Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
didattico-educativa
Nel XX secolo si affermano diverse teorie psicologiche alle quali vengono associati dei
modelli di apprendimento (inteso come modifica di un comportamento di un individuo).
Queste teorie sono alla base della progettazione didattica: analizzano i fattori cognitivi,
sociali e relazionali, emotivi, affettivi e motivazionali che sono implicati nella formazione della
personalità. La necessità di un approccio scientifico razionale all’organizzazione didattica
emerge con forza a partire dagli anni ‘50.
Dall’inizio degli anni ‘60 del secolo scorso, si è assistito a un progressivo proliferare di studi
riferiti alla corrente del cognitivismo, i cui principali teorici sono il filosofo dell’educazione
Dewey e i gli psicologi Vygotsky, Piaget, Bruner, oltre a molti altri. Il superamento del
comportamentismo pone in primo piano la mente, intesa non come magazzino nel quale si
accatastano conoscenze e abilità, ma come struttura come interconnessa. Nel rapporto fra
motivazione ed apprendimento incidono numerosi fattori capaci di condizionarne il successo.
I comportamenti del discente diventano gli indicatori di quello che sta succedendo nella
mente. Egli, infatti, guarda alla realtà oggettiva, propria di ogni momento. Il discente è
passivo nell’interpretazione della realtà, dal momento che essa risulta filtrata da modelli
mentali imposti socialmente, ma è attivo nella decisione di mettere in pratica un
comportamento. I sistemi di istruzione e di insegnamento che si fondano sul cognitivismo si
focalizzano sulla trasmissione al discente di modelli mentali da seguire. Per operare con
efficacia in ogni situazione lo studente dovrà dominare tre differenti tipi di abilità cognitive:
● Strategie per la risoluzione dei problemi;
● Strategie per la gestione del sapere a livello cognitivo (capacità di determinazione
degli obiettivi, di pianificazione strategica, di monitoraggio, di valutazione e
revisione);
● Strategie di apprendimento (abilità di esplorare campi nuovi, di aumentare le
conoscenze in un argomento familiare, di riconfigurare la conoscenza di cui è in
possesso).
Il costruttivismo è una corrente di pensiero, i cui principali riferimenti si trovano in Kelly,
Dewey, Vygotskij, Piaget, von Glasersfeld, Jonassen, Papert, che pone il soggetto che
apprende al centro del processo formativo (learning centered). In alternativa a un
approccio formativo basato sulla centralità dell’insegnante (teaching centered) che diviene il
tramite del sapere, astratto e indipendente da un contesto di riferimento, questa corrente di
pensiero assume che la conoscenza:
● è il prodotto di una interazione e costruzione attiva tra soggetto e realtà;
● è strettamente collegata alla situazione concreta in cui avviene l’apprendimento;
● nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale.
Fino agli ‘70, prima delle contestazioni del ‘68, la scuola era basata sulla programmazione e
sul programma ministeriale, ovvero uno strumento attraverso il quale lo Stato intendeva
trasmettere conoscenze chiave per la formazione degli individui, determinati da una
Commissione. La scuola poneva al centro della sua funzione, quindi, trasferire conoscenze
disciplinari (nozioni) agli studenti piuttosto che analizzare i bisogni della società e degli
individui.
Grazie al clima di protesta e anche agli scritti di Don Milani, questa tipologia operativa venne
messa in discussione perché appariva prescrittiva e poco flessibile e i programmi ministeriali
apparivano come strumento per una didattica discriminante verso le classi più svantaggiate.
La necessità di una scuola che tenesse conto del contesto locale delle singole scuole e dei
bisogni delle comunità alla quale esse appartenevano, fecero sostituire il programma con la
programmazione educativa, che divenne legge nel ‘73 (Legge 477/73). Spettava alle
singole scuole mettere a punto percorsi formativi calibrati sui bisogni di ogni singolo alunno. I
programmi ministeriali si trasformarono quindi in indicazioni per la costruzione della
programmazione.
Dopo la fase dei programmi ministeriali e la fase della programmazione educativa, si arrivò
con il D.M. 139/2007 alla terza fase, quella del curricolo, ovvero un insieme di percorsi
d’apprendimento in cui vengono definiti obiettivi, contenuti, strumenti, metodologie, materiali
e verifiche, e costituisce il “cuore didattico” del Piano dell’Offerta Formativa di ogni singola
scuole.
Oggi il termine “programmazione” viene sostituito da “progettazione”, cioè lo “strumento
che consente alla scuola di realizzare gli scopi ad essa assegnati dalla società,
configurandola come istituzione delegata a trasmettere alle nuove generazioni l’insieme di
conoscenze e competenze ritenute necessarie nel contesto storico, sociale e culturale”
(citazione tratta da Belsito & Milito “Progettare e valutare nella scuola delle competenze”
2016).
ll programma è una raccolta di intenti che esprime la volontà di portare a termine delle
attività per ottenere uno specifico risultato. In particolare, i programmi scolastici sono liste di
intenzioni formative, di contenuti culturali e scientifici, di modalità di intervento.
ll progetto didattico è il disegno di ricerca e di azione che, coerentemente con il
programma di riferimento, determina le strategie operative, le conoscenze e i saperi, i
metodi e le tecniche, i sistemi di valutazione e di verifica, a partire da situazioni
effettivamente analizzate e ottimizzando le risorse a disposizione.
I modelli ex-ante anticipano le attività svolte in aula e si focalizzano sul prodotto finale.
Questi modelli seguono una precisa scansione delle tappe didattiche con l’obiettivo di
conseguire un prodotto che è precedentemente definito. Vedono il processo di
apprendimento come un fenomeno che può essere previsto e definiscono metodi quantitativi
di valutazione. In questo modo è permesso un monitoraggio continuo del progetto educativo.
Esempi di progettazione ex-ante sono:
Esistono poi i modelli di progettazione costruttivisti che sono centrati sullo studente e sui
processi di apprendimento. I principi fondanti di questi modelli sono il pensiero riflessivo
(problem posing e problem solving), l’insegnante “facilitatore”, l’esperienza diretta e concreta
correlata alla realtà attraverso ricerca e laboratori. Vengono valutati qualitativamente i
processi più che i prodotti finali.
Esempi di progettazione costruttivista sono:
I primi esempi risalgono alla prima metà del XX secolo negli USA, supportata dai principi
comportamentistici del condizionamento operante e dell'istruzione programmata di Skinner,
si affermò negli anni '50 con gli studi sul curricolo di Tyler (1949), di Nicholls (1976) e con la
classificazione tassonomica degli obiettivi di Bloom, successivamente ripresa da Gagnè.
(1956; 1964). Il presente modello è quindi fortemente influenzato sia dalle teorie
comportamentiste sia da quelle cognitiviste.
L’approccio progettuale lineare (definito così a causa della sequenzialità che comporta) con
l'ausilio di procedure di task analysis rende gradualmente operativo un obiettivo generale,
scomponendolo in diversi obiettivi intermedi e specifici, osservabili e misurabili.
La progettazione per obiettivi prevede la definizione iniziale dei prerequisiti per ciascuna
delle sfere di apprendimento: cognitiva, emotiva, psicomotoria, relazionale, argomento del
quale si occupa la tassonomia degli obiettivi educativi proposta agli inizi degli anni ‘50 da
Bloom.
Considerata ancora una delle più attuali ed interessanti in quanto prende origine dall’attività
pratica degli insegnanti, divide le modalità di apprendimento in tre aree o domini , al cui
interno vengono rinvenuti i relativi obiettivi educativi:
2. dominio affettivo: è relativo al lato emotivo, agli stati motivazionali e ai valori che
accompagnano l’individuo nel suo percorso di apprendimento, e viene suddiviso nei
seguenti obiettivi:
● ricettività;
● risposta;
● valutazione;
● organizzazione;
● caratterizzazione.
I maggiori punti critici sono la rigidità dell'offerta didattica, la prevalenza dell'obiettivo e del
risultato,e l’inconsistenza dei processi.
I maggiori punti di forza sono l’efficienza e la rapidità nell’apprendere conoscenze e abilità,
come nei meccanismi necessari alla autonomia della persona (ad es. con persone disabili).
La progettazione didattica per contenuti è stata usata in casi in cui i tempi di lavoro sono
molto ridotti, come nella formazione per adulti, nei corsi di recupero per specifiche discipline,
e in alcuni corsi di scuola secondaria ed universitaria.
Ha il vantaggio di poter essere usata in tutti i casi in cui è necessaria l’essenzializzazione dei
contenuti disciplinari, ma resta tuttavia una metodologia abbastanza limitata in quanto
concentrata esclusivamente sui contenuti e non considera il discente.
Le basi teoriche di questo tipo di progettazione vedono origine nelle modalità di costruzione
del concetto a partire dagli oggetti e dall'azione che il soggetto compie su di essi che sono
alla base degli studi di Piaget. Queste vengono applicate nella teoria dell’istruzione del
neocognitivista Bruner (1966), che evidenzia l’importanza dei contenuti essenziali di ogni
disciplina, che egli vede come un insieme organizzato e coerente di conoscenze e non come
semplice insieme di nozioni.
La programmazione per concetti tenta di far emergere le “idee chiave” da tener presenti
nello svolgimento di un compito.
Si distingue dalla programmazione per obiettivi, che segue un approccio lineare, in quanto
vede il progetto come processo ramificato, collegando le idee chiave per costruire delle
mappe concettuali.
Le mappe concettuali furono teorizzate come strategia cognitiva da Novak e Gowin (anni
‘60), i quali sostenevano che la rappresentazione grafica delle conoscenze può mettere in
correlazione i significati essenziali dei saperi analizzati.
I concetti espressi sinteticamente sono ordinati dal generale al particolare secondo un
ordinamento che risponde a forme geometriche (nodi) collegati tra di loro da linee o altre
figure che evidenziano i legami logici, poi resi espliciti attraverso brevissime frasi.
Il modello deve considerare che:
● il docente preveda ed organizzi le condizioni per la mediazione didattica con gli
allievi;
● l’allievo deve essere messo in condizione di operare a partire dalle esperienze, dalla
riflessione sulle esperienze, dalla trasformazione delle esperienze in informazioni,
dalla elaborazione delle informazioni in concetti;
Nella progettazione per situazioni gli obiettivi sono considerati come traguardi da conseguire
mediante progetti reticolari, non in sequenza lineare (propria della progettazione per
obiettivi). Prende spunto da diverse concezioni che sviluppano l’idea primordiale
dell’educazione attiva di Dewey, e vede la sua teorizzazione più moderna nel modello di
Fornasa (1990) e Canevaro, che lo utilizza in particolare con studenti disabili (1983).
Questo modello, invece che definire obiettivi declinati in maniera precisa per poter essere
poi misurati, punta ad offrire e sviluppare situazioni di apprendimento tratte dal mondo reale
(Situazioni-stimolo o situazioni-problema) e prevede tre fasi progettate dal docente:
Il sistema dei modelli esperti o modelli di lavoro, o padronanze, si fonda sul pensiero di
Popper (1970), rivisto e commentato da Kuhn (1969) e Lukatos (1976), che vede la logica
costruttivista, socio-genetica e relazionale della conoscenza, come un processo che si
instaura e si sviluppa soprattutto nell'interazione sociale, nel dibattito con gli altri, per la
costruzione di significati condivisi.
Secondo Margiotta (1979), il docente che adotta questo modello diviene il “timoniere di
apprendimenti integrati”, e si muove attraverso reti concettuali e metodologiche euristiche
(non definite e aperte) entro cui ha la possibilità di costruire molteplici itinerari formativi
(differente ovviamente dalla logica sequenziale della progettazione ex-ante). Egli focalizza
l’attenzione sui processi che l'allievo attiva per apprendere, più che guardare ai risultati.
Il modello si adatta bene nell’istruzione secondaria, in quanto persegue il raggiungimento di
competenze esperte, consapevoli, autonome.
Il progetto didattico viene organizzato in fasi precise, che descrivono il percorso fatto
dall’allievo a partire dai propri saperi naturali fino alla deduzione di principi e teorie e Tessaro
(2002) le sintetizza nel seguente modo (tra parentesi la fase caratteristica del processo di
apprendimento):
1. Progetto Flessibile: sviluppato per far raggiungere a ogni alunno gli obiettivi comuni.
Si presta alle classi caratterizzate da una complessiva omogeneità relativamente ai
livelli di apprendimento degli alunni. Vengono progettate attività che sfruttano diverse
strategie didattiche (classi rovesciate, apprendimento cooperativo, risoluzione di
problemi, laboratori e ricerca) con un monitoraggio continuo che valuti il processo di
apprendimento dei singoli. Attraverso la verifica intermedia dei processi vengono
pianificati recuperi e consolidamenti individuali al fine di raggiungere un livello il più
omogeneo possibile.
2. Progetto Diversificato: utilizzato per assolvere ogni Bisogno Educativo Speciale
(BES). Finalizzato al coinvolgimento, nelle attività di insegnamento-apprendimento,
degli alunni che presentano difficoltà di vario genere. Vengono progettati percorsi
basati sulle singole difficoltà (disabilità, DSA, condizioni di svantaggio
linguistico/sociale) dopo un’attenta osservazione, finalizzati alla valorizzazione delle
diversità. Gli insegnanti specializzati per il sostegno agli alunni con disabilità
partecipano e padroneggiano in maniera particolare le strategie di individualizzazione
e personalizzazione, e agiscono in stretta collaborazione con gli insegnanti
disciplinari.
3. Progetto Aggiuntivo: organizza percorsi integrativi che valorizzano le identità
personali dei singoli alunni, ampliando l’offerta formativa di base. Si tratta spesso di
percorsi per alunni di diverse classi, quindi con età e provenienza diversa, e con
esigenze ed interessi diversificati. Vengono considerati anche progetti per alunni
particolarmente dotati che possono sfruttare i progetti aggiuntivi per compiere un
percorso stimolante e per sviluppare competenze aggiuntive.
7. La progettazione per sfondo integratore
Questo modello, sviluppato negli anni ‘80 da Zanelli e Canevaro, è diffuso prevalentemente
nella scuola per l’infanzia, e in generale può essere utilizzato nella didattica con alunni
disabili, in quanto stimola la creazione di un ambiente d’apprendimento in grado di stimolare
le risorse autonome dei singoli individui in difficoltà.
Il principio è creare un contenitore, una cornice, ad un percorso didattico mirato verso il
raggiungimento di specifici obiettivi.
Il punto di partenza di questo modello è il riconoscere un evento che provoca una
“dissonanza cognitiva”, che ostacola l’integrazione delle conoscenze dell’alunno e che
spinge il soggetto ad intraprendere strategie mirate all’attenuazione o a superare l’ostacolo.
Viene quindi progettato uno “sfondo” che si pone come quadro di riferimento motivazionale,
che, nella maggior parte dei casi, è rappresentato da un particolare ambiente, da una
particolare trama narrativa o da un particolare contesto, nel quale inserire l’ostacolo.
Il docente è il “regista educativo” di una programmazione centrata sull’alunno, che crea
“metacontesti, ovvero contesti più estesi di quelli disfunzionali dove sorge la dissonanza,
l’ostacolo.”
Le fasi principali della progettazione:
1. Osservazione del contesto educativo: serve a focalizzare i segnali significativi per
l’individuazione della situazione motivazionale nella quale essi si muovono;
2. Scelta di obiettivi educativi: si cercano i più validi, sono provvisori e flessibili;
3. Costruzione dello sfondo: le principali tipologie di sfondi:
a. lo sfondo fantastico (o magico)
b. lo sfondo laboratoriale
c. lo sfondo reale (o realistico)
4. Realizzazione del percorso di apprendimento: si costruisce il percorso flessibile in
modo da poterlo modificare o rinnovare sulla base dei tempi, stili e ritmi di
apprendimento degli allievi o sulla base di eventi occasionali;
5. Ripetizione dell'osservazione: è la verifica dell’impatto svolto dall’itinerario didattico
proposto e la persistenza della motivazione e dell’interesse dimostrati dagli allievi.
Questo è, come detto, un modello indicato in precise situazioni, come la scuola dell’infanzia
o le condizioni di disabilità, dove è meno urgente e più elastica l’esigenza della verifica dei
risultati raggiunti dalle persone in formazione. Ha quindi un limitato campo di applicazione,
ma grazie alla continua evoluzione del percorso, consente al docente una grande flessibilità
di progettazione.
8. La progettazione a ritroso
I testi a cui le istituzioni scolastiche si riferiscono per costruire il Piano Triennale dell’Offerta
Formativa sono contenuti nel D.M. 254/2012, con le Indicazioni Nazionali per il curricolo del
primo ciclo d’istruzione, e nelle rispettive Linee Guida per i Licei, gli Istituti Tecnici e
Professionali. In essi si delineano i traguardi per lo sviluppo delle competenze che gli
studenti devono porsi per ogni disciplina, in accordo con la Raccomandazione sulle
competenze chiave di cittadinanza (2006), che definisce i concetti alla base di questa
innovazione, definendo:
● conoscenza (sapere): indica l’insieme di fatti, principi, teorie relative a un determinato
settore; le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche;
● abilità (fare): Indica la capacità di usare la conoscenza, è descritta come abilità
cognitiva (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e abilità pratica (manualità,
uso di metodi, materiali e strumenti);
● competenza (essere): Indica la capacità di usare la conoscenza, abilità e capacità
personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo
professionale e personale; è descritta in termini di responsabilità e autonomia;
Nel Piano Nazionale per la Formazione dei docenti 2016-2019 si fa esplicito riferimento ad al
modello di progettazione a ritroso, che trova il fondamento pedagogico nelle teorie di
Wiggins e McTighe (2004), come strumento utile per il rafforzamento delle competenze di
base degli studenti.
Questo modello parte dal presupposto di poter sfruttare l’opportunità di valutare prestazioni
e risultati ottenuti durante il percorso formativo degli studenti per progettare l’itinerario
didattico, tenendo fermi i traguardi formativi prefissati.
L’insegnante è un progettista che rispetta le indicazioni sui contenuti che sono stabilite a
livello nazionale, regionale o locale, ma deve affrontare le caratteristiche dei propri studenti
che seguono il percorso di apprendimento. Quindi la programmazione considera sia gli
aspetti contenutistici, che decidono priorità, metodi e opzioni valutative inerenti alla stessa
programmazione, sia le capacità e conoscenze pregresse che influenzano le scelte del
docente.
Secondo questo modello, si lavora in maniera ottimale verso un curricolo di scuola per
competenze quando, partendo dai risultati sperati e dagli standard di contenuto fissati come
traguardo, si procede a ritroso cercando le prove e le evidenze delle prestazioni effettive
degli studenti e ricavando da queste gli elementi necessari alla costruzione del curricolo.
L’apprendimento non può essere considerato realizzato se non quando si verifica una
«comprensione profonda» dell’argomento da parte dello studente.