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Tema sulla guerra

Lo studio della storia a scuola ci ha mostrato che il percorso compiuto dal genere
umano nel corso dei secoli è caratterizzato dal costante alternarsi di periodi di
guerra e di pace. Sembra quasi che le situazioni di conflitto siano qualcosa di
inevitabile, anzi addirittura necessario per garantire gli equilibri tra i popoli e lo
sviluppo delle civiltà.
Le ragioni delle guerre possono essere di diverso tipo: politiche, economiche,
religiose… Ma in tutti i casi, il denominatore comune è il fatto che causano
distruzione, miseria e morte.
L’esempio della guerra tra Russia ed Ucraina iniziata ufficialmente alla fine dello
scorso mese di febbraio ne è la conferma. Le immagini che purtroppo ci arrivano
ogni giorno attraverso la televisione e i giornali ci mostrano la forza distruttiva
della guerra ed il suo essere profondamente crudele e disumana.
E’ innegabile che la grande attenzione sull’evoluzione degli scontri in Ucraina
che si registra in Italia e, più in generale, in Europa è dovuta al fatto che si tratta
di una guerra “vicina a casa nostra”, di una minaccia che che non possiamo
ignorare. In realtà le guerre nel mondo attualmente sono diverse decine, le
persone coinvolte, che soffrono o sono costrette a fuggire, sono milioni ma
l’opinione pubblica non dimostra la stessa sensibilità nei loro confronti.
Questo è un altro aspetto della profonda ingiustizia che caratterizza la guerra e la
rende inevitabilmente tragica e, allo stesso tempo, assurda.
Leggendo le notizie su quello che sta succedendo in Ucraina, si ha quasi
l’impressione che, in alcuni casi, la violenza possa essere giustificata e legittima.
Se uno stato viene aggredito, ha il diritto di difendersi e di combattere per
garantire la sicurezza della sua popolazione e dei suoi confini: sembra una
reazione assolutamente comprensibile, una posizione da sostenere. Le storie dei
bambini, degli anziani, delle famiglie ucraine che hanno dovuto abbandonare lo
loro casa per fuggire dal pericolo della guerra e mettersi in salvo mi hanno
colpito profondamente. E’ difficile non schierarsi dalla loro parte o non pensare
che sia giusto combattere perchè la loro tragedia abbia fine. In altre parole,
sembra che l’uso delle armi sia necessario per ottenere la pace, ma è davvero
così? Ho l’impressione alla base di questa situazione ci sia una contraddizione,
una situazione che non garantirà mai la pace autentica tra i popoli. Da una parte
la Russia minaccia l’utilizzo di armi sempre più potenti e pericolose, dall’altro la
Nato, la cui posizione è chiaramente a sostegno dell’Ucraina, fa intravedere la
possibilità di non limitarsi più solo a sanzioni di tipo economico ma di procedere
con interventi più diretti. Insomma è una specie di “braccio di ferro” che ha
l’obiettivo di ricreare una condizione di equilibrio in un mondo interconnesso e
in una realtà globalizzata fondata sulla paura reciproca, non certo sul rispetto. A
mio parere, però, questa non può essere considerata una pace autentica. Sono
solo un ragazzo e forse il mio modo di pensare è troppo semplice e non tiene
conto della complessità della situazione politica, diplomatica ed economica che
fa da sfondo alla guerra tra Russia ed Ucraina ed agli altri conflitti in corso nel
mondo, ma sono convinto che la violenza non può in nessun caso essere una
risposta giusta o giustificabile. I costi in termini di sofferenza e vite umane che
una guerra inevitabilmente provocano non possono mai essere considerati
tollerabili. La storia, purtroppo, sembra dimostrare che questa è una lezione che
l’umanità non ha ancora imparato o non vuole imparare perché privilegia
interessi legati al dominio politico ed economico, piuttosto che alla cooperazione
ed al benessere per tutti. Pensare ad un futuro senza guerre forse è un’illusione,
ma preferisco credere che si possa definire un sogno, una speranza realizzabile.
L’obiettivo comune dovrebbe essere quello di cercare trovare una soluzione ai
contrasti attraverso il dialogo pacifico, superando la logica che prevede
necessariamente dei vincitori e dei vinti.
In questi giorni si conclude il mio percorso nella scuola media. A differenza di
quanto avvenuto negli due anni passati, gli esami che affronterò saranno
“speciali” e non solo per il sottoscritto, ma per tutta la scuola italiana. Sembra
una contraddizione, ma il loro carattere di straordinarietà sarà legato al fatto che
segnano un ritorno alla normalità. Ci ritroveremo tutti insieme in classe per
affrontare le prove scritte e procederemo con l’esposizione orale dei nostri
elaborati conclusivi. Unico elemento che ci rammenterà gli anni diffcili e
complessi che abbiamo appena vissuto sarà la mascherina sui nostri volti.
Nonostante l’ansia e l’agitazione per gli esami che mi preparo ad affrontare, mi
sono fermato un attimo a riflettere per comprendere cosa ha significato per me
vivere la mia quotidiantà e, in particolare, la mia condizione di studente durante
la pandemia. Oggi la situazione è indubbiamente molto più serena, i timori e le
paure legati al pericolo del contagio sono fortunatamente meno intensi e forti.
Qualcuno sostiene che saremo ricordati anche in futuro come i ragazzi che
hanno sperimentato la scuola durante il Covid19, che hanno imparato attraverso
la cosiddetta DAD, didattica a distanza. Oggi, dopo oltre due anni trascorsi dal
mese di febbraio 2020, quando ci venne comunicato che le lezioni in presenza
erano sospese, posso provare, sulla base della mia esperienza personale, a fare
un bilancio di quello che è successo e che ho vissuto direttamente. Innanzitutto,
devo dire che mi ritengo fortunato perché non mi sono ammalato e, soprattutto,
perché non ho perso nessuno dei miei cari. Sono stato fortunato anche perché ho
avuto la possibilità di “frequentare” la scuola, anche se con una modalità diversa
e nuova, senza interruzioni significative. Sono convinto, infatti, che aver creato
delle classi “virtuali” sia stata una soluzione valida per affrontare un periodo così
difficile. Senza dubbio, ha comportato limiti che non possono essere trascurati:
non è stato facile rinunciare al contatto diretto con i miei compagni, allo stare
fisicamente insieme a loro in un’aula. Qualsiasi attività che prevede una
dimensione sociale ha dovuto necessariamente fare i conti con questa situazione
e, visto il prolungarsi di questa situazione di “isolamento forzato”, qualche
conseguenza si è avuta. Non sempre e non per tutti è stato semplice riprendere a
svolgere le proprie attività quotidiane a contatto con gli altri senza provare
qulache forma di disagio. Qualcuno ha perso l’abitudine ad avere rapporti faccia
a faccia, ha avuto difficoltà a riprendere la propria esistenza in mezzo agli altri
dal punto in cui era stata forzatamente interrotta. Per quanto mi riguarda, il
ritorno alla normalità è stato molto naturale, non ho avuto particolari problemi.
Ammetto che inizialmente aver dovuto rinunciare a dormire un po’ di più ed alla
comodità di non dover nemmeno uscire di casa per andare a scuola mi è
dispiaciuto un po’, ma la contenteza per aver potutto trascorrere quest’anno
insieme ai miei amici è stata di gran lunga maggiore. Anche il confronto diretto
con i professori, la possibilità di intergire con loro avendoli di fronte ha
rappresentrato senza dubbio un fatto positivo e stimolante dal punto di vista
dell’apprendimento. Ho sentito dire più volte che la pandemia avrebbe cambiato
per sempre il nostro modo di vivere e, soprattutto, di convivere, che si sarebbe
parlato di una socità “prima del Covid” e di una società “dopo il Covid”. In effetti,
secondo me, la pandemia ci ha dato la possibilità fare alcune cose in modo
differente, creando nuove opportunità. Lo smart-working, ad esempio, oggi è
un’occasione per molti individui per conciliare lavoro ed esigenze familiari. Per
quanto riguarda la scuola, essere stati “costretti” a familiarizzare con gli
strumenti digitali ha aiutato molti ragazzi, tra cui il sottoscritto, ad utilizzare in
modo più efficace e consapevole gli strumenti informatici che abbiamo a
disposizione, facendoli diventare una parte che integra, anche se non può
sostituire, il nostro percorso di apprendimento in classe.

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