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Riassunto Sul Campo. Breve guida pratica alla ricerca


etnografica

Antropologia della comunicazione (Politecnico di Milano)

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INTRODUZIONE

Etnografia à è un metodo interno all’antropologia culturale utilizzato per indagare gli “usi e costumi” locali
dei vari gruppi sociali
è un metodo qualitativo
sfrutta le tecniche dell’osservazione partecipante
Osservazione partecipante
1. Indagine in loco
2. Interazione con i propri informatori
3. Carattere analitico-descrittivo delle riflessioni

CAPITOLO PRIMO: L’ETNOGRAFIA

Tre tappe dello sviluppo della disciplina:


a) A TAVOLINO à i primi antropologi non si muovevano da casa, ma facevano riferimento a reperti
museali e ai resoconti spediti in patria da osservatori non professionisti, di seconda mano.
b) IN VERANDA à il ricercatore si recava sul posto sul quale indagava, ma restava all’interno del
proprio avamposto, facendosi condurre le persone da studiare, incontrandole fuori dal loro
ambiente, togliendo quindi naturalezza alla situazione e senza poter controllare le informazioni
ricavate.
c) SUL CAMPO à (fieldwork) vi è osservazione restando per molto tempo nel luogo in cui vive il gruppo
sociale d’interesse, abitando in mezzo a loro.

1. IL METODO
à La ricerca qualitativa adotta procedure analitiche (concettualizzazione) che non trasformano i
fenomeni studiati in numeri, ma sono informali e si basano sulle capacità e risorse analitiche del
ricercatore.
à Denzin e Lincoln: per ricerca qualitativa si intende quella ricerca che adotta, nei confronti del
proprio oggetto di indagine, un approccio naturalistico, studiando i fenomeni nei loro contesti
naturali e tentando di dare loro un senso, o di interpretarli, nei termini del significato che la gente gli
dà.

2. L’APPROCCIO ALL’OGGETTO
à L’oggetto della ricerca viene visto nella sua unicità e particolarità e analizzato in profondità, solo
DOPO si fanno affermazioni generali o comparative.
à I fenomeni vanno studiato nel loro contesto naturale, senza manipolazioni.
à L’interesse è per i significati che gli attori sociali attribuiscono al mondo in cui vivono.

3. LA PROSPETTIVA VERSO LA TEORIA


Finalità
a) esplorative à scoprire fenomeni sociali nuovi o poco conosciuti e spiegarli a partire dalla loro
osservazione
b) descrittive à cause, processi, conseguenze, strategie che conducono a determinati risultati
c) spiegare fenomeni circoscritti, con un livello di generalizzabilità limitato.

4. LA RIFLESSIONE SUI METODI DI RICERCA

à Il fattore determinante per la scelta del metodo è l’oggetto studiato ß


Pluralismo metodologico
a) adozione congiunta o sequenziale di metodi diversi nella stessa ricerca
b) abbandono o modificazione di metodi usati inizialmente
c) sviluppo di metodi nuovi

5. LA TEMATIZZAZIONE DEL RICERCATORE


La ricerca qualitativa richiede un’attività riflessiva: il ricercatore NON scompare in quanto individuo.
à La ricerca non può mai essere “neutra”
à La soggettività va resa uno strumento analitico, in quanto sia quella del ricercatore che quella dei
partecipanti è parte integrante della ricerca.
à La soggettività del ricercatore NON costituisce un “errore” di misurazione!

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6. ETICA ED EPISTEMOLOGIA DELLA RICERCA ETNOGRAFICA


Epistemologia à tipo specifico di indagine filosofica relativa alle modalità e alla legittimità con cui si
viene a conoscere una certa cosa, evento o fenomeno.
Ricerca quantitativa:
a) È basata sul Positivismo
b) Presuppone l’esistenza di una cosa realtà esterna, le cui leggi sono immutabili.
c) Le affermazioni si verificano confrontando le teorie coi fatti
d) Il ricercatore è indipendente rispetto all’oggetto studiato
e) Utilizza il paradigma falsificazionista (la realtà può essere conosciuta solo in modo imperfetto a
causa dei limiti umani)
Ricerca qualitativa:
a) Si basa sul Costruttivismo
b) Oggetto conosciuto e soggetto conoscente sono legati indissolubilmente
c) La realtà può essere analizzata in molti modi diversi
d) La ricerca deve essere frutto degli interessi del ricercatore
e) I metodi di raccolta dati sono interattivi

Conseguenze etiche:
à la divulgazione di informazioni raccolte può creare problemi alle persone identificate
à la questione dei committenti è ancora oggi bruciante (si veda gli etnografi usati come spie)
à è necessaria una costante vigilanza sugli interessi che producono la ricerca e sugli ambienti in cui i
risultati verranno fatti circolare

CAPITOLO SECONDO: IL LAVORO DI RICERCA

1. IL PROGETTO
à Il progetto deve essere persuasivo, per convincere l’ente finanziatore o la commissione universitaria
che il tema posto è interessante, ben impostato e realizzabile.
à Un buon progetto non dà nulla per scontato e spiega ogni dettaglio in modo conciso ed efficace.
à Modello base di progetto:
1) Titolo
2) Sommario
3) Introduzione
(includente, in breve, l’attuale stato del dibattito sul tema)
4) Obiettivi
(ovvero la domanda di ricerca)
(i problemi che vorrei affrontare sono x e la loro rilevanza nel dibattito è y)
5) Tecniche
(descrivete il caso scelto e le procedure per la raccolta dei dati, in coerenza con il vostro
orientamento teorico)
6) Questioni etiche
7) Risultati
(risultati attesi e modi della loro comunicazione)
8) Modi e tempi
(indicate le varie fasi e l’intervallo di tempo da dedicare a ciascuna di esse)
9) Budget
(budget d’insieme, con specificazione delle voci di spesa)

2. IL PROCESSO DI RICERCA
à L’indagine etnografica si basa su un’interdipendenza e un continuo aggiustamento fra le singole
parti che la compongono, in seguito a riflessioni che coinvolgono tutti gli stadi del progetto.
à Non tutti gli aspetti dell’indagine sono definibili in anticipo, al contrario ogni stadio può essere
modificato in seguito a cambiamenti o per risolvere eventuali problemi.

1) Tema à è il punto d’inizio della ricerca


si sceglie su cosa focalizzare la propria attenzione
non tutti i luoghi sono adattai da indagare certi temi
non tutti i temi possono essere indagati con un certo metodo
non tutti i metodi sono eticamente praticabili
Nella fase iniziale si elaborano le linee guida tematiche, l’argomento di interesse è ancora generico.
Il ricercatore deve riflettere a fondo sul fenomeno che vuole studiare, focalizzandosi man mano sugli
aspetti più specifici, per giungere infine a una domanda di ricerca concreta (concettualizzazione).

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2) Ipotesi à possono essere formulate prima, durante o dopo la raccolta dati


la genericità o specificità dipende dal grado di conoscenza dell’argomento
3) Scelta del metodo e degli strumenti più appropriati
4) Definizione delle modalità di campionamento
5) Organizzazione dei dati à è utile per poter analizzare i dati
può portare all’impoverimento del materiale
evidenzia i limiti del lavoro finora svolto
6) Analisi dei dati
7) Stesura del testo finale à comunica i risultati della ricerca
il ricercatore chiarisce i suoi presupposti, sviluppa nuove idee, affina
certi concetti, costruisce pezzi di teoria, generalizza alcuni risultati.

3. LA SCELTA DEL CAMPIONE

à La scelta di campioni adeguati è decisiva per la qualità della ricerca ß

Qual è l’unità di analisi appropriata?


a) Si identificano i casi con gli individui che compongono un certo gruppo sociale.
(il ricercatore, volendo studiare comportamenti e atteggiamenti, intervista i singoli individui e da ciò
ricostruisce le logiche socio-culturali alla base dei loro comportamenti e atteggiamenti)
b) Si effettua un campionamento basato sulla teoria.
(si selezionano un certo numero di comportamenti o atteggiamenti e poi si procede ad intervistare
gli individui che assumono quei comportamenti e condividono quegli atteggiamenti)

Strategie di selezione dei campioni:


1) A priori:
il campione è scelto prima della raccolta e analisi dei dati
include il campionamento statistico
include il campionamento della popolazione complessiva
si tratta di gruppi ristretti, tali da permettere un loro completo monitoraggio
2) Graduali:
include il campionamento teorico (il campionamento avviene nel corso della raccolta dati, con la
finalità ultima di giungere alla costruzione di una teoria)
include il campionamento dei casi estremi o devianti
include il campionamento dei casi tipici
include il campionamento finalizzato a ottenere la massima variazione
include il campionamento sulla base dell’intensità delle caratteristiche del fenomeno studiato
include il campionamento dei casi critici
include il campionamento di convenienza (soggetti più facili da raggiungere)

Tipologie di campioni utilizzabili:


1) Popolazione complessiva:
il campione corrisponde alla totalità della popolazione che interessa studiare
praticabile solo se la popolazione non sia troppo ampia
2) Campioni volontari:
utilizzata quando il ricercatore non conosce i partecipanti potenziali o loro stessi non si conoscono
tra loro
un metodo di reperimento di campioni volontari consiste nel far circolare annunci (passaparola, sui
giornali, nei supermarket, etc)
3) Campioni intenzionali o teorici:
campione scelto sulla base della pertinenza rispetto all’argomento della ricerca
il ricercatore si focalizza su persone che ricoprono un ruolo “tipico” rispetto al gruppo che si vuole
studiare (es. in una ricerca sugli adolescenti, gli adolescenti scolarizzati), può poi espandere la
ricerca su partecipanti che ricoprono posizioni meno tipiche, e infine ricercare partecipanti in
situazioni atipiche
4) Campioni designati (snowballing o campionamento a palla di neve):
i partecipanti allo studio vengono incaricati di reperire altri campioni

4. LE PRINCIPALI AREE D’INDAGINE


Ogni situazione sociale è definita da 3 elementi:
1) il posto
2) gli attori
3) le attività

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Tematiche di ordine generale:


a) contesto fisico: descrizione dettagliata e analitica degli spazi in cui si svolgono le azioni sociali
(es. descrivere lo stato delle strade, dei negozi, dell’abitazione tipo, i luoghi pubblici, i mezzi di
trasporto)
b) contesto sociale: descrizione dell’ambiente quotidiano e delle norme che lo organizzano (es.
quali persone frequentano le strade nelle varie ore del giorno e della notte, il loro modo di
vestirsi, le finalità dei loro spostamenti, i redditi e i consumi familiari)
c) interazioni formali e informali:
formali à sono quelle che avvengono tra individui, all’interno di istituzioni e organizzazioni nelle
quali i ruoli sono prestabiliti e le relazioni si svolgono in un quadro di vincoli prefissati.
informali à sono il risultato di atti “naturalizzati”, eseguiti in modo fluido, nel corso della vita
quotidiana e con un basso livello di consapevolezza. È importante la progressiva selezione e
messa a fuoco delle sole interazioni interessanti ai fini della ricerca.
d) interpretazioni degli attori sociali: ogni atto ha un significato culturale per gli attori che lo
compiono, e l’importanza di questi aspetti taciti e impliciti si manifesta quando qualcuno
trasgredisce le aspettative, contraddicendo a loro ipotetica “naturalezza”.

Determinati spazi si legano a determinati significati à la gente interpreta in un certo modo gli interessi e
la personalità dei loro frequentatori abituali, marcandone così la posizione sociale.

CAPITOLO TERZO: LE TECNICHE DI INDAGINE

1. L’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE
à L’obiettivo di questa tecnica è ottenere delle informazioni di prima mano.
à È un approccio complessivo all’indagine, che combina anche le altre tecniche.
à Il ricercatore è uno “straniero professionista” che assiste intimamente alla vita e alle attività dei
soggetti indagati.
à La tecnica richiede una qualche conoscenza della lingua locale e la disponibilità a trascorrere una
notevole quantità di tempo nel luogo di osservazione.
à La situazione è modificata dalla presenza dell’osservatore, che partecipa e interagisce.

à FASI:
1) Preliminari:
aver ben definiti lo scopo generale e le domande di ricerca principali.
2) Entrata in campo:
familiarizzare col contesto e con le persone
gate-keeper à è un individuo noto e ben visto dai locali, di cui il ricercatore usa la legittimità e
la credibilità per accrescere le proprie.
a volte in casi di aperta ostilità o resistenza si è costretti a lavorare sotto copertura, a volte
bisogna studiare un gruppo vicino per avvicinarsi al gruppo che davvero interessa
3) Raccolta dati:
spesso in questa fase si usano degli informatori-chiave, persone particolarmente informate, il cui
ruolo a volte deve essere mantenuto segreto.
questa tecnica consiste in un vero e proprio hanging around (bighellonare) con i propri
interlocutori
à 3 momenti:
a) rilevazione descrittiva
serve ad elaborare un quadro complessivo del campo studiato
fornisce descrizioni generiche e superficiali
una buona descrizione deve riguardare lo spazio, il tempo, gli attori e le attività principali
b) rilevazione focalizzata
la prospettiva si restringe sempre più sui processi e i problemi essenziali per la domanda di
ricerca
c) rilevazione selettiva
è condotta verso la fine della raccolta dati
l’osservatore vi ricorre quando le domande di ricerca possono trovare risposta solo
attraverso un rigoroso approfondimento delle procedure di rilevazione
in questa fase, l’osservatore può escludersi dalla partecipazione e interrogare gli
interlocutori con una lista di domande focalizzate
4) Fase conclusiva:
interpretazione e verifica/smentita dei concetti delle categorie elaborate nelle prime fasi
dell’osservazione
uso dei field-notes (note di campo) e di registrazioni audio e video

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2. L’OSSERVAZIONE A DISTANZA
à è detta anche naturalistica
à richiede una prospettiva “esterna”: il ricercatore osserva i fenomeni così come si manifestano
spontaneamente, nel modo più possibile neutro; l’osservatore non deve entrare a fare parte degli
eventi osservati, ma deve rimanere in disparte.
à il ricercatore si propone come scopo l’accurata descrizione empirica o la verifica di concetti teorici
relativi a determinati fenomeni

à FASI:
1) selezione del contesto in cui osservare i processi e le persone che interessano
2) definizione di tutto ciò che deve essere documentato nell’osservazione (addestramento degli
osservatori nel caso s’intendano standardizzare le rilevazioni)
3) osservazioni descrittive per fornire una presentazione generale del campo
4) osservazioni focalizzate sugli aspetti rilevanti alla domanda di ricerca
5) conclusione delle osservazioni, una volta raggiunta la saturazione teorica.

3. L’INTERVISTA

Vengono usati vari tipi di intervista:


à “conversazioni professionali” (seguono regole e tecniche specifiche)
à “scambio di opinioni tra due persone che si confrontano su un tema”
Parametri caratterizzanti:
à il numero (un solo incontro o più incontri)
à la durata
à il contesto (ambiente naturale o artificiale)
Ogni domanda contiene due dimensioni:
1) Tematica à la sua rilevanza per l’argomento di ricerca
2) Dinamica à la sua rilevanza per la relazione interpersonale tra i partecipanti all’intervista

à FASI:
1) Scegliere la forma di intervista più appropriata
2) Incontrare o contattare i propri interlocutori, valutando le modalità di approccio appropriate
3) Nel caso di interviste formali, ottenere il consenso alla partecipazione, che a volte richiede molta
negoziazione (anonimato, concludere l’intervista in qualsiasi momento)
4) Decidere se registrare o meno l’intervista (è utile per non perdere dati, ma l’intervistato può
sentirsi a disagio)

à L’intervistatore deve costruire un’atmosfera nella quale il soggetto si senta sufficientemente sicuro da
parlare liberamente

à LISTA DI DOMANDE (KVALE):


a) Domande introduttive
“mi potrebbe dire qualcosa di …?”
b) Domande di follow-up
mirano ad approfondire quanto l’intervistato sta dicendo
semplici “mmh…”, pause di attesa
ripetizioni di parole significative dette dall’intervistato
c) Domande di probing
“potrebbe aggiungere qualcos’altro su questo?”
d) Domande di specificazione
“che cos’ha pensato allora?”
“come ha reagito?”
e) Domande dirette
l’intervistatore affronta esplicitamente l’argomento che gli interessa
f) Domande indirette
di norma si tratta di domande proiettive
“come pensa reagiscano gli altri?”
g) Domande strutturanti
segnalano quando il tema è esaurito
“ora vorrei passare ad altro”
h) Silenzio
dà all’intervistato la possibilità di riflettere e raccogliere le idee

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i) Domande interpretative
“vuole dire che …”
“è corretto dire che si è sentito …”

Consigli utili:
à non avere fretta: dare all’intervistato il tempo di completare la risposta
à porre una domanda alla volta
à usare interventi minimi (“potrebbe dirmi qualcos’altro”) anche se a volte sono necessarie domande
più specifiche (“come si è sentito?”)
à controllare l’effetto dell’intervista sull’intervistato: se l’intervistato è a disagio bisogna tornare indietro
e usare più gentilezza, o rinunciare del tutto ad affrontare un certo argomento.

à PRINCIPALI FORME DI INTERVISTA


a) Intervista non strutturata
è la forma di intervista più aperta, che si basa sulla produzione spontanea di domande
le domande nascono dal contesto immediato
sono considerate conversazioni amichevoli, in cui il ricercatore introduce lentamente elementi
nuovi
il limite principale è il fatto di richiedere una grande quantità di tempo per raccogliere
informazioni sistematiche, e i dati raccolti in questo modo sono difficili da tabulare e utilizzare
statisticamente.
b) Intervista biografica (o narrativa)
si chiede all’intervistato di raccontare la storia della sua vita o un evento significativo al quale
egli abbia preso parte
il ricercatore si astiene il più possibile dall’esercitare ogni forma d’influenza ed è l’intervistato che
determina, dal suo punto di vista particolare, ciò che è rilevante e ciò che non lo è.
verificare che l’intervistato sia disposto a raccontare la propria storia
riservare all’intervista un largo margine di tempo e mantenere l’interesse sempre desto e
costante
tenersi “in disparte” quando il narratore ha cominciato a parlare
evitare le domande dirette (invece di “perché?” è meglio “cosa è successo dopo?”)
mettere da parte le domande specifiche per la fase successiva (solo quando il narratore ha
finito, si può tornare sui punti mancanti o affrontati frettolosamente)
il ricercatore ha un ruolo in larga parte passivo
un problema è il fatto che non tutti sono capaci di narrare in modo fluido
c) Intervista semi-strutturata
esibiscono il più alto grado di organizzazione
il ricercatore è guidato da una traccia o “guida di intervista” (interview guide), la quale include
una lista di domande o di aree tematiche da esplorare, e può essere più o meno dettagliata, e
rende più sistematica la conduzione dell’intervista rafforzando la comparabilità dei dati.
scegliere un tema e poi specificare le aree che si potrebbero approfondire
disporre le aree nella sequenza più appropriata, collocando i temi delicati o intrusivi più avanti
nell’intervista, per consentire all’intervistato di sentirsi a proprio agio
pensare alle domande appropriate in relazione a ciascuna area e disporle in ordine secondo
una formulazione “a imbuto” (funneling), che consiste nel porre prima le domande più generali
e poi quelle più specifiche
pensare a possibili interventi di approfondimento delle risposte fornite
si consiglia l’uso di domande neutre, evitando quelle pilotanti
l’intervistatore deve evitare di formulare giudizi
evitare il linguaggio gergale, pur strutturando le domandi in modo tale da renderle familiari
si consiglia l’uso di domande aperte (“cosa ne pensa di …?”)
d) Intervista esperta (a persona chiave)
è una specificazione dell’intervista semi-strutturata
viene rivolta a un particolare tipo di intervistato, considerato interessante perché “esperto” in un
settore particolare di attività o perché rappresentante di un certo gruppo
lo scopo principale è quello di analizzare e confrontare il contenuto della conoscenza degli
esperti
può risultare problematico contattare gli esperti, persone molto occupate, con poco tempo
libero e difficili da raggiungere
e) Intervista focalizzata
è una specificazione dell’intervista semi-strutturata
nasce per studiare le reazioni delle persone a materiale-stimolo (es. un film), ma è applicabile
anche a ricerche che indagano temi specifici
criteri da soddisfare: non direttività (domande non strutturate, definizione dell’argomento
reazione libera “come ti sei sentito quando …?”, definizione della reazione e argomento libero),
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specificità (quali aspetti specifici degli eventi o dei materiali stimolo sono rilevanti e che
significato hanno per l’intervistato), ampiezza dei contenuti (garantire che tutti gli aspetti e gli
argomenti rilevanti per la ricerca siano trattati durante l’intervista) e profondità del contesto
personale (necessità di ottenere informazioni approfondite sui sentimenti e le reazioni
dell’intervistato nei confronti degli eventi o dei materiali stimolo)

4. I FOCUS GROUP
Quando si studiano opinioni e atteggiamenti su argomenti “caldi” e delicati, è utile indagare anche le
dinamiche di gruppo che emergono durante la discussione su tali elementi.
Pur non costituendo un’alternativa all’intervista individuale, risulta un’alternativa interessante.

Il focus group può essere:


à implicito: il ricercatore usa in modo strategico un’occasione di socialità naturale tra varie persone
(es. una cena), cercando di rilevare le loro discussioni o di farle parlare e commentare temi
interessanti per la ricerca
à esplicita: è la forma più classica, e il gruppo di interlocutori è selezionato e convocato
intenzionalmente dal ricercatore ai fini della ricerca.
gli elementi caratterizzanti sono:
1) l’interazione tra un gruppo di persone (da 6 a 12)
2) la presenza di uno o più moderatori
3) la focalizzazione su uno specifico argomento
4) il fatto che i partecipanti non devono rispondere individualmente ma confrontarsi e discutere

Elementi differenziatori fra i focus group:


a) Composizione del gruppo (le persone si conoscono, eterogenei, etc)
b) Grado di strutturazione (autogestiti o con moderatore)
c) Ruolo del moderatore:
marginale à propone tema e regole e lascia che i partecipanti discutano
limitato à interviene per agevolare l’andamento della discussione
ampio à possiede controllo sull’andamento della discussione

Scopi:
à esplorativo: può far emergere una serie di ipotesi, da sottoporre, poi, a controllo empirico (anche
con sondaggi a questionari)
à strumentale: può facilitare la costruzione di una guida di intervista

à FASI:
1) Individuazione dell’obiettivo della ricerca
esplorativo, studio-pilota, valutazione risultati della ricerca, etc
2) La scelta di uno più moderatori per la conduzione del focus group
3) La stesura della traccia di intervista del focus group
serve a dirigere la discussione
contiene poche domande che non prevedono risposta rigida
4) Individuazione del gruppo di riferimento
secondo il modello standard i partecipanti NON dovrebbero preventivamente conoscersi tra
loro né conoscere il moderatore (inibizione)
l’omogeneità del gruppo (rispetto al tema e allo status socio-economico) è indispensabile
(parità = agio)

Conduzione della conversazione:


à iniziare con uno stimolo (idea, filmato, etc)
à gestire le dinamiche di gruppo, evitando che alcuni individui o gruppi dominino la discussione,
sollecitando i membri meno loquaci ad esprimere le proprie opinioni
à il ricercatore deve bilanciare il proprio ruolo di intervistatore (che è interessato allo sviluppo
dell’argomento) e di moderatore (che gestisce le dinamiche di gruppo)

à TIPOLOGIE DI DOMANDE (KRUEGER)


a) Domande di apertura
tutti i partecipanti vi rispondono all’inizio dell’incontro
scopo: individuare le caratteristiche che accomunano i soggetti
b) Domande di introduzione
introducono l’argomento generale di discussione
scopo: incrementare la conversazione e interazione tra i partecipanti
c) Domande di transizione
servono come collegamento logico tra le introduttive e le chiave
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d) Domande chiave
guidano la discussione
richiedono più attenzione nell’analisi dei dati
e) Domande finali
conducono alla conclusione della discussione
scopo: chiarire le posizioni alla fine del focus group
f) Domande riassuntive
durante la discussione, riassumono le idee emerse fino a quel momento

Vantaggi à i bassi costi


la rapidità e l’efficienza della raccolta dati
la ricchezza dei dati ottenuti
la possibilità di stimolare chi risponde
si avvicina al modo in cui le opinioni vengono prodotte e negoziate nella vita sociale
ordinaria
Svantaggi à le dinamiche rendono difficile creare situazioni di omogeneità nella raccolta delle
informazioni e prevedere l’andamento della discussione
i group espliciti richiedono sforzo di organizzazione legate al reclutamento e alla
convocazione dei partecipanti

CAPITOLO QUARTO: L’ANALISI DEI DATI



Offre una panoramica sulle varie forme di scrittura etnografica e sui criteri per valutare la qualità del lavoro
di ricerca svolto. Carte, fotografie, audiocassette, videoregistrazioni sono documenti di ciò che ha avuto
luogo sul campo. Sono informazioni necessarie a rispondere ai problemi e alle questioni che hanno
generato la ricerca. Non esiste un unico modo di effettuare un’analisi dei materiali etnografici.

1. ORDINARE I MATERIALI
Le informazioni possono essere sottoposte a una pluralità di elaborazioni. In primo luogo si ha la partizione e
riorganizzazione dei dati in unità e categorie più semplici in modi e forme orientati dalle teorie, dai criteri
interpretativi di riferimento.
1. Descrizione iniziale dei dati
2. Loro scomposizione in unità più semplici
3. Esame delle interrelazioni fra queste unità.
a. la prima fase consiste nell’articolazione di descrizioni ampie e dettagliate del
fenomeno studiato. La descrizione riguarda non solo un certo evento ma anche lo
sfondo socio-culturale in cui l’evento ha luogo.
b. la seconda fase consiste nella classificazione: l’interpretazione dei dati è
responsabilità del ricercatore. Il compito del ricercatore è individuare delle
categorie che organizzino i dati sulla base di caratteristiche e qualità rilevanti.
Questo processo implica la rilevazione di regolarità nei dati relativi alle azioni, al
contesto e alle persone. Nell’individuazione di tali elementi significativi il ricercatore
può usare tipologie indigene (concetti creati dai partecipanti) e tipologie costruite
dall’analista.
c. la terza fase dell’analisi consiste nella creazione di connessioni: indagare come i
concetti possano interagire tra loro e dar vita alla struttura complessiva. Le
connessioni fra gli elementi individuati possono essere sia formali (riferite a relazioni di
somiglianza/differenza) che sostanziali (relative a legami di causalità). Alla fine si
ritorna ai dati con un movimento circolare per verificare se l’individuazione di
regolarità non possa aiutare una loro parziale reinterpretazione.
d. In conclusione si tratta di un processo di valutazione della plausibilità delle ipotesi
sviluppate e di verifica attraverso i dati. Occorre anche ricercare spiegazioni
alternative per i dati ed esplorare i legami esistenti tra loro. Le spiegazioni alternative
esistono sempre e il ricercatore deve identificarle e descriverle per poter dimostrare
che la spiegazione offerta è la più plausibile.

2. STRUTTURARE LE INFORMAZIONI
L’etnografia è una ricerca che si caratterizza per una struttura a imbuto: si focalizza progressivamente nel
corso del suo svolgimento. La messa a fuoco progressiva possiede due componenti analiticamente distinte:
1. il problema di ricerca viene sviluppato e trasformato nel tempo;
2. solo alla fine il suo scopo si chiarisce e si delimita e si può passare ad analizzare la struttura
interna. L’analisi nel suo insieme può essere utilmente sviluppata in base a una sequenza in tre
fasi:

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a. leggere i materiali numerose volte annotando tutto ciò che appare interessante o
significativo
b. annotare e documentare i titoli dei temi emergenti su un altro margine usando parole
chiave per sintetizzare gli elementi essenziali del testo
c. su un foglio separato elencare i temi emersi ed esaminare le relazioni reciproche. Si può
scoprire che alcuni temi si raggruppano assieme. Nel corso dell’analisi possono emergere
anche temi nuovi.

CAPITOLO QUINTO: LA SCRITTURA E LA VALUTAZIONE

Ora resta da elaborare un qualche tipo di restituzione testuale del lavoro svolto. Gli aspetti principali legati
alla chiusura di una ricerca etnografica concernono:
1. le modalità con le quali si presentano i risultati della ricerca
2. la necessità che questi si conformino ai criteri convenzionali di qualità della ricerca scientifica.

1. LA SCRITTURA DEL TESTO


L’obiettivo finale di una ricerca è quello di elaborare un testo che illustri i risultati, esponga i motivi che
hanno condotto a quelle particolari conclusioni e rifletta sulle loro implicazioni. L’attività di scrittura non
compare per la prima volta in questa fase della ricerca, ma è parte integrante dell’analisi. La stesura finale
di una ricerca etnografica segue le convenzioni che guidano la scrittura di un qualunque resoconto
d’indagine scientifica. Metodi diversi di analisi e interpretazione richiedono stili di scrittura differenti. Non
esiste una modalità in assoluto più adeguata di altre per riportare i risultati di una ricerca. La questione della
forma di scrittura chiama in causa numerose variabili: la natura dei risultati, i lettori cui è rivolta, l’obiettivo
della ricerca. _IL SAGGIO: destinato a riviste disciplinari. Vanno tenute in considerazione le caratteristiche
delle riviste stesse. Indicazioni di carattere generale: prestare attenzione al linguaggio usato nella scrittura,
usare la prima persona singolare (io) invece della forma impersonale più tipica degli articoli quantitativi,
usare sia forme verbali attive che passive, evitare il linguaggio sessista. Idealmente si dovrebbero
presentare informazioni sufficientemente dettagliate da consentire al lettore di ripetere la ricerca. la
chiarezza è d’obbligo: vanno evitate le prolissità e le ripetizioni. È utile pianificare la stesura del saggio prima
di cominciare a scrivere. Tutto richiede tempo e revisioni. La struttura di un articolo etnografico è simile a
quella degli articoli quantitativi: titolo, abstract (fornisce il riassunto sintetico degli obiettivi della ricerca dei
risultati e dell’interpretazione); la sezione introduttiva (strutturata partendo da un’introduzione generale del
problema, per poi concentrarsi sull’area specifica di interesse); la sezione sul metodo (fornisce sufficienti
informazioni da consentire la ripetizione della ricerca). Per quanto riguarda la sezione sull’analisi dei dati è
opportuno procedere in modo diverso a seconda delle scelte effettuate durante la ricerca. La discussione
finale è la parte conclusiva del lavoro. Dovrebbe iniziare con un breve riepilogo del focus della ricerca e un
breve riassunto dei risultati. Questi poi dovrebbero essere discussi in dettaglio in riferimento agli obiettivi
dello studio e della letteratura rilevante. I riferimenti bibliografici e l’appendice concludono l’articolo.
Un’attenzione particolare va dedicata alla riflessività, al fatto che il ricercatore non è mai all’esterno del suo
lavoro. Di cruciale importanza risulta la consapevolezza dei ruoli, della pluralità dei punti di vista e della
natura interazionale dei materiali raccolti. Il ricercatore riflessivo deve essere consapevole dei propri limiti
ed essere disposto a rimettere in discussione ciò che ha fatto. _LA MONOGRAFIA: ci si riferisce di norma a un
libro interamente dedicato all’analisi estesa e dettagliata di un singolo caso di ricerca. Ha come riferimento
un tema preciso che viene indagato all’interno di un gruppo sociale. La struttura dell’articolo per rivista vale
anche per l’impianto di una monografia. Impiego di tre tipi di testo: 1) testo epico: l’indagine è presentata
come un viaggio dell’eroe-ricercatore come un tentativo di andare oltre le apparenze caotiche e arrivare
a vedere l’ordine nascosto che l’osservatore qualunque non sarebbe in grado di vedere. 2) il testo
romantico presenta il ricercatore solo come un allievo o un testimone privilegiato: un apprendista
impegnato in una fase di transizione in cui purezza individuale e tenacia accademica sono messe a dura
prova. L’autore rivela la sua iniziazione come il senso di lontananza dai nativi. 3) il testo ironico rappresenta
la ricerca come un’attività incerta fatalmente esposta al rischio di incompletezza. Il ricercatore opera
come un esperto ben conscio dei limiti dell’umana comprensione attento a criticare e decostruire le
proprie stesse affermazioni in nome di una vigile e acuta riflessività. In particolare si hanno 4 forme principali
di scrittura monografica: 1) il racconto può essere realistico: un documento concreto, dettagliato scritto in
terza persona al tempo presente. Questo tipo spiega un fenomeno rafforzandone l’autenticità delle
rappresentazioni e delle interpretazioni attraverso l’assenza dell’autore dal testo: il focus, è più sull’oggetto
che sul ricercatore. 2) un’altra forma è quella formalista: impiega una specie di realismo modellizzante: la
realtà viene presentata in modo analitico attraverso una descrizione strutturata in base ai modelli offerti
dalle proprie teorie di riferimento. In genere questo approccio aiuta a evidenziare come l’agire e il
ragionare quotidiani siano regolati da norme socio culturali tacite che organizzano lo sviluppo delle azioni
quotidiane. L’attività del ricercatore è quella di illustrare testualmente gli eventi in modo da portare a galla
le logiche e le modalità di comportamento implicite. 3) forma di racconto confessionale: scritta in prima
persona assolutamente non neutrale e molto soggettivizzata. Diversamente dai casi precedenti il testo è
filtrato attraverso la storia e la personalità del ricercatore. È importante che il racconto confessionale non

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sia troppo indulgente o esibizionistico: il rischio principale di questo tipo di scrittura è il solipsismo. Può inoltre
portare a perdere di vista i più ampi aspetti socio-culturali implicati nell’interazione sul campo sia a
trascurare un’accurata esposizione dei materiali raccolti. 4) la forma di racconto impressionistico: non si
concentra esclusivamente sugli eventi o sul ricercatore, ma tenta di collegare i racconti realisti a quelli
confessionali intrecciando vari tipi di risorse espositive per mediare la comprensione delle realtà sociali
indagate. In questo modo il mondo del ricercatore è oggetto di altrettanta attenzione di quello del gruppo
sociale studiato. Questo tipo di scrittura è piuttosto lunga.

2. LA VALUTAZIONE DELLA RICERCA

L’etnografia è stata per lungo tempo bersaglio di critiche, viene valutata alla luce dei tradizionali criteri
seguiti nell’ambito del paradigma positivista: la validità interna, esterna e l’attendibilità. Sin dalla metà degli
anni ‘80 numerosi ricercatori hanno evidenziato l’inadeguatezza dei criteri tipici delle ricerche quantitative
per valutare gli esiti di studi etnografici. Da qui si è cominciato a rivendicare il ruolo autonomo e significativo
della ricerca etnografica elaborando contestualmente criteri di validità specifici per le ricerche qualitative.
Elementi di valutazione: a) densità della base empirica (accuratezza descrittiva); b) credibilità delle
procedure; c) attenzione per gli aspetti riflessivi; d) la capacità di far avanzare la teorizzazione. Per quanto
riguarda l’esposizione dei risultati occorre che siano presentate evidenze empiriche sufficienti a consentire
al lettore di valutare in modo obiettivo l’interpretazione fornita dal ricercatore. È importante mettere in
evidenza il ruolo svolto dal ricercatore. In un’ottica etnografica la soggettività non costituisce un limite. È
utile controllare la qualità della documentazione e le modalità di intervista e osservazione. È utile usare la
tecnica della triangolazione: accertare la credibilità di una certa rilevazione combinando differenti
modalità di raccolta dati. Dal punto di vista delle analisi e delle interpretazioni può essere importante
escludere eventuali ipotesi alternative ad esempio mediante l’analisi dei casi negativi che aiutano a
definire i limiti di applicabilità. Oppure si può scegliere di condurre un’operazione di verifica (audit) esterna,
sottoponendo la documentazione a un ricercatore che non abbia preso parte alla ricerca. Una verifica
importante può essere svolta raccogliendo i giudizi dei partecipanti che hanno contribuito alla produzione
dei dati (la cosiddetta member validation o member check). Il problema della trasferibilità (o
generizzabilità) dei dati è uno dei nodi più spinosi della ricerca etnografica. Rende quasi impossibile stabilire
se i risultati siano validi indipendentemente dal contesto in cui sono stati raccolti. Si suggerisce descrivere
con la maggiore accuratezza possibile le caratteristiche della ricerca in modo da specificare le condizioni
particolari in cui i dati possono essere generalizzabili. Risulta essenziale nella fase di scrittura di una ricerca lo
sforzo di esplicitare e documentare il processo di analisi. Solo in questo modo è possibile offrire al lettore un
resoconto trasparente della ricerca consentendogli di formarsi a riguardo un’opinione precisa.

CONCLUSIONI
Ci sono 4 aspetti che caratterizzano l’etnografia come tipo specifico di ricerca qualitativa: 1) la strategia di
ricerca viene definita in base al tipo di informazioni ricercate e all’uso dell’osservazione partecipante come
strumento per reperire tali informazioni. 2) la peculiarità del suo processo di ricerca è molto diverso dal
modello lineare e sequenziale tipico dell’approccio quantitativo. La ricerca etnografica si basa su una
logica circolare la quale implica una forte interdipendenza fra le diverse fasi di raccolta e analisi dei dati e
di teorizzazione. 3) tecnica di raccolta dei dati: si cerca di ricorrere a tecniche chiuse strutturate, tese a
ricercare selettivamente informazioni particolari. 4) aspetto relativo ai metodi di analisi dei dati: capacità di
individuare temi, analisi e interpretazioni ad hoc comparando costantemente teorie, esperienze sul campo
e riflessioni a posteriori. Il lavoro etnografico presenta vari punti di forza: aiuta a rilevare aspetti invisibili ai
metodi di ricerca quantitativi, permette di porre domande di ricerche nuove, costringe il ricercatore a
riflettere costantemente sul processo di ricerca valutando di volta in volta l’appropriatezza dei metodi,
delle categorie e delle teorie rispetto ai dati. L’etnografia resta una metodologia di strada adattabile ai
contesti locali e alle occasioni particolari del suo esercizio.

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