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DIDATTICA SPECIALE PER L'INCLUSIONE

PARTE PRIMA: LA DIDATTICA SPECIALE E LE SUE PROBLEMATICHE

CAPITOLO 1: IL RUOLO DELLA DIDATTICA SPECIALE

COSA ABBIAMO CAPITO?


Esquirol parò di idiozia, imbecillità per descrivere persone educabili e non. Nel 700 si usavano
cretinismo, rachitismo, poi imbecille, insano di mente, demente ec. L' OMS Organizzazione
Mondiale della Sanità specifica che occorre essere chiari per parlare di soggetti con deficit. Il
termine handicap è stato ideato per definire una condizione sociale che limita l'adempimento
normale alla vita sociale. Quindi è sbagliato parlare di "portatore di handicap". Parlarlare di
"diversamente abili" acuisce le differenze, i disabili non sono diversi, nè hanno abilità differenti.
La persona con disabilità ha diritto a vivere come tutti gli altri cittadini.
 Negli anni 70, nelle scuole si parlava di "inserimento", come processo di accoglienza
sociale, quasi obbligatorio. L'inserimento non è sufficiente, l'ambiente deve essere
preparato. Non bastava quindi una legge ( art.28 L. 118/1971).
 Negli anni 80, si inizio a parlare di "integrazione", per dare risposta positiva a quegli
allievi che necessitavano di interventi speciali, grazie ad insegnanti pronti a modificare la
propria impostazione educativa; ma per lo più gli insegnanti erano impreparati ad
affrontare una prospettiva didattica speciale;
 Oggi si parla, sempre più, di "inclusione" come accoglienza e indirizzamento didattico
speciale. Questa logica diventa naturale, indipendentemente dalla presenza di allievi con
disabilità.
NECESSITA' DELLA DIDATTICA SPECIALE PER L'INCLUSIONE
Occorre soddisfare le necessità di tutti gli alunni, specialemnte quelli con difficoltà. La didattica
speciale deve seguire una strada parallela ad una prospettiva inclusivista. La scuola di oggi è
molto complessa, frutto delle trasformazioni della società, della globalizzazione. Deve garantire
a tutti di conseguire i migliori risultati posssibili, nel rispetto delle diversità. Promuovendo le
capacità e le potenzialità, e non illudendo, mai. Insegnare è difficile, non solo per il contesto
variegato, ma anche per l'atteggiamento dei ragazzi di oggi che fanno fatica a rispettare. Non ci
sono studenti con disabilità, ma studenti svogliati, demotivati, che si annoiano ec. Alcuni sono
alunni difficili a causa delle condizioni socio-economico di appartenenza, quindi a condizione
esogene legate alla condizione sociale e familiare.
VIVERE IL CONCETTO DI INCLUSIONE COME ASSE PORTANTE DEL PROPRIO AGIRE
EDUCATIVO
Vuol dire avere consapevolezza che i ragazzi sono il nostro più grande interesse, ognuno di loro
richiede un impegno personale. Gli allievi sono al primo posto della società educante. Il
Dirigente scolastico deve favorire un movimento pedagogico inclusivo, promuovendo
collaborazione, formazione attenta dei docenti, creazione di uno staff capace, obiettivi elevati.
DIDATTICA SPECIALE DI ALTO LIVELLO
Per didattica si intende il "sapere dell'insegnamento" (le conoscenze relative all'insegnare),
quindi l'insegnamento è l'oggetto della didattica. I docenti devono avere delle abilità didattiche.
La didattica è il luogo dell'azione e della riflessione, non può essere solo della riflessione, perchè
anche questa comprende l'esperienza. L'azione è la base teorica della didattica. Una scuola che
vuole operare bene, necessità di una riflessione precedente. La capacità di insegnare,
analizzando prima, dà vita a quello che si definisce "rapporto fondamentale" (relazione
asimmetrica e complementare tra insegnante e alunno).
LA SCUOLA ITALIANA E I SUOI NOTEVOLI PROBLEMI

Gli alunni della scuola italiana sono quais 8 milioni, il 2,5 % dei quai con disabilità. Quella
intellettiva è la più diffusa, seguita da quella motoria, visiva o uditiva. Gli insegnanti di sostegno
sono 110 mila, in questi anni c'è un incremento di disabilità. Anche la dispersione scolastica è
proccupante (700 mila), soprattutto al Sud. La posizione della nostra scuola è inferiore alle
medie nazionali.
BES COME BEN-ESSERE A SCUOLA
La scuola secondaria risulta essere in crisi, alto è il livello di bocciature. Il Ministero dell'istruzione
ha emanato il 27 dicembre 2012 la prima direttiva sugli strumenti d'intervento per gli alunni con
bisogni educativi speciali e l'organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica. Questa
direttiva offre anche a coloro che non hanno la certificazione di disabilità, e che non hanno la
diagnosi di Distusturbo specifico di apprendimento, ma che hanno difficoltà dovute a particolari
situazioni socio/familiari dei piani differenti, dei percorsi personalizzati. La legge 2010 n.170
(Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico) introduce
una diagnosi di uno specilista esterno alla scuola, per gli allievi con DSA. L'articolo 5 della legge
170, così recità: Gli studenti con dsa hanno diritto ad appositi provvedimenti, anche nei cicli
universitari; hanno diritto ad una didattica individualizzata, all'introduzione di strumenti
compensativi (tecnologie); strumenti anche per la lingua straniera che facilitino la comunicazione
e se è necessario, anche l'esonero; forme di verifica anche per gli esami di stato e universitari
apposite.
Abbiamo avuto una fioritura di diagnosi che lascia perplessi. Nella direttiva del 2012 si afferma
che ci sono disagi che non riguardano solo i deficit. Il Bisogno educativo speciale comprende tre
tipologie:
1. La persona con disabilità: con certificazione di disabilità legata alla legge 104/92 (che dà
la possibilità dell'insegnante di sostegno);
2. con disturbo evolutivo specifico: che può avere o no la diagnosi riconosciuta da uno
specialista (non prevede il sostegno);
3. con svantaggio socio-economico, linguistico e culturale(non ha nessuna diagnosi).
E' previsto un Piano didattico personalizzato (PDP): un percorso individualizzato per definire e
monitorare le strategie d'intervento idonee e i criteri di valutazione.
Occorre un cambiamento rispetto alla didattica tradizionale: lezioni frontali, spiegazioni alla
cattedra, interrogazioni quotidiane, verifiche periodiche, pagelle.

CAPITOLO 3: LA DIDATTICA SPECIAL IN UNA SCUOLA INCLUSIVA

Una scuola che opera in modo inclusivo è difficile da attuare, soprattutto al giorno d'oggi, in
alcune realtà come le periferie dove bisogna fare i conti anche con la sfontatezza delle nuove
generazioni. Per realizzare una didattica inclusiva bisogna partire dal concetto di gestione della
classe.
Gestione della classe. Biosogna coinvolgere tutti gli allievi allo stesso modo, e far sentire quelli
con problemi parte della classe. Tutti sono componenti importanti, da valorizzare. Bisogna
condurre gli allievi con naturalezza e rigore, tenendo conto delle diversià, l'insegnante deve
avere le idee chiare sul contesto in cui opera e sulle dinamiche sociali che si possono attivare.
Gestione della classe= capacità dell'insegnante di operare in classe, con il gruppo di allievi, in
modo coinvolgente, con un'offerta di valore, per tutti e per ciascuno, promuovendo
cooperazione e produttività.
Agire nell'ambiente fisico della classe. L'aula è l'ambiente in cui si opera. Deve essere pulita,
curata, ordinata, serena, accogliente, con ambienti luminosi, caldi, belli. Maslow e Mintz hanno
messo in evidenza come allievi con classi poco ospitali lamentavano dolori diffusi, mal di testa,
depressione ec. E' importante la disposizione di mobiletti, banchi, sedie ec. Ciascun ragazzo
deve avere un proprio spazio vitale, questo non può avvenire se c'è sovraffollamento. E' l'ideale
avere anche un'area con attrezzature per facilitare l'apprendimento, dove appendere cartelloni
ec. I banhi possono essere disposti: a doppia coppia, file singole, file orizzontali, ferro di cavallo,
a spina di pesce ec. L'illuminazione è importannte, però bisogna stare attenti perchè alcuni
sudenti autistici hanno ipersensibilità alle fonti luminose.
Conoscere e soddisfare i bisogni di tutti. Abbiamo un gruppo eterogeneo, e tutti meritano
rispetto. Devono fidarsi del proprio educatore che deve agire nel loro bene. Per farlo deve
conoscerli in profondità. L'educatore deve piacere all'alunno, motivarlo, conoscere la sua storia
personale. Ogni alunno ha bisogno di sicurezza, stima, amore, di avitare il fallimento. La
proposta deve essere presentata con passione e trasporto, tenendo conto delle prospettive,
ansie e inquietudini degli allievi. Bisogna promuovere l'autodeterminazione, la capacità di
prendere decisioni autonome, per evitare la frustrazione. Promuovere la competenza per essere
in grado di raggiungere determinati traguardi. Per Bandura, il senso di autoefficacia, deve essere
indotto anche dall'insegnante che convince l'alunno di potercela fare, di avere tutti i requisiti. E
lo valorizza anche in presenza di errori. Occorre sollecitare la motivazione intrinseca.
Costruire un adeguato clima di classe. Occorre favorire un clima positivo, di serenità. Molti
studenti hanno bassa autostima e scarsa motivazione, bisogna lavorare su questo.
I pilastri. Quando uno studente incontra un educatre valido, la sua interà vita può cambiare in
meglio. Ecco quali sono i pilastri fondamentali su cui fondare la gestione della classe:
 Gestire la classe non è solo mantenere la disciplina, ma essere presenti in modo efficace:
dare la sensazione agli allievi che nulla sfugge all'insegnante, che non tende a
controllarli, ma a stare con loro.
 Utilizzare il controllo prossimale: è una strategia educativa d'intervento che mira a
contenere i comportamenti anomali, avvicinandosi fisicamente all'allievo.
 Il ruolo dell'effetto onda: richiamare chi non rispetta le regole, non per agire sul singolo,
ma per produrre un effetto su tutta la classe.
 La comunicazione deve essere chiara e precisa.
 La dominanza: non bisogna essere del tutto autoritari, ma nemmeno troppo indulgenti.
Occorre agire con naturalezza ed esercitare allo stesso tempo una guida trainante.
 La comunicazione non verbale: ultilizzare il proprio corpo per esprimere messaggi, ad
esempio la comunicazione oculare.
 Utilizzo sapiente della propria voce: il linguaggio verbale è essenziale (il tono, la
modulazione, la cadenza, le pause, il volume la chiarezza, non essere monotoni ec.).
 Valoirizzare gli allievi: anche quando fanno giusto è bene evidenziarlo e lodarli per
amentarne le motivazioni.
 Slancio e scorrevolezza: richiamare con impeto l'attenzione iniziale e mantenerla
continua e scorrevole.
 Impostare più attività contemporaneamente: di fronte alla diversità della classe, questo è
essenziale.
 Impostare una continua diversificazione nella proposta didattica: stare attenti alla
monotonia delle attività, promuovendone sempre di nuove, attrattive, magari con l'uso
delle tecnlogie.
L' UNIVERSAL DESIGN FOR LEARNING
E' la progettazione universale dell'apprendimento, favorisce l'inclusione, puntando sulla
pianificazione mirata a risolvere i problemi presenti in classe, utilizzando strumenti didattici
flessibili e volti all'individualizzazione. Per realizzarla l'insegnante deve avere dimistichezza con
strategie d'insegnamento differenti perchè diversi sono i problemi degli studenti: vista, udito,
movimento, lettura, scrittura e calcolo, comprensione linguistica, attenzione e organizzazione,
apprendimento. L'Universal design permette all'insegnante di rispondere a tutte le esigenze
della classe. Si basta sui seguenti principi:
 Far molteplici modi di coinvolgimento: promuovere l'apprendimento in base alle
esigenze (in gruppo, individuale).
 Fare molteplici modi di rappresentazione: fornire diversi modi per presentare gli
argomenti, in base alle esigenze dgli allievi (ad esempio spiegazione orale).
 Fare molteplici modi di azione ed espressione: non usare per la verifica solo forma scritta
e orale, ma anche iconica, simbolica, artistica.
Ecco i fondamenti dell'Universal designi: flessibilità, semplicità, percettibilità (chiara e
riconoscibile), tolleranza all'errore, contenimento dello sforzo fisico, misure e spazi idonei.
Per la rappresentazione: il maestro deve ridurre le barriere che ostacolano l'accesso alle
informazioni; deve offrire modalità idonee per personalizzae l'esposizione delle informazioni
(colore del testo, carattere grafico ec.); deve offrire alternative per le informazioni uditive (testi
con immagini, sottotitoli ec.); offrire alternative per le informazioni visive (fornire descrizioni
scritte il linguaggio braille, fornire oggetti fisici e modelli spaziali); chiarire il significato di
vocaboli e simboli, chiarire sintassi e strutture, utilizzare i media.
Differenziare l'insegnamento in classe. La classe è il luogo in cui incrementare la propria
umanità, la didattica inclusiva mira a permetterlo a tutti. Bisogna progettare una didattica
differenziata. Bisogna pensare all'insegnamento avendo presenti le necessità degli allievi, in un
clima sereno, con relazioni significative.
Occorre eliminare i pregiudizi della scuola tradizionale: vedere l'insegnante come unoratore,
percepire lo studente come passivo, considerare gli allievi incapaci, valutare alcuni intelligenti e
altri no, pensare che l'apprendimento riguardi solo lallievo considerare i bambini con DSA un
problema.
Per procedere con la differenziazione occorre: conoscere gli allievi, focalizzarsi sulle capacità, sui
bisogni, usare diverse strategie e far partecipare gli allievi alla propostadi lavoro.
Molti insegnanti sono timoroi, ma questi approcci si sono dimostrati di successo.
Pianificare le diverse attività per gli allievi con problemi. Mastropieri e Scruggs identificano
5 aree compromesse, nei ragazzi con problemi: area del linguaggio, cognitiva, dell'attenzione e
della memoria, del comportamento sociale, fisica e delle funzioni sensoriali. Il dirigente
scolastico deve promuovere l'inserimento dell'insegnante di sostegno nel team dei docenti, si
deve sentire parte del team, si deve creare un clima collaborativo, ci deve essere una
progettazione unitaria. La legge 104/1992 sottolinea la contitolarità da parte dell'insegnante di
sostegno.
La valutazione degli studenti con problemi deve essere congruente con il Piano educativo
individualizzato (PEI) ovvero il documento nel quale vengono descritti tutti gli interventi per
l'alunno con handicap. Le prove e i compiti sono differenziati.
Adattamenti. Occorre adeguare la programmazione alle esigenze dei singoli allievi. Questo non
vuol dire ridurre la programmazione, ma irrobustirla e renderla più accessibile, puntare sulla
partecipazione e la costruzione della conoscenza. Per renderli partecipi si può chiedere loro di
fare connessioni, elaborare quesiti e idee, sintetizzare.
La valutazione è trattata dall'articolo 9 della legge 122/2009: è riferita al comportamento, alle
discipline e alle atttività svolte sulla base del PEI; per l'esame conclusivo del primo ciclo sono
previste prove diversificate, in base al PEI; per le scuole superiori ci sono 3 tipologie di prove (
una uguale a quella dei compagni, una equipollente ma con tempi più lunghi, una differenziata).
Alcune semplici strategie. Le strategie di apprendimento sono tecniche, principi o regole che
facilitano l'acquisizione, la manipolazione e il ricordo di informazioni.
Una utile a diversificare la proprosta formativa è la PASS (priorità negli obiettivi, adattare
l'insegnamento agli allievi, sistematizzare l'insegnamento e la valutazione, facendo ttenzione a
struttura, chiarezza, entusiasmo, appropriato livello, massimizzare l'interesse--->SCREAM ).
Tra le strategie mnemoniche abbiamo RARE (ripetere, agire, ragioni, esempi).
Per imparare a studiare abbiamo SQ3R (effettuare una rassegna SURVEY, esaminare gli
argomenti QUESTION, leggere READ, rivedere REWIEW).
E la PQRST (previsione, domanda, leggere, autocertificazione, verifica).
Gli allievi gravi
Quelli con problematiche più gravi, faticano ad inserirsi, probabilmente perchè fin dalla scuola
dell'obbligo non troano ambienti idonei, e spesso gli insegnanti li vdono come un peso, un
problema e invece di aiutarli tendono a contenere la situazione, tenendoli buoni, mentre gli altri
lavorano.
La cosa fondamentale da fare sarebbe invece non limitarsi a permettere loro di acquisire
nozionoi scolastiche che se pur importanti, non sono tutto; ma farli crescere dal punto di vista
umano, vaorendo l'autodeterminazione, cioè la capacità di scegliere liberamente, senza
coercizione. E aiutarli a sviluppare l'autonomia: essere autonomi nell'igiene, nella vita domestica,
nell'alimentazione, nel tempo libero.

PARTE SECONDA

CAPITOLO 1: ALLESTIRE L'AMBIENTE INCLUSIVO: DALLA DIDATTICA TRADIZIONALE A


QUELLA INCLUSIVA

Si può fare una differenza tra didattica tradizione e didattica inclusia, e tra un approccio che
vede l'inclusione come un'azione finalizzata ad includere qualcuno, e un approccio che la vede
come qualcosa che riguarda tutti.
Nella didattica tradizionale le caratteristiche dell'allievo non sono prese in considerazione, si fa
riferimento ad un allievo ideale e non reale, e tutto è centrato sull'insegnamento e non
sull'apprendimento. C'è un'dea statica della conoscenza e si ritiene superflua una formazione
antropologica, sociale e psicologica dell'insegnante. Non si fa attenzione alle differenze
individuali, e si finisce per avere il successo di pochi.
La didattica inclusiva prende le mosse da un nuovo modo di concepire la scuola promulgato
dalla legge 517/1975. Si fonda sull'individualizzazione. Le differenze sono valorizzate. Si può fare
una differenza tra inclusione e didattica inclusiva:
nella prima , la caratteristica divergente dell'allievo viene vista come peturbante dall'ambiente
scuole, il quale però, a differenza della didattica tradizionale lo accetta e lo accoglie;
nella seconda, non è il soggetto che deve adattarsi al sistema, m il sistema deve essere
amichevole al cambiamento.

CAPITOLO 2: DIDATTICA COOPERATIVA E METACOGNITIVA

L'apprendimento è facilitato se gli studenti capiscono ciò che apprendono e attuano strategie di
controllo e regolazione del processo, dando vita ad interazioni sociali. E' il caso di due strategie:
l'Apprendimento cooperativo e la Didattica metacognitiva.
L'APPRENDIMENTO COOPERATIVO
Ci sono stati diversi precursori: Platone (con i suoi dialoghi), Quintiliano, Seneca (Quid docet
discet= chi insegna apprende), Abelardo, Comenio (aprendere gli uni agli altri). Il mutuo
insegnamento nasce con Lancaster e Bell, poi ne fanno uso Tolstoj, Neill. Dewey ne sottolinea gli
aspetti positivi, Freinet, Piaget, Vygotskij (che parla del'importanza dell' altro significativo),
Bruner (parla di strutture come modelli per interpretare la realtà e parla dell' Io narratore),
Gardner con la sua teoria delle intelligenze multiple, che parla dell'intelligenza interpersonale.
Comoglio e Cardoso, definiscono il Cooperative Lerning: un insieme di tecniche di conduzione
della classe, in cui gli studenti lavorano in gruppi, e ricevono valutazioni in base ai risultati.
Nell'apprendimento cooperativo si valorizza sia la sfera individuale che di gruppo, c'è
interdipendenza positiva ecc.
Le diverse modalità o declinazioni di Cooperative Learning
 Lo Student team learning: di Slavin, valorizza la motivazione estrinseca che subisce nel
clima di gruppo un rinforzo;
 Complex Instruction: Cohen, gli studenti devono contribuire al processo di
apprendimento;
 Collaborative approach: Cowie e Rudduck, Collaborazione in team per il raggiungimento
di uno scopo comune;
 Group Investigation: Sharan e Sharan, gli studenti sono sollecitati a porsi domande e fare
ricerche, confrontandosi poi in gruppi.
Il learning together. Per parlare di apprendimento cooperativo per i fratelli Johnson si devono
soddisfare 5 condizioni:
1. Interdipendena positiva: ciascuno giunge al successo se tutti vi giungono;
2. Responsabilità individuale: tutti devono rendere conto agli altri;
3. Interazione faccia a faccia: il contesto (banchi sedie) deve consentire il confronto;
4. Insegnamento diretto delle abilità sociali;
5. Valutazione individuale e di gruppo: (il monitoring può essere svolto dall'insegnante o
da uno studente incaricato).
L'interdipendenza che abbiamo nominato prima è fondamentale, può assumere 3 forme:
1. In riferimento al compito: ciascun membro svolge una parte del compito per lo scopo
comune (in un cartellone uno disegna, uno colora ec.);
2. Al ruolo: si assegnano ruoni complementari e interconnessi, c'è chi gestisce il gruppo
(la voce, il rumore), chi il funzionamento del gruppo (spiegare le idee, incoraggiare), chi
l'apprendimento (riepilogo, ricerca), chi stimola il gruppo ( facendo valere e charendo le
idee di tutti).
3. Di risorse: condividono le loro differenti competenze;
4. Di materiali: condivisono materiali e informazioni diverse (libri, cartelloni ec.):
5. Con l'identità: si crea un nome, uno slogan per aumentare l'appartenenza al gruppo.
I docenti devono stare attenti: al contesto, alla celebrazione (fare in modo che si congratulino tra
di loro ed evitino le guerre di gruppo), alla valutazione (sia del singolo che del gruppo).
Abilità sociali= si fa riferimento a funzioni cognitive (empatia, capacità di valutare e prevedere) e
comportamenti manifesti (verbali e non) che gli individui attivano, mentre interagiscono con
altre persone. E' la capacità di intraprendere relazioni interpersonali, e di agire in modo
adeguato al contesto sociale. Sono acqusiti grazie a influenze ambientali, a figure di riferimento,
feedback; e sviluppano capacità di automonitoraggio e autovalutazione.
La Carta T è un documento (una tabella) che insegnanti e allievi elaborano, evidenziando gli
aspetti verbali (cosa dico) e non verbali (cosa faccio) , connessi all'abilità sociale affrontata.
La progettazione di un percorso cooperativo. L'insegnante deve assolvere una funzione
strategica, di regia, in modo da restare sullo sfondo e mettere in primo piano gli allievi, e dalla
quale si evinca solo il suo stile.
1. Prima della lezione: si prendono decisioni, si scelgono gli obiettivi, la composizione dei
gruppi, dell'aula, i ruoli ec.
2. Nell'introduzione della lezione: i comunica quanto detto prima, scegliendo il tipo di
interdipendenza, richiedendo determinati comportamenti e fornendo i materiali;
3. Durante la lezione: si avvia l'insegnamento delle abilità sociali, si analizzano i contenuti, si
interviene sul lavoro di gruppo;
4. Dopo la lezione: si ascolta la presentazione dei lavori, si verificano i processi attivati dal
gruppo, si fa una valutazione, si definiscono eventuali miglioramenti.
La composizione dei gruppi. I fratelli Jonhson fanno una distizione dei gruppi, in base alla
durata:
1. Formali: 4-6 settimane, apprendimento di contenuti di diversa natura;
2. Informali: arco di una lezione, per finalità specifiche e argomenti rilevanti in un
particolare momento. Si possono creare gruppi d'interesse;
3. Gruppi di base: a lungo termine, ache l'intero anno, i scambiano sostegno, aiuto ec.
I gruppi devono essere eterogenei: in base al livello di competenza di ciascuno, le diverse abilità,
il livello di socialità posseduto.
L'approccio Strutturale di Kagan. Elaborato intorno ai primi anni 90 perchè nota che la didatti
tradizionale, troppo sequenziale, non permette la partecipazione attiva di tutti. Introduce le
Strutture che sono dei modi di organizzare l'interazione, con un uso congiunto di diversi
elementi. Si basa su: l'nterazione simultanea (tutti hanno la possibilità di interagire
contemporaneamente), equa partecipazione (tutti devono essere incoraggiati a partecipare),
interdipendenza positiva (legata a compiti, premi, risorse e ruoli). Ci sono diverse trutture in base
agli obiettivi: per la padronanza delle conoscenze, per le competenze cognitive, per le
competenze comunicative.
I progetti di gruppo: il Jigsaw e il Co-op, Co-op
A differenza delle Strutture si possono protrarre per varie lezioni.
Il Jigsaw è stato promosso da Aronson (70) , dopo la spiegazione dell'insegnante, favorisce
l'approfondimento dei contenuti: siformano 7-5 gruppi (gruppi base), chi ha una una
competenza specifica è l'esperto di gruppo (essi formano i gruppi tecnici) e i scambiano tra loro
competenze, si ottengono così nuovi gruppi che formano altri gruppi base, in cui ciascuno è
esperto e trasmete quanto sa agli altri.
Il Co-p, Co-p è simile, solo che tutto avviene in un solo gruppo.
LA DIDATTICA METACOGNITIVA
Deriva dalla Psicologia Cognitiva, è un'azione didattica flessibile, aperta, attenta alle peculiarità
dei singoli. Vuole far acquisire abilità metacognitive, cioè rendere l'alunno capace di darsi
obiettivi e affrontare nuovi compiti autonomamente. L'attenzione dell'insegnante è rivolta a
formare le abilità mentali superiori di autoregolazione. Rendere l'alunno consapevole di ciò che
fa e perchè lo fa.
Il termine metacognizione si attribuisce a Flavell. Pe lui la metacognizione è una modalità di
alaborazione che coinvolge: gli attributi personali (autivalutazione delle proprie capacità),
caratteristiche del compito, strategie del compito, strategie per affrontarlo. condizioni nelle quali
deve essere effettuato il compito (ambiente, tempi, difficoltà).
Per metacognizione si intende le conoscenze che il soggetto sviluppa in merito ai propri
processi cognitivi, e il monitoraggio e l'autoregolazione degli stessi. Abbiamo:
 Le strategie centrali: hanno a che fare con la disposizione dell'allievo nei confronti del
compito;
 Macrostrategie: legate ai compiti più specifici (monitoraggio, verifica e autovalutazione);
 Microstrategie: consistono nel porsi domande e pianificare le proprie azioni in un
ambito definito.
Conoscenza metacognitiva di base= (attività metacognitiva di controllo) si attiva nel soggetto se
questo è chiamato alla scelta delle strategie adeguate per la soluzione dei compiti di natura
mentale
DIDATTICA METACOGNITIVA: UNA BREVE GUIDA
L'insegnante è tenuto a lavorare sui seguenti apsetti: conoscenze sul funzionamento cognitivo,
uso generalizzato di strategie di autocontrollo, autoconsapevolezza del proprio funzionamento
cognitivo, variabili spicologiche sottostanti. Ecco come:
Deve illustrare all'ellievo il funzionamento globale della mente, come funzionano la memoria, la
percezione, l'attenzione, il ragionamento, le emozioni ecc. In un aseconda fase deve applicare
queste conoscenze alla realtà, alle modalità che lui usa per apprendere. Si attivano così:
introspezione, autoanalisi, autoconsapevolezza. ( Esempio di Einstein che aveva voti bassi,
perchè nessuno capiva come arrivasse a certi risultati).
Dopo di che l'allievo deve organizzare in modo strategico i propri processi cognitivi (avere
chiaro l'obiettivo, confrontare i risultati ottenuti con quelli attesi ecc.).
Le variabili psicologiche sottostanti sono le caratteristiche affettive ( concetto di sè,
atteggiamenti e autostima). Il Locus of control è una dimensione in base alla quale il soggetto
attribuisce la causalità dei propri atti a sè stesso (locus interno), agli altri (esterno).
Lo stile di attribuzione è il grado di interesse che l'allievo attribuisce alle strategie che apprende,
e da esso dipende l'impegno ch ci mette.
Il senso di autoefficacia ( self-efficacy) è la convizione che ha circa la capacità di autoregolare il
proprio apprendimento.
La motivazione può essere intrinseca (quando ci si imoegna in un compito al di là dei
riconoscimenti); estrinseca (quando si fa qualcosa per avere un riconoscimento).

PARTE TERZA: TECNOLOGIE DIDATTICHE E APPRENDIMENTO

CAPITOLO 1: ICT E MEDIA EDUCATION

Educazione mediale (Media education( e Tecnologie educative, sono due modi diversi di
guardare al binomio formazione e new media.
Media education: è un'area di studio che punta a sviluppare riflessioni sui processi di
apprendimento (literacy), necessari alla gestione della comunicazion mediale. Lo scopo è di
promuore uno spirito critico delle nuove generazioni sullo'uso dei media intesi non solo come
strumenti, ma come linguaggi attraverso cui si costruisce e si trasforma la cultura.
Tecnologie educative: area di studio e sperimentazione atta a fornire agli insegnanti in
formazione e in servizio strumenti per lavorare con i media dentro la scuola, per costruire la
cultura con essi.
Tappe evolutive delle tecnologie didattiche
 Nascono nel 1954, con una pubblicazione di Skinner, negli anni 60 in Inghilterra si parla
di "tecnologie dell'istruzione";
 Dalla metà degli anni 50 alla fine degli anni 60 il computer è stato concepito come un
sostituto dell'insegnante (computer tutor); (prima fase)
 Fino a matà degli anni 80 la mente dell'uomo non è più una scatola nera insplorabile, è il
computer è un utensile cognitivo (computer tool); (seconda)
 Negli anni 90 il computer è un utensile multimediale e successivamente ipertestuale
(mezo di comunicazione). (terza fase).
Ipertesto= insieme di documenti messi in relazione tra loro per mezzo di parole chiave, non è
lineare, ma reticolare, non è gerarchico, l'ordine è deciso dal lettore.
Interattività= è una variante dell'interazione umana, è data dalla sensazione di relazionarsi col
media. Un prodotto multimediale è interattivo se consente all'utente di intervenire nella
fruizione dei contenuti.
 Alla fine degli anni 90 abbiamo la connettività. Il momputer è connesso al resto del
mondo grazie a internet. (quarta fase).
Le ICT (information communication tecnologies) , in italiano TIC (tecnologie della comunicazione
e dell'informazione), si usano nelle aule ma non necessariamente determinano un migliore
apprendimento. E' necessario che gli insegnanti abbiano il tempo di padroneggiarli.
IL SOFTWARE NELLA DIDATTICA
Il panorama dei software disponibili potrebbe essere diviso, rispetto a:
 Modelli di progettazione: ipertestuale puro (contenuti e navigazione liberi); modulare (c'è
una divisione in livelli organizzati); lineare ( i passaggi sono obligati dal progettista).
 Rispetto alle funzioni: software diagnostici ( per supportare la diagnosi di difficoltà in
contesto scolastico di disturbi di apprendimenti, dell'attenzione, di iperattività ecc.);
Software abilitativi e riabilitativi (finalizzati ad esercitare e recuperare funzioni cognitive,
sensoriali, motorie o emozionali, che sono compromesse, carenti o scarsamente attivate);
Software di tipo general-purpose (vuol dire a scopo/ultilizzo generico, non sono nati per
scopi didattici ma possono essere usati per creare ambienti di apprendimento); Software
didattici educativi (che mirano a traguardi formativi e si possono trovare pure in rete).
LA LIM- LAVAGNA INTERATTIVA MULTIMEDIALE
E' un dispositivo informatico con la forma di uno schermo, non più piccolo della lavagna,
provvisto di tecnologia "touch sensitive", connesso a un computer. La prima è nata nell'82. In
Italia dopo il 2000. E' una periferica che svolge le funzioni di input e output di un elaboratore,
ossia un computer, ma può essere collegata anche in wireless.
Dove la si colloca è necessario che vi sia spazio, così che più persone possano usarla, lo schermo
si può dividere anche in due parti. Non bisogna collocarla troppo in alto. L'ideale sarebbe
accanto alla lavagna, con i banchi a ferro di cavallo. Dalla Lim si possono esportare i file nei
fromati più diffusi (PDF, jpeg), ha strumenti di disegno, programmi di scrittura ecc.
Sicuramente c'è un beneficio per l'attenzione grazie all'interazione fisica con lo strumento.
Alcuni studi però sottolineano che non ci sono correlazioni automatiche tra l'uso delle
tecnologie e i traguardi positivi. Quello che conta è lo stile di conduzione della lezione, dalla
capacità del docente di creare attraverso una Lim una lezione dialogica e dinamica.
CAPITOLO 2: LA RETE E IL PROCESSO FORMATIVO

Internet è la rete geografica di computer distribuiti in tutto il globo e connessi tra loro grazie a
protocolli di comunicazione, ossia linguaggi che permettono scambi di dati. IL web è un
non-luogo di creazione di cultura. Si possonocostruire relazioni basate sulla collaborazione e lo
scambio. Si possono costruire comunità di lavoro. Il CSL (computer supported collaborative
learning) è un ambito di ricerca che individua nelle reti telematiche gli strumenti per facilitare i
processi di apprendimento.
LA RETE TRA APPRENDIMENTO FORMALE E INFORMALE
La rete facilita il lifelong learning. I nativi digitali entrano, spesso a contesti di accesso informale
alla conoscenza, di cui le agenzie formali (scuola e università) devono tenere conto. Internet può
dare luogo apprendimenti casuali, ad esempio quando si partecipa ad una comunità di interessi
(filosofia, arte ecc.). Questo apprendimento informale promuove le capacità di autoregolazione.
Tuttavia si possono usare e risorse internet anche per l'apprendimento formale.
La scuola deve essere un mediatore tra l'allievo e internet.
L'elearning è una metodologia di insegnamento e apprendimento che prevede l'opportunità di
partecipare a percorsi di formazione strutturati attraverso piattaforme web. Ci sono contenuti
disciplinari, verifiche, laboratori ec. E' una delle prime forme di Formazione a distanza.
Massive open online courses. E' un percorso di apprendimento elettronico finalizzato
all'acquisizione di un titolo di studio, sono corsi aprti e gratuiti.
Le App. Sono applicazioni informatiche dedicate ai dispositivi di tipo mobile (smatphone e
tablet).
La realtà aumentata. (RA) è una formadi comunicazione molto diffusa che permette di
sovrapporre contenuti digitali, resi visibili con la videocamera di smatphone o tablet, al mondo
reale.
Le simulazioni nei laboratori online. Con simulazione si fa riferimento metodologie
educative basate su una finzione, che riproducono virtualmente situazioni, cose e persone.
I laboratori remoti. E' un sistema hardware/software che consente agli utenti di interagire con
processi fisici e attrezzature discolate in altri luoghi, attraverso internet.
Le Flipped classroom. (Classe capovolta) Si intende che la spiegazione, o parte di essa avviene
a casa con materiali predisposti dal docente (in genere videolezioni), mentre la parte esercitativa
si svolge in classe, con il docente. Il docente passa da trasmettitore a mediatore di significati. E'
una forma di blended learning. Così si ottimizza mglio il tempo. Tra i pionieri abbiamo Bergman
e Sams.

CAPITOLO 3: LE TECNOLOGIE E LA DIDATTICA SPECIALE

Le ICT son da supporto nelle situazioni di disabilità, a partire da Skinner. Anche in Italia si
utilizzano ai fini di migliorare la qualità di vita di questi ragazzi.
ACCESSIBILITA' DEL WEB E UNIVERSAL DESIGN
ll termine Universal design è stato coniato da Mace per definire un metodo progettuale
destinato a realizzare contesti inclusivi. Ciò che risulta progettato per chi ha difficoltà, sarà
adeguato anche agli altri.
TECNOLOGIE ASSISTIVE E IL MODELLO BIOPSICOCIALE
Le tecnologie assistive (TA) migliorano la vita della persona svantaggiata.
Il testo dell' ICF ( classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute),
fonda i suoi assunti sul modello biopsicosociale, o universale creando una proposta per
l'interpretazione dello stato di salute degli individui di tipo olistico e interattivo. In questo
modello la disabilità è considerata il prodotto di un''interazione dinamica tra le condizioni di
salute della persona e il contesto sia ambientale che personale. In ambito scolastico si possono
usae le seguenti TA:
 Tastiere speciali: per chi non può usare la tastiera standard;
 Emulatori di mouse: (il monitor sreen, uso di pulsanti ecc.);
 Sensori: dispositivi capaci di trasmettere comandi ad uno strumento (ausili per la lettura
e la scrittura ecc.);
 Comunicatori: trasformano un codice iconico o alfabetico in un messaggio
comprensibile;
 Ausili tiflotecnici: aiutano l'accesso al computer per persone non vedenti o ipovedenti.
TECNOLOGIE PER L'ALUNNO CON DSA
Abbiamo: la sintesi vocale (fa leggere alla voce sintetica del pc i testi scelti dallo studente; il
registratore per memorizzare meglio le lezioni; i programmi di videoscrittura con correttore
ortografico; la calcolatrice; tabelle formulari, mappe concettuali ecc.
Ce ne sono altri che si possono dividere in:
 strumenti di bassa tecnologia: matite e penne con impugnature specifiche, evidenziatori,
quaderni ad anelli ecc.
 strumenti ad alta tecnologia: calcolatrici parlanti, libri digitali, audiolibri ecc.
TECNOLOGIE PER L'ALUNNO CON ADHD
Molti studi evidenziano come siano importanti le tecnologie come come gli organizer digitali,
che li supportano nella pianificazione della vita lavorativa. Sono adeguati anche programmi
software di tipo tutoriale per la lettura assistita dal computer o per la matematica.

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