CAPITOLO 1.
L’insegnate che usa l’approccio comportamentista, usa una modalità di lavoro che
prevede una sequenza di micro unità di insegnamento, all’interno delle quali sono
richiesti tre elementi, emissione del comportamento richiesto (informazione e
quesito), comportamento dell’allievo (risposta operativa), rinforzo di quest’ultimo
(feedback).
L’insegnate si occupa anche della MOTIVAZIONE all’apprendimento, agendo su
di essa attraverso opportuni stimoli rinforzanti.
Il comportamento da apprendere viene separato dai contenuti disciplinari e
incentivato di per sé. Restano in secondo piano anche l’attenzione al linguaggio e
alla comunicazione in classe.
In Italia i principi dell’istruzione programmata iniziarono a diffondersi negli anni 70
del 900.
Molta attenzione è stata posta alle differenze individuali, e ai diversi stili cognitivi
dei soggetti. Sono stati individuati i seguenti:
Visuale/verbale: a seconda che un sogg ricordi meglio le info presentate con
immagini o parole
Globale/analitico: a seconda che in una situazione il sogg presti maggiore
attenzione ai dettagli o abbia una visione d’insieme
Impulsivo/riflessivo: a seconda che il sogg tenda a rispondere con velocità a
un compito o abbia tempi di elaborazione più lunghi.
Metà anni 70 comincia a diffondersi negli USA una nuova area di indagine che
prende il nome di METACOGNIZIONE.
Ci sono due modelli per la metaognizione, uno di Flavell e Wellman (1977) e
uno della Brown (1978). Flavell prevede 4 tipi di conoscenze metacognitive:
Quelle che il sogg possiede su di sè
Quelle che possiede sull’obiettivo del compito
Quelle inerenti il tipo di materiale
Quelle relative alle strategie
Interventi di questo tipo devono essere integrati con quelli di tipo metacognitivo,
volti a favorire un ruolo attivo dello studente nel gestire il proprio processo di
apprendimento.
È importante creare un contesto di apprendimento efficacie per cui si deve fornire
agli studenti compiti e problemi rappresentativi delle diverse situazioni alle quali
gli allievi dovranno applicare le loro conoscenze. Inoltre si deve fornire agli allievi
occasioni per entrare in contatto e poter osservare gli esperti, come l’insegnante, e
si devono organizzare situazioni di dialogo nella classe per discutere sulle strategie
e sui processi di risoluzione messi in atto. È importante che l’insegnate fornisca
feedback frequenti, dopo l’esecuzione del compito non solo in termini di risultato
ma anche per le procedure utilizzate.
PIAGET (1896)
Lo sviluppo cognitivo rappresenta l’evoluzione dello sviluppo biologico e
considera quindi l’intelligenza come una forma particolare di attività biologica con
una funzione di adattamento.
Nello studio dell’intelligenza secondo lui necessario tener conto di aspetti
funzionali e strutturali, i primi descrivono come opera la mente nell’attività di
conoscenza, i secondi sono il risultato del funzionamento della nostra mente. La
mente grazie al suo modo di funzionare costruisce delle strutture cognitive, cioè
sequenze di operazioni che ci servono per la conoscenza della realtà.
Piaget individua due aspetti funzionali che definisce invarianti perché operano
sempre allo stesso modo durante lo sviluppo:ù
Le strutture cognitive vengono modificate dal soggetto nel corso del suo sviluppo,
Piaget individua tre periodi dello sviluppo cognitivo:
PERIODO SENSOMOTORIO (0-18/24 mesi)
L’intelligenza si organizza in forma pratica, attraverso le azioni eseguite
concretamente sugli oggetti
VYGOTSKIJ (1896)
Anche per Vygotskij è importante capire come la mente si sviluppa per poterne
capire il funzionamento. Lui individua 4 ambiti che concorrono nella sua
formazione:
Lo sviluppo della specie (dominio filogenetico)
Sviluppo storico e culturale dell’umanità (dominio storico-culturale)
Sviluppo del singolo individuo (dominio ontogenetico)
Sviluppo di ciascun processo psicologico (dominio microgenetico)
Per cui quando parliamo dello sviluppo del singolo individuo, dobbiamo tenere
conto dei processi di cambiamento che agiscono su tutti gli altri piani.
Secondo lui la capacità del bambino di dirigere e controllare il proprio
comportamento è un aspetto fondamentale dello sviluppo, reso possibile
dall’emergere di nuove forme e funzioni psichiche e dall’uso di segni e strumenti.
CAPITOLO 2.
TEORIE PIU’ RECENTI SULL’APPRENDIMENTO BRUNER
GARDNER
TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE va a contrastare l’approccio
psicometrico che fino a quel momento aveva studiato l’intelligenza, la quale era
considerata come una facoltà unitaria che può essere misurata attraverso test e alla
quale può essere attribuito un punteggio. È in contrapposizione anche con l’idea
piagetiana di intelligenza.
Gardner la definisce invece come una capacità di risolvere problemi o creare
prodotti che sono apprezzati all’interno di uno o più contesti culturali. Lui sostiene
che ci siano 8 tipi di intelligenze:
L’approccio di Gardner è stato utilizzano nelle scuole dell’infanzia dal 1991, nelle
quali infatti si riscontrano i diversi “angoli” in cui il bambino può mettere in atto
attività diverse con strumenti diversi.
È utilizzano anche a nelle scuole elementari in cui l’insegnante considera le varie
discipline come diversi linguaggi attraverso cui esprimere il sapere e come
procedure per sviluppare la conoscenza.
Gardner è consapevole che il soggetto ha inclinazioni personali e predisposizioni
verso un’intelligenza piuttosto che un’altra, per questo la scuola deve riconoscere e
valorizzare le diverse intelligenze. Questo può essere fatto garantendo un’offerta
formativa ampia che abbracci tutti gli aspetti della nostra cultura, utilizzando
discipline attraverso molteplici approcci in modo che gli alunni possano apprendere
in modi diversi, e tenere conto valorizzando le differenze di soggetti provenienti da
diverse culture che probabilmente hanno sviluppato forme di intelligenza diverse
dalla nostra.
Nella sua applicazione in campo educativo, prevede la presenza oltre che di alunni
e insegnanti, anche di esperti esterni alla scuola, scelti in base all’attività che deve
essere svolta, che sono disponibili a rispondere ad eventuali domande.
Periodicamente questi affiancano l’insegnante e propongono nuovi argomenti.
Gli studenti sono chiamati a fare compiti diversi:
- analizzare fonti diverse
- fare esperimenti
- produrre materiali utilizzando diversi strumenti
- spiegare e commentare i propri lavori
- fare da consulenti e supervisori del lavoro altrui
CAPITOLO 3.
MOTIVAZIONE AD APPRENDERE
APPROCCIO COMPORTAMENTISTA
Il cardine centrale è il rinforzo che secondo la teoria comportamentista garantisce
un comportamento adeguato e ottimale. Ad esempio rinforzo lo studente attraverso
uno stimolo esterno (voti elevati, premi o elogi), per garantire un comportamento di
studio motivato.
Il limite di questo approccio è quello di legare in modo eccessivo lo studio al
rinforzo esterno, gli studenti non colgono l’importanza dello studio in sé, manca il
gusto di studiare per conoscere qualcosa di nuovo.
Ford sostiene che dare ricompense diminuisca la motivazione intrinseca, soprattutto
quando crea conflitti di obiettivi. Ad esempio la ricompensa può essere vista come
un modo per controllare il comportamento, oppure distrare la persona dall’obiettivo
principale, o ancora altera il significato psicologico del compito spingendo la
persona a svalutare gli obiettivi principali per i quali si dovrebbe impegnare.
APPROCCIO COGNITIVISTA
La Teoria dell’attribuzione causale di Weiner (1985) si focalizza sul processo
cognitivo attraverso cui le persone individuano i motivi che gli fanno comprendere da
cosa deriva la riuscita o il fallimento delle proprie azioni. Il soggetto ha bisogno di
comprendere la realtà che lo circonda, questo gli permette di controllare meglio ciò
che accade. Ognuno di noi ha un proprio “stile attributivo” con il quale spiega i
propri comportamenti e i propri esiti. Queste spiegazioni influenzano ciò che accadrà
in futuro, ad esempio se uno attribuisce al suo fallimento mancanza di abilità, potrà
sentirsi inadeguato e non impegnarsi a sufficienza in un compito successivamente.
Si parla di LOCUS OF CONTROL che può essere di due tipi, interno quando si
attribuisce a sé stessi sia il fallimento che la riuscita, ed esterno quando si
attribuisce agli altri, il risultato raggiunto.
Sono stati individuati 8 motivi di attribuzione: tenacia, abilità, impegno, tono
dell’umore, pregiudizio di chi valuta, difficoltà del compito, aiuto e fortuna.
Questi fattori possono essere percepiti come stabili o meno, quindi che possono
modificarsi nel corso del tempo, oppure percepiti come controllabili o meno.
Questa teoria può apparire rigida, ma consente di evidenziare e anche prevedere
come il soggetto si comporterà di fronte ad una determinata situazione di successo
o fallimento, se continuerà ad impegnarsi in quell’attività oppure abbandonerà il
compito. Se ad esempio i successi sono attribuiti a cause che l’individuo colloca al
suo interno, questa interpretazione aumenterà la stima di sé, mentre se gli
insuccessi sono attribuiti internamente proverà maggiore senso di delusione e
vergogna che se la loro attribuzione fosse esterna, il fallimento a quel punto non
dipenderebbe più dal soggetto ma da cause esterne.
Il compito dell’insegnante è quello di attivare nell’alunno processi di riflessione sul
proprio stile attributivo, verificando se questo sia adeguato o meno, e nel caso
aiutare e indirizzare l’alunno verso una sua modifica. Lo stile attributivo può essere
identificato attraverso appositi questionari. Nel processo di cambiamento dello stile
attributivo è necessario che l’insegnate riconosca l’autonomia dell’alunno in
termini di tempo e modo di cambiamento, e che dimostri che in quella determinata
situazione il nuovo stile attributivo è migliore del precedente.
Teoria dell’intelligenza
di Dweck (1999) Ci sono due
modi di reagire all’insuccesso:
- impotenza appresa: le difficoltà sono percepite come insormontabili e gli
errori dipendono dalla mancanza di abilità di sé stessi.
- Atteggiamento più positivo nei confronti dell’insuccesso che viene
considerato come una sfida a migliorarsi.
L’APPROCCIO SOCIO-CULTURALE:
Secondo questa prospettiva la motivazione viene studiata ponendo l’accento
sull’individuo nella sua interazione con gli altri e più in generale con il contesto. Nella
prospettiva cognitivista si interviene valorizzando l’interazione sociale sui processi
interni del soggetto, mentre nella prospettiva socioculturale non c’è apprendimento
senza interazione con un partner che concorre a costruire la conoscenza.
Wigfield, Eccles e Rodriguez dicono che ad influenzare la motivazione concorrono
più aspetti tra cui:
- Aspetti di tipo organizzativo:
~ il clima della classe della scuola: la personalità dell’insegnante e del calore
nella relazione con gli allievi, così come le pratiche didattiche e le credenze
dell’insegnante, hanno un ruolo importante. In particolare la soddisfazione
degli studenti e la riuscita a scuola sono massimizzati se al sostegno
dell’insegnante si accompagna un’organizzazione delle lezioni ben centrate
sugli obiettivi. In secondo luogo il clima della scuola cambia in relazione a
quanto gli insegnanti si sentono efficaci e questo incide sulla motivazione
degli insegnanti e degli studenti
~ la definizione degli obiettivi: ci sono tre strutturazioni dell’attività in classe
in relazione agli obiettivi: ci sono strutture individualizzate che sono quelle in
cui ogni studente è valutato in base alla sua prestazione personale, ci sono
strutture competitive in cui tutti gli studenti devono raggiungere un unico
obiettivo e quindi entra in gioco la competizione e poi ci sono le strutture
cooperative in cui i membri del gruppo condividono successi e fallimenti e
quindi o si vince o si perde insieme. Nelle strutture individualistiche c’è un
orientamento motivazionale verso gli obiettivi di padronanza per migliorare le
proprie abilità, nelle strutture cooperative c’è lo sforzo condiviso e
l’interdipendenza tra gli studenti, infine nelle strutture competitive gli studenti
si focalizzano sull'auto valutazione delle proprie abilità.
~ le pratiche di raggruppamento degli alunni in base alle abilità: gli studenti
vengono motivati a imparare se il materiale o l’attività verranno adeguati al
loro livello di competenza e quindi gli studenti collocati nei gruppi di coloro
che hanno alte abilità ottengono buone prestazioni.
- Aspetti legati alle pratiche dell’insegnante:
~ Le pratiche dell’insegnante sono quelle connesse alla valutazione, il
controllo dell’attività dello studente e al supporto che l’insegnante fornisce.
L’informazione inoltre gioca un ruolo fondamentale in quanto modalità
pubbliche di documentazione come l’affissione dei risultati, facilmente
accessibile a tutti, possono essere utilizzate per confrontarsi con gli altri, gli
insegnanti stessi spesso fanno confronti e accrescono quindi l’importanza della
prestazione vincente. Il problema non è acquisire nuove conoscenze diverse
ma dimostrare all’insegnante di avere più conoscenza degli altri, questo
potrebbe ridurre la motivazione intrinseca.
~ il controllo dell’insegnante sugli studenti: le ricompense possono assumere
diverse forme, possono essere concrete, ad esempio premi, oppure simboliche,
come voti alti o elogi. Ricompense esterne possono essere controproducenti se
assumono un valore di controllo in mano all’insegnante o alterano il
significato psicologico del compito.
~ il supporto sociale offerto dagli insegnanti agli studenti: si parla di vicinanza,
dipendenza e conflitto. Le relazioni di vicinanza forniscono supporto agli
studenti, le relazioni di dipendenza possono essere di cattivo adattamento e il
conflitto con gli insegnanti correla negativamente con la motivazione.
Una proposta eclettica di applicazione in educazione:
L’assunto di queste proposte è legato al cambiamento della visione
dell’apprendimento da semplice trasmissione di conoscenze a un apprendimento
come processo attivo di costruzione di conoscenze significative attraverso
l’assunzione di responsabilità. Gli studenti possono essere motivati con diversi
principi:
- Attraverso le situazioni o le attività che li stimolano a coinvolgersi
personalmente e attivamente nell’apprendimento
- Percependo che le attività e i compiti scolastici sono legati a esigenze,
obiettivi personali e hanno livelli di difficoltà tali da poter essere svolti con
successo
Stimolando in ambienti ecologicamente sicuri, protetti e di supporto, caratterizzati
da rapporti umani positivi.
Per attuare tutto questo l’insegnante deve favorire la consapevolezza da parte degli
alunni del loro funzionamento psicologico, aiutarli a valorizzare se stessi, creare
opportunità di autodeterminazione che favoriscano le naturale tendenza ad
imparare, incoraggiare l’assunzione di rischi in ambito scolastico per evitare
situazioni negative e creare un clima positivo di sostegno personale sociale in cui
ognuno è apprezzato per ciò che è.
Nella prima area, che consiste nel capire il funzionamento psicologico e migliorare
il senso di auto efficacia, gli obiettivi proposti comprendono l’aiutare gli studenti a
capire le relazioni tra sentimenti e emozioni e pensieri e la possibilità di controllare
le prime attraverso questi ultimi. Si propone di invitare gli studenti a lavorare sul
ciclo di pensiero, inteso come una sequenza di stati mentali e azioni in relazione tra
loro. Nella seconda area cioè quella di aiutare gli alunni a valorizzare sé stessi e
l’apprendimento, il lavoro viene orientato ad aiutare i ragazzi ad esprimere i propri
interessi e definire gli obiettivi personali. Agli insegnanti viene proposto di fare da
modelli in questa operazione e tra le strategie proposte ci sono le discussioni
collettive, questionari e colloqui individuali per individuare gli interessi degli alunni.
Individuati gli interessi si possono definire gli obiettivi, esempio: “mi piace la
musica”, l’obiettivo allora è imparare a suonare la chitarra (Strategia di goal setting).
Quindi organizzo l’obiettivo e successivamente lo metto in relazione con gli interessi
personali. A questo punto l’insegnante valorizza l’apprendimento sottolineando il
valore dei risultati raggiunti. Nella terza area di intervento, cioè creare opportunità
per l’autodeterminazione, è importante ripensare ai ruoli dell’insegnante e degli
studenti per promuovere l’autonomia degli studenti stessi. L’insegnante fa da
facilitatore di un processo di costruzione di conoscenze, è colui che progetta il
percorso, formula gli obiettivi e questo può implicare anche la costruzione di diversi
ambienti di apprendimento con aree di lavoro individuali. L’alunno in questo modo
viene stimolato a diventare esperto nel campo di studio prescelto.
Nella quarta area, cioè quella di incoraggiare l’assunzione dei rischi, è importante
prevedere l’assunzione del rischio a livello scolastico come capacità di sfida davanti
ai problemi di conoscenza complessa e impegnativi.
Nell’ultima area, creare un clima positivo per l’apprendimento, è importante la
creazione di un clima positivo di sostegno reciproco in cui gli alunni sono apprezzati
e stimati individualmente in modo sincero e quindi sentimenti di paura e insicurezza
si riducono. L’insegnante può contribuire a questo attraverso l’identificazione delle
proprie caratteristiche che possono favorire l’instaurarsi di un clima positivo e
l’utilizzo di procedure per valutare il tema classe attraverso categorie descrittive di
un ambiente sicuro e ordinato nelle sue regole di relazione, processi decisionali
eccetera.
CAPITOLO 4.
L’ORGANIZZAZIONE DEL GRUPPO CLASSE
Questo tipo di approccio ha una ricaduta su tre aspetti. Il fatto che tutti gli
studenti nel lavoro cooperativo lavorano di più, che passano più tempo sul
compito, sviluppando una motivazione intrinseca, il fatto che questo tipo di
lavoro spinge a prendere in esame il punto di vista degli altri. Infine il fatto
del benessere psicologico sperimentato in questo tipo di ambiente, grazie al
supporto che l’autostima riceve nel lavoro di gruppo, rende le persone più
disponibili ad impegnarsi.
CAPITOLO 5.
LE TECNOLOGIE DIGITALI A SCUOLA: