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! In genere la valutazione del profitto scolastico è stabilita dal confronto dei risultati
ottenuti dagli studenti con i risultati attesi (obiettivi). È in base alla loro vicinanza o distanza
che si traggono inferenze sul livello di apprendimento. Quando in un’epoca non troppo
lontana è emersa l’esigenza di effettuare misurazioni che fossero rapide e semplici e allo
stesso tempo rigorose e scientificamente fondate si è fatto soprattutto ricorso a prove
standardizzate. Questo modello, il cui scopo iniziale è stato quello di accertare soltanto il
successo oppure l’insuccesso dell’apprendimento per suggerire interventi di rinforzo o di
aiuto, per molti è diventato anche un sistema di giudizio selettivo. Il suo limite maggiore sta
in “ciò” che intende e riesce a valutare. Infatti, valutando ciò che un ragazzo “sa”, il
modello controlla e verifica la “riproduzione” ma non la “costruzione” e lo “sviluppo” della
conoscenza, e neppure la “capacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta.
! Alla fine degli anni Ottanta, in particolare negli Stati Uniti, si sviluppa una serie di
critiche riguardo all’uso diffuso e persistente nella pratica di valutazione di prove
standardizzate (grosso modo quelle che noi chiamiamo “prove oggettive”). Tali critiche
nascono nello stesso momento (o poco prima) in cui in Inghilterra prende avvio la
riflessione sulla valutazione per l’apprendimento, un tipo di valutazione che,
diversamente dalla valutazione dell’apprendimento, mira a individuare le tappe
necessarie per promuovere il progresso dello studente. Mentre la valutazione
dell’apprendimento “chiude” un processo di apprendimento, controlla l’impegno la
ricostruzione della conoscenza avvenuta nello studente, ha a che fare con voti e
graduatorie ed è più implicata in questioni di rendicontazione pubblica, la valutazione per
LA DIDATTICA PER COMPETENZE