Sei sulla pagina 1di 5

L’educazione musicale: teorie, metodi e pratiche

Insegnamento/apprendimento due facce di una stessa realtà


L’insegnare e l’appendere si rincorrono e si intrecciano in un unico processo: dappertutto e da chiunque possiamo ricevere insegnamenti. Le componenti fondamentali di una metodologia dell’insegnamento sono:
• - Interazione tra apprendimento e insegnamento;
- Il ruolo degli insegnanti e allievi nella relazione educativa;
• - Il contesto nel quale si concretizza la relazione;
• - La programmazione (obbiettivi, contenuti, metodo, valutazione);
• - Organizzazione e gestione dell’attività didattica.
Evidenziamo dei punti nodali del racconto:
• le fasi di un percorso didattico
• le relazioni che emergono nel percorso
• la progettazione e gestione del percorso.
Oggi i due processi di insegnamento e apprendimento sono di erenziati ma allo stesso tempo interdipendenti, in quanto è stato evidenziato per entrambe un proprio oggetto e un metodo di studio.
Spesso chi si accosta all’insegnamento è prima di tutto preoccupato di “cosa insegnerà e come lo insegnerà”, ma raramente si chiede “chi sono” questi bambini e da quali esperienze provengono. A rontare i
problemi dell’insegnamento signi ca a rontare contemporaneamente quelli relativi all’apprendimento: come si può insegnare qualcosa se non si conoscono le sue modalità di apprendimento?
Se prendiamo in considerazione le teorie dell’insegnamento c’è la presenza di diversi termini riferiti alla stessa realtà: l’insegnamento è educazione, istruzione, formazione. Tra questi ci sono delle
di erenze:
1. educazione è riferito alla trasmissione culturale attivata durante l’insegnamento ed è un processo orientato allo sviluppo delle persone come esseri umani e sociali, l’educazione è ciò che determina il nostro
modo di essere;
2. l’istruzione mette l’accento su obbiettivi e contenuti dell’insegnamento nel senso di concetti e abilità propri di ogni campo disciplinare;
3. la formazione è considerata come l’acquisizione di un modello culturale, come sviluppo della personalità.
Questi diversi modi di considerare l’insegnamento sono collegati con il processo di apprendimento come le modi cazioni del comportamento acquisite e relativamente stabili.
I primi apprendimenti, cioè le prime modi cazioni del comportamento, avvengono per motivi di sopravvivenza. L’apprendimento è innanzitutto un processo spontaneo, naturale (es. cercare il cibo); poi c’è un
apprendimento ottenuto attraverso un insegnamento consapevole, raggiunte in modo più rapido con l’aiuto di una guida, ma c’è anche quello inconsapevole, per uno o per entrambi i soggetti (es. comportamento
razzistico imparato osservando qualcuno).
Ogni società ritiene che la propria cultura sia così importante che non possa essere lasciata all’apprendimento spontaneo, perciò si preoccupa della trasmissione dei diversi contenuti culturali di generazione in
generazione creando delle istituzioni che la assicurino. Infatti si ritiene che l’educazione sia la garanzia di sopravvivenza della specie.
L’insegnamento è stato considerato a lungo come una parte delle teorie dell’apprendimento, nel senso che i modelli del “come si insegna” venivano desunti dal “come si impara”, ed è solo dalla metà degli
anni Sessanta che hanno iniziato a svilupparsi teorie dell’insegnamento indipendenti dai modelli di apprendimento, de nendoli comportamenti interagenti, mettendo l’accento sulla qualità
dell’insegnamento come una delle condizioni determinanti ai ni dell’apprendimento. Il ruolo dell’insegnamento diventa così quello di produrre modi cazioni comportamentali: è visto quindi come
l’insieme di interventi comportamentali di un soggetto in grado di provocare modi cazioni di apprendimento in altri soggetti.
BALLANTI non basta l’intenzionalità perché una situazione sia realmente educativa, ci devono anche essere dei risultati in termini di modi cazioni comportamentali. Ci sono non solo apprendimenti, ma anche
insegnamenti inconsapevoli (es. mamma che canta per il bambino), che provocano delle modi cazioni a partire dai quattro mesi per il linguaggio verbale, e dai sei mesi per il canto: producono quindi
apprendimenti inconsapevoli e il bambino è inconsapevole di imparare).
BERTOLOINI considera “educative” tutte le esperienze caratterizzate dallo sviluppo o dalla crescita biopsicologica determinati dalla comunicazione interpersonale e dalla trasmissione culturale, mette al centro
l’esperienza educativa, considerata come : relazione tra l’individuo e il dato, tra un individuo e un altro individuo, tra l’individuo e la società. Gli eventi educativi che stimola trasformazione sono moltissimi e ne
individua quattro livelli di de nizione:
• Le esperienze educative di tipo spontaneo o naturale;
• Quelle nelle quali l’intervento esplicito può essere casuale;
• Quelle nelle quali è intenzionale ma basato su contesti culturali extraeducativi;
• Quelle che associano al cara@ere di intenzionalità la capacità di riferirsi a “unità di senso”.
Egli ritiene che sia possibile rintracciare nell’esperienza educativa delle strutture portanti, che rimangono nel tempo e nella storia, ma in modo dinamico. Queste hanno due funzioni:
- una di tipo cognitivo, nel senso che permettono di comprendere meglio l’esperienza educativa;
- l’altra metodologico- pratica, che fornisce indicazioni positive nell’azione educativa.
- Individua cinque strutture portanti:
• - Sistematicità
• - Relazione reciproca
• - Possibilità
• - Irreversibilità
• - Socialità.
DEMETRIO: a erma che il concetto di cambiamento è fondamentale nel processo di insegnamento/apprendimento, crea delle attese e l’insegnante o il genitore si aspettano da qualcuno una risposta in termini
di modi cazione. Tutto ciò avviene in un contesto relazionale e il cambiamento può avere varie forme, ma si quali ca come processo relazionale direzionato. Demetrio percepisce l’evento educativo come un
cambiamento che costituisce l’unità fenomenica, percepibile con i sensi, narrabile e osservabile nell’immediato; una modi cazione a livello comportamentale, cognitivo e motorio.
- Il cambiamento può assumere varie forme : con la natura, allora sarà biologico; con la società allora sarà sociale ; con la cultura, allora sarà cognitivo. Il cambiamento sarà inteso come processo
relazionale direzionato, ora dal soggetto agente, ora da chi interagisce con lui. Bisogna analizzare i campi in cui si svolge la ri essione teorica intorno all’insegnamento: la pedagogia e la didattica.
La pedagogia può, secondo BALLANTI, avere un proprio oggetto di studio ed essere considerata come “scienza delle modi cazioni di insegnamento/apprendimento, in tutte le accezioni possibili,
cognitive, a ettive e sociali”. Questa visione però, sembra ridurre ogni situazione educativa all’insegnamento in senso stretto, negando il valore educativo di altri tipi di relazione i cui risulta8 non siano
facilmente osservabili.
BERTOLINI riTIene che l’oggetto di riferimento della pedagogia debba essere individuato in tu@e quelle esperienze educative dotate di intenzionalità (è il quarto livello di de nizione) e unità di senso originarie.
Anche Demetrio si muove nella stessa direzione: ritiene che la pedagogia dovrebbe assumere come oggetto di studio il cambiamento visibile e percepibile per diventare la “scienza del cambiamento”.
Anche la didattica studia il processo di insegnamento/apprendimento, ma ne studia i metodi, cioè come permettere all’alunno di apprendere i contenuti e le abilità richieste dalla società. Secondo Bertolini, la
didattica diventa il momento scienti co del discorso pedagogico, al quale si riconosce la funzione di “costruzione di una vera e propria tecnologia applicabile all’educazione”.
Oggi la didattca tende a raggiungere una propria legittmità scienti ca a rancandosi alla pedagogia. Per Frabboni è impegnata a ottimizzare sia l’organizzazione strutturale, sia l’organizzazione curriculare.
Per Minerva è una scienza intesa come comunicazione tra i soggetti e le sedi istituzionali, come comunicazione tra i molteplici soggetti che partecipano a processi di apprendimento/insegnamento; come
comunicazione tra i soggetti della formazione e gli oggetti della cultura.
Nel dialogo educativo l’insegnante dà lo spunto, poi lascia partire, camminare, esplorare; talvolta interviene e guida per impedire passi falsi perché conosce il punto di arrivo, ma lascia agli allieve la scelta
dell’itinerario.

1.2. I protagonisti della relazione educativa


La dimensione costitutiva della situazione educativa è la relazione: insegnanti e alunni si trovano reciprocamente coinvolti nel ruolo di protagonisti. Gli alunni vivranno questa relazione in modo spontaneo, ma
agli insegnanti è richiesta la consapevolezza delle proprie scelte educative e dei principi dai quali queste nascono. I bambini amano esplorare, gli insegnanti preferirebbero dare direttive, questa divergenza
si supera se gli insegnanti riscoprono il ruolo dell’osservazione e dell’ascolto.
Le prime teorie dell’insegnamento scaturite dal comportamentismo di Watson, interessato ai prodotti del comportamento accertabili oggettivamente, non manifestano interesse per questo tipo di relazione.
In questo lone si colloca la posizione di SKINNER: che usa la tecnica del rinforzo per modi care il comportamento. In questa prospettva la relazione presa in considerazione è quella tra lo stimolo e la
risposta e non tra insegnante allievo, l’insegnante potrebbe essere sostituito da una macchina.
La prospettiva psicanalisica dà importanza alle fantasie e ai vissuti inconsci non solo degli allievi, ma anche degli insegnanti, dice che la classe è il campo in cui c’è una dinamica di forze inconsce che si
incontrano , incrociano o si oppongono.
La psicologia umanistica pone l’accento sulla relazione educativa come capacità di accedere e comprendere l’altro: interessata a migliorare l’e cacia dell’insegnamento. Si sottolinea la necessità che
gli alunni si sentano liberi nelle loro scelte e invita gli insegnanti alla non direttività e a porsi piuttosto come facilitatori dell’apprendimento.
• Secondo Rogers, l’insegnante dovrebbe fare da specchio relazionale
• Secondo Bertolini la relazione comprende la capacità di sentire l’altro.
L’interdipendenza tra gli insegnanti e gli alunni e le loro funzioni nella relazione educativa,per l’approccio di tipo sistemico, richiedono essibilità e apertura al nuovo. Demetrio 1986 vede la relazione educativa come
asimmetrica, che presuppone un dislivello comunicativo che stimola un cambiamento nel sistema relazionale e questo cambiamento è l’obbiettivo., la sostanza stessa della relazione. In contesto scolastico
l’asimmetria è determinata dalle diverse età, e quindi dalla di erenza di esperienza e cultura. a diversità delle funzioni svolte dall’insegnante e dall’alunno e dalla dimensione temporale in quanto l’alunno non ha la
comprensione del processo globale di maturazione di cui è protagonista. Anche in questa condizione però non bisogna sottovalutare lo scambio tra alunni e insegnante, il quale sa che deve ricevere e imparare dai
propri alunni. E’ una asimmetria stru3urale. La relazione educa8va è quell’interazione che prova un cambiamento inteso come maturazione verso una conquista progressiva di autonomia e libertà. E’ necessario che
gli insegnan8 avviino un percorso di autoconoscenza. E di conoscenza degli allievi.

2. Conoscere se stessi
Il processo educativo dipende anche dalla situazione dell’insegnante che si impegna e si mette in gioco con la globalità della sua persona in tutte le sue dimensioni: emotive cognitive e valoriali. sia nel
predisporre le opportunità, sia nella gestione della relazione. Di conseguenza, a nchè la relazione sia costruttiva, l’insegnante dovrà non solo conoscere gli alunni, ma dovrà anche conoscere se stesso per potersi
me@ere in gioco positivamente, evitando quei disturbi della relazione che provengono dal lasciarla in balia del caso o da un’emotività incontrollata (es. simpatie/antipatie).
Una situazione educativa produce apprendimento negli student, ma anche negli insegnanti e poiché l’apprendimento è un cambiamento comportamentale, prima di cambiare gli altri, gli insegnanti
devono essere pronti a cambiare se stessi. Ciò signi ca prendere coscienza della propria identità generale, dei propri bisogni, interessi, motivazioni e competenze e dovrà interrogarsi sullo stile
educativo che possiede inconsciamente nel senso di un modo stabile di agire, interagire e intervenire e quindi la sua identità.
• Le prime ricerche condotte negli Stati Uniti si proponevano di identi care modelli di insegnanti ideali per un apprendimento più stabile e grati cante, ma presto è emersa la di coltà nel fare ciò. Alcuni
studiosi hanno cercato di de nire alcuni modelli:
- democratico o autoritario, a ettuoso o distaccato, ma è mancata una ricerca sulle motivazioni che stanno alla base di ogni modello.Gli insegnanti possono essere aiutati dalle liste di
comportamenti ma devono poi proseguire nella ricerca di motivazioni per scoprire la propria identità.
La propria identità, secondo Demetrio, si manifesta nel momento in cui il soggetto è in grado di comunicare con gli altri attraverso il linguaggio, o altre forme, l’esistenza di un proprio Io, cioè di un’identità senza
possibile copia. Ma possiamo parlare di identità musicale? Se la consideriamo in una prospettiva sistemica, che ci permette di ammettere l’esistenza di un’identità complessa capace di di erenziarsi o scomporsi,
allora c’è posto per un’identità musicale, che va riscoperta integrando il lavoro della mente con il lavoro delle emozioni.
Ferrari a erma che, per fare in modo che gli insegnanti scoprano la loro identità musicale, devono articolare un percorso basato su questa, in quattro tappe:
- Storie-vissuti: autobiogra a musicale, guiderà il percorso di scoperta attraverso la ri essione sulle attività musicali che hanno segnato la propria esistenza;
- Gusti e valori (scelta del repertorio)
- Condotte (motivazioni e bisogni);
- Competenze (saper fare e saper far fare).
Le autobiogra e musicali, guideranno ciascuno nel percorso di scoperta della propria identità mediante la ri essione sulle numerose attività musicali che hanno segnato l’esistenza.
STEFANINI le attività umane derivano dall’interazione di tre componenti che determinano la musicalità in quanto (sono segnate dall’interazione di tre componenti che determinano l’identità):
ff
ff
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
ff
fi
fi
ff
ff
fi
fi
ffi
fi
fl
fi
fi
fi
fl
fi
fl
fi
fi
ffi
fi
ffi
ff
ff
- L’attività umana segue una motivazione o un progetto ed è determinata da questo;
- L’uomo è variamente musicale per i diversi progetti che realizza con la musica (es. per il piacere o per il ballo);
- Diverse motivazioni portano a diverse modalità e tecniche del cantare e del suonare, di appropriazione di una stessa attività
Le interazioni tra queste tre componenti danno origine a un’identità musicale sfaccettata.
John Blacking : si suggerisce agli insegnanti di andare alla scoperta delle propria identità ripensando alle proprie esperienze musicali, sia positive che negative.
Per una migliore comprensione della propria storia musicale, Demetro invita a cercare:
- L’evento sorgente: es. (Come è iniziata la storia sonora, parente suonava uno strumento regalato mio padre suonava il violino)
- Il costiuirsi della traccia: es. cominciai a suonare per imitare mio padre; -
- Dalla traccia al tema vitale: es. suonare in orchestra mi piace e mi grati ca, è la mia passione.
Oltre ad un’identità individuale, c’è anche un’identità sociale, che riguarda gli aspetti musicali prodotti dalla società al quale si apparttiene, e una universale che riguarda le funzioni musicali e i comportamenti
comuni a tutte le culture.
2.2 Conoscere gli alunni.
Anche gli alunni hanno una propria identità, quindi la conoscenza della loro storia è il primo passo per impostare una relazione reciproca, ma non simmetrica.
- Le canzoni apprese in famiglia (es. le ninnananne) o le canzoni e i giochi musicali a scuola producono un’interiorizzazione di un modello melodico, ritmico, armonico e di un certo stile vocale, quindi
produce la nascita di una propria identità musicale. Se gli insegnanti impostano l’attività didattica sulla base delle diverse identità musicali otterranno risultati positivi.
La vivacità emozionale che accompagna il contatto con la musica ne fa un’esperienza intensa che favorisce l’apprendimento precoce di modelli e la partecipazione corporea all’esperienza musicale attraverso il
movimento produce intense risonanze a ettive e fa sedimentare dei modelli di comportamento, , che vengono a costruire tratti fortemente distintivi di partocolari gruppi etnici sia comuni come quelli favorito da
balli moderni : musica come manifestazione di un’identità sociale.
Gli insegnanti imposteranno l’attiviità didattica sulla base delle diverse identità musicali, sia degli alunni che proprie.
Il consumo di musica attraverso i mass media è un’esperienza più complessa del semplice ascoltare musica, in quanto fa passare dei modelli di interpretazione del mondo, ideologie, cioè un sistema culturale che
si serve della musica per venire accettato.
2.3. Bisogni, interessi e motivazioni.
Entrare in relazione signi ca incontrarsi/scontrarsi sulla base dei propri bisogni, interessi e motivazioni (tre aspetti dell’area del comportamento). I bisogni attivano dei comportamenti chiamati condotte, termine
che indica particolari comportamenti coordinati e nalizzati alla soddisfazione di bisogni.
I bisogni sono gli impulsi profondi che spingono a cercare ciò di cui si sente la mancanza; sono impulsi inconsci che si manifestano attraverso gli interessi. Le motivazioni indicano il processo necessario per
raggiungere un obbiettivo e si ritiene che abbiano la funzione di attivare il comportamento e dargli una direzione. I bisogni sono collegati ai valori: ad esempio negli anni ’50-’60 il bisogno di autenticità dei giovani la
ha portati a ribellarsi al perbenismo degli adulti e a rivendicare una nuova cultura e novi valori utilizzano la musica come medium: nasceva così il rock’n’roll.
L’apprendimento è un bisogno fondamentale per l’uomo.

Delalande 1993 ha individuato in alcuni comportamenti delle vere e proprie “condotte musicali”, ad esempio il bambino che produce suoni con tutti gli oggetti disponibili, e ritiiene che stiano attivando dei
comportamenti tesi a soddisfare un bisogno, mettendo l’accento sulla profonda portata dell’esperienza musicale, a livello emotivo, sensoriale e cognitivo. Tra i bisogni più profondi di insegnanti e alunni, vi sono
quelli di svilupparsi come persone musicali che godono, si esprimono e comunicano con la musica. Vi è il bisogno dunque di diventare fruitori, produttori, autonomi e critici di cultura musicale.

2.4. Le Competenze
“sapere, saper fare, saper comunicare”, qualunque sia il campo a cui si vuol far riferimento, sono ternini che indicano conce0 e abilità appresi spontaneamente o per insegnamento. Il saper “sentire” la conclusione
di una musica tonale è una competenza che non richiede un insegnamento perché si acquista spontaneamente.
La competenza musicale è de nita come la capacità di produzione di senso mediante la musica.
Stefanini ha teorizzato il Modello della Competenza Musicale diviso in vari livelli, che ci danno indicazioni sui diversi canali di acquisizione: de nisce la competenza musicale come il sapere, saper fare e saper
comunicare : la capacità di produzione di senso mediante e /o intorno alla musica. Guardando L’MCM cioè il modello della competenza musicale teorizzato da Stefani nel 1982, notiamo la presenza di vari livelli:
1. Al primo livello ci sono i codici generali, cioè schemi logici con cui interpretiamo qualsiasi esperienza; permettono di dire se una musica è lenta o veloce, dolce o aspra;
2. Pratiche sociali: è il riconoscimento di usi della musica propri della nostra cultura;
3. Tecniche musicali;
4. Competenza relativa agli stili, cioè ai modi di realizzare tecniche musicali e pratiche sociali; che permettono di riconoscere una musica western,chiesa
5. Opere: ciò che ci permette di riconoscere un’opera.
Da questi livelli emerge la possibilità di acquisizione di alcune competenze per esperienza diretta, cioè per semplice frequentazione del materiale musicale nelle varie situazioni.
3. Contesti della relazione educativa
• L’AMBIENTE - La relazione educativa non si stabilisce in astratto, ma in concreti contesti spazio-temporali, sociali e culturali, e su di essa in uiscono elementi di facilitazione o di intralcio. Essa si svolge in un
ambiente speci co: la scuola, cioè in un concreto contesto spazio-temporale.
• Se consideriamo il contesto spazio-temporale, la scuola è il luogo principale nel quale si svolge la relazione educativa, anche se non è l’unico: ci sono la famiglia e i luoghi di aggregazione con nalità
sportive e ricreative. La scuola è il luogo in cui scorre la maggior parte del tempo ed è importante come lo spazio, ai ni della relazione, viene de nito (es. classe ampia o stretta). Nella progettazione didattica
bisogna tener conto dello spazio e del tempo. Nella scuola inoltre, il tempo è regolato dall’orario, viene cioè stabilito in anticipo. Anche la relazione educativa ha dei tempi, che vanno modellati sulla base
dell’atività e del numero di allievi.
L’aula di musica diventa necessaria non solo per non dare fastidio, ma soprattutto per permettere di gestire lo spazio in modo coerente e funzionale all’obbiettivom la forma tradizionale di aule rettangolari,
sottntende un certo tipo di rapporto docente-alunno.
Alcune domande sorgono: come ci si dispone per cantare in un coro? L’aula di musica diventa necessaria per gestire lo spazio in modo coerente al proprio obiettvo.
Ogni scuola è inserita in un determinato ambiente: campagna, grade città, cioè in un contesto sociale e culturale più o meno ricco o povero, culturalmente omogeneo o disomogeneo. I ussi migratori sono un
fenomeno che in uisce in modo notevole sulla relazione in quanto costituisce un elemento importante del contesto: è importante studiare gli e etti che le di erenze culturali producono sul piano cognitivo.
3.1. L’universo musica.
La scuola non è l'unico ambiente, ci sono altre agenzie educative. L’idea di musica si riferisce al tipo di oggetto (il repertorio), al rapporto con la società e alle funzioni che gli vengono assegnate. L’idea di musica
inoltre, varia a seconda dell’età, i popoli, le epoche e le culture. Culture diverse hanno diversi modi di organizzare le strutture musicali e sviluppano altre abitudini percettive.
• Il concetto occidentale di musica si trova raramente nelle altre culture, nelle quali l’evento sonoro è collegato con i gesti che lo producono, la danza che lo accompagna e il rito che gli dà signi cato. Possiamo
considerare musica solo gli oggetti sonori in cui si riconosce altezze e durate, o solo quelli consacraB come “patrimonio artistico”, oppure tutti gli oggetti sonori, qualunque siano le loro caratteristiche. A
seconda della prospettiva scelta, cambia il tipo di relazione educativa. Culture diverse hanno modi diversi di organizzare le strutture musicali, sviluppando diverse abitudini percettive. La musica ha
diverse funzioni sociali, che vanno dallo svago alla protesta, dalla terapia all’evasione.
Cosa succede oggi? Nel campo colto l’esecuzione è rimandata solo ai professionisti e il far musica amatoriale è visto con sospetto. Questa è l’espropriazione-alienazione di cui parla Marothy: quanto più la musica
viene a data ai professionisti, tanto più diminuisce la competenza musicale delle altre persone. Tu@o questo è alienazione dal momento che le capacità più speci che diventano estranee all’uomo.
Interrogarsi sul tipo di musica con cui stabilire una relazione educativa vuol dire interrogarsi non solo sui repertori, ma anche sui contesti e i meccanismi di di usione nella società, sulle pratiche sociali, sul
patrimonio musicale della cultura a cui si appartiene. La consapevolezza dell’esistenza di culture musicali diverse ha reso banale l’a ermazione che la musica è un “linguaggio universale”. Ma alcuni aspetti di essa
possono essere considerati universali: alcuni suggeriscono che questi possono essere individuato nell’uso delle altezze e delle durate; da una altro punto di vista sono individuaB nelle forme e nei modelli sonori
o erto dalla natura e in particolare dagli animali (es. canto degli uccelli). Tra queste due tendenze ci sono gli studi di Delalande, che individua gli universali nelle condotte musicali, mettendo in evidenza quei
comportamento attivati secondo uno scopo da raggiungere e motivati da un bisogno di soddisfare. Egli scopre nelle pratiche musicali tre dimensioni (che considera i tre universali):
1. - La ricerca di un piacere senso-motorio a livello gestuale, tattile e uditivo;
2. - Un investimento simbolico dell’oggetto musicale messo in rapporto con un vissuto;
3. - Una soddisfazione intellettuale che risulta dal gioco di regole.
Dobbiamo tener atto che le nostre categorie musicali come senso tonale, metro, ritmo, sono culturali e che le culture diverse hanno diversi modi di organizzare le strutture musicali. Questa relativizzazione aiuterà gli
insegnanti a capire che le musiche che sceglieranno non rappresentano la vera musica, ma semplicemente uno dei tanti modi di organizzare i suoni, modi che cambiano nel tempo e nello spazio. Musica può essere
l’universo di oggetti sonori considera8 in modo restrittivo ( il patrimonio storico) o più allargato ( qualunque evento sonoro) ma possiamo considerare musica anche le pra8che sociali che u8lizzano eventi sonori di
diverso tipo e con diverse funzioni.
• Cosa l’insegnante può e deve considerare musica? Un universo di oggetti sonori di diverso tipo e con diverse culture presenti nelle realtà scolastiche devono essere valorizzate dall’insegnante e
considerate occasione di arricchimento comune, di condivisione di socializzazione. Da queste ri essione parte il progetto educativo, la musica è un linguaggio che può attivare processi di
comunicazione.
Tali condotte corrispondono ai tre tipi di gioco riscontrabili nei bambini: gioco senso motorio, simbolico e di regole.

3. Progettare il cambiamento - STRUTTURE PORTANTI DELLA RELAZIONE EDUCATIVA


Il cambiamento costituisce l’unità fenomenica percepibile, osservabile, veri cabile, ma anche progettabile e regolabile. La relazione educativa inoltre deve essere pensata, divenire intenzionale ed
essere oggetto di ri essione e di veri ca, e quindi deve essere sempre al centro di ogni progettazione scolastica: il processo di cambiamento deve essere progettato, organizzato, gestito, veri cato.
L’insegnamento richiede quindi una struttura metodologica.
Dalle indicazione di BERTOLINI si possono ricavare indicazioni utili a nché la programmazione e l’attività siano possibili.
• L’evento educativo è di natura sistemica: l'individuo, società, il sapere sono correlati tra Lori qualunque variazione in ognuno di essi provoca un cambiamento.un comportamento non è frutto della somma
di alcune variabili non scaturisce in modo lineare da una singola causa, ma ha alle spalle l'interazione organica di numerosi elementi.
• La reciprocità è un elemento costitutivo della relazione educativa, prevede un continuo ed equilibrato movimento di andata e ritorno tra due protagonisti (insegnanti-alunni).
• La possibilità ci ricorda che, essendo l’evento educativo un’esperienza umana, si costituisce sempre nel possibile, ed essendo basato sul cambiamento si proietta nel futuro e non si sa quale sarà il risultato
nale.
• La irreversibilità riguarda l’essere nel tempo dell’uomo e ne a erma la storicità dell’esperienza educativa , che è fatta da evento incancellabili e durate la quale è impossibile tornare indietro.
• La socialità è il riconoscimento dell’impossibilità per il singolo di esistere autonomamente, al di fuori dei rapporti con gli altri: es. la musica è nalizzata alla comunicazione.

6. LA PROGRAMMAZIONE
Negli anni 50 si è sviluppata negli Stati Uniti la programmazione didattica come tecnica per oggettivare controllare l'insegnamento per renderlo più e cace. L'intento era organizzare l'insegnamento in modo
organico per sapere che cosa sapere e saper fare. Essa è legata alla de nizione del curricolo di cui è in pratica la concretizzazione.
SCURATI: il curricolo è l'organizzazione delle possibilità o erte dalla situazione scolastica.
TABA: individua quattro elementi del curricolo tra cui:
1. Enunciazione degli obiettivi
2. Selezione dei contenuti
3. Uso di metodi e mezzi
4. Veri ca dei risultati
Successivamente ampliata con i metodi didattici, di rapporto tra insegnante alunni, orario giornaliero e annuale e sistemi di valutazione.
Nella programmazione trovano posto il contesto ambientale, il livello di partenza degli alunni, obiettivi generali e speci ci, contenuti, valutazioni.
Una programmazione così intesa fa riferimento a quella che SCURATI chiama curricolo evidente progettabile secondo obiettivi espliciti e che corrisponde all'educazione formale, diverso dal curricolo nascosto,
riferendosi all'insieme di esperienze indicate come educazione informale. Egli evidenzia tre tipi di curricolo:
1. Centrato sulle materie: mira a trasmettere la cultura esistenti, prestazioni di tipo espositivo-mnemonico.
2. Centrato sull'attività dell'alunno: mira a trasformare la cultura esistente, problem solving privilegiato.
3. Centrato su punti focali usando il problem solving, mira a garantire il massimo sviluppo dell'individuo in quanto tale.
La programmazione didattica assume la funzione di strumento di autonomia che permette all'insegnante di gestire i programmi e condurre itinerari formativi.
Un tentativo per superare i limiti della programmazione tattica è stata la programmazione per concetti degli anni 80 che si pone come obiettivo concetti da formare non azioni da compiere:
fi
ff
fi
ffi
fi
fl
fl
fi
fi
fi
ff
fi
ff
ff
fi
ffi
fi
fi
fl
fi
fi
ff
fl
fi
ff
fi
fi
ffi
ff
ff
fi
fl
fi
fi
fi
l'insegnante parte da reti concettuali già esistenti negli alunni che possono modi care il percorso stesso. Alla critica su gli obiettivi tracciati in astratto e non ricavati da situazioni concrete risponde la
ricerca di una posta-programmazione che consente al soggetto di a ermare la propria identità, permetta di costruire nuovi modelli attenti ai vissuti ai bisogni dei soggetti.
Si andata inoltre delineando una riforma delle procedure di programmazione centrata più sui soggetti e sui programmi si può quindi cominciare a delineare un'educazione musicale antropocentrica non più musico
centrica.
METODO PER PROGETTI:
- Messa al centro del problema
- Analisi dei ruoli
- Pre gurazione dei risultati.

3. PROGRAMMARE L'EDUCAZIONE MUSICALE - UN CAMPO DI ESPERIENZE O UNA DISCIPLINA?


MUSICA: può essere studiata sotto molti punti di vista, molteplici obiettivi e percorsi, è un campo dove interagiscono molte discipline: teoria musicale, analisi, composizione, storia della musica…
EDUCAZIONE MUSICALE: attraverso l'esperienza musicale si possono conoscere cose e persone. Non deve essere però un insieme di tante discipline musicali diversi ma una autonoma, campo di
esperienza che permette agli alunni una crescita musicale attraverso l'acquisto di competenze. Settore disciplinare che dà a tutti cittadini le competenze per lo sviluppo delle proprie potenzialità
musicale della propria identità musicale a livello individuale, sociale universale.
COMPETENZE MUSICALI: STEFANINI - capacità di produzione di senso mediante e trattino o intorno alla musica, si intende il sapere, saper fare e saper comunicare.
L'insegnante di educazione musicale deve costruite intorno a sé legami tra i contenuti del suo insegnamento i tipi di produzione musicale con cui entrano in contatto gli studenti per avere continuità tra ciò che
viene fatto a scuola e ciò che avviene fuori.
4. COMUNITÀ EDUCATIVA
GLI APPRENDIMENTI AVVENGONO NELLA COMUNITÀ CHE È UN PROPRIO SISTEMA DI VALORI IMPLICITI ED ESPLICITI CON CUI CI SI TROVA CONFRONTO. L'INSEGNANTE DEVE FAR RIFERIMENTO ALLA
COMUNITÀ IN CUI ALUNNI E LUI STESSO SONO INSERITI QUESTO È UN PESO NOTEVOLE NELLA PROGRAMMAZIONE DI UN INSEGNANTE, NELLA SCELTA DI OBIETTIVI, CONTENUTI E METODI.
L'insegnante deve anche essere consapevole delle aspettative che siccome nutro nei suoi confronti, deve confrontarsi con la legislazione nazionale e locale.
La programmazione di un insegnante che ha una posizione dialettica nei confronti della società e delle istituzioni cerca un'interpretazione responsabile creativa delle norme, cerca di conoscere la situazione socio
economica e culturale di tutta la comunità, si interroga su come stabilire una relazione educativa con i bambini e come permettere loro di imparare facendo.
Si assiste a una trasformazione progressiva di tutti i partecipanti all'azione educativa gli allievi, sviluppano una relazione diversa con il sapere, dimostrando capacità di iniziativa nel processo di apprendimento, con
l'autorità, con l'insegnante, stabilendo una forte relazione.
Insegnante programmerà quindi attività ed esperienze che partendo dal vissuto musicale di ognuno, permettono l'appropriazione di modi coinvolgenti a livello a ettivo e cognitivo di esprimersi
musicalmente comprendere l'espressione musicale degli altri.
5. CONDIZIONI STORICO AMBIENTALI E LIVELLI DI PARTENZA
L'ambiente in cui vivono insegnanti alunni è dominato dalla presenza della musica: TV, cinema, supermercati con una netta prevalenza del repertorio popolare rispetto a quello colto. L'alta presenza di musica nella
vita quotidiana produce familiarità con i repertori più di usi e questo produce competenza. OLTRE A QUESTO, A SECONDA DELLE ESPERIENZE PERSONALI, CI SONO ALTRE OCCASIONI OFFERTE
DALL'AMBIENTE CONCRETO COME LA PRESENZA IN FAMIGLIA DI QUALCUNO CHE SUONA UNO STRUMENTO, IL CANTARE DA SOLI, IN UNA BAND, ANDARE IN DISCOTECA.
Ignorare la ricchezza e la varietà delle esperienze che compongono il vissuto musicale di ognuno crea uno spaccato profondo tra la musica vissuta e la materia scolastica.
Conoscere le competenze già possedute essenziale nella relazione educativa per valorizzarle, per innestare su S i nuovi apprendimenti, per evitare di proporre ciò che è già stato acquisito.
Ci sono vari modi per conoscere le situazioni di partenza:
1. TEST
2. QUESTIONARI
3. ATTIVITÀ DIDATTICA in cui gli alunni hanno la possibilità di manifestare ciò che sanno fare.
Bisogna prendere in considerazione anche le fasi dello sviluppo dei processi percettivo-cognitivi musicali che danno punti di riferimento fondamentali per individuare gli obiettivi di apprendimento.
GARDNER: scettico riguardo i test, producono valutazioni quantitative e standard, è più signi cativo coinvolgere i bimbi in attività che trovano stimolanti e osservarli mentre sono impegnati.
• PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO MUSICALE: nuovo campo di studio inteso come lo studio dello sviluppo dei processi percettivi e cognitivi nell'esperienza musicale, punto di incontro di tre
discipline: psicologia, musica e didattica. La conoscenza del percorso evolutivo fornisce gli elementi necessari per individuare i mezzi più validi da fornire ai ni della crescita musicale.
SVILUPPO MUSICALE:
• Il bambino alla scuola dell'infanzia già un bagaglio di esperienze e competenze perché dagli ultimi mesi di vita intrauterina l'orecchio è sensibile al suono e all’intensità.
• 4-6 mesi si inizia conoscere il mondo con gli altri sensi in contatto con l'udito: sbattere, scuotere, applaudire…
• Dopo i 6 mesi compaiono le prime lallazione musicali (musical babbling) se il bambino riceve gli stimoli adeguati verso la ne del primo anno di età le relazioni diventano veri e propri
abbozzi di canzoni
• 3 anni produzione di canti inventati, spontanei, imitativi.
• 3-4 anni canti immaginative, no sense con parole usate così come vengono in mente
• 4-6 capacità di accompagnare il ritmo con il movimento delle mani
• 5-6 anni si possono proporre giochi di vario tipo con la musica
• 5 capaci di individuare due strutture ritmiche diverse
• 6 ma fasci di individuare un cambiamento ritmico.
• 7-8 anni con lo sviluppo della reversibilità del pensiero inizia lo sviluppo del senso tonale.
• 11-13 anni viene compreso l'insieme delle gerarchie e altre funzioni, si raggiunge la capacità di operazioni formali.
La capacità di riproduzione invenzione ritmica è più precoce rispetto a quella melodica. Il bambino è prima creatore e poi imitatore. I livelli delle capacità musicali si possono raggiungere in base
all'età cioè alla maturazione dei processi percettivi e cognitivi e pratica cioè esperienza.
6. OBIETTIVI
L'individuazione degli obiettivi riguarda quelli di ordine generale, relativi alla meta propria dell'esperienza educativa e quelli di ordine speci co che si riferiscono ai concetti e capacità di ogni insegnamento.
A nché gli obiettivi speci ci permettano attività di insegnamento e ettive, apprendimento e veri ca, devono essere espressi in termini comportamentali cioè come conoscenze da padroneggiare.
Gli obiettivi devono essere orientati alle nalità educative generali. I due obiettivi didattici speci ci a lungo termine nell'educazione musicale sono:
1. Saper capire: capacità di cogliere i signi cati, le funzioni, i contesti e le strutture della musica attraverso una serie di attività come:
- Interpretazione
- Analisi
- Correlazioni semantiche.
Il nostro linguaggio musicale non possiede un livello lessicale non perché non sia possibile, ma perché la nostra cultura non ha sviluppato un livello musicale.
Esistono di esempio etnie africane che assegnano diversi signi cati a diversi composizione di suoni con tamburi in modo tale possono comunicare a grandi distanze. La nostra cultura a invece sviluppato un
sistema detto tonale fortemente organizzato basato su gerarchie funzioni, orientamenti: altezze, durata, intensità…
Ma queste strutture sonore non hanno un unico signi cato giusto a meno che non si stabilisca in modo convenzionale. Sono i soggetti che ascoltano che ti vorranno signi cato in base alla loro natura, vissuto
personale, cultura acquisita.da queste considerazioni emerge il collegamento tra FORMA intesa come insieme dei possibili modi con cui organizzare i suoni e CONTENUTO prodotto dell'interazione tra il soggetto
che ascolta e l'oggetto sonoro.
- La forma è il signi cante
- Il contenuto è il signi cato
Sono collegati da un numero limitato di codici che possono essere psicologici, cognitivo-emozionali.la musica attraverso i codici a delle proprietà semantiche, rinvia esperienze concrete e astratte risvegliata dal
codice usato.
Per promuovere la capacità di capire la musica è necessario dare agli studenti esperienze d'ascolto dove possono cogliere esplicitare i signi cati (emozioni, messaggi), i contesti (ambienti culturali,
sociali), le funzioni (ninna nanna, marcia) mettendo in evidenza le strutture sonore che hanno favorito le diverse produzioni di senso.
2. Saper produrre: si intende la sfera della capacità di improvvisare, comporre, eseguire con modi e livelli diversi.questa capacità si manifesta spontaneamente a seconda delle stimolazioni o erte
dall'ambiente. In questo obiettivo troviamo capacità che riguardano:
- L'invenzione attraverso l'improvvisazione: composizioni estemporanea attraverso la composizione ragionata che procede per prove ed errori.
- Esecuzione di cose che esistono già, atto produttivo perché chi esegue deve far suo l'oggetto sonoro e lo ricrea nuovamente.
Saper produrre richiede capacità complesse: capacità tecniche (strumentali e vocali), capacità interpretative, capacità esecutive.
Ai due precedenti obiettivi possiamo aggiungere:
3. Saper percepire: come obiettivo trasversale primi due nel senso che sempre compresente e funzionale entrambi. Riguarda il saper ascoltare e riconoscere le fonti sonore, confrontare e classi care le
qualità dei suoni.
Tutti e tre gli obiettivi generali contribuiscono allo sviluppo musicale insieme, sono da promuovere non in successione ma in modo circolare passando dall'uno all'altro continuamente. Ognuno dei tre viene poi
declinato una serie di obiettivi a breve termine in ordine progressivo la scomposizione degli obiettivi generale in sempre più semplici: è un'operazione utile per avere un quadro più ampio delle capacità possibili da
raggiungere.
È fondamentale elaborare una griglia di obiettivi speci ci, propedeutici a raggiungimento degli obiettivi speci ci delle capacità complesse.
PIATTI: propose la “DIDATTICA DELL’OCCASIONALITÀ” prende come punto di partenza e le occasioni o erte dalla vita quotidiana e vissuti personali di ognuno. Per la fase realizzativa dell'attività didattica
propone un percorso ragnatela dove le occasioni della vita quotidiana sono come dei gli di una ragnatela che permettono di muoversi in realtà secondo i bisogni del momento e con i tempi non totalmente
prevedibili.
7. I CONTENUTI
Contenuti: materiali necessari per raggiungere una determinata capacità. La scelta dei contenuti comporta diverse di coltà: de nizione del campo disciplinare, rapportarsi con l'età diverse dei bambini, trovare
una modalità di trasmissione speci ca, usare strategie didattiche, prestare attenzione all'interessi, bisogni e competenze.
Oltre a questo bisogna tener di conto della teoria di Gardner delle intelligenze multiple: qualunque contenuto si scelga gli obiettivi programmati potranno essere raggiunti usando più contenuti diverse e viceversa
lo stesso contenuto può essere usato per raggiungere obiettivi diversi.
• EDUCAZIONE MUSICALE: I CONTENUTI MATERIALI CHE POSSONO RILEVARSI UTILI SI DISTINGUONO IN DUE TIPI DI PRODOTTO:
1. I suoni e i messaggi privi di intenzionalità musicale
2. Suoni e messaggi della comunicazione musicale intenzionale
CONTENUTI MATERIALI: si intendono i materiali di lavoro, i quali vanno a ancati con contenuti strutturali o concettuali cioè concetti e categorie speci ci di quella disciplina, nel caso della musica:
morfologia, timbro, ritmo, sintassi armonica, conoscenze relative a strumenti e storia musicale.
Gli obiettivi programmati possono essere raggiunti usando contenuti diversi come una marcia, canzoni, suoni di massi e rotolano e costituiscono sempre un oggetto, un testo che può essere preso in
considerazione da più punti di vista.
Poiché un oggetto musicale è un prodotto culturale nella scelta dei contenuti non entro in gioco solo gli obiettivi ma anche i propri orientamenti politico-culturale nei confronti degli oggetti del sapere
della cultura in generale. Ci sono alcuni criteri di scelta generale dei contenuti che devono essere:

Finalizzati al progetto didattico, permettono di acquisire Adeguati alle capacità degli alunni secondo età e Interessanti e coinvolgenti anche sul piano emotivo Utili
capacità speci che stabilite con gli obiettivi prerequisiti

8. I METODI
Ogni situazione educativa richiede delle procedure operative e strategie che vanno a costruire un metodo.
Queste strategie possono cambiare a seconda della situazione, obiettivi, contenuti, ma comunque vengono scelte secondo i propri orientamenti di fondo ovvero secondo quelle che BERTOLINI
de nisce “direzione intenzionali originarie” cioè atteggiamenti, orientamenti che determinano la scelta dei singoli interventi: come cosa proporre agli alunni, cosa chiedere, quale spazio dare all'interventi quali alla
ricerca personale.
BERTOLINI: principio di globalità: in base al quale il docente non isola le variabili presenti nel sistema educativo ma le a ronta in modo interattivo.
ffi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
ff
ff
ffi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
ffi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
ff
ff
fi
• DALLA RELAZIONE INSEGNANTE-ALUNNO DERIVA:
1. IL PRINCIPIO DI ATTENERSI ALLA RELAZIONE: nel senso che le risposte dell’alunno vengono considerate degli elementi che vanno a costituire l'azione educativa e sono capaci di modi care
quindi la qualità del messaggio e il percorso didattico.
2. IL PRINCIPIO DELLA DILATAZIONE AD ESPANSIONE DELL'ESPERIENZA ESISTENZIALE DELL’ALUNNO: nel senso che ogni intervento deve essere uno stimolo per il raggiungimento di
nuove mete.
3. IL PRINCIPIO DI ATTENERSI ALLE LIBERTÀ: rispettare la libertà dell'altro, dell'alunno. L'adulto nelle relazioni asimmetriche tende imporre quello che lui ritiene essere il bene per l'altro, per
evitare questo l'insegnante dovrà esplicitare le motivazioni delle sue scelte all'alunno e presentare soluzioni alternative e da questo deriva:
4. IL PRINCIPIO DELLA RESPONSABILITÀ: dell'educatori circa le proprie azioni: gli errori possono essere corretti ma non cancellati e li deve prestare attenzione ai bisogni e le attese dell'allievo a
cui deve saper dare una risposta costruttiva deve sapersi confrontare e mettere in discussione senza rimediare a eventuali errori.
5. PRINCIPIO DI SOCIALITÀ: signi ca dare spazio alla partecipazione attiva dell'alunno trattandolo come protagonista dell'azione didattica.bisogna dare il bambino la possibilità di intervenire e
esprimere opinioni riguardanti le scelte relative il percorso didattico. È importante attivare il problem solving attraverso il dialogo con tutti sapendo aspettare il proprio turno e confrontandosi per
trovare la soluzione di un problema.
PAULO FREIRE: tratta principi simili, pedagogista brasiliano, mette in pratica un metodo per l'alfabetizzazione dei contadini brasiliani. Il principio da lui seguito è quello globale, del dialogo e coscientizzazione
dove il dialogo è considerato una pratica umanizzante dove gli uomini si incontrano e acquistano importanza in quanto capaci di dialogare. Da questo deriva un metodo dialogico che usa il dialogo in un'ottica
di educazione come pratica della libertà. Questa concezione de nita da lui stesso depositaria o bancaria dell’educazione.
• Opposto a questo concetto si pone il principio della narrazione dei contenuti basato sull'atto di narrare, depositare, trasmettere conoscenze e valori in cui c'è un soggetto che narra e a soggetti che
ascoltano. Questa concezione, al contrario della prima, produce disumanizzazione e oppressione.
DELLA CASA: 1985-per quanto riguarda l'educazione musicale egli analizza vari metodi riscontrabili nell'azione didattica e li divide in tre:
1. METODO TRASMISSIVO ADDESTRATIVO: unidirezionale, l'insegnante trasmette informazioni e l'alunno impara per addestramento ripetitivo meccanico.
2. METODO EURISTICO-GUIDATO: si basa sulla relazione ed è bidirezionale: l'insegnante propone, orienta, guida, da strumenti di lavoro, gli alunni acquistano capacità
ricercando, discutendo, producendo individualmente o collettivamente. A questo metodo appartiene il problem solving, esplorativo e di tipo osservativo.
3. METODO DELL'ATTIVISMO SPONTANEO: caratterizzato dall'attività libera degli alunni, l'insegnante ha il ruolo di moderatore e osservatore. L'attività procede in modo casuale
senza veri che. Questo metodo presenta aspetti molto stimolanti per l'alunno perché lascia la libertà di organizzare il proprio lavoro ma bisogna fare attenzione a non portarlo
avanti troppo allungo. A volte è bene usarlo perché non tutte le attività si devono concludere con un voto una valutazione.
Il secondo metodo è quello che e caci in ambito scolastico, ma nell'ambito dell'educazione musicale non è da sottovalutare il terzo purché non venga esasperato il procedere a caso e l'assenza di
veri che.
Nella scelta del metodo da usare occorre avere dei criteri:
- Evitare un apprendimento meccanico dove le conoscenze nuove sono acquisite senza legami con le abilità i concetti già posseduti e quindi si sommano ma non si integrano.
- Favorire un apprendimento signi cativo dove le nuove conoscenze siano collegate con abilità e concetti già acquisiti e si incorporano ad essi.

2. LA VALUTAZIONE
La valutazione serve all'insegnante per valutare i risultati, veri care se l'allievo ha acquisito le capacità programmate, accertarsi gli obiettivi sono stati raggiunti.
La valutazione considera anche se le attività proposte rispondono a criteri di funzionalità adeguatezza per poter essere e caci.
• “che cosa si vuole e si può valutare?" Ci sono due atteggiamenti diversi:
1. Un atteggiamento quantitativo-c'è l'interesse nel misurare risultati e le prestazioni: si guarda il prodotto nale.
2. Un atteggiamento qualitativo, interessato a cambiamenti sul piano dei comportamenti, dei valori e vissuti in cui si guarda al processo.
L'insegnante che sa di dover a rontare la valutazione anche di essere chiamata a esplicitare i traguardi ssati e i criteri di giudizio con alunni e famiglie e esercitare un certo controllo sull'attività didattica per
valutare ciò che si sta facendo, sa anche che il raggiungimento o non di un certo traguardo deve essere letto e capito in rapporto al contesto dell'allievo.è importante prendere in considerazione tutti i fattori che
in uiscono per avere una visione completa dell'apprendimento.signi ca a rontare la valutazione con apertura e dinamicità: caratterizzano una programmazione costruttiva
La valutazione si complica nel campo artistico: i test sulle abilità musicali si stanno rivelando insoddisfacenti come strumenti di valutazione: si può valutare l'attività percettiva se un soggetto sa discriminare
altezze, durata e timbri ma questo non ci dice come si sviluppa la sua musicalità in che modo e quali processi mentali si sono attivati. Ci sono test che valutano le abilità musicali ma sono criticati perché non si
può risalire da un punteggio numerico a una valutazione dello sviluppo delle potenzialità musicali di un allievo.
Il bisogno di superare il soggettivismo della valutazione ha portato alla ricerca di prove oggettive ma questo porta a considerare l'alunno come oggetto e l'insegnante si dimentica che lo considera
attraverso le proprie soggettività: si perde la reciprocità della relazione.
• L’OSSERVAZIONE SEMBRA IL SISTEMA MIGLIORE SE SI DECIDE DI VALUTARE PIÙ CHE LE PRESTAZIONI E I RISULTATI, I PROCESSI E LE CONDOTTE A PATTO CHE SI ESPLICITI CHE COSA SI
SCEGLIE DI OSSERVARE I CRITERI IN BASE QUALI VALUTARE. È POSSIBILE PROPORRE ANCHE UN'AUTOVALUTAZIONE GUIDATA DOVE LO STUDENTE SI CONCENTRA SUI SUOI PROCESSI
INTERNI E POSSIBILI INTERVENTI.

3. L'ATTIVITÀ DIDATTICA
L'attività didattica è la nalità propria della programmazione e si con gura come una serie di incontri (lezioni) centrate su una serie di azioni da compiere. Questi incontri possono essere considerati
come brevi unità di lavoro autonomo ognuna con un suo inizio, svolgimento e ne o come insieme di unità concatenate tra loro ovvero come unità didattica.
L'insegnante deve preparare una programmazione ordinata e sistematica di ogni attività in modo da avere sempre chiari gli obiettivi da raggiungere ma, attuandoli anche con essibilità e disponibilità a cambiare
direzione se la situazione lo richiede.
DELLA CASA: l'unità didattica richiede una progettazione che deve comportare la scelta di:

Obiettivi: capacità da Contenuti: oggetti sonori e strutture Mezzi - strumenti Fasi e metodo di lavoro: momenti del percorso per i quali si Veri che Correttivi: materiale di recupero
acquisire concettuali con cui operare prevede cosa devono fare insegnanti alunni

La programmazione oltre all'unità didattica, può richiedere di preparare un progetto didattico: ovvero delle sequenze procedurali più libri nei quali possono anche esserci delle unità, ma interconnessi. Un progetto
didattico mira più obiettivi, si svolge in tempi più lunghi e prevede delle attività che si susseguono in modo circolare.
DELFRATI: anni 70: propone un progetto didattico costituito da diversi momenti: nucleo concettuale, un modo per proporla agli alunni, un metodo di lavoro, mezzi da utilizzare.
FABBRONI: I progetti didattici dovrebbero essere multidisciplinare. Esso come le unità delle fasi di lavoro:
1. Osservazione: si propone l'attività di partenza scelta prevedendo i futuri sviluppi: ad esempio insegnare un canto popolare scelto a seguito di un'indagine sull'ambiente, isolare il ritmo,
analizzarlo e manipolarlo.
2. Produzione: attività nuova che si aggancia la precedente e la amplia facendola maturare e permettendo nuove conquiste. Ad esempio: gli allievi inventa una canzone usando il ritmo
della canzone appresa precedentemente, lavorando sui risultati ottenuti isolando le strutture scelte.
3. Concettualizzazione: È il momento della ri essione necessaria per concettualizzare e formalizzare ciò che è stato appreso.si ricavano concetti, regole, che possono applicarsi in altre
situazioni. Ad esempio: si parte dalle canzoni inventati per ri ettere sulla struttura scelta e sulle motivazioni che le hanno originat
4. Veri ca: delle conoscenze apprese: per essere reale deve avvenire in un contesto operativo simile.
PIATTI: propone di articolare i progetti didattici basandosi su: esplorazioni, ricerca, animazione e sviluppi. Riconosce un progetto deve essere programmato ma ritiene che la programmazione deve seguire i
criteri di animazione e fantasia.progetti più ampi posso mettere in contatto la musica con altre arti e discipline.
10. L’insegnante ricercatore
L'insegnante deve sapere che il processo di insegnamento-apprendimento produce cambiamento nei confronti degli alunni e di se stesso. Egli deve porre continua attenzione a questi cambiamenti
per adeguare le proposte educative.
Dal cambiamento però e anche dall'assenza di cambiamento, possono nascere dei problemi:
- Didattici: legati all'apprendimento-di coltà ad acquisire nuove capacità o concetti.
- Riguardanti contesto più ampio del sistema scolastico e le politiche scolastiche come la programmazione, valutazione, distribuzione di tempi spazi, uso dei sussidi, modalità di lavoro.
La ricerca dell'insegnante ha un aspetto:
• intenzionale, comportamento cosciente e persegue uno scopo intenzionale e cosciente e uno:
• sistematico si comporta in modo opposto a un comportamento casuale o accidentale, usa mezzi e strumenti per raggiungere lo scopo,
Essa deve essere una risposta un problema esistente e da risolvere, se non vi è la ricerca non può partire.
Il ricercatore ha come scopo produrre conoscenza, scoprire ciò che ancora non si sa.
DE BARTOLOMEIS: sottolinea l'importanza della ricerca come metodo di apprendimento.
CARLSEN E MASSA: sottolineano che la ricerca deve produrre nuove conoscenze.
Le motivazioni alla ricerca possono provenire da tre categorie di problemi:
1. Problema direttamente osservato nella realtà scolastica e ci si interroga per risolverlo (osservazione che i bambini di cinque anni non sentono la conclusione di una frase tonale.)
2. Contraddizione tra fatti o conclusioni presentati da altri davanti a un'idea o teoria ci si trova davanti ha due scuole di pensiero post e ci si interroga su quale strada prendere analizzando i
problemi.
3. Un vuoto nella conoscenza, che fa nascere un problema da risolvere (capacità di riconoscere immediatamente l'altezza di un suono: qual è la sua natura? Come si sviluppa?).
Individuare un problema è solo l'inizio, il problema di partenza deve portare a chiarire lo scopo della ricerca: cosa vogliamo sapere e perché alla ne della ricerca stessa. Precisare lo scopo è fondamentale, dà
senso alla ricerca stessa.
Gli obiettivi del fare la ricerca sono:
• Esplorativi- come modo di ri ettere sul proprio lavoro per trovare nuove idee.
• Descrittivi-fornire un pro lo accurato di persone, situazioni, eventi che si vogliono descrivere.
• Esplicativi- per fornire spiegazioni di una situazione o problema attraverso nessi casuali
Prima di iniziare una ricerca è bene fare un esame bibliogra co speci co e critico per evitare di ricercare cose che altri hanno già trovato. La ricerca può essere sperimentale storica, osservative, comparativa,
tecnologica…
L'elaborazione di un progetto di ricerca prevede la scelta di metodologie, mezzi e materiali di ricerca in base al tipo di ricerca stessa.
CARLSEN: propone tre tipi di signi cato per aiutare a capire se la ricerca va nella direzione giusta:
- Quale signi cato avranno i fatti osservati nei confronti della teoria di partenza perché la ricerca abbia un reale signi cato questa teoria deve essere messa in discussione e migliorata.
- Quale signi cato la teoria rinnovato la nuova teoria assume come punto di partenza per nuove ricerche.
- Quale signi cato assume nei confronti di applicazioni pratiche, cioè come permettere di correggere le proprie attività per renderle coerenti con la nuova conoscenza.
È importante che gli insegnanti imparino a fare ricerca durante il periodo della formazione, in modo che essi poi introducano nella propria pratica didattica come metodo utile per l'apprendimento,
produzione e intervento degli allievi.
Ci si interroga sul perché le ricerche in campo musicale non abbiano ricaduta in campo didattico: forse perché gli insegnanti di musica non tengono conto del loro insegnamento dei risultati delle ricerche oppure i
ricercatori non si occupano dei problemi che interessano gli insegnanti.
PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO MUSICALE: STUDIA I CAMBIAMENTI CHE AVVENGONO NEL CORSO DELLA VITA, NELLA PERCEZIONE PRODUZIONE DI ALTEZZE, MELODIA, RITMO, TONO, ARMONIA,
STILE, FORMA.OGGI RICERCATORI INSEGNANTI SONO D'ACCORDO CHE GLI ASPETTI COGNITIVI SOCIALI E AFFETTIVI DELLO SVILUPPO NON POSSONO PIÙ ESSERE CONSIDERATI SEPARATAMENTE.

11. Dai metodi al metodo


METODI: proposta sistematica di procedimenti, strategie operative e materiali nalizzati all'acquisizione di determinate capacità.
Esistono diverse teorie, metodi, pratiche che ciascun insegnante elabora creando un proprio quadro di riferimento pedagogico-didattico basato sui principi educativi e presupposti didattici che guideranno la sua
pratica quotidiana. Questo quadro di riferimento è una griglia da seguire per l'insegnante con cui valutare qualsiasi nuova proposta come quelle date dei libri di testo.
Quattro metodologia dell’insegnamento:
1. Il problema della concezione pedagogica di fondo dell'insegnante e alla base della prima componente delle metodologia dell'insegnamento: si tratta di esplicitare su quale concezione di educazione
fl
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fl
ff
fi
fi
fi
ffi
ffi
fl
fi
fl
fi
fi
fi
fi
fi
ff
fi
fi
fi
fi
fi
ffi
fi
fl
fi
1. si radica il rapporto tra insegnamento-apprendimento cui libro di testo o metodo dell'insegnante fanno fede.
2. Seconda componente sono i protagonisti che prendono parte al processo di insegnamento-apprendimento. Che idea di relazione educativa traspare da un libro di testo o un metodo? Si presuppone la
presenza di soggetti, protagonisti capaci di pensare e proporre fare.
3. Terza componente è il contesto in cui si instaura questa relazione, in questo caso la musica come repertorio da eseguire di cui conosce le regole e evoluzione storica o come oggetto sonoro da
ascoltare.
4. Quarta componente è la programmazione: come farla cosa propongono i libri e i metodi.
L'insegnante di musica nel predisporre un'attività deve porre attenzione a più aspetti:

Uso degli strumenti L'ambiente: didattico per le attività musicali o contesto Cultura musicale giovanili, quanta importanza si Interdisciplinarità: scegli sette e un argomento a parte o tener
familiare agli alunni decide di dedicarci conto che la musica in stretto rapporto con la vita dell'uomo

METODI STORICI:
DALCROZE - 1865 1950
Si occupò di aiutare i suoi alunni a padroneggiare meglio le strutture musicali e fonda la ritmica come un modo di vivere con il corpo tale dimensione alla quale si aggiungeranno quella melodica e armonica. Aveva
quindi intuito il valore del corpo come mezzo privilegiato per vivere la musica.
La proposta nasce osservando i bisogni di apprendimento dei suoi studenti e dal desiderio di aiutarli
L'insegnante deve proporre, attivare, stimolare l'esperienza necessaria per far acquisire capacità agli studenti e adattare le proprie proposte alle esigenze, ai tempi di apprendimento alle capacità e età degli alunni.
Deve prestare attenzione e osservare i cambiamenti. L'uso dell'improvvisazione da parte degli alunni è un elemento fondamentale in questo metodo.
Gli obiettivi didattici del metodo sono:
1. SAPER CAPIRE: sperimentare attraverso il movimento e in un secondo concettualizzare i vari aspetti compresi. In questo modo egli vuole che si colga nei messaggi, signi cati e emozioni delle musiche
partendo dall'esplorazione corporea (intervalli, pro li melodici).
2. SAPER PRODURRE: esprimersi e comunicare usando l'improvvisazione motoria e gli strumenti prendendo spunto da qualsiasi cosa si voglia: un ritmo, melodia, emozioni, oggetto.nel produrre compreso
anche la produzione di brani vocali e strumentali.
3. SAPER PERCEPIRE: l'educazione dell'orecchio è sempre in primo piano inteso come canale necessario per un'esperienza profonda della musica, attraverso il corpo saper percepire il movimento.
I contenuti sono costituiti dalla musica colta del novecento dalle strutture musicali così come erano teorizzate all'epoca. Spetta ai posteri inserire altri repertori.
IL METODO E’ ATTIVO , dà spazio all'attività degli alunni, favorisce l'espressione individuale, dà valore a ogni iniziativa e promuove creatività e socializzazione, il lavoro di gruppo è fondamentale.
PRO E CONTRO: l'obiettivo didattico generale orientato all'apprendimento della teoria musicali e quindi una prospettiva musico centrica, ma l'uso del corpo, la libertà di espressione e l'attenzione
per lo sviluppo di altre capacità come concentrazione, memoria, attenzione lo rendono un metodo aperto che si presta essere attualizzato, sempre che gli insegnanti sappiano rinnovarne i contenuti.

ORFF - 1895 -1982


Parte dal desiderio di rendere facile ai bambini l'apprendimento della musica, mirata all'espressività personale e spontanea.aveva il desiderio di ritrovare le elementarità della musica.
Questo desiderio si scontra con la sua formazione di compositore che gli dà una visione estetica e stilistica della musica.
Il ruolo dell'insegnante e quello di proporre, attivare, stimolare l'esperienza, senza prestare troppa attenzione alle capacità già prossedute.
Le proposte contenute nel metodo sono mirate a obiettivi didattici generali come:
1. SAPER PRODURRE: nel senso sia di inventare sia di eseguire un brano usando oltre al movimento del corpo anche strumenti a percussione di vario tipo, pronti da usare, di approccio immediato o usare
collettivamente.
2. SAPER CAPIRE: limitata alla scoperta e al padroneggiamento delle strutture del linguaggio musicale usando la capacità percettiva.
3. SAPER PERCEPIRE: non è ne a se stessa ma funzionale all'attività musicale questa capacità.
4. CONTENUTI: OLTRE ALLE SUE PRODUZIONI ORFF PROPONE L'USO DI FORME ELEMENTARI COME IL RONDÒ E L'USO DELLA SCALA PENTA TONICA DI DO.
PRO E CONTRO: È più chiara la prospettiva musico centrica e predomina la dimensione tecnico-esecutivo della musica.
IL METODO E’ ATTIVO
Ù
KODALY - 1882-1967
È CONVINTO CHE SI DEBBA CONOSCERE IL PROPRIO PATRIMONIO MUSICALE POPOLARE E CHE QUESTO SIA LA BASE PER POTER INIZIARE A CAPIRE LA MUSICA. DÀ IMPORTANZA AL CANTO
PER LETTURA, SI LEGGE LA MUSICA CANTANDO ALLA SCUOLA MATERNA PER IMITAZIONE.DÀ IMPORTANZA ALL'ALFABETIZZAZIONE MUSICALE DOVE L'INSEGNANTE HA IL RUOLO DI
PROPORRE LE ALUNNI TUTTI GLI ESERCIZI NECESSARI PER RAGGIUNGERE LA CAPACITÀ DI LETTURA MUSICALE AUTONOMA
- Obiettivo didattico: saper cantare leggendo, dunque saper produrre e eseguire per lettura ciò che viene proposto dall'insegnante. Ai bambini l'attività di improvvisazione per consolidare la memoria melodica e
ritmica.
CONTENUTI: sono quelli del patrimonio popolare ungherese e composti da Kodaly stesso. Sono previste fasi di lavoro precise in base alla scansione di ogni lezione.
È UN METODO DI TIPO TRASMISSIVO-ADDESTRATIVO E A UNA PROSPETTIVA MUSICO SCIENTIFICA. NON PUÒ ESSERE CONSIDERATO UN METODO DI EDUCAZIONE MUSICALE RICCA E POLIVALENTE.
L'INSEGNANTE SE DÀ IMPORTANZA UNA RELAZIONE EDUCATIVA CHE CONSIDERI L'ALUNNO UN PROTAGONISTA E ATTENZIONE SUI BISOGNI E INTERESSI CAPIRÀ CHE NON PUÒ ESSERE VALIDO PER
TUTTI UN METODO CHE STABILISCA IN MODO RIGOROSO OBIETTIVI E CONTENUTI. OGNI INSEGNANTE CHIAMATA A INTERROGARSI SULLE SCELTE DI FONDO CHE DOVRANNO ORIENTARE LA SUA
PRATICA DIDATTICA ED ELABORARE UN PROPRIO QUADRO DI RIFERIMENTO

Tutti e tre i metodi risultano limitato in quanto non prendono in considerazione del rapporto musica-società e l'esperienza extra scolastica musicale degli alunni.
fi
fi
fi

Potrebbero piacerti anche