora un dato scontato, espressione di una civiltà
che tale reato non possa realizzarsi all’interno di una coppia sposata, o, qualora si
realizzi, non sia punibile, data l’esistenza di una oggettiva causa di non punibilità.
d’America (Alaska, Illinois, Kansas, Oklahoma, South Dakota, Texas, Vermont, West
Per quanto riguarda la violenza al di fuori della sfera sessuale,in passato per il Codice
(art. 572 c.p.). La questione dell’abuso di correzione dipendeva dal fatto che nel codice
civile, parte del diritto di famiglia, fino al 1975 il capofamiglia era uno solo (l’uomo) e
abitare presso il suo domicilio . Lo stesso codice civile fu in effetti, anch’esso, elaborato
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e promulgato in epoca fascista ed era in aperto contrasto con la costituzione che invece
Un primo passo avanti venne compiuto proprio nel 1975 con la riforma del
diritto di famiglia (Legge 19 maggio 1975 n. 151), che affermava il principio della
parità quale regola dei rapporti tra coniugi: sanciva infatti che “con il matrimonio i
riferimento alla gestione della residenza e del patrimonio familiare, nonché alle
decisioni che riguardano i figli. Ciononostante la scarsa chiarezza degli articoli del
consumata sulle donne a difesa dei valori della famiglia. L’esempio più estremo
riguardava gli abusi sulle compagne “infedeli”, sulle quali era “comprensibile” (quando
non legittimo) esercitare violenza anche grave; basti ricordare il famigerato “delitto
d’onore”, abrogato solo nel 1981 , per il quale erano ridotte notevolmente le pene nel
caso in cui l’uxoricidio fosse avvenuto nella “circostanza” di una relazione illegittima
della partner.
fisica o psichica o della libertà o del decoro della vittima, nei confronti della quale viene
posta in atto una condotta di sopraffazione sistematica o programmatica” (art. 572 c. p.).
Con il termine “violenza fisica”, quindi, si intende non solo un’aggressione fisica grave,
ma ogni contatto fisico che mira a spaventare e controllare. Dunque, picchiare con o
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senza l’uso di oggetti, ma anche spintonare, tirare i capelli, dare schiaffi, pugni, calci,
strangolare, ustionare, ferire con un coltello, torturare, urlare, etc. Attualmente, anche la
dell'allontanamento da casa del parente dal quale si temono gravi violenze fisiche (in
precedenza la donna picchiata era obbligata a restare nello stesso posto in cui vive il
Altre forme di violenza, meno riconosciute ma non per questo motivo meno diffuse,
Una persona compie violenza psicologica verso un’altra quando la minaccia, insulta
personali di valore affettivo per la vittima, mettere il/la partner in cattiva luce. Anche la
deprivazione affettiva può essere una forma di violenza psicologica; le conseguenze che
parte della vittima. Possono far riferimento a questo tipo di violenza i reati d’ingiuria
(ex art. 594 c. p.), di violenza privata (ex art. 610 c. p.), di minaccia (ex art. 612 c. p.), di
lesioni, quando cagionano una malattia del corpo o della mente (ex artt. 582 e 583 c. p.),
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di abuso di mezzi di correzione e disciplina (ex art. 571 c.p.) di maltrattamenti in
famiglia (ex art. 572 c.p.) e di sequestro di persona (ex art. 605 c.p.).
consiste nel sottrarre o limitare ogni tipo di risorse della donna che potrebbero
permetterle di svincolarsi dalla relazione, tra cui la gestione del suo denaro. Per violenza
economica si intende “l’insieme delle strategie che privano la donna della possibilità di
vita”; di solito chi la attua priva la donna del suo stipendio, impone le decisioni circa
contrarre debiti, o prendere parte a truffe contro la sua volontà . Spesso tale violenza
non viene riconosciuta perché scambiata per una normale gestione (maschile)
dallo squilibrio nella relazione tra i generi, inclusa la responsabilità nella gestione del
malversazione dei beni familiari, ex art. 570 c.p. comma 2, n.1), maltrattamenti in
famiglia (ex art. 572 c.p.) e quello di violenza privata (ex art. 610 c.p.).
umano, solo recentemente è stato riconosciuto come reato in Italia dal DL 23 febbraio
2009 n°11 (convertito in legge con modifiche dalla L.23 aprile 2009 n°38) che ha
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introdotto l'art. 612 bis (all'interno della sezione “dei delitti contro la libertà morale”)
.L'art. 612 bis, rubricato “Atti persecutori”, statuisce “Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con
grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità
divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona
offesa...”.
cominciato ad occuparsi di stalking a partire dagli anni ‘80, quando vittime delle
molestie furono personaggi di spicco dello Star System hollywoodiano e dello sport: tra
i casi più famosi, quelli delle attrici Theresa Saldana, pugnalata dal suo stalker a Los
Angeles nel 1982, e Rebbecca Shaffer, assassinata dal suo persecutore nell’89, episodi
che hanno ispirato la prima legge anti-stalking in California, datata 1992. Negli States,
entro la fine del ‘94 tutti gli Stati hanno approvato una legge anti-stalking; in Canada è
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Gli “atti persecutori”, o stalking, tendono a manifestarsi frequentemente dopo la
separazione della coppia. Un fenomeno diffusissimo negli esiti delle relazioni con
maltrattamento, in quanto il partner violento non vuole rinunciare alla sua preda. Può
assumere aspetti diversi: telefonate continue, anche mute, a ogni ora del giorno e della
notte; tempeste di messaggi al cellulare ora minacciosi ora amorosi, ora contenenti
lavoro o in qualsiasi altro posto dove abitualmente la vittima si reca; irruzioni sul luogo
di lavoro; aggressioni fisiche; uso di altre persone come tramite di messaggi offensivi;
richiesta continua e ossessiva ad amici e parenti sui movimenti del/della partner; non
corresponsione degli alimenti stabiliti dal giudice; etc.. Si può prolungare per mesi, o
anche anni, molti “persecutori” minacciano le loro vittime e nel 30% circa dei casi
hanno realmente esercitato violenza su di esse; si tratta dunque ancora una volta di una
forma di violenza che si accompagna ad altre tipologie e che può avere delle
Per quanto attiene agli sviluppi normativi in materia di violenza contro le donne,
si segnalano la proposta di legge d' iniziativa dei deputati Bongiorno, Carfagna (DDL
5579) recante Modifiche agli articoli 576 e 577 del codice penale, in materia di
2012, e il DDL 3390 recante norme per la promozione della soggettività femminile e
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per il contrasto al femminicidio, prima firmataria Annamaria Serafini, attualmente al
5. La normativa internazionale
livello mondiale. Ogni Paese, ciascuno con la propria cultura e stile di vita, affronta
questo fenomeno in maniera diversa e cambia anche il modo di viverlo da parte delle
donne. Negli ultimi anni con i vari flussi migratori che si verificano a livello nazionale e
loro, che ci hanno fatto sentire la necessità di guardare il panorama mondiale con occhi
diversi, ossia più attenti alle differenze culturali, al fine di rispettarle ma anche di
conciliarle per favorire un’integrazione che spesso fatica a realizzarsi. Anche il modo di
essere donna e vivere la propria femminilità è differente in base alla propria cultura e
religione, per questo spesso si creano delle incomprensioni etiche-culturali tra donne
migranti e donne autoctone di diversi paesi nei quali, anche il livello di parità tra i sessi
è differente.
della donna a livello politico, culturale, economico e sociale; è per questo motivo che
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qualsiasi considerazione sul fenomeno in esame deve essere sempre preceduta da attente
rispetto dei diritti delle donne. L’art 1 del trattato recita: “Ai fini della presente
distinzione esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza, o
l'esercizio da parte delle donne, quale che sia il loro stato matrimoniale, dei diritti
inoltre viene istituito un Comitato che ne sorveglia l’applicazione negli Stati firmatari, i
protocollo facoltativo del 6 ottobre 1999 sulla Convenzione che garantisce alle donne la
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Il tema della violenza di genere, nonostante sia un problema sempre esistito,
riceve attenzione da parte degli organismi internazionali soltanto a partire dalla metà
degli anni ottanta e a dare i suoi frutti concretamente negli anni novanta. Il 20 dicembre
che la violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani e delle
libertà fondamentali; l’art. 1 definisce “violenza contro le donne ogni atto di violenza
fondata sul genere che abbia come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale
Nel 1995 in occasione della quarta conferenza mondiale sulle donne, svoltasi a
Pechino, viene emanato un programma di azione per attribuire più potere alle donne,
maschile e femminile, quindi dare rilievo all’esperienza, alla cultura e ai valori di cui le
donne sono portatrici poiché costituiscono una ricchezza per tutta l’umanità. Il
36
programma di azione rappresenta il principale testo giuridicamente vincolante sui diritti
delle donne.
la salute della donna, ed è per questo, che deve essere prevenuta e monitorata. A
della violenza: una priorità della sanità pubblica”- del 1996 dichiara che la violenza è un
problema primario di sanità pubblica a livello mondiale, raccomanda agli Stati membri
loro informazioni su questo problema e sul loro approccio ad esso, invita il Direttore
del fenomeno, con particolare attenzione alle iniziative territoriali di base. Tale
internazionale e locale, prevede misure per fare progressi nel riconoscimento, nella
presentazione dei media e nella gestione delle conseguenze della violenza; promuove la
37
fenomeno considerandola un priorità per la sanità pubblica, invita a preparare e
livello mondiale per garantire alle donne un trattamento equo da parte del sistema
misure di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne “ e allegate “Le
strategie modello e le misure pratiche sulla eliminazione della violenza contro le donne
assicurare alle donne un trattamento equo da parte del sistema giudiziario penale.
delle donne in casa e nella società in genere, di attuare strategie di prevenzione del
crimine che riflettano le reali condizioni di vita delle donne, di cercare di soddisfare le
38
Il 31 luglio 2001 viene firmato da 72 Paesi, la Sintesi del Protocollo facoltativo
le donne” (1999 ONU). Esso riafferma la determinazione degli Stati interessati che
tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali e di intraprendere azioni efficaci per
la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, giorno che
ricorda l’eccidio delle sorelle dominicane Mirabal da parte della polizia del dittatore
Consiglio dei Ministri agli Stati Membri, condanna “qualsiasi azione fondata
sono bersaglio danni o sofferenze di natura fisica, sessuale o psicologica, ivi compresa
4 L’assemblea generale dell’ONU ha ufficializzato una data che fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi
nell’incontro femminista latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà (Colombia) nel 1981. Questa data fu scelta
in ricordo del brutale assassinio avvenuto il 25 novembre del 1960 delle tre sorelle Mirabal considerate esempio di
donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leonidas Trujillo, il dittatore
che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos dal 1930 al 1961.
39
domestica”(v par. 4 cap. 2). Tra i primi Paesi firmatari della Convenzione troviamo
nazioni con un livello di servizi e politiche di contrasto alla violenza e a tutela delle
donne molto avanzato, mentre in altri abbiamo servizi, leggi e iniziative non coordinati
tra di loro e poco efficaci a livello politico. La Convenzione ha ricevuto, con quella
stati membri.
tardivamente, siano state prese misure di contrasto alla violenza di genere e quindi il
riconoscimento del problema da parte di vari paesi del mondo con culture diverse;
tuttavia, tali misure ad oggi possono costituire solo il presupposto non già la soluzione
La violenza di genere -è bene ribadirlo- è forse uno dei fenomeni sociali più
Al fine di fare maggiore chiarezza su questo fenomeno sono state adottate ormai da
40
Come è noto, in Italia la prima inchiesta sulla violenza alle donne è stata
vittimizzazione nel nostro paese vengono condotte dalla seconda metà degli anni
Novanta (Istat, 1999 e Istat, 2002). Nel 2006 sono state coinvolte esclusivamente
gli autori e le vittime. Un obiettivo questo che ci sembra ancora più importante e
condivisibile alla luce dei risultati emersi da questa indagine, i quali ci consegnano un
sviluppare politiche di largo respiro che incidano sulle cause di questo fenomeno.
– Nel nostro paese, circa una donna su tre ha subito una violenza fisica, sessuale o
entrambe, in una o in più occasioni nel corso della vita. Le vittime di violenze gravi o
gravissime sono solo una quota minoritaria della popolazione. Ciò che tuttavia è
posizione di debolezza che le donne si ritrovano a vivere anche nella società moderna.
partner) mentre gli estranei sono solo una parte minoritaria e peraltro commettono le
41
– Uno degli aspetti più interessanti che emerge dai risultati di questa indagine è che il
generalmente più diffuso nelle regioni del Centro-Nord e meno nelle regioni del
– Le violenze, da quelle più lievi a quelle più gravi, in genere sono poco denunciate; per
esempio, l’indagine di vittimizzazione dell’Istat del 2002 (nella quale era compreso
anche un gruppo di domande volte a rilevare le violenze sessuali) ha mostrato che solo
sette vittime di stupro su cento hanno denunciato l’autore (quando a commetterlo è stato
dimostrano che le violenze sono poco denunciate anche negli altri paesi e non solo in
Italia. In Europa, denunciano in media poco più del 10% delle donne che subiscono
I motivi per cui le violenze non vengono denunciate sono diversi e qui forse vale la pena
spesso si prova timore o vergogna; perché non si ha fiducia nel sistema della giustizia e
per altri motivi ancora che verranno di seguito approfonditi. Studiare la violenza
42
affidandosi solo alle statistiche giudiziarie quindi non consente di capire qual'è la vera
portata di questo fenomeno, poiché le denunce seguono una propria dinamica che non
dipende necessariamente dal numero effettivo dei reati. Questa è una delle ragioni per le
quali è difficile stabilire se, come sostengono in molti, la violenza di genere nel nostro
paese sia veramente aumentata. Senz’altro oggi le donne denunciano di più di trenta o
L’Istat presenta i risultati di una nuova indagine per la prima volta interamente dedicata
mila donne tra i 16 e i 70 anni, intervistate su tutto il territorio nazionale dal gennaio
L’indagine è frutto di una convenzione tra l’Istat che l’ha condotta e il Ministero per i
Diritti e le Pari Opportunità che l’ha finanziata con i fondi del Programma Operativo
L’indagine Multiscopo sulla sicurezza delle donne misura tre diversi tipi di violenza
43
partner) e fuori dalla famiglia (da sconosciuto, conoscente, amico, collega, amico di
famiglia, parente ecc.). La violenza fisica è graduata dalle forme più lievi a quelle più
subire contro la propria volontà atti sessuali di diverso tipo: stupro, tentato stupro,
molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati
subiti per paura delle conseguenze, attività sessuali degradanti e umilianti. Non
Sono stimate in 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o
sessuale nel corso della vita sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età
961 mila violenze fisiche (18,8%). Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati
stupri (4,8%). Il 14,3% delle donne con un rapporto di coppia attuale o precedente ha
subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner, se si considerano solo le donne
44
violenze da un altro uomo. Mentre la violenza fisica è più di frequente opera dei partner
(12% contro 9,8%), l’inverso accade per la violenza sessuale (6,1% contro 20,4%)
soprattutto per il peso delle molestie sessuali. La differenza, infatti, è quasi nulla per
Negli ultimi 12 mesi (precedenti all'indagine in esame) il numero delle donne vittime di
violenza ammonta a 1 milione e 150 mila (5,4%). Sono le giovani dai 16 ai 24 anni
(16,3%) e dai 24 ai 25 anni (7,9%) a presentare i tassi più alti. Il 3,5% delle donne ha
subito violenza sessuale, il 2,7% fisica. Lo 0,3%, pari a 74 mila donne, ha subito stupri
o tentati stupri. La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori
Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. Il sommerso è
quelle da partner. Anche nel caso degli stupri la quasi totalità non è denunciata (91,6%).
È consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite (33,9%
per quelle subite dal partner e 24% per quelle da non partner).
Le donne subiscono più forme di violenza. Un terzo delle vittime subisce atti di
violenza sia fisica che sessuale. La maggioranza delle vittime ha subito più episodi di
violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner che dal
non partner (67,1% contro 52,9%). Tra tutte le violenze fisiche rilevate, è più frequente
l’essere spinta, strattonata, afferrata, l’avere avuto storto un braccio o i capelli tirati
45
(56,7%), l’essere minacciata di essere colpita (52,0%), schiaffeggiata, presa a calci,
pugni o morsi (36,1%). Segue l’uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1%) o il
violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l’essere stata toccata
sessualmente contro la propria volontà (79,5%), l’aver avuto rapporti sessuali non
desiderati vissuti come violenza (19,0%), il tentato stupro (14,0%), lo stupro (9,6%) e i
Il 21% delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal
partner, il 56,4% solo da altri uomini non partner. I partner sono responsabili della quota
più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate. I partner sono responsabili in
misura maggiore anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché i
rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7% degli
stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di
estranei. Il rischio di subire uno stupro piuttosto che un tentativo di stupro è tanto più
elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Gli sconosciuti
amici. Gli sconosciuti commettono stupri solo nello 0,9% dei casi e tentati stupri nel
Sono più colpite da violenza domestica le donne il cui partner è violento anche
all’esterno della famiglia. Hanno tassi più alti di violenza le donne che hanno un partner
46
attuale violento fisicamente (35,6% contro 6,5%) o verbalmente (25,7% contro
compagna o di non sua considerazione nel quotidiano (il tasso di violenza è del 35,9%
contro il 5,7%); che beve al punto di ubriacarsi (18,7% contro il 6,4%) e in particolare
che si ubriaca tutti i giorni o quasi (38,6%) e una o più volte a settimana (38,3%); che
aveva un padre che picchiava la propria madre (30% contro 6%) o che a sua volta è
stato maltrattato dai genitori. La quota di violenti con la propria partner è pari al 30%
fra coloro che hanno assistito a violenze nella propria famiglia di origine, al 34,8% fra
coloro che l’hanno subita dal padre, al 42,4% tra chi l’ha subita dalla madre e al 6% tra
coloro che non hanno subito o assistito a violenze nella famiglia d’origine.
che la violenza subita è stata molto grave e il 29,7% abbastanza grave. Il 21,3% delle
donne ha avuto la sensazione che la sua vita fosse in pericolo in occasione della
violenza subita. Ma solo il 18,2% delle donne considera la violenza subita in famiglia
un reato, per il 44% è stato qualcosa di sbagliato e per il 36% solo qualcosa che è
accaduto. Anche nel caso di stupro o tentato stupro, solo il 26,5% delle donne lo ha
considerato un reato. Il 27,2% delle donne ha subito ferite a seguito della violenza.
Ferite, che nel 24,1% dei casi sono state gravi al punto da richiedere il ricorso a cure
mediche. Le donne che hanno subito più violenze dai partner, in quasi la metà dei casi
hanno sofferto, a seguito dei fatti subiti, di perdita di fiducia e autostima, di sensazione
47
di impotenza (44,9%), disturbi del sonno (41,5%), ansia (37,4%), depressione (35,1%),
a gestire i figli (14,3%), idee di suicidio e autolesionismo (12,3%). La violenza dal non
che si erano lasciate, il 18,8% del totale. Tra le donne che hanno subito stalking, in
57% l’ha aspettata fuori casa o a scuola o al lavoro, il 55,4% le ha inviato messaggi,
telefonate, e-mail, lettere o regali indesiderati, il 40,8% l’ha seguita o spiata e l’11% ha
adottato altre strategie. Quasi il 50% delle donne vittime di violenza fisica o sessuale da
un partner precedente ha subito anche lo stalking, 937 mila donne. 1 milione e139 mila
donne hanno subito, invece, solo lo stalking, ma non violenze fisiche o sessuali.
7 milioni 134 mila donne hanno subito o subiscono violenza psicologica: le forme più
Il 43,2% delle donne ha subito violenza psicologica dal partner attuale. Di queste, 3
milioni 477 mila l’hanno subita sempre o spesso (il 21,1%). 6 milioni 92 mila donne
48
hanno subito solo violenza psicologica dal partner attuale (il 36,9% delle donne che
attualmente vivono in coppia). 1 milione 42 mila donne hanno subito oltre alla violenza
psicologica, anche violenza fisica o sessuale, il 90,5% delle vittime di violenza fisica o
sessuale;1 milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, il
6,6% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Gli autori delle violenze sono vari e in
un parente (23,8%), il 9,7% un amico di famiglia, il 5,3% un amico della donna. Tra i
parenti gli autori più frequenti sono stati gli zii. Il silenzio è stato la risposta
maggioritaria. Il 53% delle donne ha dichiarato di non aver parlato con nessuno
dell’accaduto.
690 mila donne hanno subito violenze ripetute da partner e avevano figli al momento
della violenza. Il 62,4% ha dichiarato che i figli hanno assistito ad uno o più episodi di
violenza. Nel 19,6% dei casi i figli vi hanno assistito raramente, nel 20,2% a volte, nel
22,6% spesso.
49
CAPITOLO 2
Come già accennato la violenza nei confronti delle donne ha assunto importanza
all’interno delle agende politiche nazionali soltanto a partire dagli anni ’90, soprattutto
grazie alla pressione esercitata dalle ONG e dalle organizzazioni internazionali attive in
pubblica.
Tra i Paesi membri dell’Unione Europea esistono tutt’oggi notevoli differenze nel modo
in cui la violenza di genere è affrontata dal punto di vista politico e normativo. Tali
all’interno di ogni Stato, il livello di coscienza del problema da parte della società e il
considerare la violenza una questione inerente la vita privata e, in quanto tale, tollerata,
restano la causa principale della persistenza del fenomeno in molti Paesi europei.
50
nonché di servizi specializzati di sostegno per le vittime di tali reati. Essi, inoltre, si
stanno sempre più concentrando sulle forme di violenza basate sulla tradizione e sui
affrontare il fenomeno come problema di rilevanza pubblica solo più di recente, grazie
femministi nazionali. In ogni caso, gli approcci nazionali sembrano aver tutti seguito un
La violenza sessuale e quella domestica sono punite in tutti gli Stati membri dell’UE,
anche se in alcuni di essi il grado di protezione delle vittime presenta qualche lacuna
(quando, ad esempio, per procedere è necessaria la richiesta della vittima). Inoltre, nella
maggior parte dei Paesi il numero di processi e condanne per violenza domestica e
Negli ultimi anni quasi tutti i governi europei hanno adottato delle strategie politiche per
combattere la violenza sulle donne, in alcuni casi attraverso l’adozione di appositi piani
nazionali d’azione di carattere pluriennale, in altri inserendo misure mirate in altri piani
51
strategici, come ad esempio quello per la parità di genere. Le forme di violenza più
27 piani d’azione specifici. Pochi, invece, sono i piani d’azione rivolti a combattere le
forme di violenza basate sulla tradizione, le molestie sessuali sul luogo di lavoro, lo
che queste strategie spesso non specificano chiaramente quali siano le agenzie od organi
delle azioni realizzate, cosicché gli effetti ed i risultati prodotti da questi interventi
• programmi di sensibilizzazione,
Le strutture di sostegno per le vittime, pur essendo aumentate in tutti gli Stati membri,
continuano ad essere insufficienti (sono soltanto il 37,5% del fabbisogno); esse, inoltre,
sono concentrate nelle aree urbane, rendendone difficile l’accesso per le donne che
52
nonché di linee-guida nazionali sugli standard di qualità dei servizi. Infine, le misure di
reinserimento sociale delle vittime continuano ad essere forniti dalle autorità locali o
Una nota molto positiva, infine, è data dai progressi raggiunti nell’adozione di
un approccio multidisciplinare, basato sulla collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, a
partnership tra gli Stati membri, grazie anche ai finanziamenti stanziati nell’ambito del
5 Il programma Daphne è stato creato nel 1997 per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani
e le donne al fine di contribuire ad un elevato livello di protezione dalla violenza nonchè ad una maggiore tutela
della salute fisica e mentale.
53
2. Il ruolo dell’Unione europea nella lotta alla violenza di genere
in materia. L’eliminazione della violenza di genere resta comunque una priorità dell’UE,
fondamentale per raggiungere una piena ed effettiva parità fra i sessi, come si legge
nella Carta delle donne, adottata dalla Commissione Europea nel marzo 2010, e nella
sua Strategia per l’uguaglianza tra donne e uomini per il periodo 2010-2015.
servizi- non è stato ancora adottato un atto legislativo di carattere generale che disciplini
il tema della violenza sulle donne nella sua interezza. La Commissione europea ha
attraverso il già citato Programma Daphne, lanciato nel 1997 e giunto al suo terzo ciclo
di programmazione.
54
Un’importante novità è arrivata però il 13 dicembre 2011, con l’approvazione da parte
tutela alle vittime di reati in tutta l’UE. L’Ope è uno strumento basato sul principio del
reciproco riconoscimento nell’ambito della cooperazione giudiziaria penale tra gli Stati
molestie, rapimento, stalking, tentato omicidio. Gli Stati membri hanno tre anni di
tempo per trasporre la norma all’interno dei propri ordinamenti nazionali ed essa
55
3. Il Consiglio d’Europa e la Convenzione sulla violenza contro le
donne
sua azione è volta a combattere gli ostacoli tutt’ora esistenti alla libertà e alla
dignità delle donne, eliminare le discriminazioni basate sul sesso, promuovere una
partecipazione bilanciata tra donne ed uomini nella vita pubblica ed incoraggiare una
più attiva soltanto a partire dagli anni ’90, come del resto è avvenuto anche nei Paesi
membri e a livello di Unione europea. Le azioni intraprese hanno portato, nel 2002,
all’adozione di una specifica raccomandazione agli Stati membri sulla protezione delle
donne dalla violenza (v. par. 5 cap.1) e al lancio di una campagna di sensibilizzazione,
che si è tenuta tra il 2006 ed il 2008, per combattere la violenza di genere, con
56
della prevenzione, protezione e persecuzione delle più gravi e diffuse forme di violenza
contro le donne.
Dopo due anni di lavoro da parte di un gruppo di esperti, che ha cercato di rispondere a
infine adottato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne
e alla violenza domestica, la quale è stata poi aperta alla firma in occasione della
sessione del Comitato dei ministri che si è tenuta ad Istanbul il 10-11 maggio 2011.
che si tratta del primo strumento al mondo giuridicamente vincolante, in grado di creare
vittime e contrastare l’impunità dei colpevoli. Esso, inoltre, definisce e dichiara illegali
diverse forme di violenza nei confronti delle donne, inclusi i matrimoni forzati, la
discriminazioni nei confronti delle donne, degli stereotipi esistenti e delle pratiche
tradizionali dannose usate nei loro confronti. In secondo luogo, la protezione delle
57
vittime, che comprende un efficace e tempestivo intervento delle forze dell’ordine, un
facile accesso alle informazioni sui propri diritti e la creazione di strutture e servizi
stabilisce che tutte le forme di violenza elencate al suo interno, qualora non siano già
previste, debbano essere introdotte dagli Stati parte tra i reati perseguibili nei
concertata da parte dei governi, delle ONG, delle organizzazioni internazionali e di tutte
contro le donne è già stata aperta alla firma non solo degli Stati membri del Consiglio
d’Europa, ma anche dell’UE6 e degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua
6 È opportuno ricordare che attraverso la nuova formulazione dell’art. 6, par. 2, del TUE l’ Unione aderisce alla
“Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”
58
avanzato strumento di tutela internazionale, finora soltanto 24 Stati membri l’hanno
in materia.
appare ancora molto lontana dal divenire una “zona a tolleranza zero” in materia di
molto è stato fatto per contrastare alcune forme di violenza, prime fra tutte quella
domestica e sessuale, ancora scarsa è l’attenzione rivolta verso altre forme di violenza,
in particolare quella basata sulla tradizione, la violenza sul luogo di lavoro e la violenza
vulnerabili, che avrebbero invece bisogno di servizi specifici e adatti alle loro esigenze.
Come è già stato evidenziato, in materia mancano inoltre dati confrontabili tra i Paesi
essere data alle attività di monitoraggio e valutazione degli interventi realizzati, in modo
59
4. Il livello dei servizi di contrasto alla violenza alla luce della nuova
Woman Against violence europe che ha sede a Vienna e che vede la partecipazione dei
27 paesi dell'Unione europea, includendo la Croazia e la Turchia e molti altri paesi dei
“punto di riferimento”, avendo così una funzione di coordinamento diretto con Vienna.
Sin dalla nascita di WAVE nel 1995 la Casa delle donne di Bologna aveva attivamente
bene la situazione degli altri paesi europei la Casa delle donne insieme ad altri Centri
italiani si è fortemente attivata, affinché la Rete dei centri antiviolenza italiana, già
esistente a livello politico informale dagli anni '90, fosse rappresentato a livello europeo
da un'associazione formale. Infatti sin dagli anni '90 molti paesi (Gran Bretagna,
7 http://conventions.coe.int/Treaty/EN/Treaties/HTML/DomesticViolence.htm
8 L'associazione D.i.Re raccoglie in un unico progetto 60 associazione di donne che affrontano il tema della violenza
maschile sulle donne secondo l’ottica della differenza di genere. L’associazione D.i.Re è nata allo scopo di costruire
una azione politica nazionale e promuova azioni volte ad innescare un cambiamento culturale di trasformazione della
società italiana nei riguardi del fenomeno della violenza maschile sulle donne.
60
Francia, Svezia, Olanda, Austria etc.) avevano già federazioni nazionali solide ed
all'estero.
Ora che l’associazione nazionale italiana esiste dal 2008 il gruppo internazionale al suo
WAVE sulla situazione dei servizi di supporto in contrasto alla violenza nei paesi
dimostra come la violenza alle donne viene combattuta in maniera disomogenea nei
diversi paesi europei, facendo un attenta analisi comprata sia del numero di abitanti che
dei posti letto messi a disposizione per ospitare donne e bambini in pericolo.
situazione dei paesi europei, fonte sicuramente utile per una comprensione della
ogni anno sono un numero basso ancorché rilevante se posto in relazione con la
densità della popolazione. In questi Paesi il livello dei servizi cui le donne che
9 “Country report 2010: reality check on european services for women and children. Survivors of violence. A Right
for Protection and Support?” Il testo si può scaricare dalla pagina di WAVE: www.wave-network.org;
61
subiscono violenza possono accedere è molto alto: sono attive linee di assistenza
telefonica nazionali, finanziate con fondi statali, con un servizio attivo su tutto
Piani di azione nazionali che destinano fondi e progetti atti a prevenire, indagare e
debellare il fenomeno della violenza sulle donne. Questi sono considerati i paesi
europei in cui le donne vittime di violenza godono della migliore qualità dei servizi,
finanziamenti statali.
Pure in un quadro così avanzato, resta da notare che il numero di case rifugio presenti
prevedono una casa rifugio ogni 10.000 abitanti. In Islanda è presente una sola casa
parlano di sei rifugi mancanti; mentre in Svezia sono presenti 180 rifugi per donne
maltrattate, con 620 posti disponibili, e secondo le direttive europee il paese necessita
popolazione, che nei paesi di cui abbiamo parlato è molto basso. Se si considerano
62
paesi europei con un livello di popolazione molto più alto, come ad esempio
Germania e Francia, i livelli di qualità dei servizi offerti alle donne vittime di
violenza si abbassano. Per quanto riguarda la Germania non sono disponibili dati
riguardanti il numero di casi di femicidi avvenuti negli ultimi anni, non è presente una
sono presenti tre linee di assistenza negli stati federali e settantaquattro linee regionali,
finanziate con fondi statali; sono presenti 346 case rifugio, con 6.968 posti al loro
1.281 posti letto per donne maltrattate. Molte case a indirizzo segreto negli ultimi anni
sono state costrette a chiudere per mancanza di fondi, per questo motivo le
assistenza telefonica nazionale, attiva dal 1992 e gestita dalla Federazione nazionale
dei Centri antiviolenza. I dati sul femicidio parlano di una donna uccisa ogni 2 – 3
giorni. Sono presenti 41 case rifugio, di cui molte statali, con 1.110 posti al loro
63
Austria e Spagna sono invece da considerare paesi particolari, con una legislazione
Stato e in collegamento diretto con la Polizia; il secondo per una legge ad hoc, olistica,
che riguarda e coordina tutti gli ambiti di intervento della violenza di genere.
legislativo, relativa agli altri paesi firmatari della Convenzione come Grecia,
che nelle politiche coordinate di contrasto alla violenza. Possiamo però notare che i
violenza e attivato iniziative nazionali, avanzate e coordinate tra loro, in contrasto alla
violenza.
Il rapporto WAVE indica come in Italia sia attiva dal 2006 una helpline (linea di
restanti dai Comuni o altri enti privati. La prima casa rifugio è nata in Italia nel
64
donne e basati su un background politico e culturale di stampo femminista. Quanto ai
casi di femicidio, dal rapporto emerge che l’Italia vanta 127 donne uccise solo nel 2010.
Secondo le raccomandazioni del Parlamento Europeo, ai 500 posti presenti nelle case
sul territorio nazionale non godono di finanziamenti statali e sopravvivono grazie alla
buona volontà dei politici locali o di donatori. Questa mancanza di fondi peggiora la
qualità dei servizi disponibili e fa si che i rifugi presenti siano solo parzialmente
negli ultimi anni. Dal 2010 dovrebbe essere attivo un Piano di azione nazionale
contro la violenza sulle donne, ma il ministero delle Pari Opportunità, a causa degli
scarsi investimenti del governo in questo settore, non riesce a finanziare i progetti da
Parlamento europeo che chiedono l’impegno degli stati membri sul tema della
questo campo, lo Stato italiano non supporti e finanzi i centri antiviolenza presenti
sul territorio. Tutto questo malgrado siano già stati stanziati, attraverso il Piano
65
Quest’assenza totale di finanziamenti, unita ai tagli e alla mancanza di sostegno da
parte delle istituzioni sta portando lentamente alla chiusura di numerosi centri
27 paesi delle leggi e delle politiche di contrasto alla violenza e offrono, alle donne
vittime, standard e servizi non troppo dissimili, come invece accade ora. Si tratta
infatti del primo strumento giuridicamente vincolante in Europa, che determina una
protezione, il supporto alle vittime e l’azione giudiziaria contro gli autori dei reati (tra
diversi sistemi legali e sociali interni; nonché lo sviluppo e il potenziamento dei servizi
66
di assistenza psicologica ed economica, delle case rifugio per le donne vittime di
violenza esistenti, di formazione per il personale che si trova a dare sostegno medico
promuovendo programmi di intervento a livello nazionale sui violenti (art. 16) che
contrastino la così detta “cultura dell’onore”, quella cultura che accusa la donna vittima
integrate e raccolta dei dati) sia stato dedicato alla “raccolta dati e ricerca” sulla
intervalli regolari, sulle questioni concernenti tutte le forme di violenza alle donne, a
GREVIO (Articolo 66 – Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti
67
l’effettiva applicazione della Convenzione in ogni singolo stato firmatario. Tale
genere.
alla violenza in generale, dei servizi per le donne che la subiscono, e a un incremento
delle ricerche sulle dimensioni reali della violenza e dei femicidi in Europa.
5. Politiche regionali sulla violenza alle donne: l' azione della regione
Emilia Romagna
La violenza contro le donne così come appare anche dalle ricerche effettuate in
Emilia Romagna si delinea dunque come un evento a forte impatto sociale, anche in
considerazione del fatto che presenta un’altissima incidenza di “sommerso” e che i dati
su altri tipi di violenza e questo fa temere che oltre alle donne ci sia un numero
68
tale forma di devianza sociale. La Regione Emilia Romagna è da tempo impegnata nel
contrasto alle forme di violenza alle donne attraverso azioni volte a rafforzare l'aiuto
alle vittime e ai minori coinvolti, non trascurando lo studio del fenomeno e gli interventi
Tale impegno assunto dalle politiche regionali punta a produrre cambiamenti nel
contesto sociale e culturale facendo emergere dal sommerso il fenomeno della violenza,
sistema integrato di interventi e servizi sociali a supporto delle donne che subiscono
economica. In questi luoghi le donne che subiscono violenza e i loro figli, possono
trovare risposte al loro bisogno di protezione, sicurezza ed aiuti concreti per uscire dalla
situazione di violenza.
delle Associazioni che gestiscono le Case e i Centri presenti sul territorio regionale e di
69
Il quadro legislativo di riferimento dal quale prendono avvio e si integrano
a livello nazionale :
• LEGGE n° 328 del 8 novembre 2000 "Legge quadro per la realizzazione del
servizi sociali quale competenza in capo agli enti locali, alle regioni ed allo stato;
sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini
istituzionali;
attraverso politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale;
- Le misure di sostegno alle donne in difficoltà rientrano nei livelli essenziali delle
nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali.
• LEGGE n° 154 del 15 aprile 2001 “Misure contro la violenza nelle relazioni
familiari”
70
a livello regionale:
e servizi sociali"
servizi sociali a rete, al fine di dare risposta ai bisogni sociali della popolazione”.
71
- Il sistema locale si compone di un insieme di servizi ed interventi progettati e
realizzati in maniera integrata e coordinata nei diversi settori che riguardano la vita
sociale, dai diversi soggetti pubblici e privati di cui alla presente legge.
accoglienza a donne, anche con figli, minacciate o vittime di violenza fisica, sessuale,
prestazioni sociali.
locale dei servizi sociali a rete che garantiscono i livelli essenziali delle prestazioni
sociali.
(fra i livelli essenziali delle prestazioni sociali) all’interno della loro rete dei servizi la
Da queste premesse ne discende che le azioni di contrasto alla violenza contro le donne
72
• nazionale:
• regionale:
73
- sviluppare programmi ed interventi di promozione e supporto alle vittime e di
seguenti tappe:
operanti sul territorio regionale sulla tematica della violenza contro le donne.
che impattano donne che hanno subito violenza e che si rivolgono ai presidi sanitari e
sociali, attivati dalle Aziende USL dei distretti territoriali. Tale formazione permette agli
- fare connessioni sulla relazione tra lo stato di salute psico fisico della donna e la
violenza subita;
74
- attivare raccordi interistituzionali e tra le diverse figure professionali che entrano
internazionale;
A completamento degli interventi precedenti vanno poi considerati anche: gli interventi
75
subito violenza (FSE, Asse dell’inclusione sociale) attuati nelle diverse province della
regione;
violenza”, il quale potrebbe costituire la base per uno specifico Piano regionale di
76
CAPITOLO 3
EMILIA ROMAGNA
primo piano il lavoro di rete e la sua specifica modalità di intervento. In tanti anni,
attraverso l’esperienza sul campo e il confronto con altre realtà, sia nazionali sia
internazionali, e le ricerche finora condotte ciò che emerge con estrema chiarezza è la
internazionali, indicano come approccio adeguato alla lotta contro la violenza di genere,
quello della condivisione dei percorsi di fuori uscita dalla violenza: il lavoro di rete.
Per raggiungere un vero approccio di rete, occorre avere chiaro e portare avanti un
interviene nel percorso di fuori uscita dalla violenza. Parlare o scrivere è un’azione vera
77
e propria e l’uso di un termine piuttosto che un altro comporta una modificazione nel
ascolta o di chi legge. L’uso della lingua è dato troppo spesso per scontato ma in realtà,
se essa non viene usata con consapevolezza, genera delle vere e proprie discriminazioni
e delle organizzazioni di terzo settore coinvolte nel percorso di fuori uscita dalla
violenza, un processo più adeguato di tutela delle donne vittime di violenza, creando un
tenuta della rete dei servizi, già in profonda crisi anche a causa del restringersi delle
Mettendo in atto prassi di questo tipo, si può dimostrare di aver recepito e di voler
portare avanti la filosofia che ispira le politiche europee di sostegno: conoscere i bisogni
grande sfida che chiama in causa i soggetti istituzionali; è quasi una sfida , bisogna
78
riuscire ad inserire e sviluppare, all’interno delle organizzazioni, delle istituzioni una
persone;
procedure condivise nei tavoli per la costruzione della rete antiviolenza, la cui
e per la sicurezza);
79
• porre attenzione alla famiglia e alle relazioni di intimità, che vengono definite
violento del partner maschile, o ancora ricercare nella vittima, nel suo comportamento
e/o nella sua psicologia, le cause della violenza, dà luogo a quel processo, che negli
ultimi anni è stata definito di vittimizzazione secondaria, e che consiste proprio nel
vittime che, per la mancanza di una rete di sostegno (sostegno culturale, solidarietà,
efficaci nel garantire la sicurezza) che favorisca lo svelamento della violenza subita,
ascolto profondo e attento della richiesta di aiuto possono invece produrre un terreno
Si verifica spesso, purtroppo, una non riconoscibilità sociale della violenza, proprio in
quei contesti deputati a ricevere richieste di aiuto. Tale sistema in atto non prevede la
violenza come elemento da cui partire per impostare un percorso di aiuto. Non prevede
80
che chi lavora nelle diverse agenzie debba essere preparato ad accogliere ed a “trattare”
sperimentazione di una pratica che ribalta l’ottica dell’intervento da una posizione che
senza via d’uscita perché connessa al “destino” femminile), ad una considerazione della
La questione del contrasto alla violenza di genere chiama in causa il problema della
concezione e dei confini del Welfare, anche attraverso il riconoscimento di una sempre
verticale.
La direzione segnata dalle tendenze in atto, e dalle politiche europee, appare sempre più
quella di cooperazione tra Stato, privati e organismi senza fine di lucro nell’offerta di
servizi alla persona, in modo che questi possano essere sufficientemente competitivi
anche nei costi e il cittadino possa godere di una piena libertà di scelta, in una situazione
Le esperienze di molte realtà locali e la letteratura degli ultimi anni hanno messo in luce
come una funzione essenziale dei servizi socio-assistenziali – e in particolar modo dei
servizi specializzati sulla violenza di genere – debba essere la promozione di una “rete”
81
di soggetti e risorse, che possono interagire con i problemi del territorio e con le persone
professionale degli operatori e delle operatrici del territorio, nel momento in cui ci si
Offrire alla società una nuova lettura del fenomeno è un compito arduo affidato, spesso,
alle operatrici dei centri antiviolenza che, mediante il lavoro di rete, pongono in essere
nuove tipologie di azioni finalizzate alla presa di coscienza sociale della violenza come
Questo approccio dovrebbe essere esteso a tutte le istituzioni territoriali, ognuno con la
sua specifica competenza e mission, al fine di produrre una reale diminuzione del
particolare, sono molteplici e intercorrono per tutto l’arco della vita. Le proposte di
diverse esigenze emerse, sia in termini di forma che di soggetto che eroga la
82
risposta al disagio nelle sue varie forme; ne deriva una molteplicità di soggetti coinvolti
dei servizi sociali quali una “rete”. Molto spesso di parla di “rete dei servizi territoriale”,
o “rete dei servizi sociali”, per lo più intendendo con questo termine l’insieme degli
rete come dell’insieme di quanto c’è, come se fosse un unico soggetto interlocutore. In
realtà a fronte di una rete di servizi, ci sono bisogni ed esigenze ai quali ogni soggetto
della rete può solo dare una risposta parziale. In questo senso allora per indicare una
sinergia di soggetti ed azioni orientate alla soddisfazione del bisogno non è esaustivo
È soprattutto a livello locale che si pone l’accento sulla necessità della relazione e dello
sviluppo di legami tra i diversi soggetti che operano in ogni settore, per la realizzazione
attribuendo proprio all’incremento di tali legami lo stesso sviluppo del sistema a livello
locale.
83
partecipazione e di relazionalità che rappresenta la nuova dimensione dei bisogni
sociali.
Questo aspetto si riscontra anche nei riguardi dei servizi offerti alle donne vittime di
violenza; una molteplicità di soggetti istituzionali e soprattutto del terzo settore offrono
servizi ed interventi per la prevenzione e il supporto alle donne ed ai loro figli. La azioni
territoriale in cui gli attori pubblici, privati e del terzo settore concorrono, con le proprie
Nella consapevolezza che ogni soggetto ed istituzione risponde solo ad alcuni aspetti
delle esigenze dalla vittima, si individua nel lavoro di rete un possibile strumento
organizzazione di risposte adeguate per le donne: Tali necessità devono essere favorite
costituzione di una RETE permanente, attiva e di reale confronto tra gli uffici che si
occupano di tali problematiche, appare cosa prioritaria per migliorare l’attuale risposta.
84
2. I protocolli interistituzionali
Il protocollo è un' espressione che può scaturire da un gruppo di lavoro, quale possibile
soluzione a problemi del territorio, in particolare per rispondere ai bisogni delle donne;
il fatto che esistano sul territorio azioni non coordinate fra loro, fa aumentare il rischio
che gli interventi risultino occasionali, isolati, senza efficacia, in particolare all'interno
dei contesti già sconvolti dalla violenza che si alimentano di forme di abbandono e
solitudine.
condivisi e mirati, affronta e riduce gli alti costi che la diffidenza, l'insicurezza e la
intervento all'interno delle diversità, ciste come valore condiviso, e di una cultura che
– formazione e convegni;
– tavoli di concertazione;
85
Sempre più palese è divenuto che l’efficacia stessa degli interventi, sia quelli di
emergenza come i successivi rivolti alle donne in condizioni di necessità, non dipende
solo dalle professionalità e dalla generosità delle operatrici dei Centri e delle Case, ma
in buona misura anche dai collegamenti e dalle relazioni stabilite con tutti gli altri attori
personali e meno provvisorie di come stava avvenendo localmente; in modo che più
degli interventi o la loro limitatezza che finisce per non risolvere appieno i problemi
delle donne a cui sono diretti. Pena anche la rinuncia ad affrontare, attraverso azioni di
questione della violenza di genere nelle sue profonde radici culturali per poterla prima
86
Si tratta senza dubbio di un processo maturato “dal basso”, frutto dello sviluppo
stesso dell’agire locale: una necessità che a livello nazionale è stata posta dalle azioni
della “rete antiviolenza Urban”10 la quale nelle città pilota ha promosso, negli stessi
anni, un modello di lavoro “a rete” e, nel 2006, dal progetto “Arianna- Attivazione
di pubblica utilità a sostegno delle donne vittime di violenza intra ed extra familiare e
La rete nazionale e le reti locali, infatti, in alcune città della regione si collegano,
Ma anche quando non sono stati stipulati protocolli con il Dipartimento Pari
Opportunità per essere inserite nelle città pilota (come hanno fatto diverse realtà
10 Il progetto pilota Rete antiviolenza tra le città Urban Italia, ideato e coordinato a livello nazionale dal
Dipartimento per le Pari Opportunità, è nato nel 1998 nell'ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria Urban
Italia 1994 – 1999, ed è stato finanziato con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) a titolarità del Ministero
delle Infrastrutture. Al progetto hanno aderito le seguenti otto città: Catania, Foggia, Lecce, Napoli, Palermo, Reggio
Calabria, Roma e Venezia quale amministrazione capofila. Il progetto Rete antiviolenza tra le città Urban Italia ha lo
scopo di indagare il contesto sociale, culturale ed istituzionale nel quale sorge e si sviluppa il fenomeno della violenza
contro le donne e la percezione che di esso ha l’ambiente contiguo.Inoltre, la ricostruzione del quadro strutturale e
culturale nel quale si colloca il fenomeno e l'analisi degli strumenti adottati dalle istituzioni, sono propedeutici
all’individuazione ed alla progettazione di politiche di intervento efficaci. Grazie alla metodologia innovativa
utilizzata dal Progetto, è stato possibile fare emergere quale siano la percezione della violenza e gli stereotipi che
ancora la giustificano nelle diverse realtà territoriali. Sono stati inoltre elaborati dei metodi innovativi per affrontare
in modo comune ed efficace la violenza contro le donne confrontando conoscenze, strumenti e percorsi di aiuto.
11Il Dipartimento per le Pari Opportunità ha promosso un progetto pilota che prevede l’attivazione di una “Rete
Nazionale Antiviolenza” - Progetto Arianna - nonché l’organizzazione e gestione di un servizio di call center
mediante un numero unico di pubblica utilità “1522” a sostegno delle donne vittime di violenza intra ed extra
familiare.Il Progetto “ARIANNA” nasce perciò dalla necessità di incrementare l’attenzione sociale ed istituzionale
sul problema della violenza intra ed extra familiare contro le donne, nonché dall’esigenza di definire in tale ambito
modelli di intervento omogenei e diffusi, sperimentabili sull’intero territorio nazionale.
87
territoriali della regione), il quadro nazionale non può non intersecarsi con l’attività
Tornando alle ragioni intrinseche che sono alla base del lavoro di rete e dei protocolli
mancasse, fra le diverse culture istituzionali degli enti coinvolti nel trattamento dei casi
di violenza, prima ancora che un linguaggio comune almeno una comune accezione di
cosa si intenda per “violenza di genere”, dei modi nei quali si manifesta e come la si
insufficienti e disomogenei (o del tutto assenti) i sistemi di raccolta dati per conoscere
l’entità del fenomeno e il suo evolversi all’interno delle province. Ciascun ente operava
in modo pressoché autonomo, per lo più scollegato dagli altri e quindi frammentato era
necessario strutturare rapporti continui e percorsi certi fra enti distanti per cultura e
condivise e integrate.
intesa territoriali, diviene nel corso del suo sviluppo una questione di governance sul
88
È dunque soprattutto nella seconda metà di questo decennio 2000-2010, con
qualche anticipazione negli anni precedenti, che tali esigenze portano alcuni Enti Locali
della Regione, in accordo con la Prefettura, a firmare i primi protocolli di intesa per
condivisi fra le diverse istituzioni pubbliche decentrate dello Stato, gli enti territoriali
combattendola nelle sue radici culturali di discriminazione fra i generi, e istituendo a tali
fini (in genere ma non sempre) tavoli di lavoro interistituzionali a cui partecipano i
In alcune realtà vi possono essere protocolli di natura più politica che individuano
carattere eminentemente operativo – come quello adottato dalla realtà di Modena - che
svolgere per i risultati che si vogliono perseguire, con l’eventuale estensione anche ad
Non è azzardato sostenere che ciò significa un salto di qualità, a due livelli
organismo - il tavolo - della Prefettura, delle Forze dell’Ordine Questura, Corpo dei
89
Carabinieri e Polizia municipale, delle istituzioni giudiziarie del Tribunale e Procura
associazioni di avvocate e dei Centri contro la violenza: inaugura una modalità di lavoro
a più voci riunendo attori che fino a quel momento avevano agito separatamente, o
Il secondo punto di novità vede gli enti locali - Comune e Provincia - assumere un
ruolo decisamente più centrale rispetto agli anni precedenti, passando dal sostegno dato
istituzionale e territoriale che i Centri antiviolenza non erano (quasi mai) in grado di
svolgere, pur cogliendone appieno la necessità per soste- nere le donne nel loro lungo
realtà, della Prefettura che prendendo spunto dalla Legge 38 del 2009 “recante misure
tema di atti persecutori” si fa promotrice del protocollo fra i diversi enti che lo
sottoscrivono.
90
costruendo concretamente, nella pratica, sul terreno. Rendere solida la rete e predisporre
violenza di genere è una responsabilità della intera collettività e perciò delle istituzioni
che la rappresentano nei diversi compiti e livelli, mettendo in campo nuove energie per
quelle associazioni che dagli anni novanta hanno operato quasi sempre da sole per
“cambio di passo” nel discorso pubblico sulla violenza: sulla base della condivisione di
diritti universali declinati nella dimensione di genere, l’impegno è ad agire con tutti i
modalità si diversificano in relazione alla “maturità” del tessuto cresciuto negli anni
91
date al lavoro locale che può avere privilegiato, ad esempio, azioni dirette ad aumentare
A Modena, la Prefettura insieme alla Provincia già nel settembre 2006 convoca
un tavolo istituzionale sul tema “Violenza contro le donne” al fine di fare confluire in
contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne tra Prefettura di
Finanza, Polizia Municipale del Comune, Azienda Unità Sanitaria Locale, Azienda
Gruppo Donne e Giustizia, Casa delle Donne - Donne contro la violenza. impegna la
92
Giunta a costruire un gruppo di lavoro per elaborare un documento comune e
Provincia di Modena.
sviluppo di azioni finalizzate alla sua prevenzione e contrasto, attraverso mirati percorsi
educativi e informativi, alla formazione degli operatori, alla emersione del fenomeno, in
nelle premesse”.
nella provincia si farà carico del coordinamento delle iniziative indicate nel presente
del fenomeno, in base alle indagini statistiche compiute con il contributo dei soggetti
firmatari, sia sulle ricadute delle azioni scaturite dagli impegni assunti, sia sul
93
sul tema, di divulgazione delle azioni condotte e dei risultati conseguiti nonché la
messa a disposizione dei dati e del patrimonio di esperienza acquisiti dalla applicazione
iniziative delle istituzioni in rete, un forte accento è posto sul tavolo tecnico che opera a
singoli distretti.
Un protocollo fra le istituzioni, questo del 2007, che per essere stato il primo
“ufficiale” è divenuto un modello da proporre, essendo stato allegato a una Direttiva del
Ministero degli Interni ai Prefetti nel marzo 2009 perché promuovessero altre iniziative
documento che entra nel dettaglio delle possibili situazioni di violenza e dei
donne in stato di bisogno e per costruire una buona relazione che sviluppi la loro
94
fiducia, nonché dei diversi servizi offerti dalle associazioni: in pratica sono linee guida
metodologico, al modello dello sviluppo umano studiato nel Bilancio di genere della
sulla propria integrità e controllo sulla propria mobilità che riguarda il sentirsi sicure e
vivere in spazi adeguati in famiglia, al lavoro, nella città”: un asse che sollecita con
azioni trasversali politiche sociali e sanitarie, culturali, del lavoro, della formazione
Tale Piano strategico si è sviluppato in incontri con gli amministratori pubblici, sindaci
e assessori dei comuni della provincia, per portare avanti la realizzazione delle reti fra i
soggetti e i servizi nei diversi distretti come stava avvenendo nella città capoluogo:
Reggio Emilia e progetti di reinserimento lavorativo sul versante delle donne- vittime.
95
Considerando in particolare il lavoro condotto dal tavolo tecnico della rete distrettuale
informativi sui diversi punti della rete per le donne, azioni formative rivolte alle scuole
fiducia”, una scheda tecnica di definizione degli “eventi sentinella” per riconoscere la
di percorsi legati alla violenza sessuale specie rispetto alla refertazione (sul piano
costruzione di una mappa di rete che garantisca a tutti i nodi le medesime informazioni
aggiornate.
Alcune azioni sono già state realizzate come i dépliant informativi, altre più complesse
a nuove figure professionali quali quelli di medicina generale e i pediatri, ad altre sedi
nuovi che solo il lavoro di rete fra soggetti diversi sta producendo: innanzitutto come il
96
sistema riconosca ora in modo omogeneo la violenza; inoltre come, ai singoli
operatori/operatrici che l’affrontano “faccia a faccia”, dia aiuto per gestire le forti
emozioni che essa suscita e allo stesso tempo faccia sì che uomini e donne riconoscano
appieno la responsabilità delle loro azioni, vuoi che si tratti dei medici del pronto
La gestione del tavolo è opera di un gruppo che lavora con continuità e ha stabilito
buone connessioni con figure chiave delle singole organizzazioni, “figure capaci di
proposta delle Assessore componenti la Giunta e delle Consigliere di Parità cui viene
Progetto impegna dall’inizio tutti i Comuni della provincia sollecitando la loro iniziativa
97
e responsabilità in azioni di sensibilizzazione, prevenzione e sostegno alle donne come
parte delle strategie locali volte alla realizzazione del benessere delle cittadine e dei
cittadini.
Le azioni del Piano di azione provinciale, facente perno sulle competenze della
quando una donna che ha subito violenza chiede aiuto , rivolta a operatori e operatrici
comuni, del Centro antiviolenza, delle Polizie municipali, della Polizia e dei
b. il vademecum “Quando una donna che ha subito violenza chiede aiuto”, rivolto alle
Giovani dell’Ausl; lo studio ha coinvolto 900 ragazzi e ragazze dai 16 ai 20 anni delle
98
d. il premio “Colasanti Lopez” rivolto a progetti elaborati dalle scuole superiori in
diverse forme, dai disegni alla fotografia, da spot a rappresentazioni teatrali, per
di parità per monitorare il fenomeno della violenza e produrre una mappatura dei servizi
e dei soggetti che operano nel campo della violenza al fine di metterli in relazione e
f. il Codice di condotta per la lotta contro le molestie sessuali e la tutela della dignità
sul lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori adottato nei 18 comuni della provincia.
Dal gruppo di lavoro del tavolo tecnico operativo e dalla formazione congiunta è
scaturita da un lato una proposta di protocollo di intesa operativo tra gli enti e le
diversi distretti di Fidenza, Sud Est, Comunità Montana Valli Taro e del Ceno (oggi ASP
Cav. Marco Rossi Sidoli), Parma. Approvato dalla Giunta Provinciale e col sostegno
finanziario anche dei 42 comuni, inizia ad operare nel marzo 2010: in tal modo è
sera e la notte dei giorni feriali (dalle 18 alle 8 e dalle 14 il venerdì) e 24 ore il sabato e i
giorni festivi.
99
Molte le attività avviate, dunque, con l’investimento e il coordinamento della
Il fatto nuovo è dato dal D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con legge 23 aprile
2009, n. 38, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla
violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”, che induce la Prefettura di Parma
confronti delle Donne che l’8 luglio 2009 viene firmato da Prefettura, Presidenza del
Si tratta per buona parte degli stessi enti partecipi al gruppo di lavoro provinciale
insieme ad altri là non ancora presenti come il Tribunale e la Procura della Repubblica,
che ora non possono sottrarsi a una formalizzazione degli obiettivi e delle procedure
voluta dalla Prefettura. Il testo del protocollo, infatti, che nella Premessa si richiama
Codici Penale e di Procedura Penale, recita che “per il conseguimento degli obiettivi di
100
interventi di sostegno alle vittime può rappresentare utile strumento di raccordo
che, in linea con le previsioni e la ratio del sistema normativo, impegni gli operatori sul
territorio al rispetto di regole condivise”. Anche questo protocollo , nei diversi articoli,
Parma, “nel ruolo di rappresentanza generale del Governo nella provincia”, che
nazionali.
101
5. L'esperienza e la rete dei servizi del centro uomini maltrattanti
“Liberiamoci Dalla Violenza” di Modena
pubblica e violazione dei diritti umani, come tale meritevole della massima
Liberiamoci Dalla Violenza è il primo Centro in Italia interamente pubblico, attivo nel
accesso, situato in locali del Consultorio Familiare del Distretto Sanitario della città di
Modena, in un tempo dedicato, per il momento un pomeriggio alla settimana, nato con
102
cui lo psicologo clinico rivolge l’intervento è l’uomo con le sue modalità
di relazione, le motivazioni e gli scopi. Non tutti questi aspetti possono essere affrontati
per intero nel corso del trattamento, che parte e si focalizza soprattutto su due aspetti:
una cornice in cui l’uomo riconosce la propria responsabilità negli atti compiuti e si
A volte l’uomo, come padre, riconosce anche il fatto che l’incapacità di fronteggiare
ampiamente riconosciuto che una buona fetta dei problemi della nostra società (dalla
cefalea etc.), ha origine proprio dai comportamenti violenti che i bambini subiscono
sviluppati nel mondo scientifico filoni di studio che cercano di comprendere meglio e
Centro LDV assumendo una finalità di tutela delle parti più deboli della nostra società,
103
complesse e impegnative intenzioni occorre certo lo sforzo di una equipe qualificata e
coesa, ma anche il contributo dei tanti soggetti ed enti che vengono coinvolti a vario
Dal momento che sono previsti sia l’accesso diretto che l’invio, il Centro
rappresenta a volte il primo punto di contatto con la rete dei servizi, altre volte
costituisce una fase di intervento in una sequenza di altri percorsi della rete già attivati.
un indirizzo e-mail; si è proceduto inoltre alla distribuzione capillare del depliant nei
leggere l’opuscolo del Centro al punto di accesso del Pronto Soccorso o nella sala
dell’esistenza del Centro è stata divulgata il più possibile all’interno della rete
sociosanitarie e sociali presenti nel territorio. Per poter realizzare e promuovere nel
funzioni e ruolo del Centro con gli attori–servizi, altri potenziali nodi per la rete sulla
violenza.
104
Gli operatori del Centro hanno quindi creato occasioni di incontro con le
equipe/operatori dei servizi sanitari e sociali: del Consultorio Familiare in prima istanza
e con i servizi del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, del Pronto
Soccorso dell’Ospedale e con le equipe psico sociali di Tutela Minori dei sette distretti
della provincia. Nel Dipartimento Salute Mentale si sono effettuati incontri con i Centri
costitutivi di percorsi di diagnosi e cura nella rete dei servizi sanitari e sociosanitari
servizi,sul tema della violenza e di cominciare a costruire interfacce tra il Centro e gli
altri nodi della rete. L’obiettivo è quello dell’integrazione stabilendo chi fa che cosa e
con chi al fine di costruire procedure e percorsi consolidati che agevolino il buon
nelle situazioni in cui il bisogno dell’uomo che chiede di essere accompagnato verso
105
variazioni significative nella sua vita personale, ma anche nelle relazioni familiari ed
affettive. La rete dei servizi è chiamata non solo a facilitare l’accesso degli uomini al
Centro LDV, ma anche a riceverne gli esiti dagli operatori, dall’uomo stesso e dai suoi
concordando con l’uomo il trattamento, infine l’andamento e gli esiti del percorso
vengono restituiti agli invianti. Il percorso presso LDV e gli esiti del trattamento
individuale e/o gruppale costituiscono una parte rilevante del progetto integrato
sociosanitario. Il Centro e le sue modalità di lavoro e di invio dei pazienti sono stati
presentati al Dipartimento di cure primarie (MMG e PdLS) che sono una grande risorsa
nella rete dei servizi per la loro capillarità e per l’elevato numero di contatti con i
cittadini.
delle donne, presente da oltre un ventennio nel nostro territorio, a riprova del fatto
che fino ad ora sono state le donne vittime della violenza a chiedere aiuto e cercare di
modificare comportamenti e cultura. Le case contro la violenza alle donne hanno svolto
in questi anni un ruolo importante e significativo a favore delle parti deboli, oggi nel
106
elezione del Centro LDV. L’associazione nasce nel 1990 dal desiderio di un gruppo di
donne di darsi una forma stabile di organizzazione per una duplice finalità: sostenere
altre donne che, avendo subito violenze decidono di non accettare più il silenzio e, nel
contempo, rendere visibile - nelle sue dimensioni, nella sua gravità - il fenomeno della
hanno sviluppato specifiche competenze nella relazione di aiuto tra donne e sostiene che
è tra donne che si progetta un percorso di cambiamento che prevede maggiori possibilità
di scelte autonome. Le operatrici del Centro già in rete con i servizi dei Consultori e con
i servizi del CSM, Psicologia Clinica e Sert hanno effettuato congiuntamente con gli
operatori della Sanità e del Sociale la formazione svolta a Modena dal Centro ATV.
Dopo l’apertura del Centro LDV la connessione tra i due Centri è periodica e si
due enti ad esempio sulle modalità d’invio e sulla tipologia di persone che potrebbero
107
Gli istituti penitenziari sono un altro punto della rete, anche grazie alle relazioni
instaurate nella prima fase di ricerca del progetto che ha coinvolto direttamente gli
che lavorano all’interno, percorsi di presa in carico al momento dell’uscita dal carcere;
Sono inoltre stati avviati contatti con i Centri per le famiglie della Provincia di Modena
108
Parte 2. Caso di studio: percorso di formazione interistituzionale “La
✔ NOTA METODOLOGICA
formazione per la tutela e il sostegno delle donne vittima di violenza con particolare
attuazione agli obiettivi regionali ed è rivolta a specifici operatori del settore (operatori
dei servizi sanitari e sociali, dei reparti di ginecologia/ostetricia, dei pronto soccorso,
dell’AUSL di Modena “Liberiamoci Dalla Violenza”, il primo servizio di aiuto per gli
109
OBIETTIVI DEL CORSO: favorire l’elaborazione di conoscenze già acquisite circa il
cumulate dagli operatori del settore durante il loro lavoro e/o percorsi di formazione
come la nuova formazione sia stata acquisita e come essa abbia incontrato le diverse
della comunità. Due elementi sono stati messi al centro del lavoro:
✔ Definire e rielaborare le linee guida già esistenti alla luce di quanto condiviso
110
da una rivisitazione partecipata e concorde delle linee guida elaborate negli anni
Marsiglia.
METODI:
idee, è una tecnica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di
liberamente soluzioni di ogni tipo (anche strampalate o con poco senso apparente) senza
111
Il risultato principale di una sessione di brainstorming, che apparentemente sembra un
metodo sciocco e quasi infantile, è invece in genere molto produttivo: può consistere in
una nuova e completa soluzione del problema, in una lista di idee per un approccio ad
una soluzione successiva, o in una lista di idee che si trasformeranno nella stesura di un
La tecnica del focus group è stata ritenuta particolarmente adatta per le finalità cognitive
del lavoro: pur nelle differenti pratiche di utilizzo nella ricerca sociale, il tratto
caratteristico di questa tecnica è quello di far «parlare tra loro» un gruppo di persone,
Nello specifico utilizzo qui descritto il focus group è stato anche l’occasione di un
confronto interno alla rete locale tra i vari soggetti che la compongono e che, sotto lo
riflettere sulle loro modalità di relazione e sulle prospettive future della rete. La
possibilità che tale tecnica offre di «formarsi un’opinione anche nel corso della
112
discussione o di modificare quella presa inizialmente» si è rivelata uno strumento utile
per gli stessi soggetti della rete: ha consentito di rilevare positività e criticità così come
espresse dai vari soggetti, che contemporaneamente hanno fatto della traccia di
valorizza l'aspetto conoscitivo e trasformativo del teatro. Si colloca quindi nel teatro
politico, inteso come teatro che vuole sollecitare la partecipazione attiva dei cittadini
alla polis, alla cosa pubblica. L'obiettivo del TdO è quello di accrescere l'empowerment
immersi nella società. Il Monologo, in senso boaliano, è una situazione in cui una parte
prevarica sull'altra, non la lascia esprimere. Il TdO vuole rafforzare la capacità della
parte debole di dire la propria “parola sul mondo” (Freire), in connessione con gli altri
che vivono situazioni simili, in solidarietà, per cercare il dialogo. Il Dialogo, in senso
113
simili di disagio, di conflitto, di ingiustizia, a cui far fronte collettivamente in modo più
coordinato (in termini di letture) e concreto (in termini di dinamiche reali e non
astrazioni).
sistema che cambia) in relazione alla struttura organizzativa che può perseguire obiettivi
diffusa e conosciuta, quella più ricca e che meglio rappresenta l'essenza del TdO; qui a
osservare ed agire che sono le due facce del teatro come capacità di vedersi in azione).
Protagonista. Il conduttore del Forum, chiamato Jolly, non giudica i diversi interventi,
problematizzandole. Quindi è uno spettacolo che pone una domanda al pubblico, non
porta una verità già preconfezionata. In questo modo suscita la partecipazione della
114
popolazione creando una responsabilizzazione per la comunità ed ha come conseguenza
percorso condiviso:
Tali interrogativi sono diventati la traccia dei Focus Groups discussi e condivisi
ALTRO:
Alla formazione ne è seguita un'altra specifica per il sostegno dei progetti pilota di
formazione degli operatori sanitari sulla prima assistenza alle vittime di violenza di
115
Il progetto è articolato in due fasi: l’attività di formazione del personale del Pronto
terapia, la capacità da parte degli operatori di creare un setting idoneo all’ascolto per far
di aiuto. Il seguito, qualora sia condiviso dalla donna, è l’attivazione di una rete di aiuto
1. DEFINIZIONI DI EMPOWERMENT11:
depositario, trova il modo cioè di incidere nella declinazione quotidiana dei compiti, in
modo tale da condividere con l’istituzione (o la rete di istituzioni in questo caso) un più
comune obbiettivo;
11 L’empowerment dei servizi sociali e sanitari. Tra istanze individuali e necessità collettive A. M. Nicoli, V.
Pellegrino, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2011
116
Vale a dire, perché dire “oggi a volte ci vuole una formazione dal basso – che non
aspetti – ma tali istituzioni stanno assumendo paradigmi evolutivi diversi. Vi sono cioè
tensioni tra:
pensando di poter paragonare diversi esperti tra loro e rendendosi esperti con
caso delle donne che subiscono violenza, i servizi che si occupano di adulti sentono la
limitatezza degli strumenti giuridici – gli operatori arrivano troppo ‘post’ ovvero quando
117
la situazione è già esplosa e non sono stati invece efficaci a ridurre l’aggressività
i processi), mentre i servizi per minori sentono che le istituzioni devono regolare più
fortemente il diritto, renderlo precetto efficace per difendere chi in realtà non può
Tutto ciò è apparso nei dibattiti del corso, che hanno confermato queste trasformazioni
in atto.
centri di cura e riabilitazione degli uomini violenti), ma è chiaro di come siano ambiti
Abbiamo inoltre visto come il problema della violenza familiare riguardi ormai
le masse ‘allontanatesi’ dai servizi, in una sorta di esodo dalla cittadinanza condivisa,
118
In questi specifici contesti, l’operatore è ‘tirato’ tra le diverse interpretazioni ma
su letture diverse rispetto all’angolatura del problema: la presa di distanza dalla violenza
maschile come violenza collettiva, la difficile assunzione dei processi collettivi, lo stress
di fare cose ‘giuste’ per alcuni servizi, ma criticate da un altro pezzo dei servizi e non
empatizza con utente, bastona le istituzioni, allo stesso tempo esegue, critica e quindi
Certo su questo gli operatori sono disponibili, ma ancora una volta ambi-valenti: quando
va tutto bene il lavoro di gruppo produce nuove immagini efficaci e tutti sono orgogliosi
accompagnamento nel disagio che renda la persona consapevole delle proprie risorse e
119
renda capace di incidere sul proprio problema e scegliere l’iter giusto per uscirne, tra i
tanti;
- Per empowerment della comunità possiamo intendere quei processi che permettono
senza più rimandare solo al livello individuale di chi strettamente coinvolto, o senza più
pensare alla delega totale ai servizi e al loro approccio professionale. L’attivazione dei
cittadini in relazione alle strutture socio-politiche e allo sviluppo delle loro capacità di
agire per il bene della propria comunità (ad esempio iniziative in cui i cittadini e i
professionisti sono parte attiva nei percorsi di valutazione dei servizi, di miglioramento
degli stessi e sono attivi nella loro gestione, come nella mediazione dei conflitti; forme
familiare?
materiale, come momento concreto - tra Ascolto (raccolgo una storia, una condizione,
120
una richiesta di uscita dalla condizione) e Presa in carico (indico il modo di uscire dalla
processi di autonomia con la donna, che spesso non sa come immaginare l’iter e spesso
vissuta’, vale a dire aiutando la donna a passare da una generica richiesta di aiuto alla
formulazione del proprio problema, sono spazi del lavoro istituzionale già presenti, ma
che spesso risultano compressi verso la presa in carico già codificata. Oppure
avvengono come forme colloquiali che per alcuni servizi non hanno ancora codifica né
valutazione (si pensi alla richiesta dei medici di pronto soccorso di essere orientati a
socializzazione, ecc.)
121
autonomia della donna, quando le condizioni oggettive (il livello della violenza ad
di servizio, sulla possibilità di raccogliere elementi di lettura del passato e della storia di
educativo temporaneo’, non sempre visibili dai servizi, non immediatamente pertinenti e
sottosfruttati, ecc.
Ascolto nei servizi (empowerment di comunità): è troppo lungo il vuoto tra violenza e
perciò parlato di ‘brokeraggio sociale’, cioè di ricerca attiva di persone e di attori che
possano intercettare la prima violenza e aiutare alla sue emersione, aiutare a formulare
Nel corso del primo incontro tenutosi, nel gruppo di operatori presente si è
aperto un confronto su alcuni nodi concettuali che riguardano il tema della violenza
sulle donne e i loro figli che molto spesso si presentano come conflittuali.
122
Le parole della distanza tra gli operatori sono: vittima, denuncia, genitorialità e
È emerso che esistono culture di servizi molto diverse tra di loro; esistono
elementi di resistenza tra operatori che rendono difficile la collaborazione tra i servizi:
(maschile, femminile) ma anche procedure differenti rispetto alla presa in carico (donne,
familiare che si collocano nello sguardo del minore ora della donna, ora (ma ancora
Questi nodi, si riflettono sulla capacità di fare rete e sul modo degli operatori di “tessere
123
Alcuni dei nodi emersi cioè quegli elementi che segnano la distanza tra
operatori/servizi:
VITTIMA:
GENITORIALITA’:
124
IL SESSO NEI SERVIZI:
RIABILITAZIONE:
DENUNCIA:
✔ Quale uso degli strumenti giuridici ad esempio la denuncia e quale supporto agli
operatori che si sentono o non si sentono di utilizzarli?
✔ Può essere uno strumento per capire e decifrare la storia della donna ?
✔ Quali sono gli elementi organizzativi in un piccolo centro e in città? Come
avviene una denuncia?
125
✔ É un punto di arrivo o di partenza?
✔ Donne e operatori hanno paura e ansia per l’incertezza del percorso futuro;
✔ Solitudine dell'operatore nella denuncia d’ufficio: pensare che non si tratta di un
atto del singolo ma è la denuncia dell’ente/servizio;
✔ Molto spesso “se non è alla frutta” la donna non denuncia e continua a subire in
silenzio, cosa si può fare per far aiutare la donna?
✔ Per il Centro Antiviolenza non è necessaria la denuncia per essere accolte, per il
Comune è “fondamentale”;
3. Mappare le reti
Anzitutto si è rilevata un’asimmetria nelle situazioni di partenza dei vari servizi per
coordinamento già attivo tra AUSL, Pronto Soccorso e Centri antiviolenza, tuttavia gli
stessi accordi o protocolli, man mano che procede il lavoro di confronto fra i soggetti,
126
ALCUNI FOCUS EMERSI:
per tutte le altre vittime di reato, le forze dell’ordine non hanno una formazione
“L'ufficiale di Polizia Giudiziaria, che sia Brigadiere o Maresciallo, raccoglie tutti gli
elementi per effettuare la denuncia, molto importante sono i referti rilasciati dai medici
poi non si sa cosa fare; dopo la fase di “ascolto” , dove è possibile farlo vengono
“In molte situazioni si fa un uso strumentale della denuncia; ad esempio nei casi
separazione conflittuale,”
“Per una donna che vuole denunciare è complicato andare negli uffici della Polizia
Municipale visto che nei piccoli centri,dove si conoscono tutti, l'ufficio è dislocato ad
127
”Capita molto spesso che le donne si presentano al servizio sociale per chiedere aiuto a
causa delle violenze subite: l'operatore si attiva per valutare la situazione ed elaborare
marito”
“Dal 2006 il Pronto Soccorso si è dotato di piccole procedure interne, è stato fatto un
accomodare (triage), non viene lasciata sola nella sala d’attesa ma spostata in una sala
“Molto spesso si fa fatica a capire cosa è successo inoltre per le donne straniere è
necessario l'attivazione del mediatore culturale; Per noi rilevare i segni è molto
difficile se non sei formata: chiedere senza avere gli strumenti giusti è peggio di non
chiedere niente”
128
comprensione dei segnali, anche fisici, da parte delle/degli interlocutori delle
istituzioni.”
Antiviolenza”
tra operatori dello stesso servizio, l'accoglienza e l'ascolto della donna non può essere
“Esiste il problema della continuità dei dati sanitari: è importante capire se la stessa
“Nodo della denuncia: la donna può iniziare un percorso con il centro antiviolenza ma
per essere accolte nella Casa Rifugio è necessario che vi sia una denuncia e l'ok da
“Problema dell'abbandono del percorso, nelle recidive non c'è più collocazione ma il
“Per le donne è molto importante trovare una occupazione lavorativa per accelerare
finanziato dalla Regione Emilia Romagna gli aiuti economici dei Servizi Sociali non
129
“E' fondamentale registrare la storia di violenza, in passato per rendere il passaggio di
predisposta una scheda elettronica salvata su chiavetta con le informazioni già raccolte
e necessarie; la persona avrebbe potuto portare con sé per evitare di ripetere fatti
tutti sappiano le possibilità della rete da qualsiasi punto della rete, il che non è
scontato ( chi fa cosa, quali sono gli strumenti....); non sempre i diversi servizi
regole che governano l'attività di altre istituzioni, spesso capita che i diversi
pezzettino” ;
– i modi e gli spazi dell'ascolto: differenza modalità tra piccoli e grandi centri o tra
– circolazione delle informazioni, emerge soprattutto nei servizi dove c'è turn-over
degli operatori sia nel senso di cambiamento dei ruoli sia nel senso di
130
possibilità di strutturare indicazioni reciproche quali il passaggio di consegne e
Pronto Soccorso)
carico;
A partire da questo scambio di idee esemplari, emerge come la rete vada appunto
131
4. L' ASCOLTO PRECOCE DI COMUNITA'
Una delle questioni emerse più volte e dibattute nel corso viene riportare al fatto che la
gran parte del fenomeno della violenza sulle donne è sommerso e resta sommerso per un
violenza prima che questa diventi problema sanitario o rischio di morte ecc.?
persone in silenzio o solitudine per vergogna, per stupore, per paura ecc.?
‘all’esterno degli uffici’ e rispetto a problemi che la stessa utenza non vuole affrontare in
senso istituzionale (donne che sentono il disagio fortissimo ma non voglio entrare nel
ruolo sociale previsto da chi chiede aiuto denunciando, ecc.). Pensiamo quindi a una
donna che subisce violenza ma non ha ancora maturato l’idea di come affrontarla e non
132
pensa di rivolgersi al servizio sociale per come essa lo conosce. Oppure si pensi a un
uomo che sente la propria rabbia come impropria ma non si vede né si presenterebbe
Si tratta quindi di pensare a ‘sentinelle’, ad attori sociali che vedono spesso casi
di violenza intesa come rabbia, violenza psicologica, tensione forte, violenza fisica
evidente se pur non necessariamente evidente o grave in senso fisico ecc. già
socialmente sollecitati dal problema ma che solitamente non hanno strumenti per
rispondere o per farsi carico emotivamente del problema ma che potrebbero diventare
con chi la vive nelle prime fasi e dell’aggancio con chi, pur vivendola da più tempo, non
Teatro dell’Oppresso.
Teatro Forum, Teatro Immagine ecc.) è quello far discutere e riflettere sul tema della
133
rabbia, come nasce, cosa la scatena, come gestirla, chi può aiutare a individuare
malesseri e rabbia, ed esplorare strategie di aiuto per evitare che degeneri in violenza.
Roberto Mazzini, sono state selezionate alcune sequenze che caratterizzano i contesti
‘circostanti’.
ATTEGGIAMENTI COLLETTIVI.
134
padre urla e nega l’aggressività del figlio (figuriamoci la sua). La madre è mortificata
ma tace. Al bambino viene tolto il servizio e resta a casa da scuola per varie settimane
Il bambino (esempio emblematico di trattamento del maltrattante) viene ‘rimosso’,
vengono protetti altri bambini attraverso tale rimozione, senza lavorare sull’idea di
diversa socializzazione o di lavoro con giochi sul pulmino ecc.
135
6. LUOGO: IL DOMICILIO DI UNA PERSONA MALATA; ATTORI
SENTINELLA: L’INFERMIERE TERRITORIALE
La malattia ha reso una donna allettata depressa e violenta verbalmente con il marito
probabilmente per la rabbia scaturita dalla malattia. L’infermiera domiciliare che assiste
agli episodi non sa come affrontare la cosa e come orientare il marito a chiedere aiuto.
Lui non vuole, preferisce sopportare per non ingrandire ulteriormente la sua ferita e la
sua necessità di supporto esterno.
136
queste situazioni? ) e dialoghi (come rispondono alle strategie di ascolto e aggancio
Esistono attori sociali che per lavoro o relazioni incrociano spesso la violenza sulle
- taluni servizi o attività commerciali che hanno a che fare con il corpo della donna
e che comunque comportano una elevata confidenza, come parrucchieri, estetiste ecc;
insegnanti, medici di medicina generale, pediatri, servizi sanitari (SERT, CSM, NPIA,
…);
frequentazione di luoghi dove le relazioni domestiche si fanno visibili (scuola intesa non
soltanto come insegnanti ma anche e soprattutto come genitori di bambini che studiano
insieme; condomini ecc.); persone, magari, che già cercano di affrontare i problemi di
aggancio/ascolto nella comunità che vengono definite “sentinelle” del disagio ovvero
prima che sia troppo tardi ovvero prima che arrivino nel circuito dei servizi istituzionali.
137
• Attivare le varie reti per aiutare la vittima: ci sono momenti e persone dove il
efficace
• a seconda della storia della persona la rete richiede un'attivazione diversa (più
Dalle scene proposte emerge chiaramente che il parlare e l'affrontare il tema della
violenza, sia per chi lo subisce che per chi lo affronta per lavoro sia più facile farlo al di
che già si occupano del problema poiché questa persona rifugge quella etichettatura,
cosa altro posso consigliare, a cosa possiamo indirizzarla perché maturi le sue strategie
di difesa?
nella comunità.
138
Ciò che questi soggetti potrebbero fare, oltre a dare l’informazione circa la rete del
servizio pubblico e della espertise tecnica (di tipo legale, psicologico, ecc.), potrebbe
tutto ciò che riguarda l’identità di genere o il supporto a che essa prenda forma e
1. un primo livello di presa in carico, quello della conduzione del conflitto fuori
dalle mura domestiche con il sostegno materiale al progetto individuale della donna nei
collocare una richiesta di aiuto (il discorso sulle porte di accesso, o meglio sui ‘corridoi’
che sanno ascoltare e potrebbero orientare le donne sia verso il servizio sia verso altre
forme di socializzazione che possano far maturare la sua domanda di aiuto (associazioni
139
ecc.). A questo livello, il lavoro potrebbe essere direttamente strutturato anche sugli
Questi 3 livelli (presa in carico, moltiplicazione dei punti di accesso, lavoro di comunità
sulle sentinelle) sono da vedere e da considerare come parti – tutti e tre – della sfida
140
CAPITOLO 4
Per il contrasto alla violenza e la tutela delle donne vittime di violenze, le norme
attualmente in vigore permettono un contrasto mirato e una risposta efficace, pur con le
tante lentezze giudiziarie, non del tutto sufficientemente specializzate nel settore.
Le leggi e la loro applicazione non sono sufficienti per il contrasto della violenza ma
soprattutto per conoscere le caratteristiche di coloro che sono coinvolti nei diversi reati
Gli strumenti a disposizione dei professionisti per intervenire nei casi di violenza contro
delle linee guida, delle check-list che l’operatore sia del settore giuridico, che sanitario e
sociale può utilizzare, nel suo ambito di competenza per meglio comprendere il caso da
trattare e fare una corretta ‘diagnosi’ e prognosi, per un’efficace valutazione del rischio.
raccolta dei dati, che coadiuvano le attività di un professionista che si trova a che fare
Alcuni di questo strumenti sono stati introdotti e utilizzati da tempo, altri sono di più
recente istituzione.
141
1. La valutazione del rischio di recidiva: Il metodo SARA.
Il SARA (Spousal Assault Risk Assessment) è un metodo per la valutazione del rischio
di recidiva della violenza all’interno della coppia. Si tratta cioè di uno strumento, linee
guida o ‘check list’ che ogni operatore o professionista che si trova a dover gestire un
caso di violenza dovrebbe utilizzare per meglio comprendere il caso, quello che è
successo, ma anche prevedere quello che potrebbe accadere per far sì che vengano
prese, a seconda degli ambiti, le decisioni più appropriate per prevenire tale rischio. Un
quanto raccolto sia dalle dichiarazioni dirette della presunta vittima, ma anche da
dell’Autorità Giudiziaria. Non solo. E’ lo stesso pubblico ministero che finite le indagini
far riferimento a quanto esplicitamente recita l’art. 274 c.p.p., prendere cioè in
considerazione oltre all’eventuale rischio di inquinamento delle prove, o di fuga del reo,
anche il rischio di reiterazione della stessa specie di reato. Quello che si prefigge di fare
il metodo SARA. La valutazione del rischio di recidiva potrebbe essere utilizzata nella
decisione di applicazione della sospensione condizionale della pena (artt. 163-168 c.p.)
142
per cui una della condizioni è che vi sia previsione di quanto recitato dall’art 133. C.p.
che cioè vi sia previsione che il reo si astenga dal commettere reati della stessa natura
per cui si proced. I criteri con cui spesso vengono fatte queste valutazioni sono aleatori,
soggettivi e troppo legati alla discrezionalità individuale. Il metodo SARA cerca di far
fronte a tale scarsa chiarezza attraverso una valutazione scientifica più uniforme e
maniera errata.
base a quelli che, sia nella letteratura che nella prassi, sono i fattori di rischio minimi
evidenziati, si analizza se nel caso specifico sono o meno presenti e si cerca di capire
quali sono i fattori di rischio critici e il peso specifico che hanno per le condotte
aggressive messe in atto dal reo. Si tratta di capire, nel momento in cui il reo ha usato la
violenza, quali sono stati i fattori, gli elementi che hanno inciso sulla scelta della
precedenti episodi di violenza). Occorre inoltre capire quanto questi fattori di rischio
siano statici o dinamici, se cioè rimangono tali o possono modificarsi e quanto questo
possa incidere sul rischio di reiterazione. Oltre ai fattori di rischio del reo, vi sono i
fattori di vulnerabilità, quelle caratteristiche cioè della vittima o delle sue condizioni
143
sociali, culturali, o psicologiche che la potrebbero mettere più a rischio di subire
ulteriore violenza.
Il metodo SARA è utile anche agli operatori socio-sanitari per comprendere meglio
quello che è accaduto, le condizioni in cui versa la donna e quali possono essere i suoi
Il metodo SARA nasce in Canada nel 1996, basato su 20 fattori di rischio, questa
versione viene modificata in una versione ridotta a 10 fattori, concepita per le forze
utilizzata la versione cui sono stati aggiunti anche i 5 fattori di vulnerabilità della
vittima, per un totale di 15 fattori di rischio, analizzati sia rispetto al presente sia rispetto
al passato. Bisogna anche stabilire se ci sono fattori di rischio così detti ‘critici’ la cui
presenza da sola è altamente collegata alla violenza subita e al rischio che si presenti
nuovamente.
Alla fine della raccolta delle informazioni, il valutatore deve stabilire se esiste un livello
di rischio ‘basso’, ‘medio’, o ‘alto’ di recidiva, nel breve, medio e lungo termine, o
addirittura un rischio di violenza letale. Non esiste un modo per stabilire in anticipo chi
è a rischio di subire nuovamente violenza, non si procede con una somma algebrica per
cui il rischio è maggiore nel caso in cui il numero dei fattori sia più elevato. La
144
a valutazione del rischio fatta con la procedura SARA ha varie utilità e ambiti di
Prima del processo, in fase di indagini. Quando qualcuno viene arrestato per un reato
legato ai casi di maltrattamento, la natura del presunto reato nonché la storia personale
del presunto autore pone il problema di quale tipo di misura cautelare applicare. E’
importante capire cioè se il presunto autore del reato può costituire un pericolo per la
presunta vittima o autore o per eventuali figli e quindi prevedere qualche forma
restrittiva, oppure se può essere lasciato in libertà magari con un ordine di divieto di
quando un caso viene rinviato a giudizio. Se l’imputato non è ancora stato condannato,
la valutazione del rischio può risultare utile per i giudici che devono valutare se
applicare forme alternative come la libertà vigilata, gli arresti domiciliari, l’obbligo di
Se l’imputato è già stato condannato, i risultati emergenti dalla valutazione del rischio
effettuata con il SARA potrebbero aiutare i giudici a decidere fra varie forme di
oppure per disporre eventuali raccomandazioni nei casi di disposizioni restrittive (per
Periodo detentivo. Dopo la condanna, la valutazione del rischio può essere utile per
145
coloro che si occupano del detenuto e del suo eventuale progetto di recupero (educatori,
psicologi, assistenti sociali). Tale valutazione può essere utilizzata per la messa a punto
Rilascio - Per gli autori di reato che sono stati sottoposti a un regime carcerario, la
valutazione del rischio può essere di aiuto per il tribunale di sorveglianza o quello di
libertà se siamo ancora in regime di misure cautelari, in attesa di giudizio, per mettere a
punto una strategia programmatica che risponda alle esigenze del caso specifico. Per un
autore di reato in regime di libertà, che sta per concludere il suo periodo di supervisione
da parte dei servizi sociali della giustizia, una valutazione del rischio può servire per
sistema della giustizia penale; il suo utilizzo, tuttavia, può essere esteso anche ad altri
contesti:
Ambito civile - C’è stato un aumentato riconoscimento dei casi di violenza domestica
nell’ambito della giustizia civile. La valutazione del rischio nei casi di violenza
domestica può essere utile anche nei casi di separazione e divorzio nonché nei casi di
146
Queste considerazioni assumono un significato particolare in virtù del fatto che molte
allontanamento dalla casa coniugale del partner violento, il giudice civile, ove si
beneficio della vittima, da emanare entro 15 giorni dalla richiesta, fino a un massimo di
147
Denominazione SARA – S (Spousal Assault Risk Assessment,screening version)
strumento
Ambito di utilizzo Giustizia penale, civile, sociale, sanitario
Come si utilizza Si raccolgono dati attraverso il colloquio con la vittima, altre fonti di
148
2.Il metodo ISA
Il metodo ISA (Increasing Self Awareness) è uno strumento che deriva dal SARA, nel
senso che la sua funzione è quella di aiutare la donna a fare una corretta autovalutazione
anche il coinvolgimento di altri paesi come Portogallo, Regno Unito (Scozia) e Paesi
Bassi.
Si tratta di uno strumento con una serie di domande che riguardano sia la storia
personale della donna con il reo, sia la sua condizione psicologica. In base al
fornita dalla stessa donna. Questo strumento ci permette di valutare l’eventuale tendenza
antiviolenza, i servizi sociali, gli ospedali. In realtà potrebbe essere utile la sua
meno in una condizione di rischio quindi invitarla a rivolgersi presso una struttura
149
Denominazione strumento ISA (Increasing Self Awareness)
Struttura dello strumento 17 item riferiti alla violenza subita, alle condizioni di vita, alle
Come si utilizza Si procede alla consegna dello strumento alla donna che procede con la
ottenuto.
A chi è rivolto Donne vittime di violenza, dichiarate o che sottostimano la loro situazione
di rischio.
Criticità Inadeguato per le straniere che non conoscono bene la lingua (esiste
150
CONCLUSIONI
In tutti questi anni, attraverso l’esperienza sul campo e il confronto con altre realtà, sia
nazionali sia internazionali, e le ricerche finora condotte ciò che emerge con estrema
Per raggiungere un vero approccio di rete, dal punto di vista e dalla esperienza degli
operatori emerge che occorre avere chiaro e portare avanti un obiettivo preciso:
soprattutto parlare un linguaggio comune tra chi, a vario titolo, interviene nel percorso
di fuori uscita dalla violenza, utilizzare gli stessi strumenti di lavoro e partecipare
151
In particolare per affrontare il tema della violenza di genere si necessità di :
attività e sulle strutture esistenti nel territorio anche al fine di realizzare depliant
informativi;
(protocolli operativi);
violenza quel senso di fiducia e sicurezza legato anche alla conoscenza del
152
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