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Didattica generale – Mario Castoldi

RIASSUNTO
DIDATTICA

La didattica è una disciplina antica che durante il corso del tempo ha subito diverse trasformazioni sul piano dei
significati e delle procedure operative e nasce con il bisogno di trasmettere alle nuove generazioni il patrimonio
culturale della storia dell'uomo. Si è passati da una forte attenzione alla didattica che si esprime in una minuziosa
descrizione dell'attività di insegnamento come sapere tecnico, ad una negazione della didattica.

(Gabelli vers. 1) la formazione dell'insegnante è centrata per lo più sul sapere didattico, la seconda, sostenuta
(Gentile vers. 2) la formazione del docente si identifica con la sua preparazione culturale ed umana.

Il sapere didattico ha subito profonde trasformazioni che hanno influito sui significati della didattica. Oggi vi è

• L'estensione del campo della didattica dall’insegnamento formale ad ambiti di educazione informale –
formazione religiosa, scautismo, educazione ambientale
• Specificazione dell’oggetto della didattica in relazione ai diversi saperi e alle varie discipline di
insegnamento
• Proliferazione di metodologie didattiche, in quanto non può esistere un modello didattico universale che
può rapportarsi a specifiche situazioni – approccio cooperativo, problem solving, didattica metacognitiva
e della ricerca

La definizione dello statuto della Didattica si colloca nell’ambito delle Scienze dell’educazione e Laeng ne
raggruppa le discipline in tre categorie.

▪ discipline rilevative, saperi che si occupano di analizzare l'evento educativo nelle sue diverse dimensioni
costitutive per migliorarne la comprensione dei vari eventi educativi (attenzione verso l'essere e il
contesto reale di svolgimento dell'evento educativo) – psicologia, sociologia, antropologia
dell’educazione
▪ discipline prescrittive, saperi orientati verso una comprensione del sistema di valori per identificare i
traguardi formativi a cui finalizzato l'evento educativo (attenzione verso il dover essere, verso il quadro
ideale entro il quale situare la dinamica educativa) – filosofia dell’educazione analizza il quadro valoriale,
il linguaggio, le idee fondanti dell’evento educativo
▪ discipline operative, saperi incentrati sull'azione educativa, modalità di conduzione, esplorazione dello
spazio tra contesto reale ed educativo, e il quadro reali di riferimento – didattica generale, didattiche
disciplinari o settoriali, docimologia, tecniche di progettazione educativa, modalità di conduzione dei
gruppi.

Didattica nel campo delle Scienze dell'Educazione all'interno delle discipline operative, con un sapere
orientato a fornire un contributo alla elaborazione del progetto educativo.

Identifichiamo l'oggetto della Didattica come l'azione di insegnamento all’interno della scuola attraverso due
parametri che distinguono gli ambiti con cui si classificano gli eventi educativi.

• intenzionalità, esistenza di traguardi formativi consapevolmente perseguiti,


• sistematicità, organizzazione strutturata e progressiva dell'azione educativa.
→ L’educazione formale si svolge nell'ambiente scolastico possiede entrambi i requisiti;
→ L’educazione informale possiede solo i caratteri di intenzionalità, per i quali raggiunge determinati scopi;
→ L’educazione non formale è intesa come insieme di eventi della realtà sociale aventi una valenza
educativa (mass media, modelli culturali) non possiede nessuno dei due parametri.

Nell'ambito dell’educazione formale:

l'azione di insegnamento è definibile una relazione educativa dinamica relazionale insegnante-allievo/i entro
cui avviene l’azione didattica.

finalizzata all'apprendimento di un determinato patrimonio culturale compito affidato all’ educazione scolastica
e il ruolo che i contenuti culturali assumono nell’azione di insegnamento

agita in un dato contesto istituzionale. setting in cui si svolge tale relazione educativa, governata da un insieme
di norme, regole, vincoli organizzativi.
Questa definizione è ben rappresentata dal "triangolo didattico": i tre vertici (insegnante, allievi, contenuti
culturali) raggruppati nel cerchio (contesto istituzionale), all’interno del quale possiamo individuare tre
dimensioni dell'insegnamento, punti di vista privilegiati da cui osservare l'evento didattico.

1) DIMENSIONE RELAZIONALE-COMUNICATIVA, dinamica relazionale insegnante e allievo


a) Stile di conduzione dell’insegnante
b) Clima relazionale in classe
c) Valorizzazione dei singoli e del gruppo
d) Comunicazione verbale e non
2) DIMENSIONE METODOLOGICO-DIDATTICA, modalità di trasmissione del patrimonio culturale
dall’insegnante, modo in cui viene gestita la mediazione tra soggetti che apprendono e contenuti oggetto
a) Metodologie didattiche
b) Strumenti e/o materiali
c) Azioni di consolidamento e recupero
3) DIMENSIONE ORGANIZZATIVA, predisposizione del setting formativo entro cui agire l'azione
didattica
a) Struttura dell'aula
b) Gestione di tempo e regole
c) Insegnante come evento organizzativo.

L’oggetto della didattica vede il compito formativo affidato alla scuola per affrontare le situazioni di realtà che il
proprio contesto di vita propone, in quanto i contenuti culturali vengono assunti come mezzi per sviluppare una
competenza per inserirsi efficacemente nel contesto di vita. In questo caso il triangolo didattico diventerebbe un
quadrilatero in cui il quarto vertice è rappresentato dalle situazioni di vita nelle quali utilizzare i contenuti culturali.

TRIANGOLO DIDATTICO QUADRILATERO DIDATTICO

RICERCA

La disciplina da sapere per gli insegnanti a sapere con gli insegnanti. Il termine ricerca fonde la didattica come un
patto di alleanza tra insegnante e ricercatore. Nella nuova didattica il rapporto tra teoria ed azione è circolare.
Ogni situazione didattica è diversa ed ha un modello didattico sempre valido. Parlare di sapere con gli insegnanti
richiama la relazione dialettica tra teoria e pratica, elementi che interagiscono reciprocamente. Shon, colloca la
soluzione tecnica dei problemi in contesto di indagine riflessiva più ampio e distingue due paradigmi conoscitivi,
la razionalità tecnica e la riflessività.

La razionalità tecnica presuppone una base di conoscenza sistematica, scientifica, standardizzata che viene attuata
sull'applicazione ai problemi concreti.

La riflessività invece presuppone una capacità riflessiva nel corso dell’azione, cercando di attribuire significato a
ciò che stanno facendo e modificando i mezzi in rapporto alla situazione.

Secondo Shon il professionista riflessivo richiama la professionalità dell’insegnante nell’acquisire


consapevolezza del proprio sapere in relazione ad esperienza e riflessione, sapere pratico e teorico (insegnante
ricercatore). Da qui il ruolo del ricercatore si qualifica consulente di processo, aiutando l'insegnante a strutturare
un percorso di riflessione e rielaborazione che migliori il proprio agire didattico, e che gestisca in modo rigoroso
e funzionale l'esperienza formativa.

Le diverse concezioni della professionalità dell’insegnamento riflettono sulla formazione dei docenti
(aggiornamento, formazione di servizio, sviluppo professionale).
• Formazione come alimentazione – conoscenza in funzione della prassi: conoscenze da usare in classe
per migliorare la pratica corrente. Contenuti relativi alle discipline, alle teorie pedagogiche, strategie
didattiche, gestione della classe;
• Formazione come socializzazione – conoscenza nella pratica: spazio in cui avviene la socializzazione
orizzontale tra le esperienze professionali dei soggetti;
• Formazione come ricerca – conoscenza sulla pratica: l’insegnante apprende e genera una conoscenza
sulla pratica interagendo all’interno di comunità di ricerca per teorizzare e ricostruire il proprio lavoro e
connettersi a questioni di carattere più generale.

Tale evento formativo si pone a cavallo tra teoria e pratica del sapere didattico

▪ Situare i significati del sapere teorico in rapporto a specifici contesti operativi


▪ Dare parole al sapere pratico, rendendolo esplicito e consapevole sia all’insegnante che agli altri
interlocutori.

Per Calidoni la didattica è intesa una scienza al servizio dell’azione, secondo le tre visioni della ricerca didattica.
Ne esplora il rapporto che si viene a determinare tra azione di insegnamento e riflessione didattica attraverso
l'analogia della riflessione linguistica.

1. GRAMMATICA, funzione regolativa. La didattica presenta modelli di insegnamento che guidano


l'insegnante nella sua azione professionale, con approccio alla didattica prescrittivo-normativo,
funzionale a regolare il comportamento dell'insegnante attraverso guide, procedure e piani operativi;
2. SINTASSI, funzione esplicativa. La didattica propone strumenti e categorie di letture utili a scomporre
e comprendere in sviluppo ed efficacia l'insegnamento, con approccio alla didattica descrittivo-
nomotetico, funzionale ad analizzare l'evento formativo nelle sue componenti nella sua dinamica di
svolgimento.
3. SEMANTICA, funzione narrativa. La didattica contribuisce ad esplorare i significati sottesi alle
esperienze di insegnamento, l'approccio alla didattica di tipo operativo-ideografico è funzionale a
comprendere il valore dell'evento formativo attraverso la rielaborazione della propria esperienza di vita.

La ricerca non è separata e distinta dall'azione, ma si interseca con essa e ne diviene una componente ineliminabile.

INNOVAZIONE

Nella didattica, il concetto di innovazione è legato alla ricerca, la quale si orienta ad essere con insegnanti e diventa
strumento per la gestione del cambiamento anche in ambito didattico. Shon considera l’azione in termini di innov-
azione, come rielaborazione continua della propria azione didattica orientata al miglioramento. La riflessione sul
cambiamento sposta l'attenzione sul processo di reciproco apprendimento tra individui e contesti di azione. Scurati
definisce questa nuova fase di elaborazione del cambiamento un evento umano promosso dall'uomo per l'altro
uomo, attraverso un'esperienza di scambio e di riadattamento interpretativo.

Tale ambito di riflessione si caratterizza in sei principi di fondo:

1. Storicità del processo di cambiamento, insieme di eventi che si sviluppano e modificano nel tempo che
innestano una configurazione strutturale, relazionale e culturale.
a. variabile tempo (il progetto condensa il tempo, lo piega alla propria razionalità)
b. peso del passato (studiare le innovazioni scolastiche considerando tradizione e bagaglio di
esperienze passate);
2. Soggettività del responsabile dell'azione. L'insieme delle esperienze passate dell'interessi di cui il
soggetto è portatore definiscono i margini di discrezionalità a disposizione dell'individui nel recepire,
interpretare, agire cambiamento.
3. Contestualità, la comprensione del suo significato in rapporto allo specifico contesto ambientale entro
cui è inserita. Dall'approccio rientra nel cambiamento sulla singola realtà scolastica. L'unità scolastica
diviene bersaglio su cui si concentrano gli sforzi di miglioramento che servizio scolastico.
4. Globalità, coinvolgimento nell'evento trasformativo del sistema organizzativo nella sua totalità. La
visione sistematica dell'organizzazione riconosce il cambiamento come processo di destrutturazione e
ristrutturazione, che si ripercuote su diverse parti che compongono il sistema organizzativo.
5. Reciprocità, categoria utilizzata per indicare le capacità del processo di modifica e adattamento ai
processi formativi per migliorare il funzionamento scolastico;
6. Riflessività, condizione richiesta di strutture di comunicazione ai componenti del sistema organizzativo
per apprendere dalla propria esperienza. Il dialogo costante richiede una razionalità riflessiva capace di
dare senso al cambiamento, di riconoscerlo, di interpretarlo.

Sulla base dei sei connotati e del concetto di innovazione didattica, ecco i requisiti che qualificano un'innovazione
efficace

1. Contrattualità: nel piano di miglioramento si deve operare con un mandato chiaro ed articolato che
definisca responsabilità, modi e tempi di lavoro;
2. Gradualità: un'azione di miglioramento può essere pensata solo in termini di progressiva estensione ed
intensificazione a partire dai livelli di maturazione acquisiti;
3. Condivisione: la definizione delle azioni di miglioramento deve essere assunta consapevolmente dai
soggetti che dovranno metterla in pratica;
4. Negoziazione: rispettare la pluralità di posizioni e opinioni in un processo dialogico di costruzione
comune;
5. Supporto: processo innovativo guidato e sostenuto da chi se ne fa promotore;
6. Praticità: chiara identificazione delle azioni da compiere delle attività da sviluppare;
7. Rivedibilità: il processo migliorativo richiede di essere precisato e riformulato in corso d'opera.

Nello sviluppo di un processo di cambiamento, il momento della ricerca costituisce una opportunità di
apprendimento, che vede rapporti tra ricerca e miglioramento (Hopkins):

♦ Ricerca sul miglioramento: l'attività di ricerca fornisce un feedback utile alla gestione del
cambiamento. La ricerca diviene un dispositivo utile a gestire in modo più accorto e consapevole
l'azione didattica.
♦ Ricerca per il miglioramento: l'attività di ricerca innesca il processo di cambiamento in quanto passo
preliminare a guidare l'azione innovativa.
♦ Ricerca come miglioramento: l'attività di ricerca si identifica con il processo di cambiamento, in
quanto riflette e produce comportamenti professionali e modalità di lavoro improntate all'auto
rinnovamento.

(Ricerca come miglioramento = paradigma della ricerca-azione). Raffaele Mastromarino definisce “ricerca-
azione” un tipo di ricerca che partecipa attivamente nel processo dei ricercatori che degli operatori, con lo scopo
di modificarne alcune condizioni sperimentate dalla comunità come insoddisfacenti. La caratterizzano:

➢ LOGICA PRAGMATICA. Ne consegue una modificazione del rapporto con il dato conoscitivo,
l'interesse non è rivolto tanto alla significatività statistica dei risultati, quanto alla loro operatività, ovvero
alla applicabilità e utilità in relazione ai problemi reali.
➢ RIDEFINIZIONE DEI RUOLI dei soggetti. Il coinvolgimento degli operatori diviene una condizione
per una comprensione più profonda dei problemi professionali.
➢ METODOLOGIE DI INDAGINE. Il ricercatore è in ricerca. I soggetti agiscono ed interpretano la loro
azione sociale e la conseguente necessità di dispositivi di raffinamento dei dati connessi al
coinvolgimento dei soggetti nel processo di ricerca.

DOCUMENTAZIONE

È importante, per la ricerca, possedere un linguaggio per poterne parlare e analizzarla. Nasce quindi, il valore
della documentazione. La ricerca si trasforma in documento, conservato e capitalizzato, per poter affrontare la
questione della memoria dell'esperienza. Schon distingue il sapere nell’azione dal sapere sull’azione nel passaggio
dall’esperienza alla formazione, dall’azione del soggetto alla sua teorizzazione, dal sapere tacito a quello esplicito.
La possibilità di dire il fare richiama la dialettica tra saper teorico e sapere pratico, tensione che si riflette in un
insieme di polarità.

• prospettiva nomotetica (modello teorico come ricerca di elementi strutturali e funzionali che accomunano
i processi reali) opposta a prospettiva ideografica (idea di processo educativo come evento singolare).
• visione analitica (potenziale spezzettamento di una realtà complessa) opposta a visione globale (che
fatica prestarsi ad una riduzione analitica e richiede di essere visto in una logica sistematica più
comprensiva).
• enfasi tecnica (costruzione di un modello) opposta all'enfasi relazionale (strutturata all'interno di una
dinamica relazionale tra soggetti).
• ambivalenza del carattere descrittivo di un modello come strumento funzionale ad una rappresentazione
sistematica dell'oggetto osservato, e il carattere pragmatico del processo educativo, per il quale le azioni
didattiche non sono rappresentabili in termini astratti.
• visione statica (fornisce fotografia del reale e fissa un'immagine fissa) opposta ad una visione dinamica,
proprio del processo educativo assunto nella sua intrinseca dimensione evolutiva di sviluppo.

La cultura scolastica ha sempre curato poco la documentazione della propria esperienza didattica, privilegiando
un’ottica amministrativa e burocratica rispetto a quella professionale. Se si parla di documentazione con un
insegnante, i primi oggetti che vengono in mente sono il registro o la pagella. La scuola è un soggetto privo di
memoria, che non si è mai preoccupata di documentare il proprio know how e leggerlo in una prospettiva
professionale. Le ragioni di questi disinteressi possono trovarsi nell’orientamento che tende a svalorizzare
l’esperienza e nella deformazione dell’impiego burocratico della documentazione, che porta a considerarla solo
un adempimento. Laneve propone la costruzione in ciascun istituto scolastico di un archivio dei beni didattici, un
luogo più o meno virtuale in quale documentare il patrimonio di esperienze didattiche accumulato e renderlo
fruibile alla comunità scolastica con lo scopo di preservarne la memoria. (la documentazione di può anche
ritrovare nel percorso del singolo docente, nel gruppo docente come esperienze didattiche condivise).

Le forme e le modalità attraverso cui rendere dicibile un'esperienza didattica si basano su due differenti criteri.

I. FUNZIONI della DOCUMENTAZIONE:


a. regolativa, puntare a indirizzare l'azione dell'insegnante.
b. Esplicativa, mirare a fornire chiavi di lettura comprendendo l'esperienza didattica;
c. narrativa, tendere a raccontare l'esperienza e i suoi significati.
II. FASI TEMPORALI dell’azione di INSEGNAMENTO:
a. Ex-ante, preparatoria all'azione,
b. contestuale, sviluppata durante l’azione,
c. Ex-post, dopo l'azione, ricostruzione del percorso, eventuale apprezzamento dei risultati.

L'incrocio dei due criteri consente di individuare nove combinazioni differenti di documentazione.

1. Piani, precedono l'azione e svolge una funzione essenzialmente regolativa, tentativi di anticipare lo
sviluppo di un determinato percorso didattico, per gestire la propria azione in modo più intenzionale e
consapevole.
2. Criteri di qualità, accompagnano l'azione per una funzione di tipo regolativo, di orientamento dell’azione
per documentare l’azione didattica nei suoi principi ispiratori.
3. Prototipi, seguono l’azione, resoconto strutturato con funzione regolativa, generalmente elaborato sulla
base di esperienze reali che mirano a proporre un modello su cui sviluppare un tentativo di trasferimento.
4. Teorie, precedono l'azione con funzione esplicativa, di strumento di comprensione dell'azione stessa il
cui scopo è fornire strumenti di interpretazione dell'azione che si intende realizzare.
5. Categorie di analisi, accompagnano l'azione per facilitarne la lettura. Rispetto ai criteri di qualità, in
quanto si vogliono presentare gli strumenti di comprensione dell’esperienza.
6. Tipologie didattiche, seguono l'azione per aiutare a riconoscere i tratti salienti (Lezioni discussioni,
problem solving), strumento che vorrebbe aiutare a leggere la propria azione, passare dalla singolarità
alla generalizzazione, ricondurla ad alcuni ideali tipi di riferimento che possono servire a comprenderla
meglio.
7. Simulazioni, che anticipano l’azione per favorire la comprensione globale dell’azione stessa, attraverso
un processo analogico volto a rivivere l’esperienza.
8. Protocolli osservativi, accompagnano l'azione e svolgono una funzione narrativa, di descrizione globale
dell'esperienza vissuta.
9. Diari di bordo, che seguono l'azione e svolgono la funzione di ricostruzione vissuto esperienziale sotto
forma di scrittura con lo scopo di registrare a caldo la propria esperienza e riservarne la memoria.
AZIONE DI INSEGNAMENTO

Elio Damiano considera l'insegnamento un’azione pratico-poietica (pensiero aristotelico).

❖ PRAXIS, azione orientata verso un fine etico non verso un prodotto concreto
o esempio del missionario, azione mira ad incarnare un determinato ideale morale
▪ “phronesis” – saggezza con cui il soggetto si fa portatore dei suoi principi etici
❖ POIESIS, azione finalizzata alla realizzazione di un determinato prodotto, tangibile e concreto, acquista
valore in relazione al risultato che produce
o esempio dell’artigiano, azione funzionale alla produzione di un determinato manufatto
▪ “techne” – insieme di abilità e competenze dell’artigiano per realizzare un prodotto a
regola d’arte.

PRAXIS : PHRONESIS = POIESIS : TECHNE

Nell’azione di insegnamento pratico-poietica:

→ la dimensione poetica, orientata al prodotto si riferisce alle qualità tecnico professionali dell'insegnante;
→ la dimensione pratica, orientata al processo si riferisce alle qualità umane e personali dell’insegnante.

La qualità dell'azione di insegnamento sta proprio nel coniugare connettere a queste due dimensioni, le quali
possono essere rappresentate come due insiemi, uno incluso nell'altro, dove la poiesis si sviluppa nel contesto
della praxis, visione all'interno della quale Damiano focalizza la sua attenzione sulla dimensione poietica
(modalità operative con cui l'insegnante persegue il suo compito di apprendimento, in quanto il prodotto
dell'insegnamento si riferisce ai risultati di apprendimento.

Il rapporto tra i momenti di insegnamento e apprendimento non causale. Si può parlare, infatti di una relazione
probabilistica, dalla quale emerge la riconcettualizzazione del prodotto dell'insegnamento come MEDIAZIONE
DIDATTICA, operata dall'insegnante per promuovere l'apprendimento dei propri allievi, per la quale si intende
la regolazione della distanza tra i contenuti culturali da trasmettere e i soggetti in apprendimento, comportando
una forma di rappresentazione della realtà sostituita con rappresentazioni che possano facilitare l’apprendimento
(figure, vignette, parole), e che viene inserita nel concetto più ampio di TRASPOSIZIONE DIDATTICA,
analizzabile in:

• selezione di contenuti di sapere – degni di essere inseriti in un programma di istruzione,


• trasformazione del contenuto di sapere prescelto – allo scopo di far diventare oggetto di insegnamento,
• gestione del contenuto di sapere nel corso dell'azione didattica – attraverso la dinamica di interazione tra
mediazione dell'insegnante e apprendimento degli alunni.

Intorno alla dimensione metodologica, esistono modalità e codici comunicativi che relazionano i soggetti in
apprendimento con gli oggetti di apprendimento. Da qui i quattro mediatori didattici:

• mediatori attivi, ricostruzione di esperienze di realtà seppure all'interno di un contesto didattico (uscite
didattiche, esperimenti scientifici); più vicini alla realtà, riprodotta in ambiente didattico;
• mediatori analogici, trasformazione della realtà in contesti simulati mantenendo un rapporto di analogia
con la realtà stessa (giochi di ruolo o simulazione);
• mediatori iconici, privilegiano una rappresentazione la realtà attraverso immagini visive (disegni e
schemi);
• mediatori simbolici, rappresentazione della realtà attraverso simboli, privi di un rapporto di
corrispondenza con la realtà stessa (codificazioni e notazioni simboliche); più lontani da realtà, riprodotta
convenzionalmente.

L’elemento di qualità dell'insegnamento consiste proprio nella pluralità dei linguaggi comunicativi.
DIMENSIONE METODOLOGICA

L'approccio cognitivista considera la metodologia didattica un dispositivo di adeguazione del contenuto culturale
al soggetto di apprendimento, per mettere in relazione la matrice cognitiva del soggetto che apprende con la
struttura del contenuto culturale oggetto di apprendimento. In questo stesso approccio Ausubel, ha classificato
diverse modalità di apprendimento in relazione a due parametri, incentrati sul ruolo attivo del soggetto
nell'esperienza apprenditiva:

1) la relazione del contenuto di apprendimento con la matrice cognitiva del soggetto,


a) apprendimento significativo, processo di integrazione tra il nuovo apprendimento e la matrice
cognitiva pregressa,
b) apprendimento meccanico, giusta posizione del nuovo apprendimento ai precedenti;
2) la modalità di approccio del soggetto che apprende il nuovo contenuto culturale.
a) apprendimento per ricezione, soggetto in posizione passiva rispetto al nuovo contenuto
culturale,
b) apprendimento per scoperta, archivi di soggetto in posizione attiva ed esplorativa.

L'incrocio di due parametri consente di riconoscere quattro tipologie di apprendimento.

1. meccanico – ricezione;
2. significativo – per ricezione;
3. meccanico – per scoperta;
4. significativo – per scoperta.

Un punto focale della proposta di Ausubel riguarda il concetto di apprendimento significativo di integrazione tra
matrice cognitiva del soggetto e nuovo contenuto culturale. Questo processo di integrazione rievoca le conoscenze
precedenti, una loro problematizzazione e un conseguente adattamento della matrice cognitivache può avvenire
attraverso l'espansione della matrice preesistente, con un processo che richiama quello piagetiano di assimilazione.

Pellerey propone un insieme di principi che qualificano una metodologia didattica efficace:

▪ la significatività, capacità di integrazione del nuovo apprendimento con le preconoscenze del soggetto;
▪ la motivazione, sollecitazione della disponibilità ad apprendere da parte del soggetto;
▪ la direzione, esplicitazione e condivisione dei traguardi di apprendimento verso cui orientare il processo
didattico;
▪ la continuità-ricorsività, ripresa progressiva di alcuni concetti chiave dell'ambito di conoscenza;
▪ l'integrazione tra diversi aspetti disciplinari, alla ricerca di punti di connessione e delle trasversalità;
▪ la trasferibilità linguistica, impiego di diversi codici comunicativi per rappresentare i contenuti di
conoscenza per garantire un rinforzo reciproco e intercettare i diversi stili cognitivi dei discenti.

L'approccio cognitivista si è evoluto nei decenni successivi grazie ai contributi provenienti dal costruttivismo, che
hanno valorizzato l’interazione sociale nella costruzione della conoscenza, e dagli studi della metacognizione che
hanno sottolineato il valore della consapevolezza del soggetto per lo sviluppo di un apprendimento profondo e
duraturo.

Si può integrare la proposta dello stesso Pellery con altri principi

• Negoziazione sociale, valorizzazione della dimensione sociale dell’apprendimento nella co-costruzione


della conoscenza;
• Contestualità, ancoraggio dell’apprendimento a contesti di realtà autentici e significativi per il soggetto;
• Riflessività, sollecitazione da parte del soggetto nei confronti di processi metacognitivi orientati a
sviluppare la sua autoconsapevolezza dell’esperienza apprenditiva;
• Pluralità culturale, molteplicità delle prospettive culturali attraverso cui approcciarsi alla conoscenza.

Nel tentativo di sviluppare nel soggetto la capacità di apprendere, meccanismi attraverso cui riflettere sul proprio
essere nei processi che mettono in gioco la dimensione relazionale effettiva entro cui si realizzano i processi di
apprendimento, si propone un repertorio di metodologie didattiche, approcci differenti con cui gestire la
mediazione tra soggetto che apprende e contenuto culturale:
- LEZIONE: metodologia didattica per eccellenza, è un'esposizione sistematica di contenuti che mette in
relazione l'insegnante con i contenuti culturali. Chi impara di più della lezione tradizionale è l’insegnante,
in virtù della rielaborazione del sapere a cui è sollecitato. Studente passivo poco coinvolto con insegnante
esperto
a. Offrire i contenuti identici ad un insieme anche ampio di soggetti
b. Efficienza di informazioni nel tempo
c. Eccessivo spazio al codice verbale (mantenimento dell’attenzione, limitato feedback)
- APPRENDISTATO: simile alla lezione, ma con contenuti più orientati ad abilità operative, sia nella
progressiva autonomia che assegna al soggetto che apprende, con insegnante come esperto
a. Concretezza nel carattere di apprendimento
b. Progressiva autonomia
c. Limitatezza d’uso di ambiti del sapere
d. Rischio di passiva imitazione
- APPROCCIO TUTORIALE: forma di supporto personalizzato all’apprendimento, valorizzazione del
triangolo didattico, con relazione personalizzata tra docente, con ruolo indiretto, e studente nel
trattamento del contenuto culturale.
a. Il docente supporta lo studente
b. Forte interazione grazie al feedback continuo
c. Tendenza a privilegiare il rapporto a due (insegnante-studente)
d. Rischio di incrementare le differenze tra gli studenti (ruolo del tutor, assecondamento dei ritmi
individuali)
- DISCUSSIONE: richiede un'attenzione al ruolo del gruppo e all'interazione reciproca tra i suoi
componenti; l'insegnante fa parte del gruppo e assume un ruolo di conduttore.
a. Sollecitazione e scambio di opinioni,
b. Difficoltà a garantire una partecipazione attiva a tutti i componenti del gruppo
c. Rischio di andare fuori tema
- PROBLEM SOLVING: rinforza la natura di gruppo centrato sul compito, orientato ad arrivare ad un
prodotto, connesso a problemi da risolvere, dove l'insegnante convoglia le energie e le risorse del gruppo
verso la risoluzione del problema.
a. Interazione sociale all'interno del gruppo,
b. Considerazione dei prerequisiti per operare in gruppo
c. Tempi più lunghi
- APPRENDIMENTO COOPERATIVO: variante del problem solving con un diverso ruolo
dell'insegnante che si pone fuori dal gruppo, in posizione di supporto indiretto al gruppo stesso, il quale
rafforza la sua autonomia nella gestione del compito da affrontare.
a. Sostegno reciproco tra i componenti
b. Integrazione delle risorse nei gruppi
c. Irrigidimento dei ruoli, causati dall’autonomia affidata ai gruppi
- ESPRESSIONE LIBERA / BRAIN STORMING: sollecita il contributo attivo dei componenti del
gruppo, liberando le risorse di creatività ed energia presenti. Il docente ha il compito primario di stimolare
i contributi, di animare il gruppo.
a. Stimolo ad aprirsi a diversi punti di vista.
b. Coinvolgimento dei diversi componenti
c. Pertinenza al tema e allo scopo del confronto

DIMENSIONE RELAZIONALE

La dimensione relazionale tra l'insegnante e lo studente si riferisce alla dinamica relazionale che intercorre tra i
diversi attori coinvolti nell'evento didattico, connessa alla predisposizione del setting didattico. Possiamo
riconoscere due tipi di relazioni comunicative,

• relazioni asimmetriche, caratterizzate da una distribuzione del potere diseguale tra i due attori
dell'interazione, con la responsabilità della gestione della comunicazione attribuita al soggetto che si
colloca in posizione up nella dinamica relazionale (insegnante in up - allievo in posizione down).
• relazioni simmetriche, caratterizzate da una distribuzione del potere equilibrata tra i due attori
dell'interazione, i quali condividono la responsabilità della gestione della comunicazione;

La qualità della relazione didattica dipende dal tentativo di rendere simmetrica la relazione, quanto dal grado di
flessibilità con cui viene gestita l'interazione di tipo asimmetrico. La qualità della relazione comunicativa tra
insegnante e alunno si misura in rapporto al grado di flessibilità con cui l’insegnante gestisce la dinamica di
interazione strutturalmente asimmetrica con i propri allievi.

Gli studiosi riconoscono due competenze di base che l'insegnante deve possedere per esercitare l'arte
dell'incoraggiamento:

• capacità di comunicare ad allievi il proprio vissuto circa l'esperienza relazionale.


• ascolto attivo, capacità di comprendere il vissuto esperienziale del proprio interlocutore

L'ascolto attivo sottolinea una gestione flessibile delle relazioni attraverso il potenziamento della funzione di
ascolto da parte dell'insegnante, ovvero di una posizione in cui mettersi a disposizione dell'altro e sforzarsi di
comprenderne il punto di vista. I due attori richiamano tre passaggi essenziali in un atteggiamento di ascolto attivo:

− Ricezione del messaggio


− Lettura del suo significato
− Re-azione comunicativa

Si deve prestare attenzione ai quattro piani del messaggio dell’interlocutore identificandone

→ Contenuto, ciò che si dice,


→ Relazione, come viene detto,
→ Autorappresentazione, come si presenta il soggetto,
→ Appello, l'intenzione con cui viene detto.

L'approccio di ascolto attivo si caratterizza nella reazione comunicativa, modalità con cui l'insegnante risponde al
divo. Franta e Colasanti distinguono le reazioni direttive (forme di valutazione “cattivo” e moralizzazione
“vergognati”) che tendono a chiudere e a bloccare la comunicazione dalle reazioni pro-attive (forme di
verbalizzazione “vuoi forse dirmi") che tendono ad aprirla e alimentarla.

L'autrice Marinella Sclavi introduce i segreti dell'arte di ascoltare:

− non avere fretta di arrivare a delle conclusioni,


− sforzarsi di cambiare il punto di vista con cui servar e una data realtà,
− mettersi nei panni del proprio interlocutore,
− andare oltre la superficie del mondo reale,
− adottare una modalità umoristica.

Clotilde Pontecorvo propone una lettura più strettamente cognitiva della dinamica comunicativa che punta a
valorizzare le potenzialità sul piano dell’apprendimento, per quanto riguarda l’interazione sociale del gruppo
classe.

Vygotski valorizza l'interazione tra pari come occasioni di scambio simmetrico e paritario.

Il concetto di co-costruzione della conoscenza viene rappresentato come "sindrome di qui, quo, qua". I nipotini
di Paperino spesso elaborano il loro pensiero come somma dei contributi individuali, così l’argomentare collettivo
diventa un pensiero condiviso, nel quale ciascun componente del gruppo fornisce il suo piccolo contributo per
arrivare ad un risultato che è superiore alla somma delle parti. Da qui l'importanza della rielaborazione verbale
dell'esperienza e di scambio tra diversi punti di vista in una prospettiva di apprendimento condiviso.

Per entrambe le competenze si tratta di andare oltre una relazione centrata sul contenuto e di dare spazio e voce
alle dimensioni affettive ed emotive, per incrementare il rapporto di fiducia tra insegnante e allievi. È importante
valorizzare la discussione tra gli allievi come risorsa per l’apprendimento, sul ruolo dell’insegnante e sulle
funzioni da lui svolte nel gestire e regolare l’interazione in classe; nei compiti del docente rientra quello di
stimolare un’interazione sociale all’interno del gruppo.
DIMENSIONE ORGANIZZATIVA

I fattori che definiscono il contesto formativo sono:

− spazio, contenitore fisico e materiale entro cui si realizza l’insegnamento.


− tempo, struttura temporale entro cui viene agita l'azione di insegnamento.
− regole, insieme di norme implicite ed esplicite che regolamentano la vita della classe e lo svolgimento
dell'azione didattica.
− attori, insieme dei soggetti coinvolti nella relazione didattica.
− canali comunicativi, medium attraverso cui avviene la relazione didattica come per esempio cartelloni,
tablet, download materiali.

Quando si parla di setting formativo si fa riferimento ad una serie di caratteristiche che hanno come oggetto gli
spazi utilizzati per la formazione. Si identificano quindi un insieme di fattori fisici che devono essere considerati
nel momento in cui viene ideato un luogo specifico dedicato all'apprendimento. Il setting formativo incide in
modo profondo sul processo formativo e sui suoi significati. Nel linguaggio didattico il curriculo implicito
riguarda prevalentemente i traguardi della formazione e le scelte metodologico didattiche che ne conseguono
come contenuti, metodi, materiali. L'aspetto più problematico è che spesso non c'è più la consapevolezza da parte
dell'insegnante in merito alle scelte fatte sul piano relazionale ed organizzativo. Uno dei maggiori rischi di un
evento comunicativo, riguarda proprio le incongruenze che si vengono a determinare tra piano del contenuto ossia
cosa si dice e piano della relazione ossia come si dice, con conseguenti messaggi ambigui e disorientanti. La
giornata scolastica risulta essere tripartita, come se ci fossero tre modelli educativi distinti: quello scolastico, che
tende a ricalcare stili tipici di gradi scolastici superiori, quello del gioco libero, quello delle attività di routine. La
gestione dello spazio tende a seguire una logica economica nel rispondere alle proprie competenze in materia di
edilizia scolastica, preoccupati di limitare le spese in rapporto ai bisogni quantitativi. Spetta a questo punto
all'insegnante la sfida di ricomporre le diverse logiche e puntare ad una risposta intenzionalmente pedagogica.

PROGETTAZIONE

La progettazione e la valutazione avvengono prima e dopo il momento dell'azione didattica attraverso il pensare
l’azione. Quando si parla di questi argomenti in ambito scolastico c'è sempre un'ambiguità di fondo tra una visione
amministrativa ed una visione professionale: istanza burocratica ed istanza professionale. Nella pratica scolastica
tende a prevalere la prima istanza. Il vero strumento progettuale dell'insegnante è l'agenda personale o il
quadernetto che costudisce gelosamente. Possiamo riconoscere due logiche progettuali profondamente diverse:

a. logica della razionalità, tecnica che presuppone un rapporto lineare tra i momenti del progettare, dell'agire
e del valutare e si caratterizza come momento ex-ante dell'azione didattica.
b. logica della complessità, caratterizzata da un rapporto di circolarità tra i momenti del progettuale,
dell'agire e del valutare in continuo dialogo e l'interazione reciproca, fase progettuale che si intreccia con
l'azione stessa e con la sua valutazione.

L'ingredienti chiave di un progetto didattico sono:

• I traguardi formativi a cui è finalizzato il progetto didattico,


• i contenuti culturali che saranno affrontati nel percorso didattico,
• i processi formativi attraverso cui sviluppare i traguardi e i contenuti culturali che si sono identificati,
• La valutazione in cui si riferisce ai risultati attesi posti alla base dei percorsi didattico.

L'elaborazione di un progetto didattico deve dare risposta alle quattro domande indicate:

+ che cosa insegnare?


+ perché insegnare?
+ come insegnare?
+ come valutare il processo formativo?
Tra i modelli progettuali troviamo la progettazione per obiettivi, in quanto definisce i passaggi iniziali per la
definizione degli obiettivi formativi. Sulla base di essi si tratta di precisare i contenuti, le strategie, le modalità di
valutazione.

A. La progettazione per temi è la codificazione di una consuetudine che riduce il momento progettuale alla
selezione dei contenuti da affrontare nel lavoro d'aula e si concretizza nell'indicare il libro di testo e nella
scelta di quali aspetti trattare e in quali tempi.
B. La progettazione per concetti assume, come punto di partenza per la costruzione di un curricolo,
un'analisi epistemologica dei contenuti culturali che si intende trasmettere in rapporto ad un determinato
ambito disciplinare.
C. La progettazione per sfondo integratore richiama un modello di progettazione più strategico e più
attento alla processualità degli eventi utilizzati soprattutto nella scuola dell’infanzia con il compito
primario di identificare uno sfondo che faccia da contenitore a un determinato percorso didattico
orientato a raggiungere specifici traguardi formativi; tale sfondo può essere un ambiente entro cui
collocare l'esperienza didattiche come per esempio il bosco oppure ancora un personaggio fantastico
come uno gnomo, oppure un problema da affrontare.
D. La progettazione a ritroso si caratterizza per una inversione logica tra il momento progettuale e il
momento valutativo, proponendo un approccio progettuale che muove da alcune scelte valutative per
sviluppare poi le applicazioni sugli altri aspetti della progettazione didattica.

VALUTAZIONE

L’evento valutativo richiede di individuare con precisione i PASSAGGI CHIAVE e di mettere a fuoco le
principali opzioni dentro cui si sviluppa il momento della valutazione della pratica scolastica:

• I dati di riferimento costituiscono la rappresentazione fattuale dell'oggetto che colui che valuta si è fatto.
In questa fase rilevativa, viene messa in gioco la soggettività di chi osserva la realtà attraverso i suoi
occhi, condizionato dalle sue esperienze progressi.
• Il giudizio di valore costituisce la rappresentazione codificata dell'oggetto, ottenuto attraverso l'intreccio
tra i dati di riferimento e referenti concettuali con cui interpretarli.
• I criteri di giudizio, quadro valoriale assunto dal valutatore in ordine all'oggetto di indagine.

Le due FASI CHE QUALIFICANO un processo valutativo sono:

− la fase rilevativa, caratterizzata dalla raccolta dei dati di riferimento utili alla valutazione,
− la fase di espressione del giudizio, nella quale i dati raccolti vengono interpretati alla luce di un insieme
di criteri di giudizio.

Un'altra componente del processo valutativo riguarda i RUOLI DEI SOGGETTI implicati nel processo stesso per
evidenziare la valenza sociale della valutazione, in rapporto alle dinamiche che si vengono a determinare tra chi
valuta e chi è valutato. Per individuazione dell'oggetto della votazione si intende la considerazione dell'aspetti da
considerare nell'esperienza scolastica.

Le FUNZIONI del momento valutativo:

• valutazione predittiva, precede il processo formativo con lo scopo di predire le caratteristiche del
percorso formativo più adatti a un determinato soggetto.
• valutazione diagnostica, analizza le caratteristiche di ingresso di un allievo in relazione al percorso che
deve compiere;
• valutazione formativa, fornisce un feedback all'allievo e all'insegnante sull'evoluzione del processo
formativo;
• valutazione sommativa, identifica i risultati conseguiti dall'allievo;
• valutazione certificativa, attesta socialmente il conseguimento di determinati risultati da parte del
soggetto.

La fase di individuazione dell'oggetto mette in gioco il significato che si attribuisce all'esperienza di


apprendimento la quale intende che cosa significa valutare l'apprendimento per i propri allievi; riguardo alla
rivelazione di dati è utile ricordare che essa avviene attraverso l'interazione quotidiana che l'insegnante ha con i
propri allievi che gli consente di farsi un'idea delle caratteristiche di ciascuno di loro. Si tratta delle cosiddette
prove di verifica, situazioni didattiche intenzionalmente predisposte per accertare l'avvenuto conseguimento di
determinati risultati. Possiamo pensare ad una prova di verifica come somministrazione di un determinato stimolo
all’allievo. In base alle caratteristiche dello stimolo proposto possiamo distinguere stimoli aperti e stimoli chiusi.

• Prove non strutturate, caratterizzate da uno stimolo con molti gradi di libertà
(classica traccia di un elaborato scritto "parla di…");
• Prove strutturate, caratterizzate da uno stimolo che riduce o elimina i gradi di
libertà (test a risposta multipla);
• Prove semi-strutturate, rappresentano una situazione intermedia tra le due
precedenti (un saggio breve in cui bisogna rispettare alcuni vincoli imposti).

− La definizione di criteri, stretta relazione tra il momento progettuale e quello valutativo, in quanto i
criteri di giudizio sono stati identificati in fase progettuale.
− Il momento di espressione di giudizio pone una problematica di codici attraverso cui formulare l'esito
di valutazione.
− La fase di regolazione dell’insegnante evidenzia la circolarità tra momento valutativo dell’azione
didattica e momento progettuale e segnala come il processo di valutazione degli apprendimenti metta in
gioco sia allievi che l’insegnante e la sua azione.
− La comunicazione del giudizio richiama la necessità di collocare il momento della valutazione in una
logica formativa; il giudizio scolastico non è equiparabile ad una sentenza ma ricade inevitabilmente una
relazione formativa.
− Riguardo ai ruoli dei soggetti vi sono diversi piani di lettura della dinamica valutativa in ambito
scolastico: vi è la valutazione individuale e la valutazione affidata al consiglio di classe. Una valutazione
affidata ad una pluralità di soggetti è una condizione per ridurre l'inevitabile soggettività presente nel
giudizio valutativo.

La qualità del processo valutativo si gioca, quindi, nella presenza di una serie di REQUISITI:

1. Validità e attendibilità degli strumenti di rilevazione degli apprendimenti;


2. Trasparenza di criteri e modalità di attribuzione del giudizio;
3. Utilità del processo valutativo in relazione al compito formativo della scuola;
4. Condivisione dei modi di valutare tra i docenti che operano con gli stessi allievi.

PARTE SECONDA, La didattica domani.

Lavorare per competenze: QUALE APPRENDIMENTO

Per competenza si intende la capacità di far fronte ad un compito, o un insieme di compiti riuscendo a mettere in
moto le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive e ad utilizzare quelle esterne disponibili in modo
coerente e fecondo. Un dirigente si differenzia da un allievo competente in quanto il primo ha acquisito i saperi
scolastici ma fa fatica ad utilizzarli in contesti diversi, il secondo invece gestisce con maggior flessibilità l'incontro
tra il quesito proposto e i propri saperi.

Possiamo distinguere tre livelli di analisi di una competenza:

1. risorse cognitive, conoscenze e abilità necessarie per affrontare un dato compito;


2. processi cognitivi ed operativi che il soggetto è sollecitato a mobilitare per affrontare il compito proposto;
3. l'insieme delle disposizioni ad agire, che condizionano e determinano il comportamento del soggetto nel
gestire la situazione in cui si trova.

I tre piani di sviluppo della competenza (il sapere, il saper fare e saper essere), richiamano quattro parole chiave:

• realizzazione per evidenziare il riferimento ad un compito da affrontare;


• integrazione a richiamare la mobilitazione delle risorse a disposizione del soggetto;
• contesto per sottolineare la capacità di muoversi all'interno delle risorse;
• responsabilità a richiamare il ruolo attivo del soggetto nell'esercizio della competenza.

L'analisi della competenza richiede di andare oltre i comportamenti osservabili e di prestare attenzione alle
modalità con cui esso si avvicina allo svolgimento di un compito. La competenza tende ad essere pensata come
una integrazione delle risorse possedute dall'individuo, che comporta l'attivazione di conoscenze, abilità relative
sia al piano cognitivo, sia al piano socio emotivo e evolutivo.

Lavorare per competenze: QUALE INSEGNAMENTO

Possiamo notare delle differenze tra l'apprendimento scolastico, fondato su un ordine logico e l'apprendimento in
situazioni di realtà, fondato su ordine pratico. La scuola richiede prestazioni individuali evitando qualsiasi forma
di contatto diretto con i propri compagni proprio per tentare di accertare un apprendimento individuale, una
situazione decisamente artificiosa se confrontata con qualsiasi esperienza reale. La scuola richiede un pensiero
privo di supporti, dove tutto il contenuto è nella testa del soggetto a differenza dell'esterno in cui si può approfittare
delle numerose risorse che oggi giorno abbiamo la possibilità di avere (internet, dizionario). A scuola si insegnano
le capacità e conoscenze generali, mentre nell'attività esterne dominano competenze specifiche, legate la
situazione. La sfida per l'apprendimento scolastico consiste nel mettere una relazione costante con l'esperienza
reale, con il vissuto degli allievi, pertanto possiamo identificare due visioni dell'insegnamento:

• L'insegnamento muro, centrato sull'insegnante che lo orienta e lo dirige, risulta noioso e poco interessante
allo studente. È stabilito e preciso, connesso ad obiettivi standardizzati, formalizzato in lezioni e procede
secondo una sequenza di azioni dirette verso lo stesso scopo per tutti gli studenti, in una situazione dove
l'insegnante insegna e gli studenti ascoltano. È controllato attraverso test e voti.
• L'insegnamento ponte, centrato sullo studente ceh lo dirige, è formalizzato in esperienze personali. È
tematico, procede organizzato attorno a problemi o temi interessanti, ricorre a fonti e materiali diversi,
avviene su compiti scelti dallo studente ed è controllato attraverso una valutazione autentica.

Possiamo individuare due parametri in base quali riconoscere i modelli di progettazione didattica

1) struttura di analisi progettuale


a) struttura molecolare, di tipo analitico che scompone il percorso didattico delle sue componenti
elementari,
b) struttura molare, di tipo globale che assume il percorso didattico nella sua complessità
2) Il secondo riguarda la strategia progettuale sottesa
a) strategia deduttiva, top-down
b) strategia induttiva, bottom-down

per la quale si possono riconoscere tre tipologie progettuali:

• unità didattica, unità progettuale finalizzata al raggiungimento di traguardi formativi circoscritti e 20


limitati attraverso un approccio sistematico e strutturato alla prendi mento.
• modulo didattico, unità progettuale finalizzata al raggiungimento di traguardi formativi più ampi
attraverso un approccio sistematico, generalmente articolato in unità didattiche.
• progetto didattico, unità progettuale finalizzata al raggiungimento dei traguardi formativi più ampi
attraverso un approccio esperienziale ed euristico all’apprendimento.

I progetti didattici fungono da orientamento dell'azione didattica verso una prospettiva di costruzione di ambienti
di apprendimento funzionali a promuovere le competenze necessarie ad allievi, per i quali possiamo individuare
alcuni passaggi chiave:

1. Per prima, la prospettiva della progettazione a ritroso inizia dal momento valutativo e si allarga alla
definizione dei processi e dei contenuti formativi.
2. Un secondo snodo riguarda l'individuazione di una situazione-problema intorno a cui strutturare il
progetto, ovvero un contesto d'azione proposto in chiave problematica per esempio come organizzare
una gita scolastica.
3. Un terzo snodo riguarda la logica didattica, orientata a promuovere apprendimenti che si intendono
sviluppare negli allievi.

La costruzione di un progetto formativo che nasce da una situazione-problema si configura come un processo di
problem-solving applicato alla didattica. I passaggi chiave che costituiscono la logica didattica si possono
riassumere in diverse fasi:

i. problematizzazione, funzionale a sviluppare un senso condiviso da parte di insegnante


e allievi in rapporto allo sviluppo del progetto;
ii. allenamento, funzionale ad acquisire i processi necessari per l'esercizio la competenza;
iii. integrazione, funzionale a portare a frutto il percorso ordinamento nell'affrontare il
compito complesso poté,
iv. rielaborazione, funzionario rileggere il percorso svolto.
4. Un quarto snodo riguarda il momento della valutazione centrata su un accertamento del livello di
competenza sviluppata dal singolo allievo a conclusione del percorso didattico.

Lavorare per competenze: QUALE VALUTAZIONE.

Comoglio denuncia la valutazione didattica tradizionale in quanto si limita ad accertare i processi cognitivi più
semplici ed elementari, determinando uno schiacciamento del processo formativo su sapere di tipo riproduttivo,
a scapito di modalità e lavorative e strategiche. Questo si ripercuote anche sulla valutazione, la quale tende a
basarsi su compiti astratti, incapace di confrontarsi a contesti reali. La valutazione tradizionale impiega quasi
esclusivamente prove individuali, dando scarso rilievo alle prove di gruppo. Per quanto riguarda i ruoli di
valutatore e di valutato, lo studente avverte la figura dell'insegnante estranea e minacciosa spingendolo ad attuare
diverse strategie di sopravvivenza come la copiatura.

Il principio della triangolazione consiste quindi nell'attivazione e nel confronto di più livelli di osservazione, al
fine di consentire una ricostruzione articolata dell'oggetto di analisi. Non è sufficiente un unico punto di
riferimento, ma occorre osservarlo da molteplici prospettive. Il principio della triangolazione ci propone una
prospettiva trifocale: un ideale triangolo di osservazione che assume come baricentro l'idea stessa di competenza
su cui si basano i differenti punti di vista:

• La dimensione soggettiva richiama i significati personali attribuiti dal soggetto alla sua esperienza di
apprendimento. Comporta un'istanza auto-valutativa connessa al modo con cui l'individuo osserva e
giudica la esperienza di apprendimento e la sua capacità di rispondere ai compiti richiesti (diario di bordo,
autobiografie questionari di auto percezione).
• La dimensione intersoggettiva si riferisce alla modalità di osservazione e valutazione delle prestazioni
del soggetto da parte degli altri soggetti implicati nel processo formativo, tra cui insegnanti, ma anche
degli allievi e dei genitori che hanno l'opportunità di osservarlo in azione, implicando un'istanza sociale.
• La dimensione oggettiva richiama le evidenze osservabili che attestano la progettazione del soggetto e i
suoi risultati ottenuti. Essa implica un'istanza empirica connessa alla rilevazione in termini osservabili e
misurabili del comportamento del soggetto in relazione al compito assegnato (compiti autentici richiesti
dal soggetto, prove di verifica).

Al centro delle tre dimensioni, in rapporto all'idea di competenza si pone la rubrica valutativa. Essa costituisce il
punto di riferimento comune ai diversi materiali e assicura l'unitarietà e coerenza all'interno impianto di
valutazione.

Lavorare per competenze: QUALE CURRICOLO

Le competenze chiave

Tanta è l'esigenza di identificare traguardi formativi che il sistema scolastico deve assicurare per consentire al
soggetto in formazione un inserimento autonomo e responsabile nel contesto sociale, culturale, professionale in
cui vive, traguardi espressi come capacità di usare il proprio sapere per rispondere ai bisogni personali e alle
esigenze poste dal contesto sociale. Si tratta di un orientamento nell'ambito della formazione professionale in
riferimento al sistema dell'istruzione. Nel 1993 l'Organizzazione Mondiale della Sanità produsse un documento
(Life skills education in schools) invitando scuole e agenzie educative a promuovere una formazione che attrezzi
i giovani ad affrontare le difficoltà della vita per la maturazione della persona e del cittadino. Nello stesso anno
fu pubblicato il primo libro bianco di Delors che puntava ad un investimento sul capitale umano che esteso ad una
formazione lungo l'intero arco della vita, consentendo di rispondere alle sfide di dinamicità e flessibilità del mondo
del lavoro. Il secondo libro (Cresson e Flynn) considerava una società conoscitiva in cui la conoscenza è l'insieme
del sapere di cui ognuno dispone per muoversi nella società dell'informazione. Si iniziava a porre l'esigenza di
disporre di competenze unitarie tra i diversi sistemi scolastici dei sistemi di accertamento e certificazione di tali
competenze. L’OCSE nel 1997 promosse il progetto Definizione Selezione delle Competenze il cui intento era
confrontare le opinioni di esperti e produrre un'analisi sulle competenze chiave necessarie per la vita adulta
attraverso criteri utili che, fondati sui principi della democrazia dello sviluppo sostenibile, permettono di realizzare
il potenziale degli individui, di rispettare gli altri e contribuire a produrre una società equa. In questo clima nasce
anche il progetto PISA, indagine internazionale su conoscenze e abilità dei 15enni dei principali paesi
industrializzati, focalizzata sulle competenze di lettura, matematica e scientifica e che prevede la
somministrazione di un questionario per dirigenti scolastici, su caratteristiche distintive di ciascuna realtà
scolastica, e per gli studenti, sulla percezione dell'esperienza scolastica e le modalità di apprendimento e crescita
culturale. Questo progetto verifica le competenze acquisite dagli studenti attraverso la loro esperienza scolastica,
proponendo situazioni complesse in cui utilizzare il proprio sapere in modo produttivo. Per il progetto DeSeCo,
Consiglio e Parlamento europeo nel 2006 hanno approvato una Raccomandazione per individuare le competenze
chiave per l'apprendimento permanente i cui intenti sono:

- identificare e definire le competenze chiave per una cittadinanza attiva in una società della conoscenza;
- indirizzare gli Stati dell'UE verso lo sviluppo delle competenze chiave nei propri sistemi di istruzione
formazione e nei processi di apprendimento lungo i corsi della vita;
- fornire un quadro di riferimento a livello europeo per i responsabili politici, i formatori e la comunità
sociale per agevolare lo sviluppo di politiche per la formazione;
- costituire un riferimento per le azioni comunitarie nell'ambito del programma di lavoro di istruzione
formazione e dei successivi interventi nel campo dell'istruzione della formazione.

Altro tassello è rappresentato dalla Raccomandazione del Consiglio del Parlamento europeo sulla costituzione del
Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l'apprendimento permanente approvata il 23 Aprile 2008, i cui
intenti sono:

- fornire un linguaggio comune per descrivere le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e formazione
per facilitare la mobilità delle persone e l'interconnessione dei sistemi informativi;
- ssicurare la convalida delle esperienze formative formali e informali realizzate dai soggetti nei loro
percorsi di crescita e di sviluppo
- spostare il focus dagli input ai risultati di apprendimento.

Lo schema di regolamento sull'obbligo d'istruzione propone un quadro di saperi e competenze da assumere in


comune per i diversi indirizzi del biennio della scuola secondaria superiore, e come riferimento per i gradi
scolastici precedenti. Le Indicazioni nazionali emanate nel 2010 riprendono le competenze chiave nella
costruzione del profilo dello studente in uscita dalla scuola secondaria di primo grado, riferimento prospettico a
cui ricondurre risultati di apprendimento disciplinari, riferimenti formativi che segnalano come il tema delle
competenze chiave all'ordine del giorno costituisca il perno su cui ripensare i processi di insegnamento e
valutazione.

Nella varietà dei modelli curricolari e delle proposte presenti in letteratura, si riconoscono le componenti di un
curricolo che invitano alle origini della riflessione curriculare. Tyler proponeva uno schema di base per sviluppare
una proposta formativa che partiva da quattro domande fondamentali:

- quali sono le finalità educative che la scuola dovrebbe cercare di raggiungere?


- Quali esperienze educative sono adatte a raggiungere questa finalità?
- Come possono in concreto essere organizzate queste esperienze?
- In quale modo si possono verificare si può verificare il raggiungimento di queste finalità?

Si tratta di uno schema sequenziale fondato su modello di razionalità e applicato alla progettazione dei processi
formativi. La proposta curricolare di Kerr si articola in quattro regioni tra loro adiacenti e confinanti:
- La regione degli obiettivi si riferisce a campi d'azione che sviluppano la personalità del soggetto;
- La regione dei contenuti in base ad esperienza diretta e indiretta e nelle discipline di insegnamento,
riferita alle connessioni delle relazioni reciproche;
- la regione dei processi formativi richiama l'attenzione ai processi attuati per raggiungere traguardi
acquisire conoscenze indicate;
- La religione della valutazione si articola in una valutazione dei risultati formativi e dei processi
organizzativi e formativi messi in atto dalla comunità scolastica.

Dalla mappa di Kerr, si orienta la costruzione di una proposta formativa nella prospettiva delle competenze. Il
primo ciclo di istruzione nel nostro paese ha riferimenti forniti dalle nuove Indicazioni nazionali per la costruzione
del curricolo da parte delle scuole (il richiamo alle competenze chiave per l'apprendimento permanente, la
definizione di campi di esperienza, l'individuazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze degli obiettivi
di apprendimento in ciascun campo). All'interno dell'assetto istituzionale esistono snodi chiave su cui sviluppare
un curricolo per le competenze:

- nella regione degli obiettivi per l'elemento di raccordo tra la definizione di traguardi le modalità di
valutazione, e l'incrocio tra le competenze chiave e i traguardi per lo sviluppo delle competenze stesse;
- nella regione dei contenuti per l'individuazione di saperi essenziali organizzati in rapporto alle discipline
e in relazione agli obiettivi di apprendimento;
- nella regione dei processi formativi sono le linee guida per l'elaborazione delle unità di lavoro formativo
a livello disciplinare trasversale da parte dei singoli docenti e la documentazione di unità di
apprendimento per la costruzione di ambienti di apprendimento nel lavoro di classe;
- nella regione della valutazione si considera la predisposizione di strumenti per la valutazione delle
competenze, la documentazione, la certificazione, i risultati di apprendimento e le modalità di
autovalutazione e valutazione dell'insegnamento.

Un approccio strategico chiede di curare la produzione di un buon documento attraverso quattro tappe:

1. Preparazione del terreno e possibilità di realizzare azioni organizzative e culturali per accogliere la
proposta innovativa, per far emergere la proposta innovativa da una rielaborazione del proprio operato
con gli strumenti adatti all’elaborazione curricolare e all’orientamento della comunità scolastica.
2. L'elaborazione della proposta curricolare si configura un processo che vede nella comunità scolastica il
soggetto cruciale con l'esigenza di strutturare le modalità di ascolto, interlocuzione, mediazione e
decisione per costruire un documento rispettoso dell'identità culturale dello specifico contesto scolastico.
3. Per l'implementazione della proposta curricolare esistono passaggi intermedi che portano il documento
del curricolo d'istituto a declinarsi in un'azione professionale concreta e contestuale, dove è importante
definire compiti e prodotti tra istituto e singolo docente e di individuare, sul lavoro formativo,
l'individuazione di sottoinsiemi di allievi con un docente responsabile, e articolare della proposta
formativa in rapporto alle discipline di insegnamento.
4. Riguardo alla manutenzione del curricolo si precisano le modalità di valutazione e revisione della
proposta stessa, in particolare mettendo in gioco risultati formativi ottenuti e processi organizzativi
formativi realizzati a partire dalle scelte operate.

Lavorare per competenze: QUADRO ISTITUZIONALE

Per il primo ciclo di istruzione ci si riferisce alle Indicazioni nazionali per il curricolo del 16 novembre 2012. Il
punto fondamentale riguarda la volontà di ricondurre i saperi disciplinari come strumenti per la formazione del
soggetto, e quindi per comprendere e affrontare la realtà naturale e sociale, e assumere le competenze chiave di
cittadinanza. Si distinguono:

− i traguardi per lo sviluppo delle competenze rappresentano il punto di intersezione tra le competenze
chiave
− gli obiettivi di apprendimento rappresentano il punto di intersezione tra i traguardi formativi espressi in
termini di competenza, e i traguardi formativi espressi in termini di conoscenze e abilità con la funzione
di orientare il rapporto allo sviluppo del curricolo a livello di scuola e di classe.
Nel secondo ciclo di istruzione i riferimenti programmatici rinviano al decreto sull'obbligo d'istruzione, alle
Indicazioni nazionali per i licei e alle linee guida per il triennio degli istituti tecnici e professionali. Il decreto del
2007 pone a 10 anni l'istruzione obbligatoria e rinvia un documento in cui sono citate le competenze di base da
conseguire a conclusione dell'obbligo di istruzione per l'asse dei traguardi di conoscenza e abilità ritenuti
essenziali e comuni per i diversi indirizzi della scuola secondaria di secondo grado. Successivamente vengono
declinate otto competenze chiave di cittadinanza da acquisire alla fine dell'istruzione obbligatoria: imparare ad
imparare, progettare, comunicare, collaborare partecipare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere i
problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire e interpretare l'informazione. La riforma della scuola
superiore del 2010/2011 si basa su linee guida degli istituti tecnici e professionali, cui risultati di apprendimento
per biennio e triennio prevedono l'identificazione dei traguardi di competenza essenziali per i diversi ambiti
disciplinari. Le Indicazioni nazionali per i licei sono più generiche.

Sul finire degli anni ‘90 si assiste ad un salto di qualità delle indagini internazionali sugli apprendimenti:

- rendere sistematiche le indagini sugli apprendimenti assicurando periodicità costante e garantendo


longitudinalità e trasversalità dei risultati ottenuti;
- elaborare quadri di riferimento espliciti ed organici per promuovere un linguaggio comune tra i paesi;
- integrare le prove sui livelli di apprendimento con dati di processo per esplorare le relazioni intercorrenti
tra processi e risultati conseguiti;
- garantire tempi di elaborazione di restituzione dei dati definiti relativamente brevi;
- Coinvolgere, nella gestione delle indagini, i decisori politici ed istituzionali.

Il progetto PISA proposto nel 2000 per i 15enni, a conclusione della scuola di base, si focalizza su contenuti
strategici per la formazione di base nella società contemporanea. L’indagine TEMMS 2015 ha come oggetto gli
apprendimenti in matematica e scienze degli studenti frequentanti il quarto e l'ottavo anno del percorso scolastico
di base (IV primaria e III di II grado). L'esigenza di modalità di controllo periodico dei risultati formativi del
sistema politico italiano trova una risposta nell'art. 3 della Legge n.53 del 2003 dove vengono richiamati due
principi di fondo su cui strutturare una valutazione di sistema del servizio scolastico: una valutazione del singolo
studente da parte dei docenti responsabili del suo percorso formativo e una valutazione del sistema da parte
dell'INVALSI relativa allo sviluppo di alcuni apprendimenti essenziali. Affidata ad un soggetto esterno l'Invalsi
assicura indipendenza dal processo valutativo accerta la produttività complessiva del sistema in rapporto al
raggiungimento dei risultati formativi. Il processo di standardizzazione riguarda le istituzioni scolastiche che
compongono il sistema scolastico. L'invalsi diviene lo strumento operativo per verificare il raggiungimento di un
insieme di traguardi formativi ritenuti essenziali in un sistema scolastico rafforzando il carattere bidirezionale
delle proprie indagini e rispondendo ai bisogni formativi delle singole realtà scolastiche, attraverso prove di
modalità censuaria e campionaria, coinvolgendo tutte le scuole. La valutazione scolastica tradizionale (voti in
riferimento alle discipline), risulta inadeguata a restituire un profilo del soggetto che evidenzi le competenze
acquisite e la sua rispondenza a determinare esigenze professionali e formative. Da qui l'esigenza di modalità
comunicative più esplicative, che restituiscano un profilo dei livelli di padronanza più chiari e spendibile sul piano
sociale.

PARTE TERZA

La didattica in azione, STUDIO DI CASO

1. APPROCCIO INDUTTIVO

Un approccio induttivo propone un insieme di dati, come materiale di partenza, e stimola l'elaborazione
di concerti organizzatori. Insegnare a pensare induttivamente significa accompagnare lo studente nell'acquisire
una metodologia esperienziale. Il focus è sui processi cognitivi di elaborazione delle informazioni basato su una
sequenza di passaggi del metodo scientifico classico e, dal punto di vista didattico, interessa l'acquisizione di un
metodo di osservazione di analisi della realtà che può essere riproposto in diversi ambiti. Un valore aggiunto
riguarda il ruolo del confronto sociale all'interno del gruppo di allievi che avviene attraverso l'interazione, il
confronto e la condivisione di significati. Il docente guida allo sviluppo del processo di elaborazione concettuale,
attraverso la preparazione del materiale da analizzare e l'indicazione dei diversi passaggi dell'analisi, stimola a
trarre delle conclusioni e invita a creare collegamenti tra i diversi passaggi. Un processo di problem-solving
assistito, che vede l'insegnante in una posizione in diretta. Tra problemi c'è il tempo necessario per sviluppare i
diversi passaggi. Sintetizzando in passaggi chiave abbiamo:

- identificazione del dominio di contenuto stabilendo il focus è il confine dell'indagine;


- raccolta la presentazione e l'enumerazione dei dati della realtà;
- l'esaminazione dei dati;
- la formazione dei concetti per la classifica per la classificazione degli item in categoria e condivisione
dei risultati;
- generazione e verifica delle ipotesi;
- consolidamento e trasferimento in quanto si cercano nuovi dati a cui applicare i concetti individuati.

2. APPRENDIMENTO COOPERATIVO

Per l'apprendimento cooperativo vi sono principi base:

- il valore motivazionale dell'integrazione sociale,


- la maggiore efficacia nell'apprendimento tra pari,
- l'incremento di complessità sociale cognitiva favorito dall'interazione dalla modalità di
costruzione sociale della conoscenza,
- le ricadute positive di esperienze di cooperazione dell’autostima personale,
- l'esigenza di apprendere a cooperare attraverso l'esperienza.

Quest'ultimo punto è alla base dei vari modelli che tendono a proporre un percorso di avvicinamento alla
programmazione per gestire la dimensione del gruppo, la complessità del compito, i tempi di lavoro, il clima di
fiducia reciproca, la specializzazione dei ruoli, la condivisione delle responsabilità e lo sviluppo della riflessione
critica. L'insegnante supporta il funzionamento del gruppo salvaguardandone l’autonomia. Tra i problemi vi è la
necessità di alcuni prerequisiti tra i membri del gruppo in termini di competenze sociali e precondizione per la sua
efficacia, la ricerca di un equilibrio ottimale tra collaborazione e competizione. Tra i punti chiave della
metodologia proposta abbiamo:

- messa a fuoco di situazioni problematiche su cui centrare l'attività;


- organizzare il compito nella ripartizione di gruppi, lavoro e materiali necessari;
- studio autonomo e di gruppo;
- analisi del progresso e del processo presentando il lavoro dei gruppi valutando i risultati e il processo;
- ripetizione del ciclo di attività definendo indicazioni correttive migliorative.

3. DIDATTICA PER PROGETTI

Per didattica per progetti si intende un processo sistematico di acquisizione e trasferimento di conoscenze
nel corso del quale lo studente anticipa, pianifica e realizza un'attività osservabile e poi valutabile, sotto la
supervisione di un'insegnante. L’insegnante deve agevolare le risorse del gruppo in funzione della realizzazione
del processo stesso attraverso la messa a punto del contesto di realtà entro cui inquadrare integrare la propria
didattica, reazione delle risorse del gruppo e l'incoraggiamento in forza positivo. Lo studente è quindi si fa carico
della realizzazione del progetto fornendo il proprio contributo all'interno di un disegno collettivo e assumendosi
la responsabilità degli impegni assunti e rinforzando la sua autonomia. Tra i problemi emerge il raccordo con
l'attività curricolare, in quanto frequentemente le attività progettuali condotte dalla scuola tendono a rimanere
separate configurandosi come qualcosa di straordinario. Un altro problema è il rischio di far prevalere la logica
produttiva dell'approccio al progetto perdendo di vista la logica formativa che dovrebbe rimanere al centro
dell'attenzione. Nei punti chiave abbiamo:

- individuazione di un bisogno condiviso o problema da affrontare,


- prefigurazione del traguardo atteso con la stesura di un progetto,
- stesura di un disciplinare di incarico inizio la gestione,
- definire delle strategie e degli strumenti,
- gestione delle fasi di lavoro fino alla presentazione del lavoro finito,
- controllo e valutazione del lavoro da parte dell'insegnante assieme alla classe.

4. GIOCO DI RUOLO
Il gioco di ruolo è la simulazione del contenuto di realtà-oggetto del lavoro didattico e consente
un’immedesimazione dell'esperienza sul piano sociale, emotivo e valoriale. Sposta l'attenzione sull'esercizio della
competenza col fine di comprendere attitudini, valori, percezioni, messi in gioco dal soggetto in determinate
situazioni, e lo sviluppo di abilità di problemi solving per contesti d'azione. I principi didattici danno l'opportunità
di immergersi nell'esperienza attraverso l'azione simulata, la promozione di una comprensione empatica attraverso
la possibilità di indossare i panni degli altri e confrontare diversi punti di vista, la ricorsività trazione e riflessione,
il ruolo del confronto sociale. Il docente ha funzione indiretta di regia-accompagnamento del percorso. Tra i suoi
compiti c'è la creazione di un clima sociale e favorevole a mettersi in gioco, la definizione delle regole del gioco
e dei ruoli sia nella conduzione della simulazione che nella fase di debriefing (rielaborare l'esperienza per riviverla
con diversa consapevolezza). Quest'ultimo rappresenta un potenziale problema nel gestire la riflessione
sull'esperienza in modo funzionale ai traguardi formativi proposti, tenendo sotto controllo le tendenze
personalistiche, evitando una lettura troppo schiacciata sui singoli piani di analisi. Altra problematica riguarda il
carattere contestualizzato di questo metodo basato su riproduzione e analisi di uno specifico contesto condizionato
dai soggetti coinvolti. Nei passaggi chiave abbiamo

- la fase di riscaldamento che le condizioni per attivare il gioco di ruolo, identifica ed esplicita i problemi,
- l'assegnazione e l'analisi dei ruoli,
- la definizione della scena rispetto a linee d'azione e alla situazione problematica,
- la preparazione degli osservatori a cosa osservare,
- la recitazione rintracciabile nella prima simulazione,
- la riflessione critica nella fase in cui si discute sulla simulazione appena vissuta,
- la ri-recitazione in cui suggerire comportamenti diversi,
- la riflessione critica dove si discute dell'esperienza,
- la condivisione dell'esperienza e la generalizzazione delle problematiche rispetto alla specifica
condizione del gioco di gruppo.

5. APPRENDISTATO COGNITIVO

L'apprendistato cognitivo applica i caratteri tipici dell'apprendistato all'apprendimento di competenze


cognitive complesse, come saper leggere, risolvere un problema, elaborare un testo. Alcuni sono l'imparare
facendo, la possibilità di disporre di un modello esperto, la progressiva autonomia del soggetto e il ruolo di
feedback affidato al modello esperto. Questa metodologia viene applicata per promuovere l'apprendimento di
capacità strategiche connesse al saper scrivere e aiutano a differenziare un lettore ingenuo da un lettore esperto.
L'expertise chiama in causa il concetto di competenza nella messa in gioco di risorse cognitive, di un approccio
strategico al compito e di risorse extra-cognitive sociali, emotive e volutive; mira ad esplicitare i processi attivati
da un soggetto esperto nello svolgere un compito e a sollecitare l'allievo nel padroneggiare tali processi.
L’insegnante fornisce un modello esperto di una prestazione, mostrando direttamente come affronterebbe un
determinato compito, fornisce un'impalcatura allo studente per esercitare autonomamente la propria competenza,
assiste lo studente nella sua prestazione fornendogli suggerimenti, monitora l'attività dello studente, fornisce un
feedback sulla prestazione, stimola la riflessione dello studente sulla prestazione. Tra i problemi troviamo i rischi
di imitazione passiva, la distanza con le modalità di lavoro tipico della scuola che può generare difficoltà sul piano
organizzativo e relazionare e lo sviluppo dell’apprendimento in altri contesti. I passaggi chiave sono quindi:

- indicazione del compito da svolgere dei relativi traguardi formativi,


- esecuzione del compito da parte del soggetto esperto,
- esplicitazione dei processi logico cognitivi ed operativi richiesti dal compito,
- richiesta agli allievi di svolgere il compito richiesto,
- assenza e sostegno allo svolgimento del compito da parte dell'allievo,
- riflessione sulla prestazione svolta,
- consolidamento trasferimento della competenza verso altre situazioni.

6. APPROCCIO METACOGNITIVO

L’approccio metacognitivo da parte dell'insegnante promuove maggiore consapevolezza dell’esperienza


di apprendimento dell’allievo. La metacognizione è suddivisa da Flavell in due aree, definite come coscienza
metacognitiva e regolazione metacognitiva. La conoscenza metacognitiva riguarda la consapevolezza della
conoscenza (comprensione del sapere), del pensiero (compiti cognitivi) e della conoscenza (comprensione degli
approcci per l’apprendimento). Quando uno studente ha informazioni sul suo pensiero le usa per regolare il proprio
apprendimento attraverso la pianificazione (approccio al compito identificando il problema), monitoraggio
(valutazione delle strategie) e verifica (valutazione degli esiti con criteri efficaci). Il punto fondamentale riguarda
la valorizzazione della connessione tra insegnamento e valutazione, uno degli strumenti più potenti per
promuovere l'apprendimento. L'enfasi sull'autonomia dell'allievo nel gestire il rendimento, aumenta i compiti
dell'insegnante che deve lavorare sul senso dell'esperienza di apprendimento per l'allievo, sollecitare la sua
assunzione di responsabilità e della sua autonomia, e promuovere un atteggiamento riflessivo e critico. Tra le
problematiche si pone la variabile del tempo e quello di ridurre l'approccio metacognitivo in tecnica, attraverso
un eccesso di griglie, tabelle e una ripetizione ossessiva di alcuni passaggi. Passaggi chiave sono:

- chiarezza su significato sui traguardi formativi del processo del percorso,


- focalizzazione sui processi cognitivi chiave connessi allo sviluppo della competenza,
- sviluppo di modalità di documentazione del lavoro fatto che facilitino una sua rivisitazione in una fase
successiva,
- sollecitazione di mobilità auto valutativa e valutative sul processo di apprendimento e sui suoi risultati,
- confronto e condivisione in classe delle riflessioni compiute,
- Utilizzo, da parte dell'insegnante, del processo riflessivo per rivedere la propria azione progetto e
riprogettare.

7. STUDIO DI CASO

Lo studio di caso definisce una metodologia di ricerca sociale e un approccio formativo professionale e
per adulti. Si qualifica per lo scopo di comprendere e analizzare pregi e difetti di un fenomeno, e favorisce un
approccio concreto al contenuto di apprendimento. Le fonti documentali possono essere testimonianze scritte,
orali, fotografiche o dati quantitativi in base al tempo a disposizione. Lo studio di caso, sul piano procedurale, si
struttura in tre passaggi:

1. fase di ricostruzione dell'esperienza il cui sviluppo è condizionato dalle fonti documentali a disposizione,
2. analisi critica dell'esperienza per cui è opportuna la presenza del testimone diretto, in modo da consentire
al gruppo di esercitare la propria analisi critica senza condizionamenti conto,
3. richiesta ai componenti del gruppo di sostituirsi ai protagonisti dell'esperienza e discutere di come
agirebbero in situazioni similari.

La funzione dell'insegnante sta nella preparazione del caso su cui impegnare il gruppo e nella gestione dei passaggi
indicati. Elementi problematici possono essere sia la capacità del gruppo di immergersi nell'esperienza presentata
sia nel cogliere elementi di generalizzazione. I passaggi chiave sono:

- presentazione del caso sulla base delle fonti informative a disposizione,


- compressione del caso da parte del gruppo attraverso la condivisione dei tratti salienti dell'esperienza e
degli eventuali aspetti nascosti,
- l'analisi critica dell'esperienza presentata sulla base di una traccia di domande stimolo,
- individuazione di azioni di miglioramento comportamenti alternativi,
- generalizzazione dei contenuti emersi in rapporto ad altri contesti

8. APPROCCIO DIALOGICO-FILOSOFICO

L'espressione “approcci dialogici” raccoglie metodologie e tecniche didattiche accomunate dalla


valorizzazione della discussione in classe o nel piccolo gruppo, discussione che richiede una rappresentazione di
cui l'insegnante fa parte ed ha il ruolo di conduttore per gestire le regole di interazione e il confronto collettivo.
Con l’attributo “filosofico”, l’insegnante deve fornire risposte alle domande dei propri allievi, ampliare le
prospettive di comprensione di un dato argomento e spostare il focus dalla risposta alla domanda. Una situazione
problematica che può costituire la base comune su cui sviluppare il confronto collettivo è la costruzione di
significati condivisi. Tra i passaggi chiave:

- l'impegno di stimoli narrativi, visivi, esperienziali e sonori che aiutano a introdurre il tema della
discussione,
- messa a fuoco della domanda intorno a cui sviluppare il confronto,
- sviluppo del confronto nel gruppo con il ruolo dell'insegnante centrato sulla funzione di rilanciare le
domande emergenti,
- eventuale sintesi degli elementi emergenti o condivisi,
- eventuale rielaborazione individuale del contenuto della discussione con la scrittura, il disgno altre forme
comunicative.

9. APPROCCIO NARRATIVO

L'impiego di un approccio narrativo in campo rende i contenuti più comprensibili e aiuta a portare la
conoscenza nel proprio vissuto e nella propria esperienza. Rinforzare i punti tra scuole e vita, tra
concettualizzazione ed esperienza attraverso una scoperta e una valorizzazione delle potenzialità e del pensiero
narrativo, richiama un particolare sguardo sulla conoscenza le cui potenzialità didattiche rinviano ai processi di
fruizione e a quelli di produzione del sapere. Il pensiero narrativo rappresenta una modalità di funzionamento
della nostra mente e può utilizzare i diversi codici comunicativi disponibili e il suo valore è una conoscenza che
entra nel soggetto e si connette riempiendosi di significato. Questo metodo rafforza il coinvolgimento
dell'individuo nel processo di apprendimento, aiutandolo conferirgli e a metterlo in relazione con la propria
matrice cognitiva. L'approccio narrativo potenzia i processi di immaginazione e costruzione creativa della realtà
e rivalutando l’autonarrazione con lo sviluppo di metodi autobiografici come strumento di conoscenza e
consapevolezza di sé, di metodi narrativi per la trasmissione e la divulgazione di contenuti di sapere, e la
costruzione di narrazioni per comunicare altri significati. Tra le problematiche c'è la limitata attenzione
dell'editoria scolastica che richiede molto impegno da parte dell'insegnante nel cercarsi lo spunto, la necessità di
un attento lavoro di progettazione, le resistenze che ostacolano lo sforzo lo sforzo di immaginazione creatività e
la disponibilità a mettersi in gioco.

10. ISTRUZIONE TRA PARI

L'istruzione tra pari è un’esperienza che richiama una situazione di collaborazione tra studenti in un
contesto verticale come la scuola. Con questo approccio, la conoscenza si costruisce all'interno delle proprie
interazioni con gli altri ed è condizionata da competenze e abilità che assumono un valore in una particolare
cultura. Benefici dell'apprendimento in gruppo vedono lo sviluppo di comunità di apprendimento incentrato sulle
interazioni tra studenti e sullo scambio di idee all’interno di un contesto sociale. In classe il lavoro è condotto
attraverso la divisione dei compiti e ripetuti cicli di lavoro: gli studenti ricercano su un argomento, condividono
la loro esperienza con i compagni di classe e realizzano un compito che richiede il contributo di tutti. In questo
caso l'insegnante, che non è l'unico esperto, ha il compito di progettare ambienti di apprendimento che
massimizzano le opportunità di interazione sociale, e modellare, guidare e facilitare le stesse. Coniata da Mazur e
con riferimento alla didattica della fisica in ambito universitario, l’espressione “peer istrution” intende ribaltare il
ruolo passivo dello studente nel processo di apprendimento, un progetto educativo finalizzato a promuovere un
rapporto tra giovani e adulti che riconosce promuove un ruolo attivo delle adolescenti. Fra educatori allievi viene
a fondarsi le l'eguaglianza e la complementarietà, il cui terreno di intervento è individuabile in ambito di
comportamento consapevole per ampliare le azioni di cui una persona dispone, aiutandola a sviluppare un pensiero
critico.

11. DIDATTICA 2.0

L'espressione didattica 2.0 descrive un approccio basato sull'uso delle tecnologie e su metodologie
didattiche innovative, come l'apprendimento cooperativo, la didattica per progetti e gli approcci metacognitivi.
Caratterizzano un ambiente basato sulla didattica 2.0 alcune condizioni:

- l'uso di dispositivi mobili e tecnologici notebook e tablet,


- dispositivi che consentano di condividere i prodotti del lavoro di gruppo,
- una infrastruttura di rete che consente il collegamento wireless,
- una strutturazione dello spazio classe flessibile in rapporto alle situazioni di lavoro, l'uso di materiale di
documentazione cartacei e online,
- l'impiego di modalità strutturate di lavoro cooperativo tra studenti e docenti,
- l'integrazione tra momenti di fruizione di contenuti culturali e momenti di produzione e le rielaborazioni
dei contenuti stessi,
- la presenza di forme di interazione condivisione online con anche interlocutori esterni.

Questa didattica è basata sul concetto di ambiente di apprendimento inteso come luogo in cui chi apprende può
lavorare aiutandosi reciprocamente con risorse, strumenti informativi e attività di apprendimento guidato o
problem solving, nel quale evidenziare le relazioni, fornire le rappresentazioni e focalizzarsi sulla produzione. La
presenza di strumenti tecnologici sottolinea come le tecnologie possano contribuire alla realizzazione di tali
condizioni. Il termine “ambiente” richiama l'intreccio dei piani organizzativo-metodologico-razionale
accentuando il superamento di una visione chiusa e isolata dell'ambiente di classe consentendo l'interazione con
altre classi e altri mondi. L'insegnante ha il ruolo di progettare e coordinare l'allestimento dell'ambiente di
apprendimento, mettersi a fianco degli studenti e accompagnarli nel loro processo di apprendimento e nell'uso
delle risorse tecnologiche e culturali richieste, nel mettersi in ricerca trasmettendo una cultura data e rielaborando
contenuti culturali insieme agli allievi.

12. Insegnamento capovolto / FLIPPED LESSON

Questa metodologia nasce come capovolgimento della dinamica didattica tradizionale e che punta a
spostare il lavoro di acquisizione dei contenuti a casa attraverso un approccio individuale con testi, video e audio.
Sul piano metodologico la flipped lesson si caratterizza per una duplice inversione, per cui la prima riguarda la
fruizione dei contenuti prevista fuori dalla scuola con un lavoro individuale che consenta un primo avvicinamento
ai contenuti di sapere che si intende affrontare attraverso fonti come il libro di testo, articoli, prodotti del docente.
L'insegnante indicherà fonti essenziali ritenute adatte ai contenuti culturali; la seconda riguarda la rielaborazione
dei contenuti stessi a cui dedicare parte del lavoro d'aula per sciogliere alcuni nodi e chiarire alcuni aspetti, per
mettere in gioco tali contenuti di sapere al fine di affrontare compiti più o meno complessi. L'insegnante tende a
ridimensionare la funzione di trasmissione dei contenuti culturali e a potenziare la funzione di regista e supporto
del processo di apprendimento degli allievi e attraverso l'allestimento di un insieme di risorse da mettere a loro
disposizione attraverso l'accompagnamento, il feedback e il sostegno cognitivo ed emotivo.

PARTE QUARTA

La didattica in diretta, VOCI DEI PROTAGONISTI

David Paul Ausubel: tipi di apprendimento

Allo scopo di potenziare l'apprendimento scolastico Ausubel ha due distinzioni tra i processi che
contraddistinguono i tipi di apprendimento in classe: una tra acquisizione passiva e scoperta autonoma, e l'altra
tra apprendimento meccanico e attraverso elaborazione di contenuti. Nel processo di acquisizione o ricezione il
tipo di apprendimento chiede soltanto di far proprio o di immagazzinare i dati presentatigli per utilizarli e
riprodurli un domani. La caratteristica dell'apprendimento mediante scoperta personale è che il contenuto da
prendere viene scoperto dallo studente prima che lo faccia proprio e gli assegni un suo posto significativo. La
prima fase di questo apprendimento comporta un processo per cui lo studente riordina e integra le informazioni
con il bagaglio cognitivo preesistente, riorganizzandolo in modo da dare il risultato finale desiderato, dando al
contenuto scoperto un significato nello stesso modo in cui assume un contenuto presentato per un'acquisizione
passiva. L'apprendimento mediante ricerca per applicare, ampliare, chiarificare, integrare e valutare permette di
comprendere a fondo il metodo scientifico e porta a nuove conoscenze. L'istituzione educativa trasmette concetti
confezionati e i metodi didattici basati sulla ricerca autonoma non costituiscono sempre un efficace mezzo di
trasmissione del contenuto. L'apprendimento mediante ricezione si presenta nello stadio evolutivo e comporta un
alto livello di maturità cognitiva; la formazione di concetti con procedimento induttivo, basata sulle esperienze di
prove non verbali e concrete, semplifica le prime fasi evolutive del processo di informazione. Sia
nell'apprendimento per acquisizione sia automatica che attraverso la scoperta personale, si può avere un
apprendimento meccanico o dovuto ad elaborazione concettuale. Un apprendimento meccanico si verifica se il
compito consiste in un'associazione arbitraria (puzzle o memorizzazione di elenchi) e per il lavoro in classe,
l'apprendimento significativo prevale su quello automatico e meccanico. L'apprendimento verbale significativo è
il metodo principale per acquisire un vasto bagaglio di conoscenze. L'apprendimento meccanico di elenchi e
sillabe senza senso non è rappresentativo nei confronti nei compiti auspicabili in una classe moderna.

Jean Marie Barbier: il processo di valutazione.

La valutazione è una serie di atti e pratiche che produce giudizi di valore e può essere intesa attraverso strumenti
di analisi applicabili in qualsiasi atto o pratica che costituisce un oggetto di studio delle scienze sociali. Questo
processo di lavoro si basa su quattro componenti: un materiale di lavoro sul quale un'attività di trasformazione ha
luogo, un modo di lavorare, una specifica distribuzione dei ruoli e delle funzioni richieste in un'attività o in un
processo da parte dei vari attori sociali coinvolti e il risultato specifico del processo di trasformazione della realtà.
Applicati alla valutazione questi strumenti consentono di considerare la valutazione un processo di trasformazione
di rappresentazioni il cui punto di partenza è una rappresentazione fattuale e il punto di arrivo è una
rappresentazione codificata di un oggetto. Queste componenti si possono definire nel caso del materiale del
processo in riferimento alla valutazione, come un giudizio di valore viene formulato, nel modo di lavorare
attraverso il referente della valutazione, nel rapporto di lavoro dove la distribuzione specifica i ruoli e le funzioni
richieste, nel prodotto, come formulazione di un giudizio di valore o utilità.

Jerome Seymour Bruner: principi per un approccio educativo.

Bruner, psicologo statunitense, esprime i principi per l'educazione:

1. principio della prospettiva: per capire bene il significato di qualcosa è indispensabile la consapevolezza
dei diversi significati attribuiti alla cosa stessa, indipendentemente dal fatto che concordino o meno con
essi;
2. principio delle limitazioni: riguarda le forme del fare significato, soggette alla stessa natura del
funzionamento della mente umana e alle limitazioni imposte dai sistemi simbologici accessibili alla
mente umana;
3. il principio del costruttivismo: la realtà attribuita ai mondi abitati è costruita ed è il prodotto dell'attività
del fare significato in base ai modi di pensare;
4. principio dell'interazione: la trasmissione di conoscenze e abilità comporta l'esistenza di una comunità al
cui interno si svolge un'interazione attraverso la quale il bambino scopre e percepisce il mondo;
5. principio dell'esternalizzazione: la funzione principale di ogni attività culturale collettiva è riprodurre
opere. Senza un'esistenza propria le opere e i lavori creano un gruppo di modi di pensare comuni e
negoziabili;
6. il principio dello strumentalismo: l'educazione produce conseguenze nella vita di chi ne usufruisce.
L'educazione fornisce abilità e modi di pensare e di sentire che possono essere venduti in cambio di
distinzioni sui mercati;
7. il principio istituzionale: un ruolo che prepara i giovani a prendere parte più attivamente alle istituzioni
della cultura composte in modo che i ruoli svolti e lo status delle persone siano rispettati;
8. principio dell'identità e dell’autostima: si conosce il sé della propria esperienza interiore e gli altri come
se; le diverse culture attribuiscono forme diverse e ne stabiliscono i limiti nei vari modi. Capacità d'azione
e valutazione l'identità personale sono due aspetti del sé che derivano dal senso di potere iniziare, dal
portare avanti le attività per proprio conto e dalla valutazione della propria efficacia nel portarlo a termine
9. il principio nell'attivo: modalità di pensiero e di sentire che aiuta i bambini a creare un mondo in cui
possono immaginare. Si costruisce dell'analisi delle proprie origini culturali e delle credenze più care
sotto forma di storia, infatti, la competenza nella costruzione e nella comprensione di racconti è
essenziale per la costruzione della vita. Un sistema educativo deve aiutare chi cresce in una cultura a
trovare un'identità al suo interno, per il quale solo la narrazione consente di costruire un'identità per poi
trovarne posto. Per questo le scuole devono coltivare la capacità narrativa senza darla per scontato.

Jerome Seymour Bruner: caratteristiche Fondamentali dello sviluppo intellettuale

Da Bruner sono presentati anche i punti relativi alla natura dello sviluppo intellettuale:

1. la crescita è caratterizzata dalla dipendenza della risposta dalla natura immediata dallo stimolo. Quello
che il bambino fa è conoscenza degli stimoli che agiscono nel momento in cui egli risponde;
2. lo sviluppo è basato sulla interiorizzazione di elementi di quel sistema di conservazione che corrisponde
all'ambiente e che rende possibile la capacità del bambino di andare oltre la singola informazione;
3. lo sviluppo intellettuale implica la capacità dell'individuo di dire a sé stesso e agli altri quello che ha fatto
e quello che farà, processo che porta al di là dell'adattamento empirico;
4. lo sviluppo intellettuale dipende da una interazione sistematica e contingente tra educatore educando ed
è necessario tenere conto delle varie relazioni sistematiche di una cultura per affrontare il rapporto
educatore educando
5. l'insegnamento è facilitato dal mezzo del linguaggio che finisce per essere lo strumento che lo stesso
discente può usare in seguito
6. lo sviluppo intellettuale è caratterizzato da una capacità crescente di considerare diverse alternative
simultaneamente e di suddividere il tempo e l'attenzione.
Per tradurre l'esperienza in modello vi sono tre modi:

I. Il primo è attraverso l'azione poiché tutti conoscono cose per le quali non si hanno né immagini né parole.
Si tratta di cose difficili da insegnare tramite parole o disegni;
II. Il secondo dipende dall'organizzazione visiva o sensoriale e all'uso di immagini riassuntive. Questa
rappresentazione iconica è governata da principi di organizzazione percettiva e da trasformazioni
all'interno dell'organizzazione, descritte come tecniche per riempire;
III. L'ultima rappresentazione è attraverso le parole o il linguaggio, di natura simbolica in quanto i simboli
sono arbitrari e quasi sempre produttivi. Un linguaggio ci consente di introdurre delle trasformazioni
sintattiche conformi a regole per cui, quando osserviamo un evento, possiamo descriverlo.

Il bambino molto piccolo usa il linguaggio come un'estensione dell'atto di indicare e gradualmente le parole
vengono usate per rappresentare oggetti non presenti, fino ad uno stadio più avanzato, dove le parole diventano
veicolo per operare nelle categorie possibile del possibile, ambito in cui vengono usate come modelli di ricerca
nella soluzione di problemi. Quanto all'interiorizzazione del linguaggio come strumento di pensiero, secondo
Roger Brown, questo processo continua per tutta la fanciullezza, con i genitori, con i maestri, con i bambini più
grandi e consiste nello scambio di forme e di trasformazioni sotto forma di dialogo.

Elio Damiano: l’operatore didattico

L'operatore didattico determina il ruolo dell’insegnante poiché agisce come dispositivo di trasformazione dei
contenuti che si presentano come oggetti predisposti all’apprendimento. Le operazioni sull'oggetto culturale e sul
soggetto in apprendimento, mostrano la loro interdipendenza in un processo di mediazione che protegge il
soggetto in apprendimento dai rischi dell'esperienza diretta. L'insegnamento viene definito come mediazione i cui
mediatori si dispongono fra realtà e rappresentazione, trasferiscono l'esperienza diretta dal contesto esterno a
quello interno predisposto all'insegnamento e regolano la distanza analogica tra il soggetto in apprendimento e
l'oggetto culturale. I tipi fondamentali di mediatori:

- mediatori attivi che fanno ricorso l'esperienza diretta,


- mediatori iconici che contano sulla rappresentazione del linguaggio grafico spaziale,
- mediatori analogici che si esprimono attraverso i giochi di simulazione,
- mediatori simbolici che consentono che consistono nei codici di rappresentazione più arbitrari,
convenzionali e universali come i concetti.

John Dewey: se esiste e in cosa consiste la scienza dell’educazione

Le leggi e i fatti ottenuti in forma scientifica non forniscono regole pratiche. Il loro valore per la pratica
dell'educazione consiste nel provvedere gli strumenti intellettuali che saranno usati dall’educatore. I risultati
scientifici forniscono una regola su come condurre osservazioni e ricerche rispetto alla pratica e ai loro risultati,
quindi, la loro azione si manifesta attraverso un atteggiamento mentale modificato. Il valore della scienza, della
storia della filosofia dell'educazione, acquisite nella scuola di tirocinio, consiste nell’illuminazione e nella guida
che fornisce all'osservazione e alla valutazione delle situazioni che sorgono. Il valore dell'istruzione vera e propria,
rispetto allo scibile dell'educazione, sta nel suo effetto sulla formazione degli orientamenti individuali
nell'osservazione e nel giudizio. Le pratiche dell'educazione forniscono dati e argomenti che costituiscono i
problemi dell'indagine, prova definitiva del valore da attribuire al risultato di tutte le ricerche. Le effettive attività
nell'atto dell'educazione, mettono alla prova il valore dei risultati delle conclusioni scientifiche che non possono
essere nell'educazione. Mentre le scienze che hanno raggiunto un certo stadio di maturità sono le fonti da cui si
ricava il materiale per trattare intellettualmente questi problemi, il materiale ricavato da altre scienze fornisce il
contenuto della scienza dell'educazione solo quando centrato sui problemi che sorgono nell'educazione.

John Elliot: ricerca-azione come riflessione sulla pratica

La ricerca-azione è un processo in cui si deve pensare agli obiettivi delle attività e ai mezzi da usare per
raggiungerli, che si schiariscono nella scelta del metodo. L'intero sistema di istruzione e formazione
dell'insegnante, oggi si basa sull’ideologia della programmazione che chiede prima la definizione degli obiettivi
e poi che si individuino i metodi migliori per raggiungerli. Il lavoro si divide, quindi, tra coloro che decidono gli
obiettivi e quelli che decidono i metodi migliori. Nella ricerca-azione, quando un'insegnante riflette sulla propria
pratica, svolge un'attività filosofica per chiarire a se stesso quali siano gli obiettivi. La programmazione didattica
inglese e americana, per esempio, adotta modelli educativi per fabbricare dei prodotti, anziché considerare
l'istruzione un processo con qualità proprie. La maggior parte dei tentativi di imporre un cambiamento agli
insegnanti non ha dato esiti favorevoli e la ricerca-azione adotta un'impostazione diversa perché si basa sul
presupposto che gli insegnanti cambiano in seguito alle riflessioni sulla propria pratica didattica, partendo
dall'individuazione dalle analisi dei problemi. In questo, l'insegnante avvia un processo di cambiamento in base
alle riflessioni sulla propria pratica didattica, la quale non può essere standardizzata e il cui principio fondamentale
è che sia l'insegnante a scegliere consapevolmente le tecniche da adottare.

Yrjo Engestrom: la scoperta delle cose della vita quotidiana

Per Resnick l'apprendimento quotidiano produce capacità altamente difficili da modificare, abbandonare e
sostituire con procedure nuove. L'apprendimento quotidiano è simile al modello dell'apprendimento scolastico
tradizionale. L'apprendimento scolastico è un sistema di attività collettivo relativamente prolungato nel tempo. La
comunità si riferisce a coloro che condividono lo stesso oggetto di attività ed è tipicamente la classe
dell'apprendimento scolastico tradizionale. la divisione del lavoro si riferisce alla divisione delle funzioni e dei
compiti tra i membri delle comunità; nell'apprendimento scolastico tradizionale, la divisione principale è tra
insegnante e studenti mentre c'è poca divisione di lavoro all'interno del gruppo degli studenti. Le regole si
conferiscono alle norme e agli standard che regolano l'attività; nell'apprendimento scolastico tradizionale, le
regole più importanti sono quelle che sanzionano il comportamento e stabiliscono le votazioni.

Howard Gardner: quattro approcci al comprendere

1) APPRENDERE ALL’INTERNO DI ISTITUZIONI AD HOC


a) Instituzioni come l'apprendistato, offrono stimoli efficaci per l'apprendimento, in quanto
l'apprendista trascorre la maggior parte del tempo con il maestro che lo coinvolge nella ricerca
di una soluzione, ricevendo così feedback appropriati. Nelle istituzioni più recenti, (musei
scientifici) i bambini sono incoraggiati a esplorare gli oggetti in mostra e a mettere alla prova le
proprie teorie, esperienze pratiche che però possono avere degli esiti negativi. Se invece la
conversazione educativa è sincera, se il bambino è riflessivo e se può contare su una guida, è
molto probabile un esito positivo.
2) VERIFICA DIRETTA DELLE CONCEZIONI ERRONEE
a) Si possono porre gli studenti di fronte alle loro concezioni erronee. Lo psicologo dell'educazione
Lauren Resnick afferma che le esperienze di disconferma non sempre bastano a promuovere la
comprensione. Per la maggior parte delle persone, il fatto di mettere sotto accusa una concezione
da sempre vera ha l'effetto di attrarre la loro attenzione. Per questo motivo il tentativo di
difendere quella credenza porta ad una comprensione migliore.
b) ES: un bambino è convinto che mettendo il maglione avrà più caldo perchè genera calore.
L'insegnante potrebbe suggerire di mettere il maglione fuori tutte le sere. Se il maglione è un
generatore di calore, il mattino dopo sarà caldo, ma se la sua temperatura è identica a quella
degli altri oggetti, la teoria secondo la quale il maglione genera autonomamente calore sarà
sbagliata. In questo modo il bambino sarà in grado di creare una formula appropriata senza
dover seguire le formule di altre persone.
3) CREAZIONE DI UN AMBIENTE COGNITIVO CHE FACILITI IL COMPRENDERE
a) L'obiettivo fondamentale del programma educativo di Lauren Resnick è la comprensione,
verifica di ciò che uno sa ed è in grado di fare. Affinché essa si verifichi, agli studenti viene data
la possibilità di praticare le proprie capacità in un ambiente che possa offrire numerose
occasioni, per poi trovare soluzioni nuove. Alla base di questo programma c'è l'indicazione degli
obiettivi di comprensione. Dopo averli fissati, bisogna identificare le questioni essenziali a cui
saranno dedicate le lezioni, le quali devono avere tre criteri principali:
(1) devono essere centrali all'argomento da trattare,
(2) devono coinvolgere gli studenti,
(3) gli studenti devono sapere che cosa ci si aspetta da loro assimilando i modi
con il quale verrà loro chiesto di dimostrare l'avvenuta comprensione.
b) Una componente dell'educazione al comprendere è rappresentata dalla valutazione in itinere.
Affinché l'educazione al comprendere abbia un esito positivo, gli studenti, ricevendo dagli
insegnanti le comunicazioni di ritorno sulla qualità delle loro prestazioni, saranno in grado di
riflettere sulle proprie prestazioni e di dare un giudizio da soli anziché da terzi.
4) MOLTEPLICITA’ DEI PUNTI DI ACCESSO AL COMPRENDERE
a) Questo approccio alla pedagogia del comprendere si basa sul fatto che tutti gli individui hanno
delle menti diverse tra loro e quindi padroneggiano i materiali didattici in modo singolare.
Questo ultimo approccio viene collegato alla teoria delle intelligenze multiple con l'obiettivo di
promuovere delle prestazioni qualificabili come comprensione.

Alfredo Giunti, la scuola come <<centro di ricerca>>

Giunti propone un modello di insegnamento incentrato sulla ricerca per il quale ha presentato il piano di lavoro
dei gruppi di aggiornamento e sperimentazione come alternativa alle attività generalmente svolte nella scuola
elementare e per il quale è necessario abbandonare il tipo di scuola in cui gli alunni ricevono delle nozioni
prefabbricate. Questo problema può essere risolto mediante attività in grado di organizzare sistemi di idee, di
riscoprire e usare linguaggi specifici, di formulare modelli dinamici di pensiero e di azione. La scuola quindi
dovrebbe soddisfare una serie di esigenze:

→ Esigenze culturali, programmare le attività in relazione alle conoscenze da acquisire;


→ Esigenze logiche, le attività devono ripercorrere gli itinerari logici costruiti dall'uomo per dare struttura
agli aspetti del sapere;
→ Esigenze strutturali, le attività devono consentire di ricavare delle idee generali così che vengano a
formarsi nuclei di conoscenze;
→ Esigente psicologiche, i temi trattati devono essere facilmente sperimentabili e intuibili;
→ Esigenze formative, il fine culturale della scuola è quello della maturazione intellettuale sociale spirituale
della persona.

Uno dei punti fondamentali meno attuati dai nuovi programmi è quello che parla del progressivo affiorare delle
materie di insegnamento da un contesto ambientale. Questo significa seguire sul piano dell'apprendimento il
processo attraverso il quale l'uomo si è impossessato delle conoscenze. L'ipotesi presentata pone la realizzazione
di un tipo di scuola che riesca nel corso degli anni a far germogliare la scienza. Il progressivo affiorare delle
discipline significa una iniziale presa di coscienza dell'oggetto, del metodo e del linguaggio di ciascuna scienza
tramite l'esame della realtà e mediante l'applicazione di procedimenti genetici al livello delle capacità mentali
degli alunni. La scuola tradizionale prospetta le discipline di studio come ai fini culturali e il metodo didattico
risulta passivo e non creativo e quando gli alunni sono chiamati a risolvere un problema, si riduce quasi sempre
alla cura e semplice applicazione di stereotipi.

Discipline di studio come strumento di lavoro:

→ La scuola non può prescindere dalle materie di studio, in quanto considerate mezzi di indagine della
realtà, strumenti del processo di conoscenza e modelli di pensiero per la formazione intellettuale dello
studente. L'insegnante si serve di queste discipline di studio per individuare collegamenti e itinerari
affinché possano arrivare all’alunno, il quale, nel corso della stessa indagine, riscopre idee e principi,
sperimentando metodi appropriati di lavoro.

La funzione dell’insegnante

→ L'insegnante possiede la scienza e organizza e guida le attività idonee alla costruzione del sapere
disciplinare
a. Nella scuola è fondamentale la riflessione sull’esperienza reale;
b. La verifica della realtà deve portare ad una conoscenza;
c. Le discipline di studio costituiscono i modelli organizzativi delle conoscenze e devono essere
conosciute a fondo dalle insegnanti nelle idee essenziali, nei principi e nelle leggi;
d. Le discipline di studio vengono utilizzate come strumenti di lavoro e modelli di pensiero;
e. L'alunno scopre le discipline di studio nel momento in cui le utilizza nella realtà;
f. L'alunno riesce a differenziare gli aspetti formali delle conoscenze che acquisisce.

Studiare equivale a pensare

→ Nella scuola dell'obbligo il valore delle discipline di studio si misura secondo le capacità che queste
hanno di promuovere il pensiero riflesso. Specialmente nella scuola primaria bisognerebbe parlare di
promozione delle capacità di indagare e spiegare il reale sulla base delle categorie di pensiero che hanno
generato quei punti di vista chiamati storici, geografici, matematici. Studiare è imparare a leggere una
realtà, pensare organicamente sulla base di fatti già elaborati da altre persone. Il discorso è correttamente
compiuto quando lo studio si conclude con un insieme di idee che rispecchiano la logica di ogni singola
disciplina.

Mauro Laeng: pedagogia

Fonda l’Enciclopedia Pedagogica, la quale consente di individuare il ruolo della didattica nell'ambito
delle scienze dell'educazione.

La pedagogia è nata come riflessione sul fatto educativo e come processo durante il quale gli adulti apprestano
interventi affinché il piccolo uomo cresca sano sereno e intelligente. La pedagogia non mira solo a conoscere il
processo educativo ma anche ad agire su di esso e a migliorarlo. Il processo educativo è un processo finalizzato
più o meno intenzionale nel quale la meta che ci si propone deve essere mirata in maniera almeno implicita e
possibilmente esplicita. Gli aspetti studiati dalla pedagogia si trovano a metà strada tra due impostazioni unitarie:

• l'educazione stessa, la realtà educativa che vive nelle persone che vi prendono parte;
• la filosofia, al di là delle scienze.

Fra questi due estremi, le scienze umane fanno da mediazione pedagogica e, per questo motivo la pedagogia
comprende l’arte dell’educazione, la scienza di quell’arte e la filosofia di quella scienza. Alcuni autori parlano di
bipartizione o tripartizione della pedagogia, vedendo come fonti della pedagogia la psicologia e l'etica. Tra i due
termini c'è l'attività di mediazione. Il metodo pedagogico rappresenta il momento centrale o della mediazione. La
metodologia costituisce infatti il corpo più cospicuo di tutti i discorsi pedagogici e l'introduzione di piani, sistemi,
metodi e singole tecniche, prendendo il nome di DIDATTICA.

Guy Le Boterf: agire con competenza: una risultante

In una situazione di lavoro non si può obbligare nessuno ad agire con competenza ma si possono riunire
coerentemente condizioni favorevoli per massimizzare le probabilità che un soggetto agisca con competenza in
una determinata situazione. Le Boterf propone tre leve sulle quali è possibile agire per prendere delle decisioni

1. SAPER AGIRE favorito da:


a. Sviluppo delle risorse;
b. Allenare a combinare le risorse;
c. Organizzare analisi e scambi di pratiche;
d. Accompagnare: tutoraggio, coaching
e. Sviluppare la conoscenza delle risorse;
f. Organizzare situazioni di lavoro professionalizzanti;
g. organizzare percorsi personalizzati di professionalizzazione.
2. POTER AGIRE reso possibile da:
a. Organizzare il lavoro;
b. Delegare;
c. Mettere a disposizione i mezzi a tempo debito;
d. Gestire i tempi;
e. Realizzare buone condizioni di lavoro;
f. Mettere a disposizione delle reti di risorse.
3. VOLER AGIRE incoraggiato da:
a. Dare senso agli obiettivi da raggiungere;
b. Ottenere dei ritorni costruttivi dal lavoro;
c. Dare visibilità alle opportunità di evoluzione;
d. Accompagnamento che riconosca gli sforzi ed i progressi;
e. Riconoscere l'impegno della persona;
f. Assicurare l'equità;
g. Vigilare sulla qualità della vita sul lavoro.

Maurizio Lichtner: il contributo di Tyler

Esperto di processi di apprendimento e di metodologie della ricerca sociale ed educativa, Maurizio Lichtner ha
discusso criticamente il contributo di Tyler alla teoria curricolare. Tyler è stato il primo ad aver formulato in modo
mirato la teoria del curriculo e di aver elaborato il primo modello di valutazione tra gli anni 40 e 50 e il quale
afferma che valutare un programma, è verificare se gli obiettivi posti sono stati effettivamente raggiunti.
Specificare gli obiettivi significa esprimerli in termini di comportamenti attesi, mentre per risultati di un'azione
formativa si intende un cambiamento effettuato nei comportamenti degli allievi, sia osservabili che misurabili.
Secondo Tyler nel caso in cui in un programma non ci sia l'indicazione di precisi obiettivi, la prima cosa da fare
è rintracciare gli obiettivi per condurre una valutazione. La teoria del curriculo, secondo Tyler, è l'unico e il giusto
modo di progettare e valutare, ma era frutto di una semplificazione di quello che è il processo formativo. Ancora
oggi vengono utilizzate le procedure di definizione degli obiettivi di Tyler, attraverso le tavole tassonomiche,
considerate un aiuto indispensabile. Bisogna avere un'idea precisa degli scopi che si perseguono. Gli obiettivi
educativi diventano i criteri in base ai quali vengono selezionati i materiali, viene delineato il contenuto, sviluppate
le procedure didattiche e preparati i test e le prove d'esame. Per Tyler è essenziale la determinazione dei
comportamenti. L'educazione è il processo attraverso il quale si cambiano le modalità di comportamento della
gente, mentre gli obiettivi esprimono i cambiamenti desiderati. Gli obiettivi devono indicare i cambiamenti che
devono avere luogo negli studenti. Tyler propone l'uso di una tavola bidimensionale in cui da un lato sono indicati
gli elementi di contenuto, dall'altro le capacità che si vogliono sviluppare, applicandole a quei contenuti. Le tavole
di specificazione, o bidimensionali, permettono di individuare gli obiettivi e di scoprire lacune negli obiettivi. Il
cambiamento di certi comportamenti da parte degli studenti si rilevano più facilmente mediante osservazione e
interviste o questionari. Questo modello, contrariamente alle intenzioni di Tyler, non è servito a favorire lo
sperimentalismo educativo in quanto è servito come macchina per determinare gli esiti e il controllo dei risultati.

Maurizio Lichtner: la logica della formazione: l’inversione mezzi-fini

Lichtner afferma che alla logica della formazione attribuiamo un intento di de-finalizzazione, l'assunzione di ciò
che inizialmente appariva come mezzo, come fine. La formazione richiede cioè una inversione mezzi-fini e quindi,
deve essere vissuta come occasione di riprogettazione di sé e crescita personale. L’esperienza di formazione in
cui l'individuo è coinvolto, deve avere fine in sé per l'individuo. Secondo Dewey il processo educativo è in
continua riorganizzazione, ricostruzione e trasformazione dove non esiste la fine dello sviluppo. L'esperienza
educativa ha sempre uno scopo, perciò Dewey distingue:

• Lo scopo esterno fa del processo educativo una serie temporale di attività.


• Lo scopo interno garantisce la continuità dell'attività in quanto permette di guardare in avanti.

Avere uno scopo significa accorgersi di quel che si fa, permettendo di agire con un significato e deve essere
flessibile per adattarsi alle circostanze. La concezione educativa di Dewey ha molto a che fare con la sua idea di
democrazia, difatti, in una comunità democratica ha senso dire che lo scopo dell'educazione è quello di permettere
agli individui di continuare la loro educazione.

Maurizio Lichtner: la validità ecologica

Quando viene dato un compito allo studente, quello che interessa è la capacità di svolgere analoghi compiti nella
vita reale. La prova scolastica è più semplice rispetto alla vita reale, in quanto propone un compito purificato da
tutte quelle possibili variabili che caratterizzano la vita reale. Per misurare le competenze allo stato puro viene
utilizzata la prova di laboratorio, rappresentativa di ciò che un soggetto è in grado di fare in generale soprattutto,
in quanto, come ha sostenuto Crown Back, i fenomeni sociali o comportamentali sono soggetti a una grande
variabilità. La psicologia ecologica, l'approccio socio culturale e la teoria dell'attività partono dal presupposto che
non è possibile decontestualizzare i processi cognitivi per studiarli allo stato puro. Bronfenbrenner, studiando il
quoziente di intelligenza o la capacità di memoria durante le prove di laboratorio, afferma che esistono prove di
differenze rilevanti nel comportamento di bambini e adulti tra ciò che si osserva nel laboratorio e ciò che si osserva
in contesti di vita reale, invitando a prendere sul serio, anche in campo cognitivo, la formula di Lewin in teoria
dinamica della personalità, secondo la quale il comportamento è funzione sia della personalità del soggetto che
dell'ambiente. La validità ecologica di una ricerca consiste nel fatto che si tiene conto del contesto in cui un certo
comportamento viene manifestato. La prova di laboratorio però è un contesto particolare ed è per questo motivo
che è non è attendibile. Gli esseri umani hanno la capacità di adattamento, e quindi di rispondere in modo
differente a ogni situazione ambientale, fisica e culturale. Per questo motivo bisognerebbe condurre ricerche in
più contesti per capire come i contesti influiscono sulle prestazioni di ordine cognitivo. Tutto questo per dire che
una valutazione deve avere una validità ecologica, tenendo conto della situazione di prova, di come è strutturata,
dal punto di vista del contesto relazionale e di come è percepita e vissuta, attribuendo al risultato un valore relativo.
Bruno Losito – Gabriello Pozzo: una strategia per il cambiamento professionale

Questi due studiosi discutono le caratteristiche della ricerca-azione come strategia di miglioramento in campo
educativo- didattico.

La ricerca azione è tutto ciò che succede quando un'insegnante decide di condurre una ricerca nel proprio contesto
per cercare di cambiare una situazione e indica un ambito al cui interno sono possibili situazioni e modalità
organizzative diverse tra loro. La ricerca azione, condotta dall’insegnante stesso, nel proprio contesto, permette
di coniugare teoria e prassi, azione e riflessione, basandosi sull'osservazione di una situazione problematica e su
una raccolta di dati, affinché si comprenda la situazione investigata. Può avere come effetto un miglioramento, un
cambiamento negli atteggiamenti e la produzione di conoscenze. La pluralità dei punti di vista garantisce validità
alla ricerca, in quanto permette un'interpretazione dello stesso evento da prospettive diverse.

La ricerca azione è uno dei tanti modi di fare ricerca. Tratti distintivi:

- Coinvolgimento in prima persona: il protagonista della ricerca intraprende un'indagine per migliorare la
pratica professionale.
- Scopo pratico e ricaduta immediata: la ricerca azione ha risultati che ricadono direttamente sulla pratica
e il cambiamento prodotto può riguardare comportamenti o atteggiamenti delle persone coinvolte.
- Riflessività: bisogna interrogarsi e mettere in discussione quanto si fa. L'azione è preceduta e seguita
dalla riflessione, che parte da fatti concreti riferiti a una determinata situazione.
- Sistematicità: la ricerca azione non richiede solo intuito ai problemi ma un'osservazione sistematica della
situazione all'interno di un piano d'azione;
- Integrazione di teoria e prassi: la ricerca azione mette in comunicazione teoria e pratica, favorendo la
costruzione di conoscenze professionali a partire dall'esperienza attraverso la riflessione;
- Dimensione collaborativa: alla ricerca partecipano le persone coinvolte nella situazione (insegnante,
dirigente scolastico, allievi, genitori, colleghi);
- Doppio ruolo: insegnante e ricercatore: l’insegnante attiva un doppio canale. Mentre insegna (si pone
obiettivi, svolge un programma, dà compiti e valuta), esplora le motivazioni del proprio agire per poterne
valutare gli effetti;
- Unicità del contesto e non generalizzazione: la ricerca azione studia casi non unici.

I termini ricerca e azione hanno un'opposizione nei verbi:

• azione (decidere, agire, intervenire) evidenziano la prospettiva interna dell'insegnamento e la sua


caratteristica di professione ad alta decisionalità;
• ricerca (indagare, osservare, riflettere) implicano un distanziamento dall'azione per poterne
osservare e flusso con distacco per poi analizzare interpretare e riflettere.

La ricerca azione studia la natura del processo di apprendimento nel rapporto pratica-riflessione, in quanto
coniuga esperienze specifiche con idee e teorie generali.

Edgar Morin: i sette saperi necessari

Filosofo e sociologo francese, ha inventato i 7 saperi necessari per l'educazione del futuro:

1. La cecità della conoscenza: l'errore è l'illusione. L'educazione che mira a comunicare e conoscenze in
realtà è cieca su ciò che è la conoscenza umana e le sue propensioni all'errore e all'illusione. La
conoscenza della conoscenza deve affrontare i rischi d'errore ed illusione ed è necessario potenziare
nell'insegnamento, lo studio dei caratteri mentali e culturali della conoscenza umana che inducono a
rischiare l'errore o l'illusione.
2. I principi di una conoscenza pertinente. È necessario promuovere una conoscenza capace di cogliere i
problemi globali. Una conoscenza frammentata nelle diverse discipline rende incapace il legame tra le
parti. È necessario sviluppare la capacità della mente umana per situare tutte le informazioni in un
contesto e in un insieme. Si devono quindi insegnare metodi che permettono di cogliere relazioni e
influenze reciproche tra le parti e il tutto in un mondo complesso.
3. Insegnare la condizione umana. La complessità della natura umana è disintegrata nell'insegnamento
attraverso le discipline. La condizione umana dovrebbe quindi essere oggetto essenziale di ogni
insegnamento; questo significa riconoscere l'unità e la complessità dell'essere umano organizzando le
conoscenze delle discipline attuali.
4. Insegnare l’identità terrestre. È opportuno insegnare la storia dell’ira planetaria che inizia nel
sedicesimo secolo mostrando come tutte le parti del mondo siano divenute intersolidali senza occultare
le dominazioni che hanno devastato l'umanità.
5. Affrontare le incertezze. L'insegnamento dovrebbe comprendere un insegnamento di incertezze che sono
apparse nelle scienze fisiche, biologiche e virgola storiche. Dovrebbero insegnare principi di strategia
che permettano di affrontare i rischi.
6. Insegnare la comprensione. La comprensione è il mezzo e il fine della comunicazione umana. Il pianeta
ha bisogno di reciproca comprensione. L'educazione alla comprensione richiede una riforma delle
mentalità. La reciproca comprensione fra umani è vitale per le relazioni umane affinché escano dal loro
stato barbaro di incomprensione. Da qui la necessità di studiare l'incomprensione nelle sue radici che
porterebbe a capire le radici dei razzismi, delle forme di disprezzo e costituirebbe una delle basi più
sicure dell'educazione alla pace.
7. L'etica del genere umano. L'insegnamento deve produrre un antropo-etica, la quale richiede un reciproco
controllo della società da parte dell'individuo e dell'individuo da parte della società, la democrazia.
L'etica deve formarsi nelle menti a partire dalla coscienza che l'umano è allo stesso tempo individuo,
parte di una società e di una specie. A partire da ciò nascono le due finalità etico-politiche del nuovo
millennio: stabilire una relazione di reciproco controllo fra la società e l'individuo attraverso la
democrazia.

Edgar Morin: sfide per l’educazione

Esiste un'inadeguatezza sempre più ampia e profonda tra i nostri saperi suddivisi in discipline da una parte e in
realtà o problemi dall'altra. La separazione delle discipline rende incapaci di cogliere ciò che è tessuto insieme,
ossia secondo il significato originario del termine. La sfida della globalità è una sfida di complessità. Gli sviluppi
del nostro secolo e della nostra era ci mettono di fronte alle sfide della complessità. Un'intelligenza incapace di
considerare il contesto e il complesso planetario rende incoscienti e irresponsabili. L’insegnamento, oggi, invece
di correggere questi sviluppi, tende a isolare gli oggetti, a separare le discipline piuttosto che a collegarle.
L'insegnamento separa ciò che è legato. Il pensiero che taglia permette agli specialisti di ottenere risultati
eccellenti nei loro settori ma i giovani perdono le loro attitudini naturali a contestualizzare i saperi e a integrarli
nel loro insieme. La conoscenza pertinente è quella capace di collocare ogni informazione nel proprio contesto e
se possibile nell'insieme in cui si inscrive. L'attitudine a contestualizzare è una qualità fondamentale della mente
umana, che bisogna sviluppare. Dietro la sfida del globale, si nasconde la sfida, dell'espansione incontrollata del
sapere. La gigantesca proliferazione di conoscenza sta sfuggendo al controllo umano.

La prima finalità dell'insegnamento è stata formulata da Montaigne il quale affermava che è meglio una testa ben
fatta che una testa ben piena, per la quale ci si riferisce ad una testa dove il sapere è ammucchiato e non ha il
principio di organizzazione che gli dia un senso. Una testa ben fatta, invece, presenta:

• un'attitudine generale a porre e a trattare i problemi;


• principi organizzatori che permettono di collegare i saperi e di dare un senso.

L’attitudine generale — Lo sviluppo delle attitudini generali della mente sviluppa competenze particolari o
specializzate. Più potente è l'intelligenza generale, più grande è la facoltà di trattare problemi speciali.
L'educazione deve favorire l'attitudine generale della mente per risolvere i problemi e di conseguenza stimolare il
pieno impiego dell'intelligenza generale, impiego che richiede la curiosità spenta spesso l'insegnamento. Si tratta
di incoraggiare e di spronare la curiosità e di orientarla su problemi fondamentali della nostra condizione e del
nostro tempo.

L'organizzazione delle conoscenze — Una testa ben fatta organizza le conoscenze per evitare che si accumulino.
Ogni conoscenza è una traduzione e una ricostruzione sotto forma di rappresentazione, idee e teorie.
L'organizzazione delle conoscenze comporta operazioni di interconnessione e di separazione. La conoscenza
comporta nello stesso tempo separazione e interconnessione, analisi e sintesi. Il nostro modo di conoscenza
disgiunge gli oggetti tra loro, in quanto isola gli oggetti dal loro contesto naturale e dall'insieme in cui fanno parte.
Pascal ha formulato l'imperativo dell'interconnessione che oggi si introduce nel nostro insegnamento, a cominciare
dalle scuole elementari; è impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come è impossibile
conoscere il tutto senza conoscere le parti.
Joseph D. Novak: una teoria dell’educazione

Accademico statunitense che si occupa dei processi di costruzione e di rappresentazione della conoscenza, ha
posto la teoria dell'educazione e i fondamenti dell'esperienza didattica alla base delle scelte in campo
metodologico. L'educazione è una sfida complessa; è facile determinare cambiamenti dannosi, piuttosto che
compiere progressi costruttivi. Per questo bisogna fare riferimento a una teoria dell'educazione guida per trovare
metodi innovativi capaci di provocare un cambiamento in campo educativo. Le teorie sono delle idee che spiegano
il motivo di determinati fenomeni che avvengono nell'universo. La teoria dell'educazione è costituita da una teoria
dell'apprendimento, da una teoria della conoscenza e da una dell'insegnamento, tutte collegate tra loro. Educare
oltre che una scienza, è un'arte e per questo richiede capacità di giudizio, sensibilità e valori. Il suo scopo principale
è di consentire a chi impara di farsi carico della propria personale costruzione di significato, la quale coinvolge i
pensieri, i sentimenti e le azioni. Un'educazione con effetto positivo deve concentrarsi sia sui fattori cognitivi che
sui sentimenti e le azioni individuali. Vanno prese in considerazione tre forme di apprendimento:

→ Apprendimento cognitivo, acquisizione delle conoscenze;


→ Apprendimento emotivo, mutamento di emozioni o sentimenti;
→ Apprendimento psicomotorio, miglioramento nelle attività fisiche, motorie o nelle prestazioni,
incrementando la capacità di un soggetto di dare senso alle proprie esperienze.

Un'esperienza educativa positiva aumenterà la capacità di riflettere, sentire e agire di una persona; un'esperienza
negativa o diseducativa avrà l'effetto opposto.

I cinque elementi base dell’esperienza didattica: Joseph Schwab affermò che l’esperienza didattica coinvolge
5 elementi che rappresentano una lista di controllo che garantisce che stiamo percorrendo tutti i passaggi chiave
necessari per comprendere un efficace intervento educativo.

1. L'alunno
2. L'insegnante;
3. Le conoscenze;
4. Il contesto
5. La valutazione

Aggiunta in quanto gran parte di ciò che si verifica nell'insegnamento e


nell'apprendimento dipende dai metodi di valutazione. Le continue valutazioni a cui
siamo soggetti ci dicono se possiamo o no fare determinate cose, ma molti dei metodi
di verifica non valutano adeguatamente le competenze di una persona.

Nella didattica, altri due fattori sono il denaro e il tempo: è più facile compiere qualsiasi compito se abbiamo a
disposizione soldi e tempo per farlo, ma limitarsi a investire maggiori quantità di denaro nell'educazione non può
migliorare il rendimento scolastico, sarebbe più efficace prolungando orario o durata dell’anno scolastico. È
indispensabile produrre nuove idee e trovare la volontà di applicarle con criterio. Una valida teoria dell'educazione
può consentire di generare idee e strategie tali da migliorare la didattica in qualsiasi ambito e a raggiungere
standard elevati.

Una teoria dell’educazione per gli esseri umani: A scuola l'uso di tecnologie nell'educazione permette di
ridurre al minimo la presenza dell'insegnante. Uno degli svantaggi dell'uso delle tecnologie nella didattica è che
le macchine non possono esprimere emozioni, interesse, calore e coinvolgimento come solo l'insegnante sa fare.
L'insegnamento e l'apprendimento sono eventi interattivi e coinvolgono i pensieri, i sentimenti e le azioni sia del
docente che dell'alunno. L'evento educativo risulta positivo quando gli studenti allargano le proprie conoscenze
rispetto a quelle già acquisite; negativo o distruttivo quando manca la comprensione. Poiché l'alunno e l'insegnante
condividono pensieri e sentimenti, quando l'educazione l'azione educativa avrà successo anche l'insegnante
proverà delle emozioni positive permettendo ad alunno e docente di condividere il significato di un'unita di
conoscenza. Si verifica quindi un apprendimento significativo, alla base dell’integrazione costruttiva di
pensieri, sentimenti e azioni all’empowerment finalizzato all'impegno e alla responsabilità.

Marco Orsi: la piramide spezzata e la piramide rovesciata

Marco Orsi ha proposto di sostituire l’idea dell’aula tradizionale con il progetto Senza Zaino.
La scuola tradizionale - piramide spezzata: al
vertice i comandi che ci danno direttive, tentano
coinvolgimenti progettuali; la base spesso reagisce
in termini difensivi, ridefinendo le decisioni che
sono state date.

Progetto SENZA ZAINO – piramide rovesciata:


al vertice in basso il dirigente scolastico, il suo
staff, il team amministrativo; in alto ci sono i
docenti, gli alunni, la classe vista come il cuore
dell’organizzazione scolastica, dando all’aula il
ruolo della centralità.

Se l'aula è il cuore dell'organizzazione scolastica, è necessario capire le relazioni che si stabiliscono tra i soggetti
e gli oggetti che si trovano in aula. La scuola deve tener conto dei limiti della struttura classe, tenendo presente

- La dimensione della popolazione;


- I tempi;
- Lo spazio;
- Le modalità del raggruppamento;
- Le esigenze di controllo, sorveglianza, trasmissività

La classe tradizionale è standardizzata, lo spazio è costituito da una


grande area di lavoro con banchi ben allineati, la presenza della
cattedra, dietro la quale il docente segue le azioni con insegnamento
frontale, la lavagna di fianco alla cattedra, due armadi in fondo al
locale.

Il progetto senza zaino presenta un’area di tavoli con un cassetto


per ciascun bambino, per il lavoro individuale, a coppie o a
gruppi, la zona del forum nella quale si prendono le decisioni, si
spiega, e si discute, costituito da tre panche a ferro di cavallo e
da un tappeto anallergico utilizzato anche per attività individuali
o di gruppo; dei mini laboratori e dei computer utilizzati per
l'approfondimento delle varie discipline, il tavolo
dell'insegnante, dove il docente può lavorare con due o tre
allievi, gli armadi sono attrezzati con materiale didattico.

Lo scopo del progetto senza zaino è di creare un ambiente formativo in grado di realizzare i principi di una scuola
capace di coinvolgere i bambini e i ragazzi nell'esplorazione del mondo. Questo permetterà di sviluppare un
processo di apprendimento insegnamento basato sull'esperienza, la scoperta, la ricerca e la pluralità delle
intelligenze.
Semymour Papert: matofobia, la paura di apprendere

Papert discute le ragioni della paura della matematica e le responsabilità dell'apprendimento scolastico nello
sviluppo di questa forma di fobia. Nella cultura contemporanea le persone si dissociano sempre di più dalla
matematica. L'emergere di una matematica umanistica, non più separata dalle scienze dell'uomo e dalle discipline
umanistiche potrebbe essere il segno di un cambiamento. Papert mostra come l'elaboratore potrebbe condurre i
bambini a stabilire con la matematica una relazione più umanistica e al tempo stesso più umana. Una delle
principali lezioni apprese durante la matematica è la sensazione di avere delle limitazioni. Prende in
considerazione l'immagine di Matelandia- il paese in cui la matematica sarebbe la lingua naturale- per sviluppare
l'idea che la presenza dell'elaboratore potrebbe avvicinare le due discipline. I bambini nascono con un grande
desiderio di imparare. I bambini apprendono una grande quantità di cose. Un ambito in cui la rapidità di
apprendimento si manifesta, è il vocabolario parlato. All'età di due anni i bambini dispongono un centinaio di
parole circa e quattro anni dopo ne conoscono a migliaia. Questo significa che ogni giorno imparano parole nuove,
mentre gli adulti non si rendono conto di ciò che i bambini apprendono.

Secondo Papert i bambini hanno un processo d'apprendimento invisibile: APPRENDIMENTO PIAGETIANO,


processo efficace dove nel periodo prescolare in cui il bambino si costruisce delle teorie pre-adulte del mondo, in
seguito si avvicinano al pensiero degli adulti. Molte persone rinunciano all' apprendimento perché sono ostacolate
da opinioni negative sulle loro capacità. I bambini crescono in una cultura secondo la quale ci sono persone
intelligenti e altre stupide, attribuendo il loro primo insuccesso nell'apprendimento, ad una propria incapacità,
definizione consolidata nella loro mente durante tutta la loro vita. Fin dalla scuola materna i bambini vengono
sottoposti a test sulle loro attitudini, il cui risultato classifica ciascun bambino in una categoria secondo le attitudini
riconosciute.

Secondo alcuni studi, la matofobia si sviluppa proprio a scuola. È il caso di Jim, un bambino che aveva preso
l'abitudine di descrivere parlando a voce alta tutto quello che stava facendo, durante le lezioni di matematica non
sapeva esprimere verbalmente il procedimento dell'addizione e da questa frustrazione nacque un odio per la
matematica. Il concetto di Matelandia ci indica come usare gli elaboratori per evitare situazioni simili a quella di
Jim. Il motivo per il quale certi bambini non si impadroniscono della matematica è che la nostra cultura non dà
un senso a ciò che si sta imparando. Il risultato è che i bambini sono costretti a seguire il modello peggiore per
l'apprendimento della matematica: quello meccanico, dove la materia è trattata come se non avesse nessun
significato. L'elaboratore però può fornire i legami tra matematica e vita quotidiana. Grazie a Matelandia si cerca
di convincere i bambini di essere capaci di fare tante cose che fino a quel momento ritenevano difficili.

Michele Pellerey,: le competenze di Michele

Michele Pellery, si occupa di problematiche educative e didattiche con riguardo alla didattica della matematica e
alla formazione professionale. Si parla di competenza quando si è in grado di affrontare una situazione di sfida in
maniera positiva. Una cosa simile è stata descritta da Platone nel dialogo Menone, Nel quale Socrate pone un
problema ad un ragazzo: trovare un quadrato che abbia l'area doppia di un quadrato dato. Per affrontare questa
sfida si deve essere in possesso di alcune conoscenze:

• La conoscenza della figura geometrica del quadrato;


• Il concetto di equivalenza tra due figure geometriche;
• La capacità di scomporre e ricomporre figure geometriche.

Un ragazzo, Michele, trova la soluzione corretta convincendo anche i compagni del gruppo di quella soluzione
corretta. Le competenze di Michele sono:

• Chiara conoscenza della figura geometrica del quadrato;


• È in grado di verificare che la figura originaria e quella trasformata sono composte dallo stesso numero
di figure rispettivamente uguali;
• Riesce a persuadere i suoi compagni di gruppo;
• I compagni sono solo una risorsa esterna non pericolosa;
• Risorsa esterna più importante come la lavagna dove è possibile disegnare e cancellare;

Ci sono inoltre delle risorse interne, che hanno favorito la soluzione come l'interesse per il problema e la capacità
di concentrarsi, e risorse esterne come prendere in considerazione il gruppo. Gli elementi che caratterizzano la
competenza di Michele sono:
• il tipo di sfida che deve affrontare;
• l'insieme delle conoscenze e delle abilità possedute da Michele;
• l'interesse e la disponibilità per risolvere il problema e la costanza nel cercare una soluzione;
• le risorse esterne disponibili come la lavagna, i compagni e l'insegnante.

Laura B. Resnick: in cosa differisce l’apprendimento scolastico da altri tipi di apprendimento

1. Cognizione individuale a scuola VS cognizione condivisa al di fuori;

La forma dominante di apprendimento nella scuola è quella individuale. Quasi sempre lo studente va bene o va
male in un compito indipendentemente da quello che fanno gli altri studenti, mentre molte delle attività esterne
alla scuola sono condivise socialmente.

2. Attività mentale pura nella scuola VS manipolazione di strumenti al di fuori;

La scuola è un'istituzione che valorizza il pensiero che procede autonomamente scienza l'ausilio di strumenti
materiali e cognitivi. La maggior parte delle attività mentali al di fuori sono connesse con gli strumenti e l'attività
cognitiva emergente è formata ed è dipendente dal tipo di strumenti disponibili.

3. Manipolazione di simboli a scuola VS ragionamento contestualizzato fuori della scuola;

All’esterno le persone utilizzano oggetti direttamente nei loro ragionamenti, senza la necessità di usare dei simboli
per rappresentarli. L’apprendimento scolastico invece e fondamentalmente baciato sui simboli.

4. Apprendimento di principi generali a scuola VS competenze specifiche richieste dalla situazione;

Il fine della scuola ed insegnare capacità e principi teorici generali. Questo significa che l'istruzione per essere
positiva deve sviluppare nelle persone le forme di conoscenze adeguate ad ogni situazione.

Dominique Simone Rychen: competenze chiave

Le competenze chiave (la creatività, il pensiero logico, le capacità di problem solving, l'indipendenza, la capacità
di concentrazione, di comunicazione e competenze informatiche) si fondano su tre criteri generali:

1. Contribuiscono a risultati di grande valore a livello individuale e sociale in termini di vita realizzata in
tutta la sua durata e di buon funzionamento della società;
2. Ricoprono un ruolo funzionale al soddisfacimento di richieste importanti e di sfide in un'ampia gamma
di contesti;
3. Sono importanti per tutti gli individui.

Marinella Sclavi: due tipi di narrazione

Secondo Marianella Sclavi esistono due modi di ascoltare/osservare da parte del docente nei confronti dell’alunno:

1. ASCOLTO PASSIVO
a. Parte da un modello che è predefinisce le variabili rilevanti
b. Concentra l'attenzione su azioni isolate
c. Interrompe l'altro
d. Nega all'altro la capacità di meta-comunicare
2. ASCOLTO ATTIVO
a. Esploratrice di mondi possibili
b. Concentra l'attenzione su reazione ad enunciazioni
c. Lo lascia parlare
d. Riconosce all'altro la capacità di meta-comunicare

Paul Watzlawick: alcuni assiomi della comunicazione

Psicologo, filosofo ed esponente della statunitense scuola di Palo Alto. Afferma gli assiomi della comunicazione:

- NON SI PUO’ NON COMUNICARE: qualsiasi comportamento porta ha una comunicazione. L'attività
o l'inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio; il semplice fatto che non si parli, non
significa che non si sa comunicando in quel momento.
- LIVELLI COMUNICATIVI DI CONTENUTO E AZIONE: Ogni comunicazione ha un aspetto di
contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi
metacomunicazione.
- LA PUNTEGGIATURA E LA SEQUENZA DI EVENTI: La natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti. La punteggiatura organizza gli eventi
comportamentali ed è quindi vitale per le interazioni in corso.
- COMUNICAZIONE NUMERICA E ANALOGICA: Gli esseri umani comunicano sia con il modulo
numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica complessa, è efficace
ma manca di una semantica adeguata nel settore delle relazioni, mentre il linguaggio analogico ha la
semantica ma non ha nessuna sintassi adeguata a definire la natura delle relazioni.
- INTERAZIONE COMPLEMENTARE E SIMMETRICA. Tutti gli scambi di comunicazione sono
simmetrici o complementari e virgola a seconda che siano basati sull'uguaglianza o sulla differenza.

Paul Weeden, Jan Winter , Patricia Broadfoot: l’autovalutazione

In molte scuole le attuali pratiche valutative potrebbero essere migliorate se gli insegnanti non si preoccupassero
solo di dare voti per garantire che il lavoro è stato completato, ma di allenare invece, i propri allievi all'uso
dell’autovalutazione che li aiuterebbe a riflettere sul loro apprendimento, a comprenderlo meglio e ad ottenere dei
risultati migliori. L'autovalutazione induce lo studente a:

• riflettere sull'esperienza
• cercare di ricordare e comprendere ciò che è accaduto
• tentare di giungere a un'idea più chiara di ciò che ha appreso o dei traguardi che ha raggiunto.

Il principio che dà maggiore forza all'autovalutazione è il fatto che gli allievi si sentono più responsabili e coinvolti
nel loro stesso apprendimento, che l'insegnante dirigere e controllare, ma mettendo al centro del processo di
valutazione l'input degli allievi. Lo scopo della valutazione come supporto all'apprendimento è quello di
individuare il divario fra il rendimento attuale e desiderato. Gli insegnanti devono essere d'aiuto lavorando con gli
allievi per sviluppare le abilità richieste. Uno dei modi più efficaci è nell'accrescere le capacità metacognitive
dell'allievo, implicando così la comprensione e la consapevolezza del proprio apprendimento. L'autovalutazione
è un'abilità che si impara. Alcuni allievi inizialmente la troveranno difficile, alcuni saranno troppo duri con sé
stessi, altri compiaciuti e non si porranno delle sfide. L'insegnante fornisce agli allievi il sostegno di cui hanno
bisogno e gli stimoli giusti per aiutarli a impegnarsi, mentre gli allievi assumono maggiore responsabilità nel loro
apprendimento comprendendo i progressi che stanno facendo in vista degli obiettivi a breve e a lungo termine da
raggiungere. L'autovalutazione è importante in quanto viene confrontata con i precedenti risultati dell'allievo
stesso, e non con i risultati di altri allievi in quanto molti studenti hanno avuto dei danni riguardo la fiducia in sé
stessi e alla loro autostima. Insegnamento, apprendimento e valutazione sono sempre strettamente connessi e ciò
può essere un fattore motivazionale importante per gli allievi che, se motivati, tendono ad apprendere e a
comportarsi meglio. Spesso gli allievi vedono la valutazione come un evento minaccioso. Combinare
insegnamento e autovalutazione può essere un elemento di sostegno e motivazione del processo di apprendimento
e poiché l'autovalutazione è particolarmente impegnativa dal punto di vista emotivo, gli allievi dovranno essere
sostenuti dagli insegnanti per un apprendimento efficace.

Grant Wiggins, John McTighe: il processo di progettazione a ritroso

Secondo Grant Wiggins Le progettazioni curriculari più efficaci sono a ritroso, le quali richiedono agli insegnanti
di rendere operativi i loro obiettivi quando iniziano a costruire una unità o un corso di studio. Molti insegnanti
che hanno adottato questo approccio, hanno migliorato gli scopi da perseguire, e favorito negli studenti migliori
prestazioni. Il processo di progettazione ritroso è costituito da tre fasi generali:

1. Identificare i risultati desiderati, in cui si considerano i propri scopi, si esamina il contenuto degli standard
e ci rivedono le aspettative a livello di curriculo.
2. Determinare evidenze di accettabilità, in questa fase l'orientamento della progettazione a ritroso
suggerisce di pensare a una unità in termini di evidenze necessarie per documentare confermare che si è
realizzato l'apprendimento desiderato.
3. Pianificare esperienze e istruzione, una volta identificati i risultati e tenute presenti le evidenze della
comprensione, gli insegnanti possono procedere a pianificare le attività di istruzione come le scelte sui
metodi, la sequenza delle lezioni, materiali di riferimento.

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