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Curricolo e Intercultura

PARTE PRIMA: COSTRUIRE IL CURRICOLO PER COMPETENZE (D. Capperucci) 1.Il curricolo nella scuola di oggi - Attualità del curricolo e
prevenzione della dispersione scolastica.
Di recente il termine “curricolo” sembra aver ritrovato un nuovo “vigore”. In Italia si è sempre dato attenzione alla progettazione curricolare, ma non sempre si
è creduto che rappresentasse l’asse portante del “fare scuola”.
L’ancoraggio ai programmi e la corsa all’innovazione didattica, hanno messo il curricolo in secondo piano, nonostante l’esistenza del provvedimento (DPR
n.275/99) Regolamento sull’autonomia scolastica che ne ribadisce la centralità in una scuola orientata alla costruzione di conoscenze e allo sviluppo di
competenze.
La costruzione del curricolo è fondamentale per il successo scolastico (ce lo dicono gli ultimi dati sugli
abbandoni e sulla mortalità scolastica).
La dispersione scolastica è presente in misura diversa nei vari ordini:
1. quasi assente alla primaria,
2. picchi più alti nel passaggio dalla s. secondaria di I grado a quella di II grado, non solo nel primo biennio di quest’ultima, ma no agli anni ultimi
anni.
Questo fenomeno viene indagato sia a livello nazionale che europeo, prendendo in considerazione 2 dimensioni:
2. il numero dei drop-out, coloro che abbandonano la scuola sia per ragioni di natura scolastica che relative al contesto socio-economico di
appartenenza;
3. il numero degli early school leavers, giovani di età compresa tra i 18-24 anni in possesso solo della licenza media, considerati ormai fuori dal
sistema di istruzione e formazione.
Dovrebbero esistere percorsi essibili, integrati tra scuola-formazione-lavoro per dare una giusta collocazione nel mondo professionale a tutti
questi ragazzi.
L’orientamento è migliorato, ma ancora indietro:
- attività episodica, discontinua, relegata ai momenti di passaggio da un ordine di scuola all’altro, mentre DOVREBBE accompagnare tutto il percorso che un
alunno compie all’interno del sistema-scuola.
- Assume una connotazione informativa sull’o erta formativa, mentre invece DOVREBBE rendere consapevole il soggetto in merito ai propri punti di forza/
debolezza, al proprio stile cognitivo e metodo di apprendimento.
Il passaggio alla s. secondaria di II grado continua ad essere critico (molti insuccessi e abbandoni). Molti ragazzi che hanno incontrato di coltà nella s.
media vengono indirizzati verso percorsi di tipo professionale o tecnico, senza essere veri cato il loro reale interesse.
Questi percorsi speci ci, settoriali, professionalizzanti possono diventare un ostacolo con e etto di scoraggiamento. Sono più i passaggi dai licei
agli istituti tecnici e professionali che viceversa.
Altri indicatori per analizzare la dispersione sono:
• l’irregolarità del percorso di studi e l’insuccesso scolastico: tasso di ripetenza e di ritardo, non ammissione, ammissione con debito, stato di di coltà a
cui lo studente deve far fronte.
I Rapporti nazionali sulla dispersione scolastica: indicano che il numero di quelli che abbandonano prima di aver conseguito una quali ca sia ancora molto
alto e come non sempre il conseguimento di un titolo consenta di maturare “know how” utili ad entrare nel mercato del lavoro. Il 16,5% abbandona gli studi a
15 anni e non si iscrive ad una scuola superiore, nonostante quanto previsto dalla legge sull’obbligo formativo (L.n.144/99). Nonostante gli impegni presi dai
vari Stati, dopo gli accordi di Lisbona 2000 in merito all’abbassamento del tasso di dispersione, l’Italia, nonostante i miglioramenti, occupa ancora una
posizione di ritardo.
Per questo motivo è importante che il curricolo venga progettato in modo corretto e rispondente ai bisogni dei giovani, delle loro famiglie e del
territorio. Le di coltà che gli alunni continuano a vivere in base al contesto scolastico, devono rappresentare uno stimolo ad operare meglio.
Obiettivo del curricolo: fare in modo che ogni alunno consegua il proprio successo formativo sentendosi parte di una comunità accogliente in cui egli
può ed è stimolato ad operare al meglio delle sue possibilità.

2.Il curricolo: origine, signi cati e sviluppi


IL CURRICOLO NON COINCIDE CON IL PROGRAMMA. Vengono usati come sinonimi, ma in realtà rimandano a due modelli diversi di scuola: uno di
stampo idealistico-nozionistico centrato sui programmi (scuola trasmissiva) e uno di matrice cognitivo-costruttivistica legato alla costruzione del
curricolo (s.costruttivista).
• Il programma va letto come “documento ministeriale per eccellenza”, in cui venivano riportate prescrizioni obbligatorie per tutti gli insegnanti. La
legittimità dei progr. era data dal fatto che erano emanati attraverso una legge dello Stato. In questo documento venivano ssati i contenuti da trattare
e gli obiettivi didattici da raggiungere in maniera uniforme, infatti le caratteristiche del progr. erano “l’unicità” e “la prescrittività”. La prima puntava
ad uniformare l’insegnamento su tutto il territorio nazionale, non tenendo conto delle diversità e contribuendo agli abbandoni scolastici. Questo bastava
a sostenere “l’equità” e “l’egualitarietà” poiché o riva le stesse opportunità di crescità e di sviluppo, ma in realtà oggi sappiamo che per rendere veri
questi principi, la scuola deve valorizzare le diversità, diversi cando il POF, personalizzando gli interventi, ecc. La seconda caratteristica era quella che lo
connotava come un documento “prescrittivo”, sia per quanto riguardava gli obiettivi (funzionali a far fronte alle esigenze sociali, politiche, economiche e
tecnologiche) che i contenuti (rimandavano all’acquisizione di saperi fondanti l’appartenenza ad una speci ca tradizione culturale). Rigidità del
programma che ha saputo rispondere solo ad aspetti generali della formazione poiché riferita ad un modello “idealtipico”.
• Il curricolo, infatti, nasce proprio dall’esigenza di riavvicinare la scuola alla società. Il passaggio a questo nuovo strumento è dato dalle trasformazioni
socio-politiche, economiche e culturali. Le istanze sociali impongono una scuola nuova, costruita a partire da un modello organizzativo più essibile,
democratico, meno selettivo e da un rapporto tra i saperi calibrato in vista dell’acquisizione di conoscenze e competenze spendibili “oltre” la scuola.
• Il passaggio da “programmi” a “curricolo” richiede una modi ca dell’insegnamento:
1. da un lato è indispensabile adattare l’insegnamento all’apprendimento costruendo curricoli centrati su percorsi di apprendimento (anche)
diversi cati;
2. dall’altro “imparare ad apprendere per tutta la vita”, cioè potenziare al massimo le competenze necessarie per accedere alle altre fonti del
sapere, alle reti di conoscenza che vanno oltre la scuola. Da “scuola apparato”, burocratizzata a “scuola-servizio”, integrata nel territorio.

PROGRAMMA CURRICOLO

Espressione di una determinata concezione culturale. E essibile e deve continuamente adeguarsi alla situazione.

Romana da un'autorità politico-burocratica centrale. Si realizza nel decentramento didattico e amministrativo.

Indica principi di carattere generale, ni scopi dell'attività educativa. Forza di valutare gli esiti comportamentali speci ci delle idee che propone.

Non prevede una metodologia precisa di applicazione. La metodologia di applicazione fa parte integrante della programmazione.

È rivolto principalmente ai contenuti e alla loro organizzazione gerarchica. Considera il complesso integrato dell'esperienza scolastica in quanto intenzionalmente
rivolta alla formazione dell'alunno.

Ai docenti è a dato il compito di interpretare e applicare il programma. Richiedono capacità di progettazione e conduzione.

Il curricolo si fa interprete delle trasformazioni legate alla scolarizzazione di massa e all’avvento della società della conoscenza, rendendo incisivo ed e cace
il POF, in quanto:
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1. mette l’apprendimento del soggetto al centro del processo formativo;
2. permette di lavorare su competenze trasversali necessarie a fronteggiare il cambiamento socioculturale;
3. sposta l’attenzione alla veri ca e alla certi cazione delle competenze acquisite.
Curricolo = dal latino curriculum (currere) sta ad indicare un percorso, un corso la cui interpretazione sul fronte giuridico-amministrativo ha dato vita al
curriculum vitae, curriculum studio rum, curriculum professionale, ovvero un percorso che raccoglie e documenta le diverse esperienze personali, formative,
professionali compiute da un individuo. Il suo signi cato in ambito pedagogico-scolastico è più ampio (origine dalle ricerche condotte negli USA).
• Dewey 1902: lo de nisce come un “corso di studi intenzionale”, in cui le conoscenze disciplinari si correlano ai processi mentali utilizzati dall’alunno per
organizzare e trasformare la conoscenza.
• F. Bobbit 1918: lo descrive come “la successione strutturata delle azioni didattiche e formative che la scuola adotta per completare e perfezionare
lo sviluppo delle abilità di un soggetto”.
• P.W.Musgrave: esso prevede “quelle esperienze di apprendimento o la successione di esperienze organizzate da agenti educativi formali
scolastici”.
• Sul fronte dell’allievo il curricolo viene ad essere, come scrivono J.D.Nisbet e N.J.Entwistle “il complesso di impegni dello studente nei vari aspetti
dell’ambiente che sono programmati sotto la direzione della scuola”.
Quindi il curricolo non coincide automaticamente con i contenuti, ma deve essere inteso come:
• il complesso delle risorse educ. che entrano in gioco nel “fare scuola” e che chiamano in causa le esperienze apprenditive dell’alunno, le quali devono
sempre essere orientate al conseguimento di un ne;
• l’insieme delle o erte di formazione organizzate e proposte dalla scuola in base alle risorse umane, strutturali e nanziarie di cui dispone, allo scopo di
promuovere lo sviluppo e la crescita degli alunni.
Questa doppia lettura del curricolo si ritrova anche in L. Stenhouse, il quale precisa che ci sono “due modi di considerare il curricolo: da una parte è visto
come un’interazione, un piano, un’idea di ciò che dovrebbe accadere nella scuola; dall’altra parte è considerato come ciò che di fatto accade nella scuola.
Un curricolo è un tentativo di rendere comunicabili i principi e le con gurazioni di una proposta educativa, in modo da renderla disponibile all’analisi
critica. Esso include sia il contenuto sia il metodo, e nella più larga accezione, rende conto del problema, del suo sviluppo e sostegno entro il sistema
educ.”
C.Pontecorvo, nel 1979, “ la nozione di curricolo dovrebbe sostituire quella di programma, in quanto è più comprensiva, perché include una scelta di
contenuti, indica obiettivi, metodi di insegnamento e di apprendimento, materiali didattici e soprattutto richiede di considerare l’allievo nelle sue preliminari
abilità, conoscenze, motivazioni. La ragione più importante è che ciò comporta un lavoro attivo di progettazione da parte degli insegnanti, che consiste nel
saper tradurre i contenuti culturali in termini di attività formative e di operazioni mentali e pratiche degli allievi”.
• Curricolo: percorso formativo progettato e realizzato dagli insegnanti al ne di porre gli alunni nelle condizioni di raggiungere i traguardi previsti. Il
docente deve farsi carico della conoscenza dei fondamenti epistemologici e degli oggetti di studio della propria disciplina, ma anche adottare tutte le
soluzioni metodologico-didattiche possibili, a nchè l’intervento conduca l’alunno al successo.
• Oggi, il più grave dei misunderstanding sta nel fatto che per molti continui a coincidere con il programma, o con un programma sempli cato di contenuti,
arricchito con qualche nozione pedagogica e inframezzato da qualche progetto.
Perché? È un problema che va ricostruito dalle origini.
In seguito alla relazione tenuta da J.Bruner nel 1959, in occasione del Convegno Woods Hole, in cui l’autore propose un superamento della logica dicotomica
tra cultura umanistica e cultura scienti ca, venne determinandosi un’attenzione intorno alla questione curricolare. Gradualmente, anche in Italia, si sviluppò la
consapevolezza che i processi di costruzione di conoscenze sono regolati dalle relazioni che i contenuti disciplinari intrattengono e le esperienze del soggetto, e
che all’apprendimento concorrono altri fattori di ordine extra-disciplinare e contenutistico che hanno a che fare con la sfera didattico-metodologica,
organizzativa, socioambientale, psico-a ettivo-relazionale, ecc. Dagli anni ’70 sarà concepito come l’insieme delle scelte educ e didattiche adottate in base ai
bisogni dell’utenza, per applicare strategie di intervento culturalmente e socialmente connotate. Il curricolo veniva concepito come un “piano di lavoro”, che se
per un verso, preservava dall’insegnamento improvvisato, dall’altro, erogava a tutti i soggetti la stessa o erta, nutrendo l’aspettativa di mettere tutti nelle
condizioni ottimali per conseguire i medesimi livelli, aspetto quest’ultimo smentito poi dalla ricerca psico-pedagogica. Questa idea di curricolo rifuggiva
qualsiasi soluzione alternativa di apprendimento, tant’è che risultati divergenti venivano considerati inaccettabili.
Se dunque il curricolo rimanda alla costruzione di un percorso nalizzato all’acquisizione di conoscenze e competenze, è chiaro come esso non possa essere il
frutto di proposte standardizzate e che debba nascere da un atto creativo che trova la sua espressione nella progettazione formativa.
Per questo si progetta→La progettazione deve con gurarsi come una prassi abituale per mezzo della quale gli operatori scolastici, de niscono a priori e
rimodellano in corso gli interventi che ritengono più adeguati, implicando sempre il riferimento ad una meta. Le proposte progettuali devono rifarsi a “misure”
speci che di intervento connesse con obiettivi di trasformazione sociale, economica e culturale.
La progettazione risponde a due esigenze che oggi nella scuola sembrano essere importanti:
1. l’intenzionalità dell’atto formativo: Processo ideativo, creativo e costruttivo. Ogni progettazione deve essere riferita ad una situazione reale, centrata su
una metodologia che alcuni hanno de nito bottom-up, attraverso la quale vengono elaborate traiettorie d’azione orientate alla risoluzione di problemi o alla
soddisfazione di bisogni. La programmazione educ e didattica era espressione di prescrizioni dirette dal Ministero alle singole scuole, mentre la
progettazione curricolare prevede maggiori spazi di movimento. La progettazione curricolare nasce come percorso ipotetico, come “idea creativa”, che
deve trasformarsi in azione; essa è frutto di un’intenzionalità ben ponderata e di una ri essionepartecipazione attenta e collegiale. La progettazione fornisce
al corpo docente la possibilità/responsabilità di operare scelte consapevoli inerenti gli obiettivi e i contenuti dell’apprendimento, che, come vuole
B.S.Bloom, organizzati secondo una struttura tassonomica, considerino i diversi livelli di partenza degli alunni nell’articolazione di itinerari personali. La
progettazione sottolinea l’importanza del “pensare a priori” la didattica, avvalendosi di un’organizzazione sistematica dell’insegnamento/apprendimento in
maniera tale da monitorare sia i processi che i risultati raggiunti. L’inconoscibilità dell’allievo e la soggettività dei processi educativi, legittimano una
didattica progettuale, basata sulla casualità, quella che per R.Maragliano ha de nito la “didattica del caso”. L’educabilità e lo sviluppo delle potenzialità dei
soggetti, verrebbero ad essere direttamente proporzionali alle doti di cui ciascuno è portatore. Sul fronte dell’insegnamento, la didattica è lasciata
all’improvvisazione del docente, al suo “talento personale” nel percepire quali siano le attività che al momento meglio si adattano ai bisogni dell’alunno
2. il monitoraggio dell’e cacia/e cienza degli interventi in relazione ai risultati conseguiti:.Processo di controllo, guida e monitoraggio. Il ricorso al
metodo di progettazione si basa sull’introduzione di procedure che consentono la previsione di obiettivi perseguibili, di percorsi adeguati, di risultati
raggiungibili. Attraverso la progettazione è possibile monitorare e tenere sotto controllo sia i processi che i prodotti degli interventi di istruzione/formazione.
La progettazione necessita pertanto di una struttura di riferimento (sca olding), di uno o più oggetti da monitorare, di un processo da avviare/attuare. Deve
comunque lasciare spazio all’imprevisto e all’imprevedibile, essere aperto al cambiamento.

3. Ri ettere sul curricolo: fondamenti epistemologici e modelli di riferimento


All’elaborazione del curricolo si arriva dopo un lavoro di confronto e di mediazione tra le parti in causa: i docenti, gli alunni e le loro famiglie, il territorio.
Questo perché non arriva nelle scuole già confezionato e prede nito dall’esterno, ma viene costruito dal Collegio dei docenti, alla luce delle disposizioni
ministeriali e dalle istanze poste dal contesto sociale ed antropico in cui l’istituzione è inserita. I
Il curricolo inteso come percorso formativo essibile e intenzionale prende le mosse dalla rilevazione dei bisogni e dalle potenzialità degli alunni, per
dirigersi verso l’acquisizione di competenze predeterminate. Il richiamo all’analisi dei bisogni sta ad indicare il riconoscimento di gap e barriere culturali,
sociali, economiche che impediscono ad un territorio e alla sua popolazione di perseguire mete di sviluppo. Da questa fase iniziale dipenderà in seguito la
scelta della strada. Solo in un secondo momento sarà possibile passare alla declinazione degli obiettivi e dei contenuti sui quali fondare l’attività educativa,
l’organizzazione delle attività scolastiche, la selezione dei metodi didattici e delle procedure di valutazione.
La costruzione del curricolo, come fa notare F.Fabbroni e M.Baldacci, ruota attorno alla dialettica tra il soggetto e l’oggetto di apprendimento.
Un’attenzione eccessiva verso l’uno o l’altro polo, porta a conseguenze negative:
- una concentrazione esclusiva sull’oggetto di apprendimento rischia di favorire una didattica nozionistica, mentre vengono trascurate le istanze del
soggetto che assume una posizione marginale.
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- Se invece, l’interesse si concentra sui bisogni del soggetto, potrebbe risultare facile scadere in una sorta di deriva personalistica dove
l’insegnamento costruito sulle motivazioni e gli interessi degli alunni potrebbe risultare poco e cace. Di coltà superabile: attraverso l’adozione di
un approccio euristico alla conoscenza e alla costruzione delle competenze.
L’unica via capace di tenere in considerazione sia le istanze del soggetto che quelle dell’oggetto. La progettazione curr. chiama in causa anche una
dimensione teoretica del curricolo, legata al modo in cui esso viene percepito, pensato ed interpretato da coloro che sono impegnati nella sua
costruzione.
Non esiste un’unica idea di curricolo, al momento esistono tre di tipologie di curricolo:
1) il “subject curriculum”: Dà importanza soprattutto alla dimensione contenutistico-culturale (simile al programma), ma con una maggiore attenzione
all'analisi dei bisogni e delle conoscenze in ingresso. Prevede una distinzione delle materie di insegnamento, secondo una loro interna classi cazione
gerarchica. Si articola in percorsi di apprendimento strutturati che l'alunno deve seguire; privilegia modalità comunicative centrate sulla lezione o
sull'esposizione verbale dell'insegnante; formalmente coincide con una presentazione degli obiettivi disciplinari e delle loro modalità di conseguimento, scarsi
sono i raccordi interdisciplinari e i collegamenti con reti di conoscenza esterne alla scuola;
2) "L'activity curriculum": Riconosce al curricolo la capacità di integrare la dimensione della cultura disciplinare scolastica con quelli maturati fuori dalla
scuola. Prevede percorsi formativi preordinati, ma aperti ad essere arricchiti da esperienze, attività e progetti calibrati in base agli interessi, alle motivazioni
degli alunni. Gli alunni vengono coinvolti in situazioni-problema. La conduzione del lavoro avviene sia a livello di classe che per gruppi; la presentazione dei
contenuti è nalizzata ad una lettura-interpretazione consapevole dei fenomeni e del contesto sociale in cui l'alunno è inserito;
3) Il "competence curriculum": Legge il curricolo in chiave critico-ri essiva, interpretandolo come la sintesi problematica tra saperi disciplinari e competenze
essenziali per l'emancipazione sociale e professionale degli alunni. I contenuti e gli oggetti di conoscenza assumono una funzione strumentale all'attivazione di
processi interpretativi tali da generare comportamenti e caci rispetto a situazioni problematiche. Questo richiede una progettazione integrata che ha come
punto di partenza la rilevazione dei bisogni degli alunni e la promozione di una dialettica tra i saperi, in vista dell'acquisizione di apprendimenti transdisciplinari
e di strategie personali di autoapprendimento. I saperi costituiscono forme apprenditive di primo livello limitate all'acquisizione di conoscenze ed abilità
veicolate da speci che discipline, comunque funzionali all'acquisizione di processi cognitivi superiori, che legano i contenuti dei saperi alla ri essione e
all'interpretazione. Il lavoro non si esaurisce con la risoluzione del problema, ma diventa spunto per sviluppare ulteriori applicazioni.
Il legame con il programma è visto in chiave funzionale attraverso la scelta\selezione di determinati contenuti da trattare.
La promozione delle competenze si lega alla costruzione di un curricolo comune, rivolto a tutti gli alunni. In più questo modello punta alla
formazione\costruzione di competenze trasversali di ordine a ettivo e socio-relazionale. L'ultimo modello è quello che maggiormente si addice all'idea di
curricolo, sebbene anche le altre 2 versioni continuino ad essere presenti. Il curricolo centrato sulle competenze considera la formazione scolastica come un
processo complesso, svincolato dalla mera trasmissione culturale, ha alcuni problemi legati all'a ermazione di modelli didattici centrati sull'addestramento
all'agire comptente, ridduttivi e standardizzati. La di coltà maggiore sta nelle scelte di fondo che regolano l'adozione delle strategie di supporto
all'apprendimento e che rimandano al progetto pedagogico realizzato dalla scuola. "L'agire competente" si di erenzia "dall'essere competente", il primo
dipende da schemi appresi esternamente e poi reiterati di fronte a situazioni problematiche, mentre il secondo riguarda il processo di personale
costruzione di signi cato che ogni alunno deve essere sollecitato a compiere.

4.Criteri generali per l'elaborazione del curricolo


Criteri generali con una funzione di guida e di regolamentazione delle scelte da operare per elaborare un curricolo.

1. Contesto: La progettazione non può essere svincolata da una situazione concreta di riferimento, sono proprio le speci cità locali che devono animare e produrre elementi di
originalità e di innovazione.

2. Intenzionalità: Il curricolo è un lavoro razionale che chiama in causa sia una razionalità tecnica sia una razionalità ri essiva. La scuola rappresenta un investimento in capitale
umano che deve essere nalizzato attraverso itinerari di crescita e di maturazione de niti, calibrati, strutturati. Il ricorso all'intenzionalità formativa: oggi le giovani generazioni non
possono prescindere dal raggiungere il successo formativo, dal conseguire speci ci risultati, se non vogliono essere tagliati fuori dalla competitività del mondo della produzione.

3. Integrazione: La scuola si deve porre in relazione con le altre agenzie formative e con le istituzioni del territorio. Lo sviluppo di questo sistema integrato costituisce un
elemento fondamentale per la circolazione della cultura e la promozione di un apprendimento di uso. La costruzione di accordi, convenzioni, patti multilaterali con gli enti
territoriali costituisce un strategia irrinunciabile che deve supportare la costruzione sia del curricolo sia del POF.

4. Flessibilità: La possibilità di di erenziare gli itinerari a partire dalla scuola risponde ad un'esigenza del soggetto di scoprire forme personali di accesso. Il diritto allo studio, vuol
dire: avere la possibilità di esprimere le proprie potenzialità attraverso un'o erta formativa di erenziata che permette di coltivare attitudini, inclinazioni ed interessi particolari.
L'obiettivo della scuola è il raggiungimento per tutti di alcuni standard essenziali che puntano allo sviluppo di ulteriori apprendimenti.

5. Condivisione: Il curricolo è un lavoro di èquipe che richiede costanti mediazioni e integrazioni. È importante che gli operatori scolastici abbiano chiaro quale sia il modello di
scuola in cui si identi cano, che stabiliscano con chiarezza i ni del processo formativo e i valori di riferimento. Diviene più facile prevenire lo scollamento tra "curricolo esplicito"
e "curricolo implicito". Sul fronte organizzativo la progettazione del c. deve trovare momenti di scambiori essione-confronto negli organi collegiali e con le agenzie del territorio,
gli enti locali e le famiglie.

6. Documentazione/Comunicazione: il curricolo della scuola per non restare un documento tecnico, decifrabile solo da addetti ai lavori deve essere adeguatamente
socializzato e illustrato all'utenza. L'individuazione di alcune scelte contenutistici, organizzative, metodologiche e gestionali devono essere motivate e giusti cate sia all'interno
che all'esterno, per fare questo i canonici incontri scuola-famiglia non sono su cienti, opportuno individuare altri spazi e momenti informativi funzionali rendere trasparente il
lavoro svolto dalla scuola. Documentare non vuol dire solo raccogliere per conservare ma anche di seminare quanto è stato fatto per poterlo condividere con altri.

7. Unitarietà\Progressione: Il curricolo deve ispirarsi al principio dell'unitarietà perché non deve allontanarsi da quelle che sono le principali nalità della scuola legate alla
formazione dell'uomo e del cittadino. Alcune competenze è necessario che attraversino trasversalmente tutti gli ordini e le tipologie di scuola purché siano graduate in misura
adeguata.Si costruisce un continuum educativo che accompagna il soggetto per tutta la sua permanenza nel sistema dell'istruzione. Stimola i docenti alla condivisione di
possibili raccordi sia disciplinari che interdisciplinari.

8. Trasversalità\Disciplinarità: Il c. concorre al raggiungimento di nalità educativo-formative che sono precisate a livello regionale dagli apparati ministeriali e poi declinate
dalle singole scuole. La dimensione contenutistica e quella formativa sono disgiunte; la prima concorre alla costruzione della seconda: la conoscenza è trasmissione delle info,
ma anche di fondamenti valoriali. La trasversalità apre spazi inediti e personali di costruzione di conoscenza dove l'alunno è messo nelle condizioni di ravvisare relazioni, rapporti
di causalità, sinergie, intersezioni, parallelismi tra discipline diverse.

9. Internazionalizzazione: I contesti di oggi sono caratterizzati da appartenenze plurime sul piano culturale, religioso, etnico, occupazionale, economico, dove il
"glocalismo" (globale-locale) è divenatato uno degli elementi che accomuna le realtà e le forme di vita del pianeta. Costruire il curricolo prestando attenzione alle istanze locali e a
quelle sovrannazionali lo rendono uno strumento funzionale alla formazione di identità aperte al confronto, allo scambio culturale e linguistico.

10. Ri essività: Un momento di ri essione interno alle scuole, in cui i docenti si interrogano e si confrontano sul modello pedagogico di scuola che essi hanno in mente. Gli
insegnanti devono indossare i panni di quello che Schon de nisce il "professionista ri essivo", ovvero quel professionista esperto che nel suo lavoro chiama in causa una
razionalità tecnica, fatta di procedure, schemi, ecc., ma soprattutto una razionalità ri essiva alla quale ricorre nel corso dell'azione e non solo a posteriori. Essa dovrebbe guidare
molti aspetti della progettazione del c., quali: l'organizzazione delle discipline, delle risorse, dei tempi, degli spazi; la scelta delle strategie didattiche, delle tecniche
metodologiche, ecc. La ri essività consente di sottoporre ad analisi, quanto progettato e poi concretamente realizzato. L'adozione di un approccio ri essivo all'insegamento
porta i docenti a monitorare anche i valori, i principi, le scelte, le teorie dell'educazione cui essi si ispirano, veri candone la validità o meno.

La progettazione del c. si fonda su 4 dimensioni correlate tra loro.


• Quella valoriale in cui si negoziano i principi e i signi cati dell'atto educativo;
• quella teoretica in cui si de niscono i modelli formativi di riferimento e si delineano le strategie di intervento ad essi sottese;
• quella metodologico-didattica in cui viene predisposta l'impalcatura e l'organizzazione del c.
• e quella operativa in cui si procede alla sperimentazione diretta di quanto è stato precedentemente progettato.
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2.RIPENSARE IL CURRICOLO: QUADRO NORMATIVO E ORGANIZZAZIONE DIDATTICA 1.Curricolo e autonomia delle istituzioni scolastiche:
potenzialità e carenze
Per quanto riguarda la didattica oggi sono presenti 2 diverse correnti: alcuni tendono a riproporre modelli ormai superati, ispirati al nozionismo e alla
trasmissione culturale, mentre altri propongono di portare avanti il confronto attorno alla progettazione dei curricola. Questo rinnovato interesse per il curricolo
è riscontrabile da quella che è stata de nita la "stagione delle grandi riforme", che dal 1996 ad oggi ha introdotto trasformazioni e innovazioni all'interno
del nostro sistema educativo.
• Fra tutti i provvedimenti normativi, il conferimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche rappresenta quello più importante. Sul versante scolastico
l'autonomia è stata introdotta dalla Legge Bassanini, al cui art. 21, commi 1,8,9,10 appare evidente il rapporto che intercorre fra decentramento
amministrativo e autonomia delle istituzioni scolastiche, nonchè i settori in cui questa autonomia può essere esercitata. L'autonomia va interpretata come
una forma di decentramento che attribuisce alle istituzioni scolastiche la personalità giuridica di diritto pubblico, per cui i singoli istituti sono chiamati ad
esercitare competenze nuove sia a livello giuridico-amministrativo-contabile che progettuale. La scuola assume la titolarità di diritti e doveri speci ci,
all'interno di un contesto piena di responsabilità, sia sotto il pro lo della gestione amministrativa che sotto quello della cura delle attività didattiche.
Come precisato nel Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche (DPR 8\03\1999, n. 275), i settori in cui la scuola
può esercitare la propria autonomia sono:
1. autonomia didattica, che consente agli istituti di di erenziare (in parte) la propria o erta formartiva;
2. autonomia organizzativa, riferita all'organizzazione delle modlità e dei tempi dell'insegnamento;
3. autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, nell'ambito della essibilità curricolare;
4. autonomia gestionale, conseguente all'attribuzione alle scuole di funzioni di competenza dell'amministrazione centrale e periferica relative alla
carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all'amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse, allo studio giuridico e al trattamento
economico del personale;
5. autonomia contabile e autonomia di spesa. É importante indagare gli aspetti qualitativi dell'autonomia, prendendone in considerazione anche i
limiti e i margini di interazione. Non è un caso, che all'art.1, comma 1 del DPR n.275\99 dove si parla di autonomia, venga chiarito che le istituzioni
scolastiche sono "espressione di autonomia funzionale", dotate pertanto, di un'autonomia che viene conferita loro rispetto a
competenze ben precise, "funzionale" al raggiungimento di traguardi, coerenti con gli obiettivi di apprendimenti generali. Il compito dell'autonomia
resta quello di mettere le scuole nella condizione di operare più liberamente, con il ne di innalzare la qualità degli apprendimenti.
Il sistema delineato dalla Legge n.59\1997 (Legge Bassanini) ha trovato attuazione attraverso alcuni interventi di natura legislativa e regolamentare, per
cui l'organizzazione del sistema di governo della scuola che ne deriva appare caratterizzato da un "policentrismo", poichè:
6. allo Stato spettano funzioni di indirizzo, programmazione, controllo e valutazione, in part. la determinazione degli obiettivi generali del processo
formativo e degli obiettivi speci ci di apprendiemento, l'individuazione delle discipline e delle attività, la de nizione di standard di qualità di livello
nazionale, la selezione dei criteri e dei parametri per l'organizzazione della rete scolastica, la de nizione delle funzioni di valutazione del sistema
scolastico e di quelle relative alla determinazione e all'assegnazione delle risorse nanziarie a carico del bilancio dello Stato (art.137, D.lgs
n.112\1998);
7. alle Regioni spettano funzioni amministative: programmazione dell'o erta formativa; suddivisone del territorio regionale in ambiti funzionali al
miglioramento dell'o erta formativa; determinazione del calendario scolastico, concessione di contributi alle scuole non statali (art.138, D.lgs
n.112\1998);
8. agli Enti Locali spettano funzioni di programmazione, quali: istituzione, soppressione e aggregazione di scuole, redazione dei piani di utilizzazione
di edi ci e delle attrezzature (art.139, D.lgs n.112\1998).
La dimensione policentrica delle funzioni e delle competenze in materia di istruzione tra Stato, Regioni, Enti Locali ed istituzioni scolastiche
autonome è riscontrabile anche nella costruzione del curricolo.
Come previsto dall'art.3 co.1 del DPR n.275\99:
• il curricolo che ogni singola scuola elabora è parte del POF e, pur nella originalità che lo contraddistingue, deve essere coerente con gli obiettivi generali
determinati a livello nazionale.
• L'esplicitazione dei processi di alfabetizzazione culturale comuni all'intero sistema scolastico italiano, spetta al Ministero, cui compete stabilire i principali
assi culturali del curricolo, le discipline che ad essi soi riferiscono, le competenze da sviluppare (art.8, D.P.R n.275\1999).
• Spetta poi ad ogni singola istituzione scolastica speci care gli obiettivi da raggiungere, integrando la gamma degli insegnamenti proposti agli studenti,
prestando attenzione alle speci cità del contesto di riferimento, alle attese e ai riferimenti che lo caratterizzano.
Come a erma W.K.Richmond è opportuno che la progettazione nasca a partire da una decisionalità partecipativa basata sul "riconoscimento generale
crescente che l'assunzione di decisioni deve essere condivisa e che è necessario pensare all'autorità in quanto maggiormente di usa lungo il
sistema".
A tal proposito in passato si sono fronteggiati 2 modelli:
"curricolo chiuso”: l primo viene costruito da un gruppo ristretto di esperti (di solito esterno alle istituzioni scolastiche) costituito per volontà degli organi di
governo del sistema. L'individuazione delle discipline, delle educazioni, delle competenze e degli obiettivi da perseguire, sono de niti a monte e poi
consegnati alle scuole, le quali possono apportare integrazioni.
- Vantaggi: conferisce omogeneità al sistema scolastico ed è pure economico, perchè è costruito da un gruppo ristretto; l'uniformità del modello
agevola la predispozione di prove nalizzate sia ad accertare i livelli di apprendiemento conseguiti, sia il grado di e cacia ed e cienza delle
istituzioni.
- Svantaggi: si avvicina al programma, avanza proposte educative e formative a livello nazionale, ma trascura le esigenze speci che, aumentando la
possibilità di generare tensioni tra istituzioni centrali e peri riche. Il margine di decisionalità e progettualità assegnato agli insegnanti è basso e limitato
potrebbe generare un senso di s ducia e di scarsa convinzione del corpo docente. Inoltre, il fatto di pre gurare un itinerario formativo prestrutturato
potrebbe porre dei limiti sul fronte organizzativo e su quello della progettazione di percorsi personalizzati costruiti a partire dalle esigenze degli alunni
(POTERE DECISIONALE CENTRALIZZATO).
"curricolo aperto". nato inizialmente nel contesto scolastico inglese e nord-americano, dà la massima attenzione alla soddisfazione dei bisogni particolari
degli alunni e alle esigenze socio-educative delle famiglie, e quindi demanda la costruzione del c. direttamente alle singole scuole. A tal riguardo si parla
spesso di school centred curriculum (c.centrato sulla scuola), costruito direttamente dagli operatori della scuola, a fronte di linee guida generali de nite a
livello nazionale o territoriale, che tuttavia non limitano l'autonomia delle singole scuole.
- Vantaggi: garantire un ampio coinvolgimento sociale, la connotazione locale del POF permette alla scuola di promuovere sinergie con le agenzie
formative del territorio e di intercettare l'interesse di possibili stakeholders che vengono coinvolti nella progettazione dei percorsi di formazione, oltre a
rappresentare possibili nanziatori e partner esterni.
- Svantaggi: scarsa omogeneità del POF che rende di cile qualsiasi confronto e raccordo sul piano culturale. L'e cacia formativa può essere
veri cata solo a lungo termine, più per l'impatto sociale che produce, che per l'e ettiva acquisizione di conoscenze. L'unica cosa che può essere
valutata sono i livelli di acquisizione di competenze trasversali, svincolati dalle discipline (POTERE DECISIONALE MAGGIORMENTE DISTRIBUITO).
Queste 2 soluzioni rappresentano due paradigmi dicotomici ed oppositivi tra loro.
Ci vorebbe un terzo modello che integri quelli precedenti.
Oggi un'idea moderna di c. nasce sia dall'esigenza di trovare criteri per determinare quello che dovrebbe essere obbligatorio per tutti, sia da quella di lasciare
spazio a percorsi formativi aggiuntivi di cui sono titolari le singole scuole.
Come scrive F. Fabbroni, il c. persegue un duplice obiettivo, "Da un lato, mira a dare risposta alle ragioni formative degli oggetti di apprendimento;
dall'altro, mira a dare risposta alle ragioni formative del soggetto che apprende”. Il "curricolo integrato", pertanto, armonizza, in un rapporto dialettico
le esigenze di uniformità, omogeneità, sistemicità, pubblicità degli apparati ministeriali.
Questa 3° soluzione, sul fronte teorico-metodologico, sembra essere quella più vicina all'organizzazione curricolare dell'art.8 del DPR n.275\1999 che
prevede un'articolzione del curricolo in quote:
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1. La quota nazionale (80% delle ore annuali) è formata dalle discipline e dalle attività obbligatorie su tutto il territorio nazionale. Questa quota
costituisce quella che in altri Paesi viene chiamato il core curriculum, ovvero la porzione di c. comune per tutte le scuole, che coincide con
l'insieme delle conoscenze e delle competenze essenziali, che ciascun alunno deve padroneggiare per esercitare il proprio diritto alla
cittadinanza. Attraverso le discipline, gli alunni acquisiscono nuove conoscenze e ristrutturano quelle preesistenti, poi grazie all'azione le
applicano a situazioni concrete maturando competenze inedite ma pur sempre vincolate ai saperi.
2. La quota locale (20% delle ore) è destinata ad attività educative, percorsi formativi, laboratori, gruppi di apprendimento\recupero, progetti decisi
in base alle variabili socio-culturali e esistenziali degli alunni.

2.Curricolo e competenze: tra complessità e sperimentazione


Lo sforzo richiesto oggi alle scuole è quello di rispettare le indicazioni e le nalità generali prospettate dallo Stato, interpretandole con le esigenze e le
aspettative degli alunni, delle famiglie, i bisogni locali - 10 anni dopo i provvedimenti di legge relativi all'autonomia ancora non è realizzata appieno.
Se l'autonomia presenta dei margini di incompiutezza dipende da 2 fattori:
1. la non ancora completa ristrutturazione del sistema scolastico e del quadro ordinamentale sia del I sia II ciclo;
2. un utilizzo ancora parziale da parte delle scuole degli strumenti di essibilità previsti dall'autonomia (diversa organizzazione del monte orario
annuale, delle discipline, dei docenti, ecc).
Esiste:
• un curricolo esplicitato mediante apposite Indicazioni, che hanno un valore regolativo, in cui sono de niti i tratti comuni a tutte le istituzioni scolastiche
• ed un "c. di scuola" che arricchisce il c. contestualizzandolo mediante la progettazione di nuovi apporti, percorsi di formazione, strategie di intervento,
ecc.
Quindi il "c. nazionale" non coincide in tutto con il "c. di scuola". Il modello curricolare integrato procede su 2 direttirici:
1. una verticale nella misiura in cui esso si raccorda al "c.nazionale"
2. e una orizzontale nella misura in cui è in grado di intercettare e soddisfare le aspettative del territorio e dell'utenza.
Obiettivi generali del sistema educativo di istruzione e formazione

Indicazioni nazionali

Curricolo nazionale

Autonomia delle istituzioni scolastiche

Curricolo di scuola

Recentemente la ri essione sul c. è andata ridimensionando la centarlità di contenuti irrinunciabili che tutti devono possedere, spostando
l'attenzione sulle COMPETENZE (SVOLTA EPOCALE) che gli alunni devono padroneggiare.
Competenza: uso di saperi intesi come conoscenza dichiarativa (know what), saper fare, esperessione di una conoscenza procedurale (know how).
Prevede un richiamo all'agire che va interpretato come ricorso al fare che include processi ri essivi, metacognitivi, metaemozionali. Altra caratteristica
della competenza, la sua trasferibilità da un contesto d'uso all'altro. È anche un sapere condiviso da una comunità. Il sapere condiviso diventa
personalizzato quando il soggetto lo elabora e lo riveste di signi cati propri. É un sapere che si manifesta all'esterno esprimendosi nei termini operativi
dell'azione concreta. É teoria, ma soprattutto azione e ri essione insieme, secondo equilibri, costantemente rinegoziati, tra i sogg e le discipline. Per
esprimersi ha bisogno di un contesto dato, il quale può essere disciplinare, professionale o esistenziale: contenuto di un sapere, esperienza passata,
ambiente di apprendimento reale o virtuale.
L'ergonomia della competenza può essere rappresentata come il risultato dell'incrocio di 4 fattori:
1. conoscenza,
2. esperienza,
3. ri essione
4. azione
Tradizionalmente hanno avuto un peso diverso nel contesto scolastico. Se attraverso la competenza, si manifestano le capacità del sogg e le abilità
che egli ha sviluppato è necessario ricorrere ad azioni agite in una molteplicità di contesti. Nella scuola i contesti sono predisposti dagli insegnanti e
quindi sono formali. Nella vita di un sogg, invece, la maggior parte delle esperienze e dei problemi ha luogo in contesti non scolastici, che richiedono
l'attivazione di competenze apprese (anche a scuola) in modo personale e creativo (sistema di padronanza).
Padronanza: modo in cui l'allievo modellizza mentalmente la realtà; in essa si combinano tutte le facoltà del sogg (cognitive o applicative, a etive o
relazionali). Attraverso i suoi sistemi di padronanza il sogg mette alla prova nella vita, le competenze che ha acquisito nella scuola.Per questo, una
didattica attiva può avere un ruolo centrale nella promozione delle competenze, nel momento in cui, abbandonando in parte la lezione frontale, costruisce
i propri curricoli a partire dal lavoro per problemi (case studies), dal laboratorio, o rendo l'opportunità di sperimentare, veri care e dare senso alle
competenze apprese.
Non si può essere sogg competenti se non si possiedono gli elementi conoscitivi fondanti i vari assetti disciplinari, per questo il lavoro sulle
conoscenze continua ad essere impor, ma non è l’unico. Le conoscenze e le abilità assumono un valore strumentale rispetto alla maturazione di
competenze, ma questo passaggio richiede un iter metodologico preciso.

Dispositivi metodologici Processi metodologici Di coltà legata alla transizione dalle conoscenze disciplinari alle competenze →queste
↓ ↓ ultime richiedono la messa in opera di quello che R.Feuerstein ha de nito "bridging" (la
Sapere "costruzione di ponti"), cioè la trasferibilità di apprendimenti, regole e schemi d'azione appresi
Trasposizione didattica che vengono rimodulati a seconda del compito e della situazione. Grazie a questo gli alunni
Sapere da insegnare arrivano ad attivare sinergie tra diversi ambiti disciplinari e situazioni simili, riescono a sviluppare
Ingegneria didattica collegamenti tra le attività proposte dall'insegnante e situazioni di vita reale in cui possono
Sapere insegnato
Costruzione personale
essere utilizzate le stesse strategie di problem setting e problem solving. Questa capacità nel
Sapere appreso trasferire, legare, comparare, processare oggetti di appr e situazioni è frutto di processi
Passaggio alla competenza metacogniti e metari essivi che vanno accompagnati dal lavoro dell'insegnante.
Competenza individuale Nella scuola delle competenze, l'insegnante deve essere "saggio", esperto sul fronte
Processo di transfer
metodologico-didattico o progettuale e che sia un abile scopritore delle modalità
Competenza esperta

individuali di accesso alle conoscenze e alle competenze, al ne di intercettare e promuovere i talenti personali. Nella costruzione del c. alcune
competenze devono essere sviluppate al massimo delle potenzialità dei sogg in quanto indispensabili ai ni del successo scolastico, ma anche
perchè irrinunciabili per il pieno esercizio di una cittadinanza attiva; mentre i "contenuti" sono il campo che può essere lasciato alla capacità e alla
possibilità di "scelta" dei docenti per due motivi:
1. solo l'istituzione scolastica può selezionare, fra le competenze culturali che possiede e le risorse culturali del territorio in cui vive, quali "saperi", quali
tematiche, quali messaggi possono favorire l'apprendimento e lo sviluppo di competenze essenziali;
2. nella società della conoscenza, il "sapere" è pieno di frammentazioni in continua espansione per cui bisogna operare delle scelte, se non si vuole
banalizzare l'istruzione. Individuare quali debbano essere le competenze essenziali su cui fondare la progettazione del curricolo, è un compito che spetta
agli apparati ministeriali, incaricati di emanare Indicazioni nazionali utili alla progettazione curricolare, mentre è compito di ciascuna scuola utilizzare le
essibilità didattico-organizzative previste dall'autonomia per favorire il loro raggiungimento da parte degli alunni.
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3.Dalle politiche europee per l'istruzione e la formazione all'innovazione curricolare
La strutturazione del c. per competenze è il risultato di decisioni transnazionali de nite a livello europeo e riconducibili a quella che è stata de nita la
"Strategia di Lisbona" sono soprattutto 4 provvedimenti:
1. La stategia di Lisbona, 2000;
2. Il Memorandum sull'istruzione e formazione permanente, 2000;
3. Le competenze chiave per l'apprendimento permanente, 2006;
4. Il Quadro europeo delle quali che, 2008)
che hanno contribuito a rimodellare l'architettura e gli aspetti organizzativo-diattici dei sistemi di istruzione nazionali, dando il via ad una serie di provvedimenti
nazionali che in molti Paesi, sono in corso di attuazione.

1.La Strategia di Lisbona, delineata in occasione del Consiglio Europeo tenutosi a Lisbona nel 2000, nel quale i Capi di Stato hanno stabilito di adottare il
seguente obiettivo quale punto di riferimento per le successive politiche europee, "diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dianmica
del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il raggiungimento di
questo obiettivo è stato riferito a circa 10 aree inerenti le politiche sociali e i settori rilevanti per la costruzione di una economia basata sulla conoscenza.
Nelle Conclusioni viene inoltre riconosciuto il ruolo fondamentale che l'istruzione e la formazione ricoprono per la crescita e lo sviluppo economico, per cui nel
2001 a Stoccolma è stata approvata la "Relazione sugli obiettivi concreti futuri dei sistemi di istruzione e di formazione" del Consiglio Istruzione in cui viene
delineato un approccio delle politiche nazionali nel settore dell'istruzione, concentrando gli sforzi attorno a tre obiettivi:
1.aumentare la qualità e l'e cacia dei sistemi di istruzione e di formazione dell'unione europea;
2.facilitare l'accesso ai sistemi di istruzione e di formazione;
3.aprire i sistemi di istruzione e formazione al mondo esterno.
Questi obiettivi sono stati declinati in 13 obiettivi concreti. Successivamente è stato preparato un programma di lavoro, dove per ciascuno dei 13 obiettivi
indicati nella Relazione sono stati individuati alcuni temi-chiave da a rontare, nonchè un elenco di indicatori per misurare l'attuazione mediante il "metodo
aperto di coordinamento".
Nel 2003, il Consiglio dei Ministri dell'Istruzione ha individuato 5 aree prioritarie di intervento, de nendone anche i livelli di riferimento da raggiungere
entro il 2010:
1.diminuzione degli abbandoni precoci (non superiore al 10%);
2.aumento dei laureati in matematica, scienze e tecnologia (aumento del 15% e al contempo diminuzione dello squilibrio tra sessi);
3.aumento dei giovani che completano gli studi secondari superiori (almeno l'85% della popolazione ventiduenne);
4.diminuzione della % dei 15enni con scarsa capacità di lettura (20% rispetto al 2000);
5.aumento della media europea di partecipazione ad iniziative di lifelong learning (almeno no al 12% della popolazione adulta in età lavorativa 25\64
anni).
Nel 2007 il Consiglio ha individuato 16 indicatori, funzionali al monitoraggio dei progressi verso gli obiettivi di Lisbona:

1.Partecipazione all'istruzione pre-scolare; 2.Istruzione per persone con BES; 3.Giovani che abbandonano la 4.Conoscenze di base in lettura,
scuola prematuramente; matematica e scienze;

5.Conoscenze linguistiche; 6.Competenze in materia di TIC; 7.Competenze civiche; 8.Capacità di imparare ad imparare;

9.Tassi di completamento dell'istruzione 10.Sviluppo professionale degli 11.Diplomati dell'istruzione 12.Mobilità transnazionale degli
secondaria superiore; insegnanti e dei formatori; superiore; studenti dell'istruzione superiore;

13.Partecipazione degli adulti 14.Competenze degli adulti; 15.Livello i istruzione della 16.Investimenti nel campo
all'apprrendimento permanente; popolazione; dell'istruzione e della formazione.
Questi indicatori sono risultati utili per l'individuazione di tre "leve" su cui basare l'azione futura:
1.concentrare le riforme e gli investimenti nei settori-chiave;
2.fare dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita una realtà concreta;
3.costruire l'Europa dell'istruzione e della formazione.
Con cadenza biennale sono stati veri cati i progressi compiuti nell'attuazione del piano di lavoro.
• Il rapporto del 2006 evidenzia una progressione lenta e faticosa dei Paesi verso le soglie-obiettivo previste per il 2010.
• Il rapporto del 2008: studenti nell’istruzione superiore sono aumentati di 3 milioni e ogni anno 1 milione di laureati in più; il 60% dei giovani (tra i 5-29 anni)
frequenta la scuola superiore; ancora preoccupante: 6 milioni di giovani (1:7) tra i 18-24 anni arrivano a completare SOLO la scuola dell’obbligo; 1:7 di
bambini di 4 anni non partecipa a percorsi educativi; ineguaglianze di genere: i ragazzi ottengono risultati peggiore in lettura, le ragazze in matematica; circa
108 milioni di individui possiede livelli di studio troppo bassi. Italia: la progressione risulta costante sia positivo che in negativo.

2.Il Memorandum sull'istruzione e la formazione permanente, "l'obiettivo consiste nel dare l'avvio ad un dibattito su una strategia globale di attuazione
dell'istruzione e della formazione permanente a livello sia individuale che istituzionale". Innovazione: la nozione di istruzione e formazione permanente deve
diventare il principio informatore dell'o erta e della domanda in qualsiasi contesto di apprendimento, che punta a fare della formazione il volano del
cambiamento. Come scrive F. Fabbroni: "Un cambiamento profondo della scuola è possibile a partire da un disegno longitudinale dell'educazione
senza con ni temporali ".
In linea con gli obiettivi del Memorandum la scuola può operare nella prospettiva del lifelong learning sia al suo interno che con le agenzie del territorio in moda
tale da:
- garantire a tutti l'accesso all'istruzione per una partecipazione attiva ai progressi della società della conoscenza;
- assicurare un investimento costante nelle risorse umane;
- sviluppare contesti e metodi e caci di insegnamento per un'o erta che ha inizio con la scuola e parallelamente ad essa in famiglia, nell'associazionismo,
ecc, per poi trovare una prosecuzione durante tutta la vita;
- a nare le modalità di valutazione dei risultati delle azioni di istruzione e formazione con attenzione alle situazioni esperenziali legati al contesto scolastico,
ma anche quelle informali;
- garantire a tutti un facile accesso ad info e ad un orientamento sulle opportunità di istruzione;
- promuovere opportunità di formazione permanente aperte alla comunità di appartenenza facendo ricorso, se necessario, alle TIC.
Il contributo della scuola alle politiche per l'istruzione appare indispensabile oggi per 2 ragioni:
• in Europa è in atto un’evoluzione verso una società ed un'economia basate sulla conoscenza, per ra orzare la competitività dell'Europa e migliorare le
capacità d'inserimento professionale e di adattamento della sua manodopera;
• i cittadini vivono in mondo socialmente e politicamente complesso.
L'istruzione rappresenta il requisito essenziale per comprendere tali s de ed imparare ad a rontarle. É necessario che la scuola investa
maggiormente sullo sviluppo umano, per dare un'istruzione di base e di qualità a tutti a partire dalla prima infanzia. Il Memorandum si conclude con la
raccomandazione per gli Stati membri di dare luogo ad una stategia globale centrata sulla collaborazione. Collaborare in maniera e cace signi ca impegnarsi
ulteriormente per creare reali collegamenti tra le diverse parti del sistema di istruzione e formazione e tra questo e altri sistemi.

3.Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l'apprendimento permanente, sono ulteriori
precisazioni in merito alle cosiddette competenze chiave per l'apprendimento permanente. La Raccomandazione esorta tutti gli Stati membri ad assicuare che:
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• l'istruzione e la formazione iniziali o rano a tutti gli strumenti per sviluppare competenze chiave a un livello tale che li prepari alla vita adulta e costituisca la
base per altre occasioni di apprendiemnto;
• si tenga conto di quei giovani, che a causa di svantaggi educativi determinati da circostanze personali, sociali, culturali o economiche, hanno bisogno di un
sostegno per realizzare le loro potenzialità;
• gli adulti siano in grado di sviluppare e aggiornare le loro competenze chiave in tutto l'arco della vita con un'attenzione particolare per gruppi di destinatari
riconosciuti prioritari nel contesto nazionale, regionalee\o locale.
Con questa disposizione l'UE ribadisce l'impor della costruzione di un comune "quadro di riferimento" europeo intorno alle competenze chiave che i Paesi
membri devono perseguire attraverso i loro sistemi. L'obiettivo nale è quello di contribuire allo sviluppo di un'istruzione e di una formazione di qualità,
orientando le azioni in vista del raggiungimento di competenze utili a preparare i giovani alla vita adulta. La combinazione di conoscenze, abilità e attitudini dà
vita ad 8 competenze chiave di cui tutti i soggetti hanno bisogno.

1. Comunicare nella lingua madre; 2. Comunicazione in lingue straniere; 3. Competenza matematica e competenza 4. Competenza digitale;
di base in campo scienti co e tecnologico

5. Imparare a imparare; 6.Competenze sociali e civiche; 7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. Consapevolezza ed espressione
culturale
Non sono odinate secondo una dispozione gerarchica, poichè ognuna va considerata come indispensabile per vivere nella società della conoscenza. Per molti
versi si sovrappongono nella misura in cui aspetti dell'una contribuiscono alla maturazione di tratti essenziali di altre. Le competenze riportate è necessario
che diventino il punto d'arrivo dell'istruzione in Europa. Esse orientano verso l'apprendimento permanente con l'attenzione alla formazione di
soggetti "domani adulti".

4.Il quadro Europeo delle Quali che per l'apprendimento permanente (EQF). Con questo provvedimento l'UE ha inteso elaborare un quadro comune di
riferimento tale da collegare fra loro i sistemi di quali cazione di paesi membri, in modo da rendere i titoli e le quali che più leggibili e comprensibili tra di erenti
sistemi formativi europei. Esso rappresenta la risposta al terzo obiettivo della Strategia di Lisbona, che prevede di "aprire i sistemi di istruzione e
formazione" per promuovere la mobilità dei cittadini europei e agevolarne l'apprendimento permanente. Questo lavoro nella costruzione di un quadro di
riferimento ha avuto inizio già nel 2004, ma solo nel 2006 la Commisione ha avanzato una proposta rati cata dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel 2008.
Essa rappresenta la sottoscrizione di un impegno che entro il 2010 sono invitati a rapportare i propri sistemi di quali cazione, e entro il 2012 ad introdurre nei
singoli certi cati di quali ca, titoli e diplomi un riferimento al livello corrispondente dell'EQF. S da molto importante sia sul fronte dell’istruzione:
• perché nonostante il tema della certi cazione delle competenze sia discusso da tempo, a partire dalla Legge n.9 1999 (Innalzamento dell'obbligo
d'istruzione da 8 a 10 anni con e etto graduale a partire dal 1999-2000, poi abrogata dalla Riforma Moratti) e provvedimenti successivi, esso risulta
INCOMPIUTO
• sia per quello della formazione, poichè la certi cazione delle quali che professionali richiede la stesura di un Accordo-Quadro tra Stato e Regioni nella
prospettiva di una maggiore collaborazione tra centro e periferia.
Dell'EQF potranno beni ciare diversi sogg avvalendosi di sinergie e corrispondenze tra i sistemi di quali cazione di vari paesi, nello speci co
favorirà:
1. una mobilità più di studenti e lavoratori, consentendo loro di descrivere il proprio livello di competenze ai potenziali datori di lavoro di altri paesi;
2. i singoli individui, incrementandone le possibilità di accesso e partecipazione all'apprendimento permanente.
L'EQF indicherà in quale modo i risultati dell'apprendimento possono essere combinati partendo da di erenti contesti e da paesi diversi, contribuendo
all'abbattimento delle barriere tra fornitori di servizi di istruzione e formazione(ad es, fra l'istruzione superiore e l'istruzione professionale)che potrebbero
operare separatamente.
L'intendimento è quello di promuovere la progressione, a nchè gli individui non debbano ripetere cicli di apprendimento;
• gli individui in possesso di una vasta esperienza maturata sul lavoro o in altri campi di attività; agevolando la validazione di tale apprendimento informale
sarà possibile valutare se i risultati ottenuti sono equivalenti alle quali che formali in termini di contenuto e pertinenza;
• gli utenti individuali e i fornitori di servizi di istruzione e formazione incrementando la trasparenza delle quali che rilasciate al di fuori dei sistemi nazionali (ad
es, da settori e società multinazionali).
L'adozione di un quadro di riferimento agevolerà il ra ronto e il collegamento fra le quali che tradizionali rilasciate dalle autorità nazionali e le quali che
rilasciate da altri sogg.
L'EQF sottolinea nuovamente la centralità delle competenze all'interno di processi di formazione e professionali. Esso prevede 8 livelli, i quali rappresentano il
riferimento comune ai vari sistemi nazionali europei e che prendono in considerazione le varie quali che previste. Gli 8 livelli sono narrati in termini di risultati
di apprendimento perchè la competenza per essere valutata e certi cata devono essere descritte. Elemento di innovazione, poichè considera l'e cacia
dell'apprendimento in termini di learning out come (=risultati dell'apprendimento conseguiti)

4.Provvedimenti normativi nazionali per il rinnovamento curricolare e la qualità dell'istruizione


Buona parte delle innovazioni in materia di curricolo nascono prima a Bruxelles e poi trovano una loro applicazione nel nostro Paese. Prendendo come anno
di riferimento il 2000, l'e etto delle politiche europee dell'istruzione a livello nazionale è visibile già a partire dai provvedimenti legati al conferimento
dell'autonomia alle istituzioni scolastiche, ma anche nel disegno di riordino dei cicli dell'allora Ministro De Mauro (Legge n.30\2000).
Nel successivo progetto di riforma dell'ex Ministro Moratti alla parola "curricolo", viene preferita l'espressione "piani di studio personalizzati", mentre
l'attenzione verso le "competenze" continua a rappresentare uno dei riferimenti più forti da promuovere sia sul piano metodologico che didattico, come
indicato negli allegati al D.Lgs 2004 n.59 (De nizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'art.1
della Legge 2003, n.53).
Tre provvedimenti che hanno introdotto signi cativi cambiamenti sul fronte degli Ordinamenti:
1.Il Regolamento recante norme in materia di adeguamaento dell'obbligo d'istruzione (2007);
2.Le Indicazioni nazionali (2001, 2004, 2007);
3.I nuovi Regolamenti del I e II ciclo d'istruzione (2008).
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1.Il Regolamento recante norme in materia di adeguamaento dell'obbligo d'istruzione (2007):
Il nuovo obbligo viene elevato a 10 anni, concorre sia alla promozione del diritto\dovere all'istruzione, sia al riassetto in corso d'opera del secondo ciclo
d'istruzione (art.13 Legge n.40\2007), costituito dalla scuola superiore. La novità è di rivolgere il sapere al raggiungimento di competenze indispensabili. É
per mezzo dei saperi e delle competenze che viene assicurata omogeneità ed equivalenza formativa a tutti i percorsi, nel rispetto della speci cità dell'o erta
formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei diversi ordini, tipi ed indirizzi di studio. Saperi e competenze, articolati in conoscenze e abilità, sono
riportati nel "documento tecnico", allegato al Decreto n.139 del 2007, e vengono distinti in 4 assi culturali : asse dei LINGUAGGI, MATEMATICO,
SCIENTIFICO-TECNOLOGICO, STORICO-SOCIALE. All'interno di ciascun asse possono essere letti riferimenti alle discipline di insegnamento, ma sarebbe
riduttivo circoscrivere a ciascun asse solo alcune discipline, in quanto si avvale di altri saperi. La progettazione curricolare per competenze richiede un
rapporto dialettico e reciproco tra le varie materie di studio. Sussiste, inoltre, un superiore livello di integrazione che riguarda le possibili intersezioni tra assi
culturali diversi.
Si distinguono 2 tipi di competenze:
1. Competenze di base: legate alla dimensione culturale dell'asse di appartenenza. Si connotano come competenze maggiormente settoriali e
speci che, in quanto correlate con altrettanti speci saperi. Per ciascuna competenza vengono indicate le abilità\capacità e le conoscenze necessarie
per raggiungerla, lasciando libertà ai docenti per ciò che attiene la de nizione delle corrispondenze tra abilità\capacità, conoscenze e competenze. Le
abilità e le conoscenze possono essere modulate in base ai livelli di partenza degli alunni, le risorse presenti presenti nel territorio, i percorsi e le
esperienze formative precedenti; ciò che è più vincolante è la promozione delle competenze di base in quanto vengono con gurandosi come indicatori
indispensabili per l'alfabetizzazione di base. Le abilità\capacità sono gli step che il docente deve far raggiungere ai propri alunni. L'accumulo di abilità e
conoscenze non rappresenta una condizione necessaria e su ciente alla maturazione di competenze, in quanto esse vanno sempre considerate come
forme personali di apprendimento.
2. Competenze chiave di cittadinanza: Sono "il risultato che si può conseguire - all'interno di un unico processo di insegnamento\apprendimento -
attraverso la reciproca integrazione e interdipendenza tra i saperi e le competenze contenute negli assi culturali". Sono funzionali all'espletamento
dell'obbligo di istruzione e anche all'apprendimento permanente. Dal momento che sono il ne ultimo della formazione scolastica, conferiscono
unitarietà alla molteplicità dei percorsi curricolari che le istituzioni scolastiche possono progettare, ma è un percorso che dura per tutto l’obbligo
scolastico. In ogni ordine devono essere prioritarie, declinandole attraverso appositi descrittori compatibili con i livelli di sviluppo e di maturazione degli
alunni, ma che dà anche conto della verticalità, unitarietà e progressione del curricolo stesso (aspetto trascurato).
← Evidenzia in che modo alcuni degli indicatori di competenza de niti dal Consiglio
europeo sono stati recepiti anche nel Decreto sul nuovo obbligo di istruzione ci fa capire il
contributo che l'istruzione può o rire alla promozione e allo sviluppo del lifelong learning.
La progettazione didattica deve prevedere una correlazione tra saperi e competenze di
base, che dà vita al "tessuto" di molteplici percorsi di apprendimento centrati sulle
esigenze di tutti gli alunni. Quello presentato no a qui costituisce lo "sca olfding" del
modello curricolare, ovvero l'architrave su cui poggia il lavoro didattico operando su
speci che competenze, concorre alla de nizione di un pro lo preciso, che mira al
raggiungimento di competenze e saperi essenziali.
2.Le Indicazioni nazionali (2001, 2004, 2007): Hanno lo scopo di elaborare una proposta di curricolo nazionale dalla quale discenderanno poi i vari curricola
delle scuole. Hanno senso se lette in chiave propositivo regolativa nella misura in cui de niscono una cornice culturale e curricolare di riferimento che
conferisce unitarietà al sistema dell'istruzione.
Esistono tre diverse edizioni:
A. Divulgate nel 2001 dal Ministro De Mauro (mai entrate in vigore). Riforma nata con l'intento di estendere l'accesso alla scuola dell'infanzia, mediante il
ra orzamento degli standard qualitativi e il raccordo con il ciclo successivo. Veniva delineato un itinerario unitario, con un "ciclo lungo" dal carattere
progressivo (dalla scuola dell’infanzia alle superiori). La scuola secondaria di 5 anni, caratterizzata dalla riduzione degli indirizzi e dall'a ermazione della loro
pari dignità formativa, era articolata in 4 aree: calssico umanistica (liceo classico e linguistico), scienti ca (liceo delle scienze matematiche e sperimentale e
scienze sociali), tecnica e tecnologica (5\6 indirizzi), artistica e musicale (2 indirizzi). Erano previste "passarelle", con la possibilità cioè di passare da un
indirizzo all'altro, correggendo eventuali errori di scelta e casi di dispersione. Si prevedeva la possibile uscita per l'apprendistato e nella formazione
professionale. Il c. viene articolandosi in obiettivi speci ci di apprendimento relativi alle competenze degli alunni.
B. Emanate conseguentemente al progetto di Riforma del Ministro Moratti (Legge n.53 del 2003). La s.primaria è articolata in un primo anno, teso al
raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali; la s.media si articola in un biennio e in un terzo anno che completa il percorso
disciplinare. Viene introdotto un sistema di valutazione con scansione biennale. La s.dell'infanzia resta identica a quella delineata dalla Legge n.30\2000, ma
muta il rapporto tra obbligo di istruzione e obbligo formativo. Infatti l'obbligo di istruzione di 10 anni, introdotto dalla Legge n.9\1999, si trasforma in
"diritto\dovere dei cittadini ad acquisire una quali ca garantita nei suoi standard qualitativi dalla Repubblica in almeno 12 anni di istruzione\formazione o,
comunque, entro il 18° anno". La riforma della s.superiore resterà incompiuta, per la mancata attuazione del decreto legislativo n.226 ddel 2005, "il II ciclo
è costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell'istruzione e della formazione professionale; dopo i 15 anni i diplomi e le quali che si possono conseguire
in alternanza scuola-lavoro o attraverso l'apprendistato; il sistema dei licei comprende i licei artistico, classico, economico, linguistico, musicale e
coreutico, scienti co, tecnologico, delle scienze umane; hanno durata quinquennale; l'attività didattica si sviluppa in 2 periodi biennali e in quinto anno che
completa il percorso; si concludono con un esame di Stato, il cui superamento rappresenta titolo necessario per l'accesso all'università". La parola
"curricolo" viene sostituita dall'espressione "piani di studio personalizzati", nel ribadire i principi della essibilità didatticoorganizzativa e della
personalizzazione dei percorsi, identi cano il ne degli interventi scolastici con la promozione di apposite "competenze personali". Non è un caso, che tra i
documenti allegati al D.Lgs n.59 del 2004, compaia per la prima volta il Pro lo educativo, culturale e professionale dello studente alla ne del Primo
Ciclo di istruzione (PECUP), il quale esplicita ciò che un ragazzo di 14 anni dovrebbe sapere e fare per essere l'uomo e il cittadino che è lecito attendersi.
Che cosa sono dunque le competenze nelle Indicazioni Nazionali Moratti e come possono essere sviluppate? Rimandano "all'agire personale di
ciascuno, basato sulle conoscenze e abilità acquisite, è un giro complesso che coinvolge tutta la persona e che connette i saperi (conoscenze), i
saper fare (abilità), i comportamenti individuali e relazionali, gli atteggiamenti emotivi, le scelte valoriali, le motivazioni e i ni. É attraverso la
costruzione di Piani di studio personalizzati (PSP), che le scuole possono e devono favorire la maturazione di "competenze personali essenziali",
riconoscendo il valore della diversità di ciascun soggetto e indirizzando la scuola verso la progettazione di percorsi formativi di erenziati.
Due meriti per questa riforma:
1. aver fatto proprie le raccomandazioni della Strategia di Lisbona che sollecitano l'introduzione di una didattica orientata alle competenze;
2. aver elaborato un modello progettuale per competenze che fornisse delle indicazioni su come passare da un insegnamento focalizzato sulle conoscenze
ad un insegnamento basato sulle competenze (TABELLA 2.8 PAG.95) É abbastanza complesso ma non giusti ca la scarsa applicazione.
Questo modello prende avvio dagli obiettivi generali del sistema educativo per passare poi alle competenze riportate nel PECUP, previsto al termine del I e II
ciclo, ma solo il primo è entrato nelle scuole, perchè quello del II ciclo è stato emanato solo sulla carta a causa della mancata applicazione del D.Lgs n.226 del
2005, documento che tuttavia viene riproposto oggi dai nuovi Regolamenti sui Licei e sugli Istituti tecnici e professionali riformati dal Ministro Gelmini. Gli
indicatori del PECUP (TABELLA 2.9 PAG.96) sono generici e rimandano più a nalità a lungo termine, anzichè a competenze rilevabili e valutabili al termine di
un percorso. Sono generali perchè sono riferiti ad un contesto nazionale e che necessitano di essere ulteriormente declinati in indicatori più analitici. A partire
dalle competenze del PECUP, i docenti sono chiamati ad individuare appositi obiettivi formativi (OF), i quali sono indicatori di competenza (più analitici) che
possono essere raggiunti dai singoli alunni.
Gli obiettivi formativi vengono raggiunti attraverso la progettazione di apposite Unità di apprendimento (UdA) L’UdA rappresenta un'unità di lavoro
interdisciplinare che prevede la de nizione di: uno o più obiettivi formativi (OF), obiettivi speci ci d'apprendimento (OSA) raccordati alle competenze da
promuovere (OF), contenuti e attività da realizzare. Le UdA non coincidono con le Unità didattiche.
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L'insieme delle UdA e ettivamente realizzate dà vita ai Piani di Studio Personalizzati (PSP). I PSP, riportando gli obiettivi formativi e gli obiettivi speci ci di
apprendimento elencati nelle Indicazioni nazionali, vengono impostati nelle loro linee generali all'inizio dell'anno scolastico. Attraverso i PSP è
possibile valutare in che misura la scuola e il corpo docente sono stati in grado di utilizzare le conoscenze e le abilità come mezzi per trasformare in
competenze personali le capacità di ciascuno. Se per un verso le conoscenze e le abilità possono essere generalizzabili, le competenze invece, sono
espressione dell'unicità e dell'originalità di ciascuno. La Riforma Moratti identi ca poi il Portfolio come strumento da utilizzare per l'accertamento e
la certi cazione delle competenze acquisite.
C. Indicazioni rmate dal Ministro Fioroni, in cui viene delineato il ruolo che la scuola ricopre nella società delle conoscenza, caratterizzata da una
maggiore ricchezza di stimoli culturali, da una varietà di esperienze formative non sempre accessibili a tutti. La scuola è chiamata a dare
sistematicità alle esperienze dei bambini, a fornire una formazione solida sul piano cognitivo e culturale, a promuovere la capacità di lettura di problemi che
a ondano le loro radici nel "glocalismo" (=il risultato di un'interazione tra istanze globali e locali), a fornire strumenti di selezione e interpretazione delle
info, ad educare alla consapevolezza delle interdipendenze tra i fenomeni, a cui la scuola deve cercare di dare una risposta attraverso la propria azione
formativa. Per questo c'è la necessità di sintetizzare alcuni concetti-chiave che stanno alla base della cornice culturale e formativa delle Indicazioni per il
curricolo.
Cittadinanza. Compito della scuola è di formare ad una cittadinanza unitaria e plurale, capace di valorizzare sia la conoscenza della storia, delle tradizioni,
delle memorie nazionali, sia la consapevolezza di essere cittadini dell'Europa e del mondo. Oggi la scuola deve puntare a formare cittadini in grado di
partecipare alla costruzione di collettività più ampie, tali da promuovere la convivenza e l'integrazione sociali attraverso la valorizzazione delle diverse identità
di ciascuno.
Diversità. Oggi assistiamo a molte diversità, che troppo spesso associamo solo ed esclusivamente al multiculturalismo. Oggi la diversità costituisce un
carattere peculiare della scuola per 2 motivi: 1.gli stimoli cognitivi e le opportunità di apprendimento si sono moltiplicati e diversi cati; 2.in passato il
percorso di formazione avveniva quasi esclusivamente all'interno della scuola, oggi l'apprendimento scolastico rappresenta soltanto il 20-30% degli
apprendimenti degli alunni, i quali arricchiscono le loro conoscenze e competenze attraverso esperienze anche informali.
Persona. Fare dell'educazione alla cittadinanza un obiettivo concreto dell'azione formativa signi ca riscoprire la "centralità della persona". Porre l'alunno-
persona al centro dell'azione educativa vuol dire considerarlo come un elemento di ricchezza e di apprendimento, anche per gli altri; per i docenti signi ca
pensare e realizzare progetti educativi destinati a persone reali. Da qui la necessità di calibrare le proposte educative attraverso una relazione con i bisogni
fondamentali e i desideri dei bambini e degli adolescenti. Comunità di apprendimento. La scuola deve connotarsi come luogo accogliente. Per combattere
il "mal di scuola" è indispensabile creare le condizioni che favoriscono lo "stare bene a scuola". L'apprendimento può essere favorito ed incrementato
dall'interazione con gli altri, pari o insegnanti che siano.
Partecipazione. L'a ermazione di un approccio partecipativo tra le varie componenti scolastiche, mira anche al raggiungimento di una migliore integrazione
fra la scuola e le famiglie degli alunni, fra scuola e territorio, per far si che ognuno possa "svolgere un'attività o una funzione che concorra al progresso
materiale e spirituale della società" (Costituzione, art.4). Nel primo caso bisogna coinvolgere i genitori nelle decisioni e nella programmazione degli interventi
scolastici, giusti cando il perchè delle scelte inerenti sia la gestione del servizio scolastico, sia l'articolazione del POF secondo i principi della condivisione e
della trasparenza. Come riportato nelle indicazioni: "La scuola persegue una doppia linea formativa: verticale e orizzontale. La linea verticale esprime
l'esigenza di una formazione che possa continuare lungo l'arco della vita; quella orizzontale indica la necessità di una collaborazione fra la scuola e gli attori
extrascolastici (la famiglia in primo luogo)".
Cultura. Una scuola basata "sull'educare istruendo" deve individuare un "senso" dentro la trasmissione di competenze, saperi e abilità. Il senso del fare
scuola rimanda alla possibilità che essa ha di valorizzare l'unicità e l'irripetibilità di ogni singolo individuo attraverso l'incontro con la cultura, con i saperi,
ecc. Ecco che "la scuola a anca al compito "dell'insegnare ad apprendere" quello "dell'insegnare ad essere". Questo viaggio alla scoperta di se stessi può
realizzarsi solo entrando in rapporto con il proprio vissuto e con la realtà che ci circonda. Sottolineare l'importanza della cultura signi ca utilizzare la cultura
come strumento utile alla progettazione rispondenti alle inclinazioni personali degli studenti.
Competenze. Le Indicazioni rappresentano un passo fondamentale per l'acquisizione delle competenze; sono articolate in modo funzionale
all'individuazione delle connessioni epistemiche e epistemologiche. La connotazione transdisciplinare delle competenze necessitano dell'apporto di tutti i
settori del sapere. Le modalità utilizzate per il loro conseguimento saranno diverse dalla scuola dell'infanzia (◊maggiore impor all'esperienza diretta, alla
manipolazione, al gioco, alla narrazione, alla musica, ecc) no al loro ingresso alla scuola primaria e media(◊quello che è stato appreso prima in via pratica,
ora con gradualità dovrà essere a rontato a livello teorico e sperimentale).
Tre sono le priorità che la scuola deve perseguire:
• 1. la valorizzazione e l'acquisizione di saperi consolidati, in vista della costruzione di nuove conoscenze (integrazione tra i saperi formali e quelli informali);
• 2. la maturazione di competenze personali spendibili in molteplici contesti;
• 3. l'acquisizione di una forma particolare, in grado di esprimere l'insieme degli elementi caratterizzanti il proprio essere persona.
Per quanto riguarda l'organizzazione del c, i docenti devono prendere come punto di riferimento i cosiddetti traguardi per lo sviluppo delle competenze, al cui
raggiungimento concorrono gli obiettivi di apprendimento. Detti traguardi indicano quali piste percorrere e aiutano a nalizzare l'azione educativa.
• Nella scuola dell'infanzia suggeriscono ai docenti orientamenti, attenzioni e responsabilità per favorire esperienze volte allo sviluppo della competenza.
La s.dell'infanzia si con gura come una scuola "a misura di bambino", la quale rappresenta la prima "risposta al loro diritto all'educazione". In linea con gli
Orientamenti del 1991, diventa lo spazio sico, sociale, culturale, valoriale all'interno del quale viene riconosciuta all'infanzia una sua speci cità evolutiva,
una sua centralità cognitiva ed a ettiva, un'attenzione particolare sul piano educativo. Svolge un ruolo centrale per lo sviluppo della persona perchè
concorre alla maturazione di acquisizioni indispensabili per futuri apprendimenti, connotandosi come una comunità educante all'interno della quale il
bambino apprende le regole della convivenza democratica e a lavorare in gruppo. Grazie alle attività didattiche che i bambini compiono arrivano a scoprire e
sperimentare diversi linguaggi, imparano ad utilizzare il dialogo e il gioco come modalità di interazione con altri bambini e con gli adulti, osservano e si
interrogano in merito a ciò che li circonda, avviando esplorazioni dirette e tentativi di risoluzione di problemi, attivano processi di simbolizzazione e di
rappresentazione mentale. Punto di partenza: valorizzazione delle loro esperienze per successive ricerche, analisi e elaborazioni. Il piano della cura
si esercita mediante la capacità degli insegnanti di prestare ascolto ed attenzione alle sollecitazioni del bambino, alla cura dell'ambiente, al clima
relazionale, ai rapporti con le famiglie. La promozione degli apprendimenti si sviluppa mediante la predisposizione di esperienze e attività che
prevedono il coinvolgimento diretto e l'interazione tra i bambini e gli insegnanti. L'esplorazione, le interazioni con il territorio, con gli ogg, le
espressioni artistiche e il gioco rappresentano le modalità con cui i bambini esprimono la loro creatività. Deve pertanto connotarsi come luogo
accogliente per tutti, data dalle relazioni di collaborazione, partecipazione, condivisione e empatia.
• Fra le nalità della s.dell'infanzia rientrano lo sviluppo dell'identità, dell'autonomia, della competenza e della cittadinanza.
- Sviluppare l'identità=imparare a stare bene e a sentirsi sicuri nell'a rontare nuove esperienze in un ambiente sociale allargato, imparare a conoscersi e a
sentirsi come persona unica, sperimentare diversi ruoli e forme di identità ( glio, alunno, compagno, ecc);
- sviluppare l'autonomia=acquisizione della capacità di interpretare e governare il proprio corpo, partecipare alle attività, avere ducia in sè e darsi degli
altri, realizzare attività senza scoraggiarsi, provare piacere nel fare da sè e saper chiedere aiuto, esprimere con diversi linguaggi i sentimenti e le
emozioni, esplorare la realtà e comprendere le regole della vita quotidiana, partecipare alle negoziazioni e alle decisioni motivando le proprie opinioni, le
proprie scelte e comportamenti; assumere attegg sempre più responsabili;
- sviluppare la competenza=imparare a ri ettere sull'esperienza attraverso l'esplorazione, l'osservazione e l'esercizio al confronto, descrivere la propria
esperieenze e tradurla in tracce personali e condivise, rievocando, narrando e rappresentando fatti signi cativi, sviluppare l'attitudine a fare domande,
ri ettere, negoziare i signi cati;
- sviluppare il senso della cittadinanza=scoprire gli altri, i loro bisogni e la necessità di gestire i contrasti attraverso regole condivise, che si de niscono
con il dialogo, l'espressione del proprio pensiero, l'attenzione al punto di vista degli altri, il primo riconoscimento dei diritti e dei doveri, porre le
fondamenta di un abito democratico, eticamente orientato, aperto al futuro e rispettoso del rapporto uomo-natura.
É grazie al lavoro per campi di esperienza che gli insegnanti possono mettere i bambini nelle condizioni di conseguire queste nalità. Le proposte pre-
disciplinari sono da introdursi a piccoli passi, negli anni terminali e vanno viste in secondo ordine rispetto alla possibilità di far compiere ai bambini esperienze
dirette.
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• Nella scuola del I ciclo (8 anni) favoriscono l'apprendimento e la costruzione dell'identità degli alunni ponendo le basi per lo sviluppo delle competenze
indispensabili. Partendo dalla valorizzazione delle esperienze che gli alunni hanno maturato nella scuola dell'infanzia e dell'extrascuola, contribuisce ad una
strutturazione dinamica dell'identità, alla promozione della cittadinanza attiva e all'acquisizione degli alfabeti di base. Tutti i bambini apprendono
grazie alla pratica didattica, ad esercitare nella scuola il loro diritto alla cittadinanza e per fare questo, la scuola deve organizzarsi sempre più come una
comunità democraticamente strutturata in cui ciascun soggetto ha la possibilità di esprimere se stesso e il proprio punto di vista. I docenti sono chiamati ad
utilizzare gli alfabeti di base e i saperi disciplinari. Educare alla cittadinanza signi ca soprattutto sviluppare un'adesione consapevole a valori condivisi,
promuovere atteggiamenti cooperativi e collaborativi posti come condizione per praticare la convivenza civile. Fra gli obiettivi irrinunciabili, si
individuano soprattutto la costruzione del senso di legalità e lo sviluppo di un'etica della responsabilità, che si realizzano nel dovere di scegliere e agire in
modo consapevole e che implicano l'impegno a elaborare idee e azioni nalizzate al miglioramento continuo. La scuola svolge un ruolo di orientamento e gli
insegnanti devono prestare attenzione sia al recupero\potenziamento delle abilità non ancora consolidate, sia promuovere la valorizzazione delle eccellenze.
La scuola favorisce lo sviluppo di capacità cognitive e socio-a ettive. La scuola del I ciclo ha anche il compito di promuovere l'alfabetizzzazione di
base per mezzo dell'acquisizione di diversi linguaggi e sistemi simbolici.
Di erenze tra s. primaria e s.media:

PRIMARIA: mira all'acquisizione degli apprendimenti di base. Ai MEDIE: rappresenta la fase in cui si realizza l'accesso alle discipline come punti di vista
bambini va o erta l'opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, sulla realtà e come modalità di interpretazione, simbolizzazione e rappresentazione del
emotive, a ettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i mondo. La valorizzazione delle discipline avviene quando si evitano 2 rischi: sul piano
saperi irrinunciabili. Scuola formativa che attraverso gli alfabeti delle culturale, quello della frammentazione dei saperi (ci vuole l'interdisciplinarietà tra le
discipline, permette di esercitare di erenti potenzialità di pensiero; discipline) e sul piano didattico, quello dell'impostazione trasmissiva.

La legge n.148\1990 istitutiva i "moduli", abrogati dal decreto-legge n.137\2008, convertito con modi cazioni
dalla legge n.169\2008, la quale ha previsto nella s.primaria la costituzione di classi a date ad un unico
insegnante e funzionanti con orari di 24h settimanali.
La tabella mostra lo stretto parallelismo tra le aree disciplinari delle
Indicazioni e gli assi culturali del nuovo obbligo di istruzione a
supporto di una continuità e verticalità del c. che si estendono no al
biennio della s.superiore, conferendo così organicità. Le Indicazioni
suggeriscono apposite strategie didattiche utili allo sviluppo di
competenze, ma agevolano al massimo la progettazione di
percorsi di apprendimento orientati ad arricchire il bagaglio
É necessario procedere per gradi: esperenziale e conoscitivo in vista dell'acquisizione di forme di
il primo stadio conoscitivo è apprendimento superiore.
rappresentato:
- (1) dalla riproduzione di dati, info acquisite, per poi passare
- (2) alla comprensione delle conoscenze metabolizzate attraverso una loro manipolazione, cui fa seguito
- (3) la costruzione di un habitus per poterne generare nuove,
- (4) no alla conquista di un pensiero divergente che diventa il terreno in cui si esprime al meglio la creatività e la soggettività di ciascuno.
Questo processo può essere realizzato mediante un percorso unitario riferito a 3 ordini di scuola. Le di coltà rilevate sono da imputarsi all'impossibilità
di creare una sintesi tra testi programmatici elaborati in tempi e momenti diversi, da cui emergeva la diversità delle impostazioni ideologico-culturali, dei
modelli psico-pedagocici di riferimento, delle soluzioni didattico-organizzative proposte. All'interno del I ciclo la pratica della continuità e della trasversalità del
curricolo è resa perseguibile dalla presenza delle aree disciplinari e al loro interno di discipline comuni sia alla s.primaria che alla s.media. In seno a questa
architettura si inserisce poi il lavoro degli insegnanti con le loro competenze progettuali e organizzative, con le loro expertise, le loro esperienze pregresse.
Nell'Atto di indirizzo del MIUR (2009) vengono de niti i criteri da tenere presenti al momento della progettazione:
• 1.porre al centro l'alunno e il suo itinerario di formazione;
• 2.l'obiettivo principale è quello di formare i cittadini di oggi e di domani;
• 3.operare per una scuola dell'inclusione;
• 4. ssare le tappe e i traguardi da superare nel percorso continuo dai 3 ai 14 anni;
• 5.veri care periodicamente i progressi di ogni alunno, soprattutto nelle capacità di base;
• 6.responsabilizzare ogni scuola rispetto ai risultati e ai livelli di apprendimento che i propri alunni sono chiamati a raggiungere;
• 7.de nire e proporre un curricolo adeguato alla formazione degli alunni e al loro proseguimento negli studi.
Il percorso formativo della scuola deve con gurarsi come un iter centrato sulla continuità delle esperienze di apprendimento(favorite dalla di usione
degli istituti comprensivi e dalle molte esperienze di verticalizzazione).
Come riportato nell'Atto di indirizzo, è necessario:
- creare e mantenere il livello di motivazione allo studio e alla partecipazione alle attività didattiche;
- stabilire un raccordo tra le "Indicazioni" e gli interventi di valutazione;
- de nire e controllare i livelli di competenza raggiunti, tenendo anche conto delle analisi condotte dall'Invalsi;
- intervenire con strategie di rinforzo, di apprendimento e di recupero, in relazione con le carenze o le potenzialità;
- tener conto degli standard di riferimento di usi in ambito UE ed OCSE;
- riservare attenzione al conseguimento di traguardi progressivi di formazione, al graduale passaggio da un anno all'altro e alla transizione dalla s.primaria alla
s.media;
- sviluppare le dinamiche della didattica laboratoriale e della peer education.
La valutazione dei risultati, del comportamento e del processo formativo ricoprono un ruolo centrale nell'esperienza scolastica di ciascun sogg.
Ecco perchè occorre utilizzare in maniera funzionale gli strumenti e i modi di valutazione in uso, per una duplice nalità:
• a. accompagnare e documentare in modo trasparente, e cace ed attendibile il percorso di ogni singolo alunno;
• b. mettere i docenti nelle condizioni di usare la valutazione come strumento pedagogico-didattico da impiegare sia in itinere che a livello nale.
Nel documento viene rilanciata la s da del curricolo per competenze, all'interno del quale i contenuti e l'articolazione delle discipline devono essere ripensati
secondo una prospettiva epistemologica nuova, che deve puntare a raggiungere una certa familiarità con i "nuclei fondanti" delle discipline, un'acquisizione di
conoscenze e una loro metabolizzazione e trasformazione in competenze spendibili a conclusione del primo ciclo. Nello speci co, essa deve orientare la
propria azione verso quegli ambiti in cui le indagini internazionali e gli esiti della prova nazionale Invalsi denunciano le so erenze più marcate.
Ogni scuola è chiamata a:
- predisporre un curricolo che miri a far scoprire la bellezza e l'interesse di ciascuna disciplina e conduca a coglierne i nuclei fondanti. L'approccio alle diverse
discipline andrà calibrato in funzione delle di erenti esigenze e vocazioni delle diverse età dei bambini e dei ragazzi. In tal modo è possibile far maturare un
rapporto positivo con le discipline sul quale costruire, con il maturare delle necessarie facoltà, un approfondimento critico, nella convizione che serva uno
studio intensivo e criticamente approfondito;
- utilizzare il curriculum anche per valorizzare le capacità e intervenire sulle debolezze degli allievi;
- organizzare l'insegnamento in modo progressivamente sistematico. Il documento de nisce i contorni della scuola precisandone i caratteri e le priorità alla
luce delle recenti trasformazioni ordinamentali e organizattivo-didattiche. Esso ride nisce le nalità e gli indirizzi che gli operatori scolastici devono seguire.
Forse sarebbe stato utile ricevere indicazioni metodologico-didattiche più precise e circoscritte su come operare questa armonizzazione, a fronte di una
cornice organizzativa riscritta che continua a vedere nel DPR n.275\1999 un punto di riferimento, pur con tutti gli spazi di incompiutezza.
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3.I nuovi Regolamenti del I e II ciclo d'istruzione (2008): A seguito degli obiettivi di razionalizzazione di cui all'art.64 del decreto-legge 2008, n.112,
convertito, con modi cazioni, dalle legge 2008 n.133, l'attuale esecutivo ha ritenuto opportuno emanare nuovi Regolamenti aventi il ne di revisionare l'assetto
ordinamentale, organizzativo e didattico della s.dell'infanzia, del I e II ciclo di istruzione.
a. Il Regolamento della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione. Sono regolati dalla Legge 2003 n.53 (Riforma Moratti), conseguentemente ai
cambiamenti organizzativo-didattici introdotti dall'art.4 del decreto-legge 2008, n.137, convertito, dalla legge 2008, n.169 che nella s.primaria ha previsto
la reintroduzione del "insegnante unico" (necessario nuovo Regolamento). La di usione è avvenuta conseguentemente alla pubblicazione del DPR n.89
del 2009, mantiene la non obbligatorietà della s.dell'infanzia e la possibilità di inserire bambini anticipatari. L'orario delle attività si articola su 40 ore
settimanali, con possibilità sia di estensione no a 50 ore sia di riduzione (25ore). Nella scuola del primo ciclo vengono mantenuti gli obblighi di frequenza
con possibilità di anticipare l'ingresso. L'insegnante unico prevede di erenti articolazioni dell'orario scolastico pari a 24, 27 e 30 ore (incluse le attività
opzionali facoltative integrabili con risorse a carico delle scuole); è previsto anche il modello delle 40 ore (tempo pieno). Nel decreto si legge: "Le istituzioni
scolastiche adeguano i diversi modelli orario agli obiettivi formativi e ai piani di studio allegati al decreto legislativo n.59 del 2004, aggiornati dal decreto
2007”. Per fare in modo che le scuole possano procedere ad "armonizzare" le Indicazioni Nazionali Moratti (2004) con le Indicazioni per il curricolo Fioroni
(2007) è stato pubblicato l'Atto di indirizzo (Glemini 2009) in cui vengono de niti i criteri generali da seguire. Sebbene nella parte introduttiva si faccia
riferimento al Decreto 2007 n.139, sarebbe stato auspicabile un riferimento alle competenze chiave di cittadinanza come punto di riferimento comune per la
progettazione curricolare; mentre si fa più spesso riferimento agli allegati A, B, C e D del decreto 2004, n.59, nonostante gli indicatori PECUP risultino già
superati. Il processo di "armonizzazione" tra i due modelli di Indicazioni potrebbe essere possibile mantenendo l'impalcatura curricolare de nita dalle
competenze chiave, l'articolazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze previsti dalle Indicazioni per il curricolo, di cui al Decreto 2007, con i
relativi obiettivi di apprendimento integrati con gli obiettivi speci ci di apprendimento (OSA) delle Indicazioni 2004. Ad integrazione sono attivate azioni di
sensibilizzazione e di formazione del personale nalizzate all'acquisizione delle conoscenze e delle competenze relative a "Cittadinanza e Costituzione".
Per quanto riguarda la scuola media, l'art.5 del DPR n.8 del 2009, indica come l'orario annuale obbligatorio delle lezioni sia pari a 990 ore, corrispondenti a
29 ore settimanali, 33 ore annuali da destinare ad attività di approfondimento. Nel tempo prolungato il monte ore è di 36 ore settimanali, elevabili no a 40
(con la mensa). I piani di studio coerentemente con gli obiettivi generali del processo formativo della scuola media sono funzionali alle conoscenze e alle
competenze da acquisire in relazione alle diversità individuali, comprese quelle derivanti da disabilità. Si ribadisce la centralità che il curricolo per
competenze deve ricoprire.
b. I Regolamenti della scuola secondaria superiore. La Riforma avviata con il decreto 2005 n.226, attuativo della legge n.53\2003 (Riforma Moratti), non
essendo mai stato applicato ha lasciato la scuola superiore ancorata al modello idealistico-gentiliano. Come noto, la Riforma Moratti aveva previsto una
"licealizzazione" della scuola superiore, con il rischio di generare una scissione tra il canale dei licei ed il segmento dell'istruzione-formazione
tecnico-professionale. La ride nizione prevista già dall'art.13 della Legge 2007, n.40, sembra aver voluto dare maggiore compattezza e organicità
all'intero sistema delle scuole superiori, all'interno del quale si colloca l'istruzione superiore articolata in licei, istituti tecnici, istituti professionali, nalizzati al
conseguimento di un diploma. (TABELLA 2.13 PAG.123) Il legame con l'impianto de nito dal decreto n.226\2005 resta forte, almeno sul fronte formativo,
infatti tutti i tipi di scuola si rifanno al medesimo Pro lo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema
educativo di istruzione e di formazione (PECUP) di cui all'Allegato A del suddetto decreto: TABELLA 2.14 PAG 124-126 Come indicato nello Schema di
regolamento recante "Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell'art.64, comma 4, del decreto legge
2008, n.112, convertito dalla legge 2008, n.133", i percorsi liceali puntano a fornire gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione
approfondita ed elevata dei temi legati alla persona ed alla società, a nchè egli possa sviluppare un atteggiamento razionale, creativo,
progettuale e critico rispetto ai fenomeni e alle situazioni problematiche. Essi promuovono conoscenze, abilità e competenze, generali e speci che,
coerenti con le capacità e le scelte personali, e le competenze adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, con cui viene de nito il
Pro lo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione per il sistema
dei licei come previsto dall'Allegato A del Regolamento che qui riproduciamo solo per quanto attiene i risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi
liceali. (TABELLA 2.15 PAG.127-128) Il documento riporta inoltre, per ciascuna tipologia di liceo, anche le competenze di indirizzo da applicare in settori
speci ci del mercato del lavoro o della formazione universitaria. É prevista una strutturazione interna articolata in due periodi biennali e in un quinto anno
funzionale alla maturazione di competenze specialistiche con una connotazione orientativa verso gli studi universitari. I licei si articolano in artistico,
classico, linguistico, musicale e coreutico, scienti co e delle scienze umane. Detti indirizzi rimandano a pro li e piani di studi speci ci per ciascun indirizzo.
Le attività didattiche prevedono una quota di lezioni de nita a livello nazionale e una quota riservata alle Regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e
all'insegnamento della religione cattolica, per cui sono previsti attività e insegnamenti obbligatori e insegnamenti attivabili dalle scuole. Tutti i percorsi
prevedono inoltre al 5° anno l'insegnamento, in lingua inglese, di una disciplina non linguistica compresa nel piano di studi. Anche qua è favorita la
partecipazione ai percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto 2005, n.77 (studio-lavoro per progetti, esperienze pratiche e stage). Per gli istituti
tecnici prevede sia il riordino che il potenziamento rispetto agli ordinamenti vigenti, allo scopo di assicurare una maggiore razionalizzazione
dell'utilizzo delle risorse disponibili ed incrementare l'e cacia e l'e cienza del sistema. In realtà la proliferazione degli indirizzi ha originato percorsi
validi solo sulla carta in quanto riferiti a pro li professionali non previsti o non richiesti dal lavoro. Dovrebbero essere caratterizzati da una solida base
culturale di carattere scienti co e tecnologico, costruita attraverso lo studio, l'approfondimento e l'applicazione di linguaggi e metodologie di carattere
generale e speci co in settori per lo sviluppo economico e produttivo del paese. L'obiettivo prioritario è quello di sostenere lo sviluppo delle
professioni tecniche a livello terziario, con le specializzazioni richieste, con riferimento alle piccole e medie imprese, promuovendo l'acquisizione
di saperi e competenze necessarie per un rapido inserimento nel mondo del lavoro, per l'accesso all'uni. Anche in questo caso è stato
predisposto un Pro lo dello studente in cui sono esplicitati i risultati di apprendimento e le competenze attese sia a livello generale per tutta
l'istruzione tecnica che nel dettaglio per i singoli indirizzi. (TABELLA 2.16 PAG.129-132) Gli istituti tecnici dalla durata quinquennale si concludono con
il conseguimento del diploma e sono stati ricondotti a due settori: settore economico e quello tecnologico (gli indirizzi sono alla tabella 2.13 pag.123).
Prevedono un orario annuale di 1056 ore◊32 settimanali, comprensive della quota riservata alle Regioni e dell'insegnamento della religione cattolica
distribuite nei vari anni. Il peso delle discipline di indirizzo incide maggiormente nel triennio, mentre il biennio ha una sionomia tendente al
ra orzamente delle competenze di base e dal taglio orientativo per consentire eventuali passaggi. Questo aspetto va sottolineato poichè,
diversamente dalla proposta di Riforma precedente (Decreto n.226\2005), la didattica degli istituti tecnici non appare sbilanciata n dall'inizio su
discipline professionalizzanti, ma mantiene una valenza formativa attenta allo sviluppo globale della persona.
I laboratori sono organizzati in modo da favorire un collegamento con il mondo del lavoro, compresi il volontariato ed il privato sociale mediante il ricorso a
stage, tirocini e percorsi di alternanza scuola-lavoro.
La quota di autonomia prevista dal DPR n.275\1999 e dal DM n.47\2006 prevede forme di essibilità per corrispondere alle esigenze del territorio e ai
fabbisogni espressi dal mondo del lavoro: entro il 30% nel secondo biennio e il 35% nell'ultimo anno. Al ne di assicurare maggiori opportunità di interazioni
tra la scuola e il mondo del lavoro, il nuovo Regolamento prevede la costituzione di un apposito comitato tecnico-scienti co, composto di docenti e di
esperti del mondo del lavoro, con funzioni consultive e di proposta per l'organizzazione delle aree di indirizzo e per arricchire l'o erta formativa. Non
è su ciente la de nizione del Pro lo in uscita, ma è necessario orientare il lavoro dei docenti con precise Indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le
abilità e le conoscenze connesse ai risultati di apprendimento attesi. Il riordino degli istituti professionali chiude il progetto di ammodernamento della
s.superiore. Anche per gli istituti professionali il legislatore ha previsto una riduzione degli indirizzi, raggruppati in due settori: istituti professionali per il settore
dei servizi e istituti professionali per il settore industria e artigianato. (TABELLA 2.13 PAG 123) L'o erta formativa degli istituti professionali prevede un'area di
istruzione generale e speci che aree di indirizzo. La prima ha l'obiettivo di fornire la preparazione di base, acquisita attraverso il ra orzamento e lo sviluppo
degli assi culturali che caratterizzano l'obbligo di istruzione. La seconda ricorre all'uso di metodi in grado di valorizzare l'apprendimento per mezzo di
esperienze nei contesti formali, informali e la personalizzazione dei percorsi. Dette aree di indirizzo hanno l'obiettivo di far acquisire agli studenti competenze
spendibili in vari contesti. Questa duplice nalità si ritrova anche nel Pro lo in uscita al termine del quinquennio (TABELLA 2.17 PAG.135- 137).
A livello organizzativo è previsto un orario di 1056 ore, 32 ore settimanali comprensive della quota locale distribuita
Sebbene l'istruzione professionale abbia come punto di riferimento al termine del ciclo di studio il mondo della produzione, questo non esclude che esso si
connoti come un percorso formativo utile alla prosecuzione verso gli studi universitari. Questo rappresenta un elemento di riquali cazione della
qualità degli apprendimenti in uscita dagli istituti professionali anche se i risultati delle indagini internazionali dei Paesi OCSE, risultano quelli
maggiormente de citari in lettura, matematica e scienze, soprattutto in alcune aree del Paese.
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In questo senso le strategie didattiche adottate dal corpo docente ricoprono un ruolo fondamentale nello stimolare l'interesse e la motivazione, per
cui sono da privilegiarsi metodologie basate sui laboratori, l'orientamento progressivo, esercitazioni; lavoro cooperativo; personalizzazione dei
progetti e dei servizi attraverso l'uso delle tecnologie e del pensiero creativo; la gestione di processi in contesti organizzati e l'alternanza scuola-
lavoro.
Può essere realizzato ricorrendo a forme di essibilità deliberate dal Collegio dei docenti pari ad una estensione della quota locale: entro il 25%
dell'orario annuale nel primo biennio; il 35% nel secondo biennio e il 40% nell'ultimo anno.
Per gli istituti professionali appare indispensabile che in tempi brevi siano rese disponibili anche le Indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le abilità e le
conoscenze su cui improntare la progettazione del curricolo. L'innovazione curricolare non può fare a meno di:
1.un assetto ordinamentale chiaro e stabile;
2.una de nizione attenta delle Indicazioni cui si riferisce il curricolo.

3.PROPOSTE OPERATIVE E STRUMENTI PER LA COSTRUZIONE DEL CURRICOLO PER COMPETENZE.


1.Dimensione formativa e dimensione didattica del curricolo per competenze: tra personalismo e funzionalismo
In questo capitolo vengono riportate alcune proposte operative su come procedere nella progettazione del curricolo per competenze. Dal momento che non ci
sono Indicazioni curricolari precise per la s.superiore, ci si concentrerà sulla scuola dell'obbligo elevata a 16 anni, sebbene molte delle considerazioni valgono
anche per il successivo triennio. Il modello di curricolo per competenze attualmente vigente è un modello strutturato a partire da due dimensioni distinte,
sebbene tra loro correlate, che devono essere tenute presenti entrambi al momento dell'elaborazione curricolare:
1. la dimensione formativa - Dalla natura maggiormente assiologica, dà conto della formazione dell'uomo e del cittadino. Punta a veri care in che
misura i traguardi di sviluppo delle competenze, nella s.primaria e nelle medie e le competenze di base per quanto riguarda il biennio della s.superiore,
hanno portato allo sviluppo delle competenze chiave di cittadinanza.◊Punta alla costruzione di competenze trasversali.
2. la dimensione didattica - Più pragmatica e vicina all'azione didattica, si focalizza sulla progettazione di dettagli che gli insegnanti predispongono per
le proprie discipline concentrandosi sugli obiettivi di apprendimento funzionali al raggiungimento dei traguardi. Essa si riferisce all'articolazione
tassonomica degli obiettivi, alla de nizione degli aspetti metodologici legati alla scelta dell'attività, degli strumenti, dei sussidi tecnologico-didattici, e
docimologici connessi all'individuazione delle prove di accertamento e alla de nizione dei criteri di valutazione.
Siamo d'accordo con P.Perrenoud quando dice che "la trasversalità totale è un fantasma" e che le discipline di insegnamento siano impor e che non si
debbano annullare in vista di una formazione forzatamente pluri, inter, transdisciplinare. La compresenza di queste 2 dimensioni dà conto
dell'integrazione tra due diversi approcci al tema delle competenze:
• quello personalista: Interpreta le competenze come forme superiori di apprendimento legate all'acquisizione di competenze trasversali, che puntano alla
formazione della persona, in maniera tale che possa emergere la singolarità, l'identità e l'irriducibilità di ciascun soggetto. Allo sviluppo di competenze viene
attribuito un peso minore, ciò a cui deve puntare la scuola è la costruzione di una forma mentis autentica che parli del soggetto.
• quello funzionalista: L'essere competente coincide con l'agire in modo competente, l'acquisizione di speci saper fare è letto in funzione di traguardi
formativi e professionali futuri. La società in cui viviamo necessita di professionisti quali cati, tecnicamente esperti e pronti ad utilizzare saperi e saper fare in
performance strutturate. La scuola deve lavorare in vista della promozione di solide competenze di base su cui innestare competenze di indirizzo richieste
dal mercato del lavoro e dal mondo delle professioni.
Accanto a queste competenze si a ancano competenze relazionali utili a lavorare all'interno di comunità di pratica e di professionisti. TABELLA
3.1(PAG.141)Questa tabella riproduce il modello curricolare con una precisa "ingegneria delle competenze".

2.Ingegneria delle competenze e costruzione del curricolo


parlare così in relazione alla costruzione del c. potrebbe farci pensare a delle modalità di intervento standardizzate, codi cate e pronte per essere riprodotte. In
realtà l'imprevedibilità dell'atto formativo, insegna che ogni situazione didattica costituisce un "caso unico", come sostiene D.A.Schon, e che nessun contesto
si presenta uguale, per variabili umane, situazionali, strutturali e temporali. La costruzione del c. per competenze può essere regolata a partire dal modello
riprodotto nella TABELLA 3.1 (PAG.141) in maniera tale da poter essere con gurato come un percorso rigoroso, sebbene aperto ad ulteriori integrazioni. Dal
momento che le politiche europee considerano la scuola come parte integrante del sistema del lifelong learning, deve rappresentare un punto di riferimento
costante per la progettazione curricolare. È pur vero che riferendosi a soggetti adulti devono essere considerate in maniera diversa a seconda degli ordini di
scuola, ma è chiaro che devono essere innanzitutto conosciute dai docenti e inserite con i dovuti aggiustamenti. Per una s.superiore rappresentano un
riferimento più stringente, fermo restando che alla costruzione di alcune delle competenze previste dalla Raccomandazione (TABELLA 3.2 PAG. 143-149) è
necessario iniziare a lavorare a partire dai primi gradi di scuola.
Il richiamo alle 8 competenze per l'apprendimento permanente è indispensabile poichè da esse sono state elaborate le competenze chiave di
cittadinanza (TABELLA 3.3 PAG.151) e le competenze base (TABELLA 3.4 PAG.153). Sebbene dette competenze di cittadinanza e di base debbano essere
conseguite al termine del 16° anno di età, è pur vero che esse vanno costruite e veri cate in itinere. Non vi è ancora una consapevolezza di usa tra gli operatori
scolastici; chi insegna nella scuola del primo ciclo si è confrontata con il testo delle Indicazioni per il curricolo, mentre in molti casi presenta una conoscenza
poco approfondita del nuovo Regolamento sull'elevamento dell'obbligo. Sebbene ci siano i rimandi all'integrazione rimane comunque un'occasione mancata
non aver esteso le Indicazioni per il curricolo a tutta la scuola dell'obbligo, evitando così il ripresentarsi di forme di discontinuità tra ordini di scuola in quell'area
di passaggio in cui si concentra il maggior numero di insuccessi e di abbondoni. Il pro lo nale, previsto al termine del biennio, articolato solo per
competenze chiave di cittadinanza rappresenta un riferimento troppo labile ai ni della progettazione curricolare, proprio perchè deve essere
supportata sia da una dimensione formativa che da una dimensione didattica. Il parallelismo tra le competenze chiave per l'apprendimento
permanente e quelle dell'obbligo d'istruzione mostra il lo rosso che lega la costruzione di competenze nel contesto scolastico ed in quello del
lifelong learning. Queste ultime sono orientate su tre fronti: valorizzazione:
• dell’identità personale,
• delle relazioni con gli altri
• dell'interazione in contesti di vita, di studio e di lavoro.
Rappresentano competenze complesse che si addicono ai livelli di maturazione di un ragazzo di 16 anni, anche se rappresentano un riferimento costante per
tutto il ciclo della scuola dell'obbligo, è opportuno che vengano declinate e descritte per livelli anche in riferimento agli ordini e gradi scolastici iniziali ed
intermedi. Alle competenze di cittadinanza si arriva attraverso il lavoro attorno alle competenze di base nella s.media e ai traguardi di sviluppo delle
competenze nella s.del I ciclo.
Come riportato nella TABELLA 3.4 (PAG.153) l'aggregazione delle competenze di base in appositi assi culturali, sottolinea la doppia esigenza che oggi
attraversa la scuola:
• 1. fornire una formazione culturalmente solida in grado di operare all'interno di molteplici aggregazioni disciplinari e tipologie di saperi;
• 2. tradurre gli apprendimenti maturati nei contesti scolastici in azioni e comportamenti spendibili anche in contesti di vita sociale e di lavoro.
Gli assi culturali sono costruiti in base alla trasversalità di apprendimenti ritenuti indispensabili per la formazione culturale e umana dei giovani. Le competenze
di base del biennio vanno lette in continuità con i traguardi per lo sviluppo delle competenze del I ciclo, i quali riprendono l'espressione "traguardo di
sviluppo" introdotta dagli Orientamenti per la scuola dell'infanzia del 1991, recuperando l'idea vygotskijana della "zona di sviluppo prossimale",
intesa come la distanza psicologica che intercorre tra il livello di sviluppo manifestato dall'alunno in un momento preciso e il grado di sviluppo
potenziale che egli potrebbe raggiungere grazie agli insegnanti.
Mentre i traguardi di sviluppo si riferiscono agli apprendimenti, i traguardi per lo sviluppo della competenza sono "riferimenti per gli insegnanti”.
A.Frigerio, "Le nuove Indicazioni utilizzano i traguardi, i quali sono da intendere come segnali indicatori collocati in luoghi cruciali del percorso: essi
segnalano gli elementi essenziali che costituiscono la competenza e al tempo stesso vi indirizzano l'articolazione degli obiettivi di apprendimento e l'intera
progettazione didattica. I traguardi per lo sviluppo delle competenze de niscono i compiti formativi, le direzioni da imprimere, devono essere osservabili e
misurabili e quindi prevedere degli standard. Se non si precisa il livello e la descrizione analitica dei comportamenti che è in grado di produrre non ha senso.
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Il livello può essere indicato tramite una scala qualitativa del tipo "essenziale", "intermedio", "avanzato", o quantitativa mediante il ricorso ad indici
numericoi (livello 1,2,3,ecc), TABELLA 3.5 PAG.155-156.
• Come riportato nelle Indicazioni, i "traguardi" possono essere raggiunti mediante il lavoro attorno ad apposite conoscenze e abilità espresse
dagli "obiettivi di apprendimento" previsti, solo per il primo ciclo, al termine della classe III e V della s.primaria e della classe III della s.media.
L'unitarietà del modello curricolare poggia sulle correlazioni rintracciabili tra le competenze di cittadinanza, di base, i traguardi per lo sviluppo delle
competenze e gli obiettivi di apprendimenti (TABELLA 3.6 PAG.157-159). Il rapporto tra competenze e obiettivi di apprendimento può essere utile per
strutturare il curricolo tenendo come punto di riferimento le competenze necessarie per la scuola dell'obbligo, le quali hanno un valore orientativo per
tutti gli ordini di scuola. Per quanto riguarda il conseguimento degli obiettivi, i docenti sono chiamati a de nire i contenuti, le attività, i metodi, gli
strumenti, i tempi, gli spazi, le risorse, le modalità di veri ca e valutazione che meglio si adattano agli alunni. La struttura del curricolo va dal
generale e si specializza attraverso percorsi di apprendimento di erenziati in base ai bisogni.
3.Livelli di competenza e descrittori
Quello che viene proposto qui non è un modello prede nito di curricolo per competenze poichè verrebbe a negare i principi di adattabilità, discrezionalità,
collegialità, essibilità. Il ne è di proporre un impianto metodologico che possa fornire dei riferimenti utili su come impostare il curricolo. Il modello
riprodotto ci impone di organizzare percorsi di formazione che partendo dall'apprendimento di saperi essenziali, contribuiscano alla maturazione di
competenze spendibili. Competenze che costituiscono il fulcro di un percorso formativo "unitario" (conseguimento delle medesime nalità) e
"progressivo" (poichè le medesime competenze possono essere articolate in appositi livelli e de nite mediante descrittori ad essi correlati) che ha un
percorso verticale: dalla s.dell'infanzia alla 2° superiore. Ciò che rimane comune sono le competenze di riferimento, ciò che varia invece sono i descrittori di
competenza. L'individuazione di diversi livelli di competenza favorisce la rilevazione della progressione per intervalli equivalenti, la misurazione e la
quanti cazione dei valori. Consente di determinare qual è stato il margine di sviluppo degli apprendimenti potendo descrivere sia quantitativamente che
qualitativamente i margini del miglioramento.
Il livello della competenza può essere determinato:
1.dall'insieme dei livelli di abilità acquisiti nelle prestazioni manifestate;
2.dalla capacità di impiegare una medesima competenza in più contesti e in tempi diversi. H.L e S.E Dreyfus hanno individuato cinque livelli di
competenza:
● Livello del principiante:Il sogg tende a seguire le regole e i principi indicati dall'esterno senza tener conto in modo esplicito del contesto in cui
opera.
● Livello del principiante avanzato: Il sogg riesce a collegare la sua esperienza con ciò che studia o che ha studiato; inizia a discriminare le
situazioni.
● Livello della competenza base: Il sogg sa speci care, rispetto alla situazione data, gli obiettivi della sua azione e i mezzi per raggiungerli.
● Livello di competenza avanzata: sogg coglie la complessità delle situazioni e l'intreccio degli elementi; riconosce analogie e di erenze con le
situazioni già vissute.
● Livello dell'esperto:Il sogg coglie in modo completo e articolato le situazioni da a rontare; e agisce in modo uido e appropriato.
Questi livelli non entrano nel merito delle singole competenze, ma costituiscono comunque dei criteri di riferimento in base ai quali de nire gradi
crescenti di padronanza.
La scansione per livelli delle competenze vale sia per:
1. le competenze di cittadinanza - I documenti ministeriali individuano e de niscono le competenze in uscita secondo il criterio "dell'essenzialità",
ovvero esplicitando i punti di arrivo che tutti dovrebbero raggiungere. Se prendiamo in considerazione le competenze chiave di cittadinanza,
l'allegato 2 del decreto n.139, 2007 ci fornisce i descrittori di competenza al termine dell'obbligo, ma non enuclea i descrittori intermedi ed interni
del percorso che gli alunni devono fare. Non riporta i livelli di competenza superiori a quelli individuati come essenziali. Il lavoro di costruzione dei
descrittori di competenza del c. deve essere realizzato dai docenti. La TABELLA 3.7 PAG.163-167 ci mostra come è possibile descrivere le
competenze chiave di cittadinanza, adattandole ai livelli di sviluppo e alle capacità degli alunni. Per ciascuna delle 8 competenze chiave di
cittadinanza sono stati indivuiduati indicatori di competenza comuni a tutte le classi e speci ci descrittori di competenza per ognuna di esse. Gli
indicatori rappresentano le componenti costitutive di ciascuna competenza chiave, i descrittori ne de nicono il livello di padronanza. Qui è stato
individuato solo il livello essenziale da raggiungere. Una lettura trasversale dei descrittori ci fornisce l'evoluzione longitudinale dei vari indicatori,
evidenziandone il costante sviluppo. Una lettura verticale invece ci permette di individuare quali siano i comportamenti attesi. La medesima cosa può
essere fatta sia nella s.dell'infanzia che nella s.media. La natura non disciplinare delle competenze nella s.dell'infanzia permette di operare un
incrocio tra le competenze chiave di cittadinanza e i campi di esperienza, analizzando in che misura ciascuno i questi contribuisca alla maturazione di
queste competenze trasversali(TABELLA 3.8 PAG 168-169). Se per es, prendiamo in considerazione la competenza chiave "Risolvere problemi",
essa è già presente all'interno della scuola dell'infanzia, nella misura in cui il bambino ha l'opportunità di compiere esplorazioni dirette, lavorare
attorno a semplici percorsi di indagine, costruire piccoli progetti, procedere per prove ed errori, manipolare oggetti e scoprire nuovi strumenti. E'
evidente comunque che la competenza in questione per la scuola dell'infanzia non può presentare il livello di complessità e di padronanza che si
ritrova nella de nizione data dal Regolamento sul nuovo obbligo, sebbene debba tendere ad essa. Diventa necessario declinarla in modo da poterla
promuovere e veri care a partire dalle fasi iniziali del percorso di formazione. Se consideriamo i traguardi dei vari campi di esperienza, questa
competenza è ampiamente contemplata quasi a de nire una sorta di tassonomia capace di abituare il bambino ad operare per problemi e ad
ipotizzare possibili vie risolutive. La stessa cosa vale per il primo ciclo, per il quale è possibile individuare raccordi tra la trasversalità delle
competenze chiave e la maggiore speci cità ai saperi dei traguardi di sviluppo delle competenze, come indicato nella TABELLA 3.9(PAG.170- 171),
in cui abbiamo inteso evidenziare il contributo che la matematica può fornire alla maturazione delle 8 competenze chiave previste dall'obbligo
d'istruzione, ma la stessa cosa vale anche per le altre discipline. Come riportato nelle Indicazioni per il curricolo, le discipline promuovono saper fare
prossimi e concorrono alla maturazione di comportamenti trasversali frutto della contaminazione e dell'armonizzazione di competenze. Esiste una
stretta corrispondenza tra le competenze chiave di cittadinanza e alcuni processi trasversali, interni alle discipline, individuati dall'indagine OCSE-
PISA(TABELLA 3.10 PAG.172-175). Gli indicatori di competenza dell'indagine PISA costituiscono un altro riferimento che le scuole devono tenere
presente perchè essi rappresentano parametri di riferimento condivisi a livello internazionale.
2. che per quelle di base - La dimensione progressiva delle acquisizioni per le competenze chiave di cittadinanza, va ricercata anche nelle
competenze di base del biennio e nei traguardi per lo sviluppo delle competenze del primo ciclo dell'istruzione. É possibile individuare livelli di
competenza prede niti connessi ad appositi descrittori. Da un’ottica longitudinale sia nelle competenze base che nei traguardi si può vedere
l'evoluzione che una medesima competenza può assumere all'interno di un curricolo verticale. Qui è riportato l'es dell'evoluzione della competenza
comunicativa all'interno del percorso dell'obbligo, dove è possibile notare un graduale innalzamento dei livelli di di coltà e di padronanza connessi
alla comunicazione, sebbene le funzioni principali rimangono quasi le stesse(TABELLA 3.11 PAG.176). Un'evoluzione in termini di acquisizioni
successivi e crescenti è prevista dalla stessa architettura curricolare per competenze, così come de nita dal Regolamento sull'obbligo d'istruzione e
dalle Indicazioni per il curricolo, ma non è ancora su ciente a costruire un quadro organico di competenze. Se prendiamo in esame la s.del primo
ciclo, mentre gli obiettivi di apprendimento hanno scansioni temporali ponderate (III e V primaria e III media), i traguardi sono previsti solo al termine
della s.dell'infanzia, primaria e media. È necessario quindi che vengano declinati in descrittori distinti per tipologia di classe ed in base all'età e al
grado di sviluppo cognitivo in modo da poter essere veri cati in itinere. La TABELLA 3.12 (PAG.177-178) riproduce una possibile articolazione di
alcuni traguardi previsti per le discipline della s.media. In questo caso sono declinati in tre livelli: "essenziale", "intermedio" e "avanzato", ma
ovviamente ogni singola scuola può e deve de nire il grado di analiticità dei descrittori e il numero dei livelli attraverso i quali scomporre la
competenza da sviluppare.
La metodologia più indicata da seguire potrebbe essere scandita cosi':
- FASE 1: Individuazione del traguardo da conseguire◊"Legge testi letterari di vario genere appartenenti alla letteratura dell'infanzia, sia a voce
alta, con tono di voce espressivo, sia con la lettura silenziosa e autonoma, riuscendo a formulare su di essi semplici pareri personali". Tutti i
traguardi rimandano a comportamenti complessi prodotti dalla sinergia e dalla combinazione di molteplici processi adattivi, che quindi è
necessario individuare e scomporre ulteriormente.
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- FASE 2: Scomposizione del traguardo in eventuali sotto-competenze o indicatori o componenti ◊ a."Legge testi letterari di vario genere
appartenenti alla letteratura dell'infanzia, sia a voce alta, con tono di voce espressivo, sia con lettura silenziosa e autonoma"; b. "Riesce a formulare
semplici pareri personali sui testi letti”.
- FASE 3: De nizione dei descrittori di competenza per ciascun livello indicato ◊TABELLA 3.13 (pag.180-181) L'articolazione di una
competenza per livelli ci permette di descrivere, confrontare e esplicitare le prestazioni operazionali e intellettuali di cui gli alunni sono capaci.
Questo è utile anche ai ni valutativi, ancor più se considerati alla luce dei cambiamenti in materia di valutazione e certi cazione delle competenze
introdotti dall'art.3 della legge 2008, n.169, con cui è stata ripristinata la valutazione in decimi, per cui se questa valutazione sul piano pedagogico
è poco signi cativa, può essere spiegata a livello qualitativo dai descrittori cui il voto stesso si riferisce, superando così, almeno in parte, la
distanza che separa il voto numerico dalla valutazione delle competenze
- FASE 4: Abbinamento di uno o più obiettivi di apprendimento per ciascun descrittore◊Per ciascun descrittore possono essere individuati uno
o più obiettivi di apprendimento, relativi a conoscenze e abilità, funzionali a promuovere la competenza al massimo livello. Essi sono in parte già
previsti dalle Indicazioni, ma possono essere integrati dal corpo docente in vista della personalizzazione dei percorsi formativi degli alunni. Ai
docenti per declinare le competenze in livelli e descrittori può risultare utile una griglia-base simile a quella della TABELLA 3.14 (PAG.182), in cui si
de niscono gli assi portanti della dimensione didattica del curricolo. Per le competenze è uguale ai traguardi, in quanto rimandano ad acquisizioni
molto complesse che necessitano di essere descritte. Un esempio potrebbe essere quello della TABELLA 3.15 (PAG.182-186) La descrizione delle
competenze, dai livelli di padronanza più bassi a quelli più alti, la ritroviamo anche nell’indagine internazionale OCSE-PISA, un altro punto di
riferimento importante per la progettazione curricolare. Anche i framework (=quadri di riferimento delle competenze in lettura, matematica e
scienze) all’interno di PISA seguono lo stesso modello. PISA utilizza la parola “literacy” per indicare la competenza, la quale comprende anche
conoscenze, abilità, atteggiamenti e valori. L’attenzione dedicata alle competenze che i 15enni devono possedere per esprimere il loro diritto di
cittadinanza sottolinea l’importanza dell’applicazione delle conoscenze disciplinari in contesti di vita reali. La capacità di un soggetto di mettere in
campo competenze personali presuppone il possesso di conoscenze disciplinari ma anche una comprensione dei caratteri fondanti le discipline.
Nella TABELLA 3.16 (PAG.187) viene riproposta la de nizione che nell’indagine OCSE-PISA viene fornita di literacy scienti ca, matematica ed
in lettura in modo da evidenziare il ruolo fondamentale che le competenze devono assumere all’interno della formazione scolastica a
partire dall’utilizzo di nuove metodologie di progettazione e attuazione del curricolo. In PISA troviamo un es. nella descrizione dei livelli di
competenza che evidenzia la natura composita, costruttiva, unitaria e progressiva delle competenze (TABELLA 3.17 PAG.188-189). La
de nizione innovativa di reading literacy apre nuovi interrogativi interpretativi. Va oltre la declinazione delle prestazioni linguistiche da
padroneggiare, ponendo l’attenzione come esse possono integrarsi tra loro, secondo una logica funzionale, tale da permettere al soggetto di
avvalersi delle acquisizioni maturate in molteplici situazioni. Secondo l’indagine PISA la competenza in lettura rimanda a comportamenti complessi
e infatti come viene evidenziato nel Rapporto nazionale del 2006, PISA si occupa della lettura in funzione dell’apprendimento. Se prestiamo
attenzione a questa competenza in lettura risulta composta da 3 sotto-competenze relative alla capacità dell’alunno di: 1.individuare
l’informazione; 2.interpretare testi; 3.ri ettere e valutare testi. In seguito per ciascuna sotto-competenza sono stati de niti appositi descrittori, i
quali a loro volta conferiscono un senso ai livelli di padronanza, indicando analiticamente quanto un soggetto è in grado di “fare”. Anche nella
de nizione della scala di determinazione dei livelli e dei relativi descrittori è necessario a darsi al confronto collegiale e alla prassi didattica.

4.Dai descrittori alle “unità di competenza”


L'unitarietà e la progressione del curricolo dipendono dal livello di coesione, reciprocità e gradualità dei descrittori, che per un verso caratterizzano il
percorso formativo dell'alunno, mentre per un altro orientano la progettazione didattica dei docenti. Il raggiungimento delle competenze è a dato al lavoro che
gli insegnanti svolgono con i loro alunni, il quale necessita di strumenti progettuali orientati all'operatività e alla speci cità degli interventi. Uno strumento che
entra nel dettaglio della progettazione didattica ordinaria può essere individuato nella "unità di competenza". Già dal termine si capisce che una competenza
non può essere acquisita completamente, ma che si presta al miglioramento. Quello che la scuola può fare è lavorare alla maturazione in progress dalla
competenza puntando al raggiungimento di descrittori che rimandano a forme apprenditive complesse, composite e multifattoriali. La progressione delle
competenze è espressa dal fatto che ciascun descrittore rappresenta un prodotto-traguardo di quella speci ca classe, ma anche un punto di
partenza per acquisizioni successive. Il concetto di "unità" rimanda, inoltre, ad un'idea di competenza intesa come dispositivo complesso che
richiede un percorso costruttivo da de nirsi con tutti gli aggiustamenti.◊Si connota in termini di apprendimento signi cativo, autentico e progressivo,
ma anche situato, in quanto riferito alle potenzialità del soggetto e alle risorse del contesto. La competenza pertanto può essere considerata come
un traguardo a lungo termine che prevede livelli di expertise diversi e crescenti, raggiungibili mediante speci che unità di lavoro, dotate di una loro
autonomia, sequenzialità e interconnettività. L'unità di competenza rappresenta un'unità di lavoro centrata su un percorso formativo unitario in sè concluso,
ma al contempo aperto a sviluppi successivi. É nalizzata all'acquisizione di competenze articolate in descrittori, per poter essere riconosciute e certi cate. Al
termine di un'unità di competenza è possibile certi care una parte di essa. É per questo che la certi cazione è prevista solo al termine della s.primaria e media.
L'articolazione di percorsi in un'unità di competenza rende visibile in che misura poter e ettuare passaggi all'interno del sistema dell'istruzione o da questo ad
altri sistemi formativi. In questo senso le competenze diventano qualcosa di utilizzabile in molteplici contesti. Il raggruppamento di diverse unità di competenza,
in quelli che vengono de niti i cluster, o moduli per competenze, consente, soprattutto nella s.superiore, l'articolazione di percorsi calibrati rispetto a
professionalità richieste dal mondo del lavoro.
La predisposizione di un'unità di competenza richiede a monte la condivisione di alcuni criteri che ne rappresentano anche le caratteristiche
principali:
• 1.Sistematicità. La costruzione di un'unità di competenza rappresenta un es. di progettazione a bassa de nizione, che prevede la negoziazione con gli attori
coinvolti. Prende le mosse dalle esigenze rilevate a livello locale e le mette in relazione con le nalità generali. Ecco perchè deve con gurarsi come un
momento progettuale vincolato da quanto previsto dagli ordinamenti scolastici e dagli obiettivi de niti dal Ministero. La caratteristica della sistematicità è
riferita a molteplici elementi quali la selezione delle competenze da promuovere, la loro scansione in descrittori e livelli di padronanza, l'individuazione degli
obiettivi, la scelta dei dispositivi e degli strumenti didattici, la durata, l'utilizzo di risorse strutturali e le procedure di valutazione.
• 2. Autoconsistenza(o autonomia). Ogni unità deve essere progettata in vista del raggiungimento di speci che competenze spendibili a livello formativo,
professionale e sociale.◊Deve essere pensata come una unità minima e irriducibile fondata sulla connessione fra speci che situazioni e l'individuazione di
strumenti e processi cognitivi congruenti. L'unità competenza gode di una propria autonomia strutturale che deve permettere di accertare se sono state
raggiunte o meno le competenze, così da poterle certi care. Può far parte (anche) di un percorso formativo più ampio, in modo da poter consentire allo
stesso tempo la scansione del percorso in traguardi di competenza intermedi.
• 3. Componibilità\Strutturabilità. Può legarsi ad altre unità con le quali condividere collegamenti logici, esperienziali, operazionali, contenutistici, ecc. Può
essere intesa come parte di un percorso diluito nel tempo, che dà conto della progressione delle competenze e della necessità di procedere per gradi per
raggiungere competenze di erenziate tra loro ma anche superiori livelli di padronanza. Più unità di competenza tra loro correlate possono essere composte
assieme per dare vita a percorsi formativi speci ci nalizzati sia al recupero-potenziamento che alla costruzione di appositi pro li-competenze.
• 4. Autenticità. Il problema che oggi le scuole si trovano ad a rontare è rappresentato dalla distanza che intercorre tra gli oggetti conoscitivi reali e quelli
a rontati in aula. La didattica costruita attorno alle unità di competenza richiede l'individuazione di attività centrate su compiti autentici, legati a contesti di
realtà e ettivi o simulati. Il lavoro attorno a compiti richiede il superamento degli steccati posti dalle singole discipline, per cui un problema reale (alcuni autori
lo hanno de nito intero di apprendimento o l'intero prassico) proposto dall'insegnante o dagli alunni necessita dell'apporto di saperi molteplici per essere
compreso e risolto. L'unitarietà del compito va considerata con le modalità cognitive ed operazionali che ciascun soggetto mette in atto nell'acquisizione di
conoscenze, abilità e comportamenti nella restituzione di questi al gruppo di cui fa parte.
• 5. Interdisciplinarità. L'unità di competenza può favorire una didattica interdisciplinare. Questo approccio prende avvio dalla condivisione di un progetto
comune, da una problematica condivisa e si avvale dell'interazione fra i saperi, della loro complementarità nella prospettiva della ricerca e della scoperta.
L'interdisciplinarità punta all'associazione-integrazione di competenze in vista di una realizzazione comune, alla ricomposizione di una realtà parcellizzata
arti cialmente dalla divisone delle discipline, alla condivisione delle esperienze. É opportuno procedere ad una standardizzazione dei descrittori =indicare con
chiarezza quali sono gli standard di competenza previsti da ciascuna unità al ne di favorire le procedure di certi cazione e di riconoscimento.
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• 6. Signi catività. L'unità di competenza deve puntare al raggiungimento di apprendimenti signi cativi(sia per i docenti che hanno elaborato un progetto
didattico, sia per gli alunni che ricevono un potenziamento ed una valorizzazione della propria persona). I saperi formali devono essere inseriti in processi
ricorsivi di ra orzamento dell'identità, del senso di appartenenza, devono essere un'occasione per ri ettere, ra orzare ed anche ride nire i valori di riferimento.
Un apprendimento è signi cativo nella misura in cui può essere speso più o meno di usamente, nella misura in cui un soggetto lo sente proprio, lo vive,
dell'essersi attivato nella ricerca o nella risoluzione di un problema. È questa connotazione personale che rende un apprendimento signi cativo. E.D. Ausubel fa
coincidere la signi catività dell'apprendere con il livello e con la qualità dell'integrazione che il contenuto viene ad assumere nel quadro delle conoscenze già
possedute. Perchè si arrivi all'acquisizione di un apprendimento signi cativo il soggetto deve garantire il rispetto di due condizioni:
- 1. l'esistenza di una struttura cognitiva dotata di riferimenti concettuali in grado di collegarsi ai nuovi elementi di conoscenza;
- 2. la volontà del soggetto di acquisire nuovi elementi conoscitivi, il che richiama il ruolo fondamentale ricoperto dai processi motivazionali
nell'apprendimento di conoscenze e competenze. E.D.Ausubel ipotizza che "l'esperienza passata in uenzi sul nuovo apprendimento signi cativo in
virtù del suo impatto sulle proprietà rilevanti della struttura cognitiva.
Se ciò è vero, ogni apprendimento signi cativo comporta un trasferimento, perchè tale apprendimento è sempre in uenzato dalla struttura cognitiva
esistente; e questa esperienza dà luogo a sua volta ad un nuovo trasferimento, modi cando la struttura cognitiva".
• 7. Personalizzazione. Le unità di competenza vanno intese come unità di lavoro che puntano alla personalizzazione. Questo non vuol dire adattare i
traguardi dell'istruzione alla previsione di successo. Le di coltà di apprendimento di un alunno devono spingere i docenti ad indagare in merito alle cause e
agli ostacoli che hanno determinato situazioni di ritardo o di blocco dell'apprendimento. L'abbassamento delle aspettative produce risultati apprenditivi
ancora più inferiori. Non a caso si parla di competenze essenziali. La personalizzazione, in questo senso, comprende il concetto di individualizzazione, il
quale mira ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali attraverso una diversi cazione dei percorsi (per tempi,
materiali, stili di apprendimento che lascino comunque immutato l'obiettivo). Il ne che si persegue è quello di una democrazia dell'insegnamento che
risponda al diritto all'uguaglianza. Inoltre, la personalizzazione ha lo scopo di sviluppare talenti personali per cui accanto ad obiettivi comuni per tutti, se ne
a ancano altri diversi per ciascuno.
• 8. Metacognizione. Attraverso il lavoro per unità di competenza gli alunni ra orzano la loro autori essività in merito ai processi cognitivi e apprenditivi che
mettono in atto abitualmente, sviluppando così una maggiore consapevolezza in merito alle modalità personali di funzionamento della mente. Questo
richiede la capacità di distanziarsi dai processi cognitivi al ne di autoosservare e ri ettere sui propri dispositivi mentali. L'attività metacognitiva consente
agli alunni di entrare in relazione con i loro pensieri, e quindi anche di conoscere e orientare i loro processi di apprendimento, riconoscendone i punti di
forza e di debolezza. La costruzione di quello che gli studiosi de niscono il Sè ri essivo può essere avviata a partire dai primi anni di scuola lavorando sulla
capacità di simbolizzazione, astrazione, analisi, seriazione, generalizzazione, specializzazione, ragionamento, ecc. La ri essività è una componente
fondamentale delle competenze: da una parte permette di analizzare il modo attraverso il quale si originano azioni-comportamenti essibili, applicativi e
autocritici, dall'altra chiama in causa la competenza di "apprendere per apprendere". N.Luhmann, K.E. Schorr e E.Morin la de niscono come il primo
paradigma formativo di una mente a più "dimensioni", plurale, che oltre a contenere conoscenze e competenze gestisce processi costruttivi di
apprendimento in grado di produrre e far interagire fra loro forme sempre nuove di conoscenze e competenze. Questa funzione è in grado di pensare
criticamente i propri processi di apprendimento, no a renderli quanto più possibili personali e personalizzati, poichè come scrive F.Cambi, "una testa ben
fatta" è testa creativa e critica e non estensiva di competenze convergenti, ma aperta a percorrere le vie trasversali dei saperi e a esercitare la ri essività
sugli apprendimenti.
• 9. Trasferibilità. Le competenze si strutturano a partire da un compito autentico, per questo sono dotate di una loro "speci cità", in quanto "connaturate"
ad una situazione, ma al tempo stesso sono portatrici di una loro "adattabilità", che le rende trasferibili in altri contesti. L'espressione near transfer o speci c
transfer=possibilità di rendere trasferibili prodotti conoscitivi e schemi d'azione quando una situazione si presenta simile ad altre vissute. L'espressione,
invece, far transfer o general transfer=è un processo che si attua quando le situazioni, i compiti o i contesti sono molto di erenti da quelli già vissuti.
Secondo A.Marini e R.Genereux il transfer=operazione mentale secondo la quale "l'apprendimento precedente in uenza l'apprendimento o la prestazione
successiva". In questo senso ogni unità di competenza può originare nuove forme di transfer, favorendo ulteriori acquisizioni. Quindi i processi di transfer
producono, attraverso dispositivi di decostruzione e ricostruzione, nuove forme conoscitive. Come sostiene J.Mezirow, alla base del processo di transfer si
colloca l'interpretazione della nuova situazione da a rontare nel tentativo di giungere ad un signi cato. Il soggetto attinge al patrimonio conoscitivo facendo
ricorso a a ronti analogici(=evocazione di situazioni o di contesti familiari che appaiono simili a quello da a rontare). Questo comporta un percorso di
decontestualizzazione orientato a riconoscere sia la forma che la struttura della situazione rievocata, per poi ricondurla ad un contesto nuovo. Questo
procedimento richiede un'attività di ri essione che tende ad analizzare sia la validità delle conoscenze e delle competenze precedenti, sia la loro adattività
alla nuova situazione.
La capacità di attivazione di un processo di transfer si lega a 4 sotto-processi:
- 1. La disponibilità a considerare in maniera critico-analitica le competenze possedute;
- 2. L'individuazione del gap che separa e\o di erenzia le competenze già acquisite;
- 3. Il riconoscimento di capacità analitico-prospettiche funzionali ad una ricognizione delle risorse interne ed esterne per a rontare la nuova
situazione;
- 4. Il trasferimento e l'applicazione alla situazione inedita delle competenze sottoposte ad analisi.
• 10.Capitalizzabilità. Rimanda alla capacità di un'unità di competenza di determinare apprendimenti tali da essere ottimizzati e spendibili in molti contesti.
Per rendere una competenza capitalizzabile è necessario prestare attenzione a 4 aspetti:
- 1. La valutazione delle competenze deve a darsi a strumenti oggettivi, osservati in situazione e qualitativo-descrittivi realizzati dai soggetti in
formazione. Una valutazione osservativa, ri essiva e documentale deve essere basata su una documentazione visibile alle famiglie, tale da
attivare un confronto fra colleghi ed attivare il know how della scuola sia all'interno che all'esterno.
- 2. La valutazione e la documentazione delle competenze sono due passaggi obbligati per procedere alla loro certi cazione.
- 3. La certi cazione rimane a tutt'oggi una s da mancata. Le scuole in assenza di un curricolo per competenze vero e proprio, si sono trovate a
dover compilare descrizioni asettiche e standardizzate prive di signi cato. E' stata percepita come uno strumento burocratico-amministrativo
anzichè formativo.
- 4. Il riconoscimento delle competenze, che accompagna sempre l'ingresso di un soggetto in un nuovo ordine di scuola o in un nuovo contesto
formativo\professionale, può diventare un e cace strumento di accreditamento e valorizzazione degli apprendimenti pregressi.
La progettazione delle unità di competenza nasce come atto razionale orientato al raggiungimento di speci che nalità, e per questo può essere
scandito in apposite fasi:
Fase pre-attiva. Questa fase rimanda a due processi di ideazione:
- 1.la costruzione di un quadro delle competenze da raggiungere sia sul fronte delle competenze chiave di cittadinanza che disciplinari declinate in
descrittori;
- 2.la de nizione del percorso da realizzare alla speci cità di ciascuna unità a partire dall'individuazione dei descrittori di competenza da raggiungere.
Questo secondo processo coinvolge i docenti in due tipologie di azioni: un'azione top-down legata alla de nizione dei descrittori di competenza, alla
selezione degli obiettivi e alla scelta degli strumenti di veri ca e valutazione; un'azione botton-up orientata alla costruzuione di strumenti in grado di
rilevare le conoscenze e le competenze in ingresso, nonchè i loro bisogni, interessi e motivazioni all'apprendiemnto, l'individuazione di compiti e
situazioni problematiche autentiche, la condivisione di contenuti comuni e trasversali a più discipline utili a fornire strumenti interpretativi della realtà di
appartenenza degli alunni.
Fase attiva. Prende avvio all'utilizzo degli strumenti di rilevazione in ingresso, con il ne di conoscere il patrimonio conoscitivo ed esperenziale degli alunni, le
loro potenzialità ed il livello delle competenze acquisite. É caratterizzata dalla mediazione didattica che si realizza a più livelli, tra l'impianto curricolare per
competenze e la sua aderenza alle esigenze reali; tra il percorso formativo pensato dall'insegnante e gli interessi manifestati dagli alunni. La
progettazionerealizzazione del percorso formativo parte da questo punto perchè deve fare i conti la pluralità delle situazioni e dei soggetti. L'unità di
competenza sollecita l'uso di molte tecniche e strategie didattiche a seconda della competenza da promuovere. Essa in ogni caso si basa su compiti autentici, i
quali vanno visti in funzione sia della costruzione delle competenze da raggiungere, sia dalla loro valutazione.
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In questa fase, infatti, rientrano anche le procedure e i dispositivi valutativi adottati per accertare le conoscenze e le competenze acquisite. L'unità di
competenza perciò prevede due ordini di valutazione, una tesa ad accertare le conoscenze e le abilità disciplinari, l'altra nalizzata a veri care l'uso che gli
alunni fanno di queste acquisizioni. Per l'accertamento dei descrittori di competenza è opportuno ricorrere sia a test oggettivi, sia alla predisposizione di
compiti unitari in situazione attraverso i quali l'alunno può dimostrare il suo personale modo di essere competente.
Fase post-attiva. Momento ri essivo successivo all'intervento formativo e alla realizzazione dell'unità di competenza. Per quanto riguarda l'alunno, egli
viene invitato sotto al guida del docente, ad operare una sorta di ashback sul lavoro svolto e sulle fasi che lo hanno portato a compimento, con l'intento di
evidenziare eventuali punti di forza e di debolezza. É fondamentale mettere l'alunno nelle condizioni di padroneggiare modalità di autovalutazione e
covalutazione al ne di incrementare la qualità delle sue prestazioni. Può essere realizzato aiutando l'alunno ad interrogarsi sulle conoscenze che ritiene di
padroneggiare e su come riesce ad impiegarle nella risoluzione di un compito, su quali sono le modalità di rappresentazione della conoscenza che utilizza,
su come utilizza diversi sistemi di autovalutazione, sull'impiego di diverse modalità e strumenti comunicativi, sulle strategie di apprendimento più ricorrenti,
sui fattori determinanti cambiamenti apprenditivi e sull'evoluzione o meno delle proprie conoscenze e competenze. Mentre per il docente, la messa in
pratica di un'unità di competenza consente a posteriori di valutarne criticamente l'e cacia formativa, ripercorrendo la pertinenza dell'articolazione di una
competenza in descrittori, il grado di omogeneità e di integrazione tra competenze ed obiettivi, la congruità dei compiti proposti, dei tempi, degli spazi, dei
sussidi, degli strumenti di valutazione impiegati. Questo percorso ciclico di ri essione e di revisione permette una revisione costante del lavoro nell'ottica del
miglioramento continuo e dell'innalzamento della qualità e dell'e cacia degli interventi.
Nella TABELLA 3.18 (PAG.207-209) c'è un es di modello prototipale di strutturazione di un'unità di competenza. È composto da 4 parti:
- 1. La Parte I si riferisce ai dati dell'istituzione scolastica e ai tempi di realizzazione che, essendo legati ai ritmi di apprendimento degli alunni, non possono
essere previsti a priori. Considera gli attori che prendono parte alla realizzazione dell'unità di competenza: il docente o i docenti(se è un progetto
interdisciplinare); eventuali esperti e gli alunni, di cui bisogna descriverne le qualità per poter scegliere le attività e i metodi di lavoro. É su ciente che venga
compilata al momento della progettazione della prima unità, rimandando ad essa per quelle successive, sempre che non siano state rilevate novità
signi cative (inserimento di nuovi alunni, certi cazione di un alunno diversamente abile, la registrazione di speci ci comportamenti, situazioni, ecc).
- 2. La Parte II esplicita quali sono i bisogni degli alunni e del contesto ai quali l'unità di competenza progettata cerca di rispondere. Ulteriore attenzione è poi
dedicata ai possibili raccordi dell'unità di competenza con altre attività e esperienze formative inserite nel POF. In questo caso l'unità di competenza gode
di una sua autonomia, ma questo non vuol dire che essa non possa legarsi ad altri percorsi di apprendimento promossi dall'istituzione scolastica sia
internamente al curricolo obbligatorio che fuori da esso.
- 3. La Parte III rappresenta il "cuore" dell'unità di competenza, la quale richiede uno sforzo progettuale maggiore: prevede l'articolazione dettagliata del
percorso da realizzare con gli alunni, al ne di promuovere il raggiungimento delle competenze lasciando al tempo stesso spazi alla personalizzazione del
percorso, così da favorire, oltre alla costruzione di alcune competenze irrinunciabili, anche quella di altre dalla connotazione più personale. La sezione
iniziale è dedicata al raccordo che l'intera unità di competenza ha con lo sviluppo delle competenze chiave di cittadinanza e con le competenze di base. Le
unità di competenza sono funzionali al raggiungimento di competenze di dettaglio, per cui l'ampiezza degli stessi traguardi, richiede una loro successiva
articolazione in descrittori pensati in relazione all'età evolutiva degli alunni che solo gli insegnanti coinvolti nella costruzione del processo formativo
possono de nire. Gli elementi successivi dell'unità di competenza sono quelli previsti da qualsiasi altra attività progettuale, attorno ai quali si esprime
l'expertise, l'esperienza e la pratica consolidata degli insegnanti, abituati a ri ettere su attività, contenuti, metodologie, sussidi, supporti tecnologici e
strumenti di valutazione.
Per la valutazione di un'unità di competenza vengono previste tre tipologie:
• 1. una formativa che si realizza durante il percorso e che è orientata ad individuare i punti di forza e di debolezza(non necessariamente formula un
giudizio);
• 2. una sommativa degli obiettivi di apprendimento, che tende ad accertare il grado di abilità raggiunto;
• 3. una valutazione dei singoli descrittori e successivamente anche dell'intero traguardo scelto, a data sia a prove oggettive e sia a compiti
autentici in situazione. In ne, è opportuno esplicitare possibili raccordi con altre discipline ed altri traguardi. Oltre a favorire una didattica
interdisciplinare, consente di ottimizzare i processi di insegnamento-apprendimento, capitalizzando quanto gli alunni hanno già appreso in vista di
acquisizioni ulteriori di livello superiore, evitando ripetizioni e cali di attenzione.
- 4. La Parte IV è da utilizzarsi sia durante la realizzazione dell'unità che a posteriori, dà spazio a possibili adeguamenti. Molto spesso vengono suggeriti dalla
prassi scolastica e dal confronto con i colleghi, pertanto si connota come uno spazio ri essivo, in cui vengono sottoposti ad analisi tutti gli step compiuti
per migliorare sempre. Il ciclo progettuale riparte dalla messa in discussione di quanto si è appena concluso, dalla decostruzione-ricostruzione dell'unità di
competenza a partire dalla ri-progettazione, a nchè possa davvero intercettare i bisogni degli alunni dotandoli di nuovi strumenti conoscitivi e di azione. La
TABELLA 3.19 (PAG.210-212) riproduce un es di unità di competenza riferita alla scuola dell'infanzia. Va considerato come un modo per superare le vecchie
programmazioni per unità didattiche, che, nella scuola delle competenze e del curricolo, non trovano più spazio, essendo mutato il quadro degli obiettivi
generali. La messa a regime di cambiamenti così forti necessita di tempi medio-lunghi a nchè possano essere elaborati e metabolizzati. L'elenco dei
descrittori dà conto della complessità del traguardo di competenza preso in esame e la sua scomposizione può essere de nita solo dai docenti. Questo
aspetto rappresenta un passaggio fondamentale, poichè vengono de niti in maniera approssimativa sarà di cile riuscire a valutarli correttamente e
predisporre strumenti di accertamento validi ed attendibili. Nella tabella viene illustrato un possibile percorso didattico nalizzato al raggiungimento del
primo descrittore individuato. L'iter che conduce al raggiungimento di un traguardo può durare anche diversi anni, poichè procede con il processo di
sviluppo degli alunni. Per questo le unità di competenza rappresentano un cuntinuum educativo che si compie solo con il conseguimento del traguardo
previsto e che, una volta raggiunta l'essenzialità delle prestazioni ad esso sottese, apre lo spazio alla personalizzazione e all'uso creativo di quanto
appreso.

Seconda parte Principi e fondamenti del curricolo interculturale Il contesto italiano dell'immigrazione
I cittadini stranieri presenti in Italia sono circa 4.000.000 cioè circa il 6,7 % della popolazione. Principalmente ci sono rumeni, albanesi e marocchini con
minoranze di cinesi e ucraini. Si può così notare:
– la ragguardevole presenza complessiva di cittadini stranieri
– il forte aumento annuale
– l'incidenza delle donne, diventata ormai paritaria a quella maschile
– la crescente presenza nel Meridione – il persistente fabbisogno di manodopera aggiuntiva
– la tendenza alla stabilizzazione
– il carattere sempre più familiare dell'insediamento
– l'aumento dei minori e delle seconde generazioni
– la pluralità dei paesi di origine e delle tradizioni culturali e religiose
(Nell’anno 2007/2008, secondo i dati forniti dal Servizio Statistico del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, gli alunni di cittadinanza non italiana
nelle nostre scuole rappresentano il 6,4 % del totale degli alunni (574.133). Questi alunni stranieri li troviamo iscritti sopratutto alla scuola primaria e alla scuola
secondaria di I grado e corrispondono al 7,7% e al 7,3% dell'intera popolazione scolastica. Nella scuola dell'infanzia, pur non essendo obbligatoria, troviamo il 6,7 % di
bambini non italiani. Per quanto riguarda i bambini stranieri nati in Italia, le percentuali sono diverse e collocate soprattutto nella scuola dell'infanzia e in quella primaria
(71,2% e 41,1%). In ne per i nati di seconda generazione la percentuale è alta nella scuola dell'infanzia e primaria (85%) ma è molto bassa nella scuola secondaria di II
grado (17,8%). ( gra co 1 e 2 pag 221 e 222) La cittadinanza più rappresentata è quella Romena, segue l'Albania e il Marocco e nella scuola secondaria di II grado gli
stranieri sono per lo più iscritti agli istituti professionali e tecnici (8,7% e 4,8%).)

La mancanza di regolarità scolastica tra gli studenti con cittadinanza non italiana rappresenta un dato particolarmente allarmante. Molti di essi non
hanno seguito il corso naturale degli studi e con il crescere dell'età aumenta il loro disagio scolastico. Quindi, il fenomeno dell'anticipo è poco rappresentato,
mentre per il ritardo scolastico e la “ripetenza” la percentuale di stranieri e superiore a quella degli italiani ( vedi gra ci 3,4,5 pag. 226-228).
A livello territoriale l'incidenza degli alunni di cittadinanza non italiana è signi cativa in Emilia Romagna, Umbria, Lombardia e Veneto, dove rappresentano il
10% della popolazione scolastica. Nel Mezzogiorno la percentuale è molto più bassa ad eccezione dell'Abruzzo dove rappresenta il 5% (tabella 1.6 pag 229).
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Per quanto riguarda gli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia, quest'ultimi si distribuiscono in modo uniforme nella scuola dell'infanzia e nella scuola
primaria (tabella 1.7 pag230), ad eccezione del Molise. In ne, la maggiore concentrazione degli alunni con cittadinanza non italiani entrati per la prima volta nel
sistema nazionale scolastico si ha soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno. Troviamo studenti nomadi principalmente in Lazio e assenti in Valle d'Aosta
( gra co 6 pag 232). Il quadro valoriale dell’integrazione.
Lo scenario contemporaneo internazionale porta a considerare l'educazione interculturale come vera opportunità di rinnovamento di stili di vita, di
prospettiva di conoscenza a nché la persona sia realmente rispettata nella sua diversità. Emerge una tendenza accentuata al dialogo tra le culture,
legata alle interazioni sempre più frequenti che l'individuo è riuscito a creare, abbattendo barriere geogra che, stereotipi e pregiudizi. Importante è
la rete telematica, poiché è il mezzo per conoscere il mondo, una vera e propria mediatrice tra individuo e ambiente. Quindi non possiamo
ricondurre l'intercultura solo al fenomeno migratorio ma bisognerebbe ssare l'attenzione sulle interdipendenze e sulle relazioni. Per questo occorre
favorire il confronto e lo scontro costruttivo con gli altri saperi, in un'opera di crescita culturale dove ognuno conosce i suoi punti di vista e arriva a
comprendere, rispettare e riconoscere quelli degli altri; non si tratterà solo di accoglienze e inserimento. Viviamo oggi l'esperienza di una mescolanza di
culture, nella quale devono riconoscersi le speci cità culturali chiamate a convivere senza perdere la propria identità. Per questo la pedagogia interculturale è
chiamata a promuovere la creazione di una coscienza aperta e solidale centrata sulla piena consapevolezza di di erenti identità come presupposto
dell'instaurarsi di rapporti positivi.
In questo contesto la scuola è il luogo primario di integrazione come indicato nella Dichiarazione Universale dei Dritti Umani: ad ogni individuo
spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente dichiarazione senza distinzione alcuna di sesso, religione, razza, colore, lingua, opinione politica.
Concetti confermati anche dalla Convenzione si diritti dell'infanzia. La scuola così diviene luogo di integrazione al di là della presenza degli alunni
immigrati in quanto comunità in cui interagiscono adulti e giovani con storie personali, modi di conoscere, di comunicare dunque istituzione che si confronta
con le culture e agenzie educative. Nonostante ciò si possono veri care comportamenti e atteggiamenti negativi, razzisti; non a caso la Pronuncia del
Consiglio Nazionale della Pubblica istruzione “razzismo e antisemitismo oggi: il ruolo della scuola” sottolinea come la più alta e globale proposta di
prevenzione e opposizione al razzismo e all'antisemitismo risieda nella l'attività educative e didattiche. Così l'obiettivo primario dell'educazione
interculturale diventa allora la < promozione delle capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale multiforme>.
È la scuola a doversi dotare di nuovi strumenti metodologici e concettuali andando a realizzare percorsi educativo-didattici in grado di assicurare ai minori
stranieri il diritto all'istruzione cioè non solo contenuti di apprendimento ma anche di competenze relazionali e sicurezze emotivo-a ettive. In questo contesto
risulta fondamentale fornire un'o erta formativa di qualità, ora, de nita dal piano dell'o erta formativa: il documento fondamentale costitutivo dell'identità
culturale e progettuale dell'istituzione scolastica; esso esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole
adottano nell'ambito della loro autonomia. L'intento è quello di creare un ambiente di apprendimento centrato sul soggetto per favorirne progressivamente la
piena autonomia. Lavorare sul curricolo interculturale costituisce una scelta rispondente alle esigenze degli alunni in quanto:
- consente di mettere al centro del processo di apprendimento i bisogni e le risorse individuali;
- permette di lavorare sullo sviluppo delle competenze trasversali necessarie a fronteggiare i continui cambiamenti socio-culturali;
- sposta l'attenzione dall'acquisizione del titolo alla veri ca e certi cazione delle competenze acquisite.
Il curricolo è il percorso progettato e realizzato per far conseguire agli alunni i traguardi previsti; i docenti sono chiamati a farsi carico della
progettazione, della scelta dei contenuti, delle metodologie, degli strumenti e della valutazione; i curricoli sono percorsi essibili che prendono
l'avvio dalla rilevazione dei bisogni, delle potenzialità degli alunni, per indirizzarvi verso l'acquisizione di competenze speci che e condivise. Quindi il
curriculo (che è essibile) deve essere sviluppato anche sulla base dei principi essenziali enunciati nel trattato istitutivo della Comunità Europea:
- promozione del dialogo interculturale come processo attraverso il quale quanti vivono nella comunità europea possono migliorare la propria capacità di
muoversi in un ambiente più aperto;
- sviluppo di una cittadinanza europea aperta al mondo e rispettosa delle diversità culturali.

Dalla dimensione europea dell'intercultura alla risposta nazionale


Il gruppo dei Saggi costituito dalla Commissione Europea nell'ottobre del 2003 con il Documento “ il dialogo tra i popoli e le culture nell'area Euro-
Mediterranea”, ha inteso bilanciare l ri essione e la comprensione reciproca tra le culture. Hanno individuato tre fattori chiave a ognuno dei quali
corrispondono tre linee operative :
– l'educazione alla diversità → apprendimento delle lingue e insegnamento comparativo di religioni e culture
– la mobilità e lo scambio delle buone pratiche come dialogo quotidiano che rappresenta il cuore del processo → mobilità degli studenti
– i media fondamentali per consolidare, pubblicizzare e sostenere il processo → la condivisione di moduli di insegnamento per creare programmi di conoscenza
partecipata.
Nel giugno del 2004, l'Unità Europea di Eurydice ha pubblicato il rapporto “ integration immigrant children in to schools in Europe” che ha permesso di
comparare i diversi sistemi scolastici europei in ordine al tema dell'educazione interculturale:
- aspetto dell'apprendimento delle diversità culturale, che dovrebbe aiutare agli alunni a sviluppare i valori di rispetto e tolleranza,
- aspetto internazionale che fornisce la comprensione della diversità culturale odierna
- aspetto europeo (popoli, migrazioni → permette agi alunni di sviluppare un senso di identità europea)
• Nel 2004 l’Italia risultava ancora uno dei pochi paesi in cui l’istruzione interculturale non era veicolata da alcuna proposta pedagogica funzionale alla
promozione dell’interazione fra culture e allo sviluppo di valori di rispetto e tolleranza.
• Nel dicembre 2005, con la Pronuncia di propria iniziativa su problematiche interculturali, il consiglio nazionale della pubblica istruzione attesta un
allineamento del nostro paese alle politiche europee → si a erma che l'educazione interculturale, direttamente legata ai processi di globalizzazione,
chiede che nella scuola si realizzi l'incontro tra culture per far vivere e convivere, senza snaturarli, i processi identitari, assicurando i diritti di cittadinanza anche
attraverso l'esercizio di quello all'istruzione. Le proposte d'intervento uniscono all'esigenza di una programmazione territoriale quella di sostenere l'autonomia
scolastica, il rapporto tre reti di scuole e altre autonomie, creando laboratori territoriali di documentazione. Qui diventano fondamentali i ruoli dei docenti
a nché essi acquisiscano competenze necessarie per formare nuovi cittadini nella società globale. Per ultimo la pronuncia richiama a scelte culturali nazionali
in grado di orientare la progettazione e l'azione curricolare delle scuole e dei singoli docenti con particolare riguardo alla didattica laboratoriale, all'utilizzo
delle TIC.
Con queste cose si creano i presupposti per l'enunciazione delle “linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri” uscite nel marzo del
2006 → si sistemattizzano le buone pratiche elaborate dalle scuole italiane nei confronti degli alunni immigrati. Nel 2007 con la “Carta dei valori della
cittadinanza e dell’integrazione “ e con i Documento del ministero della pubblica istruzione redatto dall’Osservatorio Nazionale per l’integrazione
degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale (“la via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni stranieri”), l’Italia de nisce
meglio quello che è il suo percorso in questo ambito:
– evidenziare le speci cità delle condizioni, le scelte e le azioni che hanno caratterizzato e caratterizzano l'esperienza italiana;
– individuare i punti di forza
– cogliere le debolezze da a rontare con nuove pratiche e risorse
– dare visibilità a nuovi obiettivi e alla progettualità.
Si parla dunque di una speci cità italiana, da non considerare come di erenza radicale rispetto ad altre esperienze europee, ma come diversità dis clete e di
azioni in relazione alle composizione dei dati strutturali.
Tutto ciò è riconducibile a tre macro-aree:
– azioni per l'integrazione
– azioni per l'interazione
– gli attori e le risorse.
Il modello nale ha carattere dinamico e nelle Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione (2007) vengono esplicitati
bene i compiti della scuola nell’ambito di un’educazione all’intercultura rivolta a tutti gli alunni, italiani e non. Viene qui a ermato che la scuola è un luogo di
incontro e di crescita di persone, di valorizzazione della diversità, dello scambio e del dialogo.
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La normativa interculturale: una risorsa per il curricolo
Le diverse disposizioni normative, che , dal 1974 si sono succedute a supporto dell'azione progettuale delle scuole, hanno fornito orientamenti di carattere
culturale e pedagogico. Per questo i principi di un’educazione interculturale sono:
- uguaglianza delle opportunità formative sull'esercizio del diritto allo studio e della valorizzazione delle risorse di di erenti culture nella prospettiva di
cooperazione fra i popoli e nel rispetto delle etnie;
- coinvolgimento degli alunni italiani con quelli stranieri per arrivare ad intendere l'intercultura come prevenzione dei fenomeni di razzismo. Anche in
assenza di alunni stranieri, gli interventi didattici devono tendere a prevenire il formarsi di stereotipi nei confronti di persone e di culture. Vedi tabella
1.9 pag 252 e 253 E
ecco alcuni diritti degli alunni stranieri/immigrati/con status di rifugiato:
• accedere all’istruzione fornita dalle scuole e obbligo delle stesse di accoglierli anche in corso di anno, indipendentemente dalla regolarità della loro
posizione (spetta al collegio dei docenti formulare proposte per la ripartizione degli alunni in modo che non vi siano classi in cui la loro presenza sia
maggiore);
• avere programmi personalizzati in relazione alle competenze e alle abilità possedute (spetta al collegio dei docenti ride nire e adattare i programmi di
insegnamento in merito);
• gli alunni per i quali si accerti la presenza di particolari di coltà o un insu ciente livello di conoscenza della lingua italiana possono essere iscritti a classi
inferiori a quella a cui aspirano in base a studi pregressi sono rivolte a scuole e insegnanti: ad esempio vengono elargiti fondi aggiuntivi per retribuire
insegnanti per progetti particolari nelle aree a forte processo migratorio; vengono istituiti inoltre corsi di lingua rivolti agli alunni e alle loro famiglie, spesso in
accordo con le associazioni del territorio
• per gli alunni non italiani che si trovano nel primo anno di scolarizzazione la valutazione periodica annuale mira a veri care la loro preparazione soprattutto in
merito alla conoscenza della lingua italiana.

Processo di revisione: dal curricolo al curricolo interculturale


Secondo Scurati la logica del curricolo poggia su 4 cardini fondamentali:
• la realtà (legame con il territorio): la de nizione del curricolo è il risultato delle competenze nell'individuazione i obiettivi precisi, che traducono in termini
concreti le generiche nalità del sistema formativo;
• la razionalità (sulla base della quale si operano delle scelte): è un prodotto sociale, frutto della capacità di negoziazione interna alla scuola tra le diverse
componenti → curricolo comprensibile, condiviso e veri cabile;
• la trasparenza: la condizione che rende possibile una ride nizione e miglioramento continui → autoanalisi e confronto
Gli ambiti di interesse di un curricolo sono:
1. competenze nali → traguardi;
2. obiettivi: cognitivi, socio-a ettivi e comportamentali;
3. contenuti
4. organizzazione scolastica: struttura e regole tra le persone;
5. la valutazione dei livelli di apprendimento.
In un curricolo interculturale dobbiamo tenere conto anche di alcuni obiettivi, quali:
- la valorizzazione del senso di appartenenza ma anche della pluri-appartenenza;
- la capacità di superare il proprio punto di vista e sapersi porre in quello dell’altro;
- la capacità di essere consapevoli di quanto le norme mutino nel corso del tempo e dello spazio;
- la mentalità democratica, ossia la capacità di formare la mente critica degli alunni.
L’educazione interculturale è il “contenitore globale delle Nuove Educazioni”. Esige non solo una de nizione degli obiettivi, ma anche una revisione dei
contenuti e delle metodologie che tengano conto degli studenti come parte attiva nel processo di apprendimento → comporta precedentemente la
rilevazione attenta delle preconoscenze degli alunni. I laboratori acquistano molta importanza perché coinvolgono direttamente gli alunni e non si svolgono
secondo schemi ssi. Un curricolo interculturale esige altresì la ride nizione del ruolo degli alunni nel percorso didattica facendo leva tra la scuola e il mondo
esterno. L’aspetto nale di un curricolo interculturale è la valutazione del processo formativo nel suo complesso, riferito quindi al sapere, saper fare e saper
essere. Vedi tab pag 257,258.

Per una cittadinanza interculturale


Gli obiettivi generali delle Indicazioni: il piano operativo
A fondamento di un curricolo troviamo: la centralità della persona, il concetto di cittadinanza e la comunità educante, considerata come la dimensione
educativa meglio capace di accogliere la persona qualunque sia la sua provenienza etnica o geogra ca. L'intento è quello di valorizzarla e di sostenerla
nell'assunzione di responsabilità nei confronti degli altri e dell'ambiente. Così le nalità dei vari ordini di scuola rappresentano il lo conduttore che dà
unitarietà al curricolo dai tre ai quattordici anni.
Questi obiettivi generali richiedono la progettazione di percorsi didattici a carattere unitario:
• i campi di esperienza alla scuola dell'infanzia
• le discipline → con l'obiettivo della promozione di competenza e quindi di una chiara identi cazione dei traguardi di sviluppo.
La valorizzazione delle discipline si consegue allora a condizione di evitare la frammentazione dei saperi, garantendo attraverso il curricolo verticale il nesso
legittimo tra alfabetizzazione strumentale e alfabetizzazione culturale. Il problema dell'alfabetizzazione chiama le scuole ad un'elaborazione del curricolo
lineare e responsabile → questo coinvolge la persona nella sua interezza: si può apprendere solo se, come dicono le indicazioni, l'essere e l'apprendere
procedono di pari passo perchè la scuola unisce al compito di insegnare ad apprendere anche l'insegnare ad essere.

Le indicazioni per il curricolo: aspetti interculturali


le indicazioni per il curricolo insistono molto sul termine “nuovo”; si parla di nuovo scenario, di una nuova cittadinanza, di un nuovo umanesimo. Questo
ride nisce gli spazi d'azione esistenti tra l'approccio interculturale e la costruzione di un curricolo visto come strumento capace di orientare la società verso
nuovi valori, cambiare la scuola e innovare la didattica. → per arrivare alla cocostruzione di un'identità universale che accomuni tutti i soggetti a prescindere
dalle loro radici etnici, culturali sociali ecc..

LA SCUOLA DELL'INFANZIA
Si rivolge a tutti i bambini dai 3 ai 6 anni ed è la risposta al loro diritto all’educazione e alla cura.
Le nalità sono di promuovere nei bambini lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza da parte dei bambini che hanno diritto ad una piena
centralità nel percorso di costruzione di sé, nelle relazioni e interazioni con gli altri nella prospettiva di una educazione alla cittadinanza.
• Identità: oggi la costruzione dell'identità va di pari passo con la capacità di accettarne altre.
• Autonomia: occorre acquisire le grammatiche della convivenza, le regole dello stare insieme, imparando a muoversi nello spazio tra autonomia e
dipendenza.
• Competenza: si privilegia un'interpretazione ricca che associa la padronanza di dati di conoscenza alla capacità di utilizzarli consapevolmente di
fronte a situazioni nuove.
• Cittadinanza: oggi è in gioco il senso di appartenenza a una comunità più ampia non solo in chiave istituzionale, ma quale consapevolezza
dell'interdipendenza con gli altri esseri viventi e con l'ambiente naturale.
I bambini, le famiglie, l'ambiente d'apprendimento
• i bambini della scuola dell'infanzia sono dotati di una propria storia personale, di un bagaglio di esperienze e conoscenze che evidenziano il loro
inserimento nell'ambiente di provenienza; le famiglie a, loro volta tendono di proporre ai gli la salvaguardia dei proprio modelli culturali e sono poi i gli a
rompere le consuetudini familiari.
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• In questo contesto la scuola può svolgere un ruolo di mediazione nell'accellerare il processo di sintesi attraverso un dialogo con i genitori e i bambini per far
in modo che i bambini sappiano misurarsi con la diversità culturale.
• Le famiglie Per i genitori che provengono da altre nazioni la scuola si o re come spazio pubblico per costruire rapporti di ducia e nuovi legami di comunità
in modo da non far trovare il genitore immigrato in una situazione di disagio, di di coltà. La relazione scuola-famiglia va allora costruita attraverso ripetuti atti
di confronto durante i quali trovare modalità di valorizzazione, di incontro delle immagini e delle aspettative altrui : – scelta consapevole della scuola nella
quale inserire i gli; – coinvolgimento della famiglia nell'accoglienza; – sostegno nella graduale integrazione nel nuovo contesto di vita attraverso una
partecipazione attiva nella scuola.
• L'ambiente di apprendimento La cura educativa implica attenzione a tutte le manifestazioni dei bisogni infantili quindi l'adulto deve del bambini nel senso
di accompagnarlo, a ancarlo senza dirigerlo. La cura implica il concetto di sviluppo ed il rispetto dei ritmi personali di crescita che ciascun bambino
possiede nella sua proiezione verso il mondo esterno.
• Compiti della scuola dell'infanzia: – di far incontrare costruttivamente i saperi del bambino con le opportune sollecitazioni culturali legate ai campi di
esperienza; – valorizzazione di tutte le etnie e culture che ci sono; – nella scuola dell'infanzia si attribuiscono priorità alle strategie ludiche e a quelle
laboratoriali e a questo si uniscono il progetto accoglienza per i bambini dei tre anni e la routin della giornata, un punto di riferimento per i bambini. Qui i
bambini veri cano concretamente come la diversità sia un dato oggettivo che caratterizza tutti e si avvicinano a una molteplicità di saperi espressi nei diversi
campi di esperienza.
• I campi di esperienza Gli insegnanti accolgono, valorizzano ed estendono la curiosità, le esplorazioni, le proposte dei bambini e creano occasioni di
apprendimento. L’esperienza diretta, il gioco, il procedere per tentativi ed errori, permettono al bambino di approfondire gli apprendimenti. I campi
d'esperienza sono un'idea aperta, generativa da cui guardare il mondo con occhi diversi. Così diventa necessario attraversarli mantenendo unitarietà e
continuità con l'esperienza conoscitiva dei bambini → per rispettare il bagaglio culturale di provenienza con un'attenzione speci ca alla diversità etnica,
linguistica e religiosa. Il curricolo nella scuola dell'infanzia diventa dunque incontro tra tre tipologie di saperi: quelli del bambino, degli adulti, dei docenti. La
cultura di questa istituzione è una ri essione permanete dell'insegnamento a partire dalle esperienze infantili, illuminata dalle competenza dei saperi . In
questa scuola si formano i presupposti, le fondamenta di un mondo aperto all'incontro con culture, idee, etnie e confessioni religiose diverse: un universo
interculturale. Si deve quindi avviare i bambini a una progressiva consapevolezza dell'importanza dei rapporti relazionali entro i quali rispettare regole, ruoli e
assumersi responsabilità corrispondenti alla fase evolutiva.

La scuola del primo ciclo


È l'autonomia scolastica, sorretta dalla necessità dell'agire insieme, ad assicurare nuovi spazi di intervento entro i quali collocare l'accoglienza e dispositivi
che sappiano coniugare al meglio le risorse dei diversi partners organizzati in rete. La complessità dei fenomeni, delle dinamiche e le responsabilità che
ne derivano esigono un impegno progettuale e intenzionale delle istituzioni scolastiche diversi cate per livello, competenze e ruoli, nella
prospettiva di una cultura di rete in grado di rispondere alle esigenze di una società interculturale. È in questa prospettiva che si costruisce un e cace
cammino di integrazione per tutti gli alunni nel più ampio quadro dell'esercizio di una cittadinanza attiva.
L'e ettività del diritto allo studio dei minori stranieri è garantita dallo stato, dalle regioni e dagli enti locali anche mediante l'attivazione di appositi corsi e
iniziative per l'apprendimento della lingua italiana.
Si favoriscono al riguardo:
- attività intraprese per gli stranieri al ne di e ettuare corsi della lingua e della cultura di origine attraverso le scuole;
- la di usione di ogni informazione utile in positivo che riguarda i loro diritti e doveri;
- la conoscenza e la valorizzazione delle espressione culturali, ricreative sociali, economiche degli stranieri;
- la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte, nel registro per l'impegno all'interno delle proprio strutture per stranieri;
- l'organizzazione di corsi di formazione.
Il senso dell'esperienza
La scuola promuove un percorso di attività nel quale ogni alunno possa assumere un ruolo attivo nel proprio apprendimento, sviluppare le inclinazioni,
esprimere le curiosità. Svolge un ruolo educativo e di orientamento, fornendo occasioni per acquisire la consapevolezza delle potenzialità e risorse, per
progettare la realizzazione di esperienze signi cative e veri care gli esiti conseguiti in relazione alle attese. Le istituzioni scolastiche devono assicurare anche
agli studenti stranieri un percorso orientativo completo perchè essi possano operare in modo adeguato le proprie scelte scolastiche e lavorative. Esso diventa
così azione di accompagnamento, aiuto, dialogo con l'alunno e la famiglia e deve permeare di sé l'intero curricolo e la didattica curricolare → accoglienza
intesa quale capacità di porsi in ascolto degli altri e di se stessi, di saper rispettare i proprio doveri, di conoscere e comprendere le diversità.
L'alfabetizzazione di base
la programmazione educativa è chiamata a promuovere l'insegnamento della lingua e cultura del Paese di origine degli alunni in quanto la perdita della lingua
materna potrebbe costituire un grave rischio per i rapporti familiari.
Per questo le scuole dovrebbero operare per un bilinguismo in cui l'italiano come L2 sia appreso nella sua funzione comunicativa e in quella
argomentativa.
È possibile promuovere varie pratiche del territorio:
- l'insegnamento di alcune lingue (arabo, cinese, giapponese) nel programma scolastico;
- incentivare il confronto con i modelli di integrazione e le strategie adottate dagli altri Paesi europei;
- stabilire accordi con i principale i Paesi di provenienza degli alunni stranieri;
- facilitare e attivare visite di studio e scambi di buone pratiche, di strumenti e metodologie didattiche tra dirigenti, docenti e allievi dei Paesi europei e gli
altri.
L'intervento degli Enti locali e la collaborazione della comunità e delle famiglie consentono in alcune sedi scolastiche l'impiego di mediatori di
madrelingua per agevolare la comunicazione nell'ambito scolastico e i rapporti scuola-famiglia.
Compiti del mediatore:
mediazione nei confronti degli interpretariato e traduzioni (avvisi, ormulazione di proposte e Inoltre si suggeriscono la collaborazione fra
insegnanti fornendo loro messaggi;..) nei confronti delle famiglie e percorsi didattici di educazione studenti autoctoni e alunni stranieri in grado
informazioni sulla scuola dei Paesi di assistenza negli incontri dei docenti con interculturale che prevedono di esprimersi in lingua italiana e la
di origine, sulle competenze, sulla genitori nei casi di particolare momenti di conoscenza e valorizzazione dei linguaggi non verbali per
storia scolastica.. problematicità; valorizzazione dei Paesi. individuare canali comunicativi e caci.

La cittadinanza
l'educazione alla cittadinanza viene favorita attraverso esperienze signi cative che consentono di apprendere, interiorizzare le regole che caratterizzano ogni
contesto di vita e di esperienza. Tale educazione mira in maniera irrinunciabile alla costruzione del senso di legalità e allo sviluppo di un'etica della
responsabilità, che si realizzano nel dovere di scegliere e agire in modo consapevole. Parte integrante dei diritti costituzionali e di cittadinanza è
quello della parola. Questa può diventare e cace strumento di integrazione, di superamento di stereotipi, pregiudizi.
L'ambiente di apprendimento
è compito dei docenti quello di una progettazione essibile e organica, per promuovere e organizzare un vero e proprio setting ecologico che si colloca con
naturalezza nel quadro di classi plurilingue e pluriculturali. Il setting necessita di una essibilità non soltanto di tipo didattico, ma anche organizzativo,
che sappia coniugare positivamente i singoli bisogni formativi, la motivazione all'apprendimento e le di erenze che in classe emergono. Nella
scuola, in presenza di alunni stranieri, occorre sempre fare riferimento al sapere spontaneo che determina un forte legame con la realtà. Ci si muove lungo la
dimensione sociale della costruzione della conoscenza → dove l'ambiente di apprendimento diventa poi spazio in cui si condividono le conoscenze attraverso
l'argomentazione, la ri essione; così mentre si apprendono conoscenze e procedure, si acquisiscono anche modi, relazioni sociali e pratiche di collaborazione.
È proprio grazie alla collaborazione che è possibile generare il cambiamento di mentalità, il superamento dei pregiudizi anche etnici.
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Area linguistico-artistico-espressiva
l'area linguistico-artistico-espressiva è accomunata da valori e concetti che rimandano inevitabilmente all'educazione interculturale:
- la funzione comunicativa dell'uomo come comune matrice antropologica presente in tutte le culture;
- il pluralismo linguistico e varietà di codici verbali, iconici, sonori, corporei alla base dell'immaginario collettivo di ogni comunità;
- l'integrazione dei linguaggi come potenziamento delle capacità espressive;
- l'importanza dell'interlingua e della conoscenza degli elementi comuni e speci ci dei vari linguaggi.
Nell'ambito speci co dell'apprendimento della lingua italiana si richiedono:

il riconoscimento delle competenze l'importanza dello scambio linguistico la ricostruzione dello l'individuazione degli la essibilità e
linguistiche maturate prima come forma di interazione, sviluppo storico e socio- apporti che creatività della lingua e
dell'apprendimento della lingua italiana, da costruzione di signi cati, condivisione genetico delle tradizioni all'italiano funzione comunicativa
considerarsi lingua seconda anche per gli di conoscenze, negoziazione di punti culturali, letterarie e provengono da altre e generativa delle
studenti autoctoni; di vista; linguistiche; lingue e culture; parole.
In ne ci sono le nalità dell'educazione plurilingue nella scuola:
sia promossa la consapevolezza della si sviluppi la competenza comunicativa in un si potenzi la essibilità cognitiva insieme alla capacità di
comune cittadinanza europea attraverso il rapporto di complementarità e di reciproco rinforzo continuare a imparare le lingue in un'ottica di
contatto precoce con almeno due ligue tra le due lingue, tra queste e quella materna; apprezzamento lungo l'intero arco della vita.
straniere moderne;
Area storico-geogra ca
l'area storico-geogra ca è sicuramente quella che più ha richiesto una rivisitazione in chiave interculturale per una massiccia presenza nelle classi di ogni
grado e ordine di alunni di nazionalità non italiana. In questo piano prevale poi al conoscenza di una dimensione planetaria dei problemi del nostro tempo e dei
processi di globalizzazione, ma anche del ruolo mondiale assunto dai vari Stati non occidentali.
Storia: – intesa come studio delle società umane perchè l'alunno acquisisca competenze relative alla cittadinanza attiva in virtù dello studio dei diritti
dell'individuo riconosciuti a livello internazionale. – Disciplina attenta ai fenomeni storico-sociali e alle componenti territoriali legate alle condizioni geogra che
→ interdisciplinarità – studio della storia nazionale, europea e mondiale rendono più comprensibili molti problei della vita sociale contemporanea. – L'alunno
così acquista capacità critica attraverso l'utilizzo del metodo storico → la storia permette di individuare cambiamenti strutturali tenendo conto del rapporto
locale e globale.
Geogra a: – sistema astro sico (paesaggio, regione, territorio) secondo un ottica interculturale che promuove l'idea si sistema, favorisce l'acquisizione del
concetto di corresponsabilità e dell'incidenza assunta dalle proprie azione. – Sapere interdisciplinare capace di raccordare diversi saperi, metterli in dialogo
tra loro in una prospettiva di confronto utile all'arricchimento reciproco ecc.
Area matematico-scienti co-tecnologico
la piena valorizzazione del metodo scienti co si accompagna ad una nuova modalità critica e antidogmatica di costruzione dei saperi ottenuta attraverso la
negoziazione, la condivisione, il confronto di più punti di viste. Essa si fonda sul concetto di diversità e procede attraverso il controllo critico e la creazione
di nuovi principi, strategie e strumenti che sappiano rispondere ai bisogni della quotidianità.
Matematica: – un prodotto culturale, non un oggetto statico fuori dal tempo, ma dotata di una storia in costante evoluzione; – non è disciplina a servizio di
altre , ma munita di un proprio autonomo percorso che o ro agli alunni strumenti di interpretazione della realtà; – accompagna tutti gli alunni nella
elaborazione delle proprie esperienze, alla ricerca di senso e di organizzazione delle strutture di pensiero; – richiede essibilità di pensiero,capacità di
guardare in mondo criticamente.
Scienze naturali e sperimentali: – chiamano l'alunno ad assumere una logica di sistema, a guardare i fenomeni da più punti di vista; – interazione diretta
degli alunni con gli oggetti e le idee coinvolti nell'osservazione e nello studio; – coinvolgimento diretto, individuale e di gruppo con i fenomeni ra orza e
svuluppa la motivazione e attiva il lavoro operativo.
Informatica: annienta le distanze, garantisce memorie incommensurabili, abitua a incontrarsi con l'altro da se al di la di spazi geogra ci, di di erenze di
lingua e di cultura. L'alunno potrà facilmente passare progressivamente da un'interazione centrata prevalentemente sui propri bisogni a una comunicazione
attenta all'interlocutore no a sviluppare competenzee sociorelazionali adeguate a soggetti e a contesti diversi.

L'intercultura come competenza di cittadinanza


è proprio nel testo ministeriale che il progetto formativo di tipo curricolare viene collocato all'interno del POF, nel rispetto dei traguardi di competenza e degli
obiettivi di apprendimento da conseguire. Diventa centrale il potere del curricolo: esso è lo specchio i una nuova scuola in grado di garantire non , ma < teste
ben fatte>, dotate della capacità di cogliere, oltre alle strutture concettuali, i nessi trasversali delle conoscenze. Solo le Indicazioni per il curricolo a centrare
l'attenzione sulle competenze ri essive che assicurano, ad alunni italiani e non, quelle strutture produttive del pensiero che sono garanzia di e ettiva
integrazione. Il modello fatto proprio dal nostro Paese si muove con estrema naturalezza entro i principi ssati dalla comunità europea attraverso il documento
Lisbona. Oggi si chiedono competenze sociali e civiche che includono quelle personali, interpersonali e interculturali che consentono alle persone di
partecipare in maniera e cace alla vita sociale e lavorativa risolvendo con itti.
Competenze chiave di cittadinanza: conquista di un proprio metodo di studio e di lavoro, capacità di utilizzare le conoscenze apprese per darsi obiettivi
signi cativi e realistici, competenza nel progettare, individuando priorità, valutando vincoli e possibilità esistenti per de nire strategie di azione, a fare ipotesi e a
veri carne i risultati a questo si accompagna la competenza comunicativa perchè ciascuno sappia comprendere messaggi di vario genere e complessità nelle
diverse forme di comunicazione, per ciò stabilire e caci relazioni con gli altri utilizzando vari linguaggi. Nell'ambito dell'integrazione di tutti gli alunni,
conquistare le competenze di cittadinanza signi ca valorizzare il multilinguismo e sviluppare conoscenze e abilità intorno all'asse dei linguaggi (non solo
italiano ma anche un'altra lingua) mentre per l'alunno straniero occorre valorizzare il prulinguismo individuale e riconoscere il diritto al mantenimento della
lingua di origine parallelamente all'acquisizione dell'italiano.
Le competenze chiave di cittadinanza agiscono in funzione del pieno sviluppo della persona per ciò che attiene l'identità personale e responsabilità
sociale. Tre dimensioni:
- la costruzione del sé
- la promozione di corrette e signi cative relazioni con gli altri
- la positiva interazione con la realtà naturale.
Non è un caso che il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca abbia ora previsto l'introduzione, a livello sperimentale, dell'insegnamento di <
cittadinanza e costituzione> in ogni ordine e grado di istruzione (Documento di indirizzo del 4 marzo 2009). lo scopo è quello di attivare forme di
collaborazione interistituzionale, ma anche di costruire e mettere a disposizione degli insegnanti percorsi di sensibilizzazione e formazione così da fare della
scuola una vera e propria palestra di democrazia. Il curricolo interculturale: un sistema di saperi tra interdisciplinarità e trasversalità il problema che ci si pone è
quello del curricolo come sistema di saperi rispetto alle singole discipline. Le Indicazioni sollecitano allora tutti i docenti on solo a costruire il curricolo,
ma a comprendere le sue conseguenze in relazione alle competenze trasversali, che non si di erenziano da quelle disciplinari perchè più generali
quanto piuttosto per la loro capacità di permettere una visione unitaria e vasta dei problemi. Si coniugano allora positivamente interdisciplinarità e
trasversalità. La prima è legittima dal riconoscimento di obiettivi educativi comuni a tutte le materie di studio, al cui conseguimento ciascuna può e deve
concorrere seppure in maniera diversa. È il POF ad assicurare questa interdisciplinarità → poi attraverso la progettazione, si tratta di individuare obiettivi e
competenze trasversali capaci di delineare in che misura le diverse discipline possono concorrere al loro conseguimento. Per questo il curricolo interculturale
si regge sull'interdisciplinarità, ben avvicinabile all'immagine di una scuola-laboratorio, che sappia dare spazio operativo a tutti i linguaggi. È poi la scelta dei
contenuti a esigere un profondo rinnovamento della didattica perchè all'interno dei saperi e delle discipline siano individuate e valorizzate le potenzialità
interculturali di educazione a una cittadinanza attiva e plurale.
Sono argomenti interculturali quelli che permettono di:
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conoscere gli altri valorizzare il proprio patrimonio scoprire che tutte le culture mettere in luce somiglianze e riconoscere problemi di convivenza
da sé e imparare a culturale e la varietà di quello sono un prodotto storico fatto di di erenze tra le espressioni tra i popoli nel passato e oggi –
conviverci altrui incontri, scambi e innovazioni culturali realizzare esperienze comuni.

Le valenze interculturali delle discipline per la costruzione di un curricolo interculturale diventa opportuna una ri essione sulle valenze che le discipline
possiedono, così da individuare orientamenti, linee argomentative che possono ampliare i tradizionali ambiti di azione delle discipline in prospettiva
interdisciplinare per sviluppare l'educazione allo sviluppo, alla cittadinanza , all'ambiente,alla pace ecc. tabella pag 292-294.

La costruzione del curricolo interculturale - La essibilità organizzativa


E’ stata la legge sull’autonomia scolastica (n.275 del 1999) ad assicurare pieno sviluppo alla logica del curricolo secondo alcuni concetti base:
– il curricolo va costruito nella scuola, in stretto legame con i bisogni e le esigenze del territorio
– l’idea del curricolo implica una ride nizione della scuola come luogo di ricerca
– la progettazione didattica rappresenta il momento di passaggio e di mediazione tra le questioni di fondazione e quelle di funzionamento ed e cacia relative al
curricolo
– la realizzazione del curricolo è il momento di falsi cazione-veri ca delle questioni di fondazione e di quelle di funzionamento
– la problematica curricolare è il terreno su cui si muove l’innovazione educativa. La progettazione curricolare è espressione di una professionalità docente
matura e competente. Assumere tale logica signi ca abbracciare una prospettiva nel cui ambito le idee hanno prevalentemente valore orientativo, di guida e
dove è pensabile una mediazione tra le esigenze generali e quelle di concretezza ( nalità e obiettivi).
Accoglienza e curricolo
Importanza dell’accoglienza all’interno del curricolo, termine che rimanda soprattutto al modo di porsi da parte della comunità educante nei confronti delle
diversità. Generalmente i progetti si sviluppano su due livelli, in modo trasversale: quello di istituto e quello di classe. l'accoglienza perde così il
carattere di eccezionalità o di emergenza per assumere la sionomia di un principio base che tiene conto, nella fase iniziale, di tre componenti:
– situazione psico-a ettiva di quanti a rontano il disagio della separazione dalla cultura e dell'ambiente di origine;
– le di coltà che comporta l'organizzazione scolastica (orari, spazi, discipline ecc)
– la realizzazione di apprendimenti e caci sul piano cognitivo e relazionale.
Accoglienza e curricolo sono interdipendenti perchè costruiti sull'ascolto attivo, sull'accettazione dell'altro da sé, visto come persona e di cui percepire il
mondo dei valori come se fosse il proprio, ma anche su itinerari di studio e di apprendimento. In ogni scuola viene istituita la Commissione Accoglienza e
redatto un Protocollo di Accoglienza per predisporre e organizzare le procedure per l’inserimento degli alunni stranieri a scuola.
Si propone di :
individuare pratiche condivise dal sostenere gli alunni stranieri favorendo valorizzare la cultura di facilitare la relazione costruire reti
collegio dei docenti in tema di un clima di attenzione per rimuovere origine e la storia con la famiglia collaborative scuola-
accoglienza e integrazione di alunni ostacoli alla piena integrazione e personale di ogni immigrata; territorio.
stranieri; facilitare i progressi di apprendimento; alunno;

Ai ni della costruzione di un curricolo interculturale diventa allora importante il suolo della Commissione Accoglienza, intesa come articolazione del
Collegio docenti, utile per fornire indicazioni di carattere consultivo,gestionale e progettuale per l'educazione interculturale.
Italiano L2, nucleo del curricolo interculturale
L'insegnamento della lingua italiana ricopre un ruolo fondamentale ai ni dell'integrazione scolastica e sociale degli alunni stranieri. Conoscere la lingua italiana
e sapersi orientare all'interno dell'istituzione scolastica costituiscono un passaggio fondamentale per potersi avvalere dell'opportunità formative assicurate da
una scuola che voglia essere veramente di tutti. L'alunno di altra nazionalità ha l'esigenza di comprendere i signi cati tipici di un contesto culturale che non è il
proprio, per acquisire progressivamente capacità nell'ascolto, nella comprensione e nella produzione. In primo luogo deve apprendere le parole per comunicare
e per apprendere in situazioni didattiche speci camente progettate.
Due sono anche le strumentalità linguistiche da assicurare:
• la competenza d'uso della lingua legata ad un contesto concreto, alla quotidianità;
• la lingua italiana per comprendere, esprimere concetti, sviluppare apprendimenti disciplinari.
Accoglienza e insegnamento dell'italiano come lingua di contatto sono elementi interdipendenti
→ l'alunno neo-arrivato ha bisogno di seguire un percorso speci co di “ accoglienza linguistica”
→ importanza facilitatore linguistico svolto dagli insegnati in classe in orario aggiuntivo.
Le competenze del facilitatore sono tra loro integrate e di tipo: disciplinare, gestionale, relazionale, interculturale, didattico, linguistico. La competenza
nell'italiano scritto e parlato è comunque condizione insostituibile del successo scolastico e della non emarginazione di alunni di altra etnia e cultura. Il bisogno
primario per alunni e insegnanti è l'apprendimento della lingua italiana. Il laboratorio risponde all'esigenza speci ca di coniugare costruttivamente teoria e
pratica, ma anche di superare la prospettiva di un insegnamento rigidamente disciplinare. È la trasversalità delle conoscenze e dei saperi a dare nuovi
valori e signi cati interculturali all'attività laboratoriale. Qui gli alunni immigrati hanno l'opportunità concreta di integrare le nuove competenze con quelle
già possedute, di collegarle alla cultura di origine. La progettazione e l'allestimento del laboratorio, anche come ambiente sico, determinano la creazione di un
ambiente favorevole all'accoglienza, al confronto fra docenti, tra questi e gli alunni. Il piccolo gruppo facilità non soltanto l'autonomia, ma soprattutto il dialogo,
la collaborazione, la padronanza di sicure competenze.
È uno strumento essibile che permette di utilizzare una più grande varierà di metodi e strumenti didattici rispetto alla classe, di realizzare un insegnamento
individualizzato privilegiato rispetto alla lezione frontale. Di usa è la didattica collaborativa: non si tratta di un semplice lavoro di gruppo, ma di un
coinvolgimento attivo degli alunni nelle diverse fasi di un lavoro o di una ricerca che fa leva sulla responsabilità personale.
Si utilizza anche l'educazione tra pari: questa modalità coinvolge gli alunni nell'a'pprendimento e nella socializzazione sia dei nuovi arrivati sia degli altri
compagni ; è proprio la vicinanza psicologica e di ruolo a porsi quale risorsa di apprendimento. In ne la metodologia privilegiata, nel laboratorio interculturale, è
quella dell'autobiogra a perchè favorisce la ri essione sulle proprie esperienze. La didattica laboratoriale, centrata non soltanto sul fare e sull'imparare a fare
collaborando con gli altri, ma soprattutto sul discutere con gli altri consente di mettere alla prova forme di ragionamento ri essivo e critico.
Il curricolo storico-geogra co alla prova Se da una parte tutte le materie di insegnamento presentano prerogative favorevoli alla costruzione di itinerari
didattici centrati sull'educazione alla cittadinanza, sono in particolare la storia e la geogra a ad o rire signi cativi orizzonti di intervento per la formazione di un
pensiero critico, aperto, capace di accogliere l'altro nelle sue oggettive diversità. Basti pensare alla geogra a che si collega alla matematica, alla sica,
all'astronomia alla chimica ecc.. si possono cosi delineare non soltanto strutture-chiave ma anche esempi operativi capaci di contribuire alla creazione di una
mentalità aperta alla diversità delle culture, libera da stereotipi e pregiudizi. Vedi esempi pag 307-309. La costruzione di un percorso didattico interculturale
Vedi 309-321
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