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Pedagogia Generale

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Il rapporto fra Pedagogia e Scienze dell’Educazione

Tale rapporto si viene definendo alla fine


dell’Ottocento con la nascita dei saperi scientifici così
come li conosciamo oggi;
Dewey definisce per primo la Pedagogia come la
Scienza dell’Educazione (1929);
Le Scienze dell’educazione si rafforzano e crescono
durante il Novecento sino a collocarsi al centro della
teorizzazione pedagogica;

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La pedagogia come scienza

La pedagogia è una Scienza: appunto la Scienza dell’Educazione;

Nel corso del Novecento si è parlato di una crescita tanto esponenziale delle
Scienze dell’Educazione da ritenere che potessero essere assunte al posto
della pedagogia stessa: si parla di un collocamento all’interno della
pedagogia stessa;

Nel corso del Novecento si è avuto anche il passaggio da una lettura


specialistica e settoriale dei problemi educativi a un coordinamento
specificamente pedagogico, che implica riflessività, intenzionalità e che si
caratterizza come ricostruzione di una unità di senso e come prospettiva di
generalità;

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Le Scienze dell’Educazione
Le scienze dell’educazione permettono l’analisi pedagogica. Oggi si fa
pedagogia sempre attraverso il riferimento a saperi specifici: sociologici,
psicologici, antropologici, ma anche storici, filosofici, biologici, linguistici;

Le Scienze dell’educazione sono saperi della/per la pedagogia attraverso una


intenzionalità specifica che le percorre mediante una curvatura
formativo/educativa che è il senso, ma anche la guida, orientando e
disponendo tutto secondo il vettore educativo/formativo;

Il sapere pedagogico parte dalle varie scienze, le assume, le orienta, le


dispone secondo il senso educativo/formativo.

Il sapere pedagogico come sapere generale della formazione

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Le Scienze dell’Educazione

Antropologia
Psicologia
Sociologia
Biologia
Linguistica
Storia

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Le Scienze dell’Educazione
I Problemi pedagogici
La scuola
La famiglia
Le Istituzioni
Lo Stato
Il Soggetto/Persona/Individuo

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Le fonti di una Scienza dell’Educazione

Problema di Dewey:
Può esistere una scienza dell’educazione?
Sì, come sapere che applica il metodo scientifico
Metodo Scientifico:
1) Osservazione
2) Astrazione
3) Ipotesi
4) Teoria
5) Verifica
Si parte sempre da Problemi Educativi che pongono, appunto, Problemi.

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Le fonti di una Scienza dell’Educazione
1) L’educazione è per sua natura un circolo o una spirale senza fine

2) essa include in sè la scienza

3) propone nuovi problemi

4) che reclamano “maggior pensiero” e più “vasta scienza”, secondo una


perpetua successione.
Tale scienza è fatta di fonti (scienze) che vanno però raccolte in teorie
educative di cui la filosofia, come pensiero generale dell’educazione, è la
costruttrice, attivando un pensiero antropologico e problematico, sempre

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Le antinomie pedagogiche

Le antinomie formali della pedagogia: scienza e filosofia, teoria e


prassi, teche e arte, sapere razionale e teche;

Le antinomie pratico-teoriche; sono quelle classiche tra educare e


istruire e formare; tra autorità e libertà, tra cultura e professione
nell’istruzione/formazione;

Le antinomie pratico-educative; tra maestro e scolaro, tra genitori


e figli

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Brevi note di Storia della Pedagogia
Prima di introdurre la riflessione sulla figura e le opere di John Dewey (fondatore
della pedagogia moderno, utilizzato nel occidente), è necessario inquadrare il
percorso storico-pedagogico delle idee su cui Dewey elaborò la propria filosofia
dell’educazione e la propria visione pedagogica.
Alcuni autori sono particolarmente determinanti e importanti, appartengono alla
storia della pedagogia, ma anche alla storia dell’educazione del Settecento e
dell’Ottocento
Gli autori:
Jean Jacques Rousseau (Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778)
Johann Heinrich Pestalozzi (Zurigo, 12 gennaio 1746 – Brugg, 17 febbraio 1827)
Friedrich Wilhelm August Fröbel (Oberweißbach, 21 aprile 1782 – Marienthal, 21 giugno 1852)

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Brevi note di Storia della Pedagogia
Jean Jacques Rousseau
(Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778)

Caratteri fondamentali della pedagogia del Settecento


1) Laicizzazione educativa
2) Razionalismo pedagogico
Il Settecento rappresenta lo spartiacque fra il mondo moderno e quello contemporaneo attraverso due cardini: la
laicizzazione, intesa come laicizzazione dell’intellettuale (Illuminismo), ma anche laicizzazione dell’educazione. Si
emancipa dai modelli religioso-autoritari, guarda alla formazione dell’uomo come cittadino, capace di essere “faber
fortunae e suae” , che non assegna ad altri (caste sacerdotali, ordini sociali) il ruolo della propria formazione, ma lo
rivendica per se stesso, sottolineando la libertà di questo processo e ponendo in essa il suo valore finale e supremo.
L’uomo si pensa come capace di libertà e di potenzialità intellettuali.
La pedagogia è l’arte e la tecnica di modellare gli individui conformi quanto possibile all’aspirazione di una ragione
illuminata

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Brevi note di Storia della Pedagogia
La pedagogia del Settecento
Immagine nuova della pedagogia: laica, razionale, scientifica, orientata a valori sociali e
civili, critica verso le tradizioni, le istituzioni, le credenze e le prassi educative, impegnata a
riformare la società anche sul versante educativo.
La pedagogia è critico-razionalistica, capace di rivedere radicalmente i propri principi
tradizionali, di ripensarli “ab imis fundamentis”, organizzandosi come discorso rigoroso
svolto a partire da alcuni principi come l’uomo-buono, l’uomo-macchina, la sensazione.
Investe, tale critica, ogni ambito educativo, dalla famiglia, alla religione, alla società alla
scuola.
L’illuminismo è il volano intellettuale e civile del secolo (Voltaire, Diderot, Montesquieu.
La battaglia contro i Collegi e il panorama variegato e incoerente di scuole e università (1764
la Compagnia di Gesù e il modello della Ratio Studiorum viene espulsa dalla Francia)

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Brevi note di Storia della Pedagogia

Jean Jacques Rousseau


(Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778)
Può essere considerato il padre della pedagogia contemporanea, la figura che ha influito nel modo
più decisivo e radicale sul pensiero pedagogico e può essere ritenuto l’autore che ha maggiormente
indirizzato la storia del pensiero pedagogico; la sua fu una vera e propria rivoluzione copernicana
opponendosi al pensiero pedagogico allora dominante.

Mise al centro della sua teorizzazione il bambino

La riflessione pedagogica non è mai più tornata indietro rispetto a questo assunto fondamentale

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Jean Jacques Rousseau

1) Rousseau si oppose a tutte le idee correnti (della tradizione e del


secolo) in materia educativa: dall’ “uso delle fasce” al ragionare coi
bambini, al primato dell’istruzione e della formazione morale; dice
anche che i bambini devono riflettere e capire ( sono in grado di capire )
2) Elaborò una nuova immagine dell’infanzia, vicina all’uomo di
natura, buono e animato dalla pietà ( va verso il bene ), socievole, ma
anche autonomo, come articolata in tappe evolutiva (dalla prima
infanzia all’adolescenza) tra loro assai diverse per capacità cognitive e
atteggiamenti morali
No scuole, non dovevano apprendere poi quando diventi grande capisci
A scuola imparare cose a memoria

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Jean Jacques Rousseau

3) teorizzò una serie di modelli educativi (due


soprattutto: uno rivolto a l’uomo e uno al
cittadino) posti insieme come alternativi e
complementare come vie possibili per attuare il
rinaturamento dell’uomo, cioè il restauro di un
uomo sottratto all’alienazione e al
disorientamento interiore che ha assunto dalle
società opulente ricche e dominate dai falsi
bisogni.
Stretto legame tra pedagogia e politica ( ripresa del concetto di uomo )

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Jean Jacques Rousseau

Politica e pedagogia sono strettamente unite in


Rousseau: sono l’una il presupposto e il
completamento dell’altra, insieme rendono possibile
la riforma integrale dell’uomo e della società,
riconducendola verso il recupero della condizione
naturale, cioè per vie artificiali e non ingenue,
attivate da un autentico sforzo razionale. La
pedagogia in Rousseau fa parte di un disegno assai
complesso di filosofia della storia (fondata sul
principio di decadenza) e di riforma antropologico-
sociale a cui il filosofo dedicò tutte le sue opere

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Jean Jacques Rousseau

In Rousseau troviamo un unico grande


problema antropologico-politico (far uscire
l’uomo dal “male” e attivare le vie per
realizzare questo rimedio) al cui centro si
colloca la stessa pedagogia, articolata in
varie forme, ma sempre essenziale per
avviare il ritorno dell’uomo e della società
verso la condizione naturale

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Jean Jacques Rousseau
1712 nasce a Ginevra in una modesta famiglia (perde la madre che muore di febbre puerperale e
viene allevato dal padre fino all’età di 10 anni)
1735-1739 Savoia - Les Charmettes Madame de Warens (prima formazione culturale: storia,
letteratura, filosofia, musica)
1740 precettore a Lione
1742 a Parigi e 1743 a Venezia
1743 di nuovo a Parigi dove conosce i Philosophes, Diderot, e si lega sentimentalmente alla
popolana Therese Levasseur, collabora con l’ “Enciclopedia”
1750 “Discorso sulle Arti e sulle Scienze” vince il premio dell’Accademia di Digione e inizia a
scrivere
1754 compone il “Discorso sulle origini dell’ineguaglianza”
1756 lavora al romanzo “La nuova Eloisa” uscito nel 1760
1762 pubblica “Il contratto sociale” e “Emilio”
sia il Contratto che l’Emilio vengono condannati a Parigi e Rousseau è costretto a fuggire in
Svizzera iniziando una lunga fase di peregrinazioni e di conseguente alterazione dell’equilibrio
psichico.
Stende le “Confessioni” e “Fantasticherie del passeggiatore solitario”
1778 muore a Ermenonville dove viene sepolto

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Jean Jacques Rousseau

Il pensiero pedagogico di Rousseau può


essere articolato secondo due modelli, quello
dell’Emilio, in cui sono centrali la nozione di
educazione negativa e di educazione
indiretta, come pure il ruolo che assume
l’educatore, e quello del Contratto, che
verte su un’educazione totalmente regolata
dall’intervento dello stato.
Sono due modelli alternativi(su due piani
diversi) e complementari
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Jean Jacques Rousseau

Emilio fu composto da Rousseau nel corso di circa 10 anni


1753-54/1762.

L’opera è un romanzo pedagogico e un manifesto educativo,


è però anche un trattato di antropologia filosofica, in
quanto espone un ben chiaro modello di uomo naturale,
razionale e morale oltre che l’itinerario della sua
formazione. Risulta anche un testo politico (libro V).

Pur messo all’indice divenne ben presto un romanzo alla


moda e diffuso in tutta Europa.
Vede la pedagogia e la politica strettamente collegati che porta al miglioramento
della società
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Jean Jacques Rousseau

il tema fondamentale dell’Emilio consiste nella teorizzazione di


una educazione dell’uomo in quanto tale (e non dell’uomo come
cittadino) attraverso un suo ritorno alla natura, cioè alla
centralità dei bisogni più profondi ed essenziali del fanciullo, al
rispetto dei suoi ritmi di crescita e alla valorizzazione delle
caratteristiche dell’età infantile.

Al centro del metodo educativo ci deve essere il fanciullo

L’educazione deve avvenire in modo naturale, lontano dagli


influssi corruttori dell’ambiente sociale e sotto la guida di un
pedagogo illuminato che orienti il processo formativo verso
finalità che rispecchino le esigenze della stessa natura.

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Jean Jacques Rousseau

Concetto di natura in Rousseau

1) natura come opposizione a ciò che è sociale

2) natura come valorizzazione dei bisogni spontanei dei fanciulli e dei


liberi processi di crescita

3) natura come esigenza di un continuo contatto con l’ambiente fisico


non urbano e quindi più genuino

Si tratta di attuare un naturamento dell’uomo, capace di rinnovare la


società europea moderna arrivata ad uno stadio di corruzione ed
evoluzione che ne rende impossibile la riforma politica secondo il
modello del piccolo stato repubblicano-democratico.

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Jean Jacques Rousseau

La pedagogia di Rousseau
1) La scoperta dell’infanzia come età autonoma e dotata
di caratteri e finalità specifiche, assai diversi da quelli
dell’età adulta: puerocentrismo
2) legame tra motivazione e apprendimento messo al
centro della formazione intellettuale e morale di Emilio:
riferimento costante all’esperienza concreta:
apprendimento motivato
3) attenzione rivolta sempre alla antinomicità e
contraddittorietà della relazione educativa
(eteronomia/autonomia; libertà/autorità;): antinomie
dell’educazione
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Jean Jacques Rousseau

L’obiettivo è quello di formare un uomo:

“Vivere è il mestiere che gli voglio insegnare. Uscendo dalle mie


mani, egli non sarà, ne convengo, né magistrato, né soldato, né
prete; sarà prima di tutto un uomo: tutto quello che un uomo deve
essere, egli saprà esserlo, all’occorrenza al pari di chiunque; e per
quanto la fortuna possa fargli cambiare condizione, egli si troverà
sempre nella sua” Emilio, libro I

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Jean Jacques Rousseau

I libri sono 5
I libro: età infantile
II libro: puerizia dai tre ai dodici anni
III libro: preadolescenza “l’età dell’utile”
IV libro: adolescenza “seconda nascita”
V libro: storia dell’amore fra Sofia ed Emilio

Educazione naturale
Educazione negativa
Educazione indiretta

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John Dewey e l’innovazione pedagogica

John Dewey (20 ottobre 1859 - 1 giugno 1952) è

stato un filosofo statunitense che ha esercitato


una profonda influenza sulla cultura, sul costume
politico e sui sistemi educativi del proprio paese;
pedagogista, scrittore e professore universitario.

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Brevi note su John Dewey
• Nacque il 20 ottobre 1859 a Burlington (Vermont), dove ricevette
l'educazione tipica dei borghesi del tempo. Studiò filosofia alla
John Hopkins University (Baltimora), dove ricevette una formazione di tipo
neohegeliano, si laureò con una tesi su Immanuel Kant nel 1884.
• Mentre gli Stati Uniti attraversavano una fase di enorme sviluppo economico
dopo aver insegnato alla Michigan University a Detroit, divenne docente all'
Università di Chicago nel 1894, dove due anni dopo fondò un'annessa scuola-
laboratorio elementare. Qui seguì i principi dello strumentalismo e la sua
scuola potè annoverarsi fra le Scuole Nuove.
• A causa dei contrasti generati dalle sue posizioni anticonservatrici, nel 1904
fu costretto a trasferirsi alla Columbia University di New York. Qui creò una
nuova scuola sperimentale finanziata dai genitori degli alunni. Abbandonò
l'insegnamento nel 1930, per dedicarsi allo studio. Morì a New York nel 1952.

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Brevi note su John Dewey

La formazione di Dewey è stata fortemente


influenzata dal pragmatismo americano e dall'
evoluzionismo di Darwin: il pragmatismo era una
corrente filosofica tipicamente americana
secondo la quale la verità si identificava con le
esperienze concrete e le operazioni a esse
collegate, per i filosofi di questa corrente il
pensiero è un processo attivo che dipende da un
comportamento e da una credenza.
 

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Il concetto di esperienza

Il pensiero filosofico e pedagogico di Dewey si basa su una concezione


dell'esperienza come rapporto tra uomo ed ambiente, dove l'uomo non è uno
spettatore involontario ma interagisce con ciò che lo circonda. Il pensiero
dell'individuo nasce dall'esperienza, quest'ultima intesa come esperienza
sociale. L'educazione deve aprire la via a nuove esperienze ed al potenziamento
di tutte le opportunità per uno sviluppo ulteriore.

L'individuo è costante con il suo ambiente, reagisce ed agisce su di esso.


L'esperienza educativa deve quindi partire dalla quotidianità nella quale il
soggetto vive. Successivamente ciò che è stato sperimentato deve
progressivamente assumere una forma più piena ed organizzata. L'esperienza è
realmente educativa nel momento in cui produce l'espansione e l'arricchimento
dell'individuo, conducendolo verso il perfezionamento di sé e dell'ambiente. Un
ambiente in cui vengono accettate le pluralità di opinioni di diversi gruppi in
contrasto tra loro, favorisce lo sviluppo progressivo delle caratteristiche
dell'individuo.
 
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La democrazia
Dewey affronta il concetto di 'democrazia' anzitutto nei
suoi aspetti culturali, che sviluppa a partire da una
personale rilettura dell'opera di Emerson, che Dewey in
un articolo del 1903 considera l'autentico "filosofo della
democrazia". Da qui deriva una rilettura radicale
dell'idea stessa di democrazia. L'ambiente sociale che
Dewey identifica come il mezzo costruttivo per lo
sviluppo delle energie individuali è la società
democratica. In democrazia è richiesta la collaborazione
di tutti per il bene della società, in quanto i sistemi
democratici hanno il vantaggio di essere in perenne stato
di crisi e necessitano di una continua disponibilità al
cambiamento. 30
La Scuola e la Società

Anche il pensiero pedagogico di Dewey risente


degli influssi di Emerson. Dewey applica il suo
pensiero filosofico, basato sull'esperienza,
all'insegnamento scolastico. Le esperienze non
vengono imposte dall'insegnante ma nascono dagli
impulsi naturali degli alunni ed il compito
dell'educatore è quello di assecondare tali
impulsi per sviluppare nell'alunno una nuova
esperienza.

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La scuola

La scuola è un'istituzione sociale, che rappresenta la vita


attuale. Riprende quelle che sono le attività quotidiane per
rendere partecipe il fanciullo alle abitudini della vita familiare
ed assicurargli un'adeguata integrazione sociale. L'
industrializzazione ha allontanato il giovane dalle esperienze di
partecipazione al processo lavorativo, per cui la scuola ha il
compito di introdurre il lavoro come fattore formativo, al fine
di assicurare un'attiva vita in comune e un apprendimento
pratico di cose reali.
 

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La Scuola
La scuola è definita come attiva (attivismo pedagogico) in
quanto il bambino, che viene a contatto con una delle difficoltà
che il mondo gli pone, tenta di agire su di esso e cerca di
reagire alle conseguenze che derivano dalle sue azioni. Il
bambino mette in atto le sue strategie, elabora congetture per
verificare o falsificare le sue ipotesi.
La scuola di Dewey è chiamata anche progressiva in quanto
l'attività che si svolge al suo interno, presuppone uno sviluppo
progressivo. La scuola deve rappresentare per il bambino un
luogo di vita: quella vita sociale che deve svilupparsi per gradi,
partendo dall'esperienza acquisita in famiglia e nell'ambiente
sociale in cui egli vive.
La scuola è attiva e progressista. Si studiano i metodi e non33
solo i contenuti. Non le nozioni, ma la ricerca.
L’età evolutiva
Anche Dewey come la maggior parte dei pedagogisti
moderni divide l'età evolutiva in tre fasi:
Dai 4 agli 8 anni prevalgono nel bambino gli istinti e i
bisogni in modo spontaneo che si manifestano con il
gioco e l'attività ludica.
Dai 9 ai 12 anni il bambino frequenta la scuola primaria
che è basata sul lavoro per permettere al soggetto di
acquisire le abitudini culturali della società in cui vive.
Dai 12 ai 14 anni all'alunno viene data la possibilità di
ampliare le sue conoscenze astratte attraverso lo studio
in biblioteca e laboratorio all'interno della scuola media.
 

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L’attivismo pedagogico e la Pedagogia del Novecento

Caratteri della Pedagogia del Novecento


1) Affermarsi delle Scienze dell’Educazione e lo
sviluppo dell’epistemologia pedagogica
2) Costituirsi di un modello di pedagogia critica
3) Sviluppo della pedagogia sociale
Caratteri della Pedagogia come Pratica
2) Alfabetizzazione (la scuola e le istituzioni)
2) Cultura di massa (la scuola e i saperi)
3) Educazione per tutta la vita (oltre la scuola)
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L’attivismo pedagogico
• Puerocentrismo (il bambino, i suoi bisogni e le sue capacità)
• Insegnante come guida

• Importanza della psicologia (il fare che deve precedere il


conoscere, che si evolve dal globale al distinto e che matura su un
piano operatorio [Piaget])
• Intelligenza operativa

• Apprendimento che pone al centro l’ambiente e non il sapere


codificato e reso sistematico
• Legame Interesse-Bisogni
• Legame Insegnamenti-Vita

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Le Scuole nuove

Alla base di innovativi e rivoluzionari esperimenti educativi si


pongono, da una parte, le scoperte della psicologia (che aveva
sancito la radicale differenza della psiche del bambino da quella
dell’adulto) e il movimento di emancipazione di larghe masse
popolari nelle società occidentali, che mutava profondamente il
ruolo della scuola e il suo profilo educativo non più
esclusivamente elitario.

Le scuole nuove avviarono una serie di richieste nel campo


dell’istruzione che trasformarono la scuola nel suo aspetto
organizzativo e istituzionale, ma anche sul versante degli ideali
formativi e degli obiettivi culturali.

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Le Scuole nuove

Carattere dominante delle Scuole nuove che si diffusero in Europa


e negli Stati Uniti d’America è “l’attività del bambino”.
L’infanzia è un’età pre-intellettuale e pre-morale, dove i processi
cognitivi si intrecciano strettamente all’operare e al dinamismo,
anche motorio, oltrechè psichico del bambino.
Il bambino è spontaneamente attivo e necessita di essere liberato
dai vincoli imposti dalle educazioni scolastiche e familiari, deve
manifestare liberamente le proprie inclinazioni primarie.
La vita della scuola deve essere allontanata dall’ambiente
artificiale e costrittivo della città, l’apprendimento deve avvenire
a contatto con l’ambiente esterno, alla cui scoperta il bambino è
naturalmente interessato.

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Le Scuole nuove

Attività di manipolazione
Attività non solo intellettuali
Attività che uniscono azione e conoscenza
Attività intellettuale e attività pratica
Scuola attiva (dal nome dato da Pierre Bovet)

Scuole nuove come voce di protesta contro la società tecnologica


e industriale, ispirate ad ideali di cittadinanza attiva e di
partecipazione sociale e politica, sostengono una visione
dell’uomo connessa all’autonomia di coscienza e alla libertà
personale

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Le Scuole nuove

Inghilterra: Cecil Reddie (1858-1932) che a Abbotsholme nel


1889 aprì una scuola per ragazzi dagli 11 ai 18 anni.
Svolgimento armonico di tutte le Facoltà umane per essere in
grado di assolvere a tutti gli scopi della vita.

Francia: Edmond Demolins (1852-1907) che in Normandia nel


1899 fondò la sua Ecole des Roches
La scuola è posta in un parco selvaggio dove i fanciulli si
muovono in libertà e abitano in case confortevoli.
Si valorizzano le attività pratiche e ha un carattere elitario.

40
Le scuole nuove

Germania: Hermann Lietz (1868-1910) e le sue Case in


campagna;
Gustav Wyneken 81875-1964) e Georg Kerschensteiner (1854-
1932). Introduzione del lavoro nell’educazione del bambino.
Lavoro non fine a se stesso ma “deve badare al fatto che le
rappresentazioni dei fini dell’azione producano una reazione di
natura obiettiva, una reazione rivolta a un valore obiettivamente
pregevole o eterno, a un valore di verità, di moralità, di bellezza,
di liberazione, in breve a un valore di ordine e di coerenza
spirituale per amore dell’ordine e della coerenza spirituali in se
stessi”
Il lavoro è educativo quando risulta pienamente consapevole delle
finalità proprie. La scuola e il senso del lavoro e del rispetto per
gli altri. 41
Le scuole nuove

In Italia:
La Scuola serena di Giuseppe Lombardo Radice

Maria Boschetti Alberti (1884-1951) che operò a Muzzano e ad


Agno nel Canton Ticino
Rosa Agazzi (1866-1951) che operò a Monpiano, Brescia, con la
sorella Carolina (1870-1947)
Giuseppina Pizzigoni (1870-1947) che fu la creatrice della
“Rinnovata” nel quartiere della Ghisolfa a Milano dal 1911.

Robert Baden Powell (1857-1941) nel 1908 invento i “Boy-


Scouts”.
42
L’attivismo pedagogico

Temi della Pedagogia dell’attivismo


1) Puerocentrismo, ruolo attivo del bambino nel processo
educativo;
2) Valorizzazione del fare nell’ambito dell’educazione infantile;
3) Al centro le attività manuali, il gioco e il lavoro;
4) La Motivazione: ogni apprendimento reale deve essere
collegato ad un interesse da parte del fanciullo e quindi deve
essere mosso da una sollecitazione dei suoi bisogni emotivi,
pratici e cognitivi;
5) La centralità dello studio di ambiente: dalla realtà che lo
circonda il bambino trae gli stimoli per apprendere;
6) L’antiautoritarismo;
7) L’anti-intellettualismo 43
L’attivismo pedagogico

I grandi maestri teorici dell’attivismo vanno riconosciuti in

Dewey
Decroly
Claparède
Ferrière
Maria Montessori

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Scuola e Società
John Dewey
pubblicato nel 1899, si suddivide in 8 capitoli e una appendice

I temi:
La scuola e il progresso sociale
La scuola e la vita del fanciullo
Sperperi nell’educazione
Psicologia dell’istruzione elementare
I principi educativi di Froebel
La psicologia delle occupazioni
Lo sviluppo dell’attenzione
Lo scopo della storia nell’istruzione elementare
45
Scuola e Società
John Dewey
Alcuni fili conduttori:

L’educazione e la matrice sociale


L’educazione e l’ambiente culturale (lo sviluppo industriale)
Il lavoro manuale e gli apprendimenti

Imparare facendo: attenzione, osservazione, memoria, linguaggio

La trasformazione sociale ed economica come trasformazione


educativa

46
Scuola e Società
John Dewey
Alcuni fili conduttori:
Il rapporto fra lavoro e scuola: il lavoro come metodo per la vita,
non come insegnamenti disciplinari.

A scuola: ambiente sociale senza condizioni di socialità.


Ambiente artificiale e ambiente naturale

La vita in comune e lo spirito di cooperazione sociale


La geografia e le discipline che da esse ne derivano.
Il lavoro come punto di partenza per l’apprendimento della storia,
della biologia, della matematica, dell’arte.

47
Scuola e Società
John Dewey
Capitolo II

La relazione della scuola con la vita e lo sviluppo dei ragazzi nella


scuola.

La scuola e l’ascolto: importanza dell’ascoltare secondo il senso


deweyano. L’ascolto è alla base della didattica e dell’educazione

L’apprendimento informale familiare attraverso la conversazione,


La generalizzazione della vita scolastica.
Imparare e vivere, ma prima si vive e poi si impara

48
Scuola e Società
John Dewey
Capitolo II

Istinto sociale: il linguaggio


Istinto del fare: il gioco
Istinto dell’investigazione: l’esperimento
Istinto Artistico: L’arte

L’interesse per la conversazione e la comunicazione;


L’interesse per l’indagine o la scoperta;
L’interesse per la fabbricazione o la costruzione;
L’interesse per la produzione artistica
49
Scuola e Società
John Dewey
Capitolo III
Sperperi nell’Educazione

1) La prima lezione ha trattato della scuola nei suoi aspetti


sociali, e delle necessarie trasformazioni che vi si devono fare
per renderla efficace nelle condizini presenti della società.
2) La seconda ha studiato la scuola in relazione con lo
svolgimento dei ragazzi singolarmente
3) La terza si occuperà ora della scuola come istituzione in
rapporto tanto con la società quanto con i suoi membri

50
Scuola e Società
John Dewey
Capitolo III
Sperperi nell’Educazione

Ci si occuperà di educazione e dello spreco di vite umane che una


cattiva organizzazione comporta: organizzare comporta promuovere
economia ed efficienza.

L’organizzazione che si considera è quella della scuola stessa come


comunità di individui oltrechè “sistema scolastico”, edificio
scolastico, provveditore agli studi, Ufficio scolastico Regionale,
carriera dei maestri, etc.

Organizzare significa fare in modo che si operi con facilità,51


flessibilità e pienezza
Scuola e Società
John Dewey
Il ragazzo deve recare a scuola tutte le esperienze che ha fatto fuori di essa, ma
al contempo deve lasciare al scuola, al termine del percorso di studi, recando
con sé qualcosa da adoperare immediatamente nella vita quotidiana.

Tutte le parti del sistema scolastico dovrebbero essere collegate.


La parte inferiore del sistema dovrebbe essere collegata a quella superiore.
Se nell’Università il ruolo dell’Indagine e della scoperta scientifica è
prioritario, ciò dovrebbe avvenire anche nei gradi inferiori della scuola,
affinché l’alunno sappia discernere la verità dalla banalità.

Dunque, è necessario un collegamento denso e forte fra la parte più progredita


del sistema educativo e quella più di base (pp. 51-55)

52
Scuola e Società
John Dewey
• Scuole tecniche, • Industrie
Laboratori di ricerca tessili
• Officine

Bibliotec Bibliotec
a a

Bibliotec Bibliotec
a a
• Università,
Biblioteca, Museo • Cucin
• Stanza da pranzo
a 53
Scuola e Società
John Dewey
• Laboratori di Ricerca • Laboratori di
• Laboratori di Fisica e Biologia
di Chimica

Museo Museo

Museo Museo
• Università,
Biblioteca, Museo • Music
• Arte
a 54
La scuola di Dewey
Collegate la scuola alla vita e
tutti gli studi saranno collegati fra di loro

La scuola
collegata alla
vita

L’esperienza
avrà il L’esperienza
proprio lato imparata dal
bambino in
artistico, famiglia deve
geografico, essere
letterario, trasferita a
scientifico e scuola
storico

Gli
La scuola apprendimenti
deve essere a scuola
un tutto devono essere
organico introdotti nella
vita quotidiana
La scuola e il rapporto con l’Università

• La scuola come laboratorio


• La scuola e lo sviluppo del pensiero educativo
• La scuola come laboratorio di psicologia applicata
• Una scuola così è una scuola che deve considerare i
principi dell’educazione infantile alla luce dei principi
dell’attività intellettuale e dei processi di sviluppo resi
noti dalla psicologia odierna
• L’importanza delle emozioni
• Lo spirito in sviluppo: la ripartizione cronologica
dell’apprendimento
I Principi di Froebel applicati alla scuola di Dewey

1) Il principale compito della scuola è educare i ragazzi a una


vita di cooperazione e di reciproco aiuto, a promuovere in
loro consapevolezza dell’interdipendenza e ad aiutarli
praticamente a compiere quegli adattamenti che
tradurranno tale spirito in atti espliciti.

2) La radice principale di ogni attività educativa è riposta


nelle attività istintive e impulsive del fanciullo; dunque il
gioco, ma anche ogni altra attività istintiva possono essere
considerate educative

3) Le attività e le tendenze individuali devono mantenere la


vita di cooperazione e riprodurre le attività vitali dell’uomo
nella cooperazione sociale
La psicologia delle occupazioni

Il metodo

Il lavoro e la pratica: intendo per occupazione un modo di


attività da parte del fanciullo che riproduce qualche forma
di lavoro attuata nella vita sociale o che si svolge parallela a
questa. Lavoro in officina, lavoro con legname e arnesi

Il lavoro mantiene un equilibrio fra la fase intellettuale e


quella pratica dell’esperienza. Lo mantiene anche in senso
etico.

L’occupazione è distinta dalla attività che educa ad un


mestiere. Ne differisce perché ha il proprio fine in se stessa
«In sette anni di scuola popolare […] ho badato solo a non dire stupidaggini, a non lasciarle
dire e a non perdere tempo. Poi ho badato a edificare me stesso, a essere io come avrei voluto
che
diventassero loro. Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio a
averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le
materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non
dovrebbero preoccuparsi di cosa bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere
per fare scuola» Milani L., Esperienze pastorali, Firenze, LEF, 1958, pp. 238-240

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