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Sulla varietà di questioni che l’insegnante di musica si trova quotidianamente ad affrontare mi permetto rimandare ai
miei Fondamenti di pedagogia musicale (Torino, EDT, 2008) e Il maestro ben temperato (Milano, Curci, 2009).
inaspettati, e al contrario dalla resistenza che può opporre all’ascolto dell’elaborato
e sofisticato brano classico. L’asprezza di certe soluzioni di Nono o di Penderecki
sono capaci di colpire l’immaginazione di un ragazzo più dell’allegro della sinfonia di
Mozart. Non dimentichiamo l’esperienza che ogni ragazzo ha fatto di queste
sonorità guardando un thriller (Kubrick insegna). Il cinema è il terreno prezioso dove
l’ascolto consapevole degli alunni può essere riattivato, se solo sappiamo portare la
loro attenzione proprio sul contributo che la componente musicale di una sequenza
reca al significato della scena stessa. Il gioco di scoprire come cambia il significato
del messaggio se si sostituisce la colonna sonora originaria con una di carattere
opposto è il primo passo verso la scoperta del potenziale semantico posseduto in
proprio dalla musica. E qui non c’è normalmente nessuna opposizione dei ragazzi al
genere di musica utilizzato nell’esperimento. Perché fa parte di un’esperienza, il
cinema appunto, per loro abituale.
I nuovi universi sonori, le musiche del XX e del XXI secolo, sono una riserva
straordinaria di procedure disponibili per essere fatte proprie dai ragazzi.
Consideriamo la politonalità. I ragazzi sanno che quando si suona insieme si deve
procedere all’interno di un’intelaiatura armonica unitaria. Se ascoltano una
composizione come Il campo del Generale Putnam di Ives possono rimanere stupiti
dalle ‘stonature’ che si avvertono chiaramente. In questa composizione più parti
procedono ciascuna con un proprio ritmo e una propria tonalità. L’idea di fondo che
ha guidato l’autore americano è stata quella di ricreare una situazione concreta,
tante volte sperimentata in prima persona, quando per le feste della città
convenivano le bande dei dintorni; sfilavano una dopo l’altra, suonando ognuna una
musica sua: per cui succedeva che alla musica della banda appena passata si
sovrapponevano quelle in arrivo dai vari lati della piazza. Ives ha ricreato
quest’effetto sovrapponendo marce suonate con ritmi, con velocità, con tonalità,
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Più propriamente i due brani sono, di Bruno Maderna, Continuo; di György Ligeti, Continuo. Propongo l’esperienza
nel testo All’opera insieme (Milano, Principato, 2011).
diversi, mescolandoli con motivi jazz, con gli urrà della folla e con i suoni della città.
La politonalità diventa in questo modo una tecnica riproponibile in classe.
Lo stesso Ives influenzò uno dei più importanti compositori italiani, Luciano Berio.
Nella sua Sinfonia n° 2 Ives introdusse sistematiche citazioni di musiche preesistenti.
Lo stesso ho fatto Berio nella sua Sinfonia, inserendo una quantità di musiche, da
Berlioz a Boulez. Ascoltiamo soprattutto il terzo movimento. Anche un breve
episodio ci regala una procedura che possiamo fare nostra: l’orchestra esegue il
terzo movimento della Seconda sinfonia di Gustav Mahler, e su questa pagina, usata
come sfondo, le voci intervengono con proprie espressioni. L’ha fatto Berio, possono
permetterselo anche i ragazzi: magari improvvisando con i propri strumenti ritmici
su un Concerto di Vivaldi. Se di Berio passiamo ad ascoltare una delle sue opere
vocali, per esempio Visage (una ‘decostruzione’, è stato detto, della voce di Cathy
Berberian) scopriamo che non solo cantando si può fare musica con la voce, anche
parlando, sussurrando, gridando, articolando i fonemi disponibili. Ripetiamo: la
preoccupazione che i ragazzi non vedano ragione di esibirsi in operazioni così …
avventurose può essere superata se l’esperienza sui suoni della voce è inserita in un
lavoro di carattere teatrale: dove i suoni vocali vengano a creare un’atmosfera
speciale, un’atmosfera che non si saprebbe rendere diversamente.