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SOCIOLOGIA ECONOMICA VOLUME II TRIGILIA

2.La modernizzazione e lo sviluppo delle aree arretrate

Nel secondo dopoguerra, linteresse della sociologia economica per il ruolo della cultura e dei fattori istituzionali nel processo di sviluppo economico trova un terreno pi favorevole soprattutto nello studio dei paesi e delle aree arretrate, in particolare delle nuove nazioni che, a seguito del !ocesso di de" colonizzazione , diventano indipendenti. Lo studio di questi paesi, che devono affrontare problemi di crescita economica e di costruzione di nuove strutture istituzionali, contribuir alla nascita di una nuova sociologia dello sviluppo. I primi passi della sociologia dello sviluppo maturano come tentativo di alcuni studiosi americani di integrare il punto di vista degli economisti, per andare oltre una soluzione del problema solo in termini di aiuti internazionali per avviare e sostenere il processo di industrializzazione. Viene sottolineata cosi la rilevanza di fattori culturali e istituzionali come elementi che condizionano la possibilit di successo di politiche economiche a sostegno dello sviluppo. in questo quadro che prende forma la teoria della modernizzazione. !lla base di questo filone di studi vi " lidea che la modernit occidentale costituisca una sfida che spinge inevitabilmente le societ meno sviluppate sulla strada del cambiamento sociale, #uttavia, allinterno di questo indirizzo, molto diversi sono gli approcci seguiti$ La TEORIA #ELLA MO#ERNI$$A$IONE IN SENSO STRETTO %anni &' e ('), che sottolinea limportanza dei fattori socioculturali e politici endogeni dei paesi meno sviluppati nel condizionare il cambiamento sociale. *opo liniziale ottimismo sulla possibilit per i paesi arretrati di avvicinarsi al modello di societ di quelli sviluppati, in seguito fu oggetto di pesanti critiche %anche per le notevoli difficolt incontrate nel loro percorso di sviluppo dai paesi del #erzo mondo+ La TEORIA #ELLA #I%EN#EN$A %elaborata con particolare riferimento allesperienza dei paesi dell!merica Latina), per la quale i paesi pi economicamente sviluppati esercitano pesanti condizionamenti sul cambiamento di quelli arretrati. ,ra per- un filone molto rigido, che non teneva conto della crescente diversit che si manifestava nei processi di modernizzazione dei paesi del #erzo .ondo+ !pproccio della %OLITICAL ECONOM& / COM%ARATA , che pone al centro dellattenzione il ruolo delle istituzioni politiche nel processo di modernizzazione, anche attraverso un confronto tra i paesi asiatici e quelli dell!merica Latina. Le critiche portate alla teoria della modernizzazione degli anni 0(' 1 sia dallapproccio della dipendenza sia, pi indirettamente, anche dalla sociologia storica della modernizzazione delle societ occidentali 1 hanno fatto emergere un orientamento che sottolinea, in contrasto con gli studi precedenti, la pluralit

dei percorsi di modernizzazione e che torna a dare particolare rilievo alla dimensione culturale, collegando il concetto di modernizzazione a quello di civilt. LA TEORIA #ELLA MO#ERNI$$A$IONE APPROCCI INFLUENZATI ALLO !TRUTTURAL"FUNZIONALI!#O I primo studi sulla modernizzazione sono stati influenzati dalla scuola struttural2funzionalista, nel senso che hanno tutti in comune lidea che i paesi economicamente arretrati siano caratterizzati da un model lo di societ tradizionale, costituito da un sistema di elementi culturali e strutturali tra loro strettamente interdipendenti. 3er questo motivo, lostacolo primario necessariamente da superare per procedere sulla strada dello sviluppo economico e avvicinarsi al modello della societ moderna occidentale " la 'o!za di !esistenza della t!adizione , che si pu- presentare in varie forme, quali quelle che si richiamano alle variabili di Parsons$

LASCRI$IONE piuttosto che il principio di prestazione alla base delle relazioni economiche . 4i- implica che i ruoli economici %lavoro) o la distribuzione dei beni e servizi prodotti, sono assegnati sulla base di criteri di appartenenza a un determinato gruppo %et, sesso, famiglia, razza, casta, ecc.) piuttosto che sulla base della capacit di svolgere un certo compito+

Il %ARTICOLARISMO rispetto alluniversalismo, per cui i soggetti, nellesercizio di determinati ruoli economici o politici, sono valutati secondo criteri non di validit generale, ma che variano al mutare delle caratteristiche dei soggetti stessi %es. lappartenenza ad una determinata famiglia, razza o casta, ecc.)+

La generale MANCAN$A #I S%ECIALI$$A$IONE NEI I RUOLI %il che limita la crescita della produttivit nelle attivit economiche).

!ccanto a questi aspetti, Levy aggiunge la CONTRA%%OSI$IONE ALL(ORIENTAMENTO TRA#I$IONALISTICO a quello razionalistico tipico delle societ moderne. Nel primo caso lazione sociale, e quella economica in particolare, saranno improntate al rispetto delle routine tradizionali+ nellaltro saranno invece influenzate dagli sviluppi della scienza e della tecnica e quindi pi aperte allinnovazione. Il fatto che i valori culturali tradizionali siano alla base di strutture sociali relativamente stabili e istituzionalizzate ostacolano lo sviluppo economico per cui, perch5 si avvii lo sviluppo, " necessario che i modelli culturali e le strutture sociali si modernizzino avvicinandosi alle caratteristiche di razionalit, universalismo, prestazione e specificit funzionale, tipiche delle societ moderne dell6ccidente. 7u COSA #) L(AVVIO #ELLA MO#ERNI$$A$IONE sono state date risposte diverse, anche se, in generale, la maggior parte di esse mette al primo posto il formarsi di nuove 5lite intellettuali, politiche e economiche che introducono innovazioni rispetto ai modelli tradizionali. *oselitz, richiamando la teoria della marginalit sociale di Simmel e Sombart, insiste mag2 giormente sulla crescita dellimprenditorialit dal basso, mentre altri autori danno maggiore enfasi al formarsi di nuove 5lite istruite che assumono un ruolo guida sul piano politico. 8ueste 5lite, in

contatto con le societ moderne, si mobiliteranno sul piano politico per modernizzare la societ al fine di realizzare i livelli di benessere economico e sociale tipici delle societ occidentali. !ltri autori, richiamandosi al concetto di 9 di''e!enziazione st!uttu!ale: di Parsons, spostano lattenzione dagli attori %le 5lite politiche o economiche) ai problemi strutturali che ne condizionano lazione$ strutture economiche specializzate, e con maggiore divisione del lavoro anche al loro interno, consentono di produrre in modo pi efficiente. Il passaggio verso questi modelli comporta per- anche uno spostamento dai criteri ascrittivi ai principi di prestazione, alluniversalismo ed alla specializzazione. 4i- si traduce, a sua volta, in un indebolimento dei modelli culturali e delle strutture sociali tradizionali con conseguenti tensioni, resistenze e conflitti sociali$ pi rapido " il processo di modernizzazione e pi " chiuso laccesso al nuovo sistema politico, pi probabile " lo sviluppo di si2 tuazioni conflittuali di massa. In questa situazione, diventa inevitabile un ruolo maggiore dello stato, non solo per promuovere le attivit economiche e lindustrializzazione, ma anche per controllare i conflitti indotti dalla modernizzazione. #ale ruolo sar pi efficace quanto pi riusciranno ad affermarsi nuove 5lite politiche capaci di ottenere una forte legittimazione, attraverso ideologie nazionaliste che si sostituiscano alle vecchie credenze religiose come base di un sistema di valo ri condiviso dalla popolazione.

7otto il profilo dello SVILU%%O %OLITICO + , sulla base dellesperienza storica dei paesi occidentali, la modernizzazione propone una serie di sfide$ La prima riguarda la cost!uzione dello stato, ovvero la necessit da parte delle 5lite politiche di creare nuove strutture per regolare le attivit sociali e estrarre risorse per il funzionamento delle istituzioni politiche+ La seconda riguarda invece la cost!uzione della nazione e ha una connotazione culturale+ si tratta di favorire il processo di formazione di unidentit nazionale attraverso il superamento degli orientamenti particolaristici e localistici+ 4onnesso a questo problema " quello della legitti,azione delle nuove -lite che devono guidare la modernizzazione+ La quarta " relativa alla processi di democratizzazione+ Lultima " la s'ida della dist!i.uzione, riferita alla capacit del sistema politico di sviluppare interventi atti a rispondere alle domande di maggiore uguaglianza sociale. a!teci azione olitica attiva della o olazione attraverso olitiche

Il tipo di soluzione che viene data ad ogni sfida condiziona pesantemente le possibilit di rispondere efficacemente a quella successiva, in particolare nei paesi del #erzo .ondo, dove queste sfide si sono sovrapposte in uno stesso lasso di tempo %mentre nelle societ occidentali si sono manifestate in sequenze pi lunghe e scalari).
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Qui inteso come processo di differenziazione delle strutture e di secolarizzazione della cultura politica che porta ad aumentare la capacit in termini di efficienza e di efficacia di un sistema politico.

4os;, accade che la crisi dovuta alla sfida della partecipazione, sia spesso affrontata senza che si sia ancora consolidata unidentit nazionale e una forte legittimit delle 5lite politiche, e con strutture statuali pi fragili. La stessa sfida della distribuzione tende a far crescere domande di maggiore uguaglianza e di sostegno dei redditi, prima che lo stato sia in grado di estrarre dalleconomia nazionale le risorse necessarie. Ne discende dunque, per le societ che si avviano verso la modernizzazione, una forte spinta verso la conflittualit politica e unaccentuata instabilit.

LA FOR#AZIONE ELLA PER!ONALIT$ #O ERNA Nellambito della teoria della modernizzazione notevole peso ha avuto anche una serie di studi pi influenzati dalla psicologia e dalla psicologia sociale che, del passaggio dalla societ tradizionale, a quella moderna, attraverso quella di transizione, mettono soprattutto a fuoco i meccanismi di formazione della personalit moderna come fattore essenziale per innescare il processo di cambiamento. LERNER , studiando alcuni paesi del .edio, considera il contatto con le societ occidentali come il fattore che stimola il cambiamento e spinge nuove 5lite a modernizzare, innescando una sequenza %gi seguita dalle societ occidentali) comune per tutti i continenti e indipenden te dalle differenze originarie delle societ tradizionali. !spetti essenziali di tale sequenza sono$ La c!escita dell(u!.anizzazione , che stimola l(al'a.etizzazione+ questo fenomeno favorisce a sua volta La di''usione dei ,ezzi di co,unicazione di ,assa+ " a questo punto che tende a formarsi <na 9 e!sonalit/ ,o.ile:, caratterizzata da razionalit e =empatia/ %capacit di identificarsi con gli altri e desiderio di essere simili a loro migliorando la propria posizione)+ 8uesto processo, infine, si accompagna a una spinta alla ,aggio!e econo,ica %e quindi alla crescita del reddito) e alla !ichiesta di una olitica. MCCLELLAN# ha invece cercato di dimostrare come lo sviluppo economico sia condizionato dalla presenza in una determinata societ di personalit individuali caratterizzate da un forte 9bisogno di realizzazione:, reinterpretando la ricerca di >eber sui rapporti tra protestantesimo e spirito del capitalismo. *a questo bisogno di realizzazione, che porta a impegnarsi nel lavoro non per remunerazioni meramente monetarie, trae alimento limprenditorialit e con essa lo sviluppo economico. McClelland ipotizza inoltre che il bisogno di realizzazione sia collegato al processo di socializzazione primaria, per cui dove i genitori stimolano i loro figli, nella prima infanzia, ad essere autonomi e ad avere fiducia nelle proprie forze, e hanno nel contempo elevati livelli di attese relativamente al loro comportamento, tende a formarsi nei ragazzi un pi alto bisogno di realizzazione. *AGEN pone ancora laccento sui meccanismi di socializzazione primaria, evidenziando come, nel contesto tradizionale tendono a scoraggiare la formazione di una 9personalit innovativa:, favorendo piuttosto una 9personalit autoritaria:. IN1ELES e SMIT*, vicini allimpostazione di Lerner, rifiutano la tesi degli psicologi che la 9personalit moderna: %intesa in termini di apertura allinnovazione, razionalizzazione del comportamento, apprezzamento dellistruzione e della tecnica, ecc.) si plasmi nei suoi tratti fondamentali essenzialmente nellinfanzia, ritenendola maggiormente associata allinfluenza che esercitano sui soggetti esperienze essenziali quali la partecipazione scolastica, loccupazione nel settore industriale, lesposizione ai mezzi di comunicazione di massa, la vita urbana. ?li autori ne traggono la conclusione ottimistica che la i0 estesa a!teci azione a!teci azione

capacit dei paesi in via di sviluppo di potenziare il ruolo di queste istituzioni, e in particolare la scuola, pu- avere quelle rilevanti conseguenze sulla personalit che a loro volta possono rendere pi agevole il passaggio verso la societ moderna.

%LI !TA I I !&ILUPPO E LA CON&ER%ENZA ROSTO2 , autore di uno dei primi studi della letteratura sulla modernizzazione, elabora una sequenza di cin3ue stadi di sviluppo della societ$ la societ/ t!adizionale, le !econdizioni e! il decollo , il decollo econo,ico, la s inta ve!so la ,atu!it/ e la 'ase degli elevati consu,i di ,assa. In particolare, per lavvio della fase di preparazione al decollo industriale " necessaria l9intrusione : delle societ pi sviluppate in quelle arretrate+ tale intrusione pu- avvenire direttamente, per occupa zione militare o indirettamente, attraverso una maggiore apertura a contatti economici e culturali che avviino il processo di superamento della societ tradizionale. In questo contesto, un ruolo essenziale " svolto dalle nuove 5lite politiche, che possono favorire le precondizioni per il decollo attraverso una serie di misure che riguardano la trasformazione dellagricoltura, la formazione di un mercato nazionale, la creazione di un sistema fiscale, linvestimento in infrastrutture e servizi %tra cui in particolare listruzione). @ispetto allesperienza europea originaria, per i paesi del #erzo .ondo vi sono vantaggi e svantaggi$ VANTAGGI$ dis oni.ilit/ delle nuove tecnologie , strutture private+ SVANTAGGI$ il eso dell(elevata c!escita della o olazione conseguente ai progressi nel cam2 po della medicina, che riducono il tasso di mortalit %si richiede un aumento del reddito maggiore di quello dei paesi sviluppatisi in precedenza). Inoltre, questo fattore si accompagna al formarsi di unelevata disoccupazione urbana, fonte di tensioni e di conflittualit politica. In questa situazione, la lotta contro le strutture sociali tradizionali diventa pi difficile, e ci- pu- spingere le 5lite intellettuali verso soluzioni di tipo comunista. 3er 1ERR, particolare importanza assumono i vincoli posti dalla tecnologia$ dato per assunto che esista ununica tecnologia in grado di assicurare i risultati pi efficienti dal punto di vista economico2produttivo, le diverse societ cercheranno tutte di acquisirla, anche organizzandosi dal punto di vista istituzionale. Ne discende una potente spinta alla convergenza istituzionale verso un 9pluralismo: economico e sociale, nel quale crescono le classi medie, diminuisce il conflitto, si formano una pluralit di interessi economici e sociali che influenzano il processo politico e si attenuano le grandi ideologie, rigide e totalizzanti. !estiti inte!nazionali e! investi,enti a

condizioni pi favorevoli di quelle del passato, quando i finanziamenti erano concessi soltanto da

LE CRITIC*E4 LA TEORIA #ELLA #I%EN#EN$A E LA SOCIOLOGIA STORICA La teoria della modernizzazione " stata sottoposta a diverse e consistenti critiche, a partire dalla fine degli anni (' anche perch5, in realt, non esiste una teoria della modernizzazione nel senso specifico del termine, ma piuttosto diversi approcci, non sempre del tutto coerenti tra loro. *egli elementi tra loro collegati, quattro hanno particolare rilevanza$ a) La concezione otti,istica dello svilu istituzionale+ b) la cont!a osizione dei ,odelli idealti ici di societ/ t!adizionale e ,ode!na+ o!ti che i aesi a!!et!ati sta.iliscono con l(este!no a..iano una connotazione o, come processo inevitabile e unilineare che tende a

seguire gli stadi gi percorsi dalle societ occidentali, arrivando in futuro ad una convergenza

c) Lidea che i !a

ositiva, in termini di stimolo allo sviluppo+ d) Lassunto che il ,oto!e del ca,.ia,ento sia essenzial,ente endogeno . INE&ITA'ILIT$ ELLO !&ILUPPO E ETNOCENTRI!#O

Lottimismo circa le possibilit di sviluppo dei paesi arretrati, in base ad una generalizzazione dellesperienza storica delle societ occidentali, " largamente condiviso, e riflette certo il clima del primo decennio post2bellico, che sembra aprire grandi possibilit alla crescita economica <na prima serie di CRITIC*E riguardano proprio lidea ottimistica di uno sviluppo inevitabile. 8uestidea viene fortemente criticata alla luce delle concrete esperienze storiche dei paesi del #erzo .ondo che, passata rapidamente la fase di entusiasmo per la conquista dellindipendenza politica, incontrano forti difficolt dal punto di vista economico, e vengono spesso investiti da gravi tensioni sociali e politiche. *unque, lo sviluppo non " affatto garantito e ci possono essere 9fallimenti: e 9blocchi: della modernizzazione. Le critiche investono anche i presupposti di valore della teoria della modernizzazione, che considerano lesperienza occidentale non solo come inevitabile, ma anche come modello positivo al quale i paesi arretrati dovrebbero adeguarsi per migliorare le condizioni delle loro societ.

(. Lo stato so)iale *e+nesiano e la , olitical econo,5- )omparata Nel corso degli anni A' si manifesta una significativa ripresa della pro spettiva di analisi della sociologia economica nello studio dei paesi pi sviluppati. Nel secondo dopoguerra, soprattutto a causa della grande crescita postbellica da un lato, e la

ridefinizione dei confini fra economia e sociologia dallaltro, vi fu una diffusione del modello di economia BeCnesiana. 8uesto modello, che aveva come strumenti lintervento dello stato nelleconomia %per sostenerla) e nel sociale %con luso della spesa pubblica spesso utilizzato per ottenere consenso), va in crisi a partire dagli anni A', quando non riescono pi a dare uninterpretazione alle difficolt che investono le economie dei paesi pi industrializzati, con la contemporanea crescita di inflazione e disoccupazione. #ra i motivi alla base del declino dello 9 stato so)iale *e+nesiano:, particolare rilievo viene anzitutto dato alla dimensione politica e al ruolo giocato dallo stato. 7i manifesta cosi una ripresa della sociologia economica come political economy comparata, un approccio simile a quello analizzato nello studio dei paesi arretrati. Inizialmente, il problema di ricerca cruciale " analizzato, a livello macro, dallorigine dellinflazione e dal suo grado di controllo nell6ccidente pi industrializzato. 7uccessivamente per- 1 specie negli anni 0D' 1 c" uno spostamento della messa a fuoco a livello micro, con lanalisi della competitivit e del grado di dinamismo dei diversi tipi di capitalismo, in particolare il passaggio alla grande impresa della produzione di massa. 8uesta tendenza, alla quale si fa a volte riferimento con il termine ,nuova so)iolo.ia e)onomi)a- ha al suo centro le trasformazioni del modello di organizzazione produttiva 9fordista: e lemergenza di nuovi modelli flessibili.

ASCESA E #ECLINO #ELLO STATO SOCIALE 1E&NESIANO Il secondo dopoguerra " caratterizzato da un crescente intervento dello stato in campo economico e sociale, e non solo come politiche di sostegno della domanda delineate e auspicate da Keynes. 4oncepite come strumento per favorire la fuoriuscita delleconomia da una situazione di depressione, e quindi in unottica di breve periodo che considerava sostanzialmente date le risorse produttive, nel dopoguerra si avviano in due direzioni$ +6 Il diffondersi del c.d. 97e5nesis,o della c!escita:, cio" il tentativo di usare lintervento statale, e soprattutto la spesa pubblica, come strumento per sostenere lo sviluppo economico, e non solo per curare le depressioni+ 86 Luso della spesa pubblica come ,ezzo e! acc!esce!e e consolida!e il consenso attraverso la massiccia diffusione dei pro.rammi di /el0are1 indipendentemente dal ciclo economico e dalla situazione occupazionale. con riferimento a questi due fenomeni che si pu- parlare pi specificamente di ,stato so)iale *e+nesiano-1 intendendo quindi un intervento pubblico che si allontana dalle concezioni originarie di EeCnes, e si realizza in forme pi o meno estese nei paesi sviluppati dell6ccidente. 3er quanto riguarda ladattamento della teoria di Keynes ai problemi della crescita economica, lidea di fondo " che la %OLITICA #ELLA #OMAN#A de..a esse!e usata non solo e! evita!e le !ecessioni, ,a anche e! 'avo!i!e lo svilu o nel te, o delle !iso!se !oduttive .

7i ritiene, in sostanza, che lo sviluppo economico dipenda dalla crescita degli investimenti, i quali generano a loro volta un incremento della produzione e della produttivit. La politica della domanda puessere allora indirizzata a sostenere gli investimenti anche in presenza di piena occupazione. 3er quel che riguarda le %OLITIC*E #I SOSTEGNO #ELLA #OMAN#A %I9 TRA#I$IONALI , si " contrapposto un modello di 97e5nesis,o de.ole: a uno di 97e5nesis,o 'o!te:. Nel 91e5nesis,o de.ole: %es. 7tati <niti fino agli anni A') lintervento pubblico, attraverso la politica fiscale, monetaria e quella della spesa in deficit, resta pi vicino alloriginaria ispirazione BeCnesiana e si limita maggiormente a stabilizzare il ciclo economico sostenendo la domanda nei momenti di recessione e raffreddandola in quelli di pieno utilizzo dei fattori produttivi+ si alternano manovre espansive e recessive, e la spesa sociale ", in genere, meno consistente+ Il 91e5nesis,o 'o!te: " invece caratterizzato da un impegno pi vincolante sul terreno della difesa della piena occupazione e della crescita economica, in modo da poter anche finanziare un incremento pi consistente della spesa sociale %es. paesi scandinavi). ! questa forma di BeCnesismo sono associabili sindacati pi forti e centralizzati, relazioni industriali pi istituzionalizzate, governi a presenza stabile di forze di sinistra, impegnati non solo sul terreno della piena occupazione ma anche su quello della diffusione del elfare.

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LA CRE!CITA EI !I!TE#I I PROTEZIONE !OCIALE 4i- che caratterizza particolarmente lo stato sociale BeCnesiano " la forte crescita delle politiche di Felfare, soprattutto per il riconoscimento dato ai diritti civili, politici e sociali a seguito della domanda pro2 veniente dalle classi subalterne. In questo quadro la protezione dai rischi per malattie, infortuni, vecchiaia, disoccupazione, e la richiesta di un accesso equo alle istituzioni educative, viene sempre pi rivendicata come un aspetto fondante dei 9diritti di cittadinanza:. :EN#I;, in polemica con .arG, insiste sullimportanza del grado di apertura del sistema politico$ dove questo " pi aperto e pi disponibile a incanalare le nuove richieste, come " tipicamente avvenuto nel caso inglese, queste si sviluppano gradualmente, senza mettere in discussione le istituzioni democratiche. Lopposto accade invece dove la tradizione istituzionale e le classi dominanti ostacolano il riconoscimento dei nuovi diritti delle classi subalterne che si formano e si mobilitano con il processo di industrializzazione. !ltra TEORIA " quella NEOMAR;ISTA dello stato, per cui lo stato " spinto a estendere il suo ruolo in campo economico e sociale per esigenze funzionali di riproduzione del capitalismo$ la crescita dei programmi di protezione sociale ha quindi la funzione di aumentare e mantenere il consenso popolare. ,ntrambe queste spiegazioni dellevoluzione del sociali e negli specifici modelli istituzionali. ! questi interrogativi hanno cercato di rispondere alcuni studi comparativi, che hanno messo in luce il fatto che fattori come la mobilitazione delle classi inferiori, le esigenze delleconomia capitalistica ed il livello di sviluppo economico, hanno un impatto differente sui tempi, sullestensione e sulle modalit delle politiche sociali, in relazione a variabili di tipo politico1istituzionale, o legate la cultura delle 5lite amministrative o, ancora, alle tradizioni di politiche pubbliche ereditate dal passato. In questo senso, un fattore cruciale " costituito dalla ,o.ilitazione delle classi su.alte!ne che si formano con lo sviluppo capitalistico, e che tendono a essere sempre pi sganciate dalle tradizionali forme di protezione sociale e a riunirsi in organizzazioni politiche. in seguito alla loro apparizio ne che negli ultimi decenni dellD'' cominciano ad affermarsi le prime assicurazioni obbligatorie. Il processo " differente a seconda che il governo statale sia di tipo autoritario o parlamentare $ Nei REGIMI AUTORITARI %?ermania di HismarcB, ma !ustria e Italia), i programmi di protezione sociale si affermano come reazione delle 5lite conservatrici che sono sfidate dalle nuove forze e cercano di accrescere la loro legittimazione+ In quelli %ARLAMENTARI, pi aperti alla rappresentanza dei nuovi gruppi sociali, il processo " pi ritardato, anche per le resistenze stesse dei partiti del movimento operaio, che spesso vedono con sospetto lestensione dellintervento statale, ma far registrare gli sviluppi pi consistenti. elfare hanno per- il difetto di muoversi a un livello

molto generale, non considerando le differenze che vi sono tra i diversi paesi nella spesa per le politiche

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8uesto modello si conferma, seppure in modo meno netto, anche nel secondo dopoguerra, dove peraltro il ruolo dei partiti di sinistra legati al movimento operaio appare di par ticolare importanza, specie se si guarda alle modalit di organizzazione dei sistemi di protezione sociale. 7otto questo punto di vista, Tit,uss e, pi tardi, Es ing2Ande!sen hanno identificato TRE I#EALTI%I
%RINCI%ALI #I 2EL<ARE

+6 9ISTITU$IONALE "RE#ISTRI:UTIVO : %es. stati scandinavi), che copre i principali rischi per lintera popolazione nazionale sulla base del !iconosci,ento di di!itti sociali co,e co, onenti essenziali della cittadinanza . ,sso comporta una maggiore espansione dei programmi pubblici che forniscono benefici uniformi per tutti i cittadini, quindi su base universalistica+ il sistema di protezione sociale agisce sulle disuguaglianze sociali attraverso la redistribuzione operata dallo stato+ 86 9RESI#UALE : %es. <.7.!. !eaganiani e ?.H. "#atc#eriana), opposto al precedente, in cui la protezione sociale pubblica " volta a coprire una fascia limitata di popolazione che si trova in condizioni di particolare indigenza e bisogno, per rischi che non sono coperti dal mercato, dalla famiglia o da forme di azione volontaria+ in questo caso, i programmi, anche per la minore forza del movimento operaio e dallassenza di partiti di orientamento socialista, sono molto selettivi e limpegno di spesa resta pi modesto te influenzato dallideologia liberale+ =6 9REMUNERATIVO : di "itmuss, %o 9,e!itoc!atico"co! o!ativo: o 9conse!vato!e"co! o!ativo:), per il quale lassicurazione %obbligatoria garantita e sostenuta dallo stato) contro i principali rischi si basa non su un diritto di cittadinanza, ma sull a a!tenenza a una catego!ia socio" !o'essionale . I benefici sono cos; differenziati in relazione alla posizione occupazionale, ed il fi2 nanziamento si basa pi sui contributi che sulla tassazione, e sono quindi pi deboli le finalit redistributive+ prevalgono inoltre nettamente i trasferimenti monetari rispetto ai servizi offerti dallo stato. 8uesto terzo modello " riscontrabile soprattutto nellesperienza dei paesi europei continentali %es. ?ermania, !ustria, ItaliaI). <na caratteristica di questo modello " la particolare influenza esercitata sul piano politico dalla cultura cattolica, che implica una differenziazione tra le funzioni di cura assegnate alle donne e quelle lavorative svolte prevalentemente dagli uomini. Ta.6 =6+6 $ "re modelli di elfare RE#UNERATI&O Occu azionale Lavo!ato!i Alta >occu azionalis,o? I!TITUZIONALE
RE I!TRI'UTI&O

RE!I UALE Copertura Ma!ginale estinatati prin)ipali %ove!i Frammentazione Alta >localis,o? istituzionale Prestazioni3 ga,,a Li,itata !e3uisiti %!ova dei ,ezzi

"

Unive!sale Cittadini :assa@assente

Media Estesa %a!teci azione assicu!ativa Cittadinanza@!esidenza

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Finanziamento !pesa3 livello co, onente !edo,inant

<iscale :asso %!og!a,,i Means"tested

Cont!i.utivo Medio T!as'e!i,enti

<iscale Elevato Consu,i u..lici

e Nel complesso, al di l delle differenze sopra ricordate, va comunque sottolineato che in tutti i paesi pi sviluppati si determin- nei due decenni postbellici un notevole incremento dellimpegno dello stato nel sociale che rappresent- comunque un importante volano della grande crescita. La situazione comincio a cambiare alla fine degli anni (', proprio per effetto dei successi dello stato sociale BeCnesiano.

LE TEN!IONI ECONO#IC4E E !OCIALI E%LI ANNI 567 4on gli anni 0A' si manifestano una serie di sintomi che rimettono in discussione il processo di stabilizzazione economica e sociale dei paesi capitalistici pi sviluppati$ <na generale RI%RESA #EL CON<LITTO IN#USTRIALE che sembrava ormai sopito+ C!escita dei tassi di in'lazione a livelli molto superiori a quelli dei decenni precedenti+ 7ensibile di,inuzione dei tassi di c!escita della !oduzione + Au,ento della disoccu azione .

7i tratta di un quadro che sfida legemonia teorica e pratica del BeCnesismo, in particolare difficolt di fronte alla contemporanea presenza di elevata inflazione e disoccupazione %c.d. 9stagflazione:). In realt, il meccanismo di regolazione istituzionale delleconomia basato sullo stato sociale BeCnesiano tende a generare nel tempo due tipi di 9e''etti e!ve!si:$ Il primo legato a modificazioni che intervengono a livello ,ic!o in seguito al !idu!si della disoccu azione, per il fatto che i soggetti 1 anche quelli di provenienza =agricola/ 1 che entrano a far parte stabilmente della classe operaia maturano nuove domande sia sul piano retributivo che su quello del riconoscimento sociale e politico+ nel contempo, la divisione del lavoro diventa sempre pi rigida ed estraniante. 4i- porta ad un rafforzamento delle organizzazioni sindacali che traggono vantaggio dalla situazione di piena occupazione, con un effetto generale di spinta alla crescita dei salari che alimenta linflazione+ Il secondo a livello ,ac!oecono,ico, per la di''icolt/ di cont!ollo della s esa vista vi " quindi una spinta allinflazione che viene dalle politiche di spesa dei governi. Keynes, infatti, assegnava allintervento dello stato di regolazione della domanda la funzione di impedire o di curare le fasi di depressione delle attivit economiche. Non rientrava nella sua prospettiva lidea che la politica attiva della domanda potesse diventare uno strumento per pilotare la crescita economica. 3er u.A

.lica che si accompagna allespansione dei sistemi di protezione sociale. !nche da questo punto di

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di pi, la sua concezione pi limitata dellintervento pubblico si accompagnava ad alt!i due !esu di natu!a istituzionale che saranno anchessi smentiti dallesperienza dei decenni postbellici$

osti

Il primo " relativo al gove!no delle olitiche della do,anda, che EeCnes riteneva naturale essere svolto da 5lite burocratiche competenti e votate allinteresse pubblico. In realt, nelle democrazie occidentali il controllo della spesa pubblica divent- ben presto uno strumento cruciale per la classe politica allo scopo di favorire e riprodurre il consenso$ le scelte finiscono quindi per essere influenzate da valutazioni pi politiche che tecniche, con una crescita incrementale della spesa che genera effetti inflattivi+

Il secondo " lallenta,ento della disci lina del ,e!cato della do,anda e o''e!ta di lavo!o indotto dalla piena occupazione. 8uesto processo " rafforzato da varie politiche di protezione sociale, che offrono servizi e redditi attraverso la redistribuzione politica.

?li effetti perversi dello stato sociale BeCnesiano, manifestatisi in modo marcato alla fine degli anni 0(', vengono rinforzati da una serie di altri fattori, alcuni di ca!atte!e i0 st!uttu!ale e di lungo e!iodo %saturazione del mercato dei beni della produzione di massa e contemporaneo intensificarsi della concorrenza dei nuovi paesi industriali), alt!i di ca!atte!e i0 contingente %brusca impennata dei prezzi petroliferi e labbandono del sistema dei cambi fissi con la connessa svalutazione del dollaro), che insieme contribuiscono ad aggravare la situazione economica e sociale. LA VARIET) #EI SISTEMI #I REGOLA$IONE PRINCIPI E !I!TE#I I RE%OLAZIONE In linea generale, " possibile distinguere t!e 'o!,e di !egolazione con le relative istituzioni$ +6 Lo SCAM:IO #I MERCATO SULLA :ASE #I %RE$$I, con le istituzioni dei ,e!cati auto!egolati+ 86 La SOLI#ARIET) SULLA :ASE #I O::LIGA$IONI CON#IVISE con una vasta ga,,a di istituzioni %famiglia, comunit locale, movimenti o associazioni volontarieI, in questo vicina alla reciprocit di Polanyi+ =6 LAUTORIT) , basata sulla coercizione, con le istituzioni dello stato %corrispondente, a grandi linee, alla redistribuzione di Polanyi ) o, a livello micro, con l(i, !esa co,e o!ganizzazione ge!a!chica . In base alle teorie del neocorporativismo, a questo quadro consolidato SC*MITTER e STREEC1 propongono di aggiungere come forma di regolazione anche la CONCERTA$IONE e le associazioni di ti o neoco! o!ativo co,e istituzioni che la sostengono. In realt, la CONCERTA$IONE NEOCOR%ORATIVA " anchessa vicina alla redistribuzione di Polanyi, proprio per il rilievo che hanno decisioni e interventi politici nella produzione e distribuzione del reddito %scambio politico). #uttavia, " anche vero che in questa forma di regolazione lallocazione delle risorse e i rapporti tra i soggetti %in particolare lavoratori e imprese) non avvengono soltanto tramite comandi dello stato

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%norme legislative o amministrative), ma coinvolgono in misura rilevante le organizzazioni degli interessi, ai quali vengono delegate funzioni pubbliche in importanti sfere di decisione in campo economico e sociale. In questo senso, si pu- quindi considerare la concertazione neocorporativa come una variante moderna della redistribuzione che aiuta a mettere meglio a fuoco alcuni caratteri regolativi delle economie capitalistiche. 4" per- unaltra distinzione importante da ricordare$ ogni economia concreta non si baser mai soltanto su ununica forma di regolazione, per cui " opportuno distingue!e anche t!a !egolazione e siste,i di !egolazione .

!inci i o 'o!,e di

I %RINCI%I o <ORME #I REGOLA$IONE riguardano le !egole secondo le 3uali le dive!se !iso!se vengono co,.inate nel !ocesso !oduttivo, il !eddito !odotto viene dist!i.uito e i otenziali con'litti t!a i soggetti del !ocesso econo,ico vengono cont!ollati . Il rilievo che una determinata forma di regolazione ha in uneconomia concreta pu- essere allora riscontrato in base al ruolo delle istituzioni che la sostengono J+ 3er SISTEMA #I REGOLA$IONE sintende invece la s eci'ica co,.inazione e integ!azione t!a dive!se 'o!,e di !egolazione che ca!atte!izza una dete!,inata econo,ia , concetto equivalente a quello di sistema economico, inteso come una modalit di regolazione istituzionale complessiva di una determinata economia.

Ta.6 =6B. Principi e sistemi di regolazione


#ERCATO ECRETO ACCOR O

!CA#'IO I #ERCATO KK K K 7olidariet K K 2 !utorit K KK K 4oncertazione 2 2 KK 4iascuno dei tre tipi o sistemi di regolazione " caratterizzato da una forma regolativa prevalente, e da una diversa combinazione e integrazione delle altre L. Il concetto di sistema di regolazione pu- essere usato anche a livello microeconomico, per studiare la specifica organizzazione di determinati settori di imprese o le economie di territori sub2nazionali M.
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!d esempio" nel secondo dopo#uerra il peso assunto dallo stato sociale $e%nesiano se#nala l&im portanza delle forme di re#olazione 'asate sulla redistri'uzione. (alla ta'. 3.5." si )ede ad esempio che il peso minore della solidariet nel modello dell& ACCORDO sottolinea che un esteso stato sociale tende a ridurre il ruolo di istituzioni come la fami#lia" la parentela o il )olontariato" nella pro tezione dei so##etti da una serie di rischi. !ltro)e *uesto compito + in)ece pi, lasciato alla societ ci)ile. - ancora" il peso attri'uito ai comandi pu''lici nel modello del DECRETO )uole sottolineare la componente pi, diri#ista di *uesto idealtipo rispetto allo scam'io politico neocorporati)o dell&accordo" e al pluralismo tradizionale del mercato. .n *uesto modo" + stato possi'ile ricostruire il sistema di re#olazione della /erza .talia" nella fase cruciale del suo s)iluppo" cio+ ne#li anni 7 e nei primi anni 08 " come una particolare com'inazione tra mercato" reciprocit e scam'io politico neolocalistico" che ha coin)olto associazioni e #o)erni locali. 1a crescita delle piccole imprese + stata sostenuta da diffuse forme di reciprocit a 'ase familiare e comunitaria" che hanno a''assato i costi di riproduzione del la)oro e han no fa)orito un&offerta di la)oro flessi'ile ed elastica. (&altra parte" l&esistenza di un denso tessuto associati)o ha portato a uno scam'io politico nel *uale i sindacati hanno moderato le ri)endicazioni salariali e non han no posto )incoli alla flessi'ilit" ottenendo una redistri'uzione dei )anta##i dello s)iluppo" sia attra)erso le relazioni industriali che con #li inter)en ti in campo sociale dei #o)erni locali.

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8.La )risi del 0ordismo e i modelli produttivi 0lessi9ili 4on la political economy comparata si manifesta una ripresa di interesse e di impegno della sociologia economica a livello macroeconomico, stimolata dalle difficolt e dalle trasformazioni dello stato sociale BeCnesiano. 4ontemporaneamente, per-, prende forma una problematica teorica e di ricerca che si colloca pi a livello microeconomico e si misura con i cambiamenti, non meno rilevanti, nellorganizzazione delle imprese e dei processi produttivi. quanto esamineremo in questo capitolo, partendo dalla crisi del modello 9fordista:,e dallo sviluppo delle nuove forme produttive 9flessibili:. CRISI E TRAS<ORMA$IONE #EL MO#ELLO <OR#ISTA Nel corso del 0N'' si " affermato un modello di organizzazione economica, spesso definito 9fordista:, o 9fordista1taClorista:, che ha raggiunto lapice soprattutto nel ventennio successivo alla seconda guerra mondiale. #ale modello si basa su grandi imprese le cui caratteristic#e principali si possono cosi sintetizzare$ O. Le IM%RESE SONO INTEGRATE VERTICALMENTE %cio" includono al loro interno diverse fasi produttive che prima erano svolte da aziende distinte), sia a valle anche al momento della distribuzione, sia a monte, nel controllo delle materie prime necessarie alla produzione %in molti casi lintegrazione a monte si estende anche ai servizi di ricerca e sviluppo). 4i- fa s; che cresca anche la dimensione complessiva delle imprese+ J. Le IM%RESE SONO IM%EGNATE NELLA %RO#U$IONE #I MASSA, cio" nella produzione di beni standardizzati prodotti in grande quantit con macchine specializzate, con minori costi grazie alle economie di scala ed alle nuove tecnologie+ L. La %RO#U$IONE C REALI$$ATA CON MANO#O%ERA SCARSAMENTE DUALI<ICATA e con unORGANI$$A$IONE #EL
LAVORO

9TA&LORISTICA :, cio" fortemente parcellizzata. Il lavoro " diviso in compiti semplici e

ripetitivi che limitano lautonomia degli operai. La separazione tra concezione2progettazione dei prodotti ed esecuzione " netta e rigida, e limpresa funziona come una grande organizzazione burocratica basata sul controllo gerarchico. @uolo del management " coordinare, integrare e controllare il complesso delle attivit produttive. Vi " quindi una separazione tra la propriet dellimpresa e gestione delle attivit, che " invece affidata a dirigenti specializzati. Non bisogna per- immaginare che il modello si affermi uniformemente in tutti i settori produttivi e che si diffonda con la stessa intensit e con gli stessi tempi in tutti i paesi industrializzati. Non E se, !e ossi.ile int!odu!!e in tutti i setto!i !oduttivi il ,odello della g!ande i, !esa e della !oduzione di ,assa$ limpiego delle tecnologie necessarie ", infatti, molto costoso e richiede investimenti in macchinari che possono produrre solo determinati prodotti, che danno remunerazione solo se c" un mercato che li assorbe. 4i sono diversi tipi di produzioni %beni non standardizzati o di elevata qualit, macchine speciali) a domanda limitata o estremamente variabile %leggasi$ moda) in cui ci- non " possibile, per cui c" uno spazio anche per imprese pi piccole, a gestione tradizionale.

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! ci- " collegato il fenomeno delle subforniture, per cui aziende grandi commercializzano beni in realt prodotti da imprese minori, attraverso le quali coprono fasce di domanda pi insta bili, dovute a variazioni cicliche o risparmiano sul costo del lavoro in fasi del processo produttivo pi semplici e a elevato impiego di manodopera+ <n secondo aspetto da considerare " costituito dai TEM%I #I #I<<USIONE #EL <OR#ISMO e il suo
RA#ICAMENTO NEI #IVERSI CONTESTI NA$IONALI ,

che variano sensibilmente per fattori di natura

istituzionale %grado di chiusura delleconomia nazionale, differenziazione dei gusti e degli stili di vita 1 legato a sua volta al tipo di stratificazione sociale ed alla cultura nazionale). Non " un caso che il fordismo sia nato in !merica e si sia radicato pi rapidamente in quel contesto, caratterizzato da elevato tasso di immigrazione, carenza di manodopera specializzata, alto livello di infrastrutture di comunicazione %ferrovie). 4i- rendeva le imprese particolarmente favorevoli allintroduzione di metodi di produzione come quelli fordisti1taCloristi, che consentivano il rapido impiego di manodopera immigrata a bassa qualificazione, con sensibili risparmi di costo. 3er lassenza o carenza di questi fattori, il fordismo arriver pi tardi e in forme pi limitate in EURO%A , dove persisteranno maggiormente forme di produzione legate a imprese di piccole dimensioni, spesso concentrate territorialmente e tra loro integrate nei c.d. 9dist!etti indust!iali : .arshalliani. Il fordismo si estese in tempi e gradi diversi fuori dagli 7tati <niti, ma le sue caratteristiche furono segnate dalle esperienze nazionali, %tipologia della propriet e della gestione delle imprese, rapporti con la finanza, organizzazione interna delle imprese e del lavoro, rapporti con lo statoI). <o!dis,o a livello ,ic!o e stato sociale 7e5nesiano a livello ,ac!o sono comunque strettamente legati. proprio tenendo conto di tale integrazione che si possono meglio cogliere i fattori di crisi del modello fordista a partire dagli anni A'$

SATURA$IONE #EL MERCATO #EI :ENI #I MASSA+ ACCRESCIUTA CONCORREN$A #EI %AESI #I NUOVA IN#USTRIALI$$A$IONE , con pi basso costo del lavoro nelle produzioni pi semplici e di minore qualit+

IM%ENNATA #EI %RE$$I #EL %ETROLIO E #ELLE MATERIE %RIME+ <INE #EL REGIME #I CAM:I <ISSI %e conseguente maggiore instabilit sul mercato internazionale)+ ES%LOSIONE #ELLA CON<LITTUALIT) IN#USTRIALE NEI %RIMI ANNI ( FG.

La crisi del modello fordista si manifesta diversamente nei vari paesi, a seconda delle capacit del contesto istituzionale di frenare il conflitto industriale e di mantenere una politica di regolazione della domanda tale da garantire condizioni di maggiore stabilit %in ogni caso, anche in contesti di tipo neocorporativo le tendenze di trasformazione del fordismo non sono state frenate). 6ltre a quelli elencati, altri motivi che hanno mandato via via in crisi questo modello sono legati alla maggiore domanda di beni di maggiore qualit nei paesi ricchi, vuoi per laumento dei redditi, vuoi per il formarsi di nuovi gruppi sociali istruiti che sviluppano nuovi stili di vita e modelli di consumo. 4i- contrae

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ulteriormente lo spazio per il mercato dei beni di massa tradizionali %la domanda " sempre pi sostitutiva che aggiuntiva). <n secondo elemento favorisce e incentiva il tentativo di spostarsi verso una produzione pi diversificata e di qualit " dato dallintroduzione delle NUOVE TECNOLOGIE ELETTRONIC*E %calcolatori, macchine a controllo numerico) che permettono di programmare il macchinario in modo da poterlo utilizzare per compiti e prodotti diversi. 4i- consente un sensibile abbassamento dei costi della produzione flessibile, per cui diventa possibile produrre beni non standardizzati di elevata qualit, in serie limitate, a costi pi bassi. In tal modo " possibile vendere beni di elevata qualit, prodotti in quantit limitate e soggetti a rapido cambiamento, per i quali i consumatori sono disponibili a pagare prezzi pi elevati, sfuggendo anche alla concorrenza dei paesi a pi basso costo del lavoro in produzioni di massa, pi semplici e di bassa qua 2 lit. Naturalmente, questo non vuoi dire che la produzione di massa e il modello fordista siano abbandonati dalle imprese dei paesi pi sviluppati. *a questo punto di vista sono da prendere in considerazione due tendenze che possono variamente combinarsi tra loro+ l%uso delle nuove tecnologie per riadattare il modello fordista e la spinta alla multinazionalizzazione %per cui le grandi imprese della produzione di massa, investendo direttamente allestero e specie nei paesi in via di sviluppo, cercano di ritrovare le condizioni di vantaggio prima presenti nei paesi pi avanzati$ un mercato in crescita e condizioni di pi basso costo del lavoro). In conclusione, possiamo dunque rilevare che, specie a partire dagli anni A', si " assistito a un processo di diversificazione e pluralizzazione dei modelli produttivi. Su 3uesto 'eno,eno in'luisce in ,isu!a signi'icativa il contesto istituzionale nel 3uale le i, !ese o e!ano $ per comprendere i motivi per cui alcuni paesi o alcune regioni si sono riadattati pi rapidamente e pi efficacemente non basta dunque guardare al livello macroeconomico e al ruolo dello stato, ma occorre prendere in considerazione linterazione tra imprese e ambiente sociale nel quale sono inserite. ,d " proprio su questo terreno che si sviluppa una ripresa della sociologia economica anche a livello micro, che analizza in particolare i rapporti tra contesto istituzionale e nuovi modelli produttivi flessibili. MO#ELLI %RO#UTTIVI <LESSI:ILI E CONTESTO ISTITU$IONALE I primi ad affrontare in maniera organica il modello della specializzazione flessibile, in contrapposizione a quello fordista della produzione di massa sono stati %io!e e Sa.el, nel ONDM. !lla produzione di beni standardizzati di massa, fatta con macchine specializzate e manodopera semi2qualificata, viene contrapposta la S%ECIALI$$A$IONE <LESSI:ILE , caratterizzata dalla produzione di beni non standardizzati con macchine utilizzabili per modelli diversi, realizzati con manodopera pi qualificata. Laccento " posto in particolare sulle nuove tecnologie elettroniche che riducono, come abbiamo gi notato, il costo della produzione flessibile e diversificata. La specializzazione flessibile coinvolge anche

le grandi imprese in trasformazione, specie in paesi come la ?ermania e il ?iappone, anche se le maggiori possibilit che questo processo apre sono per le imprese pi piccole. 7i possono individuare tre aspetti che gli studi successivi, contribuiranno a mettere meglio a fuoco$ +6 Il primo riguarda la possibile persistenza della del neofordismo+ 86 Il secondo aspetto si riferisce alle forme di s ecializzazione 'lessi.ile praticate dalle grandi imprese, oltre che dalle piccole, con la loro trasformazione interna e la maggiore apertura a rapporti di collaborazione con imprese esterne+ =6 Il terzo, infine, ha a che fare con lanalisi pi approfondita e dettagliata dei 'atto!i istituzionali che consentono le forme di cooperazione tra management e lavoratori e quelle tra le imprese, necessarie per lemergenza e il funzionamento dei modelli flessibili a elevata capacit innovativa, buone condizioni di lavoro e alti salari. PICCOLE I#PRE!E E I!TRETTI IN U!TRIALI !oduzione di ,assa nei termini prima ricordati

II fenomeno dei distretti di piccole e medie imprese, concentrati in alcune regioni, " stato riscontrato in diversi paesi. In qualche caso si trattava di aree gi caratterizzate da strutture produttive di questo tipo, che vengono per- coinvolte in una fase di forte dinamismo, in altri emergono invece delle nuove concentrazioni di aziende e specializzazioni produttive. Indipendentemente dal settore %9tradizionale: o 9moderno:), perch5 si parli di distretti industriali devono esserci due requisiti essenziali$ +6 necessario che il componenti+ 86 7i tratta di !oduzioni soggette a elevata va!ia.ilit/ 3uantitativa e 3ualitativa della !ocesso !oduttivo sia divisi.ile in 'asi dive!se , tecnica,ente

se a!a.ili, in modo da consentire la specializzazione delle piccole imprese per fasi o

do,anda, che richiede forme di organizzazione flessibile, 3articolare interesse ha suscitato il fenomeno in Italia, data la sua diffusione, anche se tendenze simili sono state segnalate anche in alcune regioni tedesche %es. Haden2>Prttemberg), in 7vezia, in alcune zone del ?iappone, della Qrancia, della 7pagna, o anche in aree degli 7tati <niti %es. 7ilicon ValleC in 4alifornia). I #ISTRETTI IN#USTRIALI IN ITALIA Nel corso degli anni A' si nota una forte crescita delle piccole imprese, particolarmente concentrata nelle regioni del centro e del nordest. 8uestarea verr definita come Te!za Italia , per distinguerla dal nordovest, cio" dalle zone della prima industrializzazione e delle grandi imprese, e dal sud dove il processo di industrializzazione era rimasto fortemente limitato. 8ueste piccole imprese presentano la

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particolarit di essere concentrate in sistemi locali di uno o pi comuni vicini %e popolazione generalmente : O'' mila ab.). In questi sistemi locali vi " un ,e!cato del lavo!o integ!ato, e un certo grado di s ecializzazione setto!iale. 8uando la specializzazione settoriale e lintegrazione tra le piccole imprese sono molto elevate e danno luogo a una divisione s ecialistica del lavo!o, si formano i 9#ISTRETTI IN#USTRIALI :. In un distretto sono dunque localizzate molte imprese di piccola dimen sione, ciascuna delle quali si specializza in una particolare fase o nella produzione di una particolare componente del processo produttivo. 7olo un numero ridotto di aziende ha per- rapporti diretti con il mercato finale, e sono quelle che ricevono gli ordini, decidono la quantit e la qualit dei beni da produrre e ne affidano la realizzazione concreta ai produttori di fase, coordinando lintero processo. Lindagine sui distretti ha contribuito, in particolare, a evidenziarne due aspetti peculiari$ La ca acit/ di !is onde!e in ,odo 'lessi.ile ai ca,.ia,enti del ,e!cato si basa non solo sulluso delle nuove tecnologie da parte delle singole aziende, ma soprattutto sui !a coo e!azione+ La ca acit/ di innova!e e migliorare la qualit dei beni prodotti " sostenuta dallesistenza di econo,ie este!ne alle singole aziende ,a inte!ne all(a!ea in cui esse sono localizzate $ manodopera e collaboratori specializzati, servizi e infrastrutture, ma anche fattori immateriali che influiscono sulla produttivit e che .arshall chiama ,atmos0era industriale-1 che si caratterizza per la circolazione e diffusione rapida di conoscenze e informazioni. o!ti di

<n aspetto importante di questo fenomeno " proprio quello costituito dalla #IS%ONI:ILIT) #I RISORSE COGNITIVE che si formano nel tempo e portano a 9 conoscenze tacite: o a un ,sa e!e contestuale-, cio" a un saper fare diffuso, a un linguaggio condiviso che consente di adattare agli specifici problemi produttivi il ,sa e!e codi'icato- delle conoscenze scientifico2tecniche. !ccanto a queste componenti cognitive, ve ne sono altre di tipo normativo, quali la COO%ERA$IONE allinterno delle aziende, e tra le diverse imprese. 8uanto alle origini, t!e 'atto!i istituzionali sono c!uciali per lo sviluppo delleconomia diffusa e dei distretti$ +6 <na RETE #I %ICCOLI E ME#I CENTRI nei quali vi erano tradizioni artigianali e commerciali diffuse, dalle quali sono venute in larga misura le risorse di imprenditorialit per le piccole imprese %in molti casi " stato importante il ruolo di buone scuole tecniche locali)+ 86 ,sistenza di RA%%ORTI #I %RO#U$IONE IN AGRICOLTURA prima dellindustrializzazione %mezzadria e piccola propriet contadina), che ha sostenuto la formazione originaria di unofferta di lavoro flessibile, a costi ridotti, e con conoscenze e motivazioni congruenti con lo sviluppo di piccola impresa+

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=6 Qorte presenza nelle aree in questione di TRA#I$IONI E ISTITU$IONI %OLITIC*E LOCALI legate al movimento cattolico e a quello socialista e comunista, che hanno anzitutto contribuito a rafforzare un tessuto fiduciario molto importante per lo sviluppo di piccola impresa e, in secondo luogo, hanno influenzato le relazioni industriali e lattivit dei governi locali. Il modello di relazioni industriali ha cosi assunto un carattere cooperativo e localistico.

<ig6 H6+6 $ distretti industriali in $talia &'((') ?li ENTI LOCALI, a loro volta, hanno garantito quei servizi sociali che hanno favorito la flessi bilit del lavoro, e hanno spesso fornito alcuni servizi e infrastrutture essenziali per lo sviluppo. 8uesto quadro culturale e istituzionale " importante anche per comprenderne la logica di 'unziona,ento. !nzitutto, " evidente che la produzione richiede un elevato grado di coope razione tra le imprese e tra imprenditori e lavoratori allinterno delle unit produttive. 3er quel che riguarda per esempio la subfornitura, esiste certo unelevata concorrenzialit allinterno delle singole fasi produttive, ma questa " mitigata da meccanismi di cooperazione per cui il committente o il subfornitore non massimizzano lutilit a breve termine. 4i- consente vantaggi reciproci a medio e lungo termine. 8ueste forme di cooperazione, che integrano i meccanismi concorrenziali, si fondano quindi su un tessuto fiduciario sostenuto dagli elementi culturali e istituzionali prima ricordati.

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Qorme di cooperazione sono presenti anche nel mercato del lavoro$ la produzione dei distretti richiede, infatti, unelevata 'lessi.ilit/ inte!na, in termini di orari e straordinari, ma anche di disponibilit a svolgere compiti diversi e a contribuire alla qualit della produzione, o un elevata ,o.ilit/ del lavoro tra le imprese. 4ol tempo, " cresciuta anche una s eci'ica 'o!,a di !egolazione olitica del ,e!cato del lavo!o , per cui sia le relazioni industriali che lazione dei governi locali hanno favorito laccettazione sociale del modello di sviluppo attraverso meccanismi di redistribuzione del reddito prodotto, che si affiancano a quelli di reciprocit, legati alla famiglia e alle reti parentali. In questo senso la COSTRU$IONE SOCIALE #EL
MERCATO

" un aspetto cruciale del successo dei distretti nella specializzazione flessibile.

#ISTRETTI E ISTITU$IONI

I principali tratti comuni ricavabili dalle ricerche sui vari paesi hanno evidenziato che i distretti industriali orientati alla produzione flessibile sono legati a specifiche risorse cognitive e normative. In particolare si possono sottolineare gli aspetti seguenti. O. 3er quel che riguarda gli AS%ETTI COGNITIVI, vi sono due ordini di fattori che influiscono sulle conoscenze e sulla formazione dellimprenditorialit$ I, o!tanti t!adizioni a!tigianali !ecedenti , alimentate anche da buone scuole tecniche e da altre istituzioni formative+ Vicinanza di istituzioni di !ice!ca pubbliche o private %legate anche a grandi imprese) e in particolare dalla presenza di importanti universit che sviluppano intensi scambi con le imprese. J. <na CA%ACIT) #I COO%ERA$IONE E LA #IS%ONI:ILIT) #I UN TESSUTO <I#UCIARIO , in genere influenzate da identit locali distinte %politiche o di tipo etnico) che si riproducono nel tempo+ L. IM%ORTAN$A #ELLE RISORSE COGNITIVE e normative non solo per lo sviluppo di tipo distrettuale, ma anche e! la sua !i !oduzione nel te, o+ M. <nELEVATA CA%ACIT) #I COO%ERA$IONE E ANC*E UN COINVOLGIMENTO CRESCENTE per migliorare la qualit da a!te dei lavo!ato!i , che d loro forti motivazioni a mettersi in proprio o, in alternativa, unelevata flessibilit pi contrattata e compensata. 3ossiamo dunque concludere che il successo nelladattamento dei distretti industriali alle sfide esterne deriva principalmente dalla capacit degli attori locali di continuare a interagire efficacemente per trovare nuove soluzioni, per produrre nuovi beni collettivi da cui dipende il benessere della societ locale. LA TRA!FOR#AZIONE ELLE %RAN I I#PRE!E 4ome i distretti industriali, anche le grandi imprese, hanno cominciato a trasformarsi sperimentando modelli di produzione flessibile. 7ebbene questo processo non si diffonda ovunque e con le stesse caratteristiche, " possibile identificare alcuni tratti idealtipici del nuovo modello.

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Il %UNTO #I %ARTEN$A " costituito dalla c!escente insta.ilit/ e '!a,,entazione dei ,e!cati $ mancando la prevedibilit che era un requisito essenziale del modello fordista, linvestimento in macchinari specializzati diventa rischioso per i rapidi cambiamenti della domanda e lobsolescenza dei prodotti+ si comincia dunque a sperimentare una riorganizzazione per offrire pi prodotti e per modificarli rapidamente in funzione di ci- che verr domandato dal mercato. O. 3er le grandi imprese che vogliono sopravvivere si fa strada la necessit di RI#URRE LA
SE%ARA$IONE TRA CONCE$IONE E# ESECU$IONE #EI %RO#OTTI

%tipica del fordismo), che rende la

produzione di nuovi beni lenta, elaborata, e rigida. 7i sperimentano cos; forme di decentramento dellautorit, con unit operative pi vicine agli stimoli del mercato ed in grado di operare rapidamente, e strutture centrali %pi snelle) lasciate alle sole decisioni strategiche. *al punto di vista finanziario, la grande impresa, spesso multinazionale, si trasforma in una holding che controlla altre societ specializzate nei diversi prodotti+ J. CAM:IA L(ORGANI$$A$IONE INTERNA , e in particolare quella #EL LAVORO , e rimettendo in discussione i modelli taCloristi. La possibilit di produrre beni differenziati in serie brevi , con aggiustamenti continui rispetto alla domanda , porta alla necessit di eliminare risorse ridondanti. 7i cerca dunque di ridurre gli scarti, i tempi morti e laccumulo di scorte, sincronizzando il pi possibile la produzione alla domanda proveniente dal mercato. 4i- richiede, al contrario di quella fordista2 taClorista, una pi attiva collaborazione e un maggior coinvolgimento della manodopera, che, per poter impiegare macchinari meno specializzati e polivalenti, devono essere pi qualificati ed in grado di svolgere mansioni diverse, anche lavorando in gruppi che si compongono e scompongono a seconda delle esigenze produttive+ L. La grande impresa SI A%RE ANC*E MAGGIORMENTE ALL(ESTERNO , potenziando la collaborazione con subfornitori %spesso localizzati in aree di specializzazione produttiva) per la produzione di parti complementari, e concentrandosi pi sullo sviluppo di alcune tecnologie chiave, sul design e sullassemblaggio complessivo del prodotto finale. 3er rendere poi pi efficace il ruolo dei subfornitori, si tende a evitare che essi lavorino solo per la sola impresa madre, incoraggiandoli ad andare sul mercato %lavorando per pi committenti, la loro capacit di apprendimento aumenta)+ M. 4ome per i distretti, %ARTICOLARE RILIEVO ASSUME IL CONTESTO ISTITU$IONALE %sottoforma di fattori cognitivi e normativi), che influisce sulla possibilit delle grandi aziende di adattarsi rapidamente ai modelli produttivi flessibili+ &. Vengono introdotte
REGOLE ISTITU$IONALI$$ATE C*E INCENTIVANO NEI LAVORATORI UN

COM%ORTAMENTO COO%ERATIVO ,

per cui il potenziamento delle capacit di apprendimento avviene

attraverso una pi intensa e pi efficace cooperazione tra le varie strutture e i vari soggetti che lavorano nellambito dellimpresa. ! sostegno della cooperazione, si promuove limpiego a vita nelle grandi imprese %come in ?iappone) o si tengono relazioni industriali con sindacati a livello

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cooperativo e concertativo+ per lo stesso motivo vengono fatti investimenti in formazione professionale per pi rapide ed efficaci forme di adattamento a nuove produzioni+ (. <n altro aspetto importante della strategia di potenziamento delle risorse cognitive per linnovazione " costituito dallA%ERTURA MAGGIORE ALLE COLLA:ORA$IONI ESTERNE , per cui le grandi imprese sono spinte a cercare contatti con reti di subfornitori specializzati, che sono di solito di piccole dimensioni, e sono localizzati in aree di specializzazione produttiva, o in veri e propri distretti, dove fruiscono di ampie economie esterne. Nella sperimentazione di modelli flessibili c" quindi una certa )onver.enza tra la variante basata sui distretti e quella centrata sulle grandi imprese. 7i allentano insomma i confini tra grandi e piccole impre2 se. 6ccorre per- tenere presente che il fondamento del nuovo modello flessibile non " solo tecnologico, ma organizzativo. 7ia per le grandi come per le piccole imprese, si sviluppa infatti un MO#ELLO
ORGANI$$ATIVO A RETE ,

fondato su unestesa collaborazione tra aziende, che rompe la chiusura e

lintegrazione verticale del modello fordista. In questo senso, i distretti possono essere visti come reti di pi))ole e medie imprese che tendono a formalizzarsi maggiormente nel tempo, mentre la grande azienda si trasforma in impresa"rete.

Fi..8.2. La produzione diversificata di )ualit*. Le reti funzionano come ,SISTEMI #I A%%REN#IMENTO -1 cio" come insiemi di relazioni formali e informali che potenziano le capacit di rapido aggiustamento rispetto al mercato$ non " pi limpresa a decidere i propri obiettivi produttivi e a imporli al mercato, ma " questultimo, diventato frammentato e instabile, che impone processi di aggiustamento pi rapidi e costosi. Le !eti e!,ettono di otenzia!e la velocit/ di aggiusta,ento e le ca acit/ di a !endi,ento, e insieme di ridurre i costi dei nuovi prodotti, distribuendoli su un pi ampio ventaglio di soggetti %e abbassando quindi i rischi). Le reti si possono costruire e possono funzionare pi facilmente in questi contesti nei quali vi " un tessuto fiduciario che facilita la cooperazione, e dove vi sono istituzioni che possono generarlo e riprodurlo.

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3er questo motivo la cooperazione rende le imprese 1 grandi e piccole 1 che vogliono perseguire modelli flessibili pi dipendenti dallambiente sociale nel quale sono inserite %il modello fordista, al contrario, potenziava al massimo lautonomia dellimpresa dallambiente esterno).

L(ECONOMIA IN<ORMALE Lecono,ia in'o!,ale, in prima approssimazione essa pu- essere considerata come l insie,e di attivit/ di !oduzione e dist!i.uzione di .eni e se!vizi che s'uggono in tutto o in a!te alla conta.ilit/ nazionale + in altre parole, leconomia informale si identifica con quella invisibile o poco visibile. 8uesta definizione generale include per- una serie di fenomeni molto diversi tra loro, che possono andare dalla produzione familiare per autoconsumo, alla produzione industriale realizzata con lavoro non registrato, alleconomia criminale dei traffici di droga. In questo senso, una definizione pi specifica delleconomia informale, che permette di distinguere meglio le diverse componenti, si pu- basare su t!e di,ensioni+ le ,odalit/ di !oduzione di .eni e se!vizi, che possono essere legali o meno+ il ti o di .eni e se!vizi !odotti, che possono anchessi essere leciti o meno+ e infine l%o!ienta,ento al ,e!cato della !oduzione . 7e leconomia formale " allora costituita dalla produzione destinata al mercato di beni e servizi leciti , realizzata secondo modalit* c#e non violano la legge , lecono,ia in'o!,ale " caratterizzata dalla mancanza di uno o pi di tali requisiti. In particolare, possiamo definire$ O. ECONOMIA CRIMINALE la componente informale legata alla produzione illecita di beni e servizi %anchessi illegali)+ J. ECONOMIA NASCOSTA %o so,,e!sa) quella che produce beni e servizi leciti, ma con modalit che violano in tutto o in parte la legge %es. con lavoro non registrato, evasione fiscale, ecc.)+ L. ECONOMIA #OMESTICA %o co,unita!ia) quella orientata alla produzione legale di beni e servizi leciti, orientata non al mercato ma allautoconsumo familiare, o al consumo di un gruppo sociale, o di una comunit+ Ta.6 H6+6 ,conomia formale e informale ECONOMIA <ORMALE ECONOMIA IN<ORMALE 4 I nascosta Ille.ali I c!i,inale Ille.ali I do,esticaAco,unita!ia Le.ali #ETO I I PRO UZIONE Le.ali PRO OTTI Le.ali Le.ali Ille.ali Le.ali ORIENTA#ENTO AL #ERCATO !i !i !i No

I confini tra la sfera formale e quella informale delleconomia sono molto fluidi e variabili$ perch5 la distinzione regga, E necessa!io che ci sia un(econo,ia 'o!,ale de'inita da !egole giu!idiche precise e applicate, che delimitano e organizzano le attivit economiche per il mercato %in molti paesi del #erzo .ondo o in regioni arretrate, dove manca questo requisito, risulta difficile distinguere tra le due sfere).

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7ingole componenti delleconomia informale possono poi intrattenere relazioni tra loro eRo con pezzi delleconomia formale &. ! partire dalla seconda met degli anni A' leconomia informale %in particolar modo quella domestica e quella nascosta), ha cominciato a diffondersi in maniera rilevante nelle regioni e nei paesi meno sviluppati, passando da indicatore di arretratezza e isolamento, ad opportunit di inserimento nei nuovi spazi aperti nella divisione internazionale del lavoro. per- la presenza del fenomeno nelle aree pi sviluppate a suscitare linteresse della ricerca. 3er la diffusione ed il funzionamento delleconomia informale in queste zone, %come nelle aree meno sviluppate), ricopre particolare i, o!tanza il !uolo di s eci'ici 'atto!i cultu!ali e istituzionali . Non ci sono informazioni e misurazioni precise sullandamento delleconomia informale negli ultimi decenni, anche se sembra che il
J

!og!essivo s osta,ento di attivit/ in'o!,ali ve!so la s'e!a

dell(econo,ia 'o!,ale , verificatosi fino agli anni A' abbia subito uninversione di tendenza, collegata sia alle difficolt* del fordismo e della produzione di massa che alle difficolt* dei sistemi di protezione sociale pubblici. @elativamente al primo aspetto %#I<<ICOLT) #EL <OR#ISMO e #ELLA %RO#U$IONE #I MASSA), lipotesi " che i problemi e le trasformazioni della produzione di massa alimentino leconomia informale$ #i!etta,ente per le difficolt occupazionali legate alle recenti spinte verso la deregolazione dei rapporti di lavoroA+ Indi!etta,ente, per la tendenza delle aziende a delocalizzare a settori di economia informale fasi o componenti della produzione %per renderla pi flessibile a costi pi bassi), favorite in questo dal miglioramento delle tecnologie di comunicazione e di trasporto. 3er quel che riguarda le #I<<ICOLT) #EI SISTEMI #I 2EL<ARE , questa ha portato ad incrementare lauto2produzione familiare o comunitaria di beni e servizi come conseguenza della minore, o pi carente, copertura pubblica. La domanda sociale, diventata peraltro pi variegata, " stata cos; coperta da reti di economia domestica e comunitaria basate su scambi di aiuti e forme di reciprocit %c.d. 9te!zo setto!e:) o sul volontariato+ 6ltre alle difficolt occupazionali e al ridimensionamento dei sistemi di protezione sociale pubblici, altri fattori che spingono verso una diffusione di attivit legate alleconomia informale sono$

2er esempio" la produzione domestica o comunitaria pu3 fornire risorse a##iunti)e per i so##etti impe#nati nell&economia nascosta che producono per il mercato con salati e condizioni non re#olari. ! sua )olta" *uesta produzione pu3 accrescere la flessi'ilit di piccole o #randi imprese dell&economia formale" che decentrano parti o componenti pi, semplici" e a pi, alta intensit di la)oro" della loro produzione. 4el campo della produzione di beni *uesto fenomeno si + accompa#nato alla crescita delle #randi imprese" e pi, in #enerale della produzione per il mercato" mentre nel campo dei servizi le forme tradizionali re#olate da meccanismi di reciprocit a 'ase familiare e comunitaria sono state in parte sostituite dal welfare statale. 5ltre che per il diffondersi del fenomeno del doppio la)oro.

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Lelevato costo del se!vizi 'inali o''e!ti sul ,e!cato, per cui, anche grazie alle nuove tecnologie che mettono a disposizione strumenti per forme di auto2fornitura di tali servizi, i con2 sumatori %attraverso il 9fai da te:, o attraverso scambi di aiuti che non passano per il mercato), sono in grado di risolvere problemi che altrimenti richiederebbero costi elevati %di manutenzione , riparazione, baby-sitting I).

7ebbene le logiche che alimentano leconomia informale siano diverse e complesse, c" tuttavia un elemento che spesso le accomuna$ il ricorso a forme di reciprocit* %sottoforma di relazioni sociali di tipo familiare, parentale o comunitario) come modalit* regolative prevalenti .

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In questo senso, con particolare riferimento alla componente delleconomia nascosta o sommersa, oltre alle condizioni gi viste che incidono sul lato della #OMAN#A, ovvero$

La ricerca di ,aggio!e 'lessi.ilit/ nell(uso e nel costo del lavo!o da parte delle imprese delleconomia formale+

Le nuove tecnologie di co,unicazione e il ,iglio!a,ento dei t!as o!ti che favoriscono il decentramento e la delocalizzazione+

La '!a,,entazione e la va!ia.ilit/ dei ,e!cati che, insieme alle tecnologie flessibili, aprono spazi per produzioni informali in piccole imprese, per il lavoro autonomo e per quello a domicilio,

e di quelle dal lato #ELL(O<<ERTA di lavoro informale, ovvero

Le di''icolt/ occu azionali e la !iduzione delle 'o!,e di !otezione sociale u..lica ,

un ruolo cruciale alla diffusione delleconomia nascosta lo svolge il CONTESTO ISTITU$IONALE , soprattutto quando interviene nel meccanismo di equilibrio tra domanda e offerta$ O. RI!OR!E CO%NITI&E$ dove esistono conoscenze e tradizioni di saper fare artigianali e commerciali autoctone %oppure importate attraverso limmigrazione), " pi facile che si organizzi unimprenditorialit che crea e fa funzionare attivit informali+ J. RI!OR!E NOR#ATI&E$ vi sono, infatti, norme che ostacolano la domanda di attivit informali e fattori che invece incoraggiano lofferta %ad es., vincoli sono molto forti alle attivit formali 1 rispetto alla produttivit 1 e strutture di controllo di scarsa efficacia, portano ad un aumento della domanda)+ L. RELAZIONI FI UCIARIE$ le reti di relazioni fiduciarie tra imprenditori, acquirenti e lavoratori favoriscono le transazioni %commerciali, di lavoro, di credito) nellambito delleconomia nascosta+ M. RA ICA#ENTO TERRITORIALE$ " un aspetto essenziale di queste forme di economia nascosta, in quanto " nel territorio che si sviluppano meglio quelle reti di relazioni e di conoscenze che permettono la mobilitazione delle risorse %o le sanzioni di esclusione a carico di coloro che rompono i legami fiduciari), sia nei quartieri di grandi metropoli moderne 1 caratterizzate da comunit etniche e da gruppi di immigrazione a forte coesione interna 1 che in aree arretrate dove sono radicate comunit locali tradizionali, e dove la famiglia gioca un ruolo cruciale dal punto di vista economico %es. meridione di molti paesi mediterranei, latino2americani o asiatici). LA VIA ALTA E LA VIA :ASSA

I modelli produttivi flessibili contribuiscono ad accrescere, rispetto alla fase di egemonia del fordismo e della produzione di massa, la variet delle forme di organizzazione economica. 3er giungere alla flessibilit si possono identificare due vie, una alta ed una bassa$

La 9VIA ALTA : ALLA <LESSI:ILIT) , " basata sul dinamismo, sullinnovazione, su condizioni di lavoro pi favorevoli, su produzioni diversificate e sulla qualit. centrata su reti di imprese %i distretti) o su imprese1rete ed " di particolare interesse per i paesi pi sviluppati, in difficolt nel

competere sul solo fronte del costo del lavoro %e dei prezzi) con i paesi arretrati per produzioni standardizzate e semplici+

La 9VIA :ASSA : alla flessibilit " invece quella che gioca molto sul lavoro nero per rafforzare la competitivit del prezzo in produzioni di minore qualit, quasi sempre radicate nelleconomia nascosta, e quindi con evasione sia delle norme fiscali, sia di quelle che regolano i rapporti di lavoro. 8uesta strada " certo pi facile da percorrere, specie nella fase iniziale. !nche in questo caso il contesto istituzionale " in realt importante$ non basta, infatti, uno stato di disoccupazione diffusa, di carenza di reddito o di scarsa copertura del sempre presenti. elfare, per generare attivit flessibili legate alleconomia informale. ,sse richiedono un complesso di risorse cognitive e normative che non sono

In realt, i confini tra queste modalit, entrambe in crescita, sono molto fluidi e relativamente aperti$ 3erch5 spesso la via alta fa ricorso, per le produzioni pi semplici, ad imprese ad alta intensit di lavoro+ 3erch5 sono possibili percorsi di mobilit sia verso lalto di sistemi inizialmente basati sulleconomia informale, sia di scivolamento verso il basso di quelli pi consolidati. La via alta " sicuramente la difficile da perseguire, anche pu- essere favorita dalle condizioni storiche socioculturali dei singoli territori e da scelte politiche dei soggetti locali, che costruendo delle istituzioni regolative contribuiscono a creare le condizioni per un allargamento della fiducia e della cooperazione D . 4omunque, rispetto al fordismo, il rilievo assunto dai modelli flessibili tende ad accrescere le c#ances per gli attori locali di incidere sul loro destino attraverso unazione politica consapevole, proprio perch5 valorizza di pi la cooperazione come risorsa economica.

2onendo" ad esempio" )incoli a#li orientamenti )olti a massimizzare #li interessi a 're)e" per esempio *uelli delle imprese nei rapporti con i la)oratori" o *uelli delle imprese nei rapporti tra loro.

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;. La nuova so)iolo.ia e)onomi)a Le trasformazioni del modello fordista hanno stimolato lo sviluppo di una nuova sociologia economica a livello micro, volta ad approfondire le forme di organizzazione produttiva flessibili . !ccanto a questo filone di studi, pi influenzato dalla ricerca empirica, si " fatto strada nellultimo ventennio anche un altro approccio maggiormente legato al dibattito teorico, legato allanalisi della crescente variet* dei modelli di organizzazione economica. Le dimensioni delle imprese, la scelta tra produrre allinterno o acquistare beni sui mercato, il ricorso a forme di collaborazione di varia natura, sono tutti aspetti, infatti, che sembrano richiedere spiegazioni pi complesse di quelle tecnologiche, alle quali leconomia aveva in passato prevalentemente rimandato. !lla scelta razionale delle soluzioni istituzionali pi efficienti viene cos; contrapposta una visione delle forme di organizzazione che sottolinea il ruolo autonomo dei fattori culturali e delle reti di relazioni sociali. IL NEOISTTTU$IONALISMO ECONOMICO ! partire dagli anni A' si sviluppa un9economia istituzionale: che mette in discussione lidea dellimpresa come funzione di produzione, cio" come unentit produttiva i cui confini sono sostanzialmente definiti dalla tecnologia. Lo studio del mercato non ", infatti, sufficiente a spiegare per2 ch5 alcune 9transazioni: %scambi di beni e servizi) avvengano nel mercato e altre vengano internalizzate nellimpresa, o perch5 in alcuni casi limpresa cresce mentre in altri resta di piccole dimensioni. Il nuovo approccio ipotizza in tal senso lesistenza di 9 costi di t!ansazione: variabili, dovuti a condizioni di incertezza e a carenza di informazioni, che possono creare spazi pi o meno grandi per comportamenti opportunistici. Le organizzazioni tendono dunque a differenziarsi per trovare, a seconda delle diverse situazioni di scambio economico, la maggiore efficienza delle transazioni. L(ANALISI #EI COSTI #I TRANSA$IONE

La natura contrattuale delle istituzioni " lelemento principale che accomuna gli studi riconducibili al neo1 istituzionalismo economico. #ra questi, particolare importanza riveste l9 ECONOMIA #EI COSTI #I
TRANSA$IONE :

di 2illia,son$

7ul versante econo,ico 1 per comprendere i costi di transazione non " sufficiente riferirsi ai .fattori ambientali:, %in particolare ai caratteri del mercato), ma occorre prendere in conside razione anche i .'atto!i u,ani/. *a questo punto di vista, 0illiamson individua nel concetto di 9!azionalit/ limitata:N, formulato da 7imon, lo strumento essenziale per caratterizzare in forma pi realistica le decisioni dei soggetti economici. Nel definire meglio lazione economica, " inoltre necessario tener

.n pratica + impossi'ile conoscere tutte le alternati)e e tutte le loro possi'ili conse#uenze" *uando si de)e prendere una decisione. 1a razionalit + *uindi sempre limitata e mira a ottenere risultati soddisfacenti piuttosto che ottimali" 'asandosi sulla selezione di un ristretto numero di informazioni.

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conto dellumana tendenza all9 opportunismo: negli scambi, che pu- portare al perseguimento del proprio interesse con linganno. Lo spazio per questi fattori umani, cresce quando tra i fattori ambientali prevalgono condizioni di incertezza nel futuro eRo di dipendenza %es. mancanza di concorrenza per monopoli o oligopoli). In queste condizioni, proprio per la difficolt di definire anteriormente, e di eseguire successivamente, un contratto per una specifica transazione, fa s; che si manifestino dei 9 costi di transazione:, per ridurre i quali si sceglie di aumentare lefficienza internalizzando una determinata attivit coordinandola per via gerarchicaO'. In altre parole, a parit di costi di produzione, quanto maggiori saranno i costi di transazione pi si far ricorso allimpresa invece che al mercato. #ra i fattori ambientali, lattenzione si concentra sulla 9spe)i0i)it< delle risorse: %S grado di specializzazione degli investimenti che caratterizzano una determinata transazione)$ quanto pi le risorse coinvolte sono specializzate, tanto pi la relazione si trasforma in un rapporto bilaterale tra i contraenti con rischi di sfruttamento opportunistico OO %e conseguente aumento dei costi di transazione). I rischi crescono inoltre con il ripetersi nel tempo delle transazioni. La figura &.O permette di cogliere quali meccanismi di governo tendano a essere selezionati in relazione al grado di fre)uenza e di specificit* delle transazioni.

<ig6 B6+6 $ meccanismi di governo efficiente delle transazioni


6illiamson + anche consape)ole dell&esistenza di costi della #erarchia" cio+ del fatto che al crescere della dimensione di impresa ci possono essere dei pro'lemi nelle transazioni interne" le#ati alla deresponsabilizzazione " alla perdita di controllo e all&emer#enza di conflitti interni . (i fatto" *uindi" la scelta della #erarchia sempre a parit di costi di produzione + pi, complessa" ed emer#e dalla comparazione tra costi d&uso del mercato e costi della 'urocrazia. 11 7osi" per esempio" se i rapporti tra un&azienda committente e un&atra su'fornitrice implicano la necessit di un ele)ato in)estimento da parte di *uest&ultima in macchinario che non pu3 essere facilmente riutilizzato per la fornitura di 'eni ad altre imprese committenti" la transazione in *uestione sar caratterizzata da un&ele)ata specificit delle risorse.
1

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7ono possibili le seguenti osservazioni$ +6 3er t!ansazioni che co, o!tano .assa s eci'icit/ delle !iso!se %es. lacquisto ricorrente di prodotti standardizzati) tende a prevalere il tradizionale scambio di mercato+ 86 3er t!ansazioni occasionali a i0 elevata s eci'icit/ %es. lacquisto di macchine speciali o la

costruzione di un impianto) si far ancora ricorso al mercato, ma per ridurre i costi di transazione ci si vale dellassistenza di terze parti in qualit di arbitri o mediatori %es. liberi professionisti)+ =6 3er t!ansazioni '!e3uenti ad elevata s eci'icit/ %es. rapporti di subfornitura per componenti di alta qualit), ci si affida ad accordi di lunga durata, 1oint ventures, ecc., ovvero a forme di governo intermedie tra il mercato e la gerarchia %c.d. relational contracting )+ H6 !l c!esce!e ulte!io!e della s eci'icit/ delle !iso!se , la soluzione pi efficiente per limitare i costi di transazione diventa la gerarchia. Nella realt concreta, per-, anche transazioni con elevata specificit delle risorse potrebbero, per esempio, non essere internalizzate, se il contesto istituzionale limitasse lopportunismo e rafforzasse i legami fiduciari. 8uesta teoria di >illiamson, lascia irrisolti due problemi sotto il punto di vista istituzionale$ *a un lato, t!ascu!a l(in'luenza dei 'atto!i cultu!ali e olitici , e delle !eti sociali, per le origini dei modelli di organizzazione economica che si affermano nei vari contesti+ *allaltro, tende a sottovaluta!e la e!sistenza di assetti o!ganizzativi anche ,eno

e''icienti, che possono ugualmente riprodursi proprio per i legami con il contesto istituzionale. su entrambi questi aspetti, collegati alla considerazione di >illiamson dei fattori umani come propensioni psicologiche date, che si sviluppa la critica della sociologia economica. LA NUOVA SOCIOLOGIA ECONOMICA Nella nuova sociologia economica confluiscono approcci diversi, tra i quali, in particolare, quello centrato sulle !eti sociali e quello che si pu- definire pi specificamente come neoistituzionalis,o sociologico. 8uesti due diversi filoni sono, insieme, uniti e distinti dal neoistituzionalismo economico . ,ntrambi, infatti, fanno riferimento a due aspetti tra loro collegati$ la teoria dell%azione e le conseguenze che ne discendono per la spiegazione della variet* delle forme di organizzazione economica.

TEORIA #ELL (A$IONE $ tipica della sociologia economica, vede lazione come socialmente orientata %al contrario delleconomia istituzionale che vede come prevalente, come motivazioni allazione, latomismo e lutilitarismo). La nuova sociologia economica prende le distanze anche da una visione in cui il comportamento dei soggetti " fortemente condizionato dalla cultura e dalle norme sociali+

Nonostante queste differenze, entrambe le posizioni condividono la critica alleconomia istituzionale per quel che riguarda le ORIGINI #ELLE VARIE <ORME #I ORGANI$$A$IONE ECONOMICA . 8ueste ultime

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non appaiono, infatti, riducibili alla ricerca razionale di soluzioni efficienti per minimizzare i costi di transazione, ma risentono del radicamento sociale dellazione economica. 8uesto vuol dire$ 3er i sostenitori dellapproccio strutturale, che non " possibile comprendere

lorganizzazione economica senza collegarla allinfluenza autonoma esercitata dalle reti in cui i soggetti sono inseriti+ 3er i neo1istituzionalisti che bisogna fare invece riferimento all embeddedness %v. Polaniy) cognitiva e normativa dellazione, e quindi al ruolo autonomo della cultura. L=APPROCCIO !TRUTTURALE E LE RETI !OCIALI 3er gli autori riconducibili allapproccio strutturale lazione " sempre socialmente orientata e non puessere spiegata soltanto sulla base di motivazioni individuali. 7i assume cio" che lazione sia fondamentalmente influenzata dalla collocazione dei singoli soggetti nelle reti di relazioni sociali in cui sono coinvolti. @eti stabili di relazioni sociali costituiscono appunto delle strutture che " necessario ricostruire per valutarne gli effetti sul comportamento economico. #ra i diversi autori riconducibili a questo filone, vale la pena di soffermarsi su MAR1 GRANOVETTER %scuola strutturalista) 2ranovetter non trova soddisfacenti, n5 la teoria di >illiamson, sul peso dellopportunismo OJ, n5 quello che le diverse teorie ritengano essere il modo in cui esso pu- essere tenuto sotto controllo. 3er lautore, ", infatti, linserimento dei soggetti in stabili reti di relazioni personali che permette di diffondere le informa2 zioni e di tenere sotto controllo il comportamento, generando fiducia e isolando rapidamente coloro che non la meritano. 3er gli strutturalisti, quindi, le istituzioni non nascono come soluzioni che emergono automaticamente per far fronte a determinati problemi, ma sono social,ente cost!uite, nel senso che riflettono i condizionamenti derivanti dallesistenza e dai caratteri delle reti di relazioni sulle scelte dei soggetti. 7econdo 2ranovetter, 0illiamson sopravvaluta le capacit della gerarchia e dellimpresa di gestire transazioni complesse, e sottovaluta invece quelle del mercato. In realt, transazioni complesse e potenzialmente rischiose possono essere condotte attraverso il mercato %se esistono reti di relazioni fiduciarie tra le imprese coinvolte che abbassano i costi di transazione) e, allopposto, transazioni semplici che si svolgono in mercati concorrenziali tendono ad assumere spesso un carattere stabile e ripetuto perch5 si radicano in reti di relazioni personali tra fornitori e clienti. Non " detto poi che la gerarchia interna sia sempre efficace %specie se mancano quelle relazioni sociali che generano fiducia e un clima di cooperazione allinterno dellimpresa). Il ricorso al mercato, alla gerarchia o a forme intermedie sar dunque autonomamente influenzato dallesistenza e dai caratteri delle reti sociali+ Il rilievo dei reticoli sociali consente inoltre di spiegare la persistenza di soluzioni meno efficienti %che non dovrebbero esistere per la spiegazione funzionalista), che riescono, almeno in parte, a riprodursi nel tempo proprio perch5 sostenute da reti sociali consolidate.
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!ttra)erso il controllo di istituzioni efficienti" che hanno appunto lo scopo di minimizzare i costi di transazione o per la presenza diffusa di una 8moralit #eneralizzata9" cio+ di norme di comportamento che )en#ono internalizzate dai so##etti.

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IL CAPITALE !OCIALE Lapproccio strutturale sottolinea dunque lin'luenza delle !eti sociali sul co, o!ta,ento econo,ico in ambiti diversi$ dalle dimensioni delle imprese ai rapporti tra imprese, dal mercato del lavoro a quello dei beni e dei servizi. In alcuni casi le informazioni e la fiducia che circolano attraverso i rapporti personali possono limitare lopportunismo e facilitare la cooperazione tra i soggetti nei mercati. Le reti possono per- anche essere uno strumento che aggira o elude la concorrenza, e quindi puridurre lefficienza attraverso forme di collusione, pi o meno legali, tra i soggetti. 8uestapertura delle reti sociali a esiti diversi sul piano delle attivit economiche " ben esemplificata anche dal concetto di 9CA%ITALE SOCIALE :. Il capitale sociale creatosi per lesistenza di reti di relazioni sociali, ha quindi conseguenze positive per lo sviluppo economico, anche se non " possibile definire a priori i suoi effetti del capitale sociale. 7olo unanalisi sociale molto dettagliata e storicamente orientata pu- aiutare a chiarire come variabili di tipo culturale, politico e economico, interagendo tra loro, non solo favoriscono o ostacolano il capitale sociale, ma condizionano le conseguenze che il suo impiego pu- avere per lo sviluppo locale. !lla luce di queste considerazioni, " quindi opportuna una definizione di capitale sociale che sia sufficientemente aperta rispetto alle sue possibili conseguenze sul piano economico$ Il CA%ITALE SOCIALE si pu- allora considerare come l(insie,e delle !elazioni sociali di cui un soggetto individuale &per esempio un imprenditore o un lavoratore) o un soggetto collettivo &privato o pubblico) dis one in un dete!,inato ,o,ento. !ttraverso il capitale di relazioni si rendono disponibili risorse cognitive, come le INQ6@.!TI6NI, o normative, come la QI*<4I!, che permettono agli attori di realizzare obiettivi che non sarebbero altrimenti raggiungibili, o lo sarebbero a costi molto pi alti. 7postandosi dal livello individuale a quello aggregato, si potr poi dire che un determinato contesto territoriale risulta pi o meno ricco di capitale sociale a seconda che i soggetti individuali o collettivi che vi risiedono siano coinvolti in reti di relazioni pi o meno diffuse. Il capitale sociale ha le caratteristiche di un .ene collettivo$ mentre il capitale finanziario e quello umano %conoscenze e abilit acquisite) sono appropriabili individualmente dai singoli soggetti %che sono incentivati ad investirvi risorse per averne successivi vantaggi, il capitale sociale appartiene allinsieme dei soggetti coinvolti nelle reti di relazioni+ non " quindi divisibile, e i suoi vantaggi non sono appropriabili individualmente, ma vanno a tutti coloro che partecipano alla rete. .a proprio per il fatto di essere un bene collettivo, i singoli attori hanno un minor incentivo a contribuire alla sua produzione %e questa caratteristica spiega perch5 la maggior parte delle forme di capitale sociale sono create o distrutte come sottoprodotto di altre attivit). Naturalmente, ci- non esclude che ci possano essere sforzi consapevoli per creare reti produttive di capitale sociale per fini economici$ ne sono un esempio la formazione le relazioni, informali o con

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accordi formalizzati, che nascono tra imprese, per far fronte a transazioni complesse %anche se, per lo sviluppo economico, " la dis oni.ilit/ co, lessiva di ca itale sociale in una particolare area ad essere rilevante). 7i pu- comunque affermare che unampia dotazione di capitale sociale a livello aggregato tende ad essere in genere il sottoprodotto di relazioni sociali e3tra-economic#e presenti in un territorio . !ltre ricerche identificano il capitale sociale con una a!ticola!e cultu!a che favorisce la cooperazione,

evidenziandone il suo carattere pat#4dependent, cio" il suo radicamento nella storia precedente di un territorio. 8uesta prospettiva comporta per- due tipi di risc#i. O. 8uello di scivolare in una spiegazione culturalista piuttosto generica delle origini del fenomeno, che trascura il ruolo, nei processi di sviluppo dei fattori politici %clientelismo, capitalismo politico dipendente dal controllo delle risorse pubbliche, o addirittura forme di capitale sociale di tipo mafioso)+ J. 8uello di non poter distinguere bene tra effetti positivi del capitale sociale per lo sviluppo locale e altri che hanno invece conseguenze negative. Le reti sono infatti anche uno strumento attraverso il quale informazioni e fiducia circolanti tra i soggetti coinvolti aumentano il loro potere rispetto ad altri attori esterni %es. collusione di reti di imprese che permettono loro di eludere la concorrenza, funzionando a spese dei consumatori o di altre imprese, o, ancora, reti che coinvolgono soggetti criminali 1 anche la mafia ha un suo capitale sociale) 3er evitare questi rischi occorre ricercare non solo lesistenza di reti di relazioni sociali legate a strutture familiari, parentali, comunitarie, etniche, religiose, ereditate dalla storia precedente, ma anche il modo in cui la politica ne favorisce la trasformazione in risorse positive 1 o negative 1 per lo sviluppo locale %in questo senso, il concetto di capitale sociale assume una prospettiva soprattutto dinamica). In questo senso$

7e le reti trovano un contesto politico modernizzato ed autonomo da interessi particolaristici, in grado di fornire beni collettivi essenziali per lo sviluppo economico %infrastrutture, servizi, sicurezza, certezza delle garanzie giuridiche, ecc,), le reti sociali possono funzionare come una risorsa per lo sviluppo locale e contribuiscono allallargamento del mercato, favorendone il funzionamento fornendo informazioni e fiducia+

7e ci- non avviene %ovvero se la politica non " modernizzata e relativamente autonoma), si formeranno reti che si sviluppano lungo una direttrice di quello che >eber chiamava capitalismo politico, cio" di avventura, di rapina, di uso predatorio delle risorse politiche.

<na seconda condizione importante per la valorizzazione delle reti sociali per lo sviluppo locale " il mercato. La pressione della concorrenza di mercato limita infatti le possibili conseguenze negative del particolarismo, muovendosi su due fronti$

7anzionare comportamenti poco efficienti spingendo a porvi riparo+

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.andando segnali che sollecitano ad aggiornare e ridefinire il capitale sociale %ad es., determinate relazioni a base parentale, inizialmente utili nella fase di avvio dello sviluppo, possono diventare un freno e richiedono di essere integrate da reti basate pi sulla cooperazione tra soggetti collettivi quali organizzazioni di interessi o istituzioni pubbliche). Il fatto che questi segnali facciano emergere nuove soluzioni dipende dallautonomia degli attori locali nellinterpretare la situazione e nel porvi rimedio+ se la reazione non " adeguata o non si manifesta, possono emergere fenomeni di chiusura, di localismo regressivo e di blocco dello sviluppo %loc5 in).

Il rapporto tra capitale sociale e sviluppo locale " dunque complesso e mutevole nel tempo, e non " riducibile al solo impatto positivo di una cultura favorevole alla cooperazione$ ci deve, infatti, essere il ruolo cruciale di una politica relativamente modernizzata e autonoma, che medi il rapporto tra reti e mercato. IL NEOI!TITUZIONALI!#O !OCIOLO%ICO Nellapproccio strutturale la collocazione nella rete di relazioni sociali prevale sulle motivazioni dei soggetti. Nellambito della nuova sociologia economica, la posizione dei neoistituzionalisti, si differenzia da quella degli strutturalisti perch5 essi vogliono invece mettere in evidenza il ruolo autonomo dei fattori culturali . Infatti, mentre per gli strutturalisti le reti determinano risorse e vincoli che condizionano il perseguimento razionale degli interessi da parte dei soggetti, per i neoistituzionalisti i fattori culturali contribuiscono a definire gli interessi stessi e le modalit attraverso le quali essi vengono perseguiti. La teoria dellazione dei neoistituzionalisti " pi ampia di quella degli strutturalisti e ha un carattere multidimensionale. * maggiore rilievo alle regole 9costitutive: rispetto a quelle 9regolative:, mettendo in evidenza il ruolo delle regole routinarie, largamente date per scontate, nellorientare il comportamento. *alla teoria dellazione del neoistituzionalismo per la spiegazione delle diverse forme di organizzazione economica ne discende che, di fronte alla carenza di informazioni e ai rischi delle transazioni, non " possibile seguire una rigorosa scelta razionale delle soluzioni pi efficienti. In questo caso i soggetti %individuali o collettivi) si affidano non solo alle reti, ma anche a soluzioni che sono considerate pi appropriate e legittime nella societ in cui vivono. 4i- permette anche di spiegare linerzia de gli assetti organizzativi e la loro persistenza anche quando perdono efficienza dal punto di vista economico. <na contributo sul piano applicativo dellapproccio dei neoistituzionalisti " costituito dall9 ISOMOR<ISMO: %S insieme degli attori rilevanti in un certo campo di attivit OL), che cerca di spiegare lomogeneit dei modelli allinterno di un determinato 9 )ampo or.anizzativo:. La considerazione di questo complesso di unit, anche non direttamente interagenti tra loro, " importante per comprendere come si formino standard di comportamento ritenuti appropriati. La forma pi ovvia di isomorfismo istituzionale " quella 9 COERCITIVA :. La regolamentazione pubblica comporta vincoli che spesso portano ad assumere modelli simili+ ma anche le relazioni
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7on riferimento all&economia" per esempio" esso si estende non solo alle imprese che competono in un determinato settore" ma anche a *uelle che forniscono ser)izi" alle strutture pu''liche" alle or#anizzazioni sindacali e di cate#oria" ecc.

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industriali possono agire in questa direzione %vedi linfluenza coercitiva esercitata da organizzazioni forti 1 ad es. le imprese committenti 1 nei riguardi di altre da esse dipendenti 1 i subfornitori)+ L9ISOMOR<ISMO NORMATIVO: " invece legato al ruolo delle universit e delle scuole specialistiche nella formazione dei manager, o anche alle agenzie di consulenza. 8uesti ultimi diffondono idee e standard professionali di comportamento che assumono unelevata legittimit e vengono quindi pi facilmente seguiti dalle imprese+ L9ISOMOR<ISMO MIMETICO:, " invece quello presente soprattutto in settori nei quali le unit organizzative sono piccole e dispongono di risorse limitate per valutare le soluzioni pi efficienti. In questo caso, per ridurre lincertezza, vengono seguiti i modelli che appaiono pi appropriati %e quindi pi legittimati nel campo organizzativo). Naturalmente, le diverse forme di isomorfismo possono in concreto combinarsi tra loro rafforzando le spinte ad adottare un determinato modello.

MO#ELLI A CON<RONTO

4ome si vede, dunque, i neoistituzionalisti si concentrano sul ruolo dei fattori culturali e politici con una visione pi ampia di quella degli st!uttu!alisti, che si concentrano prevalentemente sulle reti personali. !nche se, nelle concrete esperienze di ricerca, queste differenze nellambito della sociologia economica si attenuano, si ripropone anche in questi studi a livello micro la tradizionale divergenza tra economia e sociologia economica che ha una lunga storia, e che gi conosciamo. 4os; 0illiamson , consapevole delle complicazioni che il fattore umano %come socialmente condizionato) pu- determinare nel calcolo dei costi di transazione, aveva successivamente sottolineato linfluenza, sulle attitudini transazionali, del sistema socio2politico in cui gli scambi hanno luogo, ma non aveva approfondito largomento per concentrarsi sulleconomia dei costi di transazione e costruire un modello analitico generalizzabile. ?li elementi relativi alla complessit2incertezza delle transazioni non sono persufficienti a spiegare la variet concreta delle forme organizzative. 3er questi motivi, la NUOVA SOCIOLOGIA ECONOMICA " pi orientata alla comparazione e alla messa a punto di modelli locali che possono rendere meglio conto della variabilit* dei contesti. Naturalmente, anche per lapproccio della sociologia economica ci sono dei possibili svantaggi, primo fra tutti quello di andare troppo verso lo storicismo:. <n secondo pericolo che si manifesta non di rado " quello di confondere le argomentazioni teoriche usate per sottolineare il radicamento sociale dellazione economica con la spiegazione empirica dei fenomeni. CULTURA E CONSUMI I nuovi sviluppi della sociologia economica a livello micro, sia nellap proccio strutturalista che in quello neoistituzionalista, sono rimasti concentrati sul versante delle attivit produttive di beni e servizi. Non ha

invece ricevuto particolare attenzione il tema dei consumi, nonostante il suo rilievo nella tradizione della sociologia economica. 7i tratta di un limite rilevante, soprattutto se si tiene conto del ruolo che la trasformazione dei modelli di consumo sembra avere nel passaggio a forme di organizzazione produttiva flessibile, e pi in generale nelle difficolt incontrate dagli assetti sociali BeCnesiani. Vi " perstato, negli ultimi decenni, un filone di ricerca che ha messo soprattutto in luce linfluenza dei fattori culturali sui comportamenti di consumo. La tradizione della sociologia economica si differenzia, infatti, dallapproccio economico di tipo neoclassico per il fatto di sottolineare linfluenza di fattori socioculturali nella formazione delle preferenze, e nelle modalit con le quali i soggetti cercano di soddisfarle. 3articolare rilievo " dato al valore simbolico dei beni, che sono scelti e consumati per il significato che essi assumono in relazione ad altri membri della societ con i quali si interagisce. Il consumo " visto come una componente essenziale dei processi di identificazione con alcuni gruppi sociali, con i quali si condivide un determinato stile di vita, e al contempo di differenziazione da altri gruppi. @ispetto a que sta tradizione, gli sviluppi pi recenti si caratterizzano in una duplice direzione$ *a un lato, prendono almeno in parte le distanze dal modello che lega il consumo alla competizione per lo status sociale+ *allaltro, si contrappongono alla subordinazione passiva dei consumatori alle scelte imposte dalle imprese e sostenute dai meccanismi della pubblicit e dei mezzi di comunicazione di massa. 3er mettere in luce queste tendenze pu- essere utile distinguere tra un filone 9 neo-differenziazionista: e un altro pi legato al ruolo della cultura nei fenomeni di consumo. +6 lA%%ROCCIO 9NEO#I<<EREN$IA$IONISTA sottolinea il ruolo della competizione per lo status nei comportamenti di consumo U:aud!illa!dV, soprattutto nelle societ contemporanee, per il venir meno delle forme tradizionali di identificazione %legate a criteri ascrittivi, familiari, di ceto, ecc.). *allaltra parte, i modelli di consumo sono sempre pi mediati dai mezzi di comunicazione di massa, che sono costantemente impegnati in unattivit di manipolazione di tali oggetti per assegnare loro un valore simbolico di modello culturale appartenendo al quale i soggetti possono differenziarsi. I consumatori hanno lillusione di scegliere liberamente tra questi modelli, ma in realt sono fortemente condizionati dal sistema dei media che li impone. !ltro approccio " quello di :ou!dieu, per il quale i comportamenti di consumo rispondono a una logica di competizione per lo status che spinge a identificarsi con gli stili di vita e i gusti di alcuni gruppi e a differenziarsi dagli altri, indipendentemente dallazione dei media$ i condizionamenti sono esercitati sugli individui dalla loro posizione nella stratificazione sociale. dunque lappartenenza a un medesimo gruppo sociale che favorisce linsieme di disposizioni e orientamenti che si manifestano nello stile di vita e nei consumi come strumento essenziale di differenziazione sociale e di status.

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In entrambi gli approcci, quindi, i singoli soggetti sembrano per- non disporre di margini di autonomia nella sfera dei consumi$ nel primo caso sono i media a definire gli standard per la competizione di status+ nellaltro sono i gruppi sociali di appartenenza %si potrebbe anche dire, con 0eber, i ceti). 86 <n altro approccio, pi vicino al NEOISTITU$IONALISMO , collega i consumi pi al ruolo autonomo dei fattori culturali. In questapproccio viene dato meno peso alla competizione per lo status, mentre i soggetti hanno un ruolo pi attivo. In questa prospettiva, gli oggetti che sono scelti servono per costruire lidentit delle persone, per dare un senso alla loro esperienza e per comunicare con gli altri, non necessariamente per competere. Il consumatore ha quindi dei margini di autonomia rispetto ai condizionamenti del mercato e della moda. <n aspetto, questultimo, particolarmente sottolineato da Mille!, per il quale i consumatori possono mettere in atto ,strate.ie- attive, basate su esperienze che permettono di contrapporsi ai condizionamenti della cultura dei consumi di massa e di contrastare la mercificazione dei rapporti sociali. In conclusione, quindi, possiamo notare come anche nella sfera del consumo si siano fatti strada negli ultimi anni degli orientamenti che non solo sottolineano il radicamento strutturale delle scelte %Hourdieu), ma insistono da diverse prospettive ed esperienze disciplinari nel mettere in evidenza il ruolo autonomo dei fattori culturali. 8uesti studi tendono anche a limitare la prevalenza che il modello della competizione per lo status, ereditato dalla tradizione dei classici, ha avuto in passato nella sociologia dei consumi. Le tendenze pi recenti di sociologia del consumo attribuiscono un ruolo pi attivo ai consumatori nel definire autonomamente le proprie scelte, e nel contrastare gli stimoli e i condizionamenti provenienti dal mercato, anche attraverso i media. #ale enfasi sembra congruente con quei processi di differenziazione qualitativa e quantitativa della domanda che sono stati sottolineati da coloro che hanno studiato lemergenza di nuovi modelli di organizzazione flessibile proprio come risposta a questo fenomeno.

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>.La .lo9alizzazione e la diversit< dei )apitalismi 7e in un primo momento a suscitare lattenzione degli studiosi sono stati soprattutto i vantaggi delle ,e)onomie )oordinate di mer)ato-1 cio" di un modello di capitalismo pi organizzato %es. tedesco o giapponese), rispetto a quelle non coordinate, ?di tipo anglosassone), negli ultimi anni, questa immagine " stata rimessa in discussione non solo dai segni di ripresa delleconomia americana e britannica, ma pi in generale dallaffermarsi del fenomeno della globalizzazione. La crescente interdipendenza e integrazione delle economie a livello mondiale sembra, infatti, minacciare gli equilibri dei modelli di capitalismo pi organizzato, in cui lo spazio del mercato " maggiormente limitato da altre forme di regolazione. In questo senso, il capitalismo di tipo anglosassone, che si affida maggiormente al mercato, mostra invece segni di adattarsi meglio, almeno nel breve periodo, a questa nuova situazione. I #UE CA%ITALISMI <na volta riportata sotto controllo linflazione, che nel corso degli anni A' costituiva il problema principale per le economie dei paesi sviluppati, lattenzione si sposta verso un altro aspetto che sembra condizionare sempre di pi lo sviluppo economico dei diversi paesi$ la ca acit/ di innovazione delle i, !ese. 3er questa strada la political economy comparata tende a incontrarsi con i risultati degli studi sulle trasformazioni del fordismo e i nuovi modelli flessibili. ! partire dagli anni 0D', poi, i confini delle economie si aprono sempre pi, e leconomia di una nazione " maggiormente influenzata da quella delle altre. <na quota crescente della produzione " orientata verso i mercati internazionali, e il reddito di un paese diventa pi dipendente dalla capacit delle sue imprese di vincere la concorrenza delle importazioni nei mercati interni e di competere con successo su quelli esteri. in questo quadro che, agli inizi degli anni 0N', una serie di studi cercano di mettere a fuoco la diversit di reazione dei capitalismi nazionali alle nuove sfide dellambiente. Il problema cruciale non " pi soltanto il controllo dellinflazione, ma la bilancia dei pagamenti. 4irichiede di non fissare soltanto lattenzione sulle istituzioni che permettono di contenere i salari, cio" sulle relazioni industriali a livello centrale, come nel modello neocorporativo, da sole non pi sufficienti a sostenere loccupazione. 8uestultima dipende ora maggiormente dalla ca acit/ delle i, !ese di innova!e, e di ,antene!e e acc!esce!e 3uote del ,e!cato inte!nazionale . 4i- a sua volta richiede un particolare contesto istituzionale che favorisca lo s osta,ento ve!so !oduzioni 'lessi.ili e di 3ualit/ , atte a ridurre la competizione di prezzo che viene dai paesi in via di sviluppo, con bassi costi del lavoro. La variabile dipendente 1 il problema al centro dellindagine 1 non " quindi pi il grado di controllo dellinflazione e della disoccupazione, ma la )apa)it< di innovazione delle imprese1 da cui dipende la penetrazione nel mercato interno e internazionale e quindi, in misura crescente, il reddito e loccupazione di un determinato paese. *i conseguenza, cambia anche il quadro dei fattori causali, che

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si estende alle istituzioni che condizionano linnovazione delle imprese a livello micro$ la finanza, i meccanismi di governo delle imprese, il ruolo del management, la regolazione dei rapporti di lavoro, la formazione della manodopera e i servizi alle imprese. proprio la diversit dellambiente istituzionale che porta a modelli di capitalismo nazionale differenti rispetto alle loro capacit di adattamento al mercato internazionale. LA CAPACIT$ I INNO&AZIONE ELLE I#PRE!E SOS1ICE individua cin)ue condizioni essenziali dalle quali dipende la capacit delle imprese dei paesi pi sviluppati di spostarsi verso una produzione flessibile di )ualit* , in modo da evitare la competizione di prezzo legata al costo del lavoro$ O. <na gestione ,anage!iale o!ientata a lungo te!,ine %linnovazione ", infatti, un processo rischioso, che richiede tempo e investimenti a resa non immediata)+ J. ,levate co, etenze !o'essionali 1 non solo nel management, ma anche nella manodopera 1 in continuo aggiornamento, dal momento che il miglioramento della qualit dei beni " legato allinnovazione di processo e di prodotto+ L. La ca acit/ di coo e!azione t!a ,anage,ent e lavo!ato!i , con il superamento delle gerarchie rigide del fordismo e il coinvolgimento attivo dei lavoratori nella realizzazione degli obiettivi aziendali+ M. <nelevata ca acit/ di coo e!azione con i clienti e con i su."'o!nito!i , che permette di scambiare informazioni e costruire reti fiduciarie che favoriscono linnovazione, in una situazione in cui i costi per la messa a punto di nuovi prodotti sono elevati e la loro resa sul mercato diventa pi breve+ &. <n conteni,ento sala!iale rispetto alla crescita della produttivit.

Le condizioni sopra elencate non si determinano per- per la sola volont del management delle im2 prese, ma sono favorite o ostacolate dallambiente istituzionale esterno alle imprese. @elativamente alle istituzioni, sono, in particolare, da tenere presenti due aspetti due aspetti$ Lo!igine non solo cont!attuale delle istituzioni. 8ueste ultime si formano sulla base di una comune matrice culturale formatasi in una storia di lunga durata %sono, quindi, pat# dependency )., che rende il patrimonio istituzionale ereditato dal passato non facilmente plasmabile+ Il contesto istituzionale nazionale . 4i- non vuoi dire che la dimensione subnazionale 1 in particolare quella regionale 1 non possa essere anche importante$ essa tende a diventare anche pi rilevante con i modelli di organizzazione flessibile %e lo sviluppo dei distretti industriali nelle regioni italiane del centro2nordest " un esempio particolarmente evidente). LE CON IZIONI I!TITUZIONALI ELLA CO#PETITI&IT$ @elativamente allinfluenza di diversi contesti istituzionali sulle condizioni che favoriscono linnovazione delle imprese, la situazione dei paesi pi sviluppati pu- essere ricondotta a due modelli idealtipici$

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Le 9e)onomie )oordinate di mer)ato:, caratterizzate da un sistema di regolazione in cui il ruolo del mercato " pi limitato rispetto a quello dello stato, delle associazioni, ma anche di forme di solidariet a base comunitaria %es. paesi dell,uropa continentale centro1settentrionale).

Le 9e)onomie non )oordinate di mer)ato:, nelle quali il ruolo di regolazione del mercato resta invece pi ampio %comprendono i paesi anglosassoni, es. 7tati <niti e ?ran Hretagna).

*i questi due modelli, quello che pare abbia offerto un ambiente istituzionale pi favorevole allinnovazione per le imprese sia stato il primo, di cui costituiscono un esempio i capitalismi della ?ermania e del ?iappone degli anni 0D'. 3er analizzare il modo in cui le economie coordinate di mercato favoriscono linnovazione occorre analizzare diverse dimensioni della regolazione istituzionale. O. <n primo aspetto riguarda la 'inanza e l(assetto !o !ieta!io delle i, !ese ed " legato alla gestione manageriale a lungo termine. Nelle economie non coordinate le esigenze di finanziamento delle imprese sono soddisfatte prevalentemente attraverso il reperimento di capitale sul mercato azionario+ le imprese, a loro volta, sono quotate in borsa, per cui la propriet del capitale " condivisa da un insieme di attori diversi %privati, esponenti delle famiglie che detenevano la propriet originariaI) non vincolati a un rapporto a lungo termine con limpresa. La decisione di tenere o vendere le azioni possedute dipende, infatti, pi da valutazioni sulla loro redditivit a breve, o da eventuali offerte di acquisizione. #utto ci- scoraggia il management dal puntare su investimenti a resa pi rischiosa e dilazionata nel tempo, e quindi ostacola linnovazione. I dirigenti sono inoltre pi propensi a garantire una redditivit a breve, anche con attivit di tipo finan ziario, per il rischio elevato di acquisizioni ostili dellimpresa in caso di perdita di redditivit. <n cambiamento di propriet comporta, infatti, la possibilit di una sostituzione del management da parte dei nuovi detentori del capitale. Nelle economie coordinate di mercato$ Il mercato borsistico " molto meno sviluppato che nei capitalismi anglosassoni+ Le esigenze di finanziamento a lungo termine delle imprese sono soddisfatte principalmente dalle banche+ La propriet delle imprese, specie quelle pi grandi, " detenuta da un ristretto gruppo di azionisti, in cui le banche e altre istituzioni finanziarie hanno un ruolo di rilievo+ questi soggetti hanno perci- un rapporto di pi lungo periodo con le imprese, e sono per questo in grado di valutare le prospettive di redditivit a lungo termine. In questa situazione il management, meno minacciato dai rischi di acquisizioni ostili, rese oltretutto pi difficili dalle regole istituzionali. " pi incoraggiato a intraprendere investimenti e progetti a pi lungo termine, sulla cui resa sono poi valutati dai detentori del capitale. 3er contro, un capitale 9paziente: pu- costituire uno stimolo debole per il management, mentre O9impazienza: del mercato azionario esercita un controllo pi stringente sullefficienza dei dirigenti industriali, anche se ne schiaccia lazione sulla ricerca di profitti a breve. <na differenza tra le due forme di capitalismo, importante per il funzionamento delleconomia, " che

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In un caso, le regole istituzionali privilegiano la posizione degli sha!eholde!s, cio" dei detentori del capitale azionario. ,ssi hanno un potere determinante sulle strategie dellimpresa e tendono a considerare questultima come una rete di contratti volta a massimizzare il profitto a breve+

Nellaltro modello, pesano maggiormente gli interessi degli sta7eholde!s, cio" del management e dei lavoratori, ed " presente lidea dellimpresa come comunit di appartenenza.

J.

<n se)ondo aspetto che differenzia i due tipi di capitalismi " la !egolazione della 'o!,azione !o'essionale. 7i tratta di un aspetto che influenza la competizione dei lavoratori, dando loro la possibilit di svolgere compiti diversi e di partecipare pi attivamente alla produzione, contribuendo alla flessibilit e alla qualit. Nelle economie non coordinate di mercato l%addestramento professionale viene affidato alle imprese per la parte legata al particolare tipo di produzione in cui i lavoratori vengono utilizzati, mentre la professionalit di base che il singolo lavoratore pu- offrire sul mercato " legata allinvestimento che egli " in grado di fare. #utto ci- determina un livello di formazione professionale pi limitato rispetto a quello richiesto dalle esigenze dellinnovazione, dal momento che sia le imprese che i singoli individui non saranno portati ad investire in formazione$ le prime nel timore che i lavoratori possano poi lasciarle per altre aziende+ i secondi, per lincertezza circa gli esiti. Nelle economie coordinate di mercato il problema " risolto con un impegno maggiore dello stato nella formazione professionale, offerta come servizio pubblico, e attraverso forme di cooperazione con le imprese e le loro organizzazioni.

L.

Altra dimensione istituzionale, collegata alla precedente, " quella delle !elazioni indust!iali a livello di i, !esa, che influisce sulla cooperazione tra management e lavoratori come fattore di innovazione. Linesistenza o la debolezza delle organizzazioni di rappresentanza sindacale e norme giuridiche che non tutelano il posto di lavoro rafforzano, nelle economie non coordinate, la tendenza verso la redditivit a breve, col risultato di spingere le imprese a valersi di unelevata flessi bilit quantitativa o numerica %e questo rende difficile sviluppare un rapporto di cooperazione stabile e di coinvolgimento attivo dei lavoratori). Viene dunque a diminuire la flessibilit* funzionale , risorsa essenziale per linnovazione nellambito del sentiero della produzione flessibile e di qualit. Nelle economie coordinate il problema viene affrontato con il sistema di regolazione dei rapporti di lavoro, in parte legato alla contrattazione tra sindacati e organizzazioni imprenditoriali nellambito delle relazioni industriali, e in parte determinato dalla normativa giuridica. 4omplessivamente pi rigido rispetto allaltro modello, questo sistema scoraggia la flessibilit numerica, ma, al contrario dellaltro modello, favorisce quella funzionale. Le imprese sono cos; incentivate a investire in formazione per valorizzare le risorse umane %di cui non possono liberarsi facilmente), mentre la maggiore stabilit delloccupazione incoraggia il coinvolgimento pi attivo dei lavoratori e lo sviluppo di forme di lavoro flessibili.

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M.

*al punto di vista poi dei rapporti di cooperazione con clienti e fornitori le e)onomie non )oordinate di mercato sono, in genere, pi povere di !eti sociali in'o!,ali e 'o!,ali legate all(associazionis,o i, !endito!iale, che abbiamo visto essere rilevanti per la produzione e la circolazione delle informazioni e della fiducia necessarie per linnovazione+

5.

In merito al problema del conteni,ento sala!iale !is etto alla c!escita della

!oduttilit/,

lanalisi di Sos5ice evidenzia come le economie coordinate di mercato si valgono in genere di forme di controllo legate alla contrattazione centralizzata tra sindacati forti, organizzazioni imprenditoriali e governiOM . 3er quel che riguarda invece le economie non coordinate , in cui il ruolo delle organizzazioni sindacali " debole, il contenimento salariale si basa sulla diffusione della disoccupazione come elemento di pressione sulle rivendicazioni salariali dei lavoratori. 4i- crea perdei problemi quando le imprese hanno bisogno di manodopera con qualificazione elevata e specificamente legata ai loro bisogni. In questa situazione " costoso licenziare lavoratori che possiedono tale professionalit specifica e sostituirli con disoccupati che non la posseggono+ ne risulta allora rafforzato il potere dei lavoratori occupati anche in presenza di una disoccupazione elevata. *a quanto esposto emerge un quadro di sostanziale il vantaggio competitivo del primo modello rispetto a quello fondato sul mercato come meccanismo di regolazione economica e sociale, per la difficolt del mercato a garantire risultati soddisfacenti in termini sia di equit sociale, sia di efficien za economica, specie quando la sua azione non " sottoposta a vincoli istituzionali che ne limitino il ruolo a favore di altri principi di regolazione %stato, associazioni, reti informali). LA RI%RESA #EL CA%ITALISMO ANGLOSASSONE !lla fine degli anni 0D' si " verificata una significativa battuta darresto delleconomia di ?ermania e ?iappone, mentre i capitalismi anglosassoni hanno mostrato nuovi segni di dinamismo, specie dal punto di vista occupazionale. ?li sviluppi della globalizzazione, e lo stesso processo di unificazione eu ropea, hanno poi sollevato crescenti interrogativi sulla capacit di resistenza a lungo termine del quadro istituzionale delle economie coordinate rispetto alle sfide poste dalla globalizzazione. *altro canto, occorre precisare che allo stato attuale delle conoscenze non " possibile stabilire quanto la crescita del capitalismo anglosassone e la difficolt dellaltro modello siano dovuti a fattori di natura congiunturale o, invece, a mutamenti di tipo pi strutturale e di lungo periodo O&. 3er il CA!O IN%LE!E , i risultati, pur di segno positivo negli ultimi anni, sono per- di entit modesta, e sempre concentrati nei servizi privati, con un basso livello di capacit innovative nellindustria manifatturiera.
Soskice rile)a anche" facendo riferimento soprattutto al caso #iapponese" come risultati simili siano ra##iun#i'ili anche con relazioni industriali decentrate nelle *uali )i siano sindacati di tipo aziendale" orientati a condi)idere #li o'ietti)i delle imprese e inte#rati istituzionalmente nella loro struttura interna 15 /ali fattori con#iunturali" sono riconduci'ili alla sopra))alutazione del marco e dello %en #iapponese rispetto al dollaro" protrattasi a lun#o ne#li anni &9 " alle conse#uenze pesanti della riunificazione con la parte orientale per la :ermania e alla #ra)e crisi del sistema 'ancario #iapponese.
14

47

Negli !TATI UNITI, invece, nel corso degli anni 0N' si " invece effettivamente avuta una significativa ristrutturazione industriale$ la produttivit " tornata a crescere a tassi consistenti e loccupazione " rimasta stabile, con uno spostamento verso nuovi settori %i servizi) che ha compensato quelli in crisi. !nche il caso americano " per- di difficile lettura. 7embra, infatti, che molte imprese medio1grandi, sotto la spinta delle pressioni per profitti a breve termine, abbiano preferito seguire la 9 via .assa: di una riduzione della forza lavoro e del decentramento di fasi o componenti della produzione, spesso allestero, alla ricerca di costi pi bassi. !ltre imprese si sono invece impegnate in percorsi di innovazione di pi lunga portata, imboccando una 9via alta: e adottando soluzioni, nei rapporti con il management e con la manodopera, quali limpegno nella formazione, flessibilit funzionale, rapporti di cooperazione, ecc.. <n contributo ancor pi consistente alla crescita della produttivit " venuto dalla svalutazione del dollaro rispetto al marco tedesco e allo Cen giapponese. In questi termini " difficile stabilire quanto la ripresa americana sia dovuta a fattori congiunturali e quanto a componenti pi strutturali, che pure sono presenti. Lindustria americana mostra comunque alcuni punti di forza nel campo dell alta te)nolo.ia che sembrano essersi ulteriormente consolidati %industria aerospaziale, informatica e delle comunicazioni, biotecnologie, ecc.), soprattutto per limpegno americano in campo militare, che alimenta consistenti flussi di spesa per Wa ricerca e linnovazione tecnologica in questi settori. 3articolare importanza ha poi la diffusione di strutture universitarie e di ricerca di elevato livello, con connessioni molto strette con il mondo delle imprese e con frequenti passaggi di personale dal campo della ricerca a quello delle imprese innovative. Infine, un ruolo di particolare rilievo " svolto dalla presenza di ventu!e ca ital , istituzioni attrezzate e competenti nel fornire capitale di rischio per il finanziamento di progetti innovativi, spesso portati avanti da piccole imprese. #utto questo spiega sia perch5 il capitalismo anglosassone, fornisca un ambiente istituzionale pi adatto alle innovazioni radicali, sia perch5 questo stesso contesto " meno in grado di sostenere ladattamento e lutilizzazione sul piano della produzione manifatturiera di tali innovazioni, in termini cio" di sviluppo di produzioni flessibili e di qualit. Il capitalismo anglosassone, soprattutto di quello americano, si profila quindi come un sistema economico con alcune punte molto innovative nellindustria, nei servizi alle imprese e in quelli finanziari+ un sistema capace per- di creare occupazione soprattutto nel settore dei servizi privati al consumatore, a basso valore aggiunto. La crescita di addetti in tale settore trae vantaggio dalla deregolamentazione dei rapporti di lavoro, e dal sensibile declino della presenza sindacale %oltrech" da un basso valore dei salari realiO(). questo un elemento di vantaggio rispetto al capitalismo pi organizzato, specie europeo, dove lesistenza di sistemi di regolazione dei rapporti di lavoro pi coordinati centralmente non consente
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7i3 ha creato una crescente disu#ua#lianza dei redditi ed un conse#uente aumento della polarizzazione sociale" che )ede ampliare sensi'ilmente le differenze tra la componente pi, a''iente e pi, istruita della stratificazione sociale e *uella pi, po)era e meno *ualificata

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quel grado di riduzione del costo del lavoro e quella flessibilit in entrata e in uscita tali da facilitare loccupazione nei servizi privati. 3er ovviare a questo problema nei paesi scandinavi si " puntato ad allargare loccupazio ne, specie femminile, nel elfare pubblico, mentre nei paesi europei ci si " mossi verso un sistema di protezione sociale di tipo 9conservatore2corporativo:, basato sui trasferimenti a favore degli occupati %che per- ha creato una crescente difficolt per coloro che sono in cerca di occupazione, in parte tutelati attraverso forme di redistribuzione familiare). ,ntrambe le strategie fanno per- lievitare spesa pubblica e pressione fiscale e contributiva, e per questo possono influire negativamente sugli investimenti e sulla creazione di nuova occupazione. Nel complesso, gli elementi esposti non sono dunque tali da ribaltare le conclusioni alle quali era giunto il neoistituzionalismo nellanalisi della variet* dei capitalismi. Il capitalismo anglosassone non sembra al momento esibire n5 una netta superiorit economica %se si guarda alla competitivit e non solo alloccupazione), n5 tanto meno una capacit di ridurre le disuguaglianze sociali. !l contrario, queste ultime tendono a crescere in concomitanza con la ripresa economica. 7icuramente, per-, i segni di dinamismo sul piano economico e occupazionale portano a correggere una certa visione unilaterale della letteratura istituzionalista, la quale arrivava a sostenere che 9 un%economia potesse essere competitiva solo con il sostegno di una politica benevolente e di una societ* coesa : . Il caso americano, in particolare, mostra come la competitivit possa essere compatibile con elevati livelli di disuguaglianza sociale.

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CONVERGEN$A O #IVERSIT)K 6ltre ad avere maggiori vantaggi competitivi nellimmediato, il capitalismo anglosassone sembrerebbe poter mostrare, a pi lungo termine, migliori capacit di adattamento ai vincoli posti dalla globalizzazione rispetto alle istituzioni regolative delle economie coordinate. Il risultato finale sarebbe una convergenza nel tempo verso il modello istituzionale del capitalismo anglosassone. 4ome si vede, in questa accezione, il concetto di globalizzazione non si riferisce soltanto alla crescita dellapertura e dellinterdipendenza delle economie nazionali, ma assume che la globalizzazione implichi anche unestensione di modelli regolativi basati sul mercato. LE COM%ONENTI #ELLA GLO:ALI$$A$IONE

!lla bassa crescita delle economie dei paesi pi sviluppati, iniziata nei primi anni A' e prolungatasi oltre la seconda met degli anni N', si " accompagnato un 'o!te au,ento del co,,e!cio inte!nazionale . ,ssendo il 3IL mondiale aumentato in misura molto minore dellammontare complessivo dei flussi di scambio tra i diversi paesi, ci- ha comportato un aumento sensibile della concorrenza tra i vari pae si per aggiudicarsi fette sempre pi ampie di mercato. 4ambia anche la geografia della produzione mondiale, con un declino del peso percentuale degli 7tati <niti e dell,uropa e una crescita concentrata soprattutto in ?iappone e negli altri paesi dell!sia %fig. (.O). !ccanto al co,,e!cio inte!nazionale , un secondo indicatore della crescente integrazione internazionale delleconomia " dato dagli investimenti diretti allestero, anche questi in aumento, trainati dalla ricerca da parte delle imprese di localizzazioni pi favorevoli, sia per controllare i mer cati di sbocco che per godere di condizioni di vantaggio in termini di costi. Infine, il terzo aspetto che segna in misura ancor pi marcata linterdipendenza tra le diverse economie " costituito dallinteg!azione dei ,e!cati 'inanzia!i , ovvero la liberalizzazione del movimento dei capitali necessari per finanziare il commercio e gli investimenti, per assicurare contro i rischi valutati, per spostare gli utili ottenuti allestero, ecc. Xanno accelerato questo processo la rottura del sistema monetano internazionale basato sui cambi fissi, avvenuta allinizio degli anni A', il diffondersi di nuovi tipi di titoli %9derivati finanziari:) che vengono anchessi incontro a una domanda di capitali in cerca di investimento, provenienti in particolare dai paesi produttori di petrolio, ed il miglioramento delle comunicazioni , legato alle nuove tecnologie informatiche, che abbassa nettamente i costi di transazione OA. 7e si tiene conto congiuntamente di tutti e tre gli indicatori citati 1 commercio internazionale, investimenti diretti allestero e movimento dei capitali 1 si pu- cogliere, sul piano descrittivo, il fenomeno della
GLO:ALI$$A$IONE ECONOMICA

intesa come c!escita del livello di a e!tu!a e insie,e di

inte!di endenza delle dive!se econo,ie nazionali .


17

4aturalmente" *uesto processo di inte#razione si + poi potuto s)iluppare perch; sono aumentate" in parallelo" le pressioni sui #o)erni nazionali per li'eralizzare i mo)imenti dei capitali

IL <UTURO #EI CA%ITALISMI

*iversi contributi sono stati raccolti con lobiettivo duplice di valutare la portata dei processi di globalizzazione sul piano empirico e di discuterne le implicazioni sul piano della regolazione istituzionale. 3er quel che riguarda il primo aspetto, vengono fornite molte indicazioni volte a non enfatizzare oltre misura la portata del fenomeno, dal momento che, nonostante laumento del commercio internazionale e degli investimenti diretti allestero, nei paesi pi sviluppati 1 non di piccole dimensioni 1 circa il N'Y della produzione resta ancora rivolto al mercato interno, e lo stesso vale per le origini dei prodotti che sono consumati. 6ltretutto, non c" una significativa convergenza degli indicatori macroeconomici %salvo che per gli otto paesi pi sviluppati, ma in misura molto limitata e solo per gli anni pi recenti). Le persistenti differenze nei tassi di crescita, in quelli di occupazione, di profitto o di interesse, rimandano allinfluenza esercitata dal contesto istituzionale. Infine, " certamente vero che il costo del lavoro sensibilmente pi basso di molti paesi in via di sviluppo costituisce una minaccia maggiore soprattutto per le economie coordinate, che puntano alla produzione flessibile e di qualit con pi elevate retribuzioni del lavoro. 8uesta minaccia si accresce nella misura in cui gli sviluppi della tecnologia e delle comunicazioni permettono il decentramento verso queste aree anche di produzioni pi complesse. #uttavia, " anche vero che i capitalismi pi organizzati dispongono di un livello di economie esterne e di un complesso istituzionale che le mette in condizione di continuare a controllare i processi di innovazione e le fasi produttive a pi elevato valore aggiunto. @esta da vedere se effettivamente tutto ci- porter alla futura convergenza istituzionale. 4i risponde affermativamente a questa domanda, porta generalmente tre tipi di argomentazioni$ +6 La !essione dei ,e!cati e la c!escente conco!!enza a livello inte!nazionale , che

aumentano la spesa pubblica degli stati per la protezione sociale %direttamente con interventi redistributivi che pesano sul fisco e sui contributi sociali e indirettamente, tramite la re2 golamentazione del mercato del lavoro e il sostegno giuridico alle relazioni industriali e alla contrattazione). ?li stati, poi, non possono applicare forme pi incisive di redistribuzione e di regolazione dei rapporti di lavoro, perch5 potrebbero indurre le imprese a spostarsi altrove. 8uesto si traduce in una limitazione dellautonomia degli stati nel definire la propria politica economica, e questo avvantaggia i sistemi che gi oggi si basano maggiormente sul mercato+ 86 I !ocessi di i,itazione di !egole istituzionali che danno .uoni !isultati in termini di

rendimento economico, che possono spingere a fenomeni di ibridazione tra forme istituzionali diverse, favorendo per questa la convergenza+

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Lint!oduzione cont!attata , t!a,ite acco!di inte!nazionali , di 'o!,e di !egolazione si,ili %ad es. gli accordi internazionali volti ad abbattere le barriere protettive e a introdurre standard comuni, quale quello relativo ai processi di integrazione economica europea).

! queste argomentazioni Suzanne 6erger ne contrappone altre che gettano invece dubbi sulla portata dei processi di convergenza istituzionale. I6 Laccresciuta concorrenza segnala s; delle esigenze cambiamenti istituzionali, ma non E in g!ado di i, o!!e una soluzione istituzionale standa!d . 3i facilmente tale soluzione sar anche frutto dei con2dizionamenti esercitati sugli attori dal patrimonio istituzionale ereditato dal passato e dai conflitti di interesse tra i sostenitori delle vecchie regole e i fautori del cambiamento. Le scelte saranno cio" pat# dependent + II6 @ispetto ai problemi competitivi, le varie istituzioni %es., limpresa tedesca, quella di tipo giapponese o i distretti industriali italiani) ossono !is onde!e in ,odi dive!si , che tuttavia si equivalgono come capacit competitiva+ III6 ,sistono 'o!,e s eci'iche di inte!di endenza t!a le dive!se istituzioni che caratterizzano una determinata realt nazionale, e che sono legate a una comune matrice culturale maturata storicamente, per cui pu- risultare difficile cercare di imitare organizzazioni sviluppatesi in altri contesti nazionali. 4ome si vede, gli argomenti portati da una parte e dallaltra sono solidi e non si prestano a formulare risposte semplificate agli interrogativi sulle conseguenze istituzionali della globalizzazione. 7embra comunque assodato che la globalizzazione comporter* 1 e in parte lo sta gi facendo 1 una serie di conseguenze desta.ilizzanti so !attutto e! i ,odelli di ca italis,o i0 o!ganizzati , ricchi pi di istituzioni che di mercato. Non sembra per- probabile che tali mutamenti determineranno uneffettiva convergenza. 7i pu- invece ipotizzare una ridefinizione delle economie coordinate di mercato che si accompagni al persistere di equilibri multipli, cio" di sistemi istituzionali caratterizzati da punti di forza e di debolezza differenziati. 3er spiegare questo giudizio pu- essere utile analizzare pi nei dettagli le conseguenze che la globalizzazione sta determinando nellintervento in campo economico e sociale dello stato.

La liberalizzazione dei movimenti dei capitali e la crescente integrazione dei mercati finanziari pongono se!i li,iti all(autono,ia degli stati nazionali nella dete!,inazione delle olitiche econo,iche, per cui " sempre pi difficile, per uno stato, perseguire politiche macroeconomiche di tipo BeCnesiano perch5, aumentando il deficit ed il debito pubblico, generano aspettative negative e pressioni sfavorevoli sul tasso di cambio della moneta nazionale %con crisi valutarie e svalutazioni) OD. 8uesti vincoli allautonomia delle politiche macro1economiche sono poi rinforzati dallintegrazione

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(&altro canto" anche politiche restritti)e" 'asate su un rialzo del tasso di interesse nazionale" possono" per esempio" non dare pi, #li effetti sperati" perch; le imprese sono in #rado di rifornirsi di credito in misura crescente all&estero" a condizioni mi < #liori di *uelle interne.

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commerciale e dalla spinta agli investimenti allestero, per cui una politica espansiva potrebbe comportare una crescita delle importazioni, se lapparato produttivo nazionale " poco competitivo perch5 la pressione fiscale o il costo del lavoro sono elevati. 4ome pure alti tassi di interesse, o un forte carico fiscale, costituiscono uno stimolo per investimenti diretti allestero. 8uanto poi ai paesi coinvolti nel processo di unificazione monetaria ed economica europea, i condizionamenti posti dalla globalizzazione sono rafforzati da quelli derivanti dagli accordi sottoscritti dagli stati stessi %v. .aastricht) che pongono specifici vincoli alla spesa pubblica. In altre parole, vincoli macroeconomici e spinte alla deregolamentazione andrebbero insieme, penalizzando maggiormente quelle economie coordinate che pi dipendono dal sostegno statale. 4ome conseguenza, si determinerebbe effetti2 vamente un inde9olimento del )apitalismo pi@ or.anizzato , che si avvicinerebbe a quello pi di mercato di tipo anglosassone, anche se con una perdita complessiva di competitivit delle economie dei paesi sviluppati e una maggiore disuguaglianza sociale. 8uesto processo verrebbe accelerato anche dalla !essione del ca itale 'inanzia!io sulla

co! o!ate gove!nance , cio" sullassetto proprietario e i meccanismi di governo delle imprese. ,ffettivamente, la maggiore libert di movimento del capitale finanziario e la possibilit di cogliere occasioni di profitto a breve sul mercato internazionale, tendono a destabilizzare il rapporto di lungo periodo tra banche e imprese$ da un lato, le banche dei capitalismi organizzati si muovono verso le borse internazionali e verso occasioni di investimento in paesi del capitalismo anglosassone+ dallaltro, il capitale finanziario anglo1americano penetra in quello delle imprese dei capitalismi pi organizzati, in una sorta di 9iso,o!'is,o no!,ativo:, favorito anche dalle grandi societ di consulenza e di valutazione internazionale. 7i rafforza cos; il ruolo del capitale azionario nellorientare le strategie di gestione delle imprese, a scapito del peso che, specie in ,uropa e in ?iappone, avevano tradizionalmente gli sta7eholde!s, cio" il management e i lavoratori. In questo modo, a fronte di una maggiore responsabilizzazione della direzione aziendale, possono per- perdere vigore quei processi di innovazione a lungo termine che costituivano la forza dei capitalismi pi organizzati. !ltre valutazioni, pi scettiche circa gli esiti in termini di convergenza attraverso la via della deregolamentazione, sottolineano come gli evidenti vincoli macroeconomici non comprimono pernecessariamente gli spazi di autonomia per le politiche regolative o redistributive a livello microeconomico %4osi, per esempio, si pu- accrescere la competitivit a livello micro grazie alla formazione professionale, alla ricerca e sviluppo, alla regolamentazione dei settori e dei rapporti di lavoro). *altra parte, se " vero che i vincoli macro alla spesa pubblica incidono sulla necessit di ristrutturare e di limitare il elfare statale, e di rendere pi flessibile il mercato del lavoro, le direzioni che il processo di riorganizzazione pu- prendere sono varie e risentono, come per gli interventi microeconomici, del patrimonio e della logica istituzionali di ciascun paese %non facilmente divisibili).

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Intorno a questo patrimonio, che limita le opzioni pi probabili, si apre un conflitto tra coloro che difendono le vecchie istituzioni, pi favorevoli ai loro interessi, e coloro che vogliono modificarle. 4autela richiede anche la valutazione dellimpatto della globalizzazione sui processi di concertazione$ un indebolimento delle vecchie forme di concertazione centralizzata, volte a controllare linflazione, potrebbe avere come conseguenza nuove forme di concertazione in grado di favorire una riorganizzazione del elfare e una messa a punto di interventi microeconomici per sostenere la produttivit e la crescita di competitivit. In conclusione, alla luce delle considerazioni precedenti ci sono buone ragioni per supporre che le tendenze di globalizzazione si accompagneranno a mutamenti istituzionali significativi e alla ridefinizione dei confini tra i diversi modelli di organizzazione dell%economia . @esteranno, tuttavia, differenze istitu2 zionali per cui, piuttosto che di un unico equilibrio che si afferma gradualmente e inesorabilmente si avranno equilibri multipli, funzione degli specifici contesti istituzionali ereditati dalia storia. 4i potranno cosi essere modi diversi nellaffrontare la competizione economica e combinazioni variabili di efficienza economica ed equit sociale. Il problema che le diverse societ si troveranno ad affrontare sar quello di trovare una regolazione che cerchi di usare al meglio il patrimonio istituzionale ereditato dal passato, non per opporsi alla globalizzazione e ai mercati, ma per rispondere alle sfide nel modo pi efficace proprio perch5 pi congruente con i diversi presupposti culturali e di civilt.

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