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2. Conoscere se stessi
Il processo educativo dipende anche dalla situazione dell’insegnante che si impegna e si mette in gioco con la globalità della sua persona in tutte le sue dimensioni: emotive cognitive e valoriali. sia nel
predisporre le opportunità, sia nella gestione della relazione. Di conseguenza, a nchè la relazione sia costruttiva, l’insegnante dovrà non solo conoscere gli alunni, ma dovrà anche conoscere se stesso per potersi
me@ere in gioco positivamente, evitando quei disturbi della relazione che provengono dal lasciarla in balia del caso o da un’emotività incontrollata (es. simpatie/antipatie).
Una situazione educativa produce apprendimento negli student, ma anche negli insegnanti e poiché l’apprendimento è un cambiamento comportamentale, prima di cambiare gli altri, gli insegnanti
devono essere pronti a cambiare se stessi. Ciò signi ca prendere coscienza della propria identità generale, dei propri bisogni, interessi, motivazioni e competenze e dovrà interrogarsi sullo stile
educativo che possiede inconsciamente nel senso di un modo stabile di agire, interagire e intervenire e quindi la sua identità.
• Le prime ricerche condotte negli Stati Uniti si proponevano di identi care modelli di insegnanti ideali per un apprendimento più stabile e grati cante, ma presto è emersa la di coltà nel fare ciò. Alcuni
studiosi hanno cercato di de nire alcuni modelli:
- democratico o autoritario, a ettuoso o distaccato, ma è mancata una ricerca sulle motivazioni che stanno alla base di ogni modello.Gli insegnanti possono essere aiutati dalle liste di
comportamenti ma devono poi proseguire nella ricerca di motivazioni per scoprire la propria identità.
La propria identità, secondo Demetrio, si manifesta nel momento in cui il soggetto è in grado di comunicare con gli altri attraverso il linguaggio, o altre forme, l’esistenza di un proprio Io, cioè di un’identità senza
possibile copia. Ma possiamo parlare di identità musicale? Se la consideriamo in una prospettiva sistemica, che ci permette di ammettere l’esistenza di un’identità complessa capace di di erenziarsi o scomporsi,
allora c’è posto per un’identità musicale, che va riscoperta integrando il lavoro della mente con il lavoro delle emozioni.
Ferrari a erma che, per fare in modo che gli insegnanti scoprano la loro identità musicale, devono articolare un percorso basato su questa, in quattro tappe:
- Storie-vissuti: autobiogra a musicale, guiderà il percorso di scoperta attraverso la ri essione sulle attività musicali che hanno segnato la propria esistenza;
- Gusti e valori (scelta del repertorio)
- Condotte (motivazioni e bisogni);
- Competenze (saper fare e saper far fare).
Le autobiogra e musicali, guideranno ciascuno nel percorso di scoperta della propria identità mediante la ri essione sulle numerose attività musicali che hanno segnato l’esistenza.
STEFANINI le attività umane derivano dall’interazione di tre componenti che determinano la musicalità in quanto (sono segnate dall’interazione di tre componenti che determinano l’identità):
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- L’attività umana segue una motivazione o un progetto ed è determinata da questo;
- L’uomo è variamente musicale per i diversi progetti che realizza con la musica (es. per il piacere o per il ballo);
- Diverse motivazioni portano a diverse modalità e tecniche del cantare e del suonare, di appropriazione di una stessa attività
Le interazioni tra queste tre componenti danno origine a un’identità musicale sfaccettata.
John Blacking : si suggerisce agli insegnanti di andare alla scoperta delle propria identità ripensando alle proprie esperienze musicali, sia positive che negative.
Per una migliore comprensione della propria storia musicale, Demetro invita a cercare:
- L’evento sorgente: es. (Come è iniziata la storia sonora, parente suonava uno strumento regalato mio padre suonava il violino)
- Il costiuirsi della traccia: es. cominciai a suonare per imitare mio padre; -
- Dalla traccia al tema vitale: es. suonare in orchestra mi piace e mi grati ca, è la mia passione.
Oltre ad un’identità individuale, c’è anche un’identità sociale, che riguarda gli aspetti musicali prodotti dalla società al quale si apparttiene, e una universale che riguarda le funzioni musicali e i comportamenti
comuni a tutte le culture.
2.2 Conoscere gli alunni.
Anche gli alunni hanno una propria identità, quindi la conoscenza della loro storia è il primo passo per impostare una relazione reciproca, ma non simmetrica.
- Le canzoni apprese in famiglia (es. le ninnananne) o le canzoni e i giochi musicali a scuola producono un’interiorizzazione di un modello melodico, ritmico, armonico e di un certo stile vocale, quindi
produce la nascita di una propria identità musicale. Se gli insegnanti impostano l’attività didattica sulla base delle diverse identità musicali otterranno risultati positivi.
La vivacità emozionale che accompagna il contatto con la musica ne fa un’esperienza intensa che favorisce l’apprendimento precoce di modelli e la partecipazione corporea all’esperienza musicale attraverso il
movimento produce intense risonanze a ettive e fa sedimentare dei modelli di comportamento, , che vengono a costruire tratti fortemente distintivi di partocolari gruppi etnici sia comuni come quelli favorito da
balli moderni : musica come manifestazione di un’identità sociale.
Gli insegnanti imposteranno l’attiviità didattica sulla base delle diverse identità musicali, sia degli alunni che proprie.
Il consumo di musica attraverso i mass media è un’esperienza più complessa del semplice ascoltare musica, in quanto fa passare dei modelli di interpretazione del mondo, ideologie, cioè un sistema culturale che
si serve della musica per venire accettato.
2.3. Bisogni, interessi e motivazioni.
Entrare in relazione signi ca incontrarsi/scontrarsi sulla base dei propri bisogni, interessi e motivazioni (tre aspetti dell’area del comportamento). I bisogni attivano dei comportamenti chiamati condotte, termine
che indica particolari comportamenti coordinati e nalizzati alla soddisfazione di bisogni.
I bisogni sono gli impulsi profondi che spingono a cercare ciò di cui si sente la mancanza; sono impulsi inconsci che si manifestano attraverso gli interessi. Le motivazioni indicano il processo necessario per
raggiungere un obbiettivo e si ritiene che abbiano la funzione di attivare il comportamento e dargli una direzione. I bisogni sono collegati ai valori: ad esempio negli anni ’50-’60 il bisogno di autenticità dei giovani la
ha portati a ribellarsi al perbenismo degli adulti e a rivendicare una nuova cultura e novi valori utilizzano la musica come medium: nasceva così il rock’n’roll.
L’apprendimento è un bisogno fondamentale per l’uomo.
Delalande 1993 ha individuato in alcuni comportamenti delle vere e proprie “condotte musicali”, ad esempio il bambino che produce suoni con tutti gli oggetti disponibili, e ritiiene che stiano attivando dei
comportamenti tesi a soddisfare un bisogno, mettendo l’accento sulla profonda portata dell’esperienza musicale, a livello emotivo, sensoriale e cognitivo. Tra i bisogni più profondi di insegnanti e alunni, vi sono
quelli di svilupparsi come persone musicali che godono, si esprimono e comunicano con la musica. Vi è il bisogno dunque di diventare fruitori, produttori, autonomi e critici di cultura musicale.
2.4. Le Competenze
“sapere, saper fare, saper comunicare”, qualunque sia il campo a cui si vuol far riferimento, sono ternini che indicano conce0 e abilità appresi spontaneamente o per insegnamento. Il saper “sentire” la conclusione
di una musica tonale è una competenza che non richiede un insegnamento perché si acquista spontaneamente.
La competenza musicale è de nita come la capacità di produzione di senso mediante la musica.
Stefanini ha teorizzato il Modello della Competenza Musicale diviso in vari livelli, che ci danno indicazioni sui diversi canali di acquisizione: de nisce la competenza musicale come il sapere, saper fare e saper
comunicare : la capacità di produzione di senso mediante e /o intorno alla musica. Guardando L’MCM cioè il modello della competenza musicale teorizzato da Stefani nel 1982, notiamo la presenza di vari livelli:
1. Al primo livello ci sono i codici generali, cioè schemi logici con cui interpretiamo qualsiasi esperienza; permettono di dire se una musica è lenta o veloce, dolce o aspra;
2. Pratiche sociali: è il riconoscimento di usi della musica propri della nostra cultura;
3. Tecniche musicali;
4. Competenza relativa agli stili, cioè ai modi di realizzare tecniche musicali e pratiche sociali; che permettono di riconoscere una musica western,chiesa
5. Opere: ciò che ci permette di riconoscere un’opera.
Da questi livelli emerge la possibilità di acquisizione di alcune competenze per esperienza diretta, cioè per semplice frequentazione del materiale musicale nelle varie situazioni.
3. Contesti della relazione educativa
• L’AMBIENTE - La relazione educativa non si stabilisce in astratto, ma in concreti contesti spazio-temporali, sociali e culturali, e su di essa in uiscono elementi di facilitazione o di intralcio. Essa si svolge in un
ambiente speci co: la scuola, cioè in un concreto contesto spazio-temporale.
• Se consideriamo il contesto spazio-temporale, la scuola è il luogo principale nel quale si svolge la relazione educativa, anche se non è l’unico: ci sono la famiglia e i luoghi di aggregazione con nalità
sportive e ricreative. La scuola è il luogo in cui scorre la maggior parte del tempo ed è importante come lo spazio, ai ni della relazione, viene de nito (es. classe ampia o stretta). Nella progettazione didattica
bisogna tener conto dello spazio e del tempo. Nella scuola inoltre, il tempo è regolato dall’orario, viene cioè stabilito in anticipo. Anche la relazione educativa ha dei tempi, che vanno modellati sulla base
dell’atività e del numero di allievi.
L’aula di musica diventa necessaria non solo per non dare fastidio, ma soprattutto per permettere di gestire lo spazio in modo coerente e funzionale all’obbiettivom la forma tradizionale di aule rettangolari,
sottntende un certo tipo di rapporto docente-alunno.
Alcune domande sorgono: come ci si dispone per cantare in un coro? L’aula di musica diventa necessaria per gestire lo spazio in modo coerente al proprio obiettvo.
Ogni scuola è inserita in un determinato ambiente: campagna, grade città, cioè in un contesto sociale e culturale più o meno ricco o povero, culturalmente omogeneo o disomogeneo. I ussi migratori sono un
fenomeno che in uisce in modo notevole sulla relazione in quanto costituisce un elemento importante del contesto: è importante studiare gli e etti che le di erenze culturali producono sul piano cognitivo.
3.1. L’universo musica.
La scuola non è l'unico ambiente, ci sono altre agenzie educative. L’idea di musica si riferisce al tipo di oggetto (il repertorio), al rapporto con la società e alle funzioni che gli vengono assegnate. L’idea di musica
inoltre, varia a seconda dell’età, i popoli, le epoche e le culture. Culture diverse hanno diversi modi di organizzare le strutture musicali e sviluppano altre abitudini percettive.
• Il concetto occidentale di musica si trova raramente nelle altre culture, nelle quali l’evento sonoro è collegato con i gesti che lo producono, la danza che lo accompagna e il rito che gli dà signi cato. Possiamo
considerare musica solo gli oggetti sonori in cui si riconosce altezze e durate, o solo quelli consacraB come “patrimonio artistico”, oppure tutti gli oggetti sonori, qualunque siano le loro caratteristiche. A
seconda della prospettiva scelta, cambia il tipo di relazione educativa. Culture diverse hanno modi diversi di organizzare le strutture musicali, sviluppando diverse abitudini percettive. La musica ha
diverse funzioni sociali, che vanno dallo svago alla protesta, dalla terapia all’evasione.
Cosa succede oggi? Nel campo colto l’esecuzione è rimandata solo ai professionisti e il far musica amatoriale è visto con sospetto. Questa è l’espropriazione-alienazione di cui parla Marothy: quanto più la musica
viene a data ai professionisti, tanto più diminuisce la competenza musicale delle altre persone. Tu@o questo è alienazione dal momento che le capacità più speci che diventano estranee all’uomo.
Interrogarsi sul tipo di musica con cui stabilire una relazione educativa vuol dire interrogarsi non solo sui repertori, ma anche sui contesti e i meccanismi di di usione nella società, sulle pratiche sociali, sul
patrimonio musicale della cultura a cui si appartiene. La consapevolezza dell’esistenza di culture musicali diverse ha reso banale l’a ermazione che la musica è un “linguaggio universale”. Ma alcuni aspetti di essa
possono essere considerati universali: alcuni suggeriscono che questi possono essere individuato nell’uso delle altezze e delle durate; da una altro punto di vista sono individuaB nelle forme e nei modelli sonori
o erto dalla natura e in particolare dagli animali (es. canto degli uccelli). Tra queste due tendenze ci sono gli studi di Delalande, che individua gli universali nelle condotte musicali, mettendo in evidenza quei
comportamento attivati secondo uno scopo da raggiungere e motivati da un bisogno di soddisfare. Egli scopre nelle pratiche musicali tre dimensioni (che considera i tre universali):
1. - La ricerca di un piacere senso-motorio a livello gestuale, tattile e uditivo;
2. - Un investimento simbolico dell’oggetto musicale messo in rapporto con un vissuto;
3. - Una soddisfazione intellettuale che risulta dal gioco di regole.
Dobbiamo tener atto che le nostre categorie musicali come senso tonale, metro, ritmo, sono culturali e che le culture diverse hanno diversi modi di organizzare le strutture musicali. Questa relativizzazione aiuterà gli
insegnanti a capire che le musiche che sceglieranno non rappresentano la vera musica, ma semplicemente uno dei tanti modi di organizzare i suoni, modi che cambiano nel tempo e nello spazio. Musica può essere
l’universo di oggetti sonori considera8 in modo restrittivo ( il patrimonio storico) o più allargato ( qualunque evento sonoro) ma possiamo considerare musica anche le pra8che sociali che u8lizzano eventi sonori di
diverso tipo e con diverse funzioni.
• Cosa l’insegnante può e deve considerare musica? Un universo di oggetti sonori di diverso tipo e con diverse culture presenti nelle realtà scolastiche devono essere valorizzate dall’insegnante e
considerate occasione di arricchimento comune, di condivisione di socializzazione. Da queste ri essione parte il progetto educativo, la musica è un linguaggio che può attivare processi di
comunicazione.
Tali condotte corrispondono ai tre tipi di gioco riscontrabili nei bambini: gioco senso motorio, simbolico e di regole.
6. LA PROGRAMMAZIONE
Negli anni 50 si è sviluppata negli Stati Uniti la programmazione didattica come tecnica per oggettivare controllare l'insegnamento per renderlo più e cace. L'intento era organizzare l'insegnamento in modo
organico per sapere che cosa sapere e saper fare. Essa è legata alla de nizione del curricolo di cui è in pratica la concretizzazione.
SCURATI: il curricolo è l'organizzazione delle possibilità o erte dalla situazione scolastica.
TABA: individua quattro elementi del curricolo tra cui:
1. Enunciazione degli obiettivi
2. Selezione dei contenuti
3. Uso di metodi e mezzi
4. Veri ca dei risultati
Successivamente ampliata con i metodi didattici, di rapporto tra insegnante alunni, orario giornaliero e annuale e sistemi di valutazione.
Nella programmazione trovano posto il contesto ambientale, il livello di partenza degli alunni, obiettivi generali e speci ci, contenuti, valutazioni.
Una programmazione così intesa fa riferimento a quella che SCURATI chiama curricolo evidente progettabile secondo obiettivi espliciti e che corrisponde all'educazione formale, diverso dal curricolo nascosto,
riferendosi all'insieme di esperienze indicate come educazione informale. Egli evidenzia tre tipi di curricolo:
1. Centrato sulle materie: mira a trasmettere la cultura esistenti, prestazioni di tipo espositivo-mnemonico.
2. Centrato sull'attività dell'alunno: mira a trasformare la cultura esistente, problem solving privilegiato.
3. Centrato su punti focali usando il problem solving, mira a garantire il massimo sviluppo dell'individuo in quanto tale.
La programmazione didattica assume la funzione di strumento di autonomia che permette all'insegnante di gestire i programmi e condurre itinerari formativi.
Un tentativo per superare i limiti della programmazione tattica è stata la programmazione per concetti degli anni 80 che si pone come obiettivo concetti da formare non azioni da compiere:
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l'insegnante parte da reti concettuali già esistenti negli alunni che possono modi care il percorso stesso. Alla critica su gli obiettivi tracciati in astratto e non ricavati da situazioni concrete risponde la
ricerca di una posta-programmazione che consente al soggetto di a ermare la propria identità, permetta di costruire nuovi modelli attenti ai vissuti ai bisogni dei soggetti.
Si andata inoltre delineando una riforma delle procedure di programmazione centrata più sui soggetti e sui programmi si può quindi cominciare a delineare un'educazione musicale antropocentrica non più musico
centrica.
METODO PER PROGETTI:
- Messa al centro del problema
- Analisi dei ruoli
- Pre gurazione dei risultati.
Finalizzati al progetto didattico, permettono di acquisire Adeguati alle capacità degli alunni secondo età e Interessanti e coinvolgenti anche sul piano emotivo Utili
capacità speci che stabilite con gli obiettivi prerequisiti
8. I METODI
Ogni situazione educativa richiede delle procedure operative e strategie che vanno a costruire un metodo.
Queste strategie possono cambiare a seconda della situazione, obiettivi, contenuti, ma comunque vengono scelte secondo i propri orientamenti di fondo ovvero secondo quelle che BERTOLINI
de nisce “direzione intenzionali originarie” cioè atteggiamenti, orientamenti che determinano la scelta dei singoli interventi: come cosa proporre agli alunni, cosa chiedere, quale spazio dare all'interventi quali alla
ricerca personale.
BERTOLINI: principio di globalità: in base al quale il docente non isola le variabili presenti nel sistema educativo ma le a ronta in modo interattivo.
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• DALLA RELAZIONE INSEGNANTE-ALUNNO DERIVA:
1. IL PRINCIPIO DI ATTENERSI ALLA RELAZIONE: nel senso che le risposte dell’alunno vengono considerate degli elementi che vanno a costituire l'azione educativa e sono capaci di modi care
quindi la qualità del messaggio e il percorso didattico.
2. IL PRINCIPIO DELLA DILATAZIONE AD ESPANSIONE DELL'ESPERIENZA ESISTENZIALE DELL’ALUNNO: nel senso che ogni intervento deve essere uno stimolo per il raggiungimento di
nuove mete.
3. IL PRINCIPIO DI ATTENERSI ALLE LIBERTÀ: rispettare la libertà dell'altro, dell'alunno. L'adulto nelle relazioni asimmetriche tende imporre quello che lui ritiene essere il bene per l'altro, per
evitare questo l'insegnante dovrà esplicitare le motivazioni delle sue scelte all'alunno e presentare soluzioni alternative e da questo deriva:
4. IL PRINCIPIO DELLA RESPONSABILITÀ: dell'educatori circa le proprie azioni: gli errori possono essere corretti ma non cancellati e li deve prestare attenzione ai bisogni e le attese dell'allievo a
cui deve saper dare una risposta costruttiva deve sapersi confrontare e mettere in discussione senza rimediare a eventuali errori.
5. PRINCIPIO DI SOCIALITÀ: signi ca dare spazio alla partecipazione attiva dell'alunno trattandolo come protagonista dell'azione didattica.bisogna dare il bambino la possibilità di intervenire e
esprimere opinioni riguardanti le scelte relative il percorso didattico. È importante attivare il problem solving attraverso il dialogo con tutti sapendo aspettare il proprio turno e confrontandosi per
trovare la soluzione di un problema.
PAULO FREIRE: tratta principi simili, pedagogista brasiliano, mette in pratica un metodo per l'alfabetizzazione dei contadini brasiliani. Il principio da lui seguito è quello globale, del dialogo e coscientizzazione
dove il dialogo è considerato una pratica umanizzante dove gli uomini si incontrano e acquistano importanza in quanto capaci di dialogare. Da questo deriva un metodo dialogico che usa il dialogo in un'ottica
di educazione come pratica della libertà. Questa concezione de nita da lui stesso depositaria o bancaria dell’educazione.
• Opposto a questo concetto si pone il principio della narrazione dei contenuti basato sull'atto di narrare, depositare, trasmettere conoscenze e valori in cui c'è un soggetto che narra e a soggetti che
ascoltano. Questa concezione, al contrario della prima, produce disumanizzazione e oppressione.
DELLA CASA: 1985-per quanto riguarda l'educazione musicale egli analizza vari metodi riscontrabili nell'azione didattica e li divide in tre:
1. METODO TRASMISSIVO ADDESTRATIVO: unidirezionale, l'insegnante trasmette informazioni e l'alunno impara per addestramento ripetitivo meccanico.
2. METODO EURISTICO-GUIDATO: si basa sulla relazione ed è bidirezionale: l'insegnante propone, orienta, guida, da strumenti di lavoro, gli alunni acquistano capacità
ricercando, discutendo, producendo individualmente o collettivamente. A questo metodo appartiene il problem solving, esplorativo e di tipo osservativo.
3. METODO DELL'ATTIVISMO SPONTANEO: caratterizzato dall'attività libera degli alunni, l'insegnante ha il ruolo di moderatore e osservatore. L'attività procede in modo casuale
senza veri che. Questo metodo presenta aspetti molto stimolanti per l'alunno perché lascia la libertà di organizzare il proprio lavoro ma bisogna fare attenzione a non portarlo
avanti troppo allungo. A volte è bene usarlo perché non tutte le attività si devono concludere con un voto una valutazione.
Il secondo metodo è quello che e caci in ambito scolastico, ma nell'ambito dell'educazione musicale non è da sottovalutare il terzo purché non venga esasperato il procedere a caso e l'assenza di
veri che.
Nella scelta del metodo da usare occorre avere dei criteri:
- Evitare un apprendimento meccanico dove le conoscenze nuove sono acquisite senza legami con le abilità i concetti già posseduti e quindi si sommano ma non si integrano.
- Favorire un apprendimento signi cativo dove le nuove conoscenze siano collegate con abilità e concetti già acquisiti e si incorporano ad essi.
2. LA VALUTAZIONE
La valutazione serve all'insegnante per valutare i risultati, veri care se l'allievo ha acquisito le capacità programmate, accertarsi gli obiettivi sono stati raggiunti.
La valutazione considera anche se le attività proposte rispondono a criteri di funzionalità adeguatezza per poter essere e caci.
• “che cosa si vuole e si può valutare?" Ci sono due atteggiamenti diversi:
1. Un atteggiamento quantitativo-c'è l'interesse nel misurare risultati e le prestazioni: si guarda il prodotto nale.
2. Un atteggiamento qualitativo, interessato a cambiamenti sul piano dei comportamenti, dei valori e vissuti in cui si guarda al processo.
L'insegnante che sa di dover a rontare la valutazione anche di essere chiamata a esplicitare i traguardi ssati e i criteri di giudizio con alunni e famiglie e esercitare un certo controllo sull'attività didattica per
valutare ciò che si sta facendo, sa anche che il raggiungimento o non di un certo traguardo deve essere letto e capito in rapporto al contesto dell'allievo.è importante prendere in considerazione tutti i fattori che
in uiscono per avere una visione completa dell'apprendimento.signi ca a rontare la valutazione con apertura e dinamicità: caratterizzano una programmazione costruttiva
La valutazione si complica nel campo artistico: i test sulle abilità musicali si stanno rivelando insoddisfacenti come strumenti di valutazione: si può valutare l'attività percettiva se un soggetto sa discriminare
altezze, durata e timbri ma questo non ci dice come si sviluppa la sua musicalità in che modo e quali processi mentali si sono attivati. Ci sono test che valutano le abilità musicali ma sono criticati perché non si
può risalire da un punteggio numerico a una valutazione dello sviluppo delle potenzialità musicali di un allievo.
Il bisogno di superare il soggettivismo della valutazione ha portato alla ricerca di prove oggettive ma questo porta a considerare l'alunno come oggetto e l'insegnante si dimentica che lo considera
attraverso le proprie soggettività: si perde la reciprocità della relazione.
• L’OSSERVAZIONE SEMBRA IL SISTEMA MIGLIORE SE SI DECIDE DI VALUTARE PIÙ CHE LE PRESTAZIONI E I RISULTATI, I PROCESSI E LE CONDOTTE A PATTO CHE SI ESPLICITI CHE COSA SI
SCEGLIE DI OSSERVARE I CRITERI IN BASE QUALI VALUTARE. È POSSIBILE PROPORRE ANCHE UN'AUTOVALUTAZIONE GUIDATA DOVE LO STUDENTE SI CONCENTRA SUI SUOI PROCESSI
INTERNI E POSSIBILI INTERVENTI.
3. L'ATTIVITÀ DIDATTICA
L'attività didattica è la nalità propria della programmazione e si con gura come una serie di incontri (lezioni) centrate su una serie di azioni da compiere. Questi incontri possono essere considerati
come brevi unità di lavoro autonomo ognuna con un suo inizio, svolgimento e ne o come insieme di unità concatenate tra loro ovvero come unità didattica.
L'insegnante deve preparare una programmazione ordinata e sistematica di ogni attività in modo da avere sempre chiari gli obiettivi da raggiungere ma, attuandoli anche con essibilità e disponibilità a cambiare
direzione se la situazione lo richiede.
DELLA CASA: l'unità didattica richiede una progettazione che deve comportare la scelta di:
Obiettivi: capacità da Contenuti: oggetti sonori e strutture Mezzi - strumenti Fasi e metodo di lavoro: momenti del percorso per i quali si Veri che Correttivi: materiale di recupero
acquisire concettuali con cui operare prevede cosa devono fare insegnanti alunni
La programmazione oltre all'unità didattica, può richiedere di preparare un progetto didattico: ovvero delle sequenze procedurali più libri nei quali possono anche esserci delle unità, ma interconnessi. Un progetto
didattico mira più obiettivi, si svolge in tempi più lunghi e prevede delle attività che si susseguono in modo circolare.
DELFRATI: anni 70: propone un progetto didattico costituito da diversi momenti: nucleo concettuale, un modo per proporla agli alunni, un metodo di lavoro, mezzi da utilizzare.
FABBRONI: I progetti didattici dovrebbero essere multidisciplinare. Esso come le unità delle fasi di lavoro:
1. Osservazione: si propone l'attività di partenza scelta prevedendo i futuri sviluppi: ad esempio insegnare un canto popolare scelto a seguito di un'indagine sull'ambiente, isolare il ritmo,
analizzarlo e manipolarlo.
2. Produzione: attività nuova che si aggancia la precedente e la amplia facendola maturare e permettendo nuove conquiste. Ad esempio: gli allievi inventa una canzone usando il ritmo
della canzone appresa precedentemente, lavorando sui risultati ottenuti isolando le strutture scelte.
3. Concettualizzazione: È il momento della ri essione necessaria per concettualizzare e formalizzare ciò che è stato appreso.si ricavano concetti, regole, che possono applicarsi in altre
situazioni. Ad esempio: si parte dalle canzoni inventati per ri ettere sulla struttura scelta e sulle motivazioni che le hanno originat
4. Veri ca: delle conoscenze apprese: per essere reale deve avvenire in un contesto operativo simile.
PIATTI: propone di articolare i progetti didattici basandosi su: esplorazioni, ricerca, animazione e sviluppi. Riconosce un progetto deve essere programmato ma ritiene che la programmazione deve seguire i
criteri di animazione e fantasia.progetti più ampi posso mettere in contatto la musica con altre arti e discipline.
10. L’insegnante ricercatore
L'insegnante deve sapere che il processo di insegnamento-apprendimento produce cambiamento nei confronti degli alunni e di se stesso. Egli deve porre continua attenzione a questi cambiamenti
per adeguare le proposte educative.
Dal cambiamento però e anche dall'assenza di cambiamento, possono nascere dei problemi:
- Didattici: legati all'apprendimento-di coltà ad acquisire nuove capacità o concetti.
- Riguardanti contesto più ampio del sistema scolastico e le politiche scolastiche come la programmazione, valutazione, distribuzione di tempi spazi, uso dei sussidi, modalità di lavoro.
La ricerca dell'insegnante ha un aspetto:
• intenzionale, comportamento cosciente e persegue uno scopo intenzionale e cosciente e uno:
• sistematico si comporta in modo opposto a un comportamento casuale o accidentale, usa mezzi e strumenti per raggiungere lo scopo,
Essa deve essere una risposta un problema esistente e da risolvere, se non vi è la ricerca non può partire.
Il ricercatore ha come scopo produrre conoscenza, scoprire ciò che ancora non si sa.
DE BARTOLOMEIS: sottolinea l'importanza della ricerca come metodo di apprendimento.
CARLSEN E MASSA: sottolineano che la ricerca deve produrre nuove conoscenze.
Le motivazioni alla ricerca possono provenire da tre categorie di problemi:
1. Problema direttamente osservato nella realtà scolastica e ci si interroga per risolverlo (osservazione che i bambini di cinque anni non sentono la conclusione di una frase tonale.)
2. Contraddizione tra fatti o conclusioni presentati da altri davanti a un'idea o teoria ci si trova davanti ha due scuole di pensiero post e ci si interroga su quale strada prendere analizzando i
problemi.
3. Un vuoto nella conoscenza, che fa nascere un problema da risolvere (capacità di riconoscere immediatamente l'altezza di un suono: qual è la sua natura? Come si sviluppa?).
Individuare un problema è solo l'inizio, il problema di partenza deve portare a chiarire lo scopo della ricerca: cosa vogliamo sapere e perché alla ne della ricerca stessa. Precisare lo scopo è fondamentale, dà
senso alla ricerca stessa.
Gli obiettivi del fare la ricerca sono:
• Esplorativi- come modo di ri ettere sul proprio lavoro per trovare nuove idee.
• Descrittivi-fornire un pro lo accurato di persone, situazioni, eventi che si vogliono descrivere.
• Esplicativi- per fornire spiegazioni di una situazione o problema attraverso nessi casuali
Prima di iniziare una ricerca è bene fare un esame bibliogra co speci co e critico per evitare di ricercare cose che altri hanno già trovato. La ricerca può essere sperimentale storica, osservative, comparativa,
tecnologica…
L'elaborazione di un progetto di ricerca prevede la scelta di metodologie, mezzi e materiali di ricerca in base al tipo di ricerca stessa.
CARLSEN: propone tre tipi di signi cato per aiutare a capire se la ricerca va nella direzione giusta:
- Quale signi cato avranno i fatti osservati nei confronti della teoria di partenza perché la ricerca abbia un reale signi cato questa teoria deve essere messa in discussione e migliorata.
- Quale signi cato la teoria rinnovato la nuova teoria assume come punto di partenza per nuove ricerche.
- Quale signi cato assume nei confronti di applicazioni pratiche, cioè come permettere di correggere le proprie attività per renderle coerenti con la nuova conoscenza.
È importante che gli insegnanti imparino a fare ricerca durante il periodo della formazione, in modo che essi poi introducano nella propria pratica didattica come metodo utile per l'apprendimento,
produzione e intervento degli allievi.
Ci si interroga sul perché le ricerche in campo musicale non abbiano ricaduta in campo didattico: forse perché gli insegnanti di musica non tengono conto del loro insegnamento dei risultati delle ricerche oppure i
ricercatori non si occupano dei problemi che interessano gli insegnanti.
PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO MUSICALE: STUDIA I CAMBIAMENTI CHE AVVENGONO NEL CORSO DELLA VITA, NELLA PERCEZIONE PRODUZIONE DI ALTEZZE, MELODIA, RITMO, TONO, ARMONIA,
STILE, FORMA.OGGI RICERCATORI INSEGNANTI SONO D'ACCORDO CHE GLI ASPETTI COGNITIVI SOCIALI E AFFETTIVI DELLO SVILUPPO NON POSSONO PIÙ ESSERE CONSIDERATI SEPARATAMENTE.
Uso degli strumenti L'ambiente: didattico per le attività musicali o contesto Cultura musicale giovanili, quanta importanza si Interdisciplinarità: scegli sette e un argomento a parte o tener
familiare agli alunni decide di dedicarci conto che la musica in stretto rapporto con la vita dell'uomo
METODI STORICI:
DALCROZE - 1865 1950
Si occupò di aiutare i suoi alunni a padroneggiare meglio le strutture musicali e fonda la ritmica come un modo di vivere con il corpo tale dimensione alla quale si aggiungeranno quella melodica e armonica. Aveva
quindi intuito il valore del corpo come mezzo privilegiato per vivere la musica.
La proposta nasce osservando i bisogni di apprendimento dei suoi studenti e dal desiderio di aiutarli
L'insegnante deve proporre, attivare, stimolare l'esperienza necessaria per far acquisire capacità agli studenti e adattare le proprie proposte alle esigenze, ai tempi di apprendimento alle capacità e età degli alunni.
Deve prestare attenzione e osservare i cambiamenti. L'uso dell'improvvisazione da parte degli alunni è un elemento fondamentale in questo metodo.
Gli obiettivi didattici del metodo sono:
1. SAPER CAPIRE: sperimentare attraverso il movimento e in un secondo concettualizzare i vari aspetti compresi. In questo modo egli vuole che si colga nei messaggi, signi cati e emozioni delle musiche
partendo dall'esplorazione corporea (intervalli, pro li melodici).
2. SAPER PRODURRE: esprimersi e comunicare usando l'improvvisazione motoria e gli strumenti prendendo spunto da qualsiasi cosa si voglia: un ritmo, melodia, emozioni, oggetto.nel produrre compreso
anche la produzione di brani vocali e strumentali.
3. SAPER PERCEPIRE: l'educazione dell'orecchio è sempre in primo piano inteso come canale necessario per un'esperienza profonda della musica, attraverso il corpo saper percepire il movimento.
I contenuti sono costituiti dalla musica colta del novecento dalle strutture musicali così come erano teorizzate all'epoca. Spetta ai posteri inserire altri repertori.
IL METODO E’ ATTIVO , dà spazio all'attività degli alunni, favorisce l'espressione individuale, dà valore a ogni iniziativa e promuove creatività e socializzazione, il lavoro di gruppo è fondamentale.
PRO E CONTRO: l'obiettivo didattico generale orientato all'apprendimento della teoria musicali e quindi una prospettiva musico centrica, ma l'uso del corpo, la libertà di espressione e l'attenzione
per lo sviluppo di altre capacità come concentrazione, memoria, attenzione lo rendono un metodo aperto che si presta essere attualizzato, sempre che gli insegnanti sappiano rinnovarne i contenuti.
Tutti e tre i metodi risultano limitato in quanto non prendono in considerazione del rapporto musica-società e l'esperienza extra scolastica musicale degli alunni.
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