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PARTE PRIMA: COSTRUIRE IL CURRICOLO PER COMPETENZE (D. Capperucci) 1.Il curricolo nella scuola di oggi - Attualità del curricolo e
prevenzione della dispersione scolastica.
Di recente il termine “curricolo” sembra aver ritrovato un nuovo “vigore”. In Italia si è sempre dato attenzione alla progettazione curricolare, ma non sempre si
è creduto che rappresentasse l’asse portante del “fare scuola”.
L’ancoraggio ai programmi e la corsa all’innovazione didattica, hanno messo il curricolo in secondo piano, nonostante l’esistenza del provvedimento (DPR
n.275/99) Regolamento sull’autonomia scolastica che ne ribadisce la centralità in una scuola orientata alla costruzione di conoscenze e allo sviluppo di
competenze.
La costruzione del curricolo è fondamentale per il successo scolastico (ce lo dicono gli ultimi dati sugli
abbandoni e sulla mortalità scolastica).
La dispersione scolastica è presente in misura diversa nei vari ordini:
1. quasi assente alla primaria,
2. picchi più alti nel passaggio dalla s. secondaria di I grado a quella di II grado, non solo nel primo biennio di quest’ultima, ma no agli anni ultimi
anni.
Questo fenomeno viene indagato sia a livello nazionale che europeo, prendendo in considerazione 2 dimensioni:
2. il numero dei drop-out, coloro che abbandonano la scuola sia per ragioni di natura scolastica che relative al contesto socio-economico di
appartenenza;
3. il numero degli early school leavers, giovani di età compresa tra i 18-24 anni in possesso solo della licenza media, considerati ormai fuori dal
sistema di istruzione e formazione.
Dovrebbero esistere percorsi essibili, integrati tra scuola-formazione-lavoro per dare una giusta collocazione nel mondo professionale a tutti
questi ragazzi.
L’orientamento è migliorato, ma ancora indietro:
- attività episodica, discontinua, relegata ai momenti di passaggio da un ordine di scuola all’altro, mentre DOVREBBE accompagnare tutto il percorso che un
alunno compie all’interno del sistema-scuola.
- Assume una connotazione informativa sull’o erta formativa, mentre invece DOVREBBE rendere consapevole il soggetto in merito ai propri punti di forza/
debolezza, al proprio stile cognitivo e metodo di apprendimento.
Il passaggio alla s. secondaria di II grado continua ad essere critico (molti insuccessi e abbandoni). Molti ragazzi che hanno incontrato di coltà nella s.
media vengono indirizzati verso percorsi di tipo professionale o tecnico, senza essere veri cato il loro reale interesse.
Questi percorsi speci ci, settoriali, professionalizzanti possono diventare un ostacolo con e etto di scoraggiamento. Sono più i passaggi dai licei
agli istituti tecnici e professionali che viceversa.
Altri indicatori per analizzare la dispersione sono:
• l’irregolarità del percorso di studi e l’insuccesso scolastico: tasso di ripetenza e di ritardo, non ammissione, ammissione con debito, stato di di coltà a
cui lo studente deve far fronte.
I Rapporti nazionali sulla dispersione scolastica: indicano che il numero di quelli che abbandonano prima di aver conseguito una quali ca sia ancora molto
alto e come non sempre il conseguimento di un titolo consenta di maturare “know how” utili ad entrare nel mercato del lavoro. Il 16,5% abbandona gli studi a
15 anni e non si iscrive ad una scuola superiore, nonostante quanto previsto dalla legge sull’obbligo formativo (L.n.144/99). Nonostante gli impegni presi dai
vari Stati, dopo gli accordi di Lisbona 2000 in merito all’abbassamento del tasso di dispersione, l’Italia, nonostante i miglioramenti, occupa ancora una
posizione di ritardo.
Per questo motivo è importante che il curricolo venga progettato in modo corretto e rispondente ai bisogni dei giovani, delle loro famiglie e del
territorio. Le di coltà che gli alunni continuano a vivere in base al contesto scolastico, devono rappresentare uno stimolo ad operare meglio.
Obiettivo del curricolo: fare in modo che ogni alunno consegua il proprio successo formativo sentendosi parte di una comunità accogliente in cui egli
può ed è stimolato ad operare al meglio delle sue possibilità.
PROGRAMMA CURRICOLO
Espressione di una determinata concezione culturale. E essibile e deve continuamente adeguarsi alla situazione.
Indica principi di carattere generale, ni scopi dell'attività educativa. Forza di valutare gli esiti comportamentali speci ci delle idee che propone.
Non prevede una metodologia precisa di applicazione. La metodologia di applicazione fa parte integrante della programmazione.
È rivolto principalmente ai contenuti e alla loro organizzazione gerarchica. Considera il complesso integrato dell'esperienza scolastica in quanto intenzionalmente
rivolta alla formazione dell'alunno.
Ai docenti è a dato il compito di interpretare e applicare il programma. Richiedono capacità di progettazione e conduzione.
Il curricolo si fa interprete delle trasformazioni legate alla scolarizzazione di massa e all’avvento della società della conoscenza, rendendo incisivo ed e cace
il POF, in quanto:
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1. mette l’apprendimento del soggetto al centro del processo formativo;
2. permette di lavorare su competenze trasversali necessarie a fronteggiare il cambiamento socioculturale;
3. sposta l’attenzione alla veri ca e alla certi cazione delle competenze acquisite.
Curricolo = dal latino curriculum (currere) sta ad indicare un percorso, un corso la cui interpretazione sul fronte giuridico-amministrativo ha dato vita al
curriculum vitae, curriculum studio rum, curriculum professionale, ovvero un percorso che raccoglie e documenta le diverse esperienze personali, formative,
professionali compiute da un individuo. Il suo signi cato in ambito pedagogico-scolastico è più ampio (origine dalle ricerche condotte negli USA).
• Dewey 1902: lo de nisce come un “corso di studi intenzionale”, in cui le conoscenze disciplinari si correlano ai processi mentali utilizzati dall’alunno per
organizzare e trasformare la conoscenza.
• F. Bobbit 1918: lo descrive come “la successione strutturata delle azioni didattiche e formative che la scuola adotta per completare e perfezionare
lo sviluppo delle abilità di un soggetto”.
• P.W.Musgrave: esso prevede “quelle esperienze di apprendimento o la successione di esperienze organizzate da agenti educativi formali
scolastici”.
• Sul fronte dell’allievo il curricolo viene ad essere, come scrivono J.D.Nisbet e N.J.Entwistle “il complesso di impegni dello studente nei vari aspetti
dell’ambiente che sono programmati sotto la direzione della scuola”.
Quindi il curricolo non coincide automaticamente con i contenuti, ma deve essere inteso come:
• il complesso delle risorse educ. che entrano in gioco nel “fare scuola” e che chiamano in causa le esperienze apprenditive dell’alunno, le quali devono
sempre essere orientate al conseguimento di un ne;
• l’insieme delle o erte di formazione organizzate e proposte dalla scuola in base alle risorse umane, strutturali e nanziarie di cui dispone, allo scopo di
promuovere lo sviluppo e la crescita degli alunni.
Questa doppia lettura del curricolo si ritrova anche in L. Stenhouse, il quale precisa che ci sono “due modi di considerare il curricolo: da una parte è visto
come un’interazione, un piano, un’idea di ciò che dovrebbe accadere nella scuola; dall’altra parte è considerato come ciò che di fatto accade nella scuola.
Un curricolo è un tentativo di rendere comunicabili i principi e le con gurazioni di una proposta educativa, in modo da renderla disponibile all’analisi
critica. Esso include sia il contenuto sia il metodo, e nella più larga accezione, rende conto del problema, del suo sviluppo e sostegno entro il sistema
educ.”
C.Pontecorvo, nel 1979, “ la nozione di curricolo dovrebbe sostituire quella di programma, in quanto è più comprensiva, perché include una scelta di
contenuti, indica obiettivi, metodi di insegnamento e di apprendimento, materiali didattici e soprattutto richiede di considerare l’allievo nelle sue preliminari
abilità, conoscenze, motivazioni. La ragione più importante è che ciò comporta un lavoro attivo di progettazione da parte degli insegnanti, che consiste nel
saper tradurre i contenuti culturali in termini di attività formative e di operazioni mentali e pratiche degli allievi”.
• Curricolo: percorso formativo progettato e realizzato dagli insegnanti al ne di porre gli alunni nelle condizioni di raggiungere i traguardi previsti. Il
docente deve farsi carico della conoscenza dei fondamenti epistemologici e degli oggetti di studio della propria disciplina, ma anche adottare tutte le
soluzioni metodologico-didattiche possibili, a nchè l’intervento conduca l’alunno al successo.
• Oggi, il più grave dei misunderstanding sta nel fatto che per molti continui a coincidere con il programma, o con un programma sempli cato di contenuti,
arricchito con qualche nozione pedagogica e inframezzato da qualche progetto.
Perché? È un problema che va ricostruito dalle origini.
In seguito alla relazione tenuta da J.Bruner nel 1959, in occasione del Convegno Woods Hole, in cui l’autore propose un superamento della logica dicotomica
tra cultura umanistica e cultura scienti ca, venne determinandosi un’attenzione intorno alla questione curricolare. Gradualmente, anche in Italia, si sviluppò la
consapevolezza che i processi di costruzione di conoscenze sono regolati dalle relazioni che i contenuti disciplinari intrattengono e le esperienze del soggetto, e
che all’apprendimento concorrono altri fattori di ordine extra-disciplinare e contenutistico che hanno a che fare con la sfera didattico-metodologica,
organizzativa, socioambientale, psico-a ettivo-relazionale, ecc. Dagli anni ’70 sarà concepito come l’insieme delle scelte educ e didattiche adottate in base ai
bisogni dell’utenza, per applicare strategie di intervento culturalmente e socialmente connotate. Il curricolo veniva concepito come un “piano di lavoro”, che se
per un verso, preservava dall’insegnamento improvvisato, dall’altro, erogava a tutti i soggetti la stessa o erta, nutrendo l’aspettativa di mettere tutti nelle
condizioni ottimali per conseguire i medesimi livelli, aspetto quest’ultimo smentito poi dalla ricerca psico-pedagogica. Questa idea di curricolo rifuggiva
qualsiasi soluzione alternativa di apprendimento, tant’è che risultati divergenti venivano considerati inaccettabili.
Se dunque il curricolo rimanda alla costruzione di un percorso nalizzato all’acquisizione di conoscenze e competenze, è chiaro come esso non possa essere il
frutto di proposte standardizzate e che debba nascere da un atto creativo che trova la sua espressione nella progettazione formativa.
Per questo si progetta→La progettazione deve con gurarsi come una prassi abituale per mezzo della quale gli operatori scolastici, de niscono a priori e
rimodellano in corso gli interventi che ritengono più adeguati, implicando sempre il riferimento ad una meta. Le proposte progettuali devono rifarsi a “misure”
speci che di intervento connesse con obiettivi di trasformazione sociale, economica e culturale.
La progettazione risponde a due esigenze che oggi nella scuola sembrano essere importanti:
1. l’intenzionalità dell’atto formativo: Processo ideativo, creativo e costruttivo. Ogni progettazione deve essere riferita ad una situazione reale, centrata su
una metodologia che alcuni hanno de nito bottom-up, attraverso la quale vengono elaborate traiettorie d’azione orientate alla risoluzione di problemi o alla
soddisfazione di bisogni. La programmazione educ e didattica era espressione di prescrizioni dirette dal Ministero alle singole scuole, mentre la
progettazione curricolare prevede maggiori spazi di movimento. La progettazione curricolare nasce come percorso ipotetico, come “idea creativa”, che
deve trasformarsi in azione; essa è frutto di un’intenzionalità ben ponderata e di una ri essionepartecipazione attenta e collegiale. La progettazione fornisce
al corpo docente la possibilità/responsabilità di operare scelte consapevoli inerenti gli obiettivi e i contenuti dell’apprendimento, che, come vuole
B.S.Bloom, organizzati secondo una struttura tassonomica, considerino i diversi livelli di partenza degli alunni nell’articolazione di itinerari personali. La
progettazione sottolinea l’importanza del “pensare a priori” la didattica, avvalendosi di un’organizzazione sistematica dell’insegnamento/apprendimento in
maniera tale da monitorare sia i processi che i risultati raggiunti. L’inconoscibilità dell’allievo e la soggettività dei processi educativi, legittimano una
didattica progettuale, basata sulla casualità, quella che per R.Maragliano ha de nito la “didattica del caso”. L’educabilità e lo sviluppo delle potenzialità dei
soggetti, verrebbero ad essere direttamente proporzionali alle doti di cui ciascuno è portatore. Sul fronte dell’insegnamento, la didattica è lasciata
all’improvvisazione del docente, al suo “talento personale” nel percepire quali siano le attività che al momento meglio si adattano ai bisogni dell’alunno
2. il monitoraggio dell’e cacia/e cienza degli interventi in relazione ai risultati conseguiti:.Processo di controllo, guida e monitoraggio. Il ricorso al
metodo di progettazione si basa sull’introduzione di procedure che consentono la previsione di obiettivi perseguibili, di percorsi adeguati, di risultati
raggiungibili. Attraverso la progettazione è possibile monitorare e tenere sotto controllo sia i processi che i prodotti degli interventi di istruzione/formazione.
La progettazione necessita pertanto di una struttura di riferimento (sca olding), di uno o più oggetti da monitorare, di un processo da avviare/attuare. Deve
comunque lasciare spazio all’imprevisto e all’imprevedibile, essere aperto al cambiamento.
1. Contesto: La progettazione non può essere svincolata da una situazione concreta di riferimento, sono proprio le speci cità locali che devono animare e produrre elementi di
originalità e di innovazione.
2. Intenzionalità: Il curricolo è un lavoro razionale che chiama in causa sia una razionalità tecnica sia una razionalità ri essiva. La scuola rappresenta un investimento in capitale
umano che deve essere nalizzato attraverso itinerari di crescita e di maturazione de niti, calibrati, strutturati. Il ricorso all'intenzionalità formativa: oggi le giovani generazioni non
possono prescindere dal raggiungere il successo formativo, dal conseguire speci ci risultati, se non vogliono essere tagliati fuori dalla competitività del mondo della produzione.
3. Integrazione: La scuola si deve porre in relazione con le altre agenzie formative e con le istituzioni del territorio. Lo sviluppo di questo sistema integrato costituisce un
elemento fondamentale per la circolazione della cultura e la promozione di un apprendimento di uso. La costruzione di accordi, convenzioni, patti multilaterali con gli enti
territoriali costituisce un strategia irrinunciabile che deve supportare la costruzione sia del curricolo sia del POF.
4. Flessibilità: La possibilità di di erenziare gli itinerari a partire dalla scuola risponde ad un'esigenza del soggetto di scoprire forme personali di accesso. Il diritto allo studio, vuol
dire: avere la possibilità di esprimere le proprie potenzialità attraverso un'o erta formativa di erenziata che permette di coltivare attitudini, inclinazioni ed interessi particolari.
L'obiettivo della scuola è il raggiungimento per tutti di alcuni standard essenziali che puntano allo sviluppo di ulteriori apprendimenti.
5. Condivisione: Il curricolo è un lavoro di èquipe che richiede costanti mediazioni e integrazioni. È importante che gli operatori scolastici abbiano chiaro quale sia il modello di
scuola in cui si identi cano, che stabiliscano con chiarezza i ni del processo formativo e i valori di riferimento. Diviene più facile prevenire lo scollamento tra "curricolo esplicito"
e "curricolo implicito". Sul fronte organizzativo la progettazione del c. deve trovare momenti di scambiori essione-confronto negli organi collegiali e con le agenzie del territorio,
gli enti locali e le famiglie.
6. Documentazione/Comunicazione: il curricolo della scuola per non restare un documento tecnico, decifrabile solo da addetti ai lavori deve essere adeguatamente
socializzato e illustrato all'utenza. L'individuazione di alcune scelte contenutistici, organizzative, metodologiche e gestionali devono essere motivate e giusti cate sia all'interno
che all'esterno, per fare questo i canonici incontri scuola-famiglia non sono su cienti, opportuno individuare altri spazi e momenti informativi funzionali rendere trasparente il
lavoro svolto dalla scuola. Documentare non vuol dire solo raccogliere per conservare ma anche di seminare quanto è stato fatto per poterlo condividere con altri.
7. Unitarietà\Progressione: Il curricolo deve ispirarsi al principio dell'unitarietà perché non deve allontanarsi da quelle che sono le principali nalità della scuola legate alla
formazione dell'uomo e del cittadino. Alcune competenze è necessario che attraversino trasversalmente tutti gli ordini e le tipologie di scuola purché siano graduate in misura
adeguata.Si costruisce un continuum educativo che accompagna il soggetto per tutta la sua permanenza nel sistema dell'istruzione. Stimola i docenti alla condivisione di
possibili raccordi sia disciplinari che interdisciplinari.
8. Trasversalità\Disciplinarità: Il c. concorre al raggiungimento di nalità educativo-formative che sono precisate a livello regionale dagli apparati ministeriali e poi declinate
dalle singole scuole. La dimensione contenutistica e quella formativa sono disgiunte; la prima concorre alla costruzione della seconda: la conoscenza è trasmissione delle info,
ma anche di fondamenti valoriali. La trasversalità apre spazi inediti e personali di costruzione di conoscenza dove l'alunno è messo nelle condizioni di ravvisare relazioni, rapporti
di causalità, sinergie, intersezioni, parallelismi tra discipline diverse.
9. Internazionalizzazione: I contesti di oggi sono caratterizzati da appartenenze plurime sul piano culturale, religioso, etnico, occupazionale, economico, dove il
"glocalismo" (globale-locale) è divenatato uno degli elementi che accomuna le realtà e le forme di vita del pianeta. Costruire il curricolo prestando attenzione alle istanze locali e a
quelle sovrannazionali lo rendono uno strumento funzionale alla formazione di identità aperte al confronto, allo scambio culturale e linguistico.
10. Ri essività: Un momento di ri essione interno alle scuole, in cui i docenti si interrogano e si confrontano sul modello pedagogico di scuola che essi hanno in mente. Gli
insegnanti devono indossare i panni di quello che Schon de nisce il "professionista ri essivo", ovvero quel professionista esperto che nel suo lavoro chiama in causa una
razionalità tecnica, fatta di procedure, schemi, ecc., ma soprattutto una razionalità ri essiva alla quale ricorre nel corso dell'azione e non solo a posteriori. Essa dovrebbe guidare
molti aspetti della progettazione del c., quali: l'organizzazione delle discipline, delle risorse, dei tempi, degli spazi; la scelta delle strategie didattiche, delle tecniche
metodologiche, ecc. La ri essività consente di sottoporre ad analisi, quanto progettato e poi concretamente realizzato. L'adozione di un approccio ri essivo all'insegamento
porta i docenti a monitorare anche i valori, i principi, le scelte, le teorie dell'educazione cui essi si ispirano, veri candone la validità o meno.
Indicazioni nazionali
Curricolo nazionale
Curricolo di scuola
Recentemente la ri essione sul c. è andata ridimensionando la centarlità di contenuti irrinunciabili che tutti devono possedere, spostando
l'attenzione sulle COMPETENZE (SVOLTA EPOCALE) che gli alunni devono padroneggiare.
Competenza: uso di saperi intesi come conoscenza dichiarativa (know what), saper fare, esperessione di una conoscenza procedurale (know how).
Prevede un richiamo all'agire che va interpretato come ricorso al fare che include processi ri essivi, metacognitivi, metaemozionali. Altra caratteristica
della competenza, la sua trasferibilità da un contesto d'uso all'altro. È anche un sapere condiviso da una comunità. Il sapere condiviso diventa
personalizzato quando il soggetto lo elabora e lo riveste di signi cati propri. É un sapere che si manifesta all'esterno esprimendosi nei termini operativi
dell'azione concreta. É teoria, ma soprattutto azione e ri essione insieme, secondo equilibri, costantemente rinegoziati, tra i sogg e le discipline. Per
esprimersi ha bisogno di un contesto dato, il quale può essere disciplinare, professionale o esistenziale: contenuto di un sapere, esperienza passata,
ambiente di apprendimento reale o virtuale.
L'ergonomia della competenza può essere rappresentata come il risultato dell'incrocio di 4 fattori:
1. conoscenza,
2. esperienza,
3. ri essione
4. azione
Tradizionalmente hanno avuto un peso diverso nel contesto scolastico. Se attraverso la competenza, si manifestano le capacità del sogg e le abilità
che egli ha sviluppato è necessario ricorrere ad azioni agite in una molteplicità di contesti. Nella scuola i contesti sono predisposti dagli insegnanti e
quindi sono formali. Nella vita di un sogg, invece, la maggior parte delle esperienze e dei problemi ha luogo in contesti non scolastici, che richiedono
l'attivazione di competenze apprese (anche a scuola) in modo personale e creativo (sistema di padronanza).
Padronanza: modo in cui l'allievo modellizza mentalmente la realtà; in essa si combinano tutte le facoltà del sogg (cognitive o applicative, a etive o
relazionali). Attraverso i suoi sistemi di padronanza il sogg mette alla prova nella vita, le competenze che ha acquisito nella scuola.Per questo, una
didattica attiva può avere un ruolo centrale nella promozione delle competenze, nel momento in cui, abbandonando in parte la lezione frontale, costruisce
i propri curricoli a partire dal lavoro per problemi (case studies), dal laboratorio, o rendo l'opportunità di sperimentare, veri care e dare senso alle
competenze apprese.
Non si può essere sogg competenti se non si possiedono gli elementi conoscitivi fondanti i vari assetti disciplinari, per questo il lavoro sulle
conoscenze continua ad essere impor, ma non è l’unico. Le conoscenze e le abilità assumono un valore strumentale rispetto alla maturazione di
competenze, ma questo passaggio richiede un iter metodologico preciso.
Dispositivi metodologici Processi metodologici Di coltà legata alla transizione dalle conoscenze disciplinari alle competenze →queste
↓ ↓ ultime richiedono la messa in opera di quello che R.Feuerstein ha de nito "bridging" (la
Sapere "costruzione di ponti"), cioè la trasferibilità di apprendimenti, regole e schemi d'azione appresi
Trasposizione didattica che vengono rimodulati a seconda del compito e della situazione. Grazie a questo gli alunni
Sapere da insegnare arrivano ad attivare sinergie tra diversi ambiti disciplinari e situazioni simili, riescono a sviluppare
Ingegneria didattica collegamenti tra le attività proposte dall'insegnante e situazioni di vita reale in cui possono
Sapere insegnato
Costruzione personale
essere utilizzate le stesse strategie di problem setting e problem solving. Questa capacità nel
Sapere appreso trasferire, legare, comparare, processare oggetti di appr e situazioni è frutto di processi
Passaggio alla competenza metacogniti e metari essivi che vanno accompagnati dal lavoro dell'insegnante.
Competenza individuale Nella scuola delle competenze, l'insegnante deve essere "saggio", esperto sul fronte
Processo di transfer
metodologico-didattico o progettuale e che sia un abile scopritore delle modalità
Competenza esperta
individuali di accesso alle conoscenze e alle competenze, al ne di intercettare e promuovere i talenti personali. Nella costruzione del c. alcune
competenze devono essere sviluppate al massimo delle potenzialità dei sogg in quanto indispensabili ai ni del successo scolastico, ma anche
perchè irrinunciabili per il pieno esercizio di una cittadinanza attiva; mentre i "contenuti" sono il campo che può essere lasciato alla capacità e alla
possibilità di "scelta" dei docenti per due motivi:
1. solo l'istituzione scolastica può selezionare, fra le competenze culturali che possiede e le risorse culturali del territorio in cui vive, quali "saperi", quali
tematiche, quali messaggi possono favorire l'apprendimento e lo sviluppo di competenze essenziali;
2. nella società della conoscenza, il "sapere" è pieno di frammentazioni in continua espansione per cui bisogna operare delle scelte, se non si vuole
banalizzare l'istruzione. Individuare quali debbano essere le competenze essenziali su cui fondare la progettazione del curricolo, è un compito che spetta
agli apparati ministeriali, incaricati di emanare Indicazioni nazionali utili alla progettazione curricolare, mentre è compito di ciascuna scuola utilizzare le
essibilità didattico-organizzative previste dall'autonomia per favorire il loro raggiungimento da parte degli alunni.
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3.Dalle politiche europee per l'istruzione e la formazione all'innovazione curricolare
La strutturazione del c. per competenze è il risultato di decisioni transnazionali de nite a livello europeo e riconducibili a quella che è stata de nita la
"Strategia di Lisbona" sono soprattutto 4 provvedimenti:
1. La stategia di Lisbona, 2000;
2. Il Memorandum sull'istruzione e formazione permanente, 2000;
3. Le competenze chiave per l'apprendimento permanente, 2006;
4. Il Quadro europeo delle quali che, 2008)
che hanno contribuito a rimodellare l'architettura e gli aspetti organizzativo-diattici dei sistemi di istruzione nazionali, dando il via ad una serie di provvedimenti
nazionali che in molti Paesi, sono in corso di attuazione.
1.La Strategia di Lisbona, delineata in occasione del Consiglio Europeo tenutosi a Lisbona nel 2000, nel quale i Capi di Stato hanno stabilito di adottare il
seguente obiettivo quale punto di riferimento per le successive politiche europee, "diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dianmica
del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il raggiungimento di
questo obiettivo è stato riferito a circa 10 aree inerenti le politiche sociali e i settori rilevanti per la costruzione di una economia basata sulla conoscenza.
Nelle Conclusioni viene inoltre riconosciuto il ruolo fondamentale che l'istruzione e la formazione ricoprono per la crescita e lo sviluppo economico, per cui nel
2001 a Stoccolma è stata approvata la "Relazione sugli obiettivi concreti futuri dei sistemi di istruzione e di formazione" del Consiglio Istruzione in cui viene
delineato un approccio delle politiche nazionali nel settore dell'istruzione, concentrando gli sforzi attorno a tre obiettivi:
1.aumentare la qualità e l'e cacia dei sistemi di istruzione e di formazione dell'unione europea;
2.facilitare l'accesso ai sistemi di istruzione e di formazione;
3.aprire i sistemi di istruzione e formazione al mondo esterno.
Questi obiettivi sono stati declinati in 13 obiettivi concreti. Successivamente è stato preparato un programma di lavoro, dove per ciascuno dei 13 obiettivi
indicati nella Relazione sono stati individuati alcuni temi-chiave da a rontare, nonchè un elenco di indicatori per misurare l'attuazione mediante il "metodo
aperto di coordinamento".
Nel 2003, il Consiglio dei Ministri dell'Istruzione ha individuato 5 aree prioritarie di intervento, de nendone anche i livelli di riferimento da raggiungere
entro il 2010:
1.diminuzione degli abbandoni precoci (non superiore al 10%);
2.aumento dei laureati in matematica, scienze e tecnologia (aumento del 15% e al contempo diminuzione dello squilibrio tra sessi);
3.aumento dei giovani che completano gli studi secondari superiori (almeno l'85% della popolazione ventiduenne);
4.diminuzione della % dei 15enni con scarsa capacità di lettura (20% rispetto al 2000);
5.aumento della media europea di partecipazione ad iniziative di lifelong learning (almeno no al 12% della popolazione adulta in età lavorativa 25\64
anni).
Nel 2007 il Consiglio ha individuato 16 indicatori, funzionali al monitoraggio dei progressi verso gli obiettivi di Lisbona:
1.Partecipazione all'istruzione pre-scolare; 2.Istruzione per persone con BES; 3.Giovani che abbandonano la 4.Conoscenze di base in lettura,
scuola prematuramente; matematica e scienze;
5.Conoscenze linguistiche; 6.Competenze in materia di TIC; 7.Competenze civiche; 8.Capacità di imparare ad imparare;
9.Tassi di completamento dell'istruzione 10.Sviluppo professionale degli 11.Diplomati dell'istruzione 12.Mobilità transnazionale degli
secondaria superiore; insegnanti e dei formatori; superiore; studenti dell'istruzione superiore;
13.Partecipazione degli adulti 14.Competenze degli adulti; 15.Livello i istruzione della 16.Investimenti nel campo
all'apprrendimento permanente; popolazione; dell'istruzione e della formazione.
Questi indicatori sono risultati utili per l'individuazione di tre "leve" su cui basare l'azione futura:
1.concentrare le riforme e gli investimenti nei settori-chiave;
2.fare dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita una realtà concreta;
3.costruire l'Europa dell'istruzione e della formazione.
Con cadenza biennale sono stati veri cati i progressi compiuti nell'attuazione del piano di lavoro.
• Il rapporto del 2006 evidenzia una progressione lenta e faticosa dei Paesi verso le soglie-obiettivo previste per il 2010.
• Il rapporto del 2008: studenti nell’istruzione superiore sono aumentati di 3 milioni e ogni anno 1 milione di laureati in più; il 60% dei giovani (tra i 5-29 anni)
frequenta la scuola superiore; ancora preoccupante: 6 milioni di giovani (1:7) tra i 18-24 anni arrivano a completare SOLO la scuola dell’obbligo; 1:7 di
bambini di 4 anni non partecipa a percorsi educativi; ineguaglianze di genere: i ragazzi ottengono risultati peggiore in lettura, le ragazze in matematica; circa
108 milioni di individui possiede livelli di studio troppo bassi. Italia: la progressione risulta costante sia positivo che in negativo.
2.Il Memorandum sull'istruzione e la formazione permanente, "l'obiettivo consiste nel dare l'avvio ad un dibattito su una strategia globale di attuazione
dell'istruzione e della formazione permanente a livello sia individuale che istituzionale". Innovazione: la nozione di istruzione e formazione permanente deve
diventare il principio informatore dell'o erta e della domanda in qualsiasi contesto di apprendimento, che punta a fare della formazione il volano del
cambiamento. Come scrive F. Fabbroni: "Un cambiamento profondo della scuola è possibile a partire da un disegno longitudinale dell'educazione
senza con ni temporali ".
In linea con gli obiettivi del Memorandum la scuola può operare nella prospettiva del lifelong learning sia al suo interno che con le agenzie del territorio in moda
tale da:
- garantire a tutti l'accesso all'istruzione per una partecipazione attiva ai progressi della società della conoscenza;
- assicurare un investimento costante nelle risorse umane;
- sviluppare contesti e metodi e caci di insegnamento per un'o erta che ha inizio con la scuola e parallelamente ad essa in famiglia, nell'associazionismo,
ecc, per poi trovare una prosecuzione durante tutta la vita;
- a nare le modalità di valutazione dei risultati delle azioni di istruzione e formazione con attenzione alle situazioni esperenziali legati al contesto scolastico,
ma anche quelle informali;
- garantire a tutti un facile accesso ad info e ad un orientamento sulle opportunità di istruzione;
- promuovere opportunità di formazione permanente aperte alla comunità di appartenenza facendo ricorso, se necessario, alle TIC.
Il contributo della scuola alle politiche per l'istruzione appare indispensabile oggi per 2 ragioni:
• in Europa è in atto un’evoluzione verso una società ed un'economia basate sulla conoscenza, per ra orzare la competitività dell'Europa e migliorare le
capacità d'inserimento professionale e di adattamento della sua manodopera;
• i cittadini vivono in mondo socialmente e politicamente complesso.
L'istruzione rappresenta il requisito essenziale per comprendere tali s de ed imparare ad a rontarle. É necessario che la scuola investa
maggiormente sullo sviluppo umano, per dare un'istruzione di base e di qualità a tutti a partire dalla prima infanzia. Il Memorandum si conclude con la
raccomandazione per gli Stati membri di dare luogo ad una stategia globale centrata sulla collaborazione. Collaborare in maniera e cace signi ca impegnarsi
ulteriormente per creare reali collegamenti tra le diverse parti del sistema di istruzione e formazione e tra questo e altri sistemi.
3.Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l'apprendimento permanente, sono ulteriori
precisazioni in merito alle cosiddette competenze chiave per l'apprendimento permanente. La Raccomandazione esorta tutti gli Stati membri ad assicuare che:
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• l'istruzione e la formazione iniziali o rano a tutti gli strumenti per sviluppare competenze chiave a un livello tale che li prepari alla vita adulta e costituisca la
base per altre occasioni di apprendiemnto;
• si tenga conto di quei giovani, che a causa di svantaggi educativi determinati da circostanze personali, sociali, culturali o economiche, hanno bisogno di un
sostegno per realizzare le loro potenzialità;
• gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornare le loro competenze chiave in tutto l'arco della vita con un'attenzione particolare per gruppi di destinatari
riconosciuti prioritari nel contesto nazionale, regionalee\o locale.
Con questa disposizione l'UE ribadisce l'impor della costruzione di un comune "quadro di riferimento" europeo intorno alle competenze chiave che i Paesi
membri devono perseguire attraverso i loro sistemi. L'obiettivo nale è quello di contribuire allo sviluppo di un'istruzione e di una formazione di qualità,
orientando le azioni in vista del raggiungimento di competenze utili a preparare i giovani alla vita adulta. La combinazione di conoscenze, abilità e attitudini dà
vita ad 8 competenze chiave di cui tutti i soggetti hanno bisogno.
1. Comunicare nella lingua madre; 2. Comunicazione in lingue straniere; 3. Competenza matematica e competenza 4. Competenza digitale;
di base in campo scienti co e tecnologico
5. Imparare a imparare; 6.Competenze sociali e civiche; 7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. Consapevolezza ed espressione
culturale
Non sono odinate secondo una dispozione gerarchica, poichè ognuna va considerata come indispensabile per vivere nella società della conoscenza. Per molti
versi si sovrappongono nella misura in cui aspetti dell'una contribuiscono alla maturazione di tratti essenziali di altre. Le competenze riportate è necessario
che diventino il punto d'arrivo dell'istruzione in Europa. Esse orientano verso l'apprendimento permanente con l'attenzione alla formazione di
soggetti "domani adulti".
4.Il quadro Europeo delle Quali che per l'apprendimento permanente (EQF). Con questo provvedimento l'UE ha inteso elaborare un quadro comune di
riferimento tale da collegare fra loro i sistemi di quali cazione di paesi membri, in modo da rendere i titoli e le quali che più leggibili e comprensibili tra di erenti
sistemi formativi europei. Esso rappresenta la risposta al terzo obiettivo della Strategia di Lisbona, che prevede di "aprire i sistemi di istruzione e
formazione" per promuovere la mobilità dei cittadini europei e agevolarne l'apprendimento permanente. Questo lavoro nella costruzione di un quadro di
riferimento ha avuto inizio già nel 2004, ma solo nel 2006 la Commisione ha avanzato una proposta rati cata dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel 2008.
Essa rappresenta la sottoscrizione di un impegno che entro il 2010 sono invitati a rapportare i propri sistemi di quali cazione, e entro il 2012 ad introdurre nei
singoli certi cati di quali ca, titoli e diplomi un riferimento al livello corrispondente dell'EQF. S da molto importante sia sul fronte dell’istruzione:
• perché nonostante il tema della certi cazione delle competenze sia discusso da tempo, a partire dalla Legge n.9 1999 (Innalzamento dell'obbligo
d'istruzione da 8 a 10 anni con e etto graduale a partire dal 1999-2000, poi abrogata dalla Riforma Moratti) e provvedimenti successivi, esso risulta
INCOMPIUTO
• sia per quello della formazione, poichè la certi cazione delle quali che professionali richiede la stesura di un Accordo-Quadro tra Stato e Regioni nella
prospettiva di una maggiore collaborazione tra centro e periferia.
Dell'EQF potranno beni ciare diversi sogg avvalendosi di sinergie e corrispondenze tra i sistemi di quali cazione di vari paesi, nello speci co
favorirà:
1. una mobilità più di studenti e lavoratori, consentendo loro di descrivere il proprio livello di competenze ai potenziali datori di lavoro di altri paesi;
2. i singoli individui, incrementandone le possibilità di accesso e partecipazione all'apprendimento permanente.
L'EQF indicherà in quale modo i risultati dell'apprendimento possono essere combinati partendo da di erenti contesti e da paesi diversi, contribuendo
all'abbattimento delle barriere tra fornitori di servizi di istruzione e formazione(ad es, fra l'istruzione superiore e l'istruzione professionale)che potrebbero
operare separatamente.
L'intendimento è quello di promuovere la progressione, a nchè gli individui non debbano ripetere cicli di apprendimento;
• gli individui in possesso di una vasta esperienza maturata sul lavoro o in altri campi di attività; agevolando la validazione di tale apprendimento informale
sarà possibile valutare se i risultati ottenuti sono equivalenti alle quali che formali in termini di contenuto e pertinenza;
• gli utenti individuali e i fornitori di servizi di istruzione e formazione incrementando la trasparenza delle quali che rilasciate al di fuori dei sistemi nazionali (ad
es, da settori e società multinazionali).
L'adozione di un quadro di riferimento agevolerà il ra ronto e il collegamento fra le quali che tradizionali rilasciate dalle autorità nazionali e le quali che
rilasciate da altri sogg.
L'EQF sottolinea nuovamente la centralità delle competenze all'interno di processi di formazione e professionali. Esso prevede 8 livelli, i quali rappresentano il
riferimento comune ai vari sistemi nazionali europei e che prendono in considerazione le varie quali che previste. Gli 8 livelli sono narrati in termini di risultati
di apprendimento perchè la competenza per essere valutata e certi cata devono essere descritte. Elemento di innovazione, poichè considera l'e cacia
dell'apprendimento in termini di learning out come (=risultati dell'apprendimento conseguiti)
PRIMARIA: mira all'acquisizione degli apprendimenti di base. Ai MEDIE: rappresenta la fase in cui si realizza l'accesso alle discipline come punti di vista
bambini va o erta l'opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, sulla realtà e come modalità di interpretazione, simbolizzazione e rappresentazione del
emotive, a ettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i mondo. La valorizzazione delle discipline avviene quando si evitano 2 rischi: sul piano
saperi irrinunciabili. Scuola formativa che attraverso gli alfabeti delle culturale, quello della frammentazione dei saperi (ci vuole l'interdisciplinarietà tra le
discipline, permette di esercitare di erenti potenzialità di pensiero; discipline) e sul piano didattico, quello dell'impostazione trasmissiva.
La legge n.148\1990 istitutiva i "moduli", abrogati dal decreto-legge n.137\2008, convertito con modi cazioni
dalla legge n.169\2008, la quale ha previsto nella s.primaria la costituzione di classi a date ad un unico
insegnante e funzionanti con orari di 24h settimanali.
La tabella mostra lo stretto parallelismo tra le aree disciplinari delle
Indicazioni e gli assi culturali del nuovo obbligo di istruzione a
supporto di una continuità e verticalità del c. che si estendono no al
biennio della s.superiore, conferendo così organicità. Le Indicazioni
suggeriscono apposite strategie didattiche utili allo sviluppo di
competenze, ma agevolano al massimo la progettazione di
percorsi di apprendimento orientati ad arricchire il bagaglio
É necessario procedere per gradi: esperenziale e conoscitivo in vista dell'acquisizione di forme di
il primo stadio conoscitivo è apprendimento superiore.
rappresentato:
- (1) dalla riproduzione di dati, info acquisite, per poi passare
- (2) alla comprensione delle conoscenze metabolizzate attraverso una loro manipolazione, cui fa seguito
- (3) la costruzione di un habitus per poterne generare nuove,
- (4) no alla conquista di un pensiero divergente che diventa il terreno in cui si esprime al meglio la creatività e la soggettività di ciascuno.
Questo processo può essere realizzato mediante un percorso unitario riferito a 3 ordini di scuola. Le di coltà rilevate sono da imputarsi all'impossibilità
di creare una sintesi tra testi programmatici elaborati in tempi e momenti diversi, da cui emergeva la diversità delle impostazioni ideologico-culturali, dei
modelli psico-pedagocici di riferimento, delle soluzioni didattico-organizzative proposte. All'interno del I ciclo la pratica della continuità e della trasversalità del
curricolo è resa perseguibile dalla presenza delle aree disciplinari e al loro interno di discipline comuni sia alla s.primaria che alla s.media. In seno a questa
architettura si inserisce poi il lavoro degli insegnanti con le loro competenze progettuali e organizzative, con le loro expertise, le loro esperienze pregresse.
Nell'Atto di indirizzo del MIUR (2009) vengono de niti i criteri da tenere presenti al momento della progettazione:
• 1.porre al centro l'alunno e il suo itinerario di formazione;
• 2.l'obiettivo principale è quello di formare i cittadini di oggi e di domani;
• 3.operare per una scuola dell'inclusione;
• 4. ssare le tappe e i traguardi da superare nel percorso continuo dai 3 ai 14 anni;
• 5.veri care periodicamente i progressi di ogni alunno, soprattutto nelle capacità di base;
• 6.responsabilizzare ogni scuola rispetto ai risultati e ai livelli di apprendimento che i propri alunni sono chiamati a raggiungere;
• 7.de nire e proporre un curricolo adeguato alla formazione degli alunni e al loro proseguimento negli studi.
Il percorso formativo della scuola deve con gurarsi come un iter centrato sulla continuità delle esperienze di apprendimento(favorite dalla di usione
degli istituti comprensivi e dalle molte esperienze di verticalizzazione).
Come riportato nell'Atto di indirizzo, è necessario:
- creare e mantenere il livello di motivazione allo studio e alla partecipazione alle attività didattiche;
- stabilire un raccordo tra le "Indicazioni" e gli interventi di valutazione;
- de nire e controllare i livelli di competenza raggiunti, tenendo anche conto delle analisi condotte dall'Invalsi;
- intervenire con strategie di rinforzo, di apprendimento e di recupero, in relazione con le carenze o le potenzialità;
- tener conto degli standard di riferimento di usi in ambito UE ed OCSE;
- riservare attenzione al conseguimento di traguardi progressivi di formazione, al graduale passaggio da un anno all'altro e alla transizione dalla s.primaria alla
s.media;
- sviluppare le dinamiche della didattica laboratoriale e della peer education.
La valutazione dei risultati, del comportamento e del processo formativo ricoprono un ruolo centrale nell'esperienza scolastica di ciascun sogg.
Ecco perchè occorre utilizzare in maniera funzionale gli strumenti e i modi di valutazione in uso, per una duplice nalità:
• a. accompagnare e documentare in modo trasparente, e cace ed attendibile il percorso di ogni singolo alunno;
• b. mettere i docenti nelle condizioni di usare la valutazione come strumento pedagogico-didattico da impiegare sia in itinere che a livello nale.
Nel documento viene rilanciata la s da del curricolo per competenze, all'interno del quale i contenuti e l'articolazione delle discipline devono essere ripensati
secondo una prospettiva epistemologica nuova, che deve puntare a raggiungere una certa familiarità con i "nuclei fondanti" delle discipline, un'acquisizione di
conoscenze e una loro metabolizzazione e trasformazione in competenze spendibili a conclusione del primo ciclo. Nello speci co, essa deve orientare la
propria azione verso quegli ambiti in cui le indagini internazionali e gli esiti della prova nazionale Invalsi denunciano le so erenze più marcate.
Ogni scuola è chiamata a:
- predisporre un curricolo che miri a far scoprire la bellezza e l'interesse di ciascuna disciplina e conduca a coglierne i nuclei fondanti. L'approccio alle diverse
discipline andrà calibrato in funzione delle di erenti esigenze e vocazioni delle diverse età dei bambini e dei ragazzi. In tal modo è possibile far maturare un
rapporto positivo con le discipline sul quale costruire, con il maturare delle necessarie facoltà, un approfondimento critico, nella convizione che serva uno
studio intensivo e criticamente approfondito;
- utilizzare il curriculum anche per valorizzare le capacità e intervenire sulle debolezze degli allievi;
- organizzare l'insegnamento in modo progressivamente sistematico. Il documento de nisce i contorni della scuola precisandone i caratteri e le priorità alla
luce delle recenti trasformazioni ordinamentali e organizattivo-didattiche. Esso ride nisce le nalità e gli indirizzi che gli operatori scolastici devono seguire.
Forse sarebbe stato utile ricevere indicazioni metodologico-didattiche più precise e circoscritte su come operare questa armonizzazione, a fronte di una
cornice organizzativa riscritta che continua a vedere nel DPR n.275\1999 un punto di riferimento, pur con tutti gli spazi di incompiutezza.
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3.I nuovi Regolamenti del I e II ciclo d'istruzione (2008): A seguito degli obiettivi di razionalizzazione di cui all'art.64 del decreto-legge 2008, n.112,
convertito, con modi cazioni, dalle legge 2008 n.133, l'attuale esecutivo ha ritenuto opportuno emanare nuovi Regolamenti aventi il ne di revisionare l'assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico della s.dell'infanzia, del I e II ciclo di istruzione.
a. Il Regolamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione. Sono regolati dalla Legge 2003 n.53 (Riforma Moratti), conseguentemente ai
cambiamenti organizzativo-didattici introdotti dall'art.4 del decreto-legge 2008, n.137, convertito, dalla legge 2008, n.169 che nella s.primaria ha previsto
la reintroduzione del "insegnante unico" (necessario nuovo Regolamento). La di usione è avvenuta conseguentemente alla pubblicazione del DPR n.89
del 2009, mantiene la non obbligatorietà della s.dell'infanzia e la possibilità di inserire bambini anticipatari. L'orario delle attività si articola su 40 ore
settimanali, con possibilità sia di estensione no a 50 ore sia di riduzione (25ore). Nella scuola del primo ciclo vengono mantenuti gli obblighi di frequenza
con possibilità di anticipare l'ingresso. L'insegnante unico prevede di erenti articolazioni dell'orario scolastico pari a 24, 27 e 30 ore (incluse le attività
opzionali facoltative integrabili con risorse a carico delle scuole); è previsto anche il modello delle 40 ore (tempo pieno). Nel decreto si legge: "Le istituzioni
scolastiche adeguano i diversi modelli orario agli obiettivi formativi e ai piani di studio allegati al decreto legislativo n.59 del 2004, aggiornati dal decreto
2007”. Per fare in modo che le scuole possano procedere ad "armonizzare" le Indicazioni Nazionali Moratti (2004) con le Indicazioni per il curricolo Fioroni
(2007) è stato pubblicato l'Atto di indirizzo (Glemini 2009) in cui vengono de niti i criteri generali da seguire. Sebbene nella parte introduttiva si faccia
riferimento al Decreto 2007 n.139, sarebbe stato auspicabile un riferimento alle competenze chiave di cittadinanza come punto di riferimento comune per la
progettazione curricolare; mentre si fa più spesso riferimento agli allegati A, B, C e D del decreto 2004, n.59, nonostante gli indicatori PECUP risultino già
superati. Il processo di "armonizzazione" tra i due modelli di Indicazioni potrebbe essere possibile mantenendo l'impalcatura curricolare de nita dalle
competenze chiave, l'articolazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze previsti dalle Indicazioni per il curricolo, di cui al Decreto 2007, con i
relativi obiettivi di apprendimento integrati con gli obiettivi speci ci di apprendimento (OSA) delle Indicazioni 2004. Ad integrazione sono attivate azioni di
sensibilizzazione e di formazione del personale nalizzate all'acquisizione delle conoscenze e delle competenze relative a "Cittadinanza e Costituzione".
Per quanto riguarda la scuola media, l'art.5 del DPR n.8 del 2009, indica come l'orario annuale obbligatorio delle lezioni sia pari a 990 ore, corrispondenti a
29 ore settimanali, 33 ore annuali da destinare ad attività di approfondimento. Nel tempo prolungato il monte ore è di 36 ore settimanali, elevabili no a 40
(con la mensa). I piani di studio coerentemente con gli obiettivi generali del processo formativo della scuola media sono funzionali alle conoscenze e alle
competenze da acquisire in relazione alle diversità individuali, comprese quelle derivanti da disabilità. Si ribadisce la centralità che il curricolo per
competenze deve ricoprire.
b. I Regolamenti della scuola secondaria superiore. La Riforma avviata con il decreto 2005 n.226, attuativo della legge n.53\2003 (Riforma Moratti), non
essendo mai stato applicato ha lasciato la scuola superiore ancorata al modello idealistico-gentiliano. Come noto, la Riforma Moratti aveva previsto una
"licealizzazione" della scuola superiore, con il rischio di generare una scissione tra il canale dei licei ed il segmento dell'istruzione-formazione
tecnico-professionale. La ride nizione prevista già dall'art.13 della Legge 2007, n.40, sembra aver voluto dare maggiore compattezza e organicità
all'intero sistema delle scuole superiori, all'interno del quale si colloca l'istruzione superiore articolata in licei, istituti tecnici, istituti professionali, nalizzati al
conseguimento di un diploma. (TABELLA 2.13 PAG.123) Il legame con l'impianto de nito dal decreto n.226\2005 resta forte, almeno sul fronte formativo,
infatti tutti i tipi di scuola si rifanno al medesimo Pro lo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema
educativo di istruzione e di formazione (PECUP) di cui all'Allegato A del suddetto decreto: TABELLA 2.14 PAG 124-126 Come indicato nello Schema di
regolamento recante "Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell'art.64, comma 4, del decreto legge
2008, n.112, convertito dalla legge 2008, n.133", i percorsi liceali puntano a fornire gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione
approfondita ed elevata dei temi legati alla persona ed alla società, a nchè egli possa sviluppare un atteggiamento razionale, creativo,
progettuale e critico rispetto ai fenomeni e alle situazioni problematiche. Essi promuovono conoscenze, abilità e competenze, generali e speci che,
coerenti con le capacità e le scelte personali, e le competenze adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, con cui viene de nito il
Pro lo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione per il sistema
dei licei come previsto dall'Allegato A del Regolamento che qui riproduciamo solo per quanto attiene i risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi
liceali. (TABELLA 2.15 PAG.127-128) Il documento riporta inoltre, per ciascuna tipologia di liceo, anche le competenze di indirizzo da applicare in settori
speci ci del mercato del lavoro o della formazione universitaria. É prevista una strutturazione interna articolata in due periodi biennali e in un quinto anno
funzionale alla maturazione di competenze specialistiche con una connotazione orientativa verso gli studi universitari. I licei si articolano in artistico,
classico, linguistico, musicale e coreutico, scienti co e delle scienze umane. Detti indirizzi rimandano a pro li e piani di studi speci ci per ciascun indirizzo.
Le attività didattiche prevedono una quota di lezioni de nita a livello nazionale e una quota riservata alle Regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e
all'insegnamento della religione cattolica, per cui sono previsti attività e insegnamenti obbligatori e insegnamenti attivabili dalle scuole. Tutti i percorsi
prevedono inoltre al 5° anno l'insegnamento, in lingua inglese, di una disciplina non linguistica compresa nel piano di studi. Anche qua è favorita la
partecipazione ai percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto 2005, n.77 (studio-lavoro per progetti, esperienze pratiche e stage). Per gli istituti
tecnici prevede sia il riordino che il potenziamento rispetto agli ordinamenti vigenti, allo scopo di assicurare una maggiore razionalizzazione
dell'utilizzo delle risorse disponibili ed incrementare l'e cacia e l'e cienza del sistema. In realtà la proliferazione degli indirizzi ha originato percorsi
validi solo sulla carta in quanto riferiti a pro li professionali non previsti o non richiesti dal lavoro. Dovrebbero essere caratterizzati da una solida base
culturale di carattere scienti co e tecnologico, costruita attraverso lo studio, l'approfondimento e l'applicazione di linguaggi e metodologie di carattere
generale e speci co in settori per lo sviluppo economico e produttivo del paese. L'obiettivo prioritario è quello di sostenere lo sviluppo delle
professioni tecniche a livello terziario, con le specializzazioni richieste, con riferimento alle piccole e medie imprese, promuovendo l'acquisizione
di saperi e competenze necessarie per un rapido inserimento nel mondo del lavoro, per l'accesso all'uni. Anche in questo caso è stato
predisposto un Pro lo dello studente in cui sono esplicitati i risultati di apprendimento e le competenze attese sia a livello generale per tutta
l'istruzione tecnica che nel dettaglio per i singoli indirizzi. (TABELLA 2.16 PAG.129-132) Gli istituti tecnici dalla durata quinquennale si concludono con
il conseguimento del diploma e sono stati ricondotti a due settori: settore economico e quello tecnologico (gli indirizzi sono alla tabella 2.13 pag.123).
Prevedono un orario annuale di 1056 ore◊32 settimanali, comprensive della quota riservata alle Regioni e dell'insegnamento della religione cattolica
distribuite nei vari anni. Il peso delle discipline di indirizzo incide maggiormente nel triennio, mentre il biennio ha una sionomia tendente al
ra orzamente delle competenze di base e dal taglio orientativo per consentire eventuali passaggi. Questo aspetto va sottolineato poichè,
diversamente dalla proposta di Riforma precedente (Decreto n.226\2005), la didattica degli istituti tecnici non appare sbilanciata n dall'inizio su
discipline professionalizzanti, ma mantiene una valenza formativa attenta allo sviluppo globale della persona.
I laboratori sono organizzati in modo da favorire un collegamento con il mondo del lavoro, compresi il volontariato ed il privato sociale mediante il ricorso a
stage, tirocini e percorsi di alternanza scuola-lavoro.
La quota di autonomia prevista dal DPR n.275\1999 e dal DM n.47\2006 prevede forme di essibilità per corrispondere alle esigenze del territorio e ai
fabbisogni espressi dal mondo del lavoro: entro il 30% nel secondo biennio e il 35% nell'ultimo anno. Al ne di assicurare maggiori opportunità di interazioni
tra la scuola e il mondo del lavoro, il nuovo Regolamento prevede la costituzione di un apposito comitato tecnico-scienti co, composto di docenti e di
esperti del mondo del lavoro, con funzioni consultive e di proposta per l'organizzazione delle aree di indirizzo e per arricchire l'o erta formativa. Non
è su ciente la de nizione del Pro lo in uscita, ma è necessario orientare il lavoro dei docenti con precise Indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le
abilità e le conoscenze connesse ai risultati di apprendimento attesi. Il riordino degli istituti professionali chiude il progetto di ammodernamento della
s.superiore. Anche per gli istituti professionali il legislatore ha previsto una riduzione degli indirizzi, raggruppati in due settori: istituti professionali per il settore
dei servizi e istituti professionali per il settore industria e artigianato. (TABELLA 2.13 PAG 123) L'o erta formativa degli istituti professionali prevede un'area di
istruzione generale e speci che aree di indirizzo. La prima ha l'obiettivo di fornire la preparazione di base, acquisita attraverso il ra orzamento e lo sviluppo
degli assi culturali che caratterizzano l'obbligo di istruzione. La seconda ricorre all'uso di metodi in grado di valorizzare l'apprendimento per mezzo di
esperienze nei contesti formali, informali e la personalizzazione dei percorsi. Dette aree di indirizzo hanno l'obiettivo di far acquisire agli studenti competenze
spendibili in vari contesti. Questa duplice nalità si ritrova anche nel Pro lo in uscita al termine del quinquennio (TABELLA 2.17 PAG.135- 137).
A livello organizzativo è previsto un orario di 1056 ore, 32 ore settimanali comprensive della quota locale distribuita
Sebbene l'istruzione professionale abbia come punto di riferimento al termine del ciclo di studio il mondo della produzione, questo non esclude che esso si
connoti come un percorso formativo utile alla prosecuzione verso gli studi universitari. Questo rappresenta un elemento di riquali cazione della
qualità degli apprendimenti in uscita dagli istituti professionali anche se i risultati delle indagini internazionali dei Paesi OCSE, risultano quelli
maggiormente de citari in lettura, matematica e scienze, soprattutto in alcune aree del Paese.
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In questo senso le strategie didattiche adottate dal corpo docente ricoprono un ruolo fondamentale nello stimolare l'interesse e la motivazione, per
cui sono da privilegiarsi metodologie basate sui laboratori, l'orientamento progressivo, esercitazioni; lavoro cooperativo; personalizzazione dei
progetti e dei servizi attraverso l'uso delle tecnologie e del pensiero creativo; la gestione di processi in contesti organizzati e l'alternanza scuola-
lavoro.
Può essere realizzato ricorrendo a forme di essibilità deliberate dal Collegio dei docenti pari ad una estensione della quota locale: entro il 25%
dell'orario annuale nel primo biennio; il 35% nel secondo biennio e il 40% nell'ultimo anno.
Per gli istituti professionali appare indispensabile che in tempi brevi siano rese disponibili anche le Indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le abilità e le
conoscenze su cui improntare la progettazione del curricolo. L'innovazione curricolare non può fare a meno di:
1.un assetto ordinamentale chiaro e stabile;
2.una de nizione attenta delle Indicazioni cui si riferisce il curricolo.
Seconda parte Principi e fondamenti del curricolo interculturale Il contesto italiano dell'immigrazione
I cittadini stranieri presenti in Italia sono circa 4.000.000 cioè circa il 6,7 % della popolazione. Principalmente ci sono rumeni, albanesi e marocchini con
minoranze di cinesi e ucraini. Si può così notare:
– la ragguardevole presenza complessiva di cittadini stranieri
– il forte aumento annuale
– l'incidenza delle donne, diventata ormai paritaria a quella maschile
– la crescente presenza nel Meridione – il persistente fabbisogno di manodopera aggiuntiva
– la tendenza alla stabilizzazione
– il carattere sempre più familiare dell'insediamento
– l'aumento dei minori e delle seconde generazioni
– la pluralità dei paesi di origine e delle tradizioni culturali e religiose
(Nell’anno 2007/2008, secondo i dati forniti dal Servizio Statistico del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, gli alunni di cittadinanza non italiana
nelle nostre scuole rappresentano il 6,4 % del totale degli alunni (574.133). Questi alunni stranieri li troviamo iscritti sopratutto alla scuola primaria e alla scuola
secondaria di I grado e corrispondono al 7,7% e al 7,3% dell'intera popolazione scolastica. Nella scuola dell'infanzia, pur non essendo obbligatoria, troviamo il 6,7 % di
bambini non italiani. Per quanto riguarda i bambini stranieri nati in Italia, le percentuali sono diverse e collocate soprattutto nella scuola dell'infanzia e in quella primaria
(71,2% e 41,1%). In ne per i nati di seconda generazione la percentuale è alta nella scuola dell'infanzia e primaria (85%) ma è molto bassa nella scuola secondaria di II
grado (17,8%). ( gra co 1 e 2 pag 221 e 222) La cittadinanza più rappresentata è quella Romena, segue l'Albania e il Marocco e nella scuola secondaria di II grado gli
stranieri sono per lo più iscritti agli istituti professionali e tecnici (8,7% e 4,8%).)
La mancanza di regolarità scolastica tra gli studenti con cittadinanza non italiana rappresenta un dato particolarmente allarmante. Molti di essi non
hanno seguito il corso naturale degli studi e con il crescere dell'età aumenta il loro disagio scolastico. Quindi, il fenomeno dell'anticipo è poco rappresentato,
mentre per il ritardo scolastico e la “ripetenza” la percentuale di stranieri e superiore a quella degli italiani ( vedi gra ci 3,4,5 pag. 226-228).
A livello territoriale l'incidenza degli alunni di cittadinanza non italiana è signi cativa in Emilia Romagna, Umbria, Lombardia e Veneto, dove rappresentano il
10% della popolazione scolastica. Nel Mezzogiorno la percentuale è molto più bassa ad eccezione dell'Abruzzo dove rappresenta il 5% (tabella 1.6 pag 229).
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Per quanto riguarda gli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia, quest'ultimi si distribuiscono in modo uniforme nella scuola dell'infanzia e nella scuola
primaria (tabella 1.7 pag230), ad eccezione del Molise. In ne, la maggiore concentrazione degli alunni con cittadinanza non italiani entrati per la prima volta nel
sistema nazionale scolastico si ha soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno. Troviamo studenti nomadi principalmente in Lazio e assenti in Valle d'Aosta
( gra co 6 pag 232). Il quadro valoriale dell’integrazione.
Lo scenario contemporaneo internazionale porta a considerare l'educazione interculturale come vera opportunità di rinnovamento di stili di vita, di
prospettiva di conoscenza a nché la persona sia realmente rispettata nella sua diversità. Emerge una tendenza accentuata al dialogo tra le culture,
legata alle interazioni sempre più frequenti che l'individuo è riuscito a creare, abbattendo barriere geogra che, stereotipi e pregiudizi. Importante è
la rete telematica, poiché è il mezzo per conoscere il mondo, una vera e propria mediatrice tra individuo e ambiente. Quindi non possiamo
ricondurre l'intercultura solo al fenomeno migratorio ma bisognerebbe ssare l'attenzione sulle interdipendenze e sulle relazioni. Per questo occorre
favorire il confronto e lo scontro costruttivo con gli altri saperi, in un'opera di crescita culturale dove ognuno conosce i suoi punti di vista e arriva a
comprendere, rispettare e riconoscere quelli degli altri; non si tratterà solo di accoglienze e inserimento. Viviamo oggi l'esperienza di una mescolanza di
culture, nella quale devono riconoscersi le speci cità culturali chiamate a convivere senza perdere la propria identità. Per questo la pedagogia interculturale è
chiamata a promuovere la creazione di una coscienza aperta e solidale centrata sulla piena consapevolezza di di erenti identità come presupposto
dell'instaurarsi di rapporti positivi.
In questo contesto la scuola è il luogo primario di integrazione come indicato nella Dichiarazione Universale dei Dritti Umani: ad ogni individuo
spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente dichiarazione senza distinzione alcuna di sesso, religione, razza, colore, lingua, opinione politica.
Concetti confermati anche dalla Convenzione si diritti dell'infanzia. La scuola così diviene luogo di integrazione al di là della presenza degli alunni
immigrati in quanto comunità in cui interagiscono adulti e giovani con storie personali, modi di conoscere, di comunicare dunque istituzione che si confronta
con le culture e agenzie educative. Nonostante ciò si possono veri care comportamenti e atteggiamenti negativi, razzisti; non a caso la Pronuncia del
Consiglio Nazionale della Pubblica istruzione “razzismo e antisemitismo oggi: il ruolo della scuola” sottolinea come la più alta e globale proposta di
prevenzione e opposizione al razzismo e all'antisemitismo risieda nella l'attività educative e didattiche. Così l'obiettivo primario dell'educazione
interculturale diventa allora la < promozione delle capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale multiforme>.
È la scuola a doversi dotare di nuovi strumenti metodologici e concettuali andando a realizzare percorsi educativo-didattici in grado di assicurare ai minori
stranieri il diritto all'istruzione cioè non solo contenuti di apprendimento ma anche di competenze relazionali e sicurezze emotivo-a ettive. In questo contesto
risulta fondamentale fornire un'o erta formativa di qualità, ora, de nita dal piano dell'o erta formativa: il documento fondamentale costitutivo dell'identità
culturale e progettuale dell'istituzione scolastica; esso esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole
adottano nell'ambito della loro autonomia. L'intento è quello di creare un ambiente di apprendimento centrato sul soggetto per favorirne progressivamente la
piena autonomia. Lavorare sul curricolo interculturale costituisce una scelta rispondente alle esigenze degli alunni in quanto:
- consente di mettere al centro del processo di apprendimento i bisogni e le risorse individuali;
- permette di lavorare sullo sviluppo delle competenze trasversali necessarie a fronteggiare i continui cambiamenti socio-culturali;
- sposta l'attenzione dall'acquisizione del titolo alla veri ca e certi cazione delle competenze acquisite.
Il curricolo è il percorso progettato e realizzato per far conseguire agli alunni i traguardi previsti; i docenti sono chiamati a farsi carico della
progettazione, della scelta dei contenuti, delle metodologie, degli strumenti e della valutazione; i curricoli sono percorsi essibili che prendono
l'avvio dalla rilevazione dei bisogni, delle potenzialità degli alunni, per indirizzarvi verso l'acquisizione di competenze speci che e condivise. Quindi il
curriculo (che è essibile) deve essere sviluppato anche sulla base dei principi essenziali enunciati nel trattato istitutivo della Comunità Europea:
- promozione del dialogo interculturale come processo attraverso il quale quanti vivono nella comunità europea possono migliorare la propria capacità di
muoversi in un ambiente più aperto;
- sviluppo di una cittadinanza europea aperta al mondo e rispettosa delle diversità culturali.
LA SCUOLA DELL'INFANZIA
Si rivolge a tutti i bambini dai 3 ai 6 anni ed è la risposta al loro diritto all’educazione e alla cura.
Le nalità sono di promuovere nei bambini lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza da parte dei bambini che hanno diritto ad una piena
centralità nel percorso di costruzione di sé, nelle relazioni e interazioni con gli altri nella prospettiva di una educazione alla cittadinanza.
• Identità: oggi la costruzione dell'identità va di pari passo con la capacità di accettarne altre.
• Autonomia: occorre acquisire le grammatiche della convivenza, le regole dello stare insieme, imparando a muoversi nello spazio tra autonomia e
dipendenza.
• Competenza: si privilegia un'interpretazione ricca che associa la padronanza di dati di conoscenza alla capacità di utilizzarli consapevolmente di
fronte a situazioni nuove.
• Cittadinanza: oggi è in gioco il senso di appartenenza a una comunità più ampia non solo in chiave istituzionale, ma quale consapevolezza
dell'interdipendenza con gli altri esseri viventi e con l'ambiente naturale.
I bambini, le famiglie, l'ambiente d'apprendimento
• i bambini della scuola dell'infanzia sono dotati di una propria storia personale, di un bagaglio di esperienze e conoscenze che evidenziano il loro
inserimento nell'ambiente di provenienza; le famiglie a, loro volta tendono di proporre ai gli la salvaguardia dei proprio modelli culturali e sono poi i gli a
rompere le consuetudini familiari.
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• In questo contesto la scuola può svolgere un ruolo di mediazione nell'accellerare il processo di sintesi attraverso un dialogo con i genitori e i bambini per far
in modo che i bambini sappiano misurarsi con la diversità culturale.
• Le famiglie Per i genitori che provengono da altre nazioni la scuola si o re come spazio pubblico per costruire rapporti di ducia e nuovi legami di comunità
in modo da non far trovare il genitore immigrato in una situazione di disagio, di di coltà. La relazione scuola-famiglia va allora costruita attraverso ripetuti atti
di confronto durante i quali trovare modalità di valorizzazione, di incontro delle immagini e delle aspettative altrui : – scelta consapevole della scuola nella
quale inserire i gli; – coinvolgimento della famiglia nell'accoglienza; – sostegno nella graduale integrazione nel nuovo contesto di vita attraverso una
partecipazione attiva nella scuola.
• L'ambiente di apprendimento La cura educativa implica attenzione a tutte le manifestazioni dei bisogni infantili quindi l'adulto deve del bambini nel senso
di accompagnarlo, a ancarlo senza dirigerlo. La cura implica il concetto di sviluppo ed il rispetto dei ritmi personali di crescita che ciascun bambino
possiede nella sua proiezione verso il mondo esterno.
• Compiti della scuola dell'infanzia: – di far incontrare costruttivamente i saperi del bambino con le opportune sollecitazioni culturali legate ai campi di
esperienza; – valorizzazione di tutte le etnie e culture che ci sono; – nella scuola dell'infanzia si attribuiscono priorità alle strategie ludiche e a quelle
laboratoriali e a questo si uniscono il progetto accoglienza per i bambini dei tre anni e la routin della giornata, un punto di riferimento per i bambini. Qui i
bambini veri cano concretamente come la diversità sia un dato oggettivo che caratterizza tutti e si avvicinano a una molteplicità di saperi espressi nei diversi
campi di esperienza.
• I campi di esperienza Gli insegnanti accolgono, valorizzano ed estendono la curiosità, le esplorazioni, le proposte dei bambini e creano occasioni di
apprendimento. L’esperienza diretta, il gioco, il procedere per tentativi ed errori, permettono al bambino di approfondire gli apprendimenti. I campi
d'esperienza sono un'idea aperta, generativa da cui guardare il mondo con occhi diversi. Così diventa necessario attraversarli mantenendo unitarietà e
continuità con l'esperienza conoscitiva dei bambini → per rispettare il bagaglio culturale di provenienza con un'attenzione speci ca alla diversità etnica,
linguistica e religiosa. Il curricolo nella scuola dell'infanzia diventa dunque incontro tra tre tipologie di saperi: quelli del bambino, degli adulti, dei docenti. La
cultura di questa istituzione è una ri essione permanete dell'insegnamento a partire dalle esperienze infantili, illuminata dalle competenza dei saperi . In
questa scuola si formano i presupposti, le fondamenta di un mondo aperto all'incontro con culture, idee, etnie e confessioni religiose diverse: un universo
interculturale. Si deve quindi avviare i bambini a una progressiva consapevolezza dell'importanza dei rapporti relazionali entro i quali rispettare regole, ruoli e
assumersi responsabilità corrispondenti alla fase evolutiva.
La cittadinanza
l'educazione alla cittadinanza viene favorita attraverso esperienze signi cative che consentono di apprendere, interiorizzare le regole che caratterizzano ogni
contesto di vita e di esperienza. Tale educazione mira in maniera irrinunciabile alla costruzione del senso di legalità e allo sviluppo di un'etica della
responsabilità, che si realizzano nel dovere di scegliere e agire in modo consapevole. Parte integrante dei diritti costituzionali e di cittadinanza è
quello della parola. Questa può diventare e cace strumento di integrazione, di superamento di stereotipi, pregiudizi.
L'ambiente di apprendimento
è compito dei docenti quello di una progettazione essibile e organica, per promuovere e organizzare un vero e proprio setting ecologico che si colloca con
naturalezza nel quadro di classi plurilingue e pluriculturali. Il setting necessita di una essibilità non soltanto di tipo didattico, ma anche organizzativo,
che sappia coniugare positivamente i singoli bisogni formativi, la motivazione all'apprendimento e le di erenze che in classe emergono. Nella
scuola, in presenza di alunni stranieri, occorre sempre fare riferimento al sapere spontaneo che determina un forte legame con la realtà. Ci si muove lungo la
dimensione sociale della costruzione della conoscenza → dove l'ambiente di apprendimento diventa poi spazio in cui si condividono le conoscenze attraverso
l'argomentazione, la ri essione; così mentre si apprendono conoscenze e procedure, si acquisiscono anche modi, relazioni sociali e pratiche di collaborazione.
È proprio grazie alla collaborazione che è possibile generare il cambiamento di mentalità, il superamento dei pregiudizi anche etnici.
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Area linguistico-artistico-espressiva
l'area linguistico-artistico-espressiva è accomunata da valori e concetti che rimandano inevitabilmente all'educazione interculturale:
- la funzione comunicativa dell'uomo come comune matrice antropologica presente in tutte le culture;
- il pluralismo linguistico e varietà di codici verbali, iconici, sonori, corporei alla base dell'immaginario collettivo di ogni comunità;
- l'integrazione dei linguaggi come potenziamento delle capacità espressive;
- l'importanza dell'interlingua e della conoscenza degli elementi comuni e speci ci dei vari linguaggi.
Nell'ambito speci co dell'apprendimento della lingua italiana si richiedono:
il riconoscimento delle competenze l'importanza dello scambio linguistico la ricostruzione dello l'individuazione degli la essibilità e
linguistiche maturate prima come forma di interazione, sviluppo storico e socio- apporti che creatività della lingua e
dell'apprendimento della lingua italiana, da costruzione di signi cati, condivisione genetico delle tradizioni all'italiano funzione comunicativa
considerarsi lingua seconda anche per gli di conoscenze, negoziazione di punti culturali, letterarie e provengono da altre e generativa delle
studenti autoctoni; di vista; linguistiche; lingue e culture; parole.
In ne ci sono le nalità dell'educazione plurilingue nella scuola:
sia promossa la consapevolezza della si sviluppi la competenza comunicativa in un si potenzi la essibilità cognitiva insieme alla capacità di
comune cittadinanza europea attraverso il rapporto di complementarità e di reciproco rinforzo continuare a imparare le lingue in un'ottica di
contatto precoce con almeno due ligue tra le due lingue, tra queste e quella materna; apprezzamento lungo l'intero arco della vita.
straniere moderne;
Area storico-geogra ca
l'area storico-geogra ca è sicuramente quella che più ha richiesto una rivisitazione in chiave interculturale per una massiccia presenza nelle classi di ogni
grado e ordine di alunni di nazionalità non italiana. In questo piano prevale poi al conoscenza di una dimensione planetaria dei problemi del nostro tempo e dei
processi di globalizzazione, ma anche del ruolo mondiale assunto dai vari Stati non occidentali.
Storia: – intesa come studio delle società umane perchè l'alunno acquisisca competenze relative alla cittadinanza attiva in virtù dello studio dei diritti
dell'individuo riconosciuti a livello internazionale. – Disciplina attenta ai fenomeni storico-sociali e alle componenti territoriali legate alle condizioni geogra che
→ interdisciplinarità – studio della storia nazionale, europea e mondiale rendono più comprensibili molti problei della vita sociale contemporanea. – L'alunno
così acquista capacità critica attraverso l'utilizzo del metodo storico → la storia permette di individuare cambiamenti strutturali tenendo conto del rapporto
locale e globale.
Geogra a: – sistema astro sico (paesaggio, regione, territorio) secondo un ottica interculturale che promuove l'idea si sistema, favorisce l'acquisizione del
concetto di corresponsabilità e dell'incidenza assunta dalle proprie azione. – Sapere interdisciplinare capace di raccordare diversi saperi, metterli in dialogo
tra loro in una prospettiva di confronto utile all'arricchimento reciproco ecc.
Area matematico-scienti co-tecnologico
la piena valorizzazione del metodo scienti co si accompagna ad una nuova modalità critica e antidogmatica di costruzione dei saperi ottenuta attraverso la
negoziazione, la condivisione, il confronto di più punti di viste. Essa si fonda sul concetto di diversità e procede attraverso il controllo critico e la creazione
di nuovi principi, strategie e strumenti che sappiano rispondere ai bisogni della quotidianità.
Matematica: – un prodotto culturale, non un oggetto statico fuori dal tempo, ma dotata di una storia in costante evoluzione; – non è disciplina a servizio di
altre , ma munita di un proprio autonomo percorso che o ro agli alunni strumenti di interpretazione della realtà; – accompagna tutti gli alunni nella
elaborazione delle proprie esperienze, alla ricerca di senso e di organizzazione delle strutture di pensiero; – richiede essibilità di pensiero,capacità di
guardare in mondo criticamente.
Scienze naturali e sperimentali: – chiamano l'alunno ad assumere una logica di sistema, a guardare i fenomeni da più punti di vista; – interazione diretta
degli alunni con gli oggetti e le idee coinvolti nell'osservazione e nello studio; – coinvolgimento diretto, individuale e di gruppo con i fenomeni ra orza e
svuluppa la motivazione e attiva il lavoro operativo.
Informatica: annienta le distanze, garantisce memorie incommensurabili, abitua a incontrarsi con l'altro da se al di la di spazi geogra ci, di di erenze di
lingua e di cultura. L'alunno potrà facilmente passare progressivamente da un'interazione centrata prevalentemente sui propri bisogni a una comunicazione
attenta all'interlocutore no a sviluppare competenzee sociorelazionali adeguate a soggetti e a contesti diversi.
Le valenze interculturali delle discipline per la costruzione di un curricolo interculturale diventa opportuna una ri essione sulle valenze che le discipline
possiedono, così da individuare orientamenti, linee argomentative che possono ampliare i tradizionali ambiti di azione delle discipline in prospettiva
interdisciplinare per sviluppare l'educazione allo sviluppo, alla cittadinanza , all'ambiente,alla pace ecc. tabella pag 292-294.
Ai ni della costruzione di un curricolo interculturale diventa allora importante il suolo della Commissione Accoglienza, intesa come articolazione del
Collegio docenti, utile per fornire indicazioni di carattere consultivo,gestionale e progettuale per l'educazione interculturale.
Italiano L2, nucleo del curricolo interculturale
L'insegnamento della lingua italiana ricopre un ruolo fondamentale ai ni dell'integrazione scolastica e sociale degli alunni stranieri. Conoscere la lingua italiana
e sapersi orientare all'interno dell'istituzione scolastica costituiscono un passaggio fondamentale per potersi avvalere dell'opportunità formative assicurate da
una scuola che voglia essere veramente di tutti. L'alunno di altra nazionalità ha l'esigenza di comprendere i signi cati tipici di un contesto culturale che non è il
proprio, per acquisire progressivamente capacità nell'ascolto, nella comprensione e nella produzione. In primo luogo deve apprendere le parole per comunicare
e per apprendere in situazioni didattiche speci camente progettate.
Due sono anche le strumentalità linguistiche da assicurare:
• la competenza d'uso della lingua legata ad un contesto concreto, alla quotidianità;
• la lingua italiana per comprendere, esprimere concetti, sviluppare apprendimenti disciplinari.
Accoglienza e insegnamento dell'italiano come lingua di contatto sono elementi interdipendenti
→ l'alunno neo-arrivato ha bisogno di seguire un percorso speci co di “ accoglienza linguistica”
→ importanza facilitatore linguistico svolto dagli insegnati in classe in orario aggiuntivo.
Le competenze del facilitatore sono tra loro integrate e di tipo: disciplinare, gestionale, relazionale, interculturale, didattico, linguistico. La competenza
nell'italiano scritto e parlato è comunque condizione insostituibile del successo scolastico e della non emarginazione di alunni di altra etnia e cultura. Il bisogno
primario per alunni e insegnanti è l'apprendimento della lingua italiana. Il laboratorio risponde all'esigenza speci ca di coniugare costruttivamente teoria e
pratica, ma anche di superare la prospettiva di un insegnamento rigidamente disciplinare. È la trasversalità delle conoscenze e dei saperi a dare nuovi
valori e signi cati interculturali all'attività laboratoriale. Qui gli alunni immigrati hanno l'opportunità concreta di integrare le nuove competenze con quelle
già possedute, di collegarle alla cultura di origine. La progettazione e l'allestimento del laboratorio, anche come ambiente sico, determinano la creazione di un
ambiente favorevole all'accoglienza, al confronto fra docenti, tra questi e gli alunni. Il piccolo gruppo facilità non soltanto l'autonomia, ma soprattutto il dialogo,
la collaborazione, la padronanza di sicure competenze.
È uno strumento essibile che permette di utilizzare una più grande varierà di metodi e strumenti didattici rispetto alla classe, di realizzare un insegnamento
individualizzato privilegiato rispetto alla lezione frontale. Di usa è la didattica collaborativa: non si tratta di un semplice lavoro di gruppo, ma di un
coinvolgimento attivo degli alunni nelle diverse fasi di un lavoro o di una ricerca che fa leva sulla responsabilità personale.
Si utilizza anche l'educazione tra pari: questa modalità coinvolge gli alunni nell'a'pprendimento e nella socializzazione sia dei nuovi arrivati sia degli altri
compagni ; è proprio la vicinanza psicologica e di ruolo a porsi quale risorsa di apprendimento. In ne la metodologia privilegiata, nel laboratorio interculturale, è
quella dell'autobiogra a perchè favorisce la ri essione sulle proprie esperienze. La didattica laboratoriale, centrata non soltanto sul fare e sull'imparare a fare
collaborando con gli altri, ma soprattutto sul discutere con gli altri consente di mettere alla prova forme di ragionamento ri essivo e critico.
Il curricolo storico-geogra co alla prova Se da una parte tutte le materie di insegnamento presentano prerogative favorevoli alla costruzione di itinerari
didattici centrati sull'educazione alla cittadinanza, sono in particolare la storia e la geogra a ad o rire signi cativi orizzonti di intervento per la formazione di un
pensiero critico, aperto, capace di accogliere l'altro nelle sue oggettive diversità. Basti pensare alla geogra a che si collega alla matematica, alla sica,
all'astronomia alla chimica ecc.. si possono cosi delineare non soltanto strutture-chiave ma anche esempi operativi capaci di contribuire alla creazione di una
mentalità aperta alla diversità delle culture, libera da stereotipi e pregiudizi. Vedi esempi pag 307-309. La costruzione di un percorso didattico interculturale
Vedi 309-321
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