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I principi e i principali modelli della progettazione

didattico-educativa

Principali teorie dell’apprendimento

Nel XX secolo si affermano diverse teorie psicologiche alle quali vengono associati dei
modelli di apprendimento (inteso come modifica di un comportamento di un individuo).
Queste teorie sono alla base della progettazione didattica: analizzano i fattori cognitivi,
sociali e relazionali, emotivi, affettivi e motivazionali che sono implicati nella formazione della
personalità. La necessità di un approccio scientifico razionale all’organizzazione didattica
emerge con forza a partire dagli anni ‘50.

Secondo il comportamentismo, i cui esponenti maggiori furono gli americani Thorndike,


Watson e Skinner, si verifica un apprendimento quando si stabilisce una connessione
prevedibile tra un segnale nell’ambiente (lo stimolo), un comportamento (la risposta) e una
conseguenza (rinforzo). Con l’esperienza e la pratica il legame si fa più forte e il tempo che
intercorre tra il segnale e il comportamento si riduce sempre più. I sistemi di istruzione e di
insegnamento che si fondano su di una visione comportamentista dell’apprendimento si
concentrano sul condizionamento del comportamento del discente: l’insegnante manipola i
cambiamenti di comportamento utilizzando rinforzi selettivi. All’insegnante spetta il ruolo di
determinare le abilità/capacità che portano al comportamento desiderato e assicurarsi che
gli studenti se ne impossessino in modo graduale.

Dall’inizio degli anni ‘60 del secolo scorso, si è assistito a un progressivo proliferare di studi
riferiti alla corrente del cognitivismo, i cui principali teorici sono il filosofo dell’educazione
Dewey e i gli psicologi Vygotsky, Piaget, Bruner, oltre a molti altri. Il superamento del
comportamentismo pone in primo piano la mente, intesa non come magazzino nel quale si
accatastano conoscenze e abilità, ma come struttura come interconnessa. Nel rapporto fra
motivazione ed apprendimento incidono numerosi fattori capaci di condizionarne il successo.
I comportamenti del discente diventano gli indicatori di quello che sta succedendo nella
mente. Egli, infatti, guarda alla realtà oggettiva, propria di ogni momento. Il discente è
passivo nell’interpretazione della realtà, dal momento che essa risulta filtrata da modelli
mentali imposti socialmente, ma è attivo nella decisione di mettere in pratica un
comportamento. I sistemi di istruzione e di insegnamento che si fondano sul cognitivismo si
focalizzano sulla trasmissione al discente di modelli mentali da seguire. Per operare con
efficacia in ogni situazione lo studente dovrà dominare tre differenti tipi di abilità cognitive:
● Strategie per la risoluzione dei problemi;
● Strategie per la gestione del sapere a livello cognitivo (capacità di determinazione
degli obiettivi, di pianificazione strategica, di monitoraggio, di valutazione e
revisione);
● Strategie di apprendimento (abilità di esplorare campi nuovi, di aumentare le
conoscenze in un argomento familiare, di riconfigurare la conoscenza di cui è in
possesso).
Il costruttivismo è una corrente di pensiero, i cui principali riferimenti si trovano in Kelly,
Dewey, Vygotskij, Piaget, von Glasersfeld, Jonassen, Papert, che pone il soggetto che
apprende al centro del processo formativo (learning centered). In alternativa a un
approccio formativo basato sulla centralità dell’insegnante (teaching centered) che diviene il
tramite del sapere, astratto e indipendente da un contesto di riferimento, questa corrente di
pensiero assume che la conoscenza:
● è il prodotto di una interazione e costruzione attiva tra soggetto e realtà;
● è strettamente collegata alla situazione concreta in cui avviene l’apprendimento;
● nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale.

ll costruttivismo assume quindi un approccio di carattere pragmatico e non ontologico: la


conoscenza serve per adattarsi all’ambiente.
Sulla base di queste premesse, si può osservare che il costruttivismo non ha sviluppato un
modello didattico univoco, ma piuttosto si limita ad indicare una serie di presupposti che
devono essere rispettati per poter rendere l’attività formativa realmente rispondente alle
esigenze contingenti. La conoscenza è attiva, frutto di una costruzione attiva e personale,
dovuta “all’assimilazione e all’accomodamento”: il docente può quindi fornire uno stimolo ed
indirizzare lo studente, ma non può influire direttamente sull’apprendimento.
In sintesi, i modelli didattici costruttivisti:
● mettono in risalto l' “ambiente di apprendimento” rispetto alla istruzione come
sequenza preordinabile. Non aboliscono la programmazione curricolare, ma
spostano l’attenzione sul “contorno”, sulla varietà dei supporti e dispositivi collaterali,
che si possono affiancare all'alunno che apprende;
● considerano un ambiente di apprendimento come un luogo virtuale d'incontro tra
molteplici impalcature regolabili, attraverso giochi di mutua appropriazione;
● vedono il processo didattico come non lineare bensì "emergente" e "ricorsivo";
● pongono forte enfasi sullo studente, sull’autodeterminazione del percorso e degli
obiettivi;
● danno forte risalto alla molteplicità delle strade percorribili ed alla varietà prospettica
con cui si può vedere la conoscenza;
Dal programma al progetto

Fino agli ‘70, prima delle contestazioni del ‘68, la scuola era basata sulla programmazione e
sul programma ministeriale, ovvero uno strumento attraverso il quale lo Stato intendeva
trasmettere conoscenze chiave per la formazione degli individui, determinati da una
Commissione. La scuola poneva al centro della sua funzione, quindi, trasferire conoscenze
disciplinari (nozioni) agli studenti piuttosto che analizzare i bisogni della società e degli
individui.
Grazie al clima di protesta e anche agli scritti di Don Milani, questa tipologia operativa venne
messa in discussione perché appariva prescrittiva e poco flessibile e i programmi ministeriali
apparivano come strumento per una didattica discriminante verso le classi più svantaggiate.
La necessità di una scuola che tenesse conto del contesto locale delle singole scuole e dei
bisogni delle comunità alla quale esse appartenevano, fecero sostituire il programma con la
programmazione educativa, che divenne legge nel ‘73 (Legge 477/73). Spettava alle
singole scuole mettere a punto percorsi formativi calibrati sui bisogni di ogni singolo alunno. I
programmi ministeriali si trasformarono quindi in indicazioni per la costruzione della
programmazione.
Dopo la fase dei programmi ministeriali e la fase della programmazione educativa, si arrivò
con il D.M. 139/2007 alla terza fase, quella del curricolo, ovvero un insieme di percorsi
d’apprendimento in cui vengono definiti obiettivi, contenuti, strumenti, metodologie, materiali
e verifiche, e costituisce il “cuore didattico” del Piano dell’Offerta Formativa di ogni singola
scuole.
Oggi il termine “programmazione” viene sostituito da “progettazione”, cioè lo “strumento
che consente alla scuola di realizzare gli scopi ad essa assegnati dalla società,
configurandola come istituzione delegata a trasmettere alle nuove generazioni l’insieme di
conoscenze e competenze ritenute necessarie nel contesto storico, sociale e culturale”
(citazione tratta da Belsito & Milito “Progettare e valutare nella scuola delle competenze”
2016).

ll programma è una raccolta di intenti che esprime la volontà di portare a termine delle
attività per ottenere uno specifico risultato. In particolare, i programmi scolastici sono liste di
intenzioni formative, di contenuti culturali e scientifici, di modalità di intervento.
ll progetto didattico è il disegno di ricerca e di azione che, coerentemente con il
programma di riferimento, determina le strategie operative, le conoscenze e i saperi, i
metodi e le tecniche, i sistemi di valutazione e di verifica, a partire da situazioni
effettivamente analizzate e ottimizzando le risorse a disposizione.

La progettazione è, quindi, l'insieme delle attività volte ad organizzare in modo sistematico


le risorse umane e materiali, intellettuali e tecnologiche, disponibili o accessibili, finalizzate
alla produzione di modelli operativi (o progetti esecutivi) di interventi didattici.
La progettazione prevede le seguenti fasi:

● analisi della situazione (globale e specifica);


● definizione degli esiti formativi e calibratura degli obiettivi;
● articolazione degli interventi in moduli o unità;
● individuazione delle strategie, dei metodi e delle tecniche didattiche;
● scelta delle modalità e delle tecnologie di comunicazione;
● definizione dei criteri di verifica, degli standard di valutazione e degli indicatori di
monitoraggio;
● distribuzione dei compiti e la ripartizione delle attività.

La progettazione didattico-educativa è la capacità di ideare strategie, correlando i fattori


complessi dell'apprendimento e dell’insegnamento per l'organizzazione degli ambienti e
delle attività, la scelta delle priorità, la produzione dei materiali, la verifica e la valutazione
dei risultati e degli impatti sull’offerta formativa, l'analisi degli effetti a medio e lungo termine.
I modelli di progettazione didattico-educativa

I principali modelli di progettazione educativa sono classificabili in base alle strategie e ai


modelli teorici sui quali si fondano per il raggiungimento degli obiettivi.

I modelli ex-ante anticipano le attività svolte in aula e si focalizzano sul prodotto finale.
Questi modelli seguono una precisa scansione delle tappe didattiche con l’obiettivo di
conseguire un prodotto che è precedentemente definito. Vedono il processo di
apprendimento come un fenomeno che può essere previsto e definiscono metodi quantitativi
di valutazione. In questo modo è permesso un monitoraggio continuo del progetto educativo.
Esempi di progettazione ex-ante sono:

● Progettazione per obiettivi


● Progettazione per contenuti
● Progettazione per concetti

Esistono poi i modelli di progettazione costruttivisti che sono centrati sullo studente e sui
processi di apprendimento. I principi fondanti di questi modelli sono il pensiero riflessivo
(problem posing e problem solving), l’insegnante “facilitatore”, l’esperienza diretta e concreta
correlata alla realtà attraverso ricerca e laboratori. Vengono valutati qualitativamente i
processi più che i prodotti finali.
Esempi di progettazione costruttivista sono:

● Progettazione per situazioni


● Progettazione per soggetti
● Progettazione per padronanze
● Progettazione per sfondo integratore
● Progettazione a ritroso
I modelli di progettazione ex-ante

1. La progettazione per obiettivi

I primi esempi risalgono alla prima metà del XX secolo negli USA, supportata dai principi
comportamentistici del condizionamento operante e dell'istruzione programmata di Skinner,
si affermò negli anni '50 con gli studi sul curricolo di Tyler (1949), di Nicholls (1976) e con la
classificazione tassonomica degli obiettivi di Bloom, successivamente ripresa da Gagnè.
(1956; 1964). Il presente modello è quindi fortemente influenzato sia dalle teorie
comportamentiste sia da quelle cognitiviste.

L’approccio progettuale lineare (definito così a causa della sequenzialità che comporta) con
l'ausilio di procedure di task analysis rende gradualmente operativo un obiettivo generale,
scomponendolo in diversi obiettivi intermedi e specifici, osservabili e misurabili.

La progettazione per obiettivi prevede la definizione iniziale dei prerequisiti per ciascuna
delle sfere di apprendimento: cognitiva, emotiva, psicomotoria, relazionale, argomento del
quale si occupa la tassonomia degli obiettivi educativi proposta agli inizi degli anni ‘50 da
Bloom.
Considerata ancora una delle più attuali ed interessanti in quanto prende origine dall’attività
pratica degli insegnanti, divide le modalità di apprendimento in tre aree o domini , al cui
interno vengono rinvenuti i relativi obiettivi educativi:

1. dominio cognitivo: riguarda le attività intellettuali e logiche dell’individuo e viene


suddiviso nei seguenti obiettivi didattici, nell’ordine dal più semplice al più complesso:
● conoscenza;
● comprensione;
● applicazione.
● analisi;
● sintesi;
● valutazione.

2. dominio affettivo: è relativo al lato emotivo, agli stati motivazionali e ai valori che
accompagnano l’individuo nel suo percorso di apprendimento, e viene suddiviso nei
seguenti obiettivi:
● ricettività;
● risposta;
● valutazione;
● organizzazione;
● caratterizzazione.

3. dominio psicomotorio: fa riferimento alle capacità psicomotorie dell’individuo.


Bloom non approfondisce questo dominio, di seguito la classificazione di Harrow
(1972), uno dei suoi seguaci:
● movimenti riflessi – risposte ad uno stimolo senza volontà coscienti;
● movimenti fondamentali di base – strutture motorie innate;
● abilità percettive – interpretazione degli stimoli e adattamento all’ambiente;
● qualità fisiche – caratteristiche funzionali organiche;
● movimenti di padronanza e competenza;
● comunicazione non-verbale;

Le fasi tipiche che caratterizzano la progettazione per obiettivi:


1. Esame della situazione esistente (risorse disponibili e prerequisiti posseduti dagli
allievi)
2. Definizione degli obiettivi formativi e dei contenuti. La scelta degli obiettivi e dei
contenuti tiene conto della disciplina per la quale si sta progettando, e del contesto
culturale locale in relazione agli allievi
3. Scelta delle strategie didattiche, dei materiali e della strumentazione didattica
4. Valutazione dei risultati come conoscenze acquisite dagli allievi (valutazione
sommativa effettuata al termine del percorso.
5. Fase finale dove svolgere una revisione generale del processo (rettifica degli
obiettivi, strategie didattiche, valutazione, ecc.)

Definire gli obiettivi è, ovviamente, fondamentale in questa modalità di progettazione: ogni


obiettivo viene scomposto in altri sotto-obiettivi. Gli “obiettivi generali e specifici” vengono
man mano trasformati in “obiettivi formativi” tramite unità didattiche, poste dai docenti, e al
termine delle quali potrà emergere il quadro delle competenze personali, che ogni allievo
avrà saputo strutturare. L’obiettivo deve essere concreto, descrivibile e non ambiguo, per
poter essere monitorato e consentire una valutazione efficace.

I maggiori punti critici sono la rigidità dell'offerta didattica, la prevalenza dell'obiettivo e del
risultato,e l’inconsistenza dei processi.
I maggiori punti di forza sono l’efficienza e la rapidità nell’apprendere conoscenze e abilità,
come nei meccanismi necessari alla autonomia della persona (ad es. con persone disabili).

2. La progettazione per contenuti

Il modello di progettazione per obiettivi metteva in risalto la determinazione degli obiettivi: il


modello di progettazione per contenuti, invece, mira ai contenuti delle specifiche discipline. Il
docente, in quanto specialista, individua le conoscenze che considera essenziali. In
quest’ottica si pongono gli studi sulla “Didattica breve” di Ciampolini (1993), rivolta
primariamente all’insegnamento secondario e universitario.
Lo scopo della Didattica Breve è di ottimizzare i tempi di insegnamento e di apprendimento
mediante la ricerca metodologico-disciplinare e la “distillazione” (o contrazione) dei contenuti
di una specifica disciplina o di una tematica di studio.
La ricerca metodologica-disciplinare intende ridurre tempi didattici delle singole discipline.
Tale passaggio fondamentale si può riassumere in tre fasi:
1. scomposizione della disciplina nei contenuti
2. analisi della disciplina scomposta nei contenuti (i contenuti stessi suggeriscono che
cosa, come e dove tagliare)
3. ricomposizione della disciplina in modalità “didattica breve”.

Una volta “contratta”, o scomposta, la disciplina, la progettazione procede con la


ricomposizione mediante la tecnica della “distillazione”, ovvero si rendono evidenti le logiche
fondamentali presenti nell’insegnamento dell'intera disciplina o della parte in questione.
Secondo Ciampolini, esistono due tipologie di distillazione:
● verticale, operata dal docente: è l’elenco di tutti gli argomenti che il docente intende
trattare durante il corso, disposti in sequenza così che la trattazione di un argomento
possa dipendere solo da argomenti che lo precedono e non da argomenti che lo
seguono nella sequenza stessa. Viene fornito agli studenti all'inizio del corso, in
modo da farlo diventare lo strumento per orientarsi nella progressione del progetto
didattico.
● orizzontale, messa in atto dallo studente: secondo le sue logiche di approfondimento
quest’ultimo declina e connette gli argomenti trattati in maniera personalizzata.

La progettazione didattica per contenuti è stata usata in casi in cui i tempi di lavoro sono
molto ridotti, come nella formazione per adulti, nei corsi di recupero per specifiche discipline,
e in alcuni corsi di scuola secondaria ed universitaria.
Ha il vantaggio di poter essere usata in tutti i casi in cui è necessaria l’essenzializzazione dei
contenuti disciplinari, ma resta tuttavia una metodologia abbastanza limitata in quanto
concentrata esclusivamente sui contenuti e non considera il discente.

3. La progettazione per concetti

Le basi teoriche di questo tipo di progettazione vedono origine nelle modalità di costruzione
del concetto a partire dagli oggetti e dall'azione che il soggetto compie su di essi che sono
alla base degli studi di Piaget. Queste vengono applicate nella teoria dell’istruzione del
neocognitivista Bruner (1966), che evidenzia l’importanza dei contenuti essenziali di ogni
disciplina, che egli vede come un insieme organizzato e coerente di conoscenze e non come
semplice insieme di nozioni.
La programmazione per concetti tenta di far emergere le “idee chiave” da tener presenti
nello svolgimento di un compito.
Si distingue dalla programmazione per obiettivi, che segue un approccio lineare, in quanto
vede il progetto come processo ramificato, collegando le idee chiave per costruire delle
mappe concettuali.
Le mappe concettuali furono teorizzate come strategia cognitiva da Novak e Gowin (anni
‘60), i quali sostenevano che la rappresentazione grafica delle conoscenze può mettere in
correlazione i significati essenziali dei saperi analizzati.
I concetti espressi sinteticamente sono ordinati dal generale al particolare secondo un
ordinamento che risponde a forme geometriche (nodi) collegati tra di loro da linee o altre
figure che evidenziano i legami logici, poi resi espliciti attraverso brevissime frasi.
Il modello deve considerare che:
● il docente preveda ed organizzi le condizioni per la mediazione didattica con gli
allievi;
● l’allievo deve essere messo in condizione di operare a partire dalle esperienze, dalla
riflessione sulle esperienze, dalla trasformazione delle esperienze in informazioni,
dalla elaborazione delle informazioni in concetti;

Secondo un modello di Damiano (1994) si possono riassumere cinque tappe fondamentali.


1. Costruire una mappa concettuale da parte del docente. L'insegnante ha il compito di
selezionare i vari argomenti da trattare, ma anche la responsabilità di sceglierli in
relazione alle competenze che possiede, in quanto la mappa costituisce anche la
struttura dell'oggetto culturale mediato dalle conoscenze del docente.
2. Procedere con la conversazione clinica. Questa tecnica connette i saperi degli
studenti, anche quelli informali, con il sapere formalizzato delle discipline, già
selezionato attraverso la definizione della mappa concettuale. In maniera simile al
brainstorming, implica il rispetto di alcune regole per non impoverire le potenzialità
nella condivisione dei saperi. L'insegnante prepara e pone domande dalle quali
dovranno emergere i saperi reali degli studenti e non altro. Le risposte vengono
registrate ed analizzate per poter lavorare sugli argomenti meno presenti e più
distanti dai saperi formali.
3. Definire la matrice cognitiva. Analizzando le risposte, il docente ricava la matrice
cognitiva dello studente e della classe, cioè le conoscenze specifiche che gli allievi
hanno intorno ad un determinato argomento
4. Costruire la rete concettuale. Il sapere dell'allievo (matrice cognitiva) e il sapere
esperto (mappa concettuale) vengono collegati dal docente attraverso il progetto da
lui elaborato (rete concettuale), proponendo quindi un’ipotesi (itinerario) di lavoro
possibile.
5. Progettare le unità didattiche. Organizzata la rete dei saperi attraverso l'itinerario che
relaziona la matrice cognitiva con la mappa concettuale, e delle esperienze che gli
allievi sono chiamati a compiere, il docente deve pensare a delle forme di
semplificazione da proporre nelle unità didattiche. Queste saranno calibrate in base
alle necessità più evidenti emerse nel processo.

Questo modello ha il vantaggio di essere elastico, in quanto di consente una progettazione


in itinere durante le attività didattiche, e di permettere una buona mediazione tra soggetto
che apprende e il contesto culturale preesistente. Lo svantaggio principale è che la fase di
conversazione clinica, fondamentale per un buon esito, può essere molto delicata e rischia
di fallire se le capacità del docente non sono adeguate. Inoltre, focalizza la sua attenzione
principalmente sulla costruzione del concetto, piuttosto che sugli aspetti cognitivi che
circondano il processo di apprendimento.
I modelli di progettazione costruttivisti

4. La progettazione per situazioni

Nella progettazione per situazioni gli obiettivi sono considerati come traguardi da conseguire
mediante progetti reticolari, non in sequenza lineare (propria della progettazione per
obiettivi). Prende spunto da diverse concezioni che sviluppano l’idea primordiale
dell’educazione attiva di Dewey, e vede la sua teorizzazione più moderna nel modello di
Fornasa (1990) e Canevaro, che lo utilizza in particolare con studenti disabili (1983).
Questo modello, invece che definire obiettivi declinati in maniera precisa per poter essere
poi misurati, punta ad offrire e sviluppare situazioni di apprendimento tratte dal mondo reale
(Situazioni-stimolo o situazioni-problema) e prevede tre fasi progettate dal docente:

1. osservazione: si individuano le conoscenze e le abilità degli allievi per focalizzare le


loro modalità di relazione con l’ambiente circostante;
2. offerta e sviluppo della situazione: si presenta una situazione che permette di
sviluppare le proprie conoscenze ed abilità.
3. sintesi e interpretazione: la valutazione non riguarda le prestazioni, non viene
verificato il conseguimento di obiettivi prestabiliti, si pone attenzione al modo (il
processo) in cui l’allievo attiva ed utilizza le sue abilità cognitive, relazionali e creative
nel risolvere i problemi.

La situazione stimolo/problema deve favorire l'interazione consentendo il confronto fra gli


alunni sul proprio punto di vista e deve consentire di accettare gli errori che innescano nuove
informazioni. La situazione e il materiale necessario per la sua proposizione non devono
essere strutturati troppo rigidamente, per offrire maggiori garanzie allo sviluppo del progetto
e alla nascita di strade non convenzionali che stimolano la risoluzione attraverso diverse
strategie.

La progettazione per situazioni si adatta molto all’apprendimento nelle scuole secondarie e


nei progetti si scuola-lavoro, in quanto svolge un ruolo importante nello sviluppo di
competenze relazionali, esistenziali, nelle decisioni in contesti complessi. Le situazioni sono
molto utilizzate nei casi di difficoltà di integrazione sociale del soggetto, ma anche negli
stage e nei tirocini, e in tutte le situazioni di apprendimento di competenze professionali.
Elementi positivi e di vantaggio in questo modello di progettazione sono la centralità del
soggetto che apprende, con attenzione al processo di costruzione dei saperi e alle capacità
cooperative e relazionali. Ha lo svantaggio di operare su un soggettivismo esasperato, e si
possono incontrare difficoltà di una verifica e controllo. Inoltre, la scuola possiede un ruolo
istituzionale preciso (alfabetizzazione culturale, istruzione, sviluppo intellettuale e cognitivo)
che l’eccessiva attenzione al soggetto rischia di far venire meno.
5. La progettazione per padronanze

Il sistema dei modelli esperti o modelli di lavoro, o padronanze, si fonda sul pensiero di
Popper (1970), rivisto e commentato da Kuhn (1969) e Lukatos (1976), che vede la logica
costruttivista, socio-genetica e relazionale della conoscenza, come un processo che si
instaura e si sviluppa soprattutto nell'interazione sociale, nel dibattito con gli altri, per la
costruzione di significati condivisi.
Secondo Margiotta (1979), il docente che adotta questo modello diviene il “timoniere di
apprendimenti integrati”, e si muove attraverso reti concettuali e metodologiche euristiche
(non definite e aperte) entro cui ha la possibilità di costruire molteplici itinerari formativi
(differente ovviamente dalla logica sequenziale della progettazione ex-ante). Egli focalizza
l’attenzione sui processi che l'allievo attiva per apprendere, più che guardare ai risultati.
Il modello si adatta bene nell’istruzione secondaria, in quanto persegue il raggiungimento di
competenze esperte, consapevoli, autonome.
Il progetto didattico viene organizzato in fasi precise, che descrivono il percorso fatto
dall’allievo a partire dai propri saperi naturali fino alla deduzione di principi e teorie e Tessaro
(2002) le sintetizza nel seguente modo (tra parentesi la fase caratteristica del processo di
apprendimento):

1. Condivisione dei saperi naturali (Metacognizione): l’insegnante introduce un


argomento e modera la discussione stimolando l’intervento degli allievi per favorire i
collegamenti con le esperienze di vita vissuta del singolo allievo.
2. Mapping (Memorizzazione-Riorganizzazione): costruzione di una relazione tra saperi
naturali e saperi scientifici. L’obiettivo è evidenziare le differenze tra le conoscenze
pregresse dell’allievo, con il sapere scientifico dell’argomento.
3. Applicazione (Laboratorio-Learning by doing): si svolge un compito che utilizza le
informazioni ricevute in modo da consolidare i concetti appresi e mettere in atto le
procedure e le strategie cognitive per risolvere il problema che gli viene proposto.
4. Transfer (Discriminazione per analogie/differenze): Prima forma di generalizzazione
dei contenuti appresi, promuove il confronto tra il compito dato e situazioni già
sperimentate.
5. Ricostruzione (Modellizzazione - Pensiero procedurale): analisi e revisione del
processo attuato dall’allievo per svolgere e risolvere il compito proposto. L’analisi
deve far emergere le difficoltà incontrate e la consapevolezza delle strategie
cognitive messe in atto (metacognizione).
6. Giustificazione (Argomentazione - Pensiero logico): l’allievo per comprendere il
valore delle scelte effettuate deve sostenere e difendere le proprie tesi con
argomentazioni plausibili e soggettive. Vengono utilizzate le tecniche del role playing,
del dibattito, dell'auto-interrogazione.
7. Generalizzazione (Riconoscimento epistemologico - Costruzione): fase finale che
intende arrivare alla conquista della padronanza, per generalizzare ciò che si è
appreso, per cui l’allievo sarà in grado di collegare argomenti anche di ambito
disciplinare diverso, di trovare strategie di soluzione usando le conoscenze acquisite,
anche in problematiche non strettamente inerenti quella proposta dal docente.
I maggiori elementi di interesse in questo modello sono l’attenzione ai processi
dell'apprendimento, ai talenti personali, l’importanza della consapevolezza individuale e della
produzione e della condivisione degli apprendimenti. Principali criticità sono la difficoltà
nell’individuare le soglie di sviluppo delle competenze e padronanze dei singoli allievi e i
tempi molto lunghi di lavoro.

6. La progettazione per soggetti

Grazie al DPR 275/99 sull’autonomia scolastica, nella scuola italiana si è intrapresa la


diversificazione dei percorsi didattici dei singoli alunni. Le istituzioni scolastiche regolano i
tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più
adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni
scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune.
Ciò ha consentito lo sviluppo di un modello di progettazione per soggetti, in grado di
calibrare il percorso didattico per ogni individuo che partecipa all’apprendimento.
In particolare, vengono utilizzati in base alle necessità di ognuno tre diverse tipologie di
progetto didattico:

1. Progetto Flessibile: sviluppato per far raggiungere a ogni alunno gli obiettivi comuni.
Si presta alle classi caratterizzate da una complessiva omogeneità relativamente ai
livelli di apprendimento degli alunni. Vengono progettate attività che sfruttano diverse
strategie didattiche (classi rovesciate, apprendimento cooperativo, risoluzione di
problemi, laboratori e ricerca) con un monitoraggio continuo che valuti il processo di
apprendimento dei singoli. Attraverso la verifica intermedia dei processi vengono
pianificati recuperi e consolidamenti individuali al fine di raggiungere un livello il più
omogeneo possibile.
2. Progetto Diversificato: utilizzato per assolvere ogni Bisogno Educativo Speciale
(BES). Finalizzato al coinvolgimento, nelle attività di insegnamento-apprendimento,
degli alunni che presentano difficoltà di vario genere. Vengono progettati percorsi
basati sulle singole difficoltà (disabilità, DSA, condizioni di svantaggio
linguistico/sociale) dopo un’attenta osservazione, finalizzati alla valorizzazione delle
diversità. Gli insegnanti specializzati per il sostegno agli alunni con disabilità
partecipano e padroneggiano in maniera particolare le strategie di individualizzazione
e personalizzazione, e agiscono in stretta collaborazione con gli insegnanti
disciplinari.
3. Progetto Aggiuntivo: organizza percorsi integrativi che valorizzano le identità
personali dei singoli alunni, ampliando l’offerta formativa di base. Si tratta spesso di
percorsi per alunni di diverse classi, quindi con età e provenienza diversa, e con
esigenze ed interessi diversificati. Vengono considerati anche progetti per alunni
particolarmente dotati che possono sfruttare i progetti aggiuntivi per compiere un
percorso stimolante e per sviluppare competenze aggiuntive.
7. La progettazione per sfondo integratore

Questo modello, sviluppato negli anni ‘80 da Zanelli e Canevaro, è diffuso prevalentemente
nella scuola per l’infanzia, e in generale può essere utilizzato nella didattica con alunni
disabili, in quanto stimola la creazione di un ambiente d’apprendimento in grado di stimolare
le risorse autonome dei singoli individui in difficoltà.
Il principio è creare un contenitore, una cornice, ad un percorso didattico mirato verso il
raggiungimento di specifici obiettivi.
Il punto di partenza di questo modello è il riconoscere un evento che provoca una
“dissonanza cognitiva”, che ostacola l’integrazione delle conoscenze dell’alunno e che
spinge il soggetto ad intraprendere strategie mirate all’attenuazione o a superare l’ostacolo.
Viene quindi progettato uno “sfondo” che si pone come quadro di riferimento motivazionale,
che, nella maggior parte dei casi, è rappresentato da un particolare ambiente, da una
particolare trama narrativa o da un particolare contesto, nel quale inserire l’ostacolo.
Il docente è il “regista educativo” di una programmazione centrata sull’alunno, che crea
“metacontesti, ovvero contesti più estesi di quelli disfunzionali dove sorge la dissonanza,
l’ostacolo.”
Le fasi principali della progettazione:
1. Osservazione del contesto educativo: serve a focalizzare i segnali significativi per
l’individuazione della situazione motivazionale nella quale essi si muovono;
2. Scelta di obiettivi educativi: si cercano i più validi, sono provvisori e flessibili;
3. Costruzione dello sfondo: le principali tipologie di sfondi:
a. lo sfondo fantastico (o magico)
b. lo sfondo laboratoriale
c. lo sfondo reale (o realistico)
4. Realizzazione del percorso di apprendimento: si costruisce il percorso flessibile in
modo da poterlo modificare o rinnovare sulla base dei tempi, stili e ritmi di
apprendimento degli allievi o sulla base di eventi occasionali;
5. Ripetizione dell'osservazione: è la verifica dell’impatto svolto dall’itinerario didattico
proposto e la persistenza della motivazione e dell’interesse dimostrati dagli allievi.

Questo è, come detto, un modello indicato in precise situazioni, come la scuola dell’infanzia
o le condizioni di disabilità, dove è meno urgente e più elastica l’esigenza della verifica dei
risultati raggiunti dalle persone in formazione. Ha quindi un limitato campo di applicazione,
ma grazie alla continua evoluzione del percorso, consente al docente una grande flessibilità
di progettazione.
8. La progettazione a ritroso

I testi a cui le istituzioni scolastiche si riferiscono per costruire il Piano Triennale dell’Offerta
Formativa sono contenuti nel D.M. 254/2012, con le Indicazioni Nazionali per il curricolo del
primo ciclo d’istruzione, e nelle rispettive Linee Guida per i Licei, gli Istituti Tecnici e
Professionali. In essi si delineano i traguardi per lo sviluppo delle competenze che gli
studenti devono porsi per ogni disciplina, in accordo con la Raccomandazione sulle
competenze chiave di cittadinanza (2006), che definisce i concetti alla base di questa
innovazione, definendo:
● conoscenza (sapere): indica l’insieme di fatti, principi, teorie relative a un determinato
settore; le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche;
● abilità (fare): Indica la capacità di usare la conoscenza, è descritta come abilità
cognitiva (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e abilità pratica (manualità,
uso di metodi, materiali e strumenti);
● competenza (essere): Indica la capacità di usare la conoscenza, abilità e capacità
personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo
professionale e personale; è descritta in termini di responsabilità e autonomia;

Nel Piano Nazionale per la Formazione dei docenti 2016-2019 si fa esplicito riferimento ad al
modello di progettazione a ritroso, che trova il fondamento pedagogico nelle teorie di
Wiggins e McTighe (2004), come strumento utile per il rafforzamento delle competenze di
base degli studenti.
Questo modello parte dal presupposto di poter sfruttare l’opportunità di valutare prestazioni
e risultati ottenuti durante il percorso formativo degli studenti per progettare l’itinerario
didattico, tenendo fermi i traguardi formativi prefissati.
L’insegnante è un progettista che rispetta le indicazioni sui contenuti che sono stabilite a
livello nazionale, regionale o locale, ma deve affrontare le caratteristiche dei propri studenti
che seguono il percorso di apprendimento. Quindi la programmazione considera sia gli
aspetti contenutistici, che decidono priorità, metodi e opzioni valutative inerenti alla stessa
programmazione, sia le capacità e conoscenze pregresse che influenzano le scelte del
docente.
Secondo questo modello, si lavora in maniera ottimale verso un curricolo di scuola per
competenze quando, partendo dai risultati sperati e dagli standard di contenuto fissati come
traguardo, si procede a ritroso cercando le prove e le evidenze delle prestazioni effettive
degli studenti e ricavando da queste gli elementi necessari alla costruzione del curricolo.
L’apprendimento non può essere considerato realizzato se non quando si verifica una
«comprensione profonda» dell’argomento da parte dello studente.

Il processo di progettazione a ritroso si articola in tre fasi:


● individuazione dei risultati desiderati: si offrono anche dei filtri per stabilire quali
argomenti, idee e processi meritano di essere profondamente compresi;
● raccolta delle evidenze di apprendimento: le prove di verifica e le valutazioni non
possono essere limitate ad un momento finale del processo di apprendimento ma
devono essere svolte anche in itinere lungo tutto il percorso di apprendimento.
Possono essere anche momenti di verifica informale, utilizzando come strumenti
privilegiati i compiti di prestazione/autentici/di realtà (attività complesse che
prevedono la mobilitazione di saperi provenienti da campi disciplinari disciplinari
differenti, organizzare il pensiero, fare ipotesi, collaborare, realizzare un prodotto
materiale o immateriale);
● pianificazione delle esperienze di apprendimento e delle attività di istruzione: l’ultima
fase si intraprende dopo la definizione precisa dei risultati attesi e la rivelazione delle
prove di comprensione profonda degli studenti. Il docente potrà dedicarsi alla scelta
dei materiali didattici, delle strategie d’insegnamento e alla sequenza delle Unità di
apprendimento. Un ruolo fondamentale è svolto dalle domande: sono poste sia
dall’insegnante, sia dallo studente. Le domande sono la guida alla progettazione
delle Unità di Apprendimento, alle quali queste dovranno fornire risposte. Si distingue
tra domande essenziali (connesse alla disciplina di studio, ma molto generali e
sollevano in modo naturale altre domande) e domande guida dell’unità (collegate alla
disciplina, ma più collegate con l’argomento preso in esame e quindi richiedono
risposte più specifiche).

Fine della progettazione a ritroso è la comprensione profonda (autentica), e sono


fondamentali i criteri per stabilire quando una comprensione può essere ritenuta come
autentica e non apparente. Chi ha compreso profondamente deve saper spiegare,
interpretare, applicare, avere prospettiva, empatizzare, avere autoconoscenza.
Le strategie per realizzare la progettazione dell’unità di apprendimento o del corso vengono
sintetizzate dall’acronimo «WHERE», utilizzato per riassumere i punti fondamentali della
progettazione del percorso da parte dell’insegnante secondo le seguenti azioni:
● Where: esplicitare gli obiettivi, le aspettative e la direzione dell’insegnamento;
● Hook: trovare strategie, situazioni e domande che coinvolgano gli studenti;
● Explore, Equip, Experience: permettere agli studenti di esplorare, conferendo giusti
strumenti didattici, per sperimentare le idee, i problemi e le situazioni proposte;
● Rethink: permettere la riflessione e la metacognizione sul processo di
apprendimento;
● Exhibit, Evaluate: indurre a mostrare il prodotto dell’apprendimento, in maniera
autonoma, anche per permettere l’autovalutazione.
Questo modello sfrutta l’idea della progettazione di un curricolo a Spirale, già proposta da
Bruner (1967), ovvero di un percorso che permette di approfondire e ritornare sulle idee in
maniera non sequenziale, attraverso le domande che poste in maniera pianificata possono
consentire di coinvolgere attraverso la formazione di connessioni spontanee da parte degli
studenti, che stimolano e accelerano il processo di apprendimento
Aspetti positivi di questa progettazione sono l’utilizzo di strumenti e metodi già conosciuti da
molti docenti, rielaborandoli in maniera originale. La valutazione delle competenze raggiunte
è fatta in buona parte dallo stesso studente, aumentando la consapevolezza degli
apprendimenti. La criticità maggiore è riscontrabile, come in molti altri sistemi di
progettazione, nell’effettiva attuabilità in toto della strategia a causa del grande impegno in
fase di progettazione e nei tempi di lavoro molto lunghi. Questi oneri però possono essere
condivisi con altri docenti per svolgere una programmazione interdisciplinare efficace.

Il testo è stato dedotto dalla lettura di:


Tessaro, F. : “Metodologia e didattica dell'insegnamento secondario”, 2002
Finazzi, F. : “La progettazione didattica nel Novecento: teorie e problemi” 2018

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