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socio-culturale, perché è orientato dai valori, dai criteri e dai modelli che caratterizzano il
contesto in cui esso si realizza.
Allo stesso modo, l'intervento educativo si caratterizza per essere una proposta, mai un'imposizione
e, contemporaneamente, è promozione: un'azione che amplia le possibilità del soggetto, in vista
della sua stessa autonomia e, nel tempo, lo rende responsabile della propria formazione.
Proprio in ragione di queste caratteristiche, infine, l'educazione non è mai neutrale: qualunque
intervento, infatti, prende le mosse dall'epoca e dal contesto in cui si realizza, dall'idea di
educazione dell'educatore e dalle caratteristiche del soggetto o dei soggetti a cui si rivolge.
7.1 La relazione
Il significato del termine relazione presuppone l'attivazione di una dinamica di connessione tra due
o più elementi. La relazione umana riconosce la persona come elemento centrale di un percorso
dinamico che ha come finalità il riconoscimento dell'”Altro da sé” con le sue relative differenze
culturali e individuali. Attraverso la relazione ciascuno dei soggetti interessati si arrichisce
dell’umanità dell’altro e si apre al senso dell’esistenza che è essenzialmente un con-essere un co-
esistere. In questo spazio di riconoscimento reciproco, ciascuno non teme di aprirsi all'altro per ciò
che è, fuoriuscendone arricchito, trasformato, migliorato. Riconoscere l'altro in quanto persona,
tuttavia, significa anche essere responsabili nei suoi confronti. Quello che si attiva nella relazione è,
di fatto, anche un rapporto di responsabilità, di reciproca presa in carico poiché, la dinamica che si
innesca è quella dello scambio che può realizzarsi solo se esiste il rispetto dei ritmi, delle debolezze,
delle capacità e delle potenzialità dell'altro.
preparazione didattica;
capacità di comunicazione con gli altri;
competenze in campo psicopedagogico;
aggiornamento continuo;
capacità organizzative;
sensibilità d’animo;
iconici – da impiegare soprattutto nel metodo di studio, per stimolare l'analisi degli oggetti
visualizzati;
sul piano educativo, siamo formati perlopiù all'esercizio dell'intelletto e della volontà,
mentre le dimensioni emotive sono lasciate in ombra o nell'implicito;
non sappiamo prestare ascolto a ciò che proviamo e non sappiamo definirlo;
non sappiamo esprimere le emozioni e non riusciamo a gestirle nei momenti in cui sono
intense.
Le strategie inadeguate che più frequentemente si mettono in atto per difendersi dall'irruenza della
vita emotiva sono riconducibili ad alcuni meccanismi disfunzionali:
1) La negazione delle emozioni: si tenta di negare un vissuto emotivo quando in noi o attorno
a noi sussiste una sorta di censura che lo considera inaccettabile. Non potendo esprimerlo,
siamo indotti a reprimerlo. Ciò lo porta a ingigantirlo.
2) La simulazione/dissimulazione delle emozioni: l'abitudine di far finta di provare o di non
provare certi sentimenti è dovuta alla volontà di costruire e preservare l'immagine di sé e al
tentativo di adeguarsi alle regole del contesto in cui si vive o si lavora. Questo produce
inautenticità, ovvero uno stato di incongruenza tra ciò che si è e ciò che si mostra di essere.
3) La strumentalizzazione delle emozioni: in certi luoghi si cerca di suscitare ad arte
determinate emozioni al fine di manipolare le persone e indurle a comportarsi in un certo
modo. Questa percezione alterata della realtà è, però, molto fragile. Porta a frustrazione e
ribellione.
Tuttavia, il meccanismo più diffuso consiste nella scissione tra emozioni positive e negative. Ciò ha
due conseguenze rilevanti:
l'insegnante è il protagonista assoluto: egli è al centro del processo e gli studenti devono
sottostare alle sue scelte (stile di insegnante di tipo formale tradizionale);
l'insegnante è coadiuvato dalla classe: gli studenti sono al centro ma vanno indirizzati verso
soluzioni che egli ritiene migliori per loro(didattica più attiva);
gli allievi sono coadiuvati dall'insegnante: gli studenti sono al centro e l'insegnante ritiene
che il suo ruolo sia quello di supporto alle scelte, sia nel momento decisionale che nella
successiva messa in pratica(stile pienamente attivo).
il terzo prevede una mancanza di attività dell'insegnante cui consegue un iniziale caos da
parte della classe che si sente (ed è) abbandonata a se stessa.
Nessun insegnante adotta uno stile puro, ma in genere si alternano momenti in cui prevale lo stile
opposto. Gli insegnanti adottano uno stile misto anche sulla base di come risponde la classe e di
quelle che sono le loro capacità di reggere fino in fondo ciò che uno stile puro comporta.
È importante notare che gli allievi si adegueranno alle modalità di conduzione dell'insegnante e ciò
spiega perché a seconda del maestro presente le classi saranno diverse: con alcuni gli allievi saranno
attivi e pieni di iniziative, con altri passivi recettori, con alcuni saranno un po' indisciplinati, con
altri perfetti come soldatini.
I tratti del carattere dell'insegnante intervengono a mitigare o a rafforzare le scelte stilistiche e
interagiscono con le caratteristiche degli studenti in modo da aiutare o rendere difficoltoso il
percorso di insegnamento/apprendimento. In particolare, se un insegnante è estroverso apprezzerà
maggiormente gli alunni con il medesimo tratto caratteriale e viceversa.
Un aspetto ulteriore che connota lo stile di insegnamento di ciascun insegnante è la sua personalità.
L'insegnamento formale è spesso associato, nell'immaginario collettivo, a una personalità fredda e
distanziante, mentre un insegnamento informale è associato a una personalità calda e accogliente.
Sarebbe corretto che lo stile di insegnamento venga scelto non a priori, ma sulle effettive necessità
degli studenti.
Il clima che si respira in classe è strettamente legato alle modalità con cui il maestro conduce il suo
insegnamento. Il clima influenza l'apprendimento, motivandoli o demotivandoli. In particolare,
sono le aspettative che l'insegnante nutre nei confronti delle possibilità di apprendimento degli
allievi a determinare in buona parte il loro successo scolastico(effetto Pigmalione).
Sono molti gli aspetti che determinano un atteggiamento favorevole nei confronti
dell'apprendimento o del non apprendimento degli allievi e tutti derivano dalle convinzioni degli
insegnanti riguardo a particolari categorie di studenti. Tali convinzioni possono essere di natura
sociale: alcuni insegnanti pensano che gli studenti che provengono da una famiglia situata in un
contesto sociale difficile abbiano bisogno di un insegnamento molto strutturato e di lavorare da soli
su testi preparati dall'insegnante. Così vengono scoraggiate le interazioni fra allievi e l'insegnante
diventa molto attento alla disciplina. Il risultato è che spesso gli studenti si annoiano e non
imparano e abbandonano la scuola. Vi possono poi essere convinzioni riguardanti il ruolo della
valutazione nell'apprendimento: alcuni insegnanti pensano che la valutazione, soprattutto se
negativa, sia uno sprone per gli studenti ad apprendere; altri pensano che debba servire solo per
capire il livello cui sono arrivati i singoli.
Un elemento importante nella riuscita scolastica deriva dalla maggiore o minore competenza
didattica dell'insegnante che sembra spesso legata ad alcune convinzioni sull'apprendimento. Da
alcuni studi risulta che gli insegnanti meno competenti hanno la convinzione che gli studenti
apprendano meglio quando si trovino in un contesto più formale, vale a dire quando si chiede loro
di seguire delle lezioni e ripetere le parole dell'insegnante, mentre quelli più competenti sono
convinti che l'apprendimento migliore derivi da un contesto informale in cui insegnanti e studenti e
questi ultimi fra di loro sono impegnati a riflettere e a trovare soluzioni ai problemi via via posti.
Lo stile di insegnamento interviene anche sui rapporti fra allievi. In una classe condotta con uno
stile più formale, o quando l'insegnante valuta gli alunni confrontando i loro risultati con quelli
degli altri, il clima sarà competitivo, vale a dire ci saranno divisioni all'interno, rivalità e invidie;
mentre in una condotta in modo informale o quando l'insegnante valuta gli alunni nel loro
complesso e li spinge a lavorare insieme, il clima sarà cooperativo e la classe apparirà meno divisa.
Una terza possibilità riguarda il docente che valuta individualmente gli allievi ma non confronta il
loro rendimento con quello degli altri, spingendoli a competere con se stessi per migliorare le
prestazioni.
È importante che l'allievo si trovi in una situazione stimolante e attiva in cui la sua curiosità di
sapere venga stuzzicata da attività coinvolgenti. Quando si parla di motivazione ad apprendere si
distingue fra motivazioni intrinseche ed estrinseche: le prime sono quelle che derivano dal
soggetto stesso, le seconde sono quelle che derivano dal giudizio e dal sistema di ricompense e
punizioni degli altri. L'utilizzo di motivazioni estrinseche in alunni che non hanno una forte
motivazione ad apprendere, ma anche in chi ce l'ha, fa sì che questi imparino prima di tutto a
dubitare di sé e a dipendere dagli altri per quanto riguarda ciò che hanno appreso; forse finiranno
anche con lo studiare in maniera superficiale, tesi solo a fare bella figura nell'immediato e a
dimenticare tutto non appena lo sforzo sarà stato ricompensato. Mentre chi studia e apprende per
motivazione intrinseca tende a porsi e a porre delle domande e ad andare a fondo dei contenuti e si
ricorderà a lungo ciò che avrà imparato.
Le motivazioni estrinseche sono incoraggiate da uno stile di insegnamento che parte dalle
esperienze, dalle riflessioni, dalle domande degli studenti e che quindi incoraggia un tipo di
pensiero divergente, non ripetitivo. Va detto, però, che la scuola nel suo complesso non incoraggia
attività di questo genere visto che normalmente le domande degli esami sono per lo più
nozionistiche e non chiedono una riflessione personale più profonda. Ciò può generare contrasti fra
l'insegnante che lavori in modo non tradizionale, gli allievi e spesso le loro famiglie, che non
vedendo emergere le nozioni che si aspettano verranno chieste agli esami hanno l'idea che venga
perso del tempo o che non verrà insegnato quanto da programma. In realtà molte ricerche hanno
dimostrato che l'insegnamento non tradizionale raggiunge gli stessi risultati in termini di contenuto
dell'insegnamento più tradizionale e in più fornisce competenze in campo sociale.
affronta la disciplina di insegnamento con curiosità, passione e interesse per lenovità e per la
ricerca
non si fossilizza sulle cose che sa, ma stimolato dalla passione e dalle domande degli
studenti, è sempre pronto a mettere in gioco le sue conoscenze e a metterle alla prova con un
atteggiamento di continua ricerca;
capace di trasmettere non solo la sua passione, ma i contenuti in forma adatta ai suoi allievi;
deve essere capace di accogliere gli studenti e creare un clima classe caldo i cui gli alunni si
sentano ascoltati e compresi senza pregiudizi o valutazioni a priori
Gli alunni devono sentirsi apprezzati e stimolati a dare il meglio di loro, a esprimere le loro
potenzialità.
In questo modo l’insegnante riuscirà a gestire al meglio il gruppo classe e a far arrivare tutti agli
apprendimenti concordati, prefigurati sulle potenzialità di ciascuno.