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La ricerca empirica in educazione –

riassunto
Pedagogia sperimentale  un luogo di frontiera e di dialogo fra la pedagogia, attenta allo sviluppo della
persona attraverso situazioni e luoghi educativi, e la sperimentazione, intesa a manipolare, misurare,
controllare gli elementi del contesto formativo allo scopo di trarre informazioni suscettibili di migliorare il
rendimento di metodi educativi definiti

Situazioni in didattica  uniche, peculiari, specifiche e indeterminate. Non possono essere predette o
organizzate nei dettagli, e quindi, non possono essere controllate e manipolate in base a schemi consolidati

Ricerca idiografica  mira a far luce su una data situazione educativa, spazialmente, temporalmente e
culturalmente situata, allo scopo di avere una comprensione approfondita della situazione considerata nella
sua unicità e specificità

Ricerca nomotetica  mira ad astrarre da quella situazione leggi e regole di portata generale (o più
generale di quella idrografica  limiti della ricerca educativa), applicabili anche ad altri contesti e situazioni
diverse da quelle in cui sono state prodotte

Ricerca-azione in ambito educativo  pratica sociale che ha bisogno di una molteplicità di attori -
insegnanti, dirigenti, famiglie, ricercatori, ecc. - al fine di analizzare le questioni didattiche e trovare delle
risposte soddisfacenti; il problema sorge all’interno della comunità educativa che lo definisce, analizza,

risolve; lo scopo ultimo della ricerca è la trasformazione radicale della realtà sociale e la modificazione dei
comportamenti; la ricerca partecipante esige la partecipazione di tutta la comunità coinvolta nell’indagine e
durante tutto il processo

Caratteristiche della ricerca-azione  il problema da indagare non viene calato dall’alto ma sorge all’interno
della comunità educativa stessa; il lavoro deve portare alla trasformazione della realtà socio-educativa
coinvolta; tutta la comunità deve partecipare alla ricerca fin dall’inizio; il ricercatore prende parte alla
ricerca insieme agli altri, apprendendo passo passo dal coinvolgimento diretto nel processo di indagine

Limiti della ricerca-azione  È difficile monitorare un processo e garantirne l’obiettività senza un controllo
rigido delle variabili (pieno coinvolgimento degli operatori); accettazione del ruolo del ricercatore (non solo
esterno e neutrale); difficoltà ad impegnare tempo ed energie per mettere in dubbio le proprie sicurezze,
ponendosi in discussione, realizzando una procedura senza averla precedentemente acquisita, seguendo
tecniche passibili di fallimento

Ricerca azione-formazione  strumento di sviluppo professionale; approccio situazionale della formazione


che, attraverso la problematizzazione di una parte del processo di insegnamento/apprendimento, mira a
modificare le condizioni del processo a partire dalla comprensione dei propri modelli di riferimento
(impliciti ed espliciti) e delle condizioni dell’apprendere (di chi vi è coinvolto)

Ricerca-formazione  si mira maggiormente alla costruzione delle professionalità e quindi alla formazione
in servizio e pre-servizio dell’operatore, sempre sulla base di azioni didattiche ed educative volte alla
trasformazione e alla crescita di capacità critico-riflessive

Ricerca collaborativa  nasce negli anni settanta ma trova piena definizione nel corso degli anni novanta;
scopo  coagulare i saperi teorici con i saperi pratici, per fare in modo che i primi sviluppati, soprattutto, in
ambito accademico possano avere diffusione e incidenza nelle realtà scolastiche, e i secondi nati nelle aule
scolastiche possano emergere ed essere resi palesi e condivisi

Tappe della ricerca collaborativa:

 co-costruire la ricerca
 co-operare
 co-produrre il risultato
 co-situare (gli attori decidono l’obiettivo che, solitamente, è un problema didattico ritenuto
significativo ed interessante da analizzare
 co-operare (gli attori decidono le modalità di raccolta dei dati)
 co-produrre (gli attori decidono come si analizzano i dati attraverso le rispettive chiavi di lettura)

Studio di caso  altra strategia di ricerca; esistono numerosi fattori che operano in uno stesso contesto,
dunque è necessario un approccio olistico che miri a considerare ciascun caso nella sua unicità e irripetibile
complessità; obiettivo  restituire la complessità delle situazioni concrete in cui gli eventi si verificano

Studio di caso  strategia di ricerca che ha come obiettivo lo studio di unità ristrette dette casi; caso 
unità autonome, unitarie e specifiche delimitate in termini di spazi e di autori; obiettivo conoscitivo
delimitato e compreso  poiché è impossibile considerare tutti i fattori che operano in un dato contesto, è
necessario individuare poche istanze fondamentali per la comprensione delle azioni e delle dinamiche tra
soggetti; arco temporale ben definito (studi longitudinali VS studi trasversali); raccolta e analisi degli
elementi che possono fornire evidenza empirica; disegno di ricerca non rigido e definito ma costruito sulla
base di ogni specifico caso

Scelta del caso/dei casi  studio su un caso singolo: descrivere e comprendere la struttura complessa di
relazioni che individuano e caratterizzano il caso in sé; studio su casi multipli: replicazione VS
campionamento; gli asserti e le teorie ricavate dallo studio dei casi precedenti costituiscono il quadro di
riferimento per lo studio dei casi successivi

Tipologie di studio di caso:

 studio di caso intensivo (definisce tipizzazioni)


 studio di caso comparativo (individua similitudini e differenze tra casi)
 studio di caso di ricerca-azione (individua strategie di intervento su una specifica situazione)

Rischi dello studio di caso:

 mancanza di attenzione agli aspetti longitudinali ed ecologici


 ambiguità del processo di costruzione teorica

Soluzioni  i criteri di interpretazione devono essere costanti e dichiarati, il ricercatore non deve fornire
una sola interpretazione dell’evidenza empirica ma più interpretazioni alternative, il ricercatore deve
assicurare la possibilità di un controllo intersoggettivo delle procedure di ricerca e teorizzazione (database)

1. L’avvio della ricerca


1.1. Definire tema e problema di ricerca
Ricerca  ha inizio sotto la spinta di un’esigenza volta a chiarire, descrivere o spiegare una data situazione;
si tende a volgere la propria attenzione alla ricerca quando la situazione viene percepita come dubbia,
confusa o problematica
Ricerca  uno dei modi possibili per rispondere ad un problema o per soddisfare un interesse conoscitivo in
ambito educativo

Affrontare un problema conoscitivo con la ricerca empirica  intraprendere un percorso che, con una serie
di tappe rigorosamente condotte, permette allo studioso di giungere a delle risposte non improvvisate,
affidabili e controllabili

Individuazione del problema  fase rilevante, non ovvia e permeata di scelte ed esclusioni di cui non
sempre si è consapevoli

Kuhn  un problema è contestuale ad un paradigma = un problema fa solitamente riferimento ad una


cultura scientifica di riferimento e non può considerarsi isolato da questa

Lucisano  nell’avvio della ricerca, il ricercatore è condizionato da elementi sia interni (il paradigma
scientifico a cui il ricercatore appartiene, i suoi valori, la sua metodologia) sia esterni (il contesto
istituzionale, le politiche educative dominanti, le risorse disponibili per la ricerca)

Esplicitare correttamente il proprio problema conoscitivo permette:

 di fare ordine nella propria mente al fine di scegliere qual è veramente la domanda a cui si
intende fornire una risposta con la ricerca empirica che si andrà a condurre
 di individuare un più ampio tema di ricerca  un filone, un dibattito, un argomento di carattere
più generale con cui sia possibile confrontarsi tramite i risultati ottenuti da altre ricerche
empiriche o riferimenti teorici che guidino la raccolta, l’analisi dei dati e l’interpretazione dei
risultati

Da un circoscritto problema conoscitivo sorto “sul campo” si delinea un tema di ricerca ed è a partire da
questo tema che si può costruire un quadro teorico

Trinchero  il tema di ricerca viene identificato nel momento in cui viene identificato il problema di ricerca.
Il tema racchiude e circoscrive il problema all’interno di un determinato ambito disciplinare. I problemi di
ricerca empirica in pedagogia sono quelli legati ai fini dell’educazione e dell’istruzione

A livello operativo  problema di ricerca = domanda che si pone alla realtà  è buona abitudine porlo in
forma interrogativa al fine di esplicitare la domanda a cui si intende fornire risposta con il processo di ricerca

Definire il problema  utile ad identificare le parole chiave della ricerca al fine di individuare i materiali
necessari a comporre il quadro teorico relativo al tema di ricerca

Tema di ricerca  solitamente più ampio rispetto al problema; deve consentire di individuare studi e
ricerche che permettano di approfondire l’argomento legato alla domanda di ricerca con un ampio spettro
di contenuti che includano anche le questioni limitrofe a un determinato problema

Tema  argomento generale della ricerca; a volte è possibile che sia sufficiente un unico concetto ad
esplicitare la tematica scelta, altre volte si rende necessario collegare due concetti tra loro, altre volte
ancora, nella formulazione del tema si aumenta l’estensione dei concetti specificando l’ambito

Tematiche troppo ampie e problemi di ricerca poco definiti sono più difficili da gestire  rischio di non
prendere in considerazione studi importanti per la difficoltà a gestire un volume eccessivo di materiali

Coggi  nella ricerca empirica è necessario condurre un’analisi accurata dei livelli di generalizzabilità a cui si
vuole pervenire, per poter stabilire quanto occorre delimitare e specificare il tema; occorre spesso chiarire e
approfondire i concetti di cui ci si vuole occupare, per rendere più precisa la formulazione del tema. Si può
specificare l’argomento di cui la ricerca intende occuparsi, definendo i costrutti complessi, che compaiono
nella prima definizione del tema, articolandoli in concetti più semplici e prendendone in esame
eventualmente solo alcuni o esclusivamente uno; caratteristiche che dovrebbero qualificare un tema di
ricerca  interessante per il ricercatore, rilevante per la società, originale (non già sviluppato da molti altri
nello stesso modo), fattibile in termini di costi, tempi e risorse umane, sufficientemente delimitato, non
circoscritto

1.2. Il focus della ricerca: obiettivi generali ed operazioni concettuali


Dal problema di ricerca discendono gli obiettivi che si intendono perseguire con l’attività di ricerca

Obiettivo  ciò che lo studioso/ricercatore si prefigge di ottenere tramite la ricerca

Obiettivo della ricerca =/= finalità dell’azione educativa

Obiettivo della ricerca  connesso con il problema conoscitivo da cui parte la ricerca

Finalità  fine ultimo dell’intervento educativo che non si può raggiungere solo svolgendo una ricerca, al
contrario dell’obiettivo conoscitivo

Raggiungimento dell’obiettivo di ricerca  dovrebbe fornire conoscenze utili per muoversi con maggiori
certezze in direzione del raggiungimento delle finalità

5 categorie principali di obiettivi applicabili a ricerche in contesti educativi:

 comprendere le buone ragioni soggettive alla base di una scelta, un comportamento, un


atteggiamento
 valutare una prestazione, un curricolo, un intervento, un prodotto
 spiegare un fattore sulla base di un altro fattore
 descrivere un contesto, un comportamento, un atteggiamento

Spiegare e mettere in relazione più fattori  in metodologia della ricerca, sinonimi perché la spiegazione
presuppone una relazione tra due o più fattori o una co-occorrenza tra stati assunti dai fattori

È necessario prestare particolare attenzione al termine spiegazione nel momento in cui vengono esplicitati
gli obiettivi, ricordando che utilizzando tale termine presupponiamo una relazione tra fattori

Interpretazione e comprensione  rispondono alla domanda “che cos’è?”

Spiegazione  risponde alla domanda “perché?”

Obiettivo  legato al problema conoscitivo precedentemente formulato  necessità di una corretta


formulazione del problema di ricerca, poiché è da questa domanda che tutto il problema di ricerca ha
origine

1.3. Costruire il quadro teorico


Individuati il problema, il tema e l’obiettivo di ricerca  approfondire tramite la letteratura di riferimento
l’argomento della ricerca

Approfondimento del tema  tramite consultazione di fonti bibliografiche, reperite con i motori di ricerca e
i cataloghi delle biblioteche in linea; tramite articoli scientifici presenti direttamente sul web; tramite riviste
scientifiche di specifici settori disciplinari

Un esame della letteratura sull’argomento dovrà essere il più esaustivo possibile e, dove i tempi sono
limitati, dovrà includere almeno gli studi principali condotti sulla tematica in questione

Materiali  devono essere scelti nel rispetto dei criteri di qualità dell’informazione
Motori di ricerca web  hanno reso più rapido il reperimento di informazioni; rischio  infoalluvione =
troppe informazioni, spesso poco pertinenti rispetto al tema di ricerca o attinenti ma poco attendibili

Scelte le fonti valide, attendibili e autorevoli, individuati i filoni principali di ricerca su un determinato
argomento e chiariti i significati associabili ai termini costituenti il tema e il problema di ricerca 
sintetizzare e collegare le informazioni

Glossario AIS (2000)  validità = giudizio dato su ogni genere di risultanze empiriche, provenienti dal
mondo dei referenti o dal mondo della matrice dei dati

Trinchero  validità = proprietà della ricerca di soddisfare proprio gli obiettivi conoscitivi che si prefigge e
non obiettivi diversi; le fonti sono valide quando forniscono definizioni utili a chiarire proprio i concetti in
gioco nel tema, nel problema e nell’obiettivo della ricerca e non altri concetti

Coggi  attendibilità della fonte in relazione al rigore della fonte = un quadro teorico può dirsi attendibile
quando, in una seconda e ripetuta ricerca delle fonti, si ritrovino i medesimi risultati di ricerca ossia quando
si individuino stabilmente gli studi e/o gli autori individuati già nella prima ricerca come principali e
maggiormente autorevoli su un determinato argomento

Uno studioso può essere considerato autorevole se  ha pubblicato volumi e/o articoli su quella tematica;
ottiene citazioni da altri studiosi che hanno effettuato ricerche sul tema in oggetto; mai di per sé ma sempre
in relazione ad un ambito specifico di studio

Nel quadro teorico dovranno essere presenti le fonti bibliografiche che si è scelto di utilizzare come
riferimenti e le posizioni degli studiosi/ricercatori sul tema in questione, componendo ed evidenziando
posizioni differenti

1.4. Sintetizzare le informazioni in una mappa concettuale


Metter ordine nell’insieme delle informazioni reperite  primo passo per trasformare un insieme slegato di
informazioni in conoscenza

Mappe concettuali di sintesi  strategia efficace per riordinare le informazioni ed evidenziare i concetti;
richiede allo studioso di interrogarsi su quali concetti siano emersi nell’esame della letteratura, quali
relazioni colleghino i concetti e quali gerarchie si instaurino tra di essi (concetti di primo livello e concetti di
secondo, terzo, quarto ecc.) in relazione al tema di ricerca

Interrogarsi sulle relazioni tra i concetti  interrogarsi anche sul significato di tali concetti e relazioni

Novak  il vero apprendimento si verifica quando ci si attiva per comprendere il significato di quello che è
stato memorizzato: è il significato che conferisce valore all’apprendimento

Costruzione di una mappa concettuale di sintesi  il ricercatore assegna significato a relazioni tra i concetti
e organizza in una struttura i principi emersi

Principi  relazioni tra i concetti (Novak)

Mappa concettuale  visualizzazione in un grafico delle relazioni gerarchiche tra concetti espresse con delle
proposizioni e che si propone di riportare aspetti importanti della struttura della conoscenza in un certo
dominio

Concetti  collegati con frecce, con parole scritte sulle linee per indicare la relazione tra i concetti e sono
disposti in modo gerarchico  quelli più generali e inclusivi vengono riportati in alto nella mappa, quelli
subordinati seguono, in basso
Mappe concettuali  possono essere gerarchiche (uno o più concetti chiave a cui si collegano sottoconcetti)
oppure non gerarchiche o a rete (non vi sono concetti principali, ma i concetti sono collegati tra loro senza
gerarchie); possono essere costruite sia con software appositi sia utilizzando le funzioni grafiche dei
programmi di videoscrittura, quali frecce e caselle di testo

Rischi di costruire mappe concettuali errate  mancanza di relazioni tra i concetti, più concetti tra uno
snodo e l’altro, ripetizione dello stesso concetto, mettere affermazioni nei nodi al posto di concetti, nello
stesso nodo mettere diversi concetti e non solo uno, non inserire le relazioni sulle frecce

Fasi principali per costruire una mappa concettuale:

1. identificare una domanda principale che metta a fuoco il problema. Guidati dalla domanda,
rileggere il materiale testuale a disposizione e identificare da 10 a 20 concetti che siano pertinenti,
quindi disporli in un elenco
2. mettere in ordine i concetti, sistemando quello centrale in cima alla mappa
3. rivedere l’elenco e, se necessario, aggiungere altri concetti
4. selezionare i concetti subordinati da sistemare sotto il concetto principale
5. collegare i concetti con delle frecce
6. contrassegnare le linee con una o alcune parole di collegamento. Le parole di collegamento
dovrebbero definire la relazione tra i due concetti in modo tale che tutto possa essere letto come un
asserto coerente. Il collegamento crea significato
7. rielaborare la struttura della mappa ogniqualvolta emergano nuovi concetti
2. Dalle ipotesi di ricerca agli strumenti di rilevazione dei dati
2.1. Le ipotesi di ricerca
Definiti tema, problema e obiettivo di ricerca è indispensabile esplicitare le ipotesi

Ipotesi di ricerca  riposte che lo studioso fornisce al proprio problema di ricerca, anche sulla base di ciò
che ha appreso durante la costruzione del quadro teorico

Ipotesi  formata da due variabili, una dipendente e una indipendente

Variabile indipendente  controllata e manipolata dal ricercatore; si ipotizza che queste variabili producano
degli effetti di influenzamento sulle altre variabili

Variabili dipendenti  dipendono dalle variabili indipendenti, cioè si ipotizza che subiscano effetti da esse;
in una ricerca solitamente le variabili dipendenti sono le risposte dei soggetti che ci permettono di valutare
gli effetti delle variabili indipendenti; sono dette anche variabili osservate

Ipotesi di ricerca  va formulata come un asserto (affermazione dotata di verità  formulata in modo tale
da poter essere dimostrata vera o falsa, sulla base dei dati empirici raccolti con la rilevazione dei dati)

È necessario che l’ipotesi sia una riposta diretta e non ambigua al proprio problema di ricerca

Bailey  ipotesi = proposizione espressa in forma controllabile

Besozzi  ipotesi = previsione dell’esistenza di un qualche tipo di relazione tra due o più variabili;
affermazione provvisoria = enunciato che suppone l’esistenza di una relazione tra due o più fenomeni e
quindi deve essere sottoposta al vaglio dei dati

Trinchero  ipotesi = asserto formulato dal ricercatore sulla realtà sottoesame, che riguarda lo stato
assunto da un fattore o che esprime un legame o dipendenza tra due o più fattori

Non esistono ipotesi che siano vere o false in assoluto

Processo di ricerca  mira a controllare se i dati raccolti confermano o confutano l’ipotesi

Spesso non si è in grado di cogliere le proprie ipotesi implicite  si pensa di avviare una ricerca esplorativa
(non guidata da ipotesi), quando invece il fatto stesso di aver costruito un quadro teorico fa sì che possibili
risposte al problema di ricerca siano emerse  proprio queste risposte implicite possono guidare la
costruzione degli strumenti di rilevazione dei dati

Anche in assenza di un quadro teorico esplicito è molto difficile che sugli argomenti che si intendono
indagare, soprattutto all’interno del proprio contesto professionale, non vi sia nessuna credenza, nessuna
aspettativa, nessuna ipotesi da formulare come nessuna risposta all’interrogativo di ricerca 
fondamentale che lo studioso, prima di formulare una o più ipotesi, si interroghi anche circa l’esperienza e la
conoscenza che già possiede sul tema di ricerca, al fine di non lasciare sottese le sue personali ipotesi, che
probabilmente tenderebbero comunque ad emergere in sede di definizione delle domande degli strumenti
di rilevazione

Marradi  le ipotesi non nascono dai dati per via induttiva, ma sono formulate dai ricercatori in base a
conoscenze esterne ai dati stessi, e derivanti dalle loro precedenti esperienze dell’oggetto o del contesto

Momento di esplicitazione delle ipotesi  fondamentale in quanto dalle ipotesi stesse dipenderanno i
fattori su cui si farà ricerca nelle fasi di raccolta ed elaborazione dei dati
Se, dopo riflessione accurata, lo studioso ritenesse di non avere nessuna ipotesi in risposta al problema di
ricerca  indagine esplorativa volta a descrivere soggetti e contesti e a conoscere meglio l’oggetto della
ricerca; da tale ricerca esplorativa potranno avere origine ulteriori ricerche al fine di controllare eventuali
ipotesi suggerite dallo studio esplorativo stesso

Partire con determinate ipotesi nella conduzione della ricerca non significa che nel corso della ricerca stessa
non possano sorgere ipotesi alternative, in grado di fornire risposte più aderenti ai dati empirici (migliori) 
andranno sottoposte a controllo in ulteriori ricerche empiriche, progettate appositamente per tale obiettivo

2.2. Cosa rilevare nella ricerca standard: la definizione operativa dei fattori
Ipotesi  asserti che legano due o più concetti

Lucisano  lo sforzo della scienza è di costruire consenso intorno ai concetti e alle proposizioni che legano
insieme i concetti. In alcuni casi i nostri concetti si riferiscono a realtà immediatamente osservabili, in altri
casi i concetti si riferiscono a fenomeni più complessi e non immediatamente osservabili. Nel linguaggio
scientifico, comunque, i concetti vengono utilizzati con molta cautela, cercando di dare ad essi un significato
il più univoco possibile e di tradurli in definizioni operative

Quando si passa da uno stato concettuale ad uno stato operativo i concetti diventano le proprietà dei
soggetti  tali proprietà si intendono rilevare empiricamente per poter rispondere ai quesiti di ricerca

Concetto presente nell’ipotesi che si andrà ad operazionalizzare  in metodologia viene detto non più
concetto ma fattore

Fattori  proprietà (di qualcosa o qualcuno) e possono essere rilevabili direttamente o indirettamente

Trinchero  fattore = proprietà individuale o collettiva, rilevabile empiricamente, in modo diretto o


attraverso opportuni indicatori, sui soggetti coinvolti in una determinata situazione educativa oggetto di
studio

Indicatori  empiricamente rilevabili attraverso l’osservazione o l’interrogazione del soggetto; ci


consentono di assegnare uno stato ad una proprietà che di per sé non è empiricamente rilevabile (es. classe
sociale)

Nel momento in cui si esplicitano i fattori coinvolti nell’ipotesi è necessario esplicitare anche quali di questi
fattori siano empiricamente rilevabili e quali invece richiedano degli indicatori  nel caso vi sia la necessità
di indicatori occorre esplicitare, per ogni fattore considerato, quali indicatori si impiegheranno

Indicatori  sempre frutto di una scelta fatta dal ricercatore

Indicatori  ci dicono cosa inseriremo esattamente negli strumenti di rilevazione dei dati

Definizione operativa/operalizzazione dei fattori  processo che definisce il passaggio dai fattori delle
ipotesi agli item negli strumenti di rilevazione

Coggi  definizione operativa = traduzione dei concetti astratti in una definizione basata su
caratteristiche osservabili; richiede alcuni passaggi:

 si parte dal concetto, lo si definisce in modo da coprire adeguatamente il campo semantico


che attiene ad esso
 si passa eventualmente agli elementi più analitici del concetto
 si procede poi alla definizione operativa vera e propria, ovvero all’individuazione degli
indicatori per ogni concetto considerato. Questa operazione consiste nel dare alle proprietà
individuate una definizione basata sulle caratteristiche osservabili e misurabili
Paoletti  la definizione del problema viene convertita in ipotesi quando i concetti teorici vengono
trasformati in definizioni operative della variabile indipendente e della variabile dipendente,
quando viene reso esplicito il collegamento tra concetti non osservabili e oggetti ed eventi
osservabili
Trinchero  definizione operativa = insieme di regole esplicite che guidano le operazioni con cui
ciascun stato su una data proprietà viene empiricamente rilevato, assegnato ad una delle categorie
stabilite in precedenza e ciascuna di queste viene messa in corrispondenza con determinati valori
di una variabile
Primo passo  individuare i fattori presenti nell’ipotesi che si è formulata
Scelta degli indicatori  spesso avviene prendendo come riferimento studi e ricerche precedenti
sul fattore da rilevare; sarà compiuta per ogni fattore non direttamente rilevabile preso in esame
nell’ipotesi di ricerca; dipende dal quadro teorico di riferimento, quindi è essenzialmente frutto
dell’arbitrio del ricercatore (i ricercatori dovrebbero però motivare le proprie scelte e riferirsi
quanto più possibilmente ad un buon quadro teorico)
Sebbene da un lato la ricchezza di indicatori può condurre ad una rilevazione maggiormente
accurata del fattore in questione, dall’altro troppi indicatori potrebbero appesantire gli strumenti di
rilevazione dei dati  necessario realizzare un compromesso scegliendo buoni ma limitati
indicatori, anche sulla base di quanto appreso nella costruzione del quadro teorico o in precedenti
esperienze di ricerca

2.3. Cosa rilevare nella ricerca interpretativa: la definizione dei concetti-chiave della
ricerca
Termine fattore  fa riferimento a un’entità in grado di produrre effetti su un sistema, modificando altre
entità del sistema stesso

Ragionare su fattori che incidono su altri fattori è tipico degli obiettivi della ricerca standard

Nel caso in cui l’ipotesi di ricerca non sia presente (indagine esplorativa) o nel caso in cui l’obiettivo di
ricerca porti a condurre una ricerca interpretativa (ricerca il cui fine non sia la spiegazione di fattori, ma la
comprensione approfondita delle buone ragioni soggettive alla base di un comportamento, scelta,
atteggiamento), parlare di fattori diventa improprio, dato che la ricerca non mira ad individuare associazioni
tra stati appartenenti a proprietà di oggetti ma a ricostruire buone ragioni soggettive alla base di
comportamenti, scelte, atteggiamenti  in tali casi non serve una definizione operativa, dato che
l’intenzione non è rilevare stati su un insieme di proprietà allo scopo di costruire una matrice dei dati, ma di
comprendere significati soggettivi, dinamiche personali che portano a determinate scelte, ragioni razionali e
non razionali che guidano i soggetti

Ricerca  ruota intorno ad un insieme di concetti-chiave, ai quali nel loro agire il ricercatore e i soggetti
possono assegnare diversi significati

Definizione concettuale  importante che il ricercatore dichiari in anticipo quale definizione assegna a tali
concetti chiave, dato che questa definizione lo guiderà nella costruzione degli strumenti di ricerca; non si
parla di fattori da rilevare quanto più di concetti da definire nel modo più rigoroso possibile; tali concetti
sono quelli presenti nel problema e nell’obiettivo di ricerca e, in eventuali ipotesi, se presenti; ricercatore 
chiamato a chiarire il significato che assegna a un determinato concetto ed eventualmente a dichiarare
come intenda indagare i significati assegnati ad esso dai soggetti intervistati
Dichiarazione concettuale  serve per dichiarare cosa il ricercatore intende con un determinato termine
designante un concetto

Fornire una definizione concettuale  utile allo studioso anche per interrogarsi sui significati che egli stesso
attribuisce ai concetti, senza darli per scontati o ovvi

Alla luce delle definizioni esplicitate e delle scelte operate, il ricercatore, pur con intenti esplorativi, potrà
avere delle linee guida per trovare risposte plausibili al problema di ricerca

Una definizione concettuale correttamente impostata, mette lo studioso al riparo dal rischio di perdersi in
una ricerca riguardante un ambito troppo ampio e vagamente definito e aumenta la possibilità che i risultati
dell’indagine diano risposte pertinenti al problema, non generiche, scontate o, ancor peggio, ambigue e
fuorvianti

2.4. Definire la popolazione di riferimento e le strategie di campionamento


È necessario esplicitare con precisione i referenti dell’indagine

Referenti  soggetti (o oggetti) sui quali si intende raccogliere informazioni; i soggetti che compongono la
popolazione di riferimento e il campione su cui l’indagine verrà effettivamente svolta

Campione  gruppo di referenti sui quali si effettuerà la rilevazione dei dati, tramite gli strumenti di
rilevazione dei dati

Popolazione di riferimento  gruppo di referenti a cui i dati ottenuti con la ricerca possono essere estesi

Campione  si dice rappresentativo quando riproduce la distribuzione della popolazione per tutte le
possibili proprietà che su di essa si possono rilevare; se il campione è rappresentativo, i risultati ottenuti sul
campione si possono considerare validi anche per la corrispondente proprietà della popolazione (validità
esterna)

Definizione del campione e della popolazione  dipendono da una scelta ben precisa del ricercatore; anche
il ricercatore più esperto non potrà mai essere sicuro di aver scelto un campione che riproduca fedelmente
tutte le caratteristiche dell’intera popolazione  l’unico modo sarebbe conoscere esattamente tutte le
caratteristiche dell’intera popolazione di riferimento (paradosso del campionamento), fatto che renderebbe
inutile il campionamento e che sarebbe impossibile

Scelta del campione  comporta sempre un margine di errore nell’estensione dei risultati dal campione alla
popolazione di riferimento; il ricercatore deve limitarsi a curare la qualità del processo di ricerca,
effettuando scelte coerenti con il proprio quadro teorico e obiettivo di ricerca precedentemente definiti,
adottando tecniche di campionamento con essi coerenti

Obiettivo di ricerca  orienta la strategia di ricerca e la strategia orienta la scelta del campione; una
strategia di ricerca interpretativa orienterà il ricercatore verso un campione limitato di soggetti su cui
effettuare rilevazioni in profondità, una strategia di ricerca standard, invece, orienterà il ricercatore verso un
campione con un numero elevato di soggetti su cui effettuare rilevazioni in estensione

Proprietà  caratteristica del campione; può essere suscettibile di fluttuazioni (è importante indicare data o
periodo di riferimento dalla rilevazione); si esprime con una grandezza; può avere stati o modalità (almeno
2), altrimenti si tratterebbe di una costante

Campionamento  complesso di procedure in forza delle quali viene selezionato un gruppo ristretto di
individui (o unità di campionamento) di cui vengono osservate e misurate alcune caratteristiche al fine di
trarre informazioni; da queste verranno poi dedotte conclusioni generalizzatili a tutta la popolazione (se il
campione è rappresentativo)
Tecnica di campionamento  mai dissociata dalla riflessione problematica che ha originato la ricerca

Campionamento probabilistico  tutti i soggetti/unità della popolazione di riferimento hanno la stessa


probabilità (uguale e conosciuta) di far parte del campione. La selezione del campione è casuale; consente
l’inferenza, ossia la generalizzazione dei risultati a tutta la popolazione; 7 tipi:

- campionamento casuale semplice  si estrae dalla popolazione (ordinata) il campione. Può


prevedere o meno la remissione dei soggetti/delle unità estratte (urna, App)
- campionamento sistematico semplice  si estrae dalla popolazione (ordinata) il campione
seguendo un intervallo di campionamento; il rapporto tra dimensione del campione /dimensione
della popolazione è invece detto ragione di campionamento e rappresenta la proporzione di
elementi della popolazione selezionati per il campione
- campionamento a più stadi  procedura di campionamento composito che presuppone
l'individuazione di una struttura gerarchica della popolazione, in cui le unità finali sono incluse in
insiemi di livello via via più̀ elevato
- campionamento a grappoli  si suddivide la popolazione in sottogruppi detti grappoli (clusters) e si
effettua il campionamento tra i grappoli; Il metodo quindi non prevede il campionamento diretto
delle unità, ma quello dei grappoli, cui si richiede di essere al loro interno il più̀ eterogenei possibile
- campionamento stratificato (proporzionale e non proporzionale)  inizialmente si procede nella
suddivisione della popolazione in un numero determinato di strati o classi il più̀ possibile omogenei
al loro interno rispetto al carattere indagato e successivamente nell'estrazione di un campione
casuale semplice di numerosità̀ prefissata da ciascuno strato; ha come obiettivi: l’omogeneità
interna rispetto alle proprietà/variabili da osservare e la valorizzazione della differenza tra le
distribuzioni delle variabili in strati diversi

Campionamento non probabilistico  I soggetti/unità della popolazione di riferimento non hanno la stessa
probabilità di far parte del campione. La selezione del campione non è condotta secondo una procedura
casuale; non consentono l’inferenza, per cui i risultati hanno validità solo per il campione; 4 tipi:

- campionamento per quote  si adotta nel caso di indagini su una popolazione distribuita su un
territorio molto vasto e per la quale non si possiede una lista completa dei componenti; è la tecnica
di campionamento non probabilistico più̀ utilizzata in particolare nelle indagini di mercato e nei
sondaggi di opinioni; è questa una tecnica che conduce inevitabilmente a diverse distorsioni a causa
della libertà di scelta concessa al rilevatore
- campionamento accidentale  campionamento empirico dalla forte componente oggettiva (es.
intervista ai passanti); sono evidenti i molti effetti di “inquinamento”: contesto, spazi, tempi,
relazione, giustificazione
- campionamento di esperti / a scelta ragionata / di convenienza  vengono inseriti nel campione
soggetti (o unità) aventi caratteristiche particolare, significative per la ricerca; in molti casi
(soprattutto se “per esperti” o “a scelta ragionata”) sono soggetti (o unità) poco frequenti nella
popolazione.
- campionamento per soggetti volontari / per adesione  potenziale fonte di errori, molte riserve
rispetto alla rappresentatività e alla generalizzabilità (a prescindere dalla sua numerosità)

2.5. Definizione delle tecniche e costruzione degli strumenti di rilevazione dei dati
Individuato il campione di soggetti su cui effettuare l’indagine  procedere con la definizione delle tecniche
e degli strumenti di rilevazione dei dati

Rilevazione dei dati  fatta tramite la somministrazione di strumenti di rilevazione, previa la scelta della
tecnica da utilizzarsi e la costruzione degli strumenti stessi
3 categorie di tecniche di rilevazione  tecniche ad alta strutturazione, tecniche semistrutturate, tecniche a
bassa strutturazione

Strutturazione  ha a che fare con l’ampiezza delle possibilità di risposta del rispondente ad una domanda
(item) di uno strumento di rilevazione  tanto più la strutturazione sarà alta, tanto più le risposte possibili
saranno predefinite e tanto meno il rispondente sarà libero di fornire risposte non previste a priori dal
ricercatore; tanto più un item sarà a bassa strutturazione, tanto meno le risposte possibili saranno
predefinite e tanto più il rispondente sarà libero di rispondere con termini ed espressioni da lui scelti

Tecniche di rilevazione  vengono dette a bassa strutturazione se utilizzano prevalentemente strumenti a


bassa strutturazione (questionario auto compilato a riposta chiusa, intervista tramite questionario a risposta
chiusa, osservazione strutturata, test di conoscenza/abilità, test di profitto a risposta chiusa, test di
personalità a risposta chiusa, test di capacità/attitudine a risposta chiusa); viceversa, vengono dette ad alta
strutturazione se utilizzano prevalentemente strumenti ad alta strutturazione a cui è possibile applicare
tecniche di analisi dei testi

Strumenti semitrutturati  prevedono item su cui il rispondente ha poco margine di libertà ed item in cui il
rispondente ha un buon margine di libertà e risposta (questionario auto compilato a risposte aperte,
intervista semi strutturata, focus group, saggio breve, osservazione semi-strutturata)

Nella scelta degli strumenti il ricercatore è guidato dall’obiettivo di ricerca esplicitato

Alcune tecniche e strumenti di rilevazione dati:

alta strutturazione

- questionario auto- compilato a risposta chiusa


- intervista tramite questionario a risposta chiusa
- osservazione strutturata
- testi di conoscenza/abilità o test di profitto a risposta chiusa
- test di personalità a risposta chiusa
- test di capacità o di attitudine a risposta chiusa

semi-strutturati

- questionario auto compilato a domande aperte


- intervista semi strutturata
- focus group
- saggio breve
- -osservazione semi strutturata

bassa strutturazione

- intervista libera
- osservazione esperienziale
- test proiettivi a stimolo aperto
- colloquio
- brainstorming
- intervista biografica
- racconto autobiografico

Intervista  scambio verbale tra 2 o più̀ persone, nel quale uno o più̀ esperti (gli intervistatori) cercano,
ponendo domande più̀ o meno rigidamente prefissate, di raccogliere informazioni su dati personali,
comportamenti, opinioni e atteggiamenti di uno o più̀ soggetti (gli intervistati) su un particolare tema;
sempre una relazione partecipata

Interviste biografiche  storia di vita del soggetto; comprensione di motivazioni, intenzioni, vissuti,
sentimenti, credenze dei soggetti, ricostruzione delle storie e dei processi sociali sottesi al gruppo stesso;
ricostruiscono la scansione temporale, ricostruiscono fenomeni individuali e collettivi a partire dal punto di

vista dei soggetti, collocano il soggetto nel suo ambiente di riferimento

Interviste di gruppo:

 Focus group  tecnica qualitativa di rilevazione dati utilizzata nella ricerca sociale che si basa sulle
informazioni che emergono da una discussione di gruppo su un tema o un argomento che il
ricercatore desidera indagare in profondità; tecnica di rilevazione per la ricerca sociale, basata sulla
discussione tra un piccolo gruppo di persone alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un
argomento che si vuole indagare in profondità; tecnica a base fenomenologica per la raccolta di dati
qualitativi in un contesto di gruppo; forma di intervista di gruppo che si basa sulla comunicazione
tra i partecipanti alla ricerca per generare dati. L’idea che c’è dietro il focus group è che il processo
di gruppo può aiutare le persone a esplorare e chiarire le proprie opinioni in modo più semplice di
quanto non accada in un’intervista individuale; discussioni altamente pianificate finalizzate a
ottenere le percezioni dei partecipanti su una definita area di interesse in un ambiente permissivo
non minaccioso; è utile per rilevare opinioni complesse (dove non basta accordo/disaccordo),
preparare ricerche esplorative, indagare comportamenti complessi, rilevare atteggiamenti o
motivazioni evitando la semplificazione/standardizzazione; ha dei limiti: non produce
generalizzazioni di ampia portata (a meno di prevederne molti), poco utile se si devono prendere
decisioni, poco utile se si vogliono formare delle persone, indagare aspetti personali delicati
 Brainstorming  ruolo dell’intervistatore non direttivo, basso grado di strutturazione della scaletta
(tema), strategia divergente
 Gruppo nominale  scrivere le opinioni su fogliettini, raccolta e riassunto  opinione del gruppo
 Tecnica Delphi  variante del gruppo nominale, non solo opinioni ma previsioni sul corso di
evoluzione di un determinato evento  invio al moderatore, analisi statistica e reinvio al gruppo,
fare nuove previsioni fino al consenso, anche non in presenza

Generalmente a dati altamente strutturati è possibile applicare la tecnica di analisi statistica mente a dati a
bassa strutturazione è possibile applicare tecniche di analisi dei testi

Definire strumenti e tecniche di rilevazione dei dati  indirizzare anche le modalità con cui verranno
elaborati i dati

È un errore di progettazione della ricerca (mancata coerenza tra strumenti ed obiettivi) costruire strumenti
di rilevazione con molti item aperti in cui il rispondente ha ampia libertà di risposta quando l’obiettivo è
individuare relazioni attraverso l’analisi statistica

3. La rilevazione e l’analisi dei dati


3.1. Il piano di rilevazione dati
Costruito lo strumento (o gli strumenti) di rilevazione  necessario esplicitare un piano che guidi e organizzi
la rilevazione dei dati

È utile che il ricercatore si procuri un contatto che lo introduca nel contesto oggetto di indagine e gli
permetta di conoscere le modalità migliori per approcciarsi ad esso
Avere un referente  utile, da un lato, per venire a conoscenza degli adempimenti da assolvere e, dall’altro,
per individuare le migliori condizioni di somministrazione dello strumento

Chiarire il piano di rilevazione dati  indicare in modo analitico i tempi e le modalità di somministrazione
degli strumenti di rilevazione dati

Dettagli del piano di rilevazione dati, tempi, modalità  connessi con il tipo di strumento di rilevazione
utilizzato; strumenti ad alta strutturazione  rilevazioni su ampi gruppi di persone con poco dispendio di
tempo, strumenti a bassa strutturazione  tempi più lunghi di rilevazione per ogni soggetto intervistato
(questionario  costruito in modo da essere compilato in 15/20 minuti; intervista in profondità  può
richiedere tempi anche superiori alle 2 ore)

Concordato con il referente il piano di rilevazione dati, questo può essere messo in atto  necessario che il
momento della rilevazione dati non sia troppo a ridosso della data nella quale i dati finali devono essere
effettivamente disponibili (tenere conto di eventuali imprevisti)

Necessario decidere in quale modo presentare la ricerca al campione in esame  il referente della struttura
non ha una conoscenza approfondita dell’indagine, per cui non è in grado di compiere una vera e propria
presentazione; nel momento in cui si presenta lo strumento al campione, il ricercatore brevemente deve
presentare se stesso e la struttura per cui opera, illustrare i fini dell’indagine facendo attenzione a non
influenzare le risposte dato che, dichiarando i propri obiettivi ed ipotesi, i rispondenti potrebbero essere
tentati di rispondere ciò che il ricercatore vuole sentirsi dire

Necessario tenere conto anche che somministrando prove di valutazione a studenti questi potrebbero
provare uno stato di ansia che andrebbe a compromettere lo stato delle prove; a volte l’ansia della
valutazione non riguarda solo gli alunni ma anche gli insegnanti che temono di mal figurare qualora gli esiti
delle prove non fossero soddisfacenti  necessario dedicare molto tempo a preparare sia gli alunni sia gli
insegnanti illustrando gli obiettivi della ricerca e avvertendo in modo chiaro della non utilità di esiti di prove
di valutazione non rispondenti a realtà (rischio di prove non rispondenti a realtà  più alto nelle ricerche
sperimentali con prove pre stimolo e post stimolo

3.2. Come analizzare i dati: il caricamento su calcolatore


Somministrati gli strumenti di rilevazione dati  il ricercatore deve caricare su calcolatore e analizzare il
materiale empirico raccolto

Corretta analisi dei dati  permette di passare da una grande mole di informazione sottoforma di dati
grezzi ad una conoscenza più o meno approfondita in grado di fornire risposte al problema conoscitivo che
ha originato la ricerca

Sia che il dato sia costituito dal testo di un’intervista, sia che siano costituiti da codici numerici che
rimandano alle risposte chiuse di un questionario, il primo passo da compiere al fine di analizzarli è il
caricamento su calcolatore

Dato qualitativo  dato costituito da un testo (risposte a domanda aperta, risposte a intervista ecc.)

Dato quantitativo  dato che rimanda a un codice numerico (risposta a un item chiuso di un questionario)

Dati quantitativi  vengono caricati in una matrice dati servendosi di fogli elettronici o database; nella
matrice dati ogni riga corrisponde a un caso (es. Roberto) e ogni colonna corrisponde a una variabile (es.
età); all’incrocio tra ciascuna riga e colonna si trova il dato, ossia il valore assunto da quel caso su quella
specifica variabile (es. l’età di Roberto); i valori assunti dalle variabili corrispondono quindi ai codici riportati
a fianco di ogni possibile risposta, per ciascuna domanda presente nel questionario; modalità della variabile
 valori che può assumere una variabile
È dunque importante, ai fini di procedere celermente e senza errori nella fase di caricamento dati in
matrice, che in un questionario le modalità di risposta presentino il rimando numerico della risposta oltre
alla descrizione della categoria

Costruire una matrice dati  primo passo per poter giungere ad un’analisi dati valida

Matrice dati  va allegata al rapporto di ricerca, in formato elettronico; importante per garantire il requisito
di ispezionabilità della base empirica

Matrice correttamente impostata  importante indicatore del fatto che il ricercatore abbia lavorato con
metodo e, in secondo luogo, una matrice correttamente progettata e implementata permette di controllare
la qualità del dato anche a distanza di tempo e anche da parte di altri ricercatori

Risposte alle domande aperte  non vanno caricate in matrice dati ma in un altro file, un file di testo; la
numerazione dele variabili in matrice quindi non è consequenziale (le variabili assenti sono quelle relative ai
dati testuali); i dati derivati da interviste, colloqui o disegni non possono essere inseriti in una matrice dati e
pertanto vanno caricati in modo diverso  relativamente alle interviste, soprattutto se si è soli a condurle, è
bene disporre di registratore audio che permetta di archiviare l’intervista in un file audio apposito; ogni
intervista dovrebbe essere caricata su di un singolo file in modo tale da poter individuale facilmente nel
proprio archivio la singola intervista; i testi delle interviste, colloqui, resoconti di osservazione  vanno
trascritti si di un file i testo, inserendo nel file sia le domande/stimoli dell’intervistatore, sia le risposte
dell’intervistato, sia, se possibile, le variabili di sfondo (dati utili per descrivere il soggetto dal punto di vista
socio culturale – età luogo di residenza, titolo di studio, professione, genere ecc.) del soggetti intervistato e
dell’ambiente in cui si è svolta l’intervista; altre informazioni da riportare nel file  appunti sulle condizioni
in cui è stata condotta l’intervista ed eventuali circostante che possano aver influenzato le risposte

Interviste caricate in formato elettronico, su singoli file, in formato audio e testo e affiancate da appunti utili
all’interpretazione  formato che facilita l’analisi e costituiscono una base empirica controllabile anche da
altri ricercatori

3.3. L’analisi monovariata


Analisi monovariata  tipo di analisi statistica che si applica ai dati quantitativi

Fine dell’analisi monovariata  descrizione degli stati assunti da un fattore attraverso la descrizione delle
variabili corrispondenti presenti all’interno della matrice dati; la corrispondenza tra fattore e variabili
presenti in matrice è dichiarata nella definizione operativa

Lucisano  nel linguaggio della ricerca utilizziamo il termine variabile per riferirci a un concetto che
possiamo classificare o misurare dato che al suo interno contiene due o più categorie o due o più valor, per
esempio possiamo considerare variabili che si presentano a classificazione il genere, che contiene due
categorie. Quando ci troviamo di fronte ad una variabile che non varia tra differenti stati in realtà siamo di
fronte ad una costante

Analizzare come si distribuiscono o soggetti nelle modalità previste dalla variabile  analisi monovariata, in
quanto tale descrizione viene effettuata analizzando una variabile alla volta

Analisi univariata  analisi più semplice che riguarda la descrizione di una singola variante

Trinchero  l’analisi monovariata descrive l’andamento di una variabile. Descrivere l’andamento di una
variabile significa:

 descriverne la distribuzione
 descriverne la localizzazione
 descriverne l’ampiezza
 descriverne la forma

3.3.1 Descrivere la distribuzione di una variabile


Descrivere la distribuzione di una variabile  rispondere al quesito di come si distribuiscono i casi oggetto
di indagine sulle varie categorie di risposta ad una determinata domanda (modalità); risposta a tale quesito
 data dal calcolo della distribuzione di frequenza

Distribuzione di frequenza  utilizza, di massima, 4 indici:

 frequenza semplice (numero dei casi presenti in matrice dati per ogni modalità di risposta)
 frequenza cumulata (numero di casi che su una determinata modalità ha quel valore o meno di quel
valore)
 percentuale semplice (numero dei casi presenti in matrice dati per ogni modalità di risposta, in
percentuale rispetto al totale dei casi)
 percentuale cumulata (numero di casi che su una determinata modalità ha quel valore o meno di
quel valore, in percentuale rispetto al totale dei casi)

Percentuale semplice e percentuale cumulata  dovrebbero essere utilizzate con campioni di almeno 100
casi

Frequenza cumulata  a differenza di quella semplice, non si può applicare a qualsiasi variabile ma soltanto
alle variabili cardinali o alle variabili categoriali ordinate (in cui esiste un ordine nelle modalità)

Caratteristica che deve avere una variabile per poterne calcolare la frequenza cumulata  le modalità
devono essere in ordine non arbitrario da un minimo ad un massimo e dunque i soggetti possano essere
ordinati in base alla maggiore o minore presenza di una determinata caratteristica

Frequenza cumulata  calcola il numero di casi che raggiunge un determinato valore o meno di quel valore

Anche la rappresentazione grafica delle frequenze semplici o percentuali può servire per mettere in risalto
aspetti che con la descrizione in tabella possono risultare meno evidenti

3.3.2. Descrivere la localizzazione e l’ampiezza di una variabile


Descrizione della localizzazione  serve per affermare attorno a quale punto sia centrata la distribuzione
della variabile in esame  attorno a quale categoria si concentrino le frequenze e quale sia la categoria, ad
esempio, che divide in parti uguali la distribuzione dei casi

Descrizione dell’ampiezza  permette di conoscere quanto siano disperse, rispetto al punto centrale, le
risposte dei soggetti sulle varie modalità di risposta

3.4. L’analisi bivariata


Analisi bivariata  analizza due variabili alla volta e pertanto controlla se al modificarsi dello stato assunto
da una variabile si modifichi li stato assunto da un’altra variabile; controlla l’esistenza di relazioni tra variabili
ricorrendo ad elaborazioni statistiche

Il tipo di tecniche utilizzate nell’analisi bivariata varia in funzione del tipo di variabili elaborate  3 tecniche
particolarmente utili nella ricerca educativa:

 tabella a doppia entrata e calcolo dell’x quadro


 analisi della varianza e calcolo dell’eta quadro
 calcolo delle differenze tra variabili prima-dopo un trattamento
3.4.1. La tabella a doppia entrata
Si costruisce una tabella a doppia entrata ogni qualvolta sia necessario mettere in relazione due variabili
categoriali (ordinate o non ordinate)

Tabella a doppia entrata  tabella nella quale si confrontano le frequenze semplici (frequenze osservate) e
òe frequenze attese (frequenze che si avrebbero nelle celle se tra le due variabili vi fosse totale assenza di
relazione) delle due variabili in esame

Per prima cosa  costruire una tabella che riporti in primo luogo le frequenze osservate ottenute nelle
varie categorie di risposta

Necessario calcolare le frequenze attese (punto ipotetico di non relazione tra variabili)

Frequenze osservate  si ottengono dal conteggio dei soggetti che hanno quelle date modalità sulle due
variabili

Frequenze attese  si ottengono tramite l’applicazione della proporzione marginale di colonna : totale dei
casi = frequenza attesa : marginale di riga

Frequenze osservate  corrispondono alla condizione da noi esaminata

Frequenze attese  corrispondono a una condizione ipotetica di assenza di relazione, pertanto tanto più le
frequenze osservate saranno lontane dalle frequenze attese, tanto più è ragionevole ritenere che una
relazione esista

Altro modo per affermare se esista o meno una relazione tra le variabili  calcolo dell’x quadro

X quadro  calcola la differenza tra FO e FA tenendo conto di tutte le celle, elevando la differenza al
quadrato e dividendo per la frequenza attesa  (FO-FA)2 /FA; nelle tabelle 2x2, tanto più il valore di x
quadro si avvicina al numero dei casi tanto più è forte la relazione, viceversa tanto più è vicino a 0 tanto più
è probabile che la relazione non sussista

Calcolare la probabilità della relazione  distribuzione di probabilità: il CHI quadro, il cui valore di soglia
viene fissato in genere a 0,05 14 in distribuzioni congiunte con meno di 100 casi, 0,01 co 100-500 casi, 0,01 al
di sopra; sotto tali valori di soglia è possibile ritenere esistente la relazione, con valori superiori la relazione
non è confermata

Ulteriore indice per verificare la relazione tra fattori  residuo standardizzato

Residui non standardizzati  differenze tra le frequenze osservate e le frequenze attese per ciascuna cella
in tabella;

Residuo positivo  indica che ci sono più casi in tabella di quanti ce ne sarebbero in condizione di assenza
di relazione e quindi che vi è attrazione tra le due variabili

Residui standardizzati o residui di Pearson  residui semplici divisi per l’errore standard della frequenza
osservata, ossia per la radice quadrata della frequenza attesa  RS = FO – FA / √ ❑ FA ; il quadrato di questo
valore rappresenta il contributo della cella al totale dell’x quadro  la somma di tutti i quadri dei residui
standardizzati dà il valore dell’x quadro

3.4.2. L’analisi della varianza


Analisi della varianza  tipo di analisi bivariata che si utilizza quando è utile mettere in relazione una
variabile categoriale e una variabile cardinale; permette di confrontare le medie di due o più sottocampioni
al fine di controllare se le differenze tra due o più gruppi possono essere imputabili al caso oppure siano
sistematiche

Trinchero  l’analisi della varianza serve a determinare la presenza di una relazione tra una variabile
categoriale e una variabile ordinale. Essa si basa sul confronto tra le medie dei vari gruppi, stabilendo se tra
queste esiste una differenza significativa sulla base della scomposizione della devianza totale della variabile
cardinale del campione, indicata con TSS (total sum of squares, la somma della differenza al quadrato tra il
valore della variabile per ogni caso e la media del campione), in due componenti, una imputabile alla
presenza della variabile categoriale, detta BSS (between sum of squares) o devianza esterna e una non
imputabile alla presenza di tale variabile detta WSS (whithin sum of squares) o devianza interna, dovuta alle
variazioni dei dati all’interno delle singole categorie

3.4.3. Differenze tra variabili Prima-Dopo


Differenza tra variabili prima-dopo  utile per confrontare due performance di un unico caso o di un
gruppo di casi

In ambito educativo  per prima e dopo si intendono la fase precedente e la fase successiva ad un
determinato intervento educativo

Con l’analisi delle differenze prima-dopo si intende valutare il cambiamento  se la performance successiva
ad un certo intervento educativo è differente (statisticamente) dalla performance prima dell’intervento
stesso

Analisi delle differenze  si mette in atto con strumenti pre-post  strumenti che indagano le stesse
conoscenze/competenze sia nella prova in entrata che nella prova in uscita con stimoli/consegne
leggermente diverse al fine di eliminare la possibilità che il caso o il gruppo di casi, nella prova post, ricordi
eventuali risposte corrette

3 indici diversi delle caratteristiche del campione in esame e delle variabili da analizzare:

 il test delle differenze (si applica a variabili categoriali ordinate con campioni di qualsiasi
numerosità)
 il test T di Wilcoxon (si applica a variabili categoriali ordinate in campioni composti da almeno 3 casi)
 il test T di Student (si applica a variabili cardinali e in campioni composti da almeno 30 casi)

3.5. L’analisi dei testi


Analisi monovariata e bivariata  tecniche di analisi adeguate nel caso in cui lo strumento di rilevazione
utilizzato sia strutturato (o semistrutturato) e dunque permetta un caricamento in matrice dati sotto forma
numerica

Nel caso dell’utilizzo di tecniche a bassa strutturazione, il dato che si possiede in seguito alla rilevazione dei
dati non è numerico bensì testuale e pertanto richiede e permette un’analisi del testo

3 tecniche di analisi testuale:

 rappresentazione dei dati testuali tramite mappe concettuali


 analisi della frequenza lessicale
 costruzione di categorie a posteriori

3.4.1. La rappresentazione dei dati in mappe concettuali


2 fasi per rappresentare graficamente un’intervista tramite mappa concettuale  fase decostruttiva e fase
ricostruttiva
Gallina  il processo di decostruzione del testo è utile per identificare i concetti chiave e le relazioni che li
legano; alla decostruzione segue una ricostruzione mirata a fornire una sintesi in un formato quanto più
esplicito e intellegibile

Lavoro di decostruzione e ricostruzione di una singola intervista  può essere utile per la lettura e l’analisi
delle altre interviste che si sono raccolte

Utile costruire mappe che riassumano più interviste sottolineando i concetti e le relazioni che si sono
individuati in più di un caso

3.4.2. L’analisi della frequenza lessicale


Analisi della frequenza lessicale  si basa sul principio secondo cui, durante un colloquio o uno scritto, le
persone non ricorrano a determinati termini o aggettivi accidentalmente ma che tali termini e aggettivi
siano densi di significato per colui che li utilizza

Indagare la terminologia utilizzata  può permettere al ricercatore di ricostruire la rappresentazione che


l’intervistato ha di una determinata persona o contesto o concetto che si voglia indagare

Losito  questa procedura si fonda sull’assunto secondo cui la frequenza di una data parola o simbolo-
chiave è un indicatore dell’interesse del testo nei confronti di ciò che parola o simbolo-chiave designa

Analisi della frequenza lessicale  a volte presentata come parte della procedura del text mining
(applicazione di tecniche di data mining a testi non strutturati allo scopo di individuare principali gruppi
tematici) al dine di sottolineare l’applicazione di procedure standardizzate ed automatiche ai corpi testuali

Analisi della frequenza lessicale  calcola quante volte i termini ricorrono all’interno di un testo al fine di
individuare il lessico ricorrente dell’intervistato per descrivere un fenomeno o una situazione

Analisi della frequenza lessicale  raramente viene utilizzata come tecnica di analisi singola, più
frequentemente si utilizza in fase esplorativa per individuare i concetti chiave presenti nel testo al fine di
costruire successivamente una mappa concettuale o individuare categorie ricorrenti di risposta

3.4.3. La costruzione di categorie a posteriori


Costruzione di categorie a posteriori  abitualmente si applica a corpi testuali non troppo lunghi e
complessi (risposte aperte a questionari semistrutturati)

Fine  ricondurre risposte aperte ad un numero limitato di categorie in modo tale da poter poi applicare in
secondo luogo un’analisi di tipo statistico; altre volte può permettere, in una fase di ricerca esplorativa, di
individuare le risposte più ricorrenti fornite dal campione ad un determinato stimolo/domanda al fine di
chiudere una certa domanda nello strumento di rilevazione definitivo o di conoscere un ventaglio di risposte
possibili per poi approfondirle con altri strumenti di rilevazione a bassa strutturazione (interviste, disegni a
tema)

Costruzione di categorie a posteriori  raramente utilizzata come tecnica di analisi autonoma, più
frequentemente affiancata ad un’analisi statistica o ad una rappresentazione delle categorie ricorrenti
tramite mappe o ipermappe concettuali
4. Presentazione dei risultati
4.1. La risposta al problema conoscitivo
Analisi dei dati  deve condurre il ricercatore a fornire risposta al proprio problema conoscitivo, esplicitato
all’avvio del problema di ricerca

Passaggio dall’analisi dei dati alla risposta al problema conoscitivo  non è immediato in quanto richiede
che il ricercatore interpreti i risultati a cui è giunto tramite l’analisi dei dati

Interpretare i risultati  assegnare un senso, una direzione di lettura a un insieme slegato di dati di ricerca
al fine di giungere ad un sapere, possibilmente fruibile

Interpretazione  strettamente in relazione con la conoscenza e l’utilizzo della conoscenza; sul dizionario:
traduzione in termini valevoli sul piano conoscitivo e pratico, definizione volta a sottolineare l’aspetto
conoscitivo ed empirico del processo interpretativo

Nel caso di analisi qualitative  l’interpretazione dei risultati è più complessa, è necessario un lungo lavoro
di analisi e codifica (di testi ma non solo) volto ad individuare quelle parti di dati rilevati che rispondono
opportunamente al problema conoscitivo

Utile approccio all’analisi di dati qualitativi  costruzione di tabelle che guidino lo studioso ad evidenziare
ed esplicitare quali parti dei documenti e dei testi da lui rilevati rispondano al problema conoscitivo
dichiarato

Nel caso in cui i dati non rispondano in modo omogeneo al problema di ricerca  il ricercatore dovrà
leggere i dati in modo tale da sottolineare le differenze tra le due tabelle o tra i due testi

4.2. Il controllo delle ipotesi


Risposta al problema di ricerca  in alcuni casi avviene attraverso il controllo delle ipotesi di ricerca

Interpretazione dei risultati  non dovrà solo fornire risposta alla domanda di ricerca ma anche chiarire se
l’ipotesti del ricercatore si sia dimostrata vera o falsa

Ipotesi  all’interno della ricerca quantitativa vengono controllate con analisi bivariate (o multivariate),
mentre nella ricerca qualitativa è utile affidarsi a tabelle che sintetizzino quali parti della rilevazione dei dati
hanno confermato l’ipotesi ed eventualmente quali parti della rilevazione hanno confutato l’ipotesi

Ricercatore  dovrà dare un senso sia alla conferma sia alla dis-conferma analizzando le possibili cause o
motivazioni che abbiano portato a tali risultati, al fine di fornire al lettore una chiave di lettura dei risultati a
cui si è giunti

Fornire una chiave di lettura  proporre una nuova ipotesi che potrebbe eventualmente dare avvio ad una
seconda ricerca

4.3. Presentare i risultati in funzione del target di lettore


Scelta delle modalità do presentazione dei risultati  deve tenere conto delle caratteristiche del lettore a
cui ci si rivolge e ai contesti ai quali sarebbe utile socializzare i risultati

4 figure-tipo di lettore di ricerche in ambito educativo:

 l’operatore sul campo (insegnante, educatore, formatore)


 l’utente del contesto (studenti, utilizzatori di una struttura educativa, formandi)
 i responsabili di struttura (coordinatori didattici, dirigenti dei servizi educativi, dirigenti scolastici)
 studiosi o esperti accademici

Ognuna di tali figure ha l’esigenza di leggere nella ricerca i risultati produttivi per la propria mansione o
stimolanti per il ruolo che si occupa nel contesto; ognuna di tali figure ha però caratteristiche, interessi e
necessità dissimili e pertanto è poco realistico pensare di presentare i risultati in modo tale da soddisfare
pienamente i 4 target presentati  è buona abitudine individuare un target di lettore principale ed una
serie di target secondari; il rapporto di ricerca canonico dovrà essere rispondente alle caratteristiche del
target principale, sia nei termini della comprensibilità della terminologia e delle procedure utilizzate sia nei
termini degli stimoli che la lettura del rapporto di ricerca potrebbe offrire ai lettori selezionati

Una volta individuato il target di lettore e progettate le modalità di disseminazione  utile concepire il
rapporto di ricerca tenendo conto delle particolarità della fascia a cui si rivolge:

 una pubblicazione rivolta agli operatori dovrà delineare modalità di intervento efficaci (ed
eventualmente non efficaci) al fine di disegnare, all’interno della ricerca stessa, in quali i risultati a
cui si è giunti possano essere utili ad un lavoro sul campo
 una pubblicazione rivolta a coordinatori e responsabili di servizi educativi dovrà sottolineare linee di
tendenza riguardo alle caratteristiche strutturali e, possibilmente, fornire approcci efficaci per la
risoluzione di tali problematiche
 una pubblicazione rivolta all’ambito accademico dovrà presentare l’inquadramento teorico di
riferimento, dedicare un’ampia parte del prodotto a presentare la strategia con cui si è condotta la
ricerca e sottolineare come essa possa produrre sapere scientifico relativamente ad un dato tema,
possibilmente con specifiche riflessione di carattere metodologico
 una pubblicazione rivolta agli utenti di servizi educativi dovrà mettere tra parentesi la questione
metodologica per sottolineare invece la fotografia che di tali utenti è emersa nella ricerca al fine di
socializzarla con gli utenti stessi ed eventualmente arricchirla o metterla in discussione grazie ad un
loro commento

4.4. Allegati tecnici e bibliografici


Presentate le conclusioni della ricerca è utile corredare il proprio rapporto di ricerca con alcuni allegati
tecnici al fine di presentare al lettore tutte le specifiche dell’indagine condotta

È buona norma allegare lo strumento di rilevazione che si è utilizzato nella versione completa e le matrici
dati ottenute dalla rilevazione dei dati  indice di integrità professionale.

Parte fondamentale  elenco dei riferimenti bibliografici, precisi e completi al fine di approfondire il quadro
teorico che si è sintetizzato all’interno del rapporto stesso; se utilizzata corredare con la sitografia e la copia
delle analisi condotte con una descrizione delle finalità di tale analisi.

In caso di ricerche etnografiche/ interpretative allegare copia dei documenti analizzati e copia del materiale
di ricerca che ha fornito le indicazioni per arrivare a determinati esiti di ricerca.

Rapporto di ricerca che abbia tutti gli allegati  valido punto di partenza per altre ricerche e per un
confronto arricchente non soltanto fruibile dalla comunità scientifica ma anche da chi intenda avvicinarsi o
approfondire un contesto empirico

Fine di ogni ricerca empirica nel contesto educativo  arricchire la conoscenza di tutta la comunità su una
data questione al fine di poter, un giorno, raggiungere un miglioramento della performance educativa e
formativa del contesto indagato.

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