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LA DIDATTICA

Il termine didattica ha una radice indoeuropea e significa insegnare. Inizialmente un genere letterario fino all’Età
Moderna, “il didattico” fu inteso in senso pedagogico solo dal XVII secolo in poi, la cui opera più celebre è “la
Didactica magna” di Comenio. Il termine didattica accentua l’analisi etimologica della parola (la sua provenienza)
e la riflessione epistemologica (che studia i fondamenti teorici della disciplina) insieme all’evoluzione storica.
Epistemologicamente, la didattica è considerata disciplina autonoma, in quanto rientra nel settore della pedagogia
e ha come oggetto le attività che riguardano l’insegnamento (tecniche e metodi), sia disciplina priva di autonomia,
in quanto si riferisce agli strumenti usati nell’atto pratico dell’insegnamento e dipende dalla pedagogia e dalla
filosofia dell’educazione. La parola didattica fa riferimento sia all’atto di insegnamento del docente, sia all’atto
di apprendimento dell’allievo; ha quindi come oggetto di studio e interesse l’insegnare e l’apprendere in contesti
formativi.

La Didattica è un sapere (una scienza) dell’educazione che ha:

• OGGETTO della didattica è l’insegnamento che mira all’apprendimento e all’acquisizione di


conoscenze, capacita/abilità. L’insegnamento costruisce le mediazioni perché si verifichi un
apprendimento da parte del soggetto che si verifica solo con il libero consenso di quest’ultimo.
L’insegnante non determina l’apprendimento, ma le capacità e i mezzi per fare del soggetto uno studente.
(pupilling o studenting)
• CAMPO della didattica comprende i luoghi di apprendimento formali, non-formali e informali.
• METODOLOGIA PER LA RICERCA quali-quantitativa. La didattica deve rivolgere la sua attenzione
alla trasmissione del sapere disciplinare collegato al suo oggetto di studio. Per insegnamento si intende
soltanto i termini e i concetti di una disciplina e giungere ad una comprensione approfondita delle idee
fondanti per facilitare la comprensione in chi apprende.

Nonostante il modo corretto di stare in una disciplina sia conoscere il campo d’indagine, un insegnamento
incentrato solo sull’epistemologia della disciplina comporterebbe molti limiti e rischi tra cui il contenutismo e il
disciplinarismo. L’obiettivo di questo tipo di didattica è quello di far alloggiare nello studente delle informazioni,
principalmente attraverso la memoria, implicando di:

1. Partire dall’assunto che la testa dello studente sia una tabula rasa sulla quale è necessario imprimere dei
record;
2. Dare per scontato che il compito della testa sia quello di custodire e immagazzinare questi record il più
a lungo possibile, immagazzinamento che durerebbe fino a che non arrivi un esame, per poi verificarsi
un self-cleaning della memoria necessario per lo studente. Le informazioni immagazzinate (pieces of
information) sono difficilmente utilizzabili in circostanze nuove. In questa prospettiva l’insegnamento
riduce tutto alla massima definizione possibile.

Oggi le discipline devono favorire le potenzialità degli studenti. Secondo alcuni studi e ricerche, il successo
scolastico è dovuto sia dalla validità delle discipline e sia dall’organizzazione e della presentazione dei contenuti
della didattica. L’insegnare deve trasmettere un sapere e promuovere nel soggetto che apprende qualità e capacità,
sfruttando la curiosità, l’audacia del pensiero, il desiderio di verità e l’amore e la passione per l’oggetto di studio
da parte del soggetto stesso.

Oltre a portare a termine una bella spiegazione, il compito dell’insegnante deve consistere in:

• aiutare lo studente a elaborare conoscenze che abbiano un senso;


• manifestare allo studente le operazioni mentali che dovrà applicare per la soluzione di un compito;
• essere consapevole che ogni studente possiede una sua autobiografia cognitiva, un profilo e una mente
in evoluzione;
• alimentare il dialogo;
• educare a pensare.
Il sapere disciplinare è necessario a chi insegna se affiancato dal sapere didattico, il quale studia l’insegnamento,
cerca di teorizzarlo e analizza i rapporti fra obiettivi, contenuti e significati dell’apprendere attraverso:

- Analisi-interpretazione del contesto sotto il profilo storico, sociale, culturale ed economico;


- Lettura dell’organizzazione, teorizzando il modo di organizzare i percorsi formativi;
- Controllo dell’accountability

LA DIDATTICA COME SAPERE PROFESSIONALE

La ricerca didattica ha dubitato che esistesse un sapere dell’insegnante. Fino agli anni ’80 si credeva che gli
insegnanti non avessero delle conoscenze professionali, diverse da quelle acquisite attraverso l’esperienza.

Il paradigma empirico-praticista si incentra sull’insegnamento come azione orientata all’apprendimento e sul


fattore-situazione (maturazione dell’insegnante rispetto a sensibilità e pensieri per poter gestire bene ogni
circostanza). Azione e contesto sono oggetto di una analisi che si avvale di un approccio epistemico e che dà luogo
a modi operativi contrassegnati da fondatezza e auto verificabilità. È importante la distinzione proposta da
Federico Butera tra mestiere e professione. Per mestiere si intende l’insieme delle capacità di realizzare un’attività
professionale acquisita e affinata in esercizio pratico e applicazione di strumenti collaudati. Per professione si
indica la padronanza della messa in pratica di attività appropriate e la capacità di collegarsi a un corpus di
riferimenti teorici di una disciplina da cui derivano le basi per lo svolgimento del lavoro.

Il sapere professionale comprende un campo semantico che esprime una competenza caratterizzata da micro-
professionalità, (abilità strumentale) e da macro-professionalità, (padronanza complessiva) all’interno di una
dinamica tra conoscenza-azione-riflessione, che investe sul fare quotidiano potenziandone le competenze. La
ricerca didattica recente ha evidenziato come la crescita della conoscenza e della competenza professionale sia
legata in particolare all’affinamento della capacità di riflessione nell’azione, oltre che di riflessione prima e dopo
l’azione. Michael Polanyi e Donald A. Schon hanno sviluppato delle tesi a riguardo: Polanyi sulle conoscenze
tacite mentre Schon sulla epistemologia della pratica.

POLANYI

Per Polanyi esiste un livello di conoscenza che non può essere sempre e immediatamente tradotto in parole: «si
sa che cosa si sta facendo, ma non si è sempre capace di verbalizzarlo». Si tratta di conoscenze che gli uomini di
esperienza e gli esperti di un settore hanno sul come fare le cose. La conoscenza tacita contiene elementi di breve
durata, come i pareri soggettivi, le convinzioni, le intenzioni, i modi di vedere le situazioni e di interpretare la
realtà, difficile da formalizzare e da comunicare agli altri perchè molto personale. La conoscenza tacita è dovuta
ad azioni e comportamenti quotidiani.

→ in riferimento ad un ambiente specifico;


→ frutto della costruzione sociale, risultato di scambi, di contaminazioni, di discussioni, di pratiche di
elaborazione, per il quale la condivisione di conoscenze tacite permette di distinguere e riconoscere una
comunità di pratiche da un insieme di individui.

Differenze nell’ambito della conoscenza:

♦ Dimensione cognitiva (paradigmi, modelli, rappresentazioni…)


♦ Dimensione tecnica, (know-how, expertise) applicata a uno specifico contesto, legata all’esperienza e
non trasmissibile attraverso l’istruzione tradizionale.

L’apprendimento della dimensione tecnica è possibile attraverso la relazione di scambio tra un soggetto esperto e
un novizio, incentrata su osservazione, pratica e imitazione. Da qui deriva la prefigurazione della conoscenza del
mestiere: la consapevolezza di essere tributari di un sapere collettivo che si tramanda in una cultura, sviluppando
un comune sentire tra la gente di mestiere e facendo vivere, i processi effettivi che si attivano in situazione.
La conoscenza tacita è costituita da un repertorio di schemi cognitivi e modelli prototipici sviluppati, mediante
una continua interazione tra teoria, modelli, ed esperienze pratiche, aiutando a comprendere la specificità di una
nuova situazione che non rientra completamente in una di quelle sperimentate in precedenza, mediante una
modifica o un adattamento al caso di uno o più schemi, o modelli del proprio repertorio, considerando la
consapevolezza delle credenze personali che influenzano i processi cognitivi, metacognitivi e operativi che si
mettono in atto.

SCHÖN

Per Schön la pratica professionale è «un processo di soluzione di problemi. Problemi di scelta o decisionali sono
risolti mediante la selezione, fra i mezzi disponibili, di quello che meglio si adatta a determinati fini». Il sapere
dell’insegnante come professionista riflessivo è un sapere non lineare. Si tratta di una conoscenza che non può
essere formalizzata totalmente; un sapere dell’azione, basato sulle strategie della complessità, evitando le regole
principali della distinzione e della riduzione, elaborato sul campo e sviluppato durante l’azione.

Nel pensiero che si svolge nel corso dell’azione sono attivati:

• L’uso di strumenti, linguaggi, repertori d’azione per descrivere situazioni complesse e interagire con
esse;
• I sistemi di valutazione che impostano i problemi da risolvere e una conversazione con la situazione in
atto;
• I ruoli nel contesto dei quali i professionisti si trovano e svolgono i loro compiti.

In questo contesto viene utile una epistemologia della pratica, costruita giorno dopo giorno riflettendo nell’azione,
alla quale nasce la tesi di Schon sul professionista pratico-riflessivo, fonte del sapere pratico e testimone di
un’epistemologia della pratica. Schon fa una distinzione fra:

- Conoscere nell’azione
- Riflettere nel corso dell’azione rispetto a cosa si sta facendo
- Riflettere nella pratica per poter trovare un nuovo senso alle esperienze ripetitive.

Il sapere professionale dell’insegnante non può più essere inteso soltanto come un’applicazione delle conoscenze
teoriche ai contenuti disciplinari o come pura conoscenza applicata. Le sue fonti si individuano nell’esperienza
dell’insegnamento acquisita con l’azione, oltre che con i concetti. Il sapere professionale si profila come la
capacità di chi è in grado di applicare una tecnica a una situazione problematica, di sapersi adattare in un campo,
di muoversi con abilità e impegno verso la soluzione del problema. Parlare di didattica come sapere professionale
significa riferirsi a un ambito di conoscenze teoriche, cioè a un ambito epistemologico che si afferma e si configura
come sapere che contiene procedure, azioni, consapevolezze e riferimenti teorici, accumulati nelle memorie di
comunità, e in cui la tessitura di sapere, fare e saper fare dà luogo a un continuum dialettico di teoria e di pratica.

Con l’azione dell’insegnamento si costruiscono le condizioni per verificare l’apprendimento e ciò non è
assicurato, in quanto spetta allo studente l’ultima parola di accettazione o rifiuto della proposta didattica.
L’insegnamento potrà risultare efficace solo se l’insegnante ottiene dei risultati dal soggetto che apprende. Affiche
si verifichi un risultato effettivo, lo studente deve possedere conoscenze, abilità e competenze. È importante tener
presente che alla base del rapporto tra insegnamento-apprendimento c’è l’idea di una persona come soggetto
libero, impegnato in un compito-processo di conquista di sé.

Prima di individuare-definire metodi e tecniche di insegnamento:

• Occorre avere chiare le ragioni dell’istruire


• Riflettere sull’educabilità dell’uomo
• Dare un senso al processo didattico stesso
La situazione insegnamento-apprendimento è un rapporto fra persone, costituito da fattori che caratterizzano
l’essere della persona e che costruiscono un avvenimento interpersonale fra docente e studente nel processo di
insegnamento:

o Insegnante: modi singolari di essere, tatto psicologico, inventività didattica, professionalità;


o Studente: volontà di essere, aspirazioni, motivazioni, diverse modalità apprenditive, ritmi di
sviluppo, competenze, abilità.

Quando si parla di insegnamento non si può escludere il concetto di educazione, tutto ciò che mira a costruire
l’uomo nella sua crescita come persona. Un insegnamento per cui si apprendono solo contenuti e che non produce
nello studente dei cambiamenti nel comportamento, nella condotta e nelle abitudini non ha valore. Lo scopo
dell’educazione è quello di consapevolizzare lo studente della propria persona e dei propri valori, andando oltre i
limiti imposti dalla cultura. Rousseau, appunto, afferma che l’educazione significa liberarsi della maschera che
tutti gli uomini indossano nella società. È importante quindi un percorso di studio personale, che porti a capire ciò
che si è, ciò che piace, ciò che soddisfa o meno e quanto si è disposti a seguire gli schemi imposti dalla società.
Nel caso in cui accettiamo noi stessi, confermiamo la nostra struttura personale. In caso contrario, dobbiamo
riprogettarci sulla base dei valori che evidenziano le nostre qualità, anche andando contro le regole condivise dalla
società. Nel momento in cui si è soddisfatti di aver raggiunto la propria identità, lo scopo dell’educazione può
dirsi raggiunto. Affinché l’educazione abbia un esito positivo in questo processo di modellamento della propria
persona, l’istruzione ha un compito fondamentale. Istruzione ed educazione possono dirsi connesse se le
conoscenze che dobbiamo apprendere, presentate in modo chiaro e preciso, ci portano a riflettere, ci permettono
di elaborare giudizi e ci fanno compiere scelte di vita coerenti. Dunque, l’educazione deve portarci ad avere
padronanza di noi stessi.

L’OGGETTO

L’oggetto della didattica è l’insegnamento, che sta per imprimere dei segni nella mente, mostrare, spiegare,
tradurre la realtà in rappresentazione. È possibile imparare tramite l’esperienza diretta (apprendimento primario)
e/o attraverso la presenza di un mediatore (apprendimento secondario). L’apprendimento primario fu il più diffuso
nell’antichità, quello per cui Aristotele indicò i fondamenti dell’insegnamento:

1. Natura dello studente;


2. Insegnamento;
3. Esercizio.

Secondo Aristotele è fondamentale un insegnamento efficace, chiaro e non banale, assieme l’impegno dell’alunno
che apprende con l’esercizio. L’insegnamento ha il compito di stabilire criteri e condizioni che garantiscano il
verificarsi dell’apprendimento, e lo scopo di ottenere risultati stabili nell’alunno/classe. Secondo Marguerite Altet
l’insegnamento è un processo interpersonale che utilizza come mezzo la comunicazione verbale affinché si possa
verificare l’apprendimento.

La funzione primaria che la relazione docente-studente svolge è quella trasmissiva. Si può parlare di trasmissione
di istruzione solo se si attivano le potenzialità del destinatario, in quanto si deve innescare un processo che
favorisca l’apprendimento. L’insegnamento non mira a far acquisire delle conoscenze e ad un sapere culturale
(abilità, metodologie, strumenti). Ogni azione d’insegnamento deve cercare le soluzioni più idonee a facilitare
l’apprendimento nel soggetto, per cui l’insegnante deve creare delle mediazioni per rendere più comprensibili
determinati argomenti. Per poter insegnare, oltre alla spiegazione, è necessario indurre interessi, spronare,
sollecitare. L’apprendimento comprende quello cognitivo e quello che induce un cambiamento dei
comportamenti, in quanto si deve sapere, saper fare e saper essere. Oltre alla comunicazione verbale, durante
l’insegnamento è importante anche la comunicazione non-verbale (gestualità, postura, paralinguistica -tono della
voce, pause, silenzi- la prossemica) generalmente sintonizzate.

Le funzioni con cui si avvia una comunicazione:


1. Funzione di ascolto, far parlare l’alunno senza dare dei giudizi;
2. Funzione trasmissiva, trasmettere all’alunno il sapere dell’insegnante;
3. Funzione valutativa, verificare le conoscenze acquisite e valutazione dell’alunno.

L’insegnamento come comunicazione ha determinate funzioni:

1. Funzione abilitativa, rafforzare nello studente abilità alfabetiche e capacità linguistiche;


2. Funzione consolidativa, ripetizione attraverso esercizi che la maggior parte delle volte abbassano il
livello motivazionale dello studente provocando una scarsa qualità di apprendimento;
3. Funzione problematizzativa, capacità di riflettere, porre questioni, saper rivolgere domande pertinenti e
saper riconoscere i problemi, provocando una crescita dell’intelligenza;
4. Funzione incentivante, intervento didattico in quanto non tutti gli alunni sono già disposti
all’apprendimento.

L’azione dell’insegnamento si svolge secondo dei procedimenti e innesca a sua volta dei processi. Il procedimento
si applica e fa dello studente un oggetto, il processo promuove e fa dello studente un soggetto. Affinché si verifichi
la vera crescita umana dello studente, l’insegnante deve toccare le corde giuste del soggetto che apprende per far
sì che si inneschi un processo di formazione. Per avere un esito positivo l’insegnante deve dosare tempi,
comportamenti, saper attendere i tempi di ogni alunno e “far fare al tempo”.

Per favorire un buon insegnamento si deve tener presente che:

• Ogni soggetto ha un proprio modo per apprendere;


• Il tempo dell’insegnante è diverso da quello dell’alunno;
• Le attività che definiscono i tempi;
• Gli apprendimenti extra scolastici favoriscono un esito positivo dell’educazione;
• Agli insegnanti va dato un tempo personale e sociale.

La funzione del docente è determinante in quanto deve:

• Attivare un continuo zapping percettivo;


• Favorire la creatività e una maggiore libertà immaginativa;
• Favorire il desiderio esplorativo.

I MODELLI DI INSEGNAMENTO DEL ‘900

La prima parte del XX secolo è stata dominata dalla cultura neoidealistica, la quale ha influenzato il costume
didattico ed educativo. La Riforma della Scuola (Gentile, 1923) ha indebolito la ricerca sull’insegnamento e sulla
didattica. Negli anni 50-60 si diffonde il modello attivistico che dà importanza all’idea di insegnamento basato su
processi naturali di apprendimento a partire dall’esperienza diretta dell’alunno, vengono considerate le capacità
di auto-attività dell’alunno, abilità, esigenze, bisogni, e si enfatizza il concetto di espressione. John Dewey crede
nel principio di interazione. Afferma che l’uomo si sviluppa in un ambiente a causa dello stesso e attraverso
un’interazione con esso. Per questo si afferma anche la didattica dell’ambiente, (scuola) e la didattica della ricerca
grazie alla metodologia di Dario Antiseri (insieme delle strategie per affinare la curiosità, potenziare la capacità
di risoluzione dei problemi, alimentare il gusto della scoperta).

A partire dai 60-70 con Jerome Bruner si aprono i rapporti tra didattica e psicologia che danno importanza ai
processi di pensiero, fenomeni non direttamente osservabili che hanno luogo all’interno del soggetto che apprende.
Per Bruner apprendere significa elaborare informazioni, usare strategie di pensiero in cui la mente crea degli
schemi per sistemare i nuovi dati appresi e per poi elaborarli in seguito. In Italia questo nuovo concetto di
apprendimento si diffonde tra i 60 e ‘70. Grazie alla teoria dell’istruzione del ’66 di Bruner si rivaluta l’istruzione,
fondata sul principio dell’apprendimento delle strutture (idee guida di una disciplina).
Nella seconda metà degli anni 80 Vygotskij fonda il tema dell’influenza dei fattori socioculturali e
dell’insegnamento sullo sviluppo cognitivo. In Italia nei ‘70 si diffonde il modello programmatorio curriculare
(legge 517/77) permettendo lo sviluppo della scuola. Il curriculo, identità di un istituto, rappresenta gli obiettivi
scanditi dalla scuola per valutare il loro raggiungimento. Il questo modello il docente sceglie cosa e come
insegnare con un modello efficiente, individuando le esperienze di apprendimento più efficaci, la strategia in
funzione dei bisogni degli alunni e del contesto territoriale della scuola. Questa organizzazione del curricolo
presenta dei limiti che possono rendere l’alunno dipendente dalla progettazione delle attività e la rigidità del
modello stesso nei confronti dell’intervento didattico-educativo.

Con gli studi sull’insegnamento degli anni ’80 c’è stato un continuo confronto con la realtà, la quale è cambiata
sotto molti aspetti (politica, economia, società, religione). Emergono nuovi saperi e nuovi problemi educativi, e
per questo la ricerca didattica è in continuo aggiornamento.

Il metodo tradizionale oggi non risulta più adeguato:

• è troppo lineare rispetto alla complessità della nostra società


• il metodo tradizionale consisteva nella sola memorizzazione dei contenuti.

Ad oggi l’insegnamento consiste nel far sì che i contenuti restino nel soggetto che apprende in modo più duraturo
possibile. La didattica negli ultimi decenni ha elaborato nuove metodologie educative tra cui:

Cooperative learning (Dewey): gli alunni lavorano in classe in piccoli gruppi per attività di
apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati conseguiti, caratterizzato da:

▪ l’interdipendenza positiva dove ogni membro si preoccupa e si sente responsabile del


lavoro proprio e degli altri,
▪ l’interazione faccia a faccia, in quanto tutti nel gruppo contribuiscono, elaborano e
discutono e cercano una soluzione,
▪ l’uso di competenze sociali nell’agire in piccoli gruppi eterogenei,
▪ il controllo costante dell’attività svolta e la valutazione individuale e di gruppo.

docente e alunni hanno determinati compiti:

. il docente:

o creare un clima collaborativo attraverso una comunicazione efficace


o progettare compiti appropriati ai piccoli gruppi
o organizzare la classe
o definire ruoli e competenze degli alunni
o intervenire quando richiesto per aiutare gli alunni a monitorare l’apprendimento
che acquisiscono

. gli alunni:

• l’impegno per osservare se tutti collaborano attivamente nel gruppo.

Insegnamento tutoriale per migliorare il rapporto tra docente e studente, guida e garantisce il
raggiungimento di obiettivi di apprendimento i cui destinatari possono essere adulti, giovani, bambini, ragazzi,
diversamente abili (tutti coloro che hanno bisogno di un’altra persona per apprendere). Viene praticato in luoghi
come università, soprattutto nei campus americani e inglesi in cui si trova un punto di riferimento preciso – ad un
docente viene assegnato il compito di seguire il percorso formativo di un individuo.

In Italia il tutorato è recente. Per la legge 390, non bisogna trascurare l’integrazione nella vita sociale e
universitaria in quanto i servizi di tutorato collaborano con gli organismi di sostegno diritto allo studio e con gli
studenti;
• nei collegi, l’azione tutoriale si basa sulla consulenza, sulla guida, il sostegno nell’attività di studio e
nella collaborazione con i docenti affinché si verifichi un maggiore coordinamento con il personale
docente;
• nelle scuole secondarie di primo grado non c’è un vero insegnamento tutoriale ma sono presenti figure
professionali coinvolte per affiancare l’insegnamento ordinario (l’insegnante di sostegno, l’operatore
tecnologico, o l’animatore);
• nelle scuole secondarie di secondo grado, il tutoring è in funzione aggiuntiva a quella ordinaria ed è
utilizzato a supporto di attività formativa, progetti trasversali, progetti integrativi ed è svolto per
prevenire il disagio e creare condizioni per il benessere dell’alunno nella vita scolastica. Per questo
motivo si sono attuati numerosi progetti, sono stati costituiti spazi per un servizio psicologico e alcune
scuole hanno aperto uno sportello per l’ascolto e la prevenzione del disagio giovanile affidata ad alcuni
insegnanti;
• e poi aziende, centri di formazione professionale, sistemi di formazione a distanza, allenamenti sportivi,
apprendimenti di lingue straniere.

Gli obiettivi dell’insegnamento tutoriale sono:

1. Offrire un sostegno conoscitivo con lo scaffolding, fornito dal tutor per l’esecuzione dei compiti
dell’alunno intervenendo in parti del compito che lo studente non riesce a padroneggiare,
instaurando un’attività cooperativa per risolvere i problemi.
2. Fornire e garantire a ciascuno studente tutte le informazioni necessarie per costruirsi un
personale itinerario formativo.
3. Offrire un sostegno agli studenti per difficoltà, incertezze e sensi di inadeguatezza che si
possono incontrare nell’apprendimento, manifestare comprensione con parole di
incoraggiamento, aiutare gli studenti in situazione di disagio, provare interesse anche per
situazioni difficili di tipo personale, esprimendo vicinanza.

Insegnamento multimediale, utilizzo di strumenti multimediali per la valutazione e lo sviluppo dei


processi di insegnamento-apprendimento per risolvere i problemi complessi degli alunni.

Secondo Il protocollo ministeriale sull’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola nel periodo 1997/2000, il
sistema scolastico italiano deve riconsiderare i propri obiettivi e i processi formativi, ridefinendoli in quanto la
scuola deve rispondere alle esigenze dello sviluppo sociale ed economico del paese.

Per Gonnet la didattica multimediale sostituisce la cultura statica del libro a vantaggio di quella dinamica.
Numerosi sono gli aspetti positivi dell’insegnamento multimediale:

1) lo strumento tecnologico, (ipertesto)


a) migliore comprensione degli argomenti trattati dal docente in quanto consente allo stesso di
completare la spiegazione con video esplicativi rendendo più chiara e interattiva la spiegazione,
b) l’individualizzazione dell’insegnamento in quanto consente di personalizzare l’apprendimento
grazie all’offerta di più chances,
2) le applicazioni multimediali
a) permettono una collaborazione fra coloro che apprendono, ognuno con proprie competenze,
assumendo ruoli diversi
3) il computer
a) permette di sostituire momentaneamente la figura dell’insegnante in quanto l’informazione è
fornita automaticamente.

E-learning, metodo alternativo all’insegnamento in aula, basato sull’auto apprendimento attraverso


l’utilizzo di strumenti tecnologici per la comunicazione a distanza. È una modalità formativa che esalta la
multimedialità e l’interattività con:
• l’utilizzo della connessione in rete per usufruire dei materiali didattici,
• utilizzo di un computer personale,
• indipendenza da vincoli di presenza fisica o di orario,
• monitoraggio continuo del livello di apprendimento con la verifica del percorso
• autovalutazione.

L’e-learning ha subito delle evoluzioni:

I) generazione con utilizzo di materiali didattici rivolti alla formazione professionale degli adulti, il cui
apprendimento prevedeva lo studio individuale delle dispense senza la possibilità di apprendimento
collaborativo;
II) generazione, con evoluzione della formazione a distanza con la personalizzazione dell’apprendimento
con materiali audiovisivi in modalità asincrona;
III) generazione, con l’apprendimento cooperativo tramite l’uso della rete Internet e materiale online per una
formazione a distanza e dove lo studente assume un ruolo attivo e interattivo che consente lo scambio in
tempo reale docente-studente e fra gli stessi studenti.
IV) Fase, complex learning, che esalta la dimensione della comunità di apprendimento e la cooperazione
sociale per favorire la conoscenza.

Dell’e-learning sono molti i fattori negativi

• scarsa consapevolezza negli studenti dell’intero percorso di apprendimento,


• dipendenza dalla tecnologia,
• la scarsa verifica dei risultati ottenuti.

Insegnamento orientativo, che orienta per favorire l’iniziativa del soggetto per il proprio sviluppo
affinché possa essere autore delle proprie scelte:

• incoraggiare i livelli di autogestione e di autovalutazione del soggetto che apprende;


• far sì che il soggetto possa conquistare la propria identità rispetto al contesto sociale;
• sviluppare la capacità decisionale;
• individuare attitudini e scoprire l’inclinazione.

Questo tipo di insegnamento arricchisce l’io dello studente di desideri, aperture, e abilità strategiche per poter
affrontare e risolvere i problemi della vita.

Il docente

→ è tenuto a credere in ciò che insegna per trasmetterlo agli alunni


→ deve dar spazio alle altre discipline insegnate da altri colleghi per poter far emergere gli interessi negli
alunni.

L’insegnamento orientativo è un’azione di accompagnamento e affiancamento dello studente nei processi di


apprendimento.

Insegnamento inclusivo, favorisce la partecipazione attiva di tutti i soggetti per prevenire l’esclusione e
la marginalizzazione. si definisce tale un insegnamento che promuove e sostiene il successo di tutti gli studenti
agendo sul senso di appartenenza e di responsabilità individuale. Il metodo di insegnamento tra soggetti normali
e soggetti che non vengono considerati tali, devono essere uguali in quanto entrambe le categorie richiedono
analisi-individualizzazione-comprensione della diversità. L’insegnamento della diversità si fonda sul principio
secondo cui la diversità del soggetto, portatore di handicap, non è una cosa negativa, ma costituisce un potenziale
positivo da valorizzare. Il soggetto disabile visto come soggetto diverso, richiede una serie di strategie in grado di
valorizzare il bagaglio umano del soggetto in questione. Quindi, l’insegnamento inclusivo, comprende tutte le
strategie tese all’integrazione nel contesto scuola, di alunni disabili e in condizioni di marginalità o a rischio di
esclusione sociale.

I suoi principi:

• professionalità degli insegnanti, in quanto devono avere maggiore consapevolezza dei bisogni educativi
normali e speciali e devono coinvolgere tutti nelle attività didattiche;
• il clima di classe, in quanto ci deve essere un’accoglienza positiva e un clima inclusivo ossia
caratterizzato da un forte senso di appartenenza dei membri;
• le modalità apprenditive, le quali privilegiano l’interazione sociale con l’insegnante e con i compagni;
• i contenuti e gli strumenti, perciò l’insegnante deve adattare i materiali didattici in relazione alle esigenze
specifiche e speciali degli alunni.

Il lavoro di insegnamento con alunni in situazione di handicap psicofisico/socioculturale sono più impegnativi
rispetto a un soggetto considerato normale. Esso riguarda infatti diverse problematiche:

− mai precisa conoscenza della diversità di un alunno;


− nel saper individuare il potenziale formativo;
− nel saper misurare lo sforzo richiesto al soggetto più diverso, nell’esperienza di apprendimento, per non
pretendere ciò che il suo livello mentale o le anomalie fisiche non possono permettergli di capire.

I PRINCIPI DELL’INSEGNAMENTO

• La motivazione

La motivazione nell’apprendimento costituisce un problema sempre attuale. Molti studi sulla social cognition
elaborano la distinzione fra orientamento e stato motivazionale (atteggiamento del soggetto nei confronti
dell’impegno scolastico e la risposta dello stesso ad una proposta di apprendimento). Il limite della social cognition
è l’accentuare la dimensione cognitiva a discapito dell’aspetto di quegli aspetti, come l’interesse, che
rappresentano una parte importante della motivazione. Strategie per indurre la motivazione ad apprendere:

a) presentare delle novità;


b) incoraggiare ad affrontare i rischi moderati;
c) chiarire ai soggetti in apprendimento ciò che ci si aspetta dal loro impegno (obiettivi da
raggiungere, su cosa si baserà la valutazione, strategie di studio);
d) creare un ambiente collaborativo e non competitivo;
e) rendere il lavoro d’aula interessante partendo dall’entusiasmo del docente;
f) incoraggiare gli studenti a sentirsi capaci di gestire le situazioni
• La significatività

Con la significatività si deve rendere chiaro a colui che apprende, il senso di apprendere una determinata
conoscenza per la sua formazione. Se la convinzione che ciò che studiamo è importante e ha un valore per la
nostra crescita, ci spinge ad imparare. Questo comporta da parte del docente una guida e una stimolazione per
riconoscere il valore di quella determinata conoscenza. Secondo Ausubel il compito dell’insegnante è presentare
un contenuto di apprendimento logicamente significativo e un contenuto di apprendimento “potenzialmente
significativo” dove il soggetto deve essere in grado di farlo perché possiede le idee e i concetti che possono fare
da collante con ciò che viene proposto e ciò che già conosce.

• La perspicuità

L’insegnante, avendo la funzione di effettuare delle mediazioni, deve trasmettere le conoscenze in modo
perspicuo, usando mediatori linguistici comprensibili per l’alunno. La perspicuità a cui l’insegnante deve mirare
consiste nello spiegare con chiarezza e nel contestualizzare, puntando l’attenzione sugli aspetti principali di un
determinato argomento (principi essenziali e idee-forza) aiutando a formulare ipotesi con procedure corrette.
• La tempestività

Il successo dell’insegnamento può dipendere anche dalla tempestività. L’insegnante deve capire lo stato d’animo
di colui a cui si rivolge, scegliendo il momento giusto per insegnare. Spesso l’alunno non è disposto
all’apprendimento e quindi si deprime. (opportunity to learn). Sono importanti tre fattori:

1. osservare lo stato cognitivo e motivazionale dei soggetti guardando anche alle conoscenze già
possedute (Ausubel);
2. cogliere le occasioni pubblicizzate dai mass media provocando cambiamenti valutativi e
decisionali;
3. saper costruire il momento giusto.
• Il saper attendere

Con l’effetto della globalizzazione tutto è accelerato per cui, secondo Rousseau, bisogna decelerare, apprendere
in modo graduale per avere un effetto positivo.

• La clinicità

L'insegnante deve saper unificare le funzioni cognitive con le funzioni affettive dotandosi di intelligenza-
sensibilità che guarda l’insegnamento-apprendimento come un processo ricco di risonanze affettive di
contraddizione, contrasti, luce e bagliori che necessitano di essere clinicamente affrontati e interpretati.

• La pluralità dei modi

Gli alunni hanno bisogno di proposte plurali che valorizzino le diverse forme di intelligenza con cui apprendono
e comprendono in modo differente. Si ha bisogno di strumenti di valutazione che forniscano informazioni
sull’identità cognitiva di ciascun alunno. È importante l’insegnamento individualizzato che non pone traguardi
uguali per tutti, riconoscere le competenze acquisite per potenziarle e descrivere le competenze reali.

• La progettualità

L’insegnante deve programmare l’attività didattica assumendo un corretto atteggiamento progettuale per favorire
gli obiettivi della formazione ed effettuare percorsi positivi. Sono infatti indispensabili:

1. comprensione della realtà come problematica e affronto delle questioni,


2. sapersi porre delle domande,
3. capacità di scegliere per raggiungere gli obiettivi,
4. saper proporre e incoraggiare,
5. valutare gli esiti raggiunti.
• La gradualità

Progettare le attività di apprendimento è un compito difficile, in quanto bisogna costruire un passo in avanti
rispetto a quello che il soggetto ha già appreso, che non sia troppo lungo per non creare delle difficoltà negli
studenti. Un insegnamento non graduato non suscita attenzione nei confronti di chi apprende in quanto è assente
da un criterio razionale in grado di trasmettere le conoscenze. Secondo Vygotskij occorre intervenire nella “zona
di sviluppo prossimale”, in cui l’alunno, sollecitato e accompagnato dall’adulto, apprende cose che da solo non
riuscirebbe ad apprendere. È importante evitare di fare salti troppo alti perché questo potrebbe sfavorire
l’apprendimento.

• La flessibilità

Per flessibilità didattica si intende allontanarsi dalla standardizzazione di metodi, contenuti e obiettivi per fornire
soluzioni idonee inedite e offrire agli alunni un metodo diverso da quello tradizionale. Per insegnamento flessibile
significa rimarcare l’attestazione di un docente che è maturo, professionale, capace di gestire l’imprevisto e che
non teme cambiamenti.
• L'efficacia

L’efficacia è la capacità di produrre l’effetto voluto. L’insegnante ha il compito di essere efficace e affinché un
insegnamento sia efficace è necessario il consenso dell’alunno. L’insuccesso scolastico non dipende solo dalla
mancanza di attitudine allo studio da parte del soggetto, ma può essere dipesa anche dall’azione di insegnamento
offerta. La difficoltà dell’insegnante consiste nel saper calibrare l’insegnamento sulle capacità di chi apprende per
creare un cambiamento e un esito positivo. L’insegnante che pratica efficacemente ricerca numerose possibilità e
diverse da quelle standard.

• L'esercizio

Oggi l’insegnamento ha il pericolo di dare agli alunni una quantità eccessiva di nozioni e di non dedicare tempo
sufficiente per l’esercitazione, la quale consiste nella ripetizione di un’attività che permette di acquisire abilità
manuali e conoscenze, favorendo e rafforzando l’apprendimento in un tempo non troppo prolungato.

• La continuità

Il termine continuità vuol dire “tenere insieme” e si applica sia nell'educare, e sia fra le scuole e fra gli altri luoghi,
in quanto diventa esigenza antitrauma nel passaggio tra gli ordini di scuola e tra luoghi educativi formali e non,
momenti in cui il soggetto affronta le maggiori difficoltà di adattamento e riadattamento all'istituzione, e dove
sono frequenti l’insuccesso e la selezione negativa, insieme alla bocciatura e alla drammaticità nel passaggio da
esperienza scolastica a mondo del lavoro. La formazione individuale ispirata al principio della continuità mette le
istituzioni educative che promuovono lo sviluppo unitario, il potenziamento d’integrità e la strutturazione della
personalità al servizio del soggetto, affinché le utilizzi per l'autorealizzazione personale. Discontinuità e
differenziazione corrispondono ai dati di una cultura tecnologica e teoria scientifica dell'apprendimento la cui
rivalutazione sta sia sulla teoria dell'apprendimento dell'istruzione. Il suo principio vede una scuola discontinua
rispetto alle modalità naturali dell'apprendimento che debanalizza la quotidianità e dove l'insegnare si intende
come mostrare, sia sulla teoria dello sviluppo formativo come integrazione personale, in quanto l'identificazione
presuppone le esperienze di sicurezza e frustrazione del soggetto, esperienze che rappresentano la condizione di
reintegrazione, resa possibile dalla differenziazione delle modalità dell'azione. La legge della continuità per
l’insegnante è la ricerca della congiunzione delle differenze cognitive ed emotivo-comportamentali che orienta
l’alunno favorendogli un personale itinerario di sviluppo, dove il processo educativo deve adattarsi ai suoi bisogni,
in modo da consentire le correzioni necessarie ai fini del suo percorso formativo, e all'uso della valutazione.

• La valutazione

Funzione principale sul piano dell'insegnamento è la valutazione didattica o regolativa il cui principio vede un
processo didattico in corso rilevi informazioni sull'attività di insegnamento, orientata all'assunzione di decisioni
per il perseguimento di determinati obiettivi. La valutazione, che investe il processo didattico in tutta la sua durata,
è lo strumento caratterizzato dalla descrizione continua del percorso, dalla rilevazione dell'andamento dei processi
di apprendimento-insegnamento, e dalla valutazione dell'attività didattica. Diventa mezzo di informazione e
formazione i cui risultati caratterizzano interventi educativo-didattici più appropriati ed efficaci, che offrano
esperienze significative in grado di favorire nei soggetti la predisposizione positiva ad apprendere conoscenze,
abilità e valori, innescando dinamiche di apprendimento nello studente per arricchirlo e permettergli di progettare
percorsi che generino un cambiamento disciplinare e una corretta persecuzione degli obiettivi prefissati nelle varie
situazioni formative.

• L'insegnante

Il lavoro dell'insegnante consiste in un insieme di pratiche didattiche scelte in base alle dinamiche di una
determinata situazione e la sua professionalità consiste nel prevedere, decidere e realizzare un'attività che possa
riguardare aspetti sociali con alti margini di imprevedibilità delle diverse situazioni, concentrandosi sulla
soluzione di casi particolari e aspirando a individuare regole adattabili agli scopi concreti di quell’azione. La
professionalità dell'insegnante è qualificata dalla singolarità e dalla puntualità del suo essere su misura della
situazione che si compie, configurandosi come produttore di conoscenze, da lui costruite con la partecipazione ad
attività e alla loro attribuzione di significati. Chi Insegna ha il dovere di riflettere sulla conoscenza, sulle sue forme
e sui suoi processi di acquisizione in quanto si occupa di innescarli, produrli, proteggerli e autenticarli. La
“sapienza didattica” degli insegnanti consiste nel saper trascrivere un certo contenuto in itinerari concreti di
apprendimento che passano dalle cose (contenuti dell'esperienza spontanea e fatti della vita) agli oggetti
(costruzioni della mediazione concettuale). Il mondo degli oggetti costituisce elementi che occupano l'intelligenza
e gli affetti dell'alunno che l'insegnamento deve rendere artefatti didattici per poter vivere la conoscenza in più
vasti orizzonti di senso. L'insegnante diventa maestro quando l'azione riguarda gli interessi del soggetto, ne
moltiplica le motivazioni, favorisce la voracità del sapere e riesce a trasmettere e promuovere il gusto e il piacere
di apprendere. Il contributo offerto dalla ricerca sull'insegnamento consiste nella presa di coscienza delle proprietà
dei contenuti insegnanti che ricontestualizzano e differenziano il lavoro di altre professioni da quello
dell'insegnante, la cui mediazione culturale non può essere riconducibile solo alla configurazione artistica perché
sarebbe schiacciata sul piano di una razionalità tecnologica oggi sempre più in agguato. I media infatti, sono
protagonisti attivi delle pratiche di negoziazione dei significati che garantiscono la trasmissione simbolica.

• Le competenze professionali

Il termine competenza indica la capacità di utilizzare conoscenze e strategie di controllo di determinate


performance all'interno di contesti di interazione, nel passaggio da una conoscenza inerte a un saper fare, nel saper
operare nell'incertezza e sapersi orientare in un settore di ambito disciplinare e valutare e operando con prudenza
ed inventiva. Per competenza didattica si intende, l’insieme di conoscenze teoriche e pratiche applicabili nelle
varie situazioni educative. Le conoscenze teoriche riguardano i saperi disciplinari, trasmessi correttamente
dall’insegnante, stabilendo relazioni fra i segmenti della conoscenza stessa e individuare gli interessi dello
studente in riferimento al contenuto, sia i saperi professionalizzanti, il come pensare correttamente l'insegnamento
attraverso teorie e principi generali. Le conoscenze pratiche trattano di un complesso di conoscenze acquisito con
l'azione del lavoro didattico e dalla memoria di immagini mentali rispetto ad osservazioni ed esercitazioni
didattiche in classe. L'insegnante, come pratico riflessivo, deve essere capace nel problem-setting, servendosi di
una vasta gamma di conoscenze e dei diversi di punti di vista. Per l'approccio risolutivo nella pratica di
insegnamento, nonostante stia nell'improvvisazione, i docenti rispondono a quello che la situazione stessa offre
loro con una forma di attività molto simile al concetto di bricolage che, potrebbe anche fungere da strumento
euristico, rendendo più chiare gli elementi del lavoro dell'insegnante il quale richiede intuizione, creatività,
improvvisazione per offrire risposte alle circostanze. Tuttavia, l'attivazione di strategie di sopravvivenza non deve
diventare quotidiano; si deve dare valore all’abilità di decidere in modo coerente e responsabile, con principi e
criteri adatti al bene degli studenti.

Le macro-abilità dell'’insegnante:

1. La capacità di saper leggere la realtà della classe e le sue dinamiche sociali e relazionali e di avvertire
affrontare i problemi per ricavare conoscenze e indicazioni utili ad agire sui problemi attraverso la
memoria professionale, la quale sviluppa le conoscenze pratiche dell'insegnante, la capacità di utilizzo
delle conoscenze sul come fare le cose e la consapevolezza delle proprie credenze.
2. Il tatto relazionale per valorizzare la relazione odierna in classe, insegnando a vivere bene le proprie
emozioni per favorire auto consapevolezza dei propri sentimenti, auto motivazione ed empatia,
comunicare esprimendo le proprie difficoltà, chiedendo aiuto, ascoltando, collaborando, e fondere la
logica dell'insegnamento incentrata sull’intelligente con la logica dell'apprendimento centrata sulla
persona.
3. La competenza retorica, come modalità di lealtà e capacità di attivare potenzialità combinatoria e
creatività del docente, serve alla facile comprensione dello studente, a guadagnarne l'adesione e
consolidare l'unità del soggetto ascoltatore. L'insegnante lascia spazio alla valutazione critica, di indagine
e decisione personale allo studente, interlocutore attivo e un interprete personale.
4. La collaborazione fattiva con i colleghi, basata sulla capacità di adattamento e flessibilità al contesto
operativo che nella concezione dell'apprendere la socializzazione, hanno un ruolo importante l’impegno
reciproco, l’impresa comune e un repertorio condiviso per sviluppare la conoscenza professionale
pertinente al contesto informativo e formativo, e per configurare il mestiere dell'insegnante come una
vasta gamma di attività lavorative e sociali.
5. La finezza metodologica per far conoscere la scuola sotto il profilo ideale dell’organizzazione perfetta,
dell'efficienza, e sotto quello delle zone d'ombra, facendo fronte alle diverse esigenze e alle differenti
caratteristiche dello studente, organizzando molti modi di insegnare compatibili con tali caratteristiche
in modo da soddisfare le necessità umane di conoscenza, comprensione e comunicazione e le necessità
culturali dei soggetti.

Si promuovono la costruzione di percorsi funzionali ai contenuti calibrati sui destinatari nelle condizioni idonee
alla classe per condurre gli alunni al massimo rendimento con un ottimo risultato e minimo sforzo e dare loro
valori e modelli di comportamento che favoriscano l'autonomia, la formazione ed il senso di idoneità; una nuova
valorizzazione della continuità didattica ed educativa che include aspetti di discontinuità e cambiamento per un
imparare desiderando di continuare ad imparare; il favorire la motivazione attraverso la valutazione;
l’applicazione della pratica riflessiva come modalità di briefing per “rivedersi” nel contesto didattico. L'insegnante
si fa maestro quando il suo essere autentico con genuinità, lealtà e dedizione al bene nel rapporto con se stesso e
gli altri, consente di essere generatore di altrettanta autenticità nel rapporto educativo e formativo nello studente.

• Lo studente

Lo studente nell’insegnare-apprendere richiama l'attenzione ai modi in cui si presenta la diversità e la variabilità


individuale del soggetto in apprendimento che interpreta e apprende la realtà attraverso un'attività cognitiva
personale per collegamento e organizzazione delle conoscenze. Secondo Ausubel, il soggetto arriva a nuovi saperi
quando collegati a saperi consolidati in lui e si inseriscono nella rappresentazione della realtà che egli ha già
elaborato e metabolizzato. Lo studente deve aver sviluppato la propria capacità intellettuale in base al suo compito,
all’attivazione di processi cognitivi funzionali con le varie operazioni e deve essere motivato nell'azione
dell’apprendere. La presa di coscienza di lacune o erroneità produce una situazione di conflitto cognitivo, dove la
motivazione cerca di riportare la stabilità, incentrata solitamente

→ sull'approvazione dell'insegnante che è visto come mezzo per uno scopo,


→ sul compito, in quanto considerata attività che occupa l'interesse del soggetto,
→ sull’io, in quanto è determinato dalla spinta di dimostrare la propria abilità.

L’insegante deve inserire nell’alunno il gusto di imparare attraverso procedure dell'intuire, dello scoprire, del
cercare e dell’inventare. Per Berlyne le condizioni ottimali della motivazione intrinseca, percettiva ed epistemica,
dipendono dallo stato dell'organismo e dalle caratteristiche degli stimoli esterni che attivano uno stato di curiosità
che permette di superare l'incertezza con la ricerca di nuove informazioni, innescate dal docente. Alternativa alla
creazione del conflitto concettuale è data dallo stato di sufficiente maturazione bio-psicologica e di possesso di
esperienza cognitiva e socio-affettiva, per affrontare apprendimenti specifici mediante l'osservazione o scale
oggettive di valutazione (questionari e test di intelligenza).

La cultura della curiosità epistemologica assume un'importanza centrale perché affina in ciascun oggetto la
capacità di discernere l'autentico dal falso, processo che si avvia quando si analizzano segni che vanno oltre il
significato degli oggetti. Secondo la fatica dell’apprendere, è importante acquisire dinamiche che permettano al
giovane di oggi di padroneggiare i propri processi di apprendimento con volontà e desiderio di continuare a
imparare. La psicopedagogia vede il giovane consapevole dei suoi processi di pensiero quando è invitato
dall'insegnante ad essere consapevole della materia studiata, del proprio modo di apprendere e pensare e sul modo
di affrontare il lavoro studio non lasciandosi fuorviare dagli insuccessi, tollerando le frustrazioni e le difficoltà
che si incontrano nel corso dell'apprendimento. In una società odierna dove l’intelligenza superiore consiste nel
liberarsi delle informazioni, si deve ritenere importante imparare ad imparare poiché, attraverso l’arte dell'oblio,
permette di scegliere il proprio modo di essere e di situarsi nel mondo attraverso la dotazione individuale e
collettiva dell’intelligenza e del sistema di valori a cui il soggetto stesso fa riferimento.
• Gli apprendimenti essenziali

Nell'insegnamento ci sono tre tipi di apprendimento:

1. L'apprendimento cognitivo, insegnamento che conferisce ordine logico e sequenziale alle procedure di
un dato repertorio informativo per far acquisire conoscenza esplicitando allo studente le operazioni
mentali richieste per la soluzione di un compito, ed educarlo ad elaborare i pensieri. Il compito
dell'insegnante si incentra sull’attenzione di aspetti che possano pilotare i procedimenti, sulla
problematizzazione, formulazione di ipotesi e riflessione, scansione procedurale corretta, e sistemazione
progressiva e della verifica, sollecitando la spontaneità dell’apprendere nello studente (Lifelong
learning). Lo studente deve imparare a costruirsi un sapere attraverso un'attività mentale personale che
va al di là della semplice memorizzazione di idee, nozioni e parole.
2. L'apprendimento abilitativo vede nelle principali funzioni del docente quella di presentarsi come modello
e testimone di studio-fatica, di esercitare un'azione di accompagnamento e controllo, e di fare seguire
esercizi semplici in modo da creare condizioni di apprendistato vissute dallo studente, il quale presta
attenzione a che cosa imparare a fare (learning by doing), imitando, ripetendo, prendendo l'iniziativa.
3. L'apprendimento valoriale è un insegnamento che si incarica di far crescere gli studenti in quanto
persone. Nello studente le funzioni riguardano libertà di espressione, responsabilità, sviluppo di
autonomia e creatività, sapersi valutare. Il compito dell'insegnante offre un sapere di qualità morali
radicate nei principi costituzionali, mostrando il valore educativo delle discipline. Ogni azione di
insegnamento appare una sollecitazione rivolta a chi apprende per dare testimonianza della propria
umanità che riconosce e accetta della diversità di ciascuno.
• Il contesto

Per contesto si intende il quadro socio culturale e organizzativo dove ha luogo l’evento interattivo
dell’insegnamento-apprendimento, che offre risorse per la sua realizzazione ed arricchito e modificato grazie agli
interventi di tutti i partecipanti, gli alunni, che apprendono tutto ciò che gli insegnanti chiedono loro.

• L'aula

L'aula è il luogo dell’evento socio-istruzionale-educativo dove sono disposti banchi, lavagne, cattedre, un
contenitore di attività che si svolgono, uno strumento di socializzazione, e definisce pratiche sia individuali che
collettive fra i partecipanti. L'aula ha come oggetto di apprendimento la rappresentazione della realtà, diversa
dall’esperienza diretta e nella quale l'osservazione delle cose che divengono oggetti consente una lettura analitica
dei loro diversi atti. I tratti qualificativi dell'insegnamento d'aula sono

▪ il rigore metodologico e procedurale,


▪ la propensione per le conoscenze ruotanti attorno ai saperi disciplinari,
▪ una selezione degli elementi principali
▪ lo sviluppo di una più matura capacità metacognitiva.

Per imparare, il soggetto deve riuscire a giudicare l’adeguatezza di un approccio ad un determinato problema, per
cui la didattica d'aula dovrebbe concentrare i suoi sforzi nel preparare gli alunni ad essere capaci di imparare ad
adattarsi.

L'insegnante deve:

→ saper riflettere su dati ed operazioni che si compiono,


→ sapere che cosa si sa e cosa non si sa,
→ scegliere una strategia adeguata ad ogni compito,
→ ricercare le informazioni utili,
→ sviluppare le funzioni di monitoraggio e automonitoraggio destinando l’alunno alla consapevolezza
di quello che sta facendo e di quanto è opportuno farlo e fornendo una buona teoria della mente.
La classe si configura comunità di apprendimento tra persone che collaborano e condividono conoscenze, regole,
comportamenti e valori, e stabiliscono modalità di comunicazione e reti di relazioni interpersonali. Per
l’apprendimento sociale Resnick favorisce una nuova concettualizzazione che enfatizza la dimensione sociale, il
modello di insegnante e la partecipazione dello studente in una comunità di apprendimento, contesto di linguaggi,
relazioni, moralità, strumenti e valori. Nell'aula ciò che si apprende è legato ai luoghi in cui si manifestano le
azioni sociali e le pratiche culturali di gruppo. Utile è reimpostare l'attività didattica tradizionale, riscoprendo la
rilevanza dell'apprendimento in aula attraverso confronto, discussione e dialogo, rispetto a quello dello studio
individuale, e dove il delicato compito dell'insegnante è in grado di definire senso, procedure e criteri di
valutazione ma col rischio di limitarsi a considerare le relazioni interpersonali come aspetti secondari.

• Il clima sociale

Il clima sociale in un contesto di insegnamento-apprendimento, che considera il processo di prefabbricazione


dell’individuo di Goffmann, non porta il processo di trasmissione ad essere oggetto di azione consapevole da parte
del docente, né di occasione per creare condizioni di lavoro di gruppo, portando a non considerare gli effetti degli
stessi sul piano degli apprendimenti relazionali, emotivi e sociali. Importante è la gestione dell'ambiente aula dove
sono adottate modalità di gestione in base a ruolo e funzione dell'insegnante, sia nel momento della lezione, sia
quando l'attività risulta informale e libera. L’importanza sta nel governare sistemi di regole delle interazioni di
insegnamento-apprendimento della classe che costituiscono strumenti quotidiani della scuola per formare il
patrimonio culturale usato per trasmettere alle generazioni successive le conoscenze e i modi specifici di
organizzarle assieme alle menti degli alunni, e strumenti che inseganti e studenti reinterpretano per esercitare
concretamente i ruoli e soddisfare agli obblighi reciproci.

L'insegnante interagisce con gli studenti nella ricerca sulla relazione didattico educativa attraverso la dimensione
emozionale e del controllo.

1) L’incontro affettivo si manifesta con i modi di relazione del docente che esprimono una valutazione sul
comportamento dello studente.
a) Se gli alunni si sentono trattati come degli oggetti percepiscono che l'insegnante non si
preoccupa delle loro emozioni e non presta attenzione alle loro idee e interagiscono in modo
difensivo o reattivo (superficialità del rapporto, apprezzamento frettoloso, distanza relazionale);
b) Se l'insegnante cerca di assumere punti di vista analoghi a quelli dei giovani, gli studenti si
sentono disposti ad interagire positivamente favorendo forme di coinvolgimento in modo da
crescere e stimolare il soggetto che apprende, alla scoperta e l'accettazione di sé e dell'altro
(attenzione della persona, rispetto per l'altro, calore umano). L'insegnante all'interno della classe
sollecita, sostiene ed orienta le varie attività degli studenti, e favorisce scambio, collaborazione
e confronto.
2) La dimensione del controllo fa riferimento a ciò che determina i confini fra insegnante e studente.
a) favorire l'esperienza di regola, con l'alunno direttamente coinvolto in situazioni ricche di valori
e significati, suscitando la percezione positiva e il desiderio di coinvolgimento e sviluppo.
b) persuasione tramite lealtà intellettuale, onestà critica e apertura al nuovo e al diverso, la quale
influisce sul mondo interiore del giovane.
c) testimonianza dell'insegnante che attesta, con il suo comportamento, l'adesione verso valori che
riguardano giustificazioni teoriche, coscienza, formazione personale e scelte di vita.

La forma della libertà morale, di cui l'insegnante è portatore, si rivela guida per l'esercizio pratico e l'esperienza
responsabile della capacità di scelta motivata. Tramite la relazione che si realizza in contesti nei quali si ricerca
insieme, mediante la discussione franca e l'approfondimento critico, si coglie il sapere facendo godere del bello
del conoscere. La relazione docente-studente delinea un lavoro didattico educativo in cui le persone interessate
dovrebbero trovare l'opportunità concreta di relazionarsi attraverso riflessioni ispirate a principi di libertà, nel
rispetto di ruoli e con interventi che tendono a cambiare le situazioni in modi educativi.

• Il laboratorio
La parola laboratorio è quel sapere complesso che abbraccia ideazione e realizzazione, che valorizza il legame
mente-mano, genera l'interazione tra pensiero e azione, e comprende le capacità procedurali della mente che
rientrano nella categoria del fare nell'uso quotidiano. Per laboratorio nella scuola si intende il luogo attrezzato ad
attività di elaborazione invenzione delle conoscenze che alimenta il gusto e il piacere di imparare. Il suo scopo è
disegnare un percorso teorico e pratico che fondendosi realizzano un prodotto favorendo forme di approccio
idonee ad offrire esperienze pratiche e operative, consentire una maggiore libertà immaginativa e creativa, e
facendo sì che il soggetto sia sempre più capace di fare e incontrare sapere di vita che hanno come modello quello
delle antiche botteghe artigiane. (Breve insegnamento del maestro e l'osservazione dell'apprendista). All'interno
di un laboratorio il saper fare provoca occasioni per esercitarsi a progettare, favorire situazioni che offrono
opportunità di imparare ad applicare e produrre, creare opportunità per sperimentare condizioni di feedback
fondati su osservazione, descrizione e analisi delle diverse abilità operative impiegate. I laboratori dell'ambiente
formativo sono in sincronia con il processo di socializzazione e alfabetizzazione dei giovani e in particolare di
quelli con problemi, che chiedono di stare con gli altri e di poter utilizzare tutti i codici della comunicazione.

• Il laboratorio-classe multiculturale

La formazione del laboratorio-classe multiculturale è uno dei principali obiettivi della scuola di oggi che sollecita
il soggetto ad affinare capacità di decentrarsi dal proprio punto di vista, entrare nella mentalità degli altri, rendere
visibili la creatività alla ricchezza che caratterizzano forme di pensiero molteplici. Occorre usare nell’alunno il
senso di appartenenza ad una comunità e far scoprire quanto la conoscenza dell'altro sia ricchezza per la propria
crescita. In questa apertura la ragione occidentale avrebbe modo di esercitare capacità di autoformazione in
riferimento ad ipotesi di interpretazione di diversi mondi attraverso principi egualitari e confronto fra i gruppi
culturali, sviluppando l'interazione che insegna la relazione. Occorre costruire una vera e propria macchina
didattica che crei occasioni per riconoscere la diversità, osservarla, studiarla e compararla ai nostri stili di vita per
ricevere input necessari ad acquisire nuovi modi di leggere il mondo, valorizzando situazioni di vita scolastica
che fortifichino reciprocità, dialogo e comprensione per sollecitare rapporti di amicizia ed esperienze umane
positive. Utile è l'ascolto degli altri con disponibilità cognitivo-emozionale e il metodo del confronto. in questa
prospettiva la classe scolastica si configura come reale laboratorio per una didattica disciplinare suscita interesse
dell’alunno italiano nei riguardi delle altre culture e indirizza l'attenzione degli stessi docenti sui rapporti
interpersonali e sul tema della diversità. Nel mondo contemporaneo compito della scuola è neutralizzare la
dimensionalità e l'autoritarismo implicito nei mezzi di informazione coerente per attuare un uso della mente che
ne rispetta il polimorfismo. Ricchezza complessità sono fondamentali per le esperienze e gli incontri sia con
persone in carne ed ossa, che con molti personaggi delle fiabe o del teatro, dai quali possiamo ricevere un impulso
che ci permetta aprire nuovi mondi e infondere idee, passioni e sensazioni, contatto che provoca emozioni e
sentimenti che si riverberano sulla formazione del carattere di ciascuno noi.

• La scuola nel territorio

La società ha circoscritto il luogo della scuola per insegnare, apprendere i simboli, i linguaggi e i comportamenti
richiesti dalla vita, dove viene svolto un lavoro intellettuale che comporta riflessione e ragionamento, e nel quale
si sviluppano conoscenze culturali condivise che consentono al popolo di funzionare come una vera società. La
scuola ricostruisce e traspone l'oggetto culturale mediante il sistema di segni pertinenti agli obiettivi perseguiti
nell'attività educativa in riferimento ai soggetti da formare. Le operazioni che ricontestualizzano in ambito
educativo scolastico i contenuti selezionati dalla società, sono la concentrazione spaziotemporale (interventi
sull'oggetto di studio finalizzati ad essere collocati nella dimensione propria della situazione scolastica) e la
simulazione che comporta distanza dalla realtà per facilitare il processo di assimilazione e di cambiamento che
l'insegnamento si propone. La mediazione scolastica si effettua in riferimento ad un alunno virtuale per il quale
l'insegnamento scolastico prepara ad affrontare in un luogo protetto le difficoltà della vita, valorizzando il pensiero
senza l'ausilio di strumenti materiali, rendendo possibile la competenza essenziale per l'affermarsi del soggetto
nella capacità di analisi e generalizzazione, il cui apprendimento è basato sull'attività simbolica. La scuola:
• come spazio per fare esperienza di potenziamento delle capacità personali di interpretazione,
comprensione, ricerca, scoperta e produzione;
• come ambito per dare valore alla vita cognitiva nel passaggio da sapere comune a sapere scientifico;
• come ambiente creativo della libertà metodologica e del confronto fra le soluzioni;
• come luogo di umanità rispetto alle figure dell'efficienza istruttiva.

L’idea del rapporto tra scuola ed ambiente e realtà, si esprime come fine della concezione della scuola, in quanto
è luogo autonomo rispetto agli altri del sistema socio culturale. Oggi l'attenzione al territorio contestualizzata
nell’autonomia scolastica si configura come apertura verso istituzioni, forze sociali economiche e imprenditoriali
della comunità territoriale, ma anche come riferimento su cui ricalibrare e progettare i suoi curriculi in funzione
dei dati conoscitivi delle possibilità di esperienza e delle pratiche culturali. Una scuola che guarda al territorio è
modello di organizzazione di una scuola responsabile di organizzare l'apprendimento con bisogni della comunità
di appartenenza e dei singoli cittadini, e permette condizioni che garantiscano il diritto allo studio. L'introduzione
nel sistema scolastico italiano del regime di autonomia diventa un'occasione ghiotta per rilanciare la formazione
nella scuola intorno ai valori della cultura, dell'impegno etico-civile della persona. le modalità realizzative del
possibile rapporto sulla contestualizzazione dell'intervento didattico, dove le dichiarazioni di principio vanno
calate nella realtà dell’alunno, su quello dell'appartenenza, dove si riconosce l'importanza del territorio di
appartenenza con le risorse sociali istituzionali e culturali. Si delinea reciprocità fra la cultura scolastica e del
territorio secondo linee complementari nelle rispettive risorse educative. La scuola deve considerare il territorio
come luogo di conoscenza, esplorazione, scoperta della storia delle tradizioni locali, come ambiente da rispettare
migliorare. Ecco allora profilarsi quella cultura che giovani devono potenziare in un nuovo umanesimo per
diffondere le molteplici culture in una sintesi volta ad esprimere compiutamente l'essere umano. Va auspicata
necessità di politiche locali fra scuola e territorio attente all'interazione fra opportunità pubbliche e private. Il
sorgere di una scuola concerta una cooperazione aperta e plurima con la città concentrando e omogeneizzando le
influenze e rendendo compatibili orientamenti e visioni differenti. La scuola del futuro deve saper partire dal
contesto in cui è inserita per attingere ad una prospettiva universale per schiudere gli sguardi delle giovani
generazioni verso orizzonti internazionali.

• I contenuti

Importante è nel millennio odierno portare il problema dalla quantità alla qualità e ricercare il senso
dell'apprendere attraverso i contenuti, funzioni specifiche dell'insegnamento, metodologie e strumenti essenziali
applicate in un contesto socio culturale, divise per conoscenze, abilità e competenze, e valori.

1. Le conoscenze sono la meta del terzo millennio in quanto la loro essenzialità punta sul recupero di
metodologie e alla cura della costruzione di significati, insegnare le procedure dove la disciplina di studio
produce le sue rappresentazioni della realtà, mirare a d'un approccio critico che apre al pensiero
multidimensionale che vede la scienza come unico paradigma del sapere. In riferimento al sapere, la vera
finalità del processo didattico-educativo nel sistema dell'aula, consiste nella acquisizione di conoscenze,
nella capacità di interrogarsi attraverso le giuste domande.
2. Le abilità e le competenze caratterizzano il modo con cui si sanno comunicare le proprie idee, i propri
sentimenti nella completezza della loro manifestazione, esprimersi e comportarsi adeguatamente, saper
chiedere spiegazioni. Importante risulta la progettazione di forme di intervento diretta a promuoverne lo
sviluppo e l'affinamento. Le variabili affettivo-motivazionali aiutano a spiegare la diversità delle
prestazioni nei compiti di apprendimento. In esse rientrano abilità emozionali come la motivazione al
successo e alla competenza, l'atteggiamento verso lo studio o le attribuzioni delle cause dell'insuccesso.
Questo tipo di trasmissione dei saperi è frutto di una incubazione lenta del sistema esistente di
rappresentazione della realtà.
3. I valori occupano un posto rilevante nella riflessione, nella memoria e nella ricerca della verità.
L'educazione non va confusa con l'istruzione; pertanto l'insegnante è chiamato ad avere consapevolezza
che le conoscenze hanno valore educativo se fanno parte del vivere, e che l'educazione è una proposta di
vita carica di senso.
Compito della scuola è trasmettere un sapere in grado di stimolane consapevolezza, riflessone e criticità nello
studente che, attraverso i propri interrogativi sulle ragioni di studio, deve imparare a discernere le conoscenze a
seconda della propria capacità di giudizio che richiede il contesto. L'apprendimento ha senso e valore in quanto
esperienza personale, le cui nozioni si basano sulla cultura; i comportamenti devono esprimersi attraverso le
attestazioni; il guadagno conseguibile attraverso percorsi o processi non è surrogabile con quello reso disponibile
mediante trasmissioni o procedente falsamente accolte.

Capitolo tre

• Il campo

Il temine didattica ha subito un processo di risemantizzazione acquisendo un significato molto ampio. Inizialmente
era intesa come la riflessione sull’insieme delle azioni intenzionali di un docente per realizzare l'apprendimento
di uno studente, poi è stata centrata sull'opera del docente-maestro ed è stato riconosciuto lo studio delle condizioni
influenzabili dell'insegnamento, si è affermata la prospettiva centrata sul corso della vita per cui vanno considerati
cambiamenti evolutivi che le persone manifestano da sempre. Si è passati ad un sistema formativo policentrico,
fondato sul modello cronotopico e modale dell'educare dove l’insegnare-apprendere è un processo lifelong, i cui
destinatari sono anche gli adulti. L'attenzione al problema didattico porta ad una perdita della pedagogia del
controllo di molte attività educative e di eventi formativi. L'elaborazione del concetto di formazione viene situato
fuori dalle sedi tradizionali. La didattica vede nascere il proprio campo nei processi di trasmissione culturale che
avvengono sia nella scuola che fuori. Rispetto alle teorizzazioni e agli interventi delle nuove istituzioni, la ricerca
didattica avverte disagio e marginalità attribuite alla propria carenza di formazione. Una riflessione
sull'insegnamento oggi può considerare quello scolastico abbracciando tutto il campo della sua estensione, la
pluralità dei luoghi di apprendimento.

• La scuola

La scuola è la sede centrale della socializzazione secondaria, (primaria è svolta dalla famiglia), sia di trasmissione
di conoscenze legittimate socialmente, scientificamente significative e rilevanti in senso storico-culturale. Per
molti studiosi la funzione della didattica scolastica è nel trasmettere conoscenze e nel rendere autonomo il
processo di acquisizione per promuovere nel soggetto “l'imparare ad imparare”, per cui occorre trovare modalità
in grado di sviluppare le capacità metacognitive. Flavel introduce il concetto di metacognizione indicando due
ambiti specifici:

• la consapevolezza delle conoscenze e dei processi delle strategie cognitive possedute;


• la capacità di autoregolazione o controllo degli stessi processi delle strategie cognitive implicate nei
compiti da affrontare.

Una scuola senza un chiaro compito astrologico che interagirebbe positivamente con quanto l'extra-scuola può
offrire in termini culturali ed educativi, affidandole ogni azione di formazione. In tanti giovani di oggi è facile
riscontrare atteggiamenti di comportamenti indotti da modelli socio-culturali dominanti. Nell’odierna
aggregazione di carattere informale c'è la preoccupazione dello stare insieme, piuttosto che quella del progettare
qualcosa in comune. Senza una propria autonomia positiva sul piano sociologico, la scuola si fa specchio del
sistema di valori che vengono dall'esterno e per questo la didattica scolastica deve educare e promuovere valori
inerenti alla persona. Oggi alla scuola si richiede una migliore qualità dell'Istruzione, tutela della persona e rispetto
reciproco basato sul riconoscimento di regole comuni e di rafforzare la soggettività personale. Il fare scuola deve
promuovere nel soggetto il sapere e il sapere di sapere, il saper essere se stesso e con gli altri, sviluppando così
obiettivi della socializzazione (capacità di accettazione e riconoscimento della diversità). La scuola deve cercare
di aiutare ed approfondire il senso della mediazione alla base della società e a far capire le ragioni di democrazia
e solidarietà in rapporto alla crescita personale e comunitaria, valorizzando situazioni di vita scolastica che
sollecitino esperienze umane positive.
Gli obiettivi della metacognitività

• la capacità di saper riflettere su operazioni mentali o materiali,


• prevedere le proprie capacità di memorizzazione,
• saper ricercare le informazioni per risolvere i problemi
• usare strategie adeguate al compito;
• lo sviluppo delle funzioni di monitoring nella pianificazione di tutte le diverse dimensioni dell'attività
cognitiva;
• favorire negli studenti la costruzione di prospettive sulle cose per imparare a servirsi della propria
intelligenza e qualificare la propria esistenza come evento propriamente umano.

In riferimento ai contenuti, esistono conoscenze attorno a saperi linguistici, storici, scientifici e artistici.
L'organizzazione si incentra sulla predisposizione di uno spazio organizzato in un lasso di tempo che prevede un
totale di ore con pomeriggi scolastici. Utile è attivare una rete di aree specializzate mono-disciplinari con
laboratori, per elaborare le conoscenze e l’alfabetizzazione personalizzata, sia per la padronanza delle competenze
elementari, che per la padronanza delle competenze di osservazione di significati (scoperta, autonomia, creatività).
Flessibilità e modularità della metodologia ottimizzano i risultati di tutti gli studenti rispondendo agli obiettivi di
educazione sociale, poiché in grado di suscitare esperienza di partecipazione e collaborazione e favorire il lavoro
di gruppo fra gli insegnanti per progettare, condurre e verificare le attività programmate, e di educazione
metacognitiva, in quanto abilità di studio che facilita l'apprendimento attraverso il porre domande, mettere a fuoco
punti essenziali, per esempio, di un brano. L'elaborazione dei concetti si caratterizza con il linguaggio
dell'astrazione. Le strategie metacognitive sono presenti nel comportamento verbale del docente e l'azione
didattica si immerge nel solvente sociale e relazionale, per cui le indicazioni operative ricorrono

• a situazioni di natura dialogica (socializzazione delle soluzioni),


• all'utilizzo di contesti di gioco e di esperienza di lavoro,
• all'elaborazione di materiali-stimolo adatti all'applicazione della socializzazione,
• all'atteggiamento di insegnamento che offre regole di ricerca,
• alla capacità maieutico-interrogativa con l'intervento didattico basato sulla padronanza degli elementi
professionali che lo compongono, con atteggiamenti di sensibilità e disponibilità autentica.

La scuola è risorsa essenziale del libero sviluppo personale per la crescita socio-economica-culturale-civica del
paese, rafforzando la sua posizione di formazione di alto profilo.

• L'extrascolastico

Sotto il profilo pedagogico rappresentativo e indicativo della società odierna è l’extrascolastico, differente
dall’ambito scolastico e universitario. L'insegnamento informale istituzionalizzato e controllato costituisce il
modello educativo dominante. L'educazione informale è un processo non strutturato grazie al quale si maturano
conoscenze e attitudini attraverso le esperienze con gli altri, un'educazione che si configura come attività di
apprendimento fuori dal sistema tradizionale formale. L'extra scolastico può includere le istituzioni educative
come la famiglia e la chiesa, dove avvengono socializzazioni delle relazioni affettive e dei contagi emotivi; gli
ambienti non-formali dove i molteplici luoghi dell'istruire hanno norme che li regolano e finalità che li legittimano
e che trasmettono simboli caratteristici; e poi l'informale vede un'azione di inculturazione esterna alle sedi
canoniche dell'Istruzione che trasmette conoscenze, saperi, linguaggi, il cui punto di forza è l’integrazione
reciproca identificata con la vita pubblica. La vita di ogni giorno e la molteplicità dei tempi del vivere sociale
possono costituire il contesto didattico che promuova la capacità di apprendimento in riferimento al contesto
sociale e culturale offerto da ogni città per i cittadini. Si può far rientrare nell'attività di insegnamento qualunque
attività nel corso della quale vi sia anzitutto chi insegna e chi impara, e per far sì che essa assuma rilevanza e
specificità, è necessario che sia localizzata in una dimensione spaziale storicizzata considerata in un certo
momento dello sviluppo di un di una determinata società. In questa configurazione l'extra-scuola assume un
potenziale ruolo formativo assegnato a un'ampia rete di occasioni, mezzi, strutture, strumenti, in una visione che
si contempla nell'organizzazione sociale come riferimento accreditabile all'azione didattica. Gli apporti sui vari
modi di promuovere la cultura e la formazione dei diversi luoghi, possono facilitare la ricostruzione di una mappa
dei tratti teorici e operativi qualificanti della didattica che può trovare motivi per un ampliamento tematico e un
ulteriore approfondimento teorico del suo apparato epistemico ed epistemologico, o semplicemente per
un’apertura a nuovi interessi di ricerca. L'indagine può portare a un aiuto reciproco in prospettiva sinergica fra le
varie sedi dell'Istruzione che devono riuscire a corrispondere alle attese che provengono oggi dal mondo
dell'apprendimento per non cadere nella neo descolarizzazione. Una bozza del campo sufficientemente articolato
delle forme di insegnamento intenzionale e sistematico, riguardano tutti i luoghi dove le attività Creative si
trasformano in contenuti culturali, gli apprendimenti estetici vengono disciplinati e che si impegnano, a fianco
della famiglia e della scuola, per la fruizione delle forme degli oggetti di cultura presenti nel macro-contesto
territoriale. Queste caratteristiche generali della didattica dell’extrascuola indipendentemente dai contesti specifici
hanno regole prescritte che condizionano la realizzazione delle corrispettive didattiche.

• La didattica extrascolastica

La didattica extra scolastica indica tutte le forme di insegnamento che producono apprendimento secondo
obiettivi, modi e contenuti intorno ad abilità generali e di specifici ambiti di conoscenza e interpretazione. È
regolata dall’assunzione di impegni e dalla possibilità di un'autovalutazione interna, coinvolge soggetti come
risultato della condivisione sociale dei compiti, si focalizza sulla percezione del valore delle esperienze che
determinano esiti formativi. La didattica dell’extra-scuola rientra negli eventi esaminabili sotto l'aspetto
dell'offerta ricca di contenuti e valori gratuiti e no-profit, interessata ad una restituzione raddoppiata. Non si deve
confondere la propositività con l'intrusività. In prospettiva progettuale gli obiettivi sono situati

• sul piano cognitivo, desta il gusto della novità come sfida, suscita curiosità conoscitiva plurale e sviluppa
un rapporto tra fare e pensare;
• sul piano affettivo-espressivo, manifesta sentimenti rendendo i giovani capaci di sviluppare gusti
polivalenti;
• sul piano sociale per incoraggiare la socializzazione spontanea;
• sul piano fisico-corporeo per soddisfare il bisogno di movimento e gioco.

I contenuti riguardano

→ conoscenze attuali e problematiche,


→ i nuovi codici informatici e mass-mediologici caratterizzati da fluidità e coinvolgimento per dare
attenzione alla complessità delle situazioni e una sensibilità alla pluridimensionalità degli esiti a livello
di elaborazione personale;
→ l'informalità come opportunità per lo spontaneo non verbale,
→ la condivisione delle attività,
→ la comunicatività, il cui clima permette il perseguimento di scopi soggettivamente significativi come
luogo di relazione interpersonale e di esperienza coinvolgente,
→ la multiformità di approcci all'analisi che privilegia la discussione collettiva di esperienze e il lavoro di
gruppo compiendo un’azione stimolante e sostenitrice;
→ i tempi non continui, funzionali a un'utenza differenziata e congruenti con i bisogni di apprendimento
dei singoli,
→ gli spazi all'interno del territorio come le officine e i laboratori di ricerca che soddisfano la sessione
creativa,
→ le attenzioni per l'impiego di strumenti che richiamano e valorizzano i vissuti e stimolano livelli diversi
di rappresentazione.

Per le modalità valutative l'operatore spinge i soggetti ad interrogarsi sugli effetti delle loro azioni e scelte sia
livello individuale che collettivo. La verifica compiuta su di sé favorisce l'esercizio della consapevolezza dei
cambiamenti da assumere e dei traguardi da raggiungere.
• La didattica negli istituti museali

Esempio di una didattica non-formale lo troviamo negli istituti museali. Un museo non fa né mediazione culturale
né didattica quando mostra gli oggetti in un contesto di esposizione con informazioni per lo più nascoste,
abbandonando i visitatori in percezioni approssimative. Porre gli oggetti in condizioni ottimali di leggibilità, con
illustrazioni o didascalie utili a contestualizzarli, significa fare mediazione culturale. Quello che si vuole rilevare
è l'impegno per una didattica nei musei, che vanno considerati luoghi di apprendimento per tutti i soggetti che
sollecitano nuove forme di approccio, in grado di dare esperienze in presa diretta e favorire maggiore libertà
interpretativa. Durante l'incontro col bene museale, il visitatore entra in rapporto con il gusto individuale che gli
permette di elaborare un primo progetto di senso, che porta a contemplare lo stesso. Questa contemplazione
permette di cogliere il principio per cui l’oggetto è stato collocato in quel determinato punto e ordine,
condizionando il visitatore sul piano cognitivo, emotivo, estetico, morale, sociale e civile.

Le condizioni fondamentali per creare una didattica museale richiedono una riprogettazione dei musei, la
ridefinizione e il rilancio delle sezioni didattiche. Poiché l'istituto museale si configura solo come contenitore di
oggetti esposti e la cura della conservazione e della catalogazione si contrasta un po’ con la funzione comunicativa
e didattica, una disposizione degli oggetti costruita dal museo, da qualche anno un insieme di idee nuove e
proposte originali hanno rivoluzionato gli istituti museali che si sono dedicati alle attività di merchandising,
esercitando un forte appeal sulla gente.

Le fasi fondamentali per un giusto itinerario di didattica museale:

→ Riconoscimento del bene come documento di valore di testimonianza storica,


→ Apprezzamento e primo godimento in cui si guarda l'opera e si esprime con i propri sensi,
→ Conoscenza-studio-comprensione in cui si impara a leggere, osservare e analizzare l’oggetto in
questione,
→ Godimento pieno secondo cui si vede il bene museale come forma vivente nella sua definita totalità,
→ Tutela capace di superare una nozione di salvaguardia che nelle situazioni più avanzate ha evitato il
totale degrado dei beni culturali e museali
→ Scoperta-progettazione e nuova produzione per scoprire e creare nuovi beni, stimolando le capacità
espressive e creative dei singoli.

• La didattica nei contesti lavorativi

La didattica nei contesti lavorativi viene vista come un'opportunità fornitrice di conoscenza. I principali obiettivi
sono formare e aggiornare la competenza professionale per poter svolgere un compito lavorativo, in modo valido
e produttivo. Importanti sono le core skills, che assicurano l'efficacia della prestazione lavorativa e possono essere
individuati in aree:

▫ disponibilità a prendere iniziativa e a ottenere realizzazioni individuali,


▫ capacità di cooperare in gruppi di lavoro,
▫ precisione e pianificazione del lavoro e della valutazione dei risultati propri e altrui,
▫ capacità di ragionare, discutere e fidarsi degli altri.

In questo modo l'apprendimento diventa double-loop, momento in cui si supera la routine, si originano processi
di innovazione e si verifica il passaggio dall'apprendimento attivo a quello generativo/creativo. I lavoratori devono
essere in grado di guardare e interpretare la realtà e i problemi da punti di vista originali e devono essere capaci
di saperli connettere anche con quelli degli altri. Bisogna avere una conoscenza dei modelli mentali, favorendo
l'analisi obiettiva della realtà, e saper padroneggiare e approfondire i problemi rendendo più chiare le proprie
visioni. In questo modo il contesto realizza un equilibrio tra il sapere teorico e sapere pratico. Un esempio di
didattica non-formale nel contesto lavorativo è l'apprendistato in cui si implica da parte l'apprendista,
l'osservazione e limitazione dell’esperto. La fase successiva riguarda l'allievo che prova a seguire le operazioni
con la guida e l'aiuto dello stesso esperto, il quale si colloca quasi in disparte, intervenendo solo nei casi in cui si
manifestano incertezze e errori. L'allievo deve essere in possesso di certe abilità come l'attenzione selettiva sugli
aspetti del compito, la concentrazione e la flessibilità. Man mano la presenza dell'esperto andrà sfumando
progressivamente e l'apprendista manifesterà iniziativa autonoma. Accanto all’apprendistato è stata proposta la
nozione di "apprendimento cognitivo" in cui si sottolinea la funzione delle conoscenze fattuali e concettuali nel
risolvere i problemi. Questo renderà più semplice l’affrontare i compiti e i problemi da parte degli allievi in
situazioni diverse con l'aumentare della complessità. Le modalità di svolgimento possono essere molto diverse in
riferimento ad esigenze variabili di destinatari, della qualificazione e della specializzazione.

• La didattica negli spazi della multiculturalità

Il compito della didattica multiculturale sta nel far conoscere e apprendere le diversità culturali e le loro differenze
con modalità sempre più pratiche. Non siamo tutti uguali, bensì il contrario: siamo tutti differenti, ed è proprio
nella diversità che si verificano i momenti formativi più efficaci. Un ruolo importante sta nella rappresentazione
che il soggetto ha di se stesso. Da tutto ciò deriva sia il bisogno di riconoscere ad ognuno il diritto alla propria
identità, sia il diritto alla differenza, la quale è un tassello importante nella costruzione di un nuovo principio di
eguaglianza. Gli obiettivi della didattica multiculturale:

• Far conoscere e riconoscere la diversità, scoprendo la pluralità delle forme di vita e di pensiero che
contrassegnano popoli e etnie;
• Aprire alla pluralità dell'ermeneutiche, insegnando la relatività storica e culturale del pensiero;
• Imparare a conoscere e riconoscere le molteplici forme di pensiero che diversificano i popoli.

La conoscenza di più punti di vista permette:

→ moltiplicazione delle strutture logiche,


→ ampliamento delle strategie di investigare la realtà;
→ insegnamento a non inferiorizzare/sopravvalutare la diversità;
→ incoraggiamento di differenze ed eccedenze come parte costitutiva della vita umana;
→ educazione all'intelligenza della possibilità comunicativa degli altri in quanto la verità di quest'ultimi
puoi aiutarci a trovare la nostra.

La didattica multiculturale offre al soggetto di misurarsi in una pluralità di ambiti in cui è possibile dilatare
l'orizzonte di propri interessi e motivazioni. Tra le linee metodologiche:

• procedere dal vicino al lontano e viceversa;


• lavoro sul sé (corpo, anima…);
• esercizio di esperienza dell'altro (da punti di vista differenti – animali, altre età, altro sesso, altra
cultura);
• lavoro con gli altri.
• La didattica nei luoghi dello sport:

Una virtù che pochi praticano nel nostro paese è la sportività, il riconoscimento del merito e del valore dell’altro.
Nell'epoca moderna, lo sport appare segnato da tre tratti fondamentali:

− agonismo, mancanza della gara e del desiderio di sorpassare gli avversari (non propriamente sport)
− convenzionalità, subordinazione dello sport a una serie di regole e di limitazioni.
− inutilitarietà, esigenza che porta a una svalutazione dell'attività sportiva utilitaristica e in genere del
lavoro comunque esplicato.

Le prerogative della convenzionalità portano ad una configurazione esclusiva dello sport basata solo sui numeri e
l’agonismo conduce la svalutazione dell'esigenza del FairPlay, in cui si considera l'avversario come un semplice
nemico.
Nel contesto pedagogico didattico, si sentono diverse esigenze:

- promuovere una cultura del disincanto: mettersi in gioco e non attribuire al successo più valore
di quanto esso meriti, anche per vivere l'insuccesso;
- il gioco che riveste densa rilevanza educativa nel suo autentico significato umano è fra le attività
della vita che si svolgono con piacere.

Il gioco è una risorsa fondamentale per il raggiungimento della gioia dell'attività infantile ma che dovrebbe
permanere anche nella vita dell'adulto. Gli obiettivi della didattica in un contesto sportivo sono:

1. puntare ai risultati a lungo termine e meno al successo immediato,


2. recuperare i contesti di gioia e di gratuità,
3. coniugare la competizione e con la collaborazione,
4. imparare a vivere correttamente la sconfitta.

Lo sport, oggi, pone richieste elevate alle capacità coordinative che si riferiscono ai processi di organizzazione e
controllo. Esse sono il presupposto fondamentale per l'apprendimento e lo sviluppo dell'abilità motorie. I principi
fondamentali dell'intervento didattico:

• l’adeguatezza rispetto all'età ossia gli esercizi devono essere scelti fra quelli più adatti a ciascuna
fascia di età;
• la multilateralità in modo da far acquisire la triti un repertorio di esperienze motorie più ampie
possibili;
• la motivazione è di estrema importanza in quanto la si deve rafforzare siano attività sportiva che
l'attività di allenamento;
• la progressività del carico di lavoro: la competitività induce a utilizzare carichi di lavoro troppo
elevati, portando allo stress e a infortuni di vario tipo.
• Verso un accordo sinergico

Scuola ed extrascuola inizialmente erano due organi assestanti in cui c'era la mancanza di riconoscimento dell'una
a confronti dell'altra. Alla fine degli anni 70 si avvia una collaborazione di tipo paritetico: l'affermarsi della scuola
a tempo pieno, in cui entrambi i mondi sono alla pari, senza distinzione fra attività del mattino e del pomeriggio.

• Status del sistema scolastico.

La scuola odierna è un sistema educativo rigido, incapace di far fronte alla complessità della realtà, strutturato, e
stanco in quanto fatica a far appassionare alla conoscenza. Il centro del progetto educativo non può essere la
struttura scolastica, ma lo studente. Non ha più senso un percorso formativo identico per tutti. Il confronto con i
sistemi scolastici di altri paesi risulta sconcertante. Già dall'inizio del ciclo secondario, i giovani mostrano un
deficit di conoscenze e competenze rispetto ai coetanei di altri Paesi, particolarmente nei saperi matematici e
scientifici. L'Italia non ha solo deluso nel risultato complessivo, ma anche evidenziato una forte disparità a danno
del sud. I genitori proiettano sui loro figli le loro paure perché guardano con incertezza il futuro, causando un
disorientamento nei giovani, scatenato dalla perdita di un punto di riferimento genitoriale. Un malessere fatto di
tensione rispetto agli impegni scolastici, ma anche di noia e di incapacità nel trovare un senso a quello che si fa.
La dispersione scolastica è un fenomeno multiforme che disegna forme di insuccesso scolastico che vanno dallo
scarso rendimento all'abbandono vero e proprio del circuito scolastico. Secondo l'inchiesta fatta nel 2011, più di
190.000 giovani sopra i 15 anni hanno abbandonato gli istituti pubblici scolastici, giovani che non entrano nel
mondo del lavoro e rinunciano per sempre ai libri per rimanere del tutto in attivi nelle famiglie. Enorme è lo spreco
intellettuale in cui molte risorse latenti restano imprigionate e inutilizzate a causa della pigrizia mentale diffusa
nel sistema scolastico.

• Gli insegnanti.
L'Italia vanta il numero di docenti più elevato di Europa. Oggi sempre più insegnanti soffrono di stress,
depressione ed esaurimento nervoso a causa del lavoro quotidiano non gratificante e malpagato. L'insegnante
trova difficoltà anche nei confronti delle famiglie degli alunni, in quanto visti come estranei da cui guardarsi
anziché alleati su cui contare. Oggi molti insegnanti non sono sempre adeguatamente preparati e non tutti sono
maturi per affrontare il proprio e altrui disagio, causando malessere negli studenti. Essere un insegnante significa
avere la preziosa dote umana della capacità di incontro, di relazione, di cura nei riguardi dello studente. Attraverso
una maggiore carica motivazionale, un forte stimolo all'iniziativa personale, la conoscenza di nuovi stili di
pensiero e di una minore difesa dei formalismi operativi tradizionali, la scuola potrebbe risultare più attraente e
piacevole. Oggi giorno grazie all'introduzione delle nuove tecnologie nel campo d’istruzione e della
comunicazione, sarà possibile riscontrare un reale aggiornamento del sistema scolastico. Basti pensare all'auto-
apprendimento, ormai diffuso tra gli studenti. Usufruire delle infinite possibilità che troviamo online, è una
competenza che nativi digitali sviluppano e utilizzano, ma da altro canto, rischiando anche una vita infelice in
solitudine. Per ottenere un effettivo cambiamento della scuola italiana bisogna attuare diverse strategie. La scuola
è chiamata a contribuire alla crescita culturale dei giovani trasmettendo loro:

• le conoscenze generali e astratte,


• le abilità pratiche da spendere nel mondo del lavoro
• un insieme di valori e criteri di condotta.

Nel mondo contemporaneo il compito della scuola è di neutralizzare l'autoritarismo implicato dei mezzi
d’informazione (radio, la televisione, internet). Cura particolare cui la scuola deve rivolgere, oltre alla scelta
dell'offerta di contenuti, strumenti, mezzi, tempi per imparare, è la reale acquisizione di conoscenze, abilità e
competenze affinché gli studenti effettivamente apprendano. L'insegnamento orientato agli apprendimenti
attraverso la "scoperta" deve fondersi sul "fare" e sul "fare insieme" e non solo sul trasmettere/ricevere il sapere.
Ruolo decisivo lo hanno i nuovi docenti, in quanto per ottenere un apprendimento da parte degli alunni è utile che
siano a conoscenza dei diversi possibili modi di realizzare l'insegnamento. Soltanto attraverso un trattamento
didattico pluridifferenziato è difatti possibile garantire una parità di apprendimento. Bisogna sapere che i metodi
e i modi con cui si insegna una certa materia hanno grande influenza su ciò che in realtà si impara. Bisogna far
vivere praticamente opportunità di formazione attraverso un lavoro comune di operatività come role playing e
lavori di gruppo.

• La ricerca

La didattica e la ricerca sono agli antipodi, in una condizione di separatezza meno rigida rispetto al passato. Il
termine ricerca è semanticamente costituito da tratti positivi (rigore metodologico, senso critico, produttività
scientifica); il termine didattica è segnato da quelli negativi (impegno debole sul piano metodologico,
approssimazione teorica). La ricerca didattica ha lo scopo di modificare l'obiettivo della ricerca: elaborare i
modelli dell’insegnamento. Oggi, a un modello tecnico applicativo si è affiancato quello della pratica, la quale
non ha più un ruolo secondario alla teoria, ma diviene oggetto di studio, intendendo capire che cosa fa l'insegnante
quando insegna. Tra i punti tematici dell'efficacia dell'insegnamento troviamo la pratica, invece l'insegnamento
come pratica situata, consiste nell'azione didattica in uno spazio ben definito. Le modalità osservative e descrittive
analitiche studiano l'articolazione dei processi di insegnamento-apprendimento riuscendo a comprendere le
attività didattiche che i docenti svolgono in aula. Tale ottica permette di studiare i contesti classe come luoghi
privilegiati per capire i processi di insegnamento apprendimento e di fornire chiavi di lettura innovative nel trattare
in modo pertinente i temi della ricerca didattica. L'insegnante è oggetto produttore di conoscenze, in cui viene
ribadita la validità del contesto pratico di insegnamento in cui egli stesso manipola, creativamente o meno teorie,
elabora conoscenze, costruisce un mondo di regole. I limiti di utilizzo del sapere della pratica sono:

→ il tradizionalismo, in quanto il sapere caratterizzato per esperienza ed è per natura basato su quello
che ha già funzionato in passato;
→ l'incomunicabilità in cui si fa, ma non si dice, un sapere che non ha spiegazioni neppure da parte di
chi lo produce.
• I metodi: quantitativi e qualitativi

La ricerca quantitativa e qualitativa sono due metodi complementari associabili nelle indagini per ottenere risultati
approfonditi e generali contemporaneamente. I dati quantitativi forniscono le cifre che dimostrano i punti
complessivi della ricerca, mentre i dati qualitativi forniscono dettagli e approfondimenti necessari per capirne le
relative implicazioni. Un'indagine qualitativa è meno strutturata e mira ad andare a fondo dell'argomento in
questione per raccogliere informazioni relative alle motivazioni, al pensiero e agli atteggiamenti delle persone.
Come utilizzare ciascun metodo in un progetto di ricerca?

1. Formulare ipotesi: la ricerca qualitativa ti aiuta a raccogliere informazioni dettagliate su un argomento,


utilizzabile per avviare una ricerca per scoprire problemi od opportunità ai quali le persone pensano.
2. Convalidare le ipotesi: la ricerca quantitativa fornirà cifre alle quali poter applicare l'analisi statistica per
convalidare le ipotesi.
3. Trovare risposte generali: la ricerca quantitativa ha più rispondenti di quella qualitativa perché è più
semplice condurre un'indagine a risposta multipla che una serie di interviste o gruppi di discussione,
quindi può essere d’aiuto nel rispondere a domande di ampio respiro.
4. Incorporare l'elemento umano: la ricerca qualitativa può essere utile anche nelle fasi finali del progetto.
Le risposte ottenute alle domande aperte possono conferire una "voce umana" alle cifre e alle tendenze
oggettive dei risultati.

Questi due metodi di ricerca funzionano molto meglio se associati. La ricerca qualitativa rappresenta il punto
d'inizio quando si vogliono scoprire nuovi problemi e nuove opportunità, che serviranno a svolgere una ricerca
più approfondita in un secondo momento. I dati quantitativi forniscono misurazioni che servono a confermare un
problema o un'opportunità e a comprenderlo. Esistono diversi metodi per condurre una ricerca qualitativa che
fornisca informazioni molto dettagliate su un certo argomento:

+ Interviste. Conversazioni faccia a faccia che approfondiscono l'argomento;


+ Casi di studio. Raccolte di storie dei clienti da interviste approfondite;
+ Opinioni degli esperti. Informazioni di alta qualità da fonti ben informate.
+ Discussioni di gruppo. Conversazioni di persona/on-line finalizzate ad ascoltare le opinioni di alcune
persone su un prodotto o un argomento;
+ Domande d'indagine aperte. Una casella di testo all'interno di un'indagine che permette al
rispondente di esprimere liberamente le proprie opinioni sull'argomento in questione;
+ Ricerca basata sull'osservazione. Osservazione delle persone durante la loro routine abituale, per
capire in che modo interagirebbero con un prodotto.
• Metodo sperimentale

È una procedura conoscitiva con cui si perviene l'enunciazione di leggi mediante conferma o falsificazione
sperimentale di ipotesi basate sulle osservazioni ripetute di determinati fenomeni. Distinguiamo:

- La concezione induttiva: si basa sulla forma di ragionamento che dall'esame di uno o più casi particolari
giunge a una conclusione la cui portata si estende aldilà dei casi esaminati;
- La concezione deduttiva: si fonda, su un ragionamento che procede per formulazione di ipotesi generali
da cui vengono logicamente dedotte conseguenze controllabili in modo sperimentale attraverso la
conferma o la falsificazione dell'ipotesi di partenza.

Nello specifico del settore educativo si propone, di solito, l'osservazione delle seguenti quattro fasi dell’indagine:

1. L'osservazione, individuare fatti ed eventi significativi e problematici, descrivendoli accuratamente;


2. La formulazione di ipotesi sul significato dei fatti descritti;
3. La sperimentazione, momento della verifica dell’ipotesi;
4. L'interpretazione, elaborazione dei dati raccolti.
Il ricercatore analizza i fatti e cerca di stabilire rapporti controllati attraverso la strutturazione di una situazione
sperimentale, artificiale. Le caratteristiche del metodo sperimentale sono:

1. la ripetibilità delle sue procedure: un esperimento è valido quando, riprodotto in condizioni uguali
dà gli stessi risultati;
2. la misurabilità dei risultati a cui si perviene, espressi in forma quantitativa;
3. l'artificiosità delle situazioni nelle quali riprodurre il fenomeno da studiare, sulle quali procedere con
la misurazione;
4. la definizione dell’unità di analisi della ricerca.
• Metodo narrativo

Il ruolo sempre più centrale dell’individuo e della sua soggettività, all’interno del processo orientativo e formativo
ha dato vita a pratiche di intervento incentrate sulla narrazione. Il racconto può essere utilizzato per l’analisi delle
culture organizzative consentendo un accesso rapido ai miti e ai simbolismi culturali di un’organizzazione.
Narrarsi è un processo cognitivo attraverso il quale l’individuo struttura un'unità di esperienza, attribuendogli un
ordine e delle relazioni. Un fenomeno analogo avviene durante l’ascolto di una narrazione, esaminando il contesto
culturale in cui viene costruito, esplorando il modo in cui viene scritto e/o detto. Il processo autobiografico è un
fenomeno che si verifica ogni giorno. Scrivere di sé è quella scrittura non burocratica che il professionista
dell'insegnante realizza in momenti particolari della sua esistenza come nel weekend, nei tempi vuoti che il lavoro
impone ossia quello dei buchi dell'orario scolastico, quello dei viaggi in treno o in metro. In questi momenti,
l'insegnante cerca soprattutto sfogo, ma anche riflessione, comprensione, empatia, o spazi dell'azione sociale per
raccontare le storie di cui si è reso interprete o protagonista riconnettendole alle memorie collettive e
trasportandole in occasioni pubbliche di confronto. L'insegnante scrive su fogli sparsi, su una cartina ed appunti.
La conoscenza pratica personale è un modo particolare di ricostruire il passato e le intenzioni del futuro allo scopo
di confrontarsi con le esigenze della situazione attuale.

• Metodo autobiografico

L'autobiografia risulta un metodo pedagogico ricognitivo che pone una storia di fronte al legittimo autore,
ricostruendo e rimembrando una memoria personale, nel desiderio di autorappresentazione che genera uno
specchio di eventi condivisi da altri. È la scrittura della propria trama esistenziale che si rende pretesto per
chiedersi, una volta di più, il senso dell'essere dell'esserci. Essa si propone come atteggiamento ermeneutico nei
confronti del presente e del passato, rendendo possibile una diversa articolazione del futuro.

• La biografia didattica

La biografia didattica rappresenta il desiderio di colloquio con se stesso che si fissa per iscritto con l'intenzione di
parlare delle cose di cui si ha esperienza e di quelle che stanno a cuore, sollecitando uno stile di pensiero più
strutturato, meno fuggevole e precario. Il linguaggio stesso si testualizza e il docente prende coscienza di sé.
Mettere sulla carta, quello che si è fatto, quello che si è pensato di fare e che si è fatto, o quello che si pensato di
fare e non si è fatto, scrivere la propria esperienza da insegnante, significa narrare i processi mentali e le dinamiche
emotive che hanno dato corpo all'atto didattico.

• Analisi delle pratiche

Negli ultimi anni si è affermata maggiormente l’analisi delle pratiche d’insegnamento, analisi di una situazione
educativa da parte del docente per in intervenire in modo efficace su di essa o riflettere sul proprio metodo
professionale di insegnamento. La didattica comporta sia un discorso teorico da parte dell’insegnante, sia l’analisi-
riflessione delle pratiche e dei processi educativi. Questa riflessione ha lo scopo di rendere comprensibile il
processo di insegnamento-apprendimento identificando i successi professionali e i fallimenti, e indagando
mediante osservazioni e colloqui su come lavorano gli insegnanti. Le modalità d’analisi delle pratiche sono 3:

1. analisi clinica, incentrata sulla persona dell’insegnante (campo relazionale, interpersonale);


2. analisi pedagogica, incentrata sulle competenze professionali dell’insegnante;
3. analisi didattica, incentrata su una seduta-colloquio fatta a partire dalle scelte didattiche.

Nell’analisi delle pratiche vanno considerate inoltre le variabili d’azione d’insegnamento ossia:

- variabili didattiche disciplinari;


- variabili relative al sapere da insegnare (le conoscenze da trasmettere);
- variabili organizzative, relative all’organizzazione e gestione della classe;
- variabili pedagogiche, relative alle finalità dell’insegnamento-apprendimento.
• La restituzione

La restituzione da parte dei ricercatori, come trasmissione dei risultati del proprio studio agli operatori scolastici
di pratiche di insegnamento che hanno costituito oggetto della ricerca stessa, si configura un comportamento
motivato dalla deontologia professionale del ricercatore nell'ambito delle scienze umane. L'analisi delle pratiche
di insegnamento non è una ricerca etnografica, né una ricerca azione, proprio perché non è un'indagine che nasce
dal bisogno di risolvere i problemi. La restituzione deve tener conto della definizione e della negoziazione dei
ruoli dei partecipanti alla ricerca, del grado di coinvolgimento emotivo dei diversi partecipanti, del dilemma fra
interpretazione e spiegazione.

• L'archivio delle pratiche didattiche

Gli insegnanti non sono soliti conservare e costruire le loro esperienze didattiche. A differenza di altri luoghi come
ospedali e tribunali, la scuola in azione si perde nel tempo, non ha memoria di sé. Essa dovrebbe farsi carico di
coltivare sistematicamente la memoria delle sue pratiche. Bisogna osservare sia le esperienze che sono
rappresentative del "fare scuola", sia quelle che possono essere considerate sia positive che negative. La
documentazione scolastica dell’attività didattica risponde soprattutto alle esigenze esterne (comunicazione dei
risultati) e ben poco a criteri interni di illustrazione e giustificazione delle scelte adottate. Il materiale da
selezionare dovrebbe riguardare anche i diari e i giornali di classe degli insegnanti, le loro relazioni mensili e
annuali, i registri degli alunni; dovrebbe raccogliere la memoria delle riunioni dei docenti, dei reso conti degli
stessi docenti sulla verifica dei loro risultati; dovrebbe comprendere la vasta gamma degli interventi didattici: la
descrizione dei singoli casi alla preparazione prova sperimentale di unità didattiche, delle metodologie usate ai
percorsi cognitivi. Sarebbe necessaria la schedatura per data e oggetto:

− progetti di sperimentazione,
− iniziative sul territorio per l'aggiornamento dell'insegnanti,
− disponibilità di risorse,
− potenzialità culturali (teatri e musei).

Così organizzato, l'archivio permetterebbe di consolidare identità della scuola e del corpo docente mettendo in
atto una rete comunicativa fra gli stessi docenti, presenti e passati, consentendo l'avvio di nuove modalità di
analisi, discussione e confronto.

Per concludere, la didattica è il sapere su un insegnamento, un discorso teorico che, se si costruisce con i contributi
che possono provenire dalle altre scienze, si accresce altresì, mediante il contributo teorico derivante dall'analisi
riflessione sistematica delle pratiche, degli eventi e dei processi educativi.

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