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Dimitris Argiropoulos, Essere interessanti: inter-essere nella/dalla pratica educativa.

La pedagogia speciale ha allargato lo sguardo, le considerazioni,le pratiche educative


includendo nei percorsi di educazione, strutturata e non, gli esclusi. Ha esteso le condizioni
e persone destinate alla perdita poiché portatori di patologie e di condizioni sociali non
conformi a maggioranze e a sistemi amministrativi formali e informali. Ha dato importanza e
valore a persone che sono divenute al centro dell'interesse, gli attori principali della
pedagogia dell'educazione, nelle comunità e società, e per questo persone che hanno
interessato la nostra umanità e due percorsi per raggiungerla. La pedagogia speciale
indirizzata, volta le tue capacità delle persone in condizione di disabilità e di disagio-
svantaggio, individuale, comunitario e sociale talvolta di svantaggio sociale estremo. Una
delle caratteristiche sostanziali indispensabili della pedagogia speciale è la complessità.
Edgar Morin la definisce come un tessuto composto da elementi eterogenei ma allo stesso
tempo inseparabilmente associati, in modo da porre il paradosso esistente tra l'uno e il
molteplice. Districare i nodi diventa elemento costitutivo della pedagogia e della pedagogia
speciale in uno continua dove lo snodar e permette di riannodare del conosciuto del
conoscibile nella prospettiva del fare educazione del cambiamento delle cose. Ogni
elemento della complessità deriva dalla relazione e dall'interazione con altri elementi,
isolandone uno si rischia di perdere il senso sia di quel particolare singolo elemento sia
dell'insieme in cui è inserito. L’ipersocializzazione ci indirizza ad accrescere e potenziare le
nostre attenzioni ogni volta che un elemento particolare, del complesso "copre" il complesso,
rischiando di prevalere sugli altri elementi e sulle tessiture. La conoscenza è un fenomeno
multidimensionale, nel senso che essa è inseparabilmente, fisica, biologica, celebrale,
mentale, psicologica. L'atto di conoscenza quindi non può essere dissociato dalla vita
umana e dalla relazione sociale.Secondo l'approccio della complessità diviene necessario
ripensare all'intervento educativo come intervento complesso, in cui è richiesta la capacità di
individuare i bisogni educativi secondo vari punti di vista e cambiare le prospettive di
intervento secondo il modello più adeguato in relazione alla situazione. Questa
strutturazione meta-teoretica è resa possibile da ciò che viene definito aspetto transitivo
della scienza.Nell'approccio dèlla pedagogia speciale è i necessario tenere conto

delle possibilità e della complessità del sistema "mondo reale" che non può essere ridotto o
compresso in una serie di descrittori, derivati solamente da metodi analitici. In relazione alla
disabilità occorre considerare la complessità adottando una pluralità di sguardi, deinamente
e dinamicamente puntati alle complessità dell'interazione tra l'educanda e le sue
caratteristiche individuali, dentro e con il suo ambiente sociale, come costruzione di una
identità, sia intesa come identità personale/individuale che come costrutto associato sociale
Il senso educativo e la sua produzione vogliono gli educatori proiettati oltre una visione che
fissi il mondo in modo lineare o monocromo, in cui problemi semplici abbiano soluzioni
semplici. La complessità, in ambito di pedagogia speciale vuole e indirizza l’educatore al
cambiamento alla mutevolezza e alla non prevedibilità, elementi questi sistemi dinamici
dentro i quali si opera ed entro il quale la certezza è fornita solo da una visione artificiale del
mondo.Interessati dall'educazione, e come educatori orientati a indagare quelli che sono i
bisogni educativi della persona, dell'individuo siamo interessati dalle teorie e dalle pratiche
dell’educazione che si accostano a varie discipline. Siamo interessati dalla necessità di
rispondere con proposte educative, e non solo, ai bisogni educativi, scoprendone le
particolarità e le similitudini, affermando the non esistono persone ineducabili e nello stesso
tempo che non esistono contesti immodificabili. È proprio dall'evoluzione storica dei pensieri
e delle azioni pedagogico-educative che è possibile individuare le attuali teorie dei nostri
approcci e agire inclusivo.Itard medico e pedagogista presso un istituto per sordomuti a
Parigi nel corso della sua carriera incontrerà Victor, un fanciullo che fino a quel momento
aveva vissuto nei boschi stato selvaggio, in totale assenza di una qualsiasi presenza umana,
ed era quindi cresciuto con l'elevata privazione cognitiva e sociale che aveva causato danni
permanenti. Pose le prime basi della pedagogia delle persone con disabilità. Solo in seno
alla società l'uomo può trovare il ruolo eminente che gli spetta per natura e sarebbe senza la
civiltà degli animali più deboli e meno intelligenti.L'attenzione etica alle conseguenze
coinvolge riguardi rapporti interpersonali ma anche il dopo, il futuro delle relazioni e delle
relazioni educative soprattutto. La responsabilità nelle relazioni educative esige di pensare
gli est della relazione stessa, le conseguenze del nostro agire. Se la vita fosse
principalmente azione-relazione di rapporti interpersonali piuttosto che un'esperienza
fondata su prestazioni tipologicamente predeterminate e sistematicamente incluse nella
dimensione competitiva, che privilegia non

i contenuti e i significati dell'azione del compiute ma i loro tempi di esecuzione e la loro


efficienza di realizzazione, allora la diversità di cui sopra, ben lungi dal favorire fuorvianti
classiche e spietate bocciature, mostrerebbe la straordinaria molteplicità delle maniere
umane di agire le azioni e di vivere la vita. L'obiettivo di Itard non è di studiare una
determinata serie di fenomeni: imposta e creare un processo che educativo, avvia una
relazione educativa, il tessuto di durata con teorie e con la sperimentazione. L'uscita
dell'istituto divenne occasione per Victor di conoscere Madame Guèrin, donna e governante
di casa Itard che diventa per lui importante riferimento di cura e di educazione. Ci vogliono le
esperienze che devono confrontarsi con le ricerche. Uno degli obiettivi del "trattamento
morale" di Victor, che aveva come obiettivo quello di rendergli sopportabile la vita sociale,
derivava da un calcolo egoistico ed è la sua onestà intellettuale che gli permette nel corso
del tempo la modifica e la reimpostazione degli obiettivi della sua articolata proposta
educativa. La neutralità nella prassi educativa è di difficile, quasi impossibile ottenimento.L’
Educazione è coinvolgimento di implicito interesse, presuppone scelta e coerenza di
percorso. L'educazione impegna e l'impegno educativo con le persone con disabilità richiede
ascolto e rispetto, comprensione dei loro bisogni, conoscenze delle loro abitudini e
concentrazione delle loro situazioni, accertamento critico e vigile dei percorsi agiti.Sèguin
individua nell’esperienza sensoriale le possibilità di sviluppo delle capacità cognitive, ma,
come ulteriore analisi, individua anche un principio di subordinazione di esse alla volontà
dell'individuo e alla sua socievolezza , caratteristiche queste che dovrebbero essere al
centro dell'intervento educativo• Un suo grande merito è quello di aver precisato i compiti
dell'insegnante, rispetto a nozione e ragionamento. La prima è derivata dalla percezione, e
quindi facilmente indotta dall'insegnante, mentre il secondo è dipendente dall'intelletto, di
conseguenza l'educatore può solo creare condizioni favorevoli e facilitanti.Fra i principi
enunciati da Séguin che guidano l'intervento educativo, troviamo la progressione
dell'apprendimento, ovvero il procedere dal conosciuto allo sconosciuto, dal semplice al
complesso e dal concreto all'astratto, La sua attenzione al contesto socioculturale del
paziente e la sua criticità verso il paradigma medico gli fanno dichiarare che l'idiozia è come
uno stato di abbandono sociale culturale e non come una malattia. Afferma l'educazione
come trattamento morale e gli strumenti per l'autonomia e la realizzazione della persona con
disabilità
mentale. Afferma il rapporto tra teoria e prassi e la revisione strategica degli interventi di
sviluppo di nuovi fondamenti operativi, riconoscendo le peculiarità dei suoi allievi.Séguin
istituì in Francia e negli Stati Uniti d'America diversi centri per la formazione e l'educazione
di persone con disabilità mentale. Hanselmann ha indagato e a posto l'accento sul concetto
di normalità, andandosi a domandare dove e come questa effettivamente esista, ma
soprattutto che ciascun individuo che si pone nella ricerca e nell'azione degli obiettivi o degli
scopi della pedagogia speciale debba porsi lo stesso quesito. Individua gruppi di cause
biologiche e sociali che determinano possibili arresto dello sviluppo del bambino e sviluppò
quella che viene definita pedagogia curativa, come scienza capace di assumere la sua
indipendenza rispetto alle scienze mediche, nel cui ambito aveva trovato il suo proprio
sviluppo.La pedagogia di Pestalozzi, che influenza l'azione e le intuizioni di Hanselmann, è
stata fortemente influenzata della pedagogia della speranza di origine rousseauiana,
Pestalozzi individua nell'uomo tre diverse strutture artefatte, il naturale, il sociale ed il
moraie, individuando di conseguenza tre possibili modalità di azione educativa, attraverso la
natura, la società e l'azione dell'uomo. Importante, anche per lo sviluppo teorico di
Hanselmann, è il riconoscimento da parte di Pestalozzi del progredire dell'evoluzione
naturale e sociale dell'individuo verso un 'evoluzione anche morale, e che queste non
possano avvenire attraverso una educazione metodica e didattica.Hanselmanp afferma la
necessità dell’educazione di sviluppare le capacità intellettuali, pratiche e morali
dell’individuo finalizzando l'intervento educativo a tre aree: pensiero, sentimento e azione.
Jean-Ovide Decroly Sosteneva che fosse possibile strutturare un intervento educativo
individualizzato, che permettesse sia di rispettare i diversi tempi della crescita di ciascun
fanciullo che di rispettare «gli atteggiamenti affettivi e cognitivi tipici della mente infantile» È
interessante osservare come il percorso della ricerca di Decroly si sia sviluppato similmente
a quello di un altro importante esponente dell'attivismo pedagogico europeo, Maria
Montessori.La ricerca di Decroly permette di individuare la presenza di bisogni educativi
peculiari a ciascun bambino, entrando in contrasto con le teorie scolastiche maggiormente
diffuse all'epoca, in cui era prevista una forte omogeneità e uniformità dei programmi.In Italia
il primo sviluppo della pedagogia speciale viene attribuito a Sarite De Sanctis , medico e
neuropsichiatra infantile. È il primo a fondare un istituto per l’educazione e l’istruzione per
minorati psichici sul territorio italiano . Individua un ruolo educativo

estremamente importante nel lavoro, come strumento di futura integrazione sociale per il
bambino con deficit cognitivi.Per De Sanctis è fondamentale la verifica sul campo delle sue
teorie e pone in essere un insegnamento individualizzato secondo i bisogni educativi del
fanciullo, tutti elementi di grande novità per le teorie pedagogiche dell'epoca in ambito di
disabilità. La Montessori riconosce nel lavoro svolto da Itard un profondo rigore scientifico
nell'agire educativo, soprattutto per le relazioni che vi si intessono tra stimolo educativo e
risposta cognitivo dell'educato. Nella prima parte il suo percorso di ricerca, è interessata a
quella che viene definita pedagogia emendativa, cioè un assetto pedagogico che intende
correggere quelli che sono gli aspetti del futuro ritenuti anomali attraverso appositi metodi e
strumenti che vadano a lavorare sui bisogni specifici dell’infante in esame. La pedagogia
scientifica sarà poi conosciuta come metodo Montessori. Si emancipa dal determinismo
positivista che soffoca la ricerca di quello che lei definisce lo spirito del bambino, andando
ad individuare nell'educazione non solo la necessità del recupero fisiologico, ma anche il
recupero di tipo morale ponendo particolare attenzione alle potenzialità del bambino. Indica
chiaramente come non esista un'educazione separata per i bambini disabili, bensì percorsi
particolari, ma sempre a contatto con la realtà sociale in cui sono inseriti, andando a
cancellare il principio di divisione supportato nella prima parte della sua ricerca. Secondo la
Montessori l'osservazione del comportamento del bambino con disabilità permette di
riconoscere comportamenti che per estensione sono di tutti i bambini.Centrale per la
pedagogia montessoriana è l'autonomia, l'imparare facendo, l'autocorrezione dello studente.
La relazione educativa rimane l'indotto più potente nelle mani degli educatori e degli
insegnanti: la relazione asimmetrica, che si trasforma in simmetrica, i suoi poteri, che si
trasformano in potenzialità sono attenzioni costanti e oggetto della pedagogia. La disabilità e
i suoi svantaggi porta l'attenzione all'esame dei collegamenti pregiudiziali sull'handicap e alla
necessità di approfondire il processo cognitivo che partecipa alla formazione,
consolidamento e mantenimento dello stereotipo nei confronti della disabilità stessa. Il
processo cognitivo che struttura la formazione delle rappresentazioni sociali, implica il
consolidamento di immagini legate alle varie categorie di appartenenza della persona con
disabilità che potrebbero investirlo e collocarlo nelle estraneità, nelle lontananze comunitaria
sociali, nel confino eretico e disinteressato. Nei processi educativi, questo comporta una
scelta importante indispensabile per

l'educatore che dovrebbe partire da sé per evocare, rivisitare, indagare e modificare la


propria rappresentanza sociale di fronte a un avvenimento diverso e insolito.Secondo Tajfel
infatti gli stereotipi si insinuano nel processo di categorizzazione per mettere ordine e ridurre
la complessità del lavoro cognitivo.Per Allport i concetti e le categorie, associati a cariche
affettive, sono necessari per la conoscenza comune, per ridurre la complessità del mondo ai
minimi termini, ma concorrono alla creazione di pregiudizi e conflittualità tra i gruppi sociali Il
vero effetto del pregiudizio 'è quello di porre il suo oggetto in condizione di svantaggio, di
inferiorità sociale. Il pregiudizio si materializza in diverse forme:. attraverso la Diffamizione,
l’impedimento del contatto, la discriminazione, la violenza fisica, fino a culminare nello
sterminio progressivo e incentivato aumento di aggressività e violenza.I valori personali
orientano la categorizzazione, facilitano l'introiezione dei fatti che ci circondano. Tutti i gruppi
di minoranza occupano posti di marginalità e sono forzati a considerare i valori della
maggioranza dominante come riferimento a cui tendere per adeguarsi: questo comporta lo
sviluppo di un senso di frustrazione insicurezza e conflittualità perdente. Goffman tratta
esplicitamente e provocatoriamente il tema della diversità,rappresentata dallo Stigma che gli
altri sono costretti ad indossare ed esibire, stupendo la discriminazione dei normali. L'autore
inizia la sua riflessione dichiarando che durante la storia, ci sono stati dei cambiamenti nel
tipo di minoranze che suscita ribrezzo e preoccupazione. Sono i contesti sociali e stabilire
quale tipo di categoria di persone si può incontrare. È così possibile stabilire sia l'identità
sociale attuale di chi dimostra di possedere i requisiti richiesti dalla propria categoria sociale,
sia l'identità sociale virtuale che si proietta sul soggetto in base a quelli che dovrebbero
possedere. Il termine Stigma viene riferito ad un attributo profondamente dispregiativo. Lo
stigmatizzato, di reazione, cerca diverse strategie per sopravvivere nella società: prova ad
eccellere in attività che il proprio Stigma renderebbe proibitive, occulta e maschera se
possibile i simboli della propria diversità.Il pregiudizio dell'altro incide sull'aumento del senso
di appartenenza interno al proprio gruppo di riferimento. Gli stereotipi culturali vengono
tramandati nei passaggi generazionali e si rinnovano nei tempi del vissuto, alimentando le
violenze soprattutto in tempo di crisi e di carenze di risorse .Pregiudizi e stereotipi sono
costrutti culturali e la parola, il discorso,è il luogo che veicola gli stessi nella società.Il
pregiudizio è un potere agito subito, chi lo esercita allo stesso tempo lo
subisce nei termini di una riduzione della possibilità di com-prendere la realtà: il potere del
pregiudizio consiste in un'azione limitante, attiva e passiva.Il pregiudizio sull'handicap invece
è espressione di un sistema simbolico che alimenta la cultura dello scarto.La rigidità di
pensiero impedisce di percepire la persona con disabilità nella sua totalità e ne coglie solo
un frammentoConsiderare gli altri inferiori e "diversi", aumenta la legittimazione dell'esercizio
del potere nei loro confronti. L'handicap rappresenta una sorta di resistenza all'educazione,
un impedimento allo sviluppo complessivo della persona. Il pregiudizio maggiore
sull'handicap e considerare le persone con disabilità quasi uomini: come se il renderli meno
uomini facilitasse la loro marginalizzazione e discriminazione, permettesse di scartare un
frammento insignificante quanto in comprante. Sospendere il giudizio, importantissimo nella
pratica educativa, adottare atteggiamenti di comprensione, togliere lo sguardo dallo Stigma,
dotta le prassi educative, prassi che si possono apprendere, significando quel prendersi cura
dell'altro con interesse, I Care, che tracciano i percorsi dell'inclusione sociale.Liberarsi dal
pregiudizio, significa abbandonare non solo gli atteggiamenti discriminatori e di superiorità,
ma anche quelli pietistici e compassionevoli.Vygotskij che indica il concetto della
compensazione: la cognizione dell'individuo riguardo la propria inferiorità e l'autostima, nella
condizione sociale in cui si trova, diventa la forza principale del suo sviluppo psichico. Ciò
comporta che il contesto socio-culturale in cui la persona con handicap nasce e vive, incida
sul suo sviluppo mentale. La forza dinamica del processo educativo si rispecchia nella
dialettica difetto- sovracompensazione • «Il concetto di compensazione come forma
principale di un simile sviluppo introduce il concetto di orientamento verso il futuro, e tutto il
processo, nel suo insieme, si presenta come un unico processo, che si sviluppa in avanti per
necessità obiettiva diretto verso il punto finale delle esigenze dell'essere sociale. Non il
deficit in se stesso decide le sorti della personalità, ma le sue conseguenze sociali, la sua
realizzazione socio psicologica. In relazione a ciò per lo psicologo diventa indispensabile la
comprensione di ogni atto psicologico non solo riguardo al passato, ma anche riguardo al
futuro delle personalità. La prospettiva del concetto della compensazione e insieme storico-
culturale, dinamica e evolutiva. Ci rimanda, nel processo educativo, al concetto della zona di
sviluppo prossimale e si riferisce alla distanza possibile tra il livello di sviluppo effettivo di un
bambino e il livello di un suo sviluppo potenziale.

In questa impostazione prospettiva l'operato dell'educatore si dinamizzare, creando le


condizioni che gli permettono di cogliere le zone di sviluppo prossimale per favorire la
crescita e l'evoluzione dinamica del bambino e del bambino con deficit, diventa più
interessante, attraente e coinvolgente. Il pregiudizio si combatte con lo sviluppo della
pedagogia e delle scienze dell'educazione. La condivisione delle buone prassi e dei
successi, nonché la continua formulazione gli educatori, porta ad una circolarità di nozioni e
informazioni tra esperti, educatori e non, del campo formativo. L'educatore è chiamato a
capire le differenze, senza avere la pretesa di cancellarle, riconoscendo nell'altro comunque
un valore. Il lavoro educativo diventa la scelta.Il paradigma olistico/costruttivista nell'ambito
della pedagogia speciale può permettere di afferrare la complessità e agire. E si potrebbe
considerare in questa anche la prospettiva coevolutiva che <<implica una concezione di
rapporto educativo come coeducazione di soggetti> dove l'educatore impara dall'educando
quali dovranno essere i passi successivi del processo educativo e l'educanda è un
interlocutore attivo.L’ educatore è una sorta di "regista" che cura le condizioni istituzionali e
relazionali perché i suoi interlocutori, gli educandi, possano autogestire le proprie esperienze
di apprendimento. Liana, è (ed incarna) il paradigma di una prospettiva rovesciata relativa
alla cristallizzazione ed etemizzazione di chi affronta una collocazione "obbligatoria" per una
condizione di appartenenza che trova nascendo Utilizza il dispositivo della scuola della
formazione per mobilitarsi socialmente. Liana diventa comunità attraverso la parola, lo
scrivere e la sistemazione di un pensiero pedagogico- educativo in una prospettiva di
coevoluzione, dove l’io-noi si completano trovano strade di comunicazione, di accordi di
speranze. La conoscenza come co-essere è elemento collante e mediatore della comunità.
Si educa la persona, ovvero un insieme di relazioni. Persona significa volto, indica
l'espressione plurima di significato condivisibile e condiviso ed evidenzia la nostra identità
plurale.Liana diventa testimone, responsabile e respirabile di insegnamenti profondi che
segnano le nostre resistenze. RiVisitare don Gnocchi e soffermarci a pensare che «non
esiste il tipo umano universale:, ma ogni individuo è un caso a sé stante, con fenomeni
propri, con sviluppi e complicanze assolutamente.originali e che ci permette di rivisitare le
parole e i termini della descrizione qualificandola nelle relazioni con una condizione umana
costretta ad affrontare limiti che diventano, sono i limiti delle nostre relazioni.

1.Don Carlo Gnocchi: Il cammino pastorale, educativo ed umano.

Nasce nel 1902 da una famiglia modesta.Nell’anno Santo 1925 riceve l’ordinanza
sacerdotale.Il vissuto di don Gnocchi è attraversato"da guerre, dittature e ideologie che
hanno scatenato violenti conflitti.Don Gnocchi diventa educatore all'Istituto «Gonzaga» .
Siamo nell'epoca fascista, contrassegnata da distinzioni anagrafiche scolastiche
obbligatorie, ogni categoria alla sua divisa da indossare a scuola il sabato, chiamato sabato
fascista. Don Carlo ci dà testimonianza che il balilla è rispettoso verso l’ educatore: la
domenica i ragazzi vanno alla Santa messa insieme, regna la disciplina; ma con il passaggio
dei ragazzi alla sezione a quanti avanguardisti la collaborazione cambia molto. Il ruolo di
educatore spirituale era stato concepito dalla gerarchia della Chiesa cattolica tramite il
fondatore e rettore dell'Università cattolica, padre Agostino gemelli. Come educatore dei
Gruppi Universitari Fascisti, nel 1934 Don Carlo pubblica il libro ‘andate e insegnate’, una
raccolta e 19 testi di brevi conferenze: si rivolge all'intero corpo, spirituale e laico, operante
al tempo nell’ambito degli oratori milanesi.’ Preparare gli educatori della nostra gioventù è il
problema assillante di chi ha e sente la responsabilità di formare lo spirito veramente
cristiano delle nostre generazioni.’ Quando ottiene la direzione spirituale dell'istituto
Gonzaga approfondisce ogni aspetto del problema educativo e ne fa sintesi nella prima
pubblicazione "educazione del cuore", un testo indimenticabile, nel quale educatore ha fatto
confluire la sua lunga esperienza e descrive come da educatore si fa discepolo, che mentre
insegna verifica se stesso. Don Carlo ci esorta all'amore per la natura del volontariato, ci
chiede di proporre il bene ma non censurare il male, senza pietismi, lontano da una moralità
piatta e borghese. Qui l'educatore all'ordine di incontrare regolarmente madri e padri degli
allievi, tutti di ceto elevato, sa scuotere le loro anime per cercare di includere nelle loro menti
la razionalità.Riteneva che il bravo educatore dovesse analizzare, meditare curare le
devianze dell’allievo, prima che fosse troppo tardi. Don Gnocchi decise di farsi cappellano
militare volontario per il fronte greco-albanese con i suoi allievi. Per padre Gemelli
l'educazione consisteva nel mettere nella testa dell’allievo le sue sagge idee senza tenere
presente il libero pensiero del soggetto, per cui esigeva totale obbedienza ai suoi principi.
Diverso il pensiero di don Carlo: egli riteneva che il compito dell’ educatore fosse di fare
venire alla

luce la potenziale intelligenza nascosta dell’individuo, senza limitare la sua libertà di


pensiero. Il proposito di don Gnocchi, era di aiutare i giovani a crescere liberi e responsabili,
capaci di vivere nella società, convinto che l'educazione e l'istruzione fossero le basi per la
vita serena di un popolo.Don Gnocchi, educatore di profonda conoscenza psicologica del
cuore umano, intelligente e attivo, pronto a donarsi al prossimo senza limiti, ma distante
dalla pretesa obbedienza, voleva lasciare la libertà di pensiero al soggetto. Il profondo senso
educativo di don Gnocchi partiva dalla realtà dei giovani, nel passaggio dalla fanciullezza
all'adolescenza e alla giovinezza, all'orientamento verso l'altro sesso, alla meta del
matrimonio, alla famiglia, ai rapporti tra la famiglia, la società e il mondo, per costruire una
gioventù matura per affrontare la vita.

2.Don Gnocchi cappellano militare sul fronte greco-albanese

Fu il clima fascista e l'amore di patria, nell' ambi del cattolicesimo, a spingere don Gnocchi,
dopo la perdita d madre, a diventare cappellano degli Alpini, prima in Alban' poi in Russia. A
portarlo a quel ruolo era stata la volontà di svolgere il s apostolato fra i suoi ragazzi. Don
Primo Mazzolari amante della giustizia e amico dei poveri, pronta da alzare la voce contro la
demagogie a, dalla fede ricevete sempre la forza per vivere e trasmettere serenità e
fratellanza. Nel 1943-1945 partecipò attivamente alla resistenza, fu sempre voce critica del
mondo cattolico.Fra don Mazzolari e don Gnocchi, oltre all'amicizia, vi era profonda e
reciproca stima .Il libro 'Dio è tutto qui. Lettere di una vita, la cui ottima scrittura rende merito
alla grande opera. Sono lettere coinvolgenti, indimenticabili, meritano veramente d'essere
segnalate e riproposte per estenderne la conoscenza: è un'eredità preziosa. Si tratta di
scritti che mettono in luce tutto il suo impegno religioso, morale e civile e tutta la forza
d’animo.Le lettere, oltre all'amara realtà del conflitto bellico, danno testimonianza della
indescrivibile povertà, della vergognosa ignoranza, dell'analfabetismo in cui era tenuto il
popolo, suddito dello Stato, del potere, della Chiesa e della dittatura. Al fronte, il suo compito
non era solo quello di cappellano ma di padre tra i figli in armi in terre lontane, fra dune
sconfinate, dalle lettere in arrivo in partenza erano per lui e per i suoi alpini l'unica ragione di
vita, fra il gelo e gli spietati combattimenti.Dalla forza della sua fede, nasce in lui la volontà di
dare aiuto morale a chi ha perduto un figlio, agli orfani e ai mutilatini, ai piccoli innocenti,
durante il calvario che dovevano sopportare per potere guardare al futuro. Grande è stata la
forza d'animo che lo ha sostenuto.

3.Don Gnocchi nel dopoguerra

Il 12 ottobre del 1948 nasceva a Milano la «Federazione Pro Infanzia mutilata», Fondata da
don Gnocchi come organismo di coordinamento tra le varie Istituzioni che si interessavano
di mutilati di guerra, ma senza l' adesione della «Congregazione degli Orionini di Milano». La
fine della collaborazione tra le due diverse realtà sanciva inoltre il divario tra assistenza e
riabilitazione. Il suo obbiettivo finale era quello di giungere alla riabilitazione necessaria e
alla gestione personale e autonoma di ciascun mutilato. Aveva «una concezione armoniosa
e vitale della società umana», immaginava un mondo in cui ciascuno «trovi e mantenga il
posto assegnatogli dalla natura e, godendo della sua libertà e dignità personale, entri a far
parte della grande famiglia umana>>, per il bene comune. Voleva fosse il richiamo dd cuore
e.della propria coscienza a portare le persone al traguardo della fede. Vero educatore,
voleva che dietro ogni decisione ci fosse una coscienza riflessiva per avere solide radici tra
vita, responsabilità, pensiero e azione, voleva un impegno capace di dare cultura e
maturazione umana responsabile. La sua coraggiosa opera di lotta al dolore innocente
diventerà il suo fondamentale messaggio e il suo principale impegno. Il merito di don
gnocchi come operatore è stato quello di convincere la società lo Stato a compiere il loro
dovere a favore e a servizio della vita. Sempre nel 1946 inizia anche la collaborazione con i
fratelli delle scuole cristiane fondati da De La Salle. Educatore e sacerdote e
coraggioso,Guidato dalla grande fede, nel 1948 prese iniziativa di presentarsi al quirinale
con un gruppo di mutilatini, di fronte al presidente il consiglio e al sottosegretario per
chiedere aiuti di Stato.Don Gnocchi, di indole indomita, sempre in movimento, instancabile
educatore e promotore di moderna carità, donata con spontanea generosità, sempre
cercava attraverso il programma educativo, Dio e l'uomo, tanto che i due valori divennero un
insieme indivisibile, fatto di dedizione, etica e amore. Fu mirabile la tenacia con cui don
Gnocchi si adoperò .Don Gnocchi fu un anticipatore: in breve tempo i suoi Istituti furono
presenti in tutta Italia, che fu la prima tra le nazioni europee a provvedere ai bambini con
disabilità indotta dalla brutalità della guerra. Nel giro di pochi anni si aggiunsero nuovi
Collegi, mentre già si pensava alla posa della prima pietra di un Centro Pilota, destinato alla
cura e alla ricerca scientifica, da realizzate a Milano. Con una convenzione stipulata tra Don
gnocchi e il ministero dell'interno, marzo 1949, la struttura di Parma venne assegnata

alla cura riabilitativa post-bellica dei minori, sia vittime dirette della guerra, sia delle sue
conseguenze come degli ordigni inesplosi.Nella sua relazione aveva descritto il suo progetto
di "collegio aperto’, verso la città ospitante, con cui intesseva relazioni, inserito inoltre in una
rete di collegi: oltre a1 locali per la terapia, voleva ambienti adatti alla lungo degenza, altri
per la costante assistenza educativa oltre che rieducativa, per l'avviamento al lavoro.Così la
struttura di Parma iniziò la sua attività con una scuola interna, riconosciuta, con insegnanti di
culto retribuiti dallo Stato,mentre i Fratelli della Comunità Lasalliana si dedicavano con
serenità all'assistenza educativa e all'insegnamento della religione. Morì nel 1956 L'abilità
dell'educatore sta nel fare capire al soggetto in condizione di disabilità che gran parte del
merito del recupero, e del progresso verso l'autosufficienza, è personale. La riuscita e
1'autonomia dipendono molto dalla volontà del soggetto. Oggi nei Centri Don Gnocchi, al
posto dei giovani pazienti• entrano persone della terza età che hanno bisogno di
riabilitazione motoria, ortopedica, neurologica, cardiovascolare. La scuola del Fratelli
cristiani nasce in Francia alla fine del Seicento,ad opera di fratello Giovanni Battista De La
Salle, Fondatore dell'omonima congregazione. Iniziò subito dopo gli studi adoperarsi per
l'istruzione l'educazione dei fanciulli delle classi popolari, il suo lavoro venne presto notato e
lui subito richiesto in varie città. Questi fratelli apriranno la scuola alle masse, da sempre
dimenticate dalle istituzioni, insegnavano ai loro allievi a credere nell'amore, gli affetti, delle
opere e ad avere orrore del peccato. Questo fenomeno nuovo portò l vita della scuola a
crescere nel tempo. Ai fratelli furono assegnati locali già delle suore benedettine e
trasformati poi secondo loro necessità con il nome di "Istituto Sant'Alessandro". Esso era
una scuola gratuita per i poveri verrà chiamato Casa della provvidenza , istituto ha
continuato ad operare in quella sede fino al 2009.

4.Don Lorenzo Milani: L’opera pastorale, educativa e umana

All'inizio del secolo scorso non esisteva l'obbligo scolastico e nelle campagne
l'analfabetismo era esteso. Questo prete maestro definiva la mancanza di cultura come
l'estrema povertà dell'uomo, e quella mancanza su di me ha sempre pesato più del duro
lavoro. Il popolo allora era lasciato a sé stesso, soprattutto nelle campagne, dimenticato dai
diritti e dai libri di storia come se non esistesse, ma "usato" in pace e in guerra1come merce
senza valore. Lorenzo Milani nasce a Firenze il 27 maggio del 1923 da una famiglia
borghese di altissima cultura, in cui non mancavano le persone di servizio.Cosa abbia
acceso la fede in don Lorenzo resta un mistero. Per il giovane, i borghesi e gli intellettuali
erano chiusi in un mondo sterile, vivevano e camminavano lontani dal popolo e dalla
giustizia sociale. Nelle sue profonde meditazioni, riflette a lungo sulla condizione della
famiglia in cui è nato, e fa un confronto con quella del fattore Adolfo, analfabeta da
generazioni, come sulle altre famiglie tutte analfabete che lavorano nella tenuta agricola di
Montespertoli per mantenere i plurilaureati Milani: l'estrema povertà materiale e culturale dei
contadini viene da lui ritenuta una vergognosa ingiustizia sociale.Poco dopo l'incontro con
don Bensi, nel 1943, all’ insaputa dei genitori,Lorenzo riceverà la cresima del cardinale Dalla
Costa nella sua cappella privata: Don Bensi sarà il suo padrino.Lorenzo entra in Seminario a
vent'anni ed è ordinato sacerdote a ventiquattro, nel 1947. Si può dire che don Milani sia
stato un esempio: ha servito Dio, la Chiesa e l'uomo, ha fatto la differenza tra gli uomini di
Chiesa, tra chi predica soltanto il Vangelo e chi lo mette in pratica.Per molti don Milani è
ancora vivo, ancora insegna, continua a fare scuola; tanti sono i funzionari della Pubblica
Istruzione che hanno capito che Lettera a una professoressa non era contro di loro, ma si
trattava di un richiamo che voleva aiutarli a migliorare metodi e programmi scolastici affinché
si prendessero cura degli ultimi A San Donato il giovane prete trova un popolo assente che
vive tra povertà e apatia, in maggioranza lavoratori della terra a contratto mezzadrile e
ragazzi di 10-11 anni, a volte anche più giovani, impiegati come garzoni sfruttati, giudicati
soggetti inferiori per l’ignoranza che si portavano addosso. Quei ragazzi avevano sì e no la
licenza elementare e i loro genitori erano in maggioranza analfabeti, per cui si portavano
dietro un pauroso vuoto culturale. Capiva che l'obbligo scolastico non dava buoni frutti: gli
ultimi della società venivano sempre rimandati per arretratezza o bocciati, definiti ragazzi

senza intelligenza, razza inferiore, ragione per cui essi poi abbandona- vano la scuola dalla
quale erano stati abbandonati. L'abbandono scolastico venne definito "mortalità
scolastica" .A suo giudizio mancava una scuola sociale, seria, capace di coinvolgere tutto il
popolo. Subito, dunque, fonda la scuola per aiutare quei ragazzi lasciati a se stessi, senza la
possibilità di riscattarsi e si fa critico verso le istituzioni scolastiche e le attacca con parole
forti.La vede tradire il suo compito, non la ritiene impegnata a trasmettere ai ragazzi la
conoscenza, la capacità di vivere-fraternamente nella società, la vede invece agire come se
avesse avuto l'impegno categorico di tenere i poveri all'ultimo posto della scala sociale,
eterni adolescenti, ignoranti e dormienti.Si fa maestro per acculturare i parrocchiani; fu lui
l'impegno sacerdotale, quello educativo e la giustizia sociale si fanno una sola cosa,
diventano amore, ragione di vita e non gli danno più tregua: vuole aiutare il suo popolo a
ogni costo, vuole farlo sovrano prima di farlo cristiano.Don Milani fonda la scuola, ritenendo
che solo quella può costruire la coscienza responsabile del suo popolo.È scuola laica,
perché il suo intento è di togliere le divisioni ideologiche nel popolo e di fare sedere sugli
stessi banchi demo- cristiani e comunisti, ragione per cui vuole la porta della canonica
aperta a tutti senza distinzioni. Come operatore scolastico riteneva necessario preparare i
ragazzi ad affrontare la vita e che l'educatore, per svolgere il suo compito, non dovesse
essere necessariamente cattolico e tantomeno legato a un partito, ma dovesse essere un
intelligente cultore dell'etica, capace di collaborare con tutti, anche con i più ribelli, un tutor
fraterno ma esigente nell'impegno e nel reciproco rispetto.Don Milani, prete che sapeva
camminare avanti ai tempi, capiva che solo straordinarie forze innovative potevano
recuperare l'etica, la morale, e la giustizia sociale,.aSSenti nella nostra società, le sole
capaci di portare serenità al popolo. Ma il clero abbracciò invece il potere ateo con tutta la
sua superbia, ponendo in luce la volontà di mantenere il popolo nell’ignoranza come prima
del conflitto.Don Lorenzo, pur consapevole delle avversità del potere ai suoi insegnamenti,
non aveva nessuna intenzione di rinunciare al suo impegno di educatore, convinto che per la
classe operaia la scuola fosse un bene e il conformismo un danno.Don Milani era uno dei
pochi preti antisistema, impegnato a eliminare le disuguaglianze, .pure sentendosi disarmato
era teso a portare il popolo a un traguardo evoluto e responsabile.Don Milani, sensibile alla
giustizia, in quel triste momento storico, studiava la realtà di sfruttati e sfruttatori, tra
analfabeti e intellettuali, meditava e segnava tutto sul suo

diario parrocchiale formulando parallelamente una proposta guardata con ostilità dal potere
e dalla Chiesa .Barbiana Era un luogo sperduto, isolato dal mondo, dove mancava tutto, da
lì don Milani non avrebbe più dato alcun disturbo e nessuno avrebbe più sentito parlare di
lui. Don Milani è convinto che ogni persona abbia una coscienza: ma chi è condannato fin
dalla nascita al silenzio non ha la forza per farla emergere, ha bisogno d 'essere capito e
aiutato; è per questa ragione che dà tutto sé stesso per aiutare gli ultimi. Don Milani era
certo che il dialogo fosse la vera ricchezza dell’umanità.Don Milani è entrato nella storia a
pieno merito e ci resterà come vero educatore, come maestro di vita. Si è fatto
rivoluzionario, con la convinzione che l'educazione e 1a cultura debbano essere un bene
pubblico, che solo la parola puo portare alla liberazione gli oppressi mentre la fede è un
bene privato .Pastore, educatore con principi universali, riteneva che la conoscenza fosse
indispensabile per capire sé stessi, per farsi uomini responsabili capaci di vivere in società e
di tenere testa a soggetti che si ritenevano speciali e superiori.Molti cambiamenti
nell'educazione e nell'istruzione sono avvenuti dopo la morte di don Milani: lo sviluppo delle
attività educative ha aiutato l’autocoscienza, i corsi delle 150 ore per, cancellare
l'analfabetismo hanno permesso il conseguimento della licenza di terza media anche a
coloro che per età erano fuori dalla fascia scolare. Il diploma era diventato indispensabile
oltre che alla cultura personale o per accedere a superiori livelli di studio, anche per
accedere al lavoro o intraprendere un'attività artigianale o commerciale.Don Milani
raggiunse la triste destinazione di Barbiana il 5 dicembre 1954 .Popolo semianalfabeta
Erano, invece, stati lasciati abbandonati a sé stessi, come se l'educatore avesse avuto il
preciso compito di tenerli ignoranti. Organizzò subito una scuola, convinto che ogni individuo
abbia una coscienza che vada aiutata a crescere per renderla responsabile delle proprie
azioni.Capì subito che la scuola pubblica non operava a difesa degli ultimi, era solo
impegnata a sostenere le divisioni di classe; riteneva che la cultura educativa fosse un bene
da condividere, un cammino verso la giustizia sociale. Fondò la scuola per aiutare quei
ragazzi lasciati a se stessi, ma li volle a scuola 10 ore al giorno, anche la domenica, dove
l'unico diversivo era la Santa messa: dovevano recuperare il vuoto che si portavano
addosso. In quella località non ebbe più una vita privata: la sua abitazione è sempre aperta
tutti ogni cosa è svolta in comunità. Nella scuola pubblica, ancora oggi spesso mancano
l'amorevole impegno dell'educatore e le azioni in difesa dei ragazzi,. Don Lorenzo,

nella sua scuola, progettò e mise in pratica l'educazione collaborativa e la scrittura collettiva,
con l'intento di aiutare gli ultimi: chi non aveva capito si fermava, ma non da solo; voleva
aiutare i più svantaggiati, tutti dovevano progredire alla pari, anche Aiutandosi fra di loro,
perché riteneva ingiusto mandare all'esame ragazzi disuguali. Barbiana era una scuola
privata m cui finivano tutti i ragazzi buttati fuori dalla scuola pubblica, per cui possiamo
definirla scuola degli oppressi: creata da un prete-maestro· mentre le scuole private,
cattoliche e non cattoliche, di ieri e di oggi, sono volute da genitori che non vogliono
mandare i loro figli a scuola con i figli dei poveri .In quella località isolata, a tenere il maestro
e la scuola a contatto col mondo era la lettura del giornale in. classe, che veniva fatta in
comunità .Don Lorenzo, vero educatore, aveva capito che nessuno si educa da solo: gli
individui si educano tra loro dialogando in piena libertà; per questo condivideva ogni
impegno con il popolo.Don Lorenzo impegnò tutto sé S!esso per aiutare i ragazzi de- finiti
"senza speranza" dalla scuola pubblica, a crescere, acculturarsi, ad imparare le lingue e a
viaggiare nelle strade del mondo. Maestro lungimirante, già vedeva la società farsi
multietnica e pensava di preparare i ragazzi a viverla.Don Milani, in quell’esilio a Barbiana
operò tredici anni, fino alla morte.Esperienze pastorali.1958, fece parlare, fece grande
scalpore.Don Milani voleva affermare al mondo che la storia stava cambiando e che di
conseguenza doveva cambiare anche l'operato e il sentire del parroco .Don Milani, vero
maestro, era capace di studiare la realtà e fare una profonda analisi della scuola, che
vedeva mettere in pratica l'empirismo, cosa grande ma che da sola non bastava, occorreva
teoria, scienza, il creato, parametri profondi che il ragazzo cresciuto senza parola e
nell’isolamento non aveva bisogno di maggiore aiuto, non d'essere considerato inferiore o
irrecuperabile e abbandonato. Capiva che il maestro aveva il compito di dare al ragazzo
l'educazione mancata e mancante in famiglia, che doveva seguire i cambiamenti di un
allievo che da ragazzo si fa uomo, e non fare finta, di non vedere se c'è una in atto una
trasformazione negativa da correggere. L'educatore dev'essere attento, deve aiutare il
ragazzo a non sopraffare gli amici. Il doveroso compito del maestro è di portare i ragazzi a
traguardi positivi, per sé e per la società, e la scuola deve avere la libertà di educare all'
analisi critica di ogni.realtà che la circonda, come alla volontà di fare sentire alta la propria
voce.Il maestro educatore, tramite la sensibilità della propria coscienza, ha il dovere di
fornire a tutti i ragazzi i punti fermi per guardare avanti, per farli tendere alla giustizia e alla
coerenza.Come

maestro, don Milani cercava nei suoi ragazzi le potenzialità nascoste da fare emergere e
sviluppare, convinto che solo la scuola possa portare il soggetto a raggiunge la piena
responsabilità etica per arrivare alla fraterna collaborazione umana. Anche il pedagogista
brasiliano Paulo Freire aveva un simile pensiero; sosteneva che solo la conoscenza ben
radicalizzata nella storia poteva portare coerenza e fede ma metterla in pratica e insegnarla
costava caro, È molto più facile costruire un gregge vuoto e obbediente, ma non bisogna
mai perdere il contatto con la realtà, né togliere agli allievi il libero pensiero. Bisogna cercare
di costruirgli la coscienza, perché la persona poco intelligente non riflettere, a cadere nel nel
ridicolo, a lasciarsi prendere dal conformismo.Questo era anche il pensiero di Don
Milani.Lettera ad una professoressa è stata scritta dai ragazzi della scuola di Barbiana. Ne
erano autori otto ragazzi, suoi allievi, che lo avevano scritto in 10 mesi. Forte analisi critica al
sistema scolastico italiano in particolare alla gestione dell'obbligo scolastico, strutturalmente
antiquato, fortemente selettivo, totalmente estraneo i programmi della realtà del paese e ai
mutamenti socio-economici nesso in atto. I ragazzi di Barbiana nella lettera fanno una dura
requisitoria ad una scuola che non fa il suo dovere, che con la selezione condanna gli ultimi
a rimanere tali. Il testo continuerà ancora ad essere la difesa dei ragazzi ultimi della scala
sociale che per legge sbagliate per mancanza di giustizia sono destinati a rimanere
tali.Rivolgendosi a una professoressa che incarnava lo spirito del corpo scolastico, i ragazzi
di Barbiana hanno dimostrato con la scrittura la capacità sintetica e la semplicità linguistica
da loro acquisita in quella particolare scuola.La scuola di Barbiana è stata l'unica vera
scuola cattolica impegnata ad aiutare i ragazzi scartati dalla scuola pubblica perché giudicati
irrecuperabili, mentre il maestro Milani vedeva tutti i suoi allievi brillare per volontà e
impegno. Avvicinerei don Milani al grande pedagogista brasiliano Freire e al maestro Lodi:
anche loro hanno sperimentato un tipo di scuola collaborativa che consentiva la crescita
culturale a tutti, nessuno escluso. Questi educatori, che hanno studiato, capito e aiutato la
crescita sociale e culturale di molti ragazzi ritenuti "razza inferiore" e irrecuperabili, hanno
trovato un modo nuovo per panarli a raggiungere la piena coscientizzazione.Per don Milani
l'educatore, per essere tale, deve seguire tre punti fermi: Fede, Cultura e Società, perché
non c'è scuola astratta dalla realtà· ma il sistema scolastico nazionale ha dimenticato che
l'educazione alla serena convivenza è alla base della vita e che la discriminazione è
ingiustizia, è tradimento. Don Milani nella sua

scuola metteva in pratica la pedagogia della provocazione, manifestata in tutti i suoi scritti
con la convinzione che turbare l'anima al soggetto stimoli la conoscenza e l'interesse per la
cultura, la sola che porta la mente a farsi propositiva di nuove idee e responsabile del
proprio agire.Con Esperienze pastorali ha voluto dire ai confratelli, alla Chiesa e alla società
di porre attenzione ai cambiamenti della storia. Con lettera ai giudici a cercato di essere un
vero educatore di tutta la società, impegnato nella salvezza dell'umanità. Con lettera una
professoressa i ragazzi della scuola di Barbiana hanno voluto dire ai ragazzi di tutto il mondo
che andare a scuola solo per il voto non ha senso e costa fatica, se invece si va a scuola per
collaborar e per crescere insieme a lezione da un impegno gioia.Don Milani aveva alcune
affinità con Socrate: entrambi hanno rivendicato e promosso e loro idee educative con
coerenza, hanno accettato la sofferenza pur di diffonderle e sono dedicati a loro allievi fino
alla fine sono stati due maestri.

5.Don Lorenzo Milani e Don Carlo Gnocchi diversi e simili

Nuovo Umanesimo, apertura al dialogo per la rigenerazione cristiana, ma sempre in


coerenza con la giustizia e la fede in Dio e nell’uomo è ciò che accomuna Don Lorenzo
Milani e don Carlo Gnocchi. Due cristiani liberi, uomini del dialogo, che sapevano guardare
la realtà e aiutare i bisognosi fino a consumarsi; per la loro grande passione sociale hanno
messo in pratica la solidarietà, hanno unito intelligenza, dedizione e giustizia in un insieme
che ha prodotto copiosi frutti. Ora Papa Francesco fa un passo più avanti dei suoi
predecessori, testimonia la fede m modo coraggioso nei riguardi della giustizia sociale e
nella protezione dell'ambiente, e mette in evidenza che non basta definirsi cristiani: per
essere tali bisogna mettersi prova di sapere vivere in società. Nelle parole del Papa vi sono
similitudini con il pensiero dei due sacerdoti sui quali stiamo riflettendo; Essi si sono fatti
maestri, educatori del popolo, padri degli sprovveduti, con la convinzione che l'umanità deve
aprirsi al dialogo senza discriminazioni sociali.Dopo una profonda meditazione fonda la
scuola, per aiutare il suo popolo, la sola che può svegliare la coscienza e rendere
responsabili per vivere in pace nella società. A convalidare il suo pensiero il primo gennaio
1948 entra in vigore la Carta Costituzionale, da lui ritenuta una grande conquista sociale: tra
i diritti e i doveri dei cittadini essa afferma soprattutto l'obbligo scolastico, per questo ,don
Milani la ritiene un secondo Vangelo.Don Gnocchi e don Milani, così diversi, ritenevano
entrambi che l'ignoranza fosse la massima povertà dell'uomo e si sono fatti maestri di vita,
con la certezza che nessuno appartenesse a una razza inferiore: entrambi hanno ammesso
di avere imparato a vivere tra gli ultimi. Sono stati simili nella certezza che l'educatore, per
aiutare i dimenticati a ottenere uguali diritti, doveva farsi apprezzare nella collaborazione con
gli allievi e impegnare i ragazzi con l'esempio. Simili anche nel ritenere che il vero maestro è
colui che sa amare e farsi amare, con la certezza che solo l'insegnante cooperante riesce a
fornire agli allievi l'impegno gli stimoli per camminare insieme. Erano convinti che le idee e le
azioni dovessero passare attraverso il giudizio responsabile della propria coscienza, non
eseguire ordini arrivati dall'alto. Da questa convinzione nasce il giudizio di Don Milani con
l'obbedienza non è più una virtù.Entrambi ritenevano necessario che l'educatore avesse a
cuore i principi fondamentali per vivere con serenità nella società, che sapesse tenere a
cuore il Vangelo e la giustizia, e fosse un intelligente cultore

dell'etica, della libertà individuale, capace di seguire anche gli svogliati e coloro che non
avevano affinita di pensiero con l'educatore stesso. Il maestro deve avere la volontà e la
capacità di tenere vivo il dialogo e l’amicizia, nella speranza di convertire anche il più
ribelle.Gnocchi e Milani ritenevano che il compito del genitore e dell 'educatore fosse di fare
conoscere ai ragazzi l'etica, l'onestà, la realtà che li circonda, la società nella quale devono
vivere, Per portarli responsabili alla maturità.La conoscenza e il benessere sono valori sacri
solo se sono condivisi, se aiutano la società a crescere, ma se la cultura e la ricchezza
restano nelle mani del capitalismo, del liberalismo industriale, clericale, borghese, non è
giustizia, è tradimento, è volontà di potenza. Don Gnocchi e don Milani, educatori dotati di
intelligenza, tecnica e capacità organizzativa, oltre che di grande umanità e fede, hanno
affermato entrambi di avere cam- minato con meditazione tra le vicissitudini della storia e di
avere appreso dagli ultimi cose sagge e indimenticabili, hanno cercato- di curare giovani
feriti nella mente e nel corpo con l'esempio, orientandoli alla fraterna collaborazione in
prospettiva futura.I due educatori, don Gnocchi e don Milani, sono stati attenti e consapevoli
che lo sviluppo psichico e morale del ragazzo cresce con l'età, così come i difetti e le virtù,
perciò l'inefficienza e 1’intelligenza vanno seguite, confortate, capite e aiutate; compito non
facile, ma nel comune cammino dev'esserci reciproco impegno fra 1 due ruoli, un confronto
tra positivo e negativo è necessario per far capire al giovane ciò che gli può nuocere e da cui
si deve allontanare per non rimanerne coinvolto. La vita moderna è complessa e i giovani
sono sempre più esposti e indifesi, ma chi li custodisce non deve essere né indifferente né
ostile, ma deve tenere ferma la morale universale,Milani e Gnocchi sentivano necessaria
anche l'educazione alla maturità sessuale del giovane, un benefico e universale traguardo
dell'adolescenza che se arriva sul ragazzo impreparato può travolgerlo. Bisogna
assolutamente educare pure al rispetto del sesso opposto, per fare s1 che l’amore e il
rapporto di coppia si sviluppino nella reciproca fiducia e mai fra due nemici. Entrambi erano
convinti che se il ragazzo raggiunge una sana maturità, saprà camminare nella società con
impegno e serenità: con questa convinzione educavano i loro allievi al rispetto della donna
che non è una merce da possedere né da comprare ma una cara amica da rispettare
fisicamente moralmente. Il maestro non deve mai dimenticare che il ragazzo prima di essere
giudicato va studiato e capito.L'educatore che non sa costruire la coscienza dell allievo non
è un maestro, per essere

tale, deve avere la capacità di seguire anche il più svogliato,dev’essere capace di stimolare
il dialogo e l'amicizia nella speranza di convertire anche il più ribelle, per dargli 1a possibilità
di diventare un cittadino responsabile.I due sacerdoti ritenevano che il male peggiore
dell'umanità fosse la mancanza della parola, della cultura e dd dialogo.Nei primi anni
dell'obbligo scolastico, e ancora nel primo dopo guerra, erano tanti i ragazzi che
abbandonavano la scuola prima di concludere il ciclo di studi elementare, e le statistiche
mostrano quanto fosse alta la cosiddetta "mortalità scolastica". Ancora oggi che l'abbandono
è quasi scomparso, i ragazzi che vivono in luoghi sperduti sono molto più arretrati di chi vive
nei centri urbani I due maestri, Gnocchi e Milani, sentivano la necessità di dare efficaci
lezioni alla gioventù, per insegnare che il'•mondo che ci ospita non è nostro e che tutti siamo
di passaggio: ognuno è nato per servire e collaborare, per cui abbiamo tutti il dovere
d'impegnarci perché l'umanità vada avanti con responsabilità. Genitori e scuole devono
essere in grado di dare una preparazione adeguata all'uomo del domani, per farlo cittadino
del mondo, capace di vivere nella società multietnica, per prepararlo al futuro per cui
necessitano educatori ben preparati e portatori di una coscienza critica. Tutti gli addetti
all’insegnamento devono essere costruttori sociali, in grado di dare un'adeguata
preparazione all'uomo, per farlo capace di essere cittadino del mondo. Milani gnocchi
sentivano i mali emergenti nella società.La loro grandezza è di aver compreso che davanti al
mondo in cammino nulla deve stare fermo, neppure la Chiesa.Pur non conoscendosi, ma
con simili intenti, i due studiosi d'anime sono giunti allo stesso traguardo: hanno visto il
gravoso vuoto di convivenza culturale sociale, ideologica e La politica, e ritenevano dannoso
lasciare il futuro dei giovani nelle mani dei mercenari del potere economico. L'educatore
deve avere uno spazio libero per elaborare programmi propri, avere la possibilità di
espletare la sua specifica capacità, un proprio spazio collaborativo, dialogante con gli
allievi.Il problema dei figli indesiderati veniva risolto dalla casa dell'infanzia abbandonata. In
quella casa finivano i bambini senza nome, figli legittimi di ragazze quasi sempre minorenni,
ignoranti e indifesa e messe a servizio ancora bambine, spesso in gravi data la loro abusanti
datori di lavoro e poi licenziate. Oggi ai ragazzi manca l'educazione alla responsabilità: in
famiglia perché la mamma lavora; nella scuola perché l’educatore non ha spazio, deve
svolgere programmi prefissati. La società è basata su divisioni, apparenze, ingiustizie e
queste non sono colpe da addebitare i ragazzi e nemmeno agli

operatori culturali, la colpa del vergognoso apparire sull'essere del presente è della società,
della famiglia, tutti sono disattenti alla crescente ignoranza e alla disonestà.Essi ritenevano
che ogni soggetto avesse il diritto di essere aiutato a sviluppare le proprie capacità cognitive
per arrivare a camminare con indipendenza sotto la guida della propria coscienza ben
costruita. Solo se sapremo unire i valori umani e quelli cristiani e ascoltare grandi educatori
passati alla storia potremmo imparare a camminare con umana fratellanza.Don Gnocchi
dimostrò di avere preso coscienza della triste realtà culturale e sociale non dalla scuola di
élite milanese ma fra le incredibili brutture della guerra, fra dirupi innevati, feriti, morti e
analfabeti, quella tragica epopea rafforzò la sua fede e diede luce alla sua coscienza per
aiutare i bisognosi.Don Milani maturò la consapevolezza delle pesanti- differenze e
ingiustizie tra le classi sociali durante l'adolescenza nel confrontare la sua acculturata
famiglia con l'analfabetismo dei contadini da generazioni presenti nelle terre della tenuta
agricola di famiglia, per cui la ragione di farsi prete e maestro dei dimenticati ebbe radici
profonde. Don ·Milani si rivelò diverso da tutti perché seppe spogliarsi dai privilegi di
nascita,·e per questo seppe farsi ascoltare e amare, donandosi totalmente con la passione
dei sensi e dell'intelletto, tanto da indurci a profonda meditazione. Le scuole private hanno
commesso colpe inqualificabili approvando i genitori che non volevano i loro figli fra i banchi
dei poveri, ma scuole privilegiate per avere i migliori posti di lavoro assicurati e loro figli.
Anche la scuola pubblica ha commesso e commette colpe imperdonabili, a messo in luce
l'incapacità degli educatori di svolgere il loro ruolo, di fare capire ai ragazzi che non si va a
scuola per il voto e neppure per il diploma, ma per arricchire se stessi. L’operatore scolastico
deve avere la capacità di coinvolgere tutti e di far capire che a scuola si va per arricchire la
mente, per acquisire cultura, indispensabile per vivere in una società democratica. Aldo
moro, ministro della pubblica istruzione, già nel 1958 aveva sentito la necessità di introdurre
l'educazione civica nelle scuole inferiori e superiori chiamata poi cittadinanza e costituzione.
6.Testimonianza Educazione Cultura e Società

L'obbligo scolastico è sacro, dà voce alla parola, rispetto alle regole e ai doveri, aiuta a
socializzare, porta a conoscere meglio noi stessi e il mondo in cui viviamo. Non va
dimenticato che , prima del secondo conflitto mondiale, nelle campagne l'analfabetismo era
esteso. Per coloro che vivevano nelle campagne o nelle montagne senza la scuola
l'isolamento e la quasi totale, interrotto soltanto dalla campana che chiamava la domenica
alla messa. La scuola raggiunse le campagne nell'età fascista. Per decreto ogni studente
doveva essere iscritto all’opera Nazionale Balilla: senza tessera non si aveva diritto
all’istruzione né si poteva entrare a scuola.Le scuole superiori erano frequentate dalle classi
elevate, non dal popolo e di certo non da coloro che lavoravano la-.terra ed erano classificati
ultimi, sudditi senza diritti, costretti a lavorare per la sopravvivenza. L'anno scolastico della
quinta elementare, a differenza delle classi precedenti, non si concludeva con i soli voti della
pagella; ma con un esame orale sostenuto di fronte a due maestre e.alla direttrice, e la
promozione era attestata da un diploma. Fiorani “ho voluto raccontare questa amara
testimonianza della mia infanzia per dire ai ragazzi spogliati che grazie addio e alla storia,
oggi tutti possono fare libere scelte. Cercate di impegnare bene la vostra intelligenza, di non
sprecare il tempo, che è il nostro peggior nemico non basta mai. Cercate di camminare
occhi aperti e fate tesoro del libero pensiero, attenti, il male è sempre in agguato.” L'aria
nuova, fondata sul rispetto della persona, in Italia si è respirata solo dopo la caduta della
dittatura e della monarchia, con la nascita della Repubblica e della carta costituzionale,
ottenuta a caro prezzo, che fissava i diritti e i doveri dei cittadini. L'uomo dovrebbe essere
teso alla conoscenza di se stesso e del mondo che lo circonda, alla ricerca del senso della
vita, non impegnato a seguire le mode e richiami senza regole.

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