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INTRODUZIONE
L'azione dell'insegnante chiede di essere accompagnata da una riflessività ad ampio raggio che guardi non
solo alle singole attività che si svolgono con gli alunni, ma alla scuola nel suo insieme. Una simile riflessività
ha bisogno di essere alimentata con attenzione critica verso ciò che si fa e ciò che accade, ma anche
attraverso l'incontro intelligente con gli studi e le categorie interpretative di coloro che hanno dedicato
buona parte della loro vita a cercare di innovare la scuola operando un’approfondita riflessione sulle sue
strutture e sulle sue dinamiche.
Quando si parla di curricolo e programma solitamente si intende la stessa cosa, anche se in realtà non è
così. Nella tradizione amministrativa e pedagogica italiana parlare di programma significa intendere un
documento ufficiale derivante da una legge in senso formale, è anche vero però che nessuno dei
programmi attuati abbia mai governato realmente anche perché questi sono sempre stati sottoposti ad
un’interpretazione e adeguamento da parte di coloro che dovevano attuarli, mettendo in pratica la libertà
di insegnamento. È inevitabile però che documenti derivanti da un particolare momento politico e sociale
risultano datati perché rappresentano il periodo civile-culturale in cui sono stati scritti e perciò ne deriva
un continuo distaccamento tra il paese legale, che in questo caso sono i programmi, e il paese reale, che
sono le attività svolte nella scuola. Passare da una logica di tipo programmatico ad una di tipo curricolare
significa conferire legalità alla realtà cioè elevare le scelte, gli orientamenti e le attività che gli educatori
ritengono opportuno intraprendere durante il percorso.
Questo passaggio può essere utilmente collocato all'incrocio di due linee portanti:
- da una parte vediamo la tendenza al decentramento, all’autonomia gestionale e alla partecipazione
- dall'altra la razionalizzazione - tecnologizzazione dei processi di insegnamento e di apprendimento.
Queste due linee rappresentano le forze trainanti del processo pedagogico scolastico del nostro tempo: la
forza della socializzazione e quella della scientificizzazione.
2. La qualità della conoscenza: ad una data struttura organizzativa corrisponde una adeguata visione
sistematica della conoscenza e delle modalità di trasmissione-acquisizione. .
3.3 Continuità e discontinuità nello sviluppo del soggetto e tra le esperienze educative
Scurati presenta il rapporto tra scuola e altre agenzie educative in termini di necessaria integrazione tra i
due mondi e riprende il tema della continuità nello sviluppo del soggetto, ma per sostenere anche il valore
educativo della discontinuità, degli eventi non programmati, delle esperienze eccentriche. Continuità e
discontinuità sono contemporaneamente necessarie.
Sheffler ha sostenuto che la continuità è caratteristica prima ed essenziale dello sviluppo del potenziale
umano. Il bambino non coglie le proprie potenzialità isolatamente, ma nel quadro della sua integrazione
personale continua, nella continuità della famiglia e dell’ambiente. Quindi se la vita del bambino è
continua non deve essere considerata come segmentata nelle unità temporali sezionate della scuola. Ma
continuità non significa parlare di uniformità, indifferenziazione; il nodo centrale consiste nel contemplare
la compresenza di continuità e differenziazione, evitando che la seconda si tramuti in senso di scollamento.
È fuori dubbio che il tema dell’autonomia rappresenta lo spunto più significativo del dibattito sulle
prospettive della scuola sotto il profilo istituzionale, giuridico, amministrativo e funzionale. Una scuola
“autonoma” non vuol dire, una scuola autocentrica o autosufficiente , l’autonomia va concretizzata in
indicatori rilevabili di qualità. Una scuola autonoma è una scuola collegata con i grandi temi nazionali e
internazionali della cultura e non ripiegata su più o meno folkloristici localismi, ricca di risorse, “custodita”
dalla comunità, valutata e verificata ma non sospettosamente controllata. Significa abilitare la scuola a
“governare” l’ampio spettro di iniziative culturali, pedagogiche, didattiche e di ricerca e sviluppo in grado
di farne una comunità nella quale l’insegnante, genitori, studenti, personale non docente cooperano in
vista del raggiungimento della migliore qualità dell’educazione degli allievi. Al centro di questa prospettiva
stanno 3 nuclei ordinatori :
1. L’incompatibilità fra il principio burocratico e il principio educativo = tanto più la scuola si
costituisce come luogo dell’educativo tanto meno si struttura come campo del burocratico.
2. I “mondi vitali” = la scuola, in questo modo, si manifesta come un sistema di relazioni ed una rete
di eventi umanamente promozionali in virtù della loro eccellenza e respinge, di nuovo, il legame
con una visione “burocratica”.
3. La scuola come organizzazione complessa = può essere adeguatamente compresa soltanto
identificandone in termini positivi i caratteri di “rilassatezza strutturale” la scuola come
ambiente vitale di promozione umana è possibile solo se essa è in grado di accettare ed
incoraggiare le differenze come parte costitutiva della sua stessa sopravvivenza.
Altro tema connesso all’autonomia didattica è quello del “rafforzamento” (empowerment) degli insegnanti
sotto il profilo del loro contributo alle decisioni, della loro efficacia operativa e della loro affidabilità
educativa. Parlare di autonomia significa ipotizzare una scuola che si poggia sulla propria forza che è anche
la forza di chi insegna.
A questo punto, è opportuno parlare della funzione della leadership che, nella maggioranza dei casi, viene
concepita come potere di influenzamento e come capacità di esplicitare atti che siano insieme
tecnicamente funzionali e psico-dinamicamente adatti. Un leader deve evitare quegli atti che minacciano la
soddisfazione dei bisogni sociali del gruppo. In ordine agli obiettivi ed agli scopi del nostro discorso, può
risultare utile, sviluppare una rappresentazione del sistema scolastico in quattro comparti, ciascuno dei
quali viene identificato in base alle sue specifiche funzioni, contiene i propri operatori ed è sede di
interazioni con gli altri. Un ulteriore chiarificazione può essere ricavata dalla considerazione delle “regole”
che ciascuno dei comparti identificati è chiamato a custodire, realizzare e rispettare in merito al
funzionamento ed ai fini complessivi del sistema stesso.
Le rilevazioni salienti:
L’educativo si caratterizza per l’esistenza di relazioni forti e dirette fra l’operatore ed il
destinatario delle sue operazioni, mentre le strutture funzionali “attraversano” il rapporto
docente-alunno. L’insegnate “sta in classe” con i suoi studenti, ne è direttamente responsabile,è
impegnato in un rapporto coinvolgente con loro, se ne prende cura = è in una posizione di tipo
“pastorale”.
Nell’amministrativo l’azione dell’operatore si “scarica” sulle strutture funzionali, mentre il
riferimento all’alunno appare molto debole e indiretto. L’amministrativo è relativamente lontano
dall’alunno.
L’educazionale presenta una “normalità” di riferimento alle strutture funzionali, ed un
riferimento di carattere tendenzialmente debole all’alunno. L’educazionale ha per oggetto i
funzionamenti e le condizioni istituzionali ed organizzative, non gli atti e gli eventi educativi in
quanto tali, che sono, di competenza specifica dell’educativo. L’operatore dell’educazionale non è
del tutto lontano dall’alunno, avverte la sua presenza, ma non interagisce direttamente con lui.
Lavorare in posizione dirigenziale significa, far si che l’istituzione entro la quale si è collocati riesca a far
funzionare effettivamente i suoi apparati organizzativi in vista del conseguimento dei suoi fini e dei suoi
obiettivi (efficienza). Contemporaneamente , dobbiamo ricordare che “la salute organizzativa” di un
apparato istituzionale non ha soltanto a che fare con questioni di rendimento ma comprende l’attenzione
anche per le dimensioni umane, infatti l’istituzione è “abitata” da esseri dotati di vitalità psicologica.
A questo punto, è possibile affermare che la funzionalità organizzativa e la relazionalità psicologica
rappresentano i due versanti dell’esperienza umana con i quali il dirigente scolastico ha a che fare
costantemente.
Il raccordo fra l’idea di scuola e quella di comunità ha conosciuto un significativo mutamento di rotta
rispetto ai precedenti decenni, durante i quali si parlava di “scuola della comunità”, oggi si va diffondendo
il principio di “scuola come comunità”, dizione che contiene sia un recupero di vecchie consapevolezze sia
l’indicazione di rinnovate prospettive. Nelle comunità costruiamo le nostre vite sociali insieme con gli altri
che hanno intenti simili ai nostri, nelle organizzazioni le relazioni sono costruite per noi dagli altri e
diventano codificate in un sistema, di gerarchie, ruoli ed attese di ruolo, il problema, consiste nel
“costruire” la comunità dentro la società. Le scuole vanno concepite come “comunità finalizzate”, cioè
“posti dove i membri sviluppano una comunità di pensiero che li tiene insieme e li connette ad una visione
condivisa”; queste vanno condotte e sviluppate come:
Comunità di cura
Comunità di apprendimento
Comunità professionali
Comunità inclusive
Comunità di ricerca.
SAGGI CRITICI
Le competenze dell’insegnante
L’atteggiamento del maestro dovrebbe essere rivolto a non separare teoria e pratica, a saper auto-
controllarsi, essere flessibile mentalmente e allo stesso tempo rigoroso. Per competenza didattica si
intende la capacità di comportarsi in modo creativo e ponderato in una situazione controllata. Un maestro
è competente se è vicino alla ricerca, raccoglie dati, è interessato al miglioramento.