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METODOLOGIA DELLA RICERCA SOCIALE

Con il termine metodologia indichiamo il metodo utilizzato per la ricerca sociale, in quanto una scoperta
scientifica è affidabile soltanto se è stato utilizzato un metodo per ottenerla, con il termine ricerca indichiamo
un’attività empirica e con il termine sociale indichiamo l’interesse del ricercatore ai fenomeni sociali, ovvero ai
comportamenti e alle opinioni degli individui.
Gli studiosi analizzano i fenomeni sociali per vari motivi:
• Per inserirli all’interno di un determinato contesto
• Per dare vita a nuove teorie
• Per descriverli e spiegarli
Parlando di teorie, dobbiamo fare una distinzione tra teoria e ricerca:
• La teoria sociale è un campo del sapere scientifico che raccoglie i vari fenomeni di interesse delle scienze
sociali proponendo modelli interpretativi che consentono di spiegarli e inserirli all’interno di un
determinato contesto.
• La ricerca è un’attività empirica che acquisisce informazioni relative ad un fenomeno.
Teoria e ricerca sociale sono due momenti distinti che possono lavorare insieme, infatti la teoria sociale
offre alla ricerca sociale gli interrogativi sulle questioni che non sono risolte mentre i risultati della ricerca
sociale sono volti a ridefinire le teorie esistenti e in alcuni casi, queste, vengono posso essere rigettate.
Il metodo è una strada con la quale si raggiunge un determinato fine e si distingue in:
• Metodo scientifico, volto alla produzione della conoscenza e della giustificabilità
• Metodo di ricerca, ovvero delle procedure con le quali si acquisiscono informazioni per spiegare situazioni
sociali.
Lo sviluppo di una ricerca sociale è composto da quattro fasi: la prima fase, in cui c’è la definizione dell’oggetto e
degli obiettivi che si vogliono raggiungere, la seconda fase, con la progettazione operativa della ricerca sociale, la
terza fase, con l’acquisizione delle informazioni e la quarta fase, con l’analisi dei dati e l’interpretazione delle
informazioni acquisite. Queste fasi sono conseguenti una all’altra, nel senso che conclusa la fase due, il
ricercatore può passare alla fase tre. Il ricercatore può anche ritornare indietro, ad esempio dalla fase tre alla fase
due, se non sono stati sviluppati correttamente tutti i punti della fase due.
FASE 1
La fase uno inizia con l’esplicitazione degli interrogativi che possono derivare da questioni teoriche, ovvero da un
quadro teorico preso in riferimento, oppure da questioni pragmatiche, in cui si parte da problemi ricavati dal
contesto. Successivamente si passa alla chiarificazione e delimitazione del concetto, in cui il ricercatore deve
scegliere su quale fenomeno indagare e deve fare una lettura scientifica, nella quale controlla se in passato sono
stati svolti degli studi sullo stesso fenomeno. Se sono stati svolti, il ricercatore non parte da zero perché si
confronta con gli studi precedenti e ha un’idea sulla dimensione del fenomeno. Dopo c’è la definizione della
mappa concettuale, dove lo studioso decide quali informazioni vuole acquisire per lo studio del fenomeno e
questa scelta dipende dai risultati e dagli obiettivi che vuole ottenere, in quanto una ricerca scientifica ha diverse
finalità: valutare, fare delle previsioni, spiegare e descrivere un fenomeno. Alla conclusione della fase uno, il
ricercatore stila un elenco delle informazioni che vuole acquisire e decide da chi vuole acquisirle. Le informazioni
possono essere acquisite:
• Dalla popolazione di ricerca, ovvero gli individui coinvolti nella ricerca sociale.
• Da individui coinvolti direttamente nel fenomeno.
• Da esperti, osservatori privilegiati del fenomeno.
Le fonti possono essere:
• Primarie: se le informazioni vengono acquisite con un approccio empirico fondato sugli esperimenti.
• Secondarie: se le informazioni sono tratte da altre rilevazioni già esistenti.
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• O una combinazione di fonti.
-L’unità d’analisi è quella attraverso la quale si stabiliscono le informazioni necessarie da acquisire per risolvere gli
interrogativi della ricerca. Nella ricerca sociale l’unità d’analisi può essere rappresentata dall’individuo o da
un’entità sovraindividuale.
L’unità di rilevazione è quella attraverso la quale si ricavano informazioni relative all’unità di analisi.
Possiamo distinguere:
• Variabile aggregata, che descrive le proprietà dell’unità di analisi
• Variabile individuale, che descrive le proprietà dell’unità di rilevazione-
FASE 2
In questa fase bisogna stabilire come acquisire le informazioni e quale approccio usare. La scelta del metodo è
subordinata a 3 criteri:
• Adeguatezza
• Applicabilità
• Coerenza
Il metodo adottato dal ricercatore deve risultare applicabile in rapporto alle condizioni e alle circostanze in cui il
fenomeno si manifesta. Ci sono tre strategie alternative incentrate su una scelta metodologica univoca:
• Strategia processuale: prevede una fase di esplorazione iniziale facendo ricorso ad un approccio
metodologico qualitativo, seguita da una fase di rilevazione sistematica con un approccio metodologico
quantitativo.
• Strategia integrativa: presuppone la scomponibilità del fenomeno in rapporto ai diversi interrogativi.
• Strategia combinata: di metodi appartenenti ad uno stesso approccio metodologico.
Ci sono due tipi di approcci:
• L’approccio metodologico che si divide in: quantitativo e qualitativo. Questi due tipi di metodi si
differenziano per vari punti:
1. Modalità di descrivere e spiegare un fenomeno
Descrivere un fenomeno significa rispondere alla domanda come mentre spiegare un fenomeno
significa rispondere alla domanda perché. La ricerca quantitativa descrive in fenomeno attraverso
le misurazioni e se non può essere misurato significa che si deve passare alla ricerca qualitativa
mentre spiega un fenomeno con le relazioni statistiche, attraverso le quali le informazioni
acquisite vengono percepite come dei dati che devono essere riconducibili a delle variabili e il
ricercatore ha lo scopo di capire se ci sono delle relazioni tra queste, se non ci sono l’ipotesi è
considerata fondata. La ricerca qualitativa descrive i fenomeni soffermandosi sulle diversità tra di
essi mentre li spiega soffermandosi sulle cause plausibili.
2. Modo di acquisire le informazioni
La ricerca quantitativa acquisisce le informazioni attraverso la standardizzazione del processo, il
quale deve basarsi sul principio di uniformità degli stimoli. La ricerca qualitativa acquisisce le
informazioni attraverso un processo adattivo che si basa sul principio di contestualizzazione degli
stimoli.
3. Strumenti con cui acquisire le informazioni
La ricerca quantitativa acquisisce informazioni attraverso il questionario che rappresenta lo
strumento funzionale della standardizzazione mentre la ricerca qualitativa acquisisce informazioni
attraverso le interviste che rappresentano lo strumento funzionale del processo adattivo.
4. Osservazione

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La ricerca quantitativa adatta un’osservazione estensiva, in quanto si concentra su un numero
ampio di individui dal quale acquisisce poche informazioni mentre la ricerca qualitativa utilizza
un’osservazione intensiva perché acquisisce molte informazioni ma da un numero ridotto di
persone.
5. Prospettiva
La ricerca quantitativa si concentra su un campione molto ampio mentre la ricerca qualitativa ha
lo scopo di individuare la peculiarità dei casi.
6. Output
La ricerca qualitativa usa i resoconti mentre la ricerca quantitativa usa la matrice dei dati che
rappresenta lo strumento base per l’utilizzo delle tabelle statistiche. La matrice dei dati è anche
chiama matrice dei casi per variabili e può essere immaginata come una tabella al cui interno
inseriamo tutti i dati acquisiti. Questi possono essere letti sia considerando le righe e sia
considerando le colonne: nel primo caso saranno letti dati corrispondenti al singolo caso mentre
nel secondo saranno lette singole informazione corrispondenti a tutti i casi. -L’efficacia della
matrice dei dati dipende:
• Dall’omogeneità dei dati, in quanto ogni caso deve appartenere alla stessa unità di analisi.
• Dalla sensibilità della codifica, ovvero il rapporto tra il numero di stati di una proprietà in un piano di
codifica e il numero di stati che la proprietà può assumere. -
• L’approccio empirico si divide in quattro tipi di approcci:
1. Interrogazioni.
Il ricercatore usa quest’approccio ponendo delle domande e ricevendo delle informazioni dai
soggetti sociali coinvolti nel fenomeno
2. Uso di documenti.
Il ricercatore usa quest’approccio quando vuole ricavare informazioni da fonti documentali,
nate con un altro scopo. Il vantaggio di quest’approccio è che può essere usato per le indagini
retrospettive e storiche perché, a differenza del primo che può essere usato per le persone
che sono qui ora, questo può essere usato anche per persone del passato perché ricostruisce
fatti ed eventi.
Vantaggio: il ricercatore può allargare l’arco temporale e non avere distorsioni.
Svantaggio: documenti eccessivi, diventa difficile esplorare le informazioni oppure il problema
dell’attendibilità dei documenti.

3. Osservazione.
Questo tipo di approccio consiste nel guardare ciò che accade e sentire ciò che si dice. Deriva
dallo studio etnografico, ovvero lo studio di tribù e comunità che appartengono a diverse
civiltà. Alla fine dell’800, gli studiosi, in assenza di comunicazione, decidono di usare
l’osservazione per acquisire informazioni. L’antropologo polacco Malinowski che ha dato vita
all’osservazione partecipante che consiste nel vivere all’interno di una comunità perché si
acquisiscono delle informazioni che dall’esterno non si sarebbero potute acquisire.
L’osservazione può essere:
❖ Naturalistica, quando il ricercatore osserva ma non agisce
❖ Di laboratorio, quando si svolge all’interno di un luogo chiuso e segue un determinato
protocollo
❖ Manifesta, quando il ricercatore chiarisce il suo ruolo e il suo scopo ❖ Dissimulata,
quando il ricercatore non chiarisce il suo ruolo e il suo scopo

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4. Esperimenti.
Questo tipo di approccio segue lo schema stimolo- risposta ed è usato soprattutto dagli
psicologi per lo studio dei comportamenti.
L’unione tra approccio metodologico e approccio empirico può portare a diverse soluzioni:
• App. metodologico quantitativo + app. empirico interrogazioni:
a. Survey, ricerca sociale. Il ricercatore acquisisce informazioni necessari per risolvere un fenomeno.
b. Sondaggi d’opinione. Il ricercatore acquisisce poche informazioni per una certa questione
c. Censimenti. Il ricercatore acquisisce informazioni su tutta la popolazione
• App. metodologico qualitativo + app. empirico interrogazioni:
a. Indagini biografiche. Il ricercatore costruisce la storia di una persona perché ritiene che possa essere
utile alla ricerca sociale.
b. Indagini con interviste di profondità o focus group. Il ricercatore acquisisce informazioni su un
numero limitato di persone.
c. Ricerca azione. Il ricercatore acquisisce informazioni ed invita gli individui dai quali le ha acquisite a
diventare protagonisti della ricerca sociale.
• App. metodologico quantitativo + app. empirico uso di documento:
a. Indagine su fonti documentali con estrapolazione di dati. I dati devono essere misurabili
• App. metodologico qualitativo + app. empirico uso di documenti:
a. Indagine con analisi dei contenuti
• App. metodologico quantitativo + app. empirico osservazione
a. Osservazione sistematica. Il ricercatore trasforma l’osservazione in dati
• App. metodologico qualitativo + app. empirico osservazione:
a. Osservazione etnografica. Il ricercatore vive all’interno di una comunità per capire alcune dinamiche
che dall’esterno non avrebbe potuto capire.
b. Osservazione naturalistiche. Il ricercatore osserva ma non agisce.
c. Shadowing. Il ricercatore adotta un tipo di osservazione che gli permette di stare vicino ad una
persona come se fosse la sua ombra.
• App. metodologico quantitativo + app. empirico esperimenti
a. Esperimenti con rilevazione metrica. Gli esperimenti devono restituire dei dati.
• App. metodologico qualitativo + app. empirico esperimenti
a. Esperimenti con analisi della situazione. Lo scopo è ricostruire i processi che innescano certe
situazioni.
Successivamente il ricercatore deve predisporre gli strumenti da utilizzare per acquisire le informazioni e deve
costruirli (nel caso del metodo quantitativo deve creare un questionario). Deve attuare dei test di valutazione
negli strumenti prima di iniziare la ricerca sociale. In questa fase c’è la traduzione empirica dei concetti, ovvero il
concetto generale, cioè il fenomeno che si vuole indagare, viene trasformato in variabili, operativizzandolo. -Nelle
ricerche improntate sul modello ipotetico- deduttivo le variabili sono gli enunciati di ipotesi ricavati da una teoria
e il ricercatore stabilisce, prima di iniziare la ricerca, quali sono le informazioni da acquisire e deduce le
conseguenze che possono confermare o no la teoria. Nelle ricerche improntate sul modello induttivo- inferenziale
le variabili sono enunciati che riassumono propositivi che non trovano origine all’interno di una teoria precisa e il
ricercatore, non conoscendo il fenomeno deve esplorarlo e durante il corso della ricerca stabilirà quali sono le
informazioni da rilevare. - L’individuazione delle variabili è importante, perché verranno anche individuati gli
indicatori che ricondurranno le varie dimensioni al fenomeno.

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Questo processo si articola in 3 tappe:
• La concettualizzazione, quando si ha un fenomeno da sottoporre a indagine empirica.
• Identificazione degli indicatori. Attraverso gli indicatori è possibile i fenomeni cui rinviano i concetti
specifici. Il rapporto di indicazione è un rapporto semantico tra un fenomeno e i relativi indicatori che lo
descrivono e lo rendono riconoscibile sul piano empirico.
• Trasformazioni delle informazioni in variabili. Ogni fenomeno deve corrispondere ad un insieme di
informazioni.
-Il processo di definizione di una variabile si conclude con la determinazione del piano di codifica, ovvero un
insieme di convenzioni semantiche che consentono di associare ai numeri un significato specifico che corrisponde
ad una modalità. -
Il ricercatore deve tenere in considerazione del tempo e delle risorse che ha a disposizione perché se sono limitati
deve fare una scelta su quelle che possono essergli più utili. Deve individuare i soggetti necessari per la ricerca e
deve, anche, scegliere i criteri di selezione dei casi e dei campioni perché nella ricerca qualitativa si scelgono i casi
mentre in quella quantitativa si selezionano i campioni attraverso il campionamento.
FASE 3
Nella ricerca quantitativa si ha un contatto con i soggetti dai quali si acquisiranno le informazioni e si ha accesso
alle fonti documentali, successivamente si acquisiscono le informazioni e poi si controllano. Nella ricerca
qualitativa si ha un contatto con i soggetti dai quali si acquisiscono le informazioni e si ha accesso alle fonti
documentali, si acquisiscono le informazioni e successivamente si possono ridefinire le informazioni da acquisire.
FASE 4
Nella ricerca quantitativa, la fase quattro si apre con la costruzione della matrice dei dati, successivamente c’è
l’imputazione e il controllo dei dati, anche se oggi non è più svolto perché si usano i sistemi telematici, e infine c’è
l’analisi statistica. Questa può essere di tre tipi a seconda delle variabili che si utilizzano:
• Monovariata, quando si utilizza una sola variabile e serve a descrivere un fenomeno e ad interpretare le
informazioni.
• Bivariata, quando si utilizzano due variabili e si studiano le relazioni che ci sono tra di esse.
• Multivariata, quando si utilizzano più di due variabili.
Le ultime due sono utili a spiegare le possibili interpretazioni del fenomeno.
La scelta dell’analisi statistica dipende dal tipo di variabili che si sono utilizzare, in quanto ci sono variabili:
• Categorali, tipiche della ricerca qualitativa. Queste descrivono i caratteri qualificativi di un fenomeno e si
dividono in:
a. Nominali, che hanno dei valori che non sono misurabili e ordinabili e si esprimono attraverso delle
espressioni verbali. Sono dicotomiche, ovvero formate due valori e politomiche, ovvero formate da
più di due valori.
b. Ordinali, che hanno dei valori che possono essere ordinati e non misurati e si dividono in: parziale
autonomia semantica, ovvero variabili i cui significati sono subordinati ad altri, e a totale autonomia
semantica, cioè variabili i cui significati sono indipendenti da altri.
• Cardinali, tipiche della ricerca quantitativa. Queste riguardano la misurazione di un fenomeno e si
dividono in:
a. Discrete, che hanno valori misurabili e ordinali e prendono in considerazione solo i numeri discreti.
b. Continue, che hanno valori misurabili e ordinali e prendono in considerazione anche i numeri
decimali.
Nella ricerca qualitativa, la fase quattro inizia con la trascrizione dei dati e l’organizzazione delle interviste.
Successivamente c’è l’analisi dei dati composta dall’identificazione dei caratteri distintivi, dalla costruzione delle

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tipologie descrittive e dall’individuazione delle cause plausibili. Tutto questo porta alla costruzione del modello
interpretativo.
I fenomeni oggetto di interesse della ricerca sociale possono essere:
• L’azione umana
• Le espressioni della soggettività
• Le interazioni sociali
Le informazioni che il ricercatore vuole ottenere si possono classificare in quattro macrogruppi:
1. Dimensione fattuale, dalla quale si rilevano informazioni relative:
• Ai caratteri sociografici, ovvero quei caratteri stabili che permettono di costruire il profilo degli
individui dai quali ricaviamo le informazioni.
• Ai comportamenti, ovvero quello che gli individui fanno abitualmente o che hanno fatto
• Alle condizioni psico-fisiche
• Ai ruoli e agli status
2. Dimensione volitiva e motivazionale, dalla quale ricaviamo informazioni relative:
• Alle motivazioni e alle cause per le quali gli individui svolgono certe azioni oppure prendono
determinate decisioni.
• Alle finalità degli individui.
3. Dimensione culturale e valutativa, dalla quale ricaviamo informazioni relative alle:
• Opinioni degli individui
• Credenze degli individui
4. Dimensione psicologica e introspettiva, dalla quale ricaviamo informazioni relative:
• Agli stati d’animo degli individui
• Ai sentimenti degli individui
• Ai bisogni degli individui
Attraverso l’indagine si possono acquisire molte informazioni, alcune sono facili da acquisire come quelle della
prima e della terza dimensione mentre altre sono più difficili da acquisire come quelle della seconda e quella
quarta dimensione perché richiedono di operare un’introspezione. Non tutte le informazioni sono acquisibili
adottando il metodo quantitativo, infatti il ricercatore, prima di scegliere il metodo, deve capire di quali
informazioni ha bisogno.

IL QUESTIONARIO
Il questionario è lo strumento usato dall’approccio metodologico quantitativo per acquisire informazioni. Per la
sua progettazione di devono seguire delle regole, perché affinchè possa risultare funzionale, il questionario deve
basarsi su un processo di comunicazione e deve essere coerente, in quanto si devono considerare, non solo le
informazioni da acquisire, ma anche dell’analisi da operare sui dati e degli individui dai quali acquisirà le
informazioni. Il questionario favorisce il processo di standardizzazione perché garantisce l’uniformità e la
comparabilità delle informazioni e perché pone la centralità nella forma di domanda.
La domanda può essere aperta o chiusa:
• quella aperta, consiste in un interrogativo e in una risposta libera, ovvero non ci sono delle risposte
alternative.
• Quella chiusa, consiste in un interrogativo con delle alternative di risposta. Solitamente si preferisce
questa perché:

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a. Garantisce la standardizzazione
b. Fa riconoscere agli individui la propria risposta fra quelle indicate
c. Le risposte alternative creano un elenco che rappresenta per gli individui un promemoria
d. Stabilisce un’uniformità nel costruire l’informazione acquisita In alcuni casi non è consigliato di
utilizzare la domanda chiusa quando:
• Il ricercatore vuole ottenere informazioni numeriche, variabili cardinali
• Quando l’elenco delle risposte alternative è molto lungo perché si devono ottimizzare gli spazi
• Quando è impossibile prevedere la risposta Il ricercatore può riscontrare due problemi:
• Nel caso in cui non conosce il fenomeno che sta studiano e quindi non sa quali informazioni acquisire, è
preferibile usare la domanda chiusa
• Quando vengono poste delle domande estremamente soggettive che impediscono le previsioni delle
risposte.
Esistono anche:
• domande chiuse con opzione ‘’altro’’. Queste consistono di inserire un’alternativa di risposta non definita
nel suo contesto e sono generalmente usate quando il ricercatore non è interessato a cosa viene indicato
in altro. Il vantaggio di usarle consiste nel fatto che tutti risponderanno mentre lo svantaggio sta nel fatto
che non si saprà cosa gli individui vorranno indicare con altro.
• Domande semichiuse con l’opzione ‘’altro’’ + la richiesta di esplicitazione. Il vantaggio nell’usare questo
tipo di domande sta nel fatto che tutti risponderanno e si acquisiranno nuove informazioni mentre lo
svantaggio è rappresentato dal fatto che si potranno ottenere delle informazioni non utili che dovranno
essere lo stesso codificate.
La progettazione di un questionario consiste nella formulazione delle domande, quindi capire come e quali
domande porre, e nell’identificazione delle alternative di risposte. Per quanto riguarda la formulazione delle
domande bisogna seguire determinati criteri:
• Chiarezza concettuale, perché non devono esserci fraintendimenti e non devono essere usati termini
polisemici, ovvero con più significati, e l’identificazione dell’informazione richiesta, in quanto se non c’è
dimostra che il ricercatore non ha le idee chiare sulle informazioni che vuole acquisire.
• Rigore sintattico, ovvero deve esserci una costruzione lineare della frase perché altrimenti gli intervistati
non capirebbero la domanda, e adeguatezza lessicale, in quanto il linguaggio usato deve essere adeguato
alle conoscenze linguistiche e culturali delle persone alle quali è stato posto il questionario.
• Univocità, la domanda deve essere univoca, e concretezza, la domanda deve trattare di temi concreti.
• Neutralità, il ricercatore deve essere neutrale e non cercare conferme delle proprie opinioni ma piuttosto
esplorare le opinioni degli alti.
• Accettabilità della domanda, perché non sempre le domande vengono accettate dagli intervistati, i quali
possono decidere di non rispondere o di dare delle risposte errate. Questo accede se la domanda posta
riguarda comportamenti difformi alle aspettative della società oppure se è troppo personale, in quanto
questo porta l’intervistato a porre resistenza. Per evitare ciò, si può introdurre una premessa prima della
domanda per far sentire l’intervistato a proprio agio oppure si può formulare la domanda in maniera
diversa.
-Per quanto riguarda la sequenza delle domande, non esistono delle regole precise ma sono stati individuati tre
criteri per mettere a proprio agio l’intervistato:
• Il pone si concentra sulla curva d’attenzione dell’intervistato e suggerisce si inserire le domande relative ai
caratteri sociografici alla fine dei questionari, in quanto queste sono domande meno ardue che non
richiedono molta attenzione.

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• Il secondo riguarda l’intrusività graduale e invita a inserire le domande scomode al centro del questionario
• Il terzo riguarda l’insieme delle domande perché queste devono appartenere a diversi ambiti tematici
omogenei. -
Anche nell’identificazione delle risposte richieste bisogna seguire determinati criteri:
• Esaustività, in quanto l’elenco delle risposte deve essere completo perché altrimenti l’individuo potrebbe
non rispondere o dare una risposta errata e questo porterebbe ad una distorsione dovuta all’errata
progettazione del questionario.
• Opzione ‘’non so’’ che viene inserita quando si vogliono acquisire opinioni perché altrimenti l’individuo
potrebbe rispondere con una risposta simile a quella che avrebbe voluto dare ma non con la risposta che
avrebbe voluto dare.
• Mutua esclusività e univocità semantica, è importante quando tra le alternative di risposta troviamo delle
risposte che non si negano reciprocamente.
• Numerosità delle risposte, non si devono inserire troppe alternative di risposta. È meglio, in questo caso,
fare più domande perché l’individuo potrebbe non leggere tutte le alternative e risposte e scegliere la
prima che si avvicina di più alla risposta che avrebbe voluto dare.
• Risposta centrale, chiama anche risposta intermedia. È inserita quando si vogliono acquisire giudizi ed è
posta tra un giudizio positivo ed un giudizio negativo. In alcuni casi, è utile inserirla perché permette di
registrale la neutralità mentre, in altri casi, non è utile inserirla perché permette di non prendere una
decisione.
• Ordinamento delle alternative di risposta che è usato nelle variabili ordinali per aiutare a rispondere.
l’ordine delle alternative di risposta può influenzare la scelta degli intervistati. L’influenza si riferisce al
modo in cui l’elenco delle alternative di risposta viene presentato agli intervistati. A tal proposito la
differenza più significativa è tra:
o la presentazione visiva: che si rende possibile quando l’intervistato compila da solo il questionario.
in questo caso, gli intervistati tendono a scegliere le risposte in alto nell’elenco perché alle prime
risposte si da un’attenzione maggiore e si minimizza l’impegno cognitivo.
o La presentazione orale: che si ricorre quando il questionario viene fatto attraverso un’intervista. In
questo caso, l’intervistato non ha possibilità di leggere le domande ma può solo ascoltarle e tenderà a
scegliere le risposte citate per ultime perché tende a ricordare di più quelle.
• Numero delle risposte richieste, in alcuni casi è richiesto di dare solo una risposta mentre in altri di dare
più risposte. Infatti nelle domande chiese notiamo:
1. Domande con risposta unica che possono essere:
a. Con opzione di risposte politomiche.
b. Con riposte diconotomiche.
2. Domande con risposta multipla che possono essere:
a. Con un numero limitato di risposte, che serve per far scegliere le persone.
b. Con un numero libero di risposte senza ordinamento o con ordinamento.
Quando facciamo una domanda, possiamo ricevere diverse informazioni anche in base al linguaggio che abbiamo
usato nel porre la domanda. Ci sono diversi tipi di linguaggio:
• Linguaggio verbale
• Linguaggio numerico
• Linguaggio grafico-simbolico, che può essere una rappresentazione geometrica oppure un linguaggio
iconografico (faccine).

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Le domande filtro mostrano percorsi differenziati perché hanno la funzione di individuare aspetti specifici della
vita degli individui collegati a situazioni diverse delle persone.
Le domande condizionate sono seguono le domande filtro e sono poste agli individui in base alla risposta data
nella domanda filtro.
La batteria di domande è utilizzata per recepire diverse informazioni collegate allo stesso fenomeno. Prevede un
elenco unico di risposte alternative e consiste in una rappresentazione grafica compatta (tabella)
Quando vogliamo ottenere dei giudizi o delle opinioni possiamo utilizzare diversi tipi di linguaggio:
• Il linguaggio verbale, con il quale le persone esprimono giudizi attraverso l’espressione verbale
• Il linguaggio numerico, con il quale le persone esprimono giudizi scegliendo un numero da una scala da 1 a
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• Il linguaggio geometrico, attraverso il quale le persone esprimono un giudizio scegliendo, ad esempio, tra
le varie dimensioni dei cerchi (scelgono in modo intuitivo).
• Il linguaggio iconografico, attraverso il quale le persone esprimono giudizi scegliendo una delle faccine.
Questi tipi di linguaggio presentano di vantaggi e degli svantaggi: il linguaggio verbale, ad esempio, non ci
permette di acquisire molte alternative di risposta perché altrimenti andremmo incontro ad un problema di tipo
lessicale (non si inseriscono più di sette alternative di risposta). Il linguaggio numerico ci permette di individuare
una scala di valutazione maggiore. Questa scala va da 1 a 10, ma alcuni numeri non vengono molto considerati,
come 1 e 2. Le alternative di risposta presentate dal linguaggio iconografico non possono essere stese perché le
espressioni degli occhi e della bocca sono simili tra loro.
Quando vogliamo ottenere dei giudizi e delle opinioni possiamo incontrare anche un atro problema legato alle
domande vaghe perché: domande vaghe danno risposte vaghe. In questo caso è utile soffermarsi su concetti
generali della vita ed usare la batteria di domande. Quest’ultima è un format che si contraddistingue per una serie
di domande legate allo stesso fenomeno alle quali si risponde con le stesse alternative di risposta. In questo
modo, il ricercatore risparmia spazio e tempo perché è più facile rispondere. La batteria di domande permette di
ottenere anche una graduazione delle risposte in quanto ad ogni risposta viene assegnato un numero e
sommandoli, alla fine, otterremo una gradualità. Il modo di trascrivere concetti in numeri è stato individuato dalla
teoria della scala di Likert. La teoria della scala di Likert è una tecnica utilizzata per esplorare le opinioni delle
persone riguardanti aspetti dello stesso fenomeno. Ha lo scopo di sintetizzare perché ad ogni risposta è assegnato
un numero.
-Le alternative di risposta possono prevedere una combinazione di due linguaggi:
• Linguaggio verbale e linguaggio numerico
• Linguaggio verbale e linguaggio grafico-simbolico. Questa combinazione è stata proposta da Geneva
Emotion Wheel, ovvero uno strumento di autovalutazione messo a punto per rilevare gli stati d’animo.
Quando il ricercatore analizza le risposte può individuare diverse distorsioni:
• Quando sono state poste delle domande che prevedono risposte socialmente desiderabili, l’intervistato
potrebbe dare una risposta conforme alle aspettative della società invece che una risposta relativa alla
propria esperienza.
• Pseudo risposte. L’intervistato dà una risposta a caso per non ammettere la propria ignoranza su
quell’argomento.
• Acquiescenza. Tendenza a dare risposte positive.
• Response set. Tendenza a dare risposte uguali a domande riverse.
• Approccio orientato verso la scelta della risposta ottimale
• Approccio orientato verso la scelta della risposta soddisfacente. - Ci sono diversi modi di proporre un
questionario, perché può essere:
• Un questionario auto compilato. L’individuo compila autonomamente il questionario.
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Vantaggi:
a. l’individuo ha una visione diretta delle domande e delle risposte e questo gli permette di
comprendere meglio la domanda.
b. L’individuo non deve preoccuparsi di trovare una risposta adeguata perché deve sceglierla tra l’elenco
delle alternative di risposte.
c. L’individuo è solo quindi è più tranquillo.
Svantaggi:
a. L’individuo compila da solo il questionario e può commettere errori perché non è stato preparato
adeguatamente.
b. L’individuo può stancarsi e lasciare incompleto il questionario. questo porterà un problema al
ricercatore.
Possiamo individuare:
1. il questionario con compilazione contestuale: presentato a un gruppo di individui che si trovano in
un certo contesto o in una certa situazione. Aiuta a semplificare il contatto. 2. Il questionario postale:
inviato agli individui tramite posta Vantaggi:
a. Organizzativo perché il ricercatore non deve spostarsi.
Svantaggi:
b. Non tutti i questionari ritornano indietro, infatti il ricercatore deve capire chi rinvia il questionario e
chi no perché se a rinviarlo sono persone che hanno le stesse caratteristiche, potrebbe succedere che
queste non hanno dato informazioni sufficienti al ricercatore.
C’è la variante telematica: si devono avere gli indirizzi email delle persone alle quali viene posto il
questionario.
Vantaggi:
c. Poco costo
d. Elimina l’imputazione dei dati, ovvero il passaggio dalla carta ai database
• Il questionario somministrato: prevede un intervistatore che pone le domande, un intervistato che
risponde e l’intervistatore che annota.
Vantaggi:
a. L’intervistatore è il garante del questionario, è stato preparato per la sua compilazione e non
commette errori.
b. L’intervistatore rassicura e incoraggia l’intervistato.
c. Con questo tipo di questionario possono essere somministrate delle domande più lunghe e più
complesse.
Svantaggi:
a. L’intervistatore può risultare ingombrante per l’intervistato per questo deve essere preparato e
scelto con cura, inoltre deve avere una postura e un abbigliamento adeguato.
Possiamo avere:
1. Questionario con intervista faccia a faccia: intervistatore pone delle domande, l’intervistato
risponde e l’intervistatore annota.
Vantaggi:
a. L’intervistatore può aiutare l’intervistato
b. L’intervistatore dà importanza all’intervistato
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Svantaggi:
a. Organizzativo perché si devono organizzare spostamenti e appuntamenti.
b. L’intervistatore può risultare ingombrante per l’intervistati.
2. Questionario con intervista telefonica con variante della videochiamata Vantaggi:
a. Semplificazione organizzativa
Svantaggi:
c. Si devono avere i recapiti telefonici degli intervistati ed una connessione internet.
d. Le persone ricevono sempre chiamate quindi potrebbero non rispondere oppure essere diffidenti.
e. Le persone non possono stare molto tempo al telefono quindi devono essere fatte delle domande
brevi.
C’è un sistema di annotazione delle risposte differente per il questionario auto compilato e il questionario
somministrato. Per quanto riguarda il questionario auto compilato, abbiamo un interrogativo ed n elenco di
risposte alternative affianco delle quali, o a destra o a sinistra, verrà inserito un quadrato nel quale l’intervistato
inserirà una x per indicare la risposta che vuole dare. Se sono richieste due o più risposte ci saranno due o più
caselle:
• Il vantaggio di usare questo sistema di annotazione riguarda l’intervistato perché la scelta della risposta
da dare sarà rapida.
• Lo svantaggio riguarda l’imputazione dei dati, nel caso del questionario a compilazione contestuale,
perché coloro che dovranno imputare i dati dovranno prima individuare la x, successivamente controllare
a quale risposta corrisponde e infine controllare il codice numerico di quella risposta.
Nei questionari telematici questo svantaggio non è presente perché si salta l’imputazione dei dati, in
quanto il sistema fa tutto in automatico.
Nel questionario somministrato, abbiamo l’interrogativo e le risposte che sono numerate e una casella in
corrispondenza della destra dell’ultima risposta. In questo caso, l’intervistatore inserirà nella casella il numero
corrispondente alla risposta data dall’intervistato. (nel questionario auto compilato non si possono numerare le
alternative di risposta perchè la numerazione potrebbe condizionare la risposta dell’intervistato).
• Vantaggio per coloro che devono imputare i dati perché devono solo controllare il numero indicato nella
casella
• Svantaggio per l’intervistatore che deve stare molto attento perché potrebbe interpretare erroneamente
la risposta dell’intervistato. Inoltre, se ci sono domande sofisticate (soprattutto domande motivazionali),
l’intervistato potrebbe avere spazio per esprimere la risposta a parole proprie. Per questo motivo, è bene
capire attraverso quali strumenti si vogliono acquisire le informazioni perché in alcuni casi è meglio
utilizzare un’indagine qualitativa.

Il CAMPIONAMENTO
L’indagine campionaria ha degli antecedenti rintracciabili in Europa tra la fine dell’800 e l’inizio del 900. In inglese
è chiamata survay ed è usata per acquisire informazioni relative a condizioni sociali dell’epoca. Con il passare del
tempo si è sviluppata sempre di più grazia all’affermazione del metodo statistico che si contrappone agli studi di
caso, questi due metodi erano usati per affrontare l’osservazione e lo studio dei fenomeni sociali. L’indagine
campionaria si svilupperà anche in America dopo la fine della seconda guerra mondiale e nasceranno molti istituti
che la useranno per il mercato e i consumatori.
L’indagine campionaria è rappresentata da vari elementi:
• La rilevazione delle informazioni avviene attraverso un campione della popolazione
• Il campione deve rappresentare tutte le unità della popolazione

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• L’output è la matrice dei dati
• La rilevazione delle informazioni avviene attraverso la standardizzazione che utilizza come strumento un
questionario.
Parlando di campionamento, dobbiamo fare una distinzione tra:
• Popolazione. Ogni indagine ha una popolazione di riferimento che può essere composta da persone
oppure da imprese o organizzazioni.
• Campionamento. Una piccola parte della popolazione. È scelto secondo determinati criteri e determinate
caratteristiche perché il campione deve rappresentare, in piccola scala, le caratteristiche della
popolazione.
-Ci sono dei vantaggi nell’usa il campione che consistono in costi e tempi minori e in un’attendibilità elevata dei
risultati.
L’inferenza logica rappresenta il processo attraverso il quale si determinano le caratteristiche rilevate presso un
campione rappresentativo della popolazione.
I parametri rappresentano le caratteristiche della popolazione. Quando non è possibile stabilirli, si estrapolano dai
dati statistici rilevati dal campione.
Le statistiche rappresentano i dati che descrivono le caratteristiche di un campione.
La lista di campionamento è usata per estrarre i nominativi delle persone da inserire nel campione.-
Quando c’è l’indagine totale vengono prese di riferimento tutte le unità della popolazione.
Possiamo distinguere:
• Il campionamento non probabilistico, in cui il campione viene selezionato dal ricercatore secondo dei
criteri adottati dal ricercatore. Non è detto che il campione includa tutte le unità della popolazione.
Utilizzato principalmente nella ricerca qualitativa, in quanto il ricercatore esplora e non misura
• Il campionamento probabilistico:
- Ha dei requisiti specifici
- È definito tale se ogni unità della popolazione, scelta attraverso il caso, ha la stessa probabilità di
essere inclusa all’interno del campione. La probabilità è nota perché attraverso questo tipo di
campionamento si calcola l’ampiezza del campione, ovvero il numero di unità che il campione può
includere.
Il campionamento probabilistico usa diversi metodi:
• Casuale semplice: la selezione delle unità è affidata al caso. Si fa riferimento ad una generazione casuale
dei numeri soltanto se è presente un elenco.
• Campionamento sistematico. Si differenzia per le modalità attraverso le quali vengono scelte le unità del
campione. Inizialmente si calcola l’intervallo di campionamento (K) dato dal rapporto tra l’ampiezza della
popolazione (N) e l’ampiezza del campione (n). Successivamente si estrae un numero tra 1 e l’intervallo di
campionamento e il numero che uscirà rappresenterà la prima unità del campionamento. Gli altri numeri
verranno scelti dalla somma tra il numero estratto prima e l’intervallo di campionamento. Ci sono degli
svantaggi nell’utilizzo di questo tipo di campionamento che possono che consistono in un errore di
campionamento elevato.
• Campionamento stratificato. In questo tipo di campionamento, la popolazione viene suddivisa in
sottopopolazioni che prendono il nome di strati. Questa suddivisione presuppone che si stabiliscano
caratteri distintivi della stratificazione, ovvero caratteristiche e qualità degli individui che possono
influenzare l’oggetto della ricerca. Successivamente si stabilisce il peso percentuale di ogni strato e poi
sarà il caso a decidere. Questo tipo di campionamento si suddivide in:
1. Campionamento stratificato probabilistico, in cui il peso percentuale di ciascuno strato si impone
al campione.

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2. Campionamento stratificato non proporzionale, in cui si modifica il peso percentuale si uno strato
rispetto a quello che c’è nel campione perché magari quello strato ha una dimensione piccola e
contiene poche o addirittura nessuna unità di analisi. Questo crea una distorsione nel
campionamento però, questa distorsione, si risolve nella fase di elaborazione dei dati attraverso
una formula algebrica, chiamata ponderazione, con la quale il ricercatore riduce il peso delle
risposte date dagli individui.Questo tipo di campionamento presenta dei vantaggi in quanto
permette di tenere conto della composizione della popolazione.
• Campionamento a stadi. Questo campionamento è utilizzato quando è incompleto l’elenco della
popolazione di ricerca oppure quando è difficile l’accesso all’elenco della popolazione di ricerca. Il suo uso
presuppone delle condizioni perché le unità di analisi devono appartenere a raggruppamento di livelli
superiori organizzati secondo un aspetto territoriale oppure amministrativo. Vengono fatte più selezioni,
partendo dal raggruppamento di ordine gerarchico superiore, secondo uno schema chiamato ad imbuto,
e questo riduce sempre di più il campo di osservazione del ricercatore. Il vantaggio è nella natura
operativa mentre lo svantaggio è che il campione finale rappresenterà solo una quota della popolazione.
• Campionamento a grappoli. In questo caso le unità di analisi sono costituite da individui che compongono
un gruppo, chiamati grappoli, e questo campionamento viene usato quando si vogliono acquisire
informazioni sull’insieme degli individui che compongono il gruppo. La selezione delle unità di analisi può
essere svolta seguendo una delle tecniche di campionamento indicate precedentemente.
• Campionamento ad aree. Questo campionamento viene utilizzato quando non c’è un elenco di
riferimento. È utilizzato per le indagini ecologiche e il vantaggio è di natura operativa mentre lo
svantaggio è che alcune aree verranno escluse.
Quando si fa un campionamento, si può andare incontro a degli errori. Dobbiamo ricordare che la
rappresentatività del campione non è mai totale e si generano degli errori che non sono completamente
eliminabili ma che si possono ridurre attraverso l’applicazione di diversi criteri. L’errore di campionamento è uno
scarto tra il valore stimato e il valore effettivo di ciascun parametro della popolazione oggetto di rilevazione.
Dobbiamo distinguere:
• Errori non campionari che non dipendono dall’applicazione del metodo ma da fattori esterni e si
classificano in:
1. Errori di copertura, che dipendono dalla qualità dell’elenco utilizzato per il campione, in quanto
questo può essere incompleto e non aggiornato.
2. Errori di non risposta, che dipendono dalla mancata disponibilità degli individui inseriti all’interno
del campione di offrire le informazioni necessarie ai fini della ricerca sociale. Questo errore
diventa più importante quando la non disponibilità proviene soltanto da alcune categorie perché
modifica la rappresentatività del campione.
• Errori campionari che dipendono dall’applicabilità del metodo e dipendono:
1. Dall’ampiezza del campione: più un campione è ampio e più piccolo sarà l’errore. C’è una
propensione tra l’ampiezza della popolazione e l’ampiezza del campione perché il campione è
direttamente proporzionale all’ampiezza della popolazione.
2. Dalla combinazione del campione: quest’errore dipende dal fatto che la popolazione è
eterogenea o omogenea perché più la popolazione è eterogenea e più deve essere ampio il
campione.
3. Dal livello di fiducia teso: più sono attendibili di risultati ottenuti e più il campione è ampio.
Dalla combinazione tra errori campionari e non campionari dipende l’affidabilità del campione.
Il campionamento non probabilistico è utilizzato maggiormente nelle ricerche qualitative perché non c’è la
necessità di misurare ma il ricercatore selezione il campione valutando l’opportunità di inserire nel campione gli
individui.

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ANALISI DEI DATI
-Parlando di analisi statistica dobbiamo distinguere:
• l’analisi descrittiva che è volta a descrivere la fisionomia di un fenomeno
• l’analisi esplicativa che individua le possibili cause che stanno alla base di una relazione tra le variabili-

L’analisi dei dati può essere:


• Monovariata con finalità descrittiva
• Bivariata, volta a vedere cosa succede ad una variabile al variare di un’altra variabile
• Multivariata
Dobbiamo ricordare che le scienze sociali ragionano in funzione di nessi assoluti perché sono sempre verificati e
riguardano gli errori naturali.
-Parlando di analisi monovariata, dobbiamo ricordare la distribuzione di frequenza che serve a descrivere con
quale frequenza ricorre ciascuna modalità della variabile. I risultati sono riportati in una tabella e a volte si può
passare da valori assoluti a valori relativi attraverso un rapporto la frequenza assoluta e i casi totali, il risultato
ottenuto è chiamato proporzione, oppure si può passare da valori assoluti a valori percentuali, moltiplicando per
100 la proporzione. Utilizzare la distribuzione di frequenza è utile perché mette a disposizione i dati che
sintetizzano la situazione della popolazione osservata. -
L’analisi bivariata è caratterizzata dalla presenza di due variabili, tra queste possono esserci diverse relazioni:
• Relazione diretta, in cui x condiziona y. X è la variabile indipendente e rappresenta la possibile causa di un
fenomeno che sta alla base della variabile e y è la variabile dipendente e rappresenta il possibile effetto
che possiamo osservare.
• Relazione spuria, in cui c’è la presenza di una terza variabile z, chiamata variabile spuria, che produce degli
effetti in x e y.
• Relazione parzialmente spuria, in cui c’è un nesso efficace solo in parte tra x e y.
• Relazione indiretta, in cui al variare di x, varia y, ma questa variazione potrebbe essere causata dalla
presenza di z, in quanto x agisce su z e z agisce su y.
• Relazione parzialmente indiretta, in cui c’è un nesso tra x e z e z e y ma potrebbe esserci un nesso diretto
tra x e y. In alcuni casi x agisce su z e z agisce su y, in altri x agisce direttamente su y.
• Relazione condizionata, in cui c’è una relazione concomitante tra x e y, condizionata dalla presenza di z
perché se z assume alcuni valori c’è un nesso tra x e y ma se z assume altri valori non c’è un nesso tra x e
y.
• Relazione biunivoca, in cui x condiziona y e y condiziona z. in questo caso x e y sono sia causa che effetto.
La relazione tra due variabili può rappresentarsi anche graficamente attraverso un diagramma di dispersione, in
cui rappresentiamo un insieme di punti su un grafico che immaginiamo che siano i valori che assumono le variabili
prese in esame. Da qui possiamo individuare:
• Relazione lineare diretta: aumentano i valori di x e aumentano i valori di y.
• Relazione lineare indiretta: aumentano i valori di x e si riducono i valori di y.
• Relazione non lineare: i punti prima crescono e poi decrescono ed assumano una forma di curva.
• Assenza di relazioni: non c’è un nesso tra x e y.
Possiamo immaginare un segmento nel grafico che rappresenta la posizione media della distanza che c’è tra x e y
e possiamo individuare:
• Una modesta incidenza della variabile indipendente sulla variabile dipendente. Modesta perché la linea è
quali al centro e ci sono molti punti distanti da essa. Questo indica che al variare di x i valori di y possono
presentare situazioni differenti perché c’è un nesso debole tra x e y.
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• Una significativa incidenza della variabile indipendente sulla variabile dipendente. I punti sono vicini al
segmento e quindi all’aumentare dei valori di x, aumentano anche i valori di y perché c’è un nesso più
forte tra x e y.
Si può misurare anche la forza della relazione tra due variabili attraverso delle misure statistiche e dobbiamo
ricordare che:
• Nelle variabili nominali la forza è determinata da misure di associazione.
• Nelle variabili ordinali la forza è determinata da misure di congraduazione.
• Nelle variabili cardinali la forza è determinata dalla varianza.
Per misurare la distribuzione e la frequenza di due variabili prese in esame di usano le tabelle di convergenza.
Attraverso queste si spiega il comportamento congiunto tra due variabili. Queste tabelle possono mostrare
diverse soluzioni:
• Proporre i valori assoluti: si distinguono i valori di queste variabili e si conteggiano quanti sono i casi nati
dalle diverse combinazioni delle variabili.
• Proporre valori percentuali sul totale: si rapportano i singoli valori al totale dei casi esaminati e su
ricavano le percentuali sul totale.
• Proporre valori percentuali di riga: si fa un calcolo riga per riga.
• Proporre valori percentuali di colonna: si fa un calcolo colonna per colonna.
-L’analisi multivariata ha una finalità esplicativa, riduce le variabili da analizzare, al fine di riconoscere le relazioni
statistiche più significative. Si tratta di una classificazione, ovvero la ripartizione della popolazione in
sottopopolazioni più omogenee. -
L’INTERVISTA
L’intervista è lo strumento tipico della ricerca qualitativa e implica un colloquio fra due soggetti, tra i quali c’è una
relazione asimmetrica, in quanto i ruoli dei soggetti non sono uguali e non possono invertirsi. Il colloquio è un
colloquio verbale che implica una forma di comunicazione verbale e non possiamo confondere un’intervista
professionale con una relazione personale tra due individui proprio per la presenza delle relazioni asimmetriche.
Un buon intervistatore ha determinate caratteristiche:
• Sa ascoltare e dimostra interesse verso ciò che l’intervistato dice, altrimenti questo potrebbe non
rispondere o rispondere in maniera frettolosa.
• Non annota le domande da fare durante l’intervista perché non dobbiamo confondere questa con il
questionario. le domande che vuole porre deve averle in mente e porle collegandosi alla risposta
dell’intervistato.
• Può operare un rilascio, qualora si voglia soffermare su qualcosa che l’intervistato ha soltanto accennato
però deve porre la domanda soltanto dopo che l’intervistato ha terminato di rispondere perché non si
deve mai interrompere l’intervistato.
• Non deve essere franco, non può esprimere i propri giudizi e le proprie opinioni perché l’intervistato
potrebbe avere opinioni diverse e sentirsi giudicato e tenderebbe a chiudersi.
• Deve essere una persona aperta. Dobbiamo ricordare che l’intervista non presuppone una
standardizzazione o un protocollo, in quanto l’intervistatore è interessato alla costruzione della
narrazione degli intervistati. Inoltre deve essere una persona aperta perché deve saper affrontare anche
temi che non aveva previsto.
• Deve essere preparato a condurre l’intervista perché non può improvvisare.
• Deve tenere in considerazione il tempo e il luogo nel quale svolgere l’intervista: il tempo perché
un’intervista richiede molto tempo e si devono rispettare gli orari migliori per gli intervistati. Il luogo
perché non deve contenere distrazioni.
• Deve porre le domande nel momento e nel modo giusto.
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• È bene che non intervisti persone che conosce.
La traccia dell’intervista può essere intesa come l’insieme di punti che corrispondono alle domande che
l’intervistatore ha previsto di porre. Solitamente, in un’intervista, si predilige l’anonimato e si tende a registrare.
La registrazione, in alcuni casi, non è vista in maniera positiva dagli intervistati per quanto riguarda la loro
riservatezza. Ma in realtà, il vantaggio dell’usare la registrazione consiste nel fatto che, appunto, registra tutto ciò
che viene detto e permette di non dimenticare nulla. Indica la testimonianza dell’interesse degli intervistatori nei
confronti di ciò che dicono gli intervistati. Successivamente viene trascritto ciò che è stato detto e viene fatta
un’analisi dei contenuti emersi dall’intervista. L’intervistatore deve anche:
• Porre delle domande più aperte possibili, in modo che l’intervistato non risponda con risposte breve o con
‘’ si o no’’. Deve ‘’obbligare l’intervistato ad elaborare i propri pensieri.
• Deve chiedere ‘’perché’’ per far esplicitare agli intervistati i motivi delle loro scelte.

LA SOCIOLOGIA
La sociologia è una disciplina che studia in modo scientifico la società. Il termine società ha diversi significati, può
indicare:
• Un insieme di soggetti che mettono insieme il loro capitale per creare un’impresa.
• Un’organizzazione.
• Una certa collettività che si trova in un determinato luogo in un determinato momento storico.
• Una certa collettività che è soggetta allo stesso sistema economico produttivo.
• Una collettività sovranazionale come, ad esempio la società europea.
La società è oggetto di studio di varie discipline e sono tanti gli interrogativi che vengono posti:
• Come muta la società?
• Com’è organizzata la società?
• Com’è il rapporto tra gli individui che vivono all’interno della società?
La società è caratterizzata da elementi distinti che sono:
• L’organizzazione, che risponde alle funzioni vitali per la collettività.
• Il sistema di norme, perché una società è collettività che è presente un sistema di norme.
• Il sistema di potere, in quanto ogni società ha un sistema di potere che stabilisce i criteri e le regole per
esercitare il potere.
Insieme, il sistema di potere e il sistema di norme, creano l’ordine sociale.
• Il sistema culturale. Ogni società ha un proprio patrimonio che viene confrontato con gli altri.
• L’identità, ovvero il portato di tradizioni e storie e dalla quale dipendono i rapporti tra gli individui della
società.
La sociologia nasce in Europa nella prima metà del XIX secolo. Fu Auguste Comte a parlare per la prima volta di
sociologia. Le sue origini, però, possono essere individuate anche negli Stati Uniti perché qui nascono i primi
dipartimenti universitari di sociologia, inoltre, negli anni 20’ del 900 gli studiosi della scuola di Chicago
intraprendono le prime ricerche sul campo.
Il contesto storico che favorisce la nascita di una scienza nella società è contraddistinto da:
• La rivoluzione scientifica perché il dominio della scienza si espande nei fenomeni sociali.
• La rivoluzione industriale. La sociologia valorizza le riflessioni degli economisti classici, tra cui Smith che si
focalizza sulle trasformazioni sociali in corso in Inghilterra che hanno generano nuovi interrogativi divenuti
oggetto di studio della disciplina.

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• La rivoluzione francese, in quanto prima della rivoluzione tutto aveva un senso mentre dopo è stato
messo tutto in discussione e questo ha portato all’analisi della società che diventa oggetto d’interesse che
merita di essere studiato.
I fenomeni sociali si possono studiare attraverso due analisi:
• L’analisi macrosociologica, che studia le strutture sociali e i processi del mutamento sociale.
• L’analisi microsociologica che studia le interazioni quotidiane tra gli individui.
Parlando di teorie macrosociologiche possiamo individuare:
• Il funzionalismo con Spencer, che ritiene la società un organismo vivente, e Durkheim, il quale ritiene che
gli organi di una società sono studiabili in base alle loro funzioni.
• La teoria del conflitto con Marx che studia le classi sociali e la lotta tra le classi.
Parlando di identità e appartenenza, dobbiamo ricordare che possono avere diversi significati:
• Identificazione al gruppo di appartenenza
• Far parte di..
• Relazioni di reciprocità, ovvero scambi tra individui
• Legami interpersonali, quindi bisogno psicologico, con Maslow che definisce gli individui in base ai propri
bisogni, oppure prendersi cura di qualcuno.
L’appartenenza è collegata:
• Ai legami familiari sanciti dalla sacralità del sangue
• Alla matrice socio-culturale, ovvero la condivisione di principi e vicende
• Alla condivisione di uno status sociale, cioè la condivisione della stessa posizione sociale all’interno della
società
• Alla condivisione di finalità, collegata all’appartenenza ad una associazione con scopi che possono essere
sociali, politici, ecc..
• Al vissuto condiviso, ovvero storie e vicende attuali o del passato.
L’appartenenza ad una collettività può essere analizzata attraverso i processi di riconoscimento richiamati da ogni
individuo. Questi processi sono:
• L’adozione. Primo riconoscimento con cui la collettività riconosce l’appartenenza di un individuo ad essa e
gli riconosce anche un ruolo ed una posizione.
• La conferma, attraverso la quale la collettività verifica che l’individuo abbia ancora i requisiti necessari per
appartenere ad essa perché la conferma non è permanente. A volte può essere sollecitata dagli individui
perché vogliono legittimare il loro ruolo.
• L’esclusione che indica la mancata conferma e la mancata adozione. Sancisce la non appartenenza
dell’individuo alla collettività.
I primi due processi di riconoscimento hanno la funzione di adesione mentre il terzo riafferma i criteri
necessari per appartenere alla collettività.
Tanto più l’identità della collettività è caratterizzata da caratteri distintivi, tanto più la collettività rafforzerà i
legami in group (interni del gruppo) ed eviterà processi di contrattazione. Invece, al contrario, se la collettività è
caratterizzata da un orientamento di tipo liberale, l’esclusività rappresenterà una tutela per essa.
I processi di riconoscimento possono essere tradotti in atti formali o in modo esplicito e possono risultare
problematici se non sono chiari i criteri di appartenenza alla collettività.
Le norme scritte e non a volte non bastano per mantenere salda l’identità della collettività e questo ci porta
all’espressione simbolica dell’identità collettiva alla quale contribuiscono:

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• Il nome/ l’emblema. Il nome è la forma di espressione verbale più elementare attraverso la quale gli
individui sanciscono la propria appartenenza ad una collettività. Durkheim intuisce il loro funzionamento
in rapporto al mantenimento di un clan, riconoscibile in rapporto ad un emblema, importante per il
riconoscimento o il differenziamento tra gli individui.
• I rituali, ovvero delle esperienze dell’appartenenza ad una comunità. I rituali rafforzano i legami tra gli
individui. Si dividono in:
1. Revocativi, che rievocano qualcosa. Attraverso questi gli individui sanciscono la loro appartenenza
ad una comunità facendo leva sull’origine e sulle fasi di formazione della comunità.
2. Dimostrativi, attraverso i quali la collettività dimostra la propria forza.
3. Regolativi, attraverso i quali la collettività richiama le sue regole fondanti.
4. Proiettivi, definiti tali perché auspicano ad un futuro migliore e danno speranza. Sono rituali
proiettivi quelli religiosi.
Questi rituali sono accomunati dalla sacralità, dalla solennità e dalla dimensione emotiva dei rituali. Si
parla di solennità dei rituali perché sono sempre accompagnati da qualche forma cerimoniale.
La differenza tra simboli e rituali è che i primi agiscono come segni evocativi mentre i secondi implicano
l’esperienza evocativa.

L’ordine sociale è oggetto di interesse della sociologia, infatti i primi sociologi si sono interrogati su come si
costruisce l’ordine sociale e su come muta nel corso del tempo. Questo tema è stato studiato anche da altre
discipline come la scienza politica e la filosofia.
I sociologi si sono distaccati dalla concezione secondo la quale l’ordine sociale è espressione di un orientamento
umano che ha un’origine naturale e anche dall’idea che presupponeva che fosse nato da un contratto tra gli
individui. Durkheim ritiene che l’rodine sociale è frutto di un processo attraverso il quale si sono sedimentate le
norme all’interno di una società. Questo processo non è concluso e può essere trasformato da un altro ordine
sociale. Secondo lo studioso, inoltre, è difficile che ci sia una piena adesione alle norme sociale da parte degli
individui perché un’adesione implica un’accettazione. Questo processo può essere più o meno efficace e quando
è inefficacie si va incontro a delle forme di devianza mentre più è efficace e più gli individui conformeranno i
propri atteggiamenti alle norme sociali.
Per potersi riprodurre l’ordine sociale ha bisogno di un sistema di controllo e delle sanzioni che possono essere
più o meno importanti, inoltre, secondo Durkheim, non esiste ordine sociale senza una forma di potere.
Le problematiche relative all’ordine sociale riguardano:
• L’armonia
• La sua nascita, perché dipende da molti fattori
• La sua costruzione e il suo mutamento
• La sua riproduzione

Il POTERE
Il potere è la capacità di un soggetto, che può rappresentare un individuo singolo o una collettività, ad assumere
decisioni vincolanti per altri soggetti. chi detiene il potere ha la capacità di avere risorse che hanno un ruolo
significativo all’interno di una società. Questa capacità è esercitata in funzione di un ruolo e presuppone delle
forme asimmetriche (da una parte c’è chi detiene il potere e dall’altra c’è chi lo subisce).
Gli elementi che rendono il potere rilevante sono:
• Gli effetti che produce. Il potere ha una dimensione attiva ma non sempre produce effetti che portano a
cambiamenti o miglioramenti, ma a volte il suo obbiettivo è mantenere le situazioni presenti.

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• Il suo esercizio intenzionale, in quanto un potere è tale se produce gli effetti che desidera. Questi effetti si
collocano tra la massima efficacia e nessuna efficacia e sono oggetto di valutazione.
• Il suo carattere situazionale. Il potere prevede una dimensione relazionale tra chi lo detiene e chi lo
subisce. Questo tipo di rapporto è il fondamento del potere stesso perché chi lo detiene non può fare a
meno di chi lo subisce e viceversa.
Possiamo distinguere:
• Potere consensuale. Il suo esercizio produce un consenso tra coloro che sono sottoposti ad esso. In
questo caso il potere è accettato e non è messo in discussione anche se non è detto che venga accettato
da tutti e possono esserci delle critiche rivolte a coloro che lo esercitano.
• Potere coercitivo. Il suo esercizio prevede l’uso delle minacce e di sanzioni verso coloro che si ribellano.
• Potere visibile. È esercitato in modo esplicito. È riconosciuto da coloro che sono sottoposti ad esso e
mostrato da colui che lo detiene.
• Potere nascosto. Il suo esercizio non è mostrato da colui che lo esercita perché usa una forma indiretta di
controllo.
• Potere effettivo. Il suo esercizio produce degli affetti su tutti coloro che sono sottoposti ad esso.
• Potere potenziale. Chi lo detiene ha la capacità di condizionare comportamenti altrui.
Questi due ultimi tipi di poteri sono caratterizzati dall’ambivalenza, in quanto non esiste potere effettivo
senza una posizione potenziale e viceversa.
Il potere può essere esercitato attraverso:
• La forza e la coercizione, in questo caso gli spazi di coloro che lo subiscono sono ridotti per paura.
Vengono usate azioni per ottenere l’obbedienza. Si possono creare situazioni instabili.
• Induzione, che prevede forme di corruzione da parte di chi detiene il potere o aspira a detenerlo. Questo
presuppone:
1. Chi detiene il potere o aspira a detenerlo non ha altro modo per farlo
2. Il consenso dei sottoposti deve essere oggetto di trattazioni
3. Chi detiene il potere o aspira a detenerlo non deve violare i valori dei sottoposti
4. Chi detiene il potere o aspira a detenerlo deve avere delle risorse
• Manipolazione e persecuzione, sono previste azioni di convincimento da parte di chi detiene il potere. In
questo caso si tende ad influenzare il comportamento altrui e a contenere le ribellioni.
Bisogna fare una netta distinzione tra chi ottiene il potere tramite la persuasione e chi detiene il potere
tramite la manipolazione perché nel primo caso il potere è positivo mentre nel secondo caso il potere è
negativo. Chi utilizza la persuasione cerca di ottenere il consenso attraverso un ragionamento e un
confronto mentre chi usa la manipolazione seleziona le informazioni da far circolare perché vuole
ottenere il consenso. Chi, invece, ottiene il potere attraverso l’induzione ha come oggetto di scambio il
potere.
Secondo Macchiavelli ottenere il potere tramite la forza è dispersivo, è meglio ottenerlo tramite il consenso ed è
meglio che il principe sia legittimato. La legittimazione consiste nel riconoscimento del potere.
Possiamo, quindi, fare una distinzione tra potere e autorità.
Dobbiamo anche ricordare la disposizione d’obbedienza, in quanto chi rispetta una disposizione non vuol dire che
la condivida.
Weber individua tre tipi di potere, tutti legittimi ma che fondano la loro legittimazione su una base diversa:
1. Il potere tradizionale, fonda la sua legittimazione sul carattere sacro della tradizione perché sempre stato
così.

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2. Il potere carismatico, fonda la sua legittimazione sul carisma che trae origine dalle nuove prospettive
create dalla persona carismatica. In questo caso, è difficile che la legittimazione passi dal capo carismatico
ad un altro individuo.
3. Il potere legale, è tale, secondo Weber, perché fonda la sua legittimazione sulla credenza della legalità e
dei poteri esercitati. Chi è conforme alle prescrizioni lo fa perchè si subordina alla legittimità di una carica.
Questi poteri si differenziano anche per l’apparato amministrativo che permette il loro esercizio:
1. L’apparato amministrativo del potere tradizionale è costituito dai servitori che hanno una relazione
fiduciaria con il sovrano, ovvero colui che detiene il potere e si fa interprete della tradizione e a volte
anche della volontà divina. Il resto della popolazione è rappresentato dai sudditi.
2. L’apparato amministrativo del potere carismatico è costituito dai seguaci, scelti dal capo carismatico
perché appoggiano la sua azione. C’è una relazione di devozione tra i due.
3. L’apparato amministrativo del potere legale è costituito dai funzionari d’ufficio che vengono scelti
sulla base delle loro competenze a seconda del ruolo che devono svolgere. Vengono valutati tramite
un esame e non ricevono dei compensi personali da chi detiene il potere ma uno stipendio.
LA DEVIANZA
La devianza è un atto o un comportamento di una persona o di un gruppo di persone che viola le norme della
collettività e può andare incontro a qualche sanzione. Secondo Durkheim, un comportamento è criminale perché
urta la coscienza comune. La devianza è collegata al controllo sociale perché è il risultato dei limiti del controllo
sociale e si sviluppa in massa in quei periodi in cui sono in atto delle trasformazioni che mettono in discussione le
norme presenti. La questione della devianza è associata alla questione della responsabilità e anche alla
dimensione etica e morale di una società.
I sociologi si sono interrogati sul concetto di devianza e hanno cercato di individuare la sua origine. A tal proposito
sono state individuate diverse teorie:
• Spiegazione biologica. Secondo questa teoria coloro che hanno dei comportamenti devianti hanno
caratteristiche diverse rispetto agli altri individui. Ricordando lo psichiatra Cesare Lombroso, possiamo
ricordare i suoi studi sulla forma del cranio e sui caratteri somatici dei criminali del tempo e vedere come
ha individuato delle caratteristiche fisiche e somatiche diverse, che sono:
1. la testa leggermente più piccola
2. Le sopracciglia folte
3. Gli zigomi pronunciati.
È stata proposta anche una teoria cromosomica perchè normale le persone hanno 46 cromosomi ma
ci sono persone che ne hanno 47 e se, il cromosoma in più è un cromosoma X, ovvero derivante dalla
madre, non porta problemi mentre se è un cromosoma Y, ovvero derivante dal padre, può portare a
comportamenti violenti.
• La teoria dell’anomia/ del disordine sociale. Secondo questa teoria il reato è dovuto ad un mancato
controllo esterno, nasce perché c’è un legame debole tra l’individuo deviante e la società. La devianza, è
quindi frutto di un disordine sociale. Da questa teoria possiamo ricordarne anche un’altra: la teoria del
controllo sociale che pone al centro la conduzione pessimistica della natura umana definita debole.
Secondo gli studiosi di questa teoria bisogna studiare coloro che rispettano le norme e capire che lo fanno
perché sono frenati dai controlli sociali che possono essere:
❖ esterni con l’obiettivo di impedire lo svilupparsi del comportamento deviante
❖ Interni che fanno provare vergogna e un sentimento di colpa a coloro che hanno
atteggiamenti devianti. Secondo Durkheim queste emozioni sono il frutto del processo di
socializzazione degli individui.

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Secondo i sociologi del controllo sociale il reato è frutto di un debole vincolo tra coloro che mettono
in atto i comportamenti devianti e la società. Irish individua 4 elementi che possono far integrare gli
individui nella società ed evitare lo sviluppo di atteggiamenti devianti e sono:
❖ attaccamento ai genitori/ agli insegnanti
❖ Il raggiungimento di obiettivi sociali
❖ Il coinvolgimento nelle attività convenzionale
❖ Le credenze, perché una mancanza di credenze porta alla violazione delle norme.
• Teoria della tensione. Seconda questa teoria la devianza si viene a definire tra i fini che si vogliono
raggiungere e i mezzi con i quali raggiungerli. Gli individui possono assumere atteggiamenti diversi:
1. conformità: accettano sia i fini e sia i mezzi per raggiungerli.
2. Innovazione: accettano i fini ma non i mezzi per raggiungerli.
3. Ritualità: non accettano i fini ma accettano i mezzi
4. Rinuncia: rifiutano i fini e non conformano i loro comportamenti alle norme
5. Ribellione: rifiutano i fini e i mezzi e ne propongono altri.
• Teoria della subcultura. Secondo questa teoria chi attua degli atteggiamenti devianti è perché è cresciuto
in una subcultura criminale. I sociologi della scuola di Chicago hanno diviso la città in 5 zone concentriche
e in ognuna hanno calcolato il tasso di criminalità dato dal rapporto tra il numero di reati commessi e la
popolazione totale di quella zona. Da questi studi è emerso che in alcune zone c’erano valori favorevoli
allo sviluppo della devianza e questo patrimonio veniva trasmesso anche ai nuovi arrivati.
• Teoria dell’etichettamento. Questa teoria si differenzia dalle altre perchè ritiene la devianza il prodotto
tra coloro che applicano le norme e coloro che le infrangono. Questi due gruppi non sono differenti nè per
i bisogni e nè per i valori ma se una persona viene etichettata in un determinato moco subirà una
riprovazione sociale e costruirà la propria identità su quei comportamenti.
• Teoria della scelta razionale. Secondo questa teoria il reato è un’azione razionale. L’uomo è un essere
razionale e agisce per i propri interessi quindi se decide di commettere un reato lo fa perché otterrà un
beneficio maggiore rispetto a quello che avrebbe ottenuto se avesse rispettato le norme.
La devianza è oggetto di sanzioni che possono essere:
1. formali se sono combinate a organizzazioni specializzate.
2. Informali se sono nate spontaneamente nella società.
Le sanzioni possono essere gravi o meno gravi, in alcuni casi abbiamo le pene, quando vengono commessi dei
reati, in altri casi sono previste sanzioni che agiscono sul patrimonio di chi commette gli illeciti.
Per quanto riguarda le punizioni sono varie in ogni società.
DISUGUAGLIANZA
Le disuguaglianze sociali rappresentano le differenze tra individui o gruppi e parlando di disuguaglianza la
indichiamo come la condizione in cui si trova in determinato gruppi di individui rispetto ad un altro che detiene il
potere di accesso a risorse e privilegi.
Parlando di disuguaglianza possiamo rimandare a due concetti:
• Stratificazione, in quanto è il risultato della disuguaglianza che porta alla formazione di strati sociali.
• Classi sociali, ovvero gruppi più o meno definiti di individui che dipendono dalla posizione sociale e
politica
Universalità: perché le disuguaglianze sono presenti in tutte le società
Variabilità: perché le disuguaglianze variano in ogni società: nelle società più semplici sono minori mentre in
quelle più complesse sono macroscopiche.
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Persistenza: perché le disuguaglianze tendono a riprodursi nel tempo, anche perché sono il frutto della resistenza
al cambiamento, e si riproducono in modo diverso perché cambiano le forme in cui si rendono visibili agli altri.
Sono state elaborate due teorie per spiegare l’origine della disuguaglianza:
• Teoria funzionalista. Secondo questa teoria la disuguaglianza dipende dalle posizioni e dai ruoli che gli
individui hanno all’interno di una società. Per questo motivo, possiamo ordinare le disuguaglianze
secondo un ordine gerarchico.
• Teoria del conflitto. Questa teoria si oppone alla precedente, in quanto ritiene che la disuguaglianza
dipende dal fatto che coloro che hanno il controllo delle risorse socialmente più rilevanti mettano in atto
delle azioni per mantenere questo controllo. A questo proposito, possiamo ricordare Marx, il quale ritiene
che la storia dell’umanità sia generata dal conflitto nato dai modi di produzione. Infatti, per lui, le
disuguaglianze discendono dai modi di produzione e dal controllo dei mezzi di produzione.
Secondo Marx, nella società capitalistica, all’apice non c’è più il ceto dei nobili (come era invece nelle società
feudale) ma ci sono i proprietari delle fabbriche che danno ai lavoratori un salario che rappresentata soltanto una
parte del valore economico generato dal lavoro. La differenza tra il valore economico e il salario genera il profitto
che garantisce l’accesso ai privilegi.
Marx elabora la teoria delle classi sociali, secondo la quale, in ogni epoca troviamo una classe dominante (la
borghesia) che ha il controllo dei mezzi di produzione e una classe subordinata (il proletariato) che non ha il
controllo dei mezzi di produzione ma solo della propria forza lavoro. Il rapporto tra queste due classi è
caratterizzato dallo sfruttamento, attraverso il quale si genera un profitto.
Anche weber elabora una teoria, secondo la quale le fonti della disuguaglianza derivano da tre sfere della vita
sociale:
• Economica, ovvero l’appartenenza ad una determinata classe sociale che dipende dalla posizione di
mercato di ciascun ruolo professionale.
• Culturale, ovvero l’appartenenza ad un determinato ceto sociale che determina il prestigio e l’onore
dell’individuo.
• Politica, ovvero l’appartenenza ad un determinato partito politico o gruppo di potere da cui dipende il
controllo dell’apparato di dominio.

LA STRATIFICAZIONE SOCIALE
Il termine stratificazione nasce in geologia per indicare i diversi livelli del terreno. Con stratificazione sociale
indichiamo la collocazione degli individui in posizioni sociali gerarchicamente organizzate che prendono il nome di
strati. Gli individui che appartengono ad uno stesso strato hanno le possibilità simili di accesso alle risorse e al
potere.
Ci sono quattro tipi di stratificazione:
• La schiavitù. È una delle forme più estreme di disuguaglianza in cui alcuni soggetti sono oggetto di
possesso di altri. È una forma di stratificazione del passato e ha caratterizzato, ad esempio, il sud degli
Stati Uniti.
• La casta. Caratterizza la cultura indiana. Il termine deriva dal portoghese e significa stirpe o razza. Nella
cultura indiana c’è la casta di varna caratterizzata da quattro categorie di posizioni sociali che hanno
posizioni diverse nella gerarchia dell’onore e gli iari, gli intoccabili, che appartengono alla posizione più
bassa della stratificazione sociale. Dobbiamo ricordare che l’appartenenza ad una casta è determinata
dall’appartenenza ad una famiglia.
• Il ceto. Caratterizza la società feudale europea, che aveva determinati diritti e doveri. La società feudale
era caratterizzata da un raggruppamento di ordine superiore composto dalla nobiltà e dall’aristocrazia, da
un raggruppamento intermedio composto dal clero e da un raggruppamento inferiore composto dal terzo
stato. era possibile passare da un ceto sociale all’altro.

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• La classe. Si distingue sa società in società e:
1. Non è determinata da raggruppamenti religiosi o giuridici.
2. È presente una mobilità ascendente.
3. Si differenzia in base all’economia che enfatizza i divari tra i redditi e le posizioni professionali.
Infatti nelle società occidentali le classi sociali si identificano per:
• Reddito e ricchezza, in cui con il termine reddito indichiamo quanto riceve un individuo in base al lavoro
che svolge e con il termine ricchezza indichiamo il patrimonio dell’individuo
• Posizione professionale
Questi due aspetti non sono indipendenti tra di loro ma, anzi, si determinano a vicenda.
La stratificazione sociale può essere descritta anche in base all’occupazione degli individui, ovvero alla loro
posizione professionale. Lo schema più noto è quello di Goldthorpe, che è stato adattato al caso italiano da un
gruppo di ricercatori provenienti dall’università id Trento. Secondo questo schema ci sono:
• La borghesia composta da liberi professionisti ed imprenditori.
• La classe media composta dalla classe media impiegatizia e dalla piccola borghesia.
• La classe operaia composta da operai e braccianti.
La mobilità sociale consiste in un cambiamento della posizione sociale di un individuo all’interno di una società
caratterizzata dal sistema di classi sociali. Possiamo individuare diversi tipi di mobilità:
• Mobilità verticale, cambiamento della posizione sociale di un individuo verso una posizione sociale
superiore o inferiore rispetto a quella di partenza.
• Mobilità orizzontale, cambiamento nella specifica posizione professionale dell’individuo.
• Mobilità ascendente, effetti della mobilità verticale sociale attraverso i quali un individuo si trova in una
posizione sociale superiore rispetto a quella nella quale si trovava prima.
• Mobilità discendente, effetti della mobilità verticale sociale attraverso i quali un individuo si trova in una
posizione sociale inferiore rispetto a quella nella quale si trovava prima.
• Mobilità intragenerazionale, cambiamento della posizione sociale di un individuo nella sua vita adulta.
• Mobilità intergenerazionale, cambiamenti delle posizioni sociali di individui che fanno parte di due
generazioni contigue.
Possiamo fare anche un’altra distinzione tra modalità individuale e modalità collettiva.
Per differenze di genere indichiamo le differenze tra uomini e donne che derivano da:
• Differenze biologiche, ovvero da caratteristiche fisiche
• Differenze socio-culturali, ovvero differenze riguardanti i lavori domestici, i ruoli, i diritti ma anche le
identità di genere, che sono il frutto dei processi di socializzazione messi in atto.
Possiamo individuare diversi tipi di processi:
1. Il processo di imitazione che inizia nella fase dell’infanzia in cui i bambini imitano i comportamenti
degli adulti.
2. Il processo di rinforzo, in cui gli adulti mettono in atto delle punizioni o dei premi nei confronti dei
bambini per incitarli a mettere in atto dei comportamenti conformi al proprio genere di
appartenenza.
3. Il processo di autosocializzazione, in cui uomini e donne mettono in atto ruoli conformi al proprio
genere di appartenenza attraverso la socializzazione verbale e non.
L’identità di genere è collegata ai diversi ruoli. Questo è stato confermato da molti studiosi tra cui:
• Margaret meed che ha studiato i ruoli degli uomini e delle donne in una comunità locale

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• Un gruppo di studiosi che ha confrontato 175 casi per capire le differenze dei ruoli tra maschi e femmine.
La diversa assegnazione dei ruoli può portare allo sviluppo di forme di devianza: in passato, infatti, gli uomini
potevano continuare gli studi mentre le donne dovevano fermarsi. Inoltre, ancora oggi, quando uomini e donne
svolgono le stesse mansioni, l’uomo viene pagato di più rispetto ad una donna.

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