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Musica Contemporanea
M° Marco Rapattoni
A.A. 2018-2019

Luciano Berio - “Six Encores”

Tesi per l’esame di Prassi Esecutive e Repertori della Musica


Contemporanea

Fabio Caironi

Fabio Caironi Conservatorio “G. Verdi” Musica Contemporanea

Introduzione
Nel panorama musicale delle avanguardie storiche del dopoguerra, la corrente

Serialista, che prese origine dai celebri corsi di “Neue Musik” a Darmstadt,

annovera il compositore italiano Luciano Berio, noto soprattutto per le sue

sperimentazioni sonore nella musica vocale da camera e solistica. Una spiccata

tendenza all’individualismo interessò gran parte dei compositori della seconda metà

del XX sec., che, talvolta si discostarono leggermente, talvolta presero totalmente le

mosse, dalle correnti di appartenenza. Di Berio si può dire che, sin dalla fine degli

anni ‘50, sviluppò un insieme di caratteri fissi che donarono alla sua musica, di

impianto serialista, una forte individualità. Le costanti della sua ricerca musicale

possono essere sintetizzate in: un interesse sempre crescente verso la voce e il

linguaggio; un’attrazione per l’effetto teatrale; un’intenzione a fondere la propria

musica con quelle di altre compositori e con altre forme d’arte. Questo elenco è in

realtà limitativo: la ricerca musicale di Berio va ben oltre gli orizzonti strutturali e la

tradizione della musica ed esplora le qualità plastiche della materia sonora. Inoltre,

la sua stessa tecnica serialista si discosta da quella dei Maestri della Darmstadt,

teorizzata nel trattato di Armonia di Schoenberg, in quanto rilassa il criterio di non-

ripetizione introducendo altri schemi apparentemente meno ferrei, come per

esempio l’esposizione di tutte e dodici le altezze nel primo sistema di uno spartito (è

quanto accade nei Six Encores), pur ammettendo ripetizioni. Nei brani presi in

analisi sarà possibile cogliere queste differenze con il serialismo totale e si vedrà

come nuove e diverse dimensioni musicali emergano dall’incessante ricerca sonora

del grande compositore italiano.

I “Six Encores” sono un ciclo di sei brevi composizioni per pianoforte, scritte tra il

1965 e il 1990, che attraverso l’uso di inedite tecniche compositive ed esecutive,

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differenti da pezzo a pezzo, illustrano sei elementi scenici: l’acqua, la terra, l’aria e il

fuoco, che sono i quattro elementi empedoclei e due altri elementi, un filo ed una

foglia. In queste composizioni convergono uno stile improvvisativo, basato sulla

spontaneità d’espressione, ed un progetto razionale, basato su calcoli, nonché è

richiesto un certo virtuosismo da parte dell’esecutore. È opportuno però spiegare

con esattezza cosa rappresentino per il compositore termini come “stile

improvvisativo” e “virtuosismo”. Innanzitutto, Berio sostenne sempre l’importanza

dell’analisi strutturale della musica, come mezzo per poter tessere legami tra la

forma e il contenuto di una composizione:

“Materiale musicale per me significa pensiero, concetto musicale e non mi sembra possibile ch’esso resista a se
medesimo come non mi sembra possibile che una parola resista al significato di se stessa. È la materia, invece, che può
talvolta opporre una certa resistenza al materiale ed è proprio questa resistenza (ma da sola non basta mai) che suscita
la ricerca di nuovi rapporti tra materiale e materia, e anche la “scoperta” di nuove materie.” 1

Per quanto riguarda l’improvvisazione, ciò che egli conserva è la sua casualità

“intuitivamente determinata”2, ovvero Berio permette al processo creativo di essere

spontaneo come lo è quello di improvvisazione, ma rifugge dalla possibilità di

adattare tecniche improvvisative alla musica contemporanea, infatti

“[...] le diverse e complesse stratificazioni del pensiero musicale e le strategie compositive, sempre da definire, fra idea e
realizzazione, non permettono di eludere la presenza consapevole e la definizione di un vero e proprio testo che, anche
fuori dal contesto dell’improvvisazione, non potrà essere gestito, nella sua totalità, in tempo reale e non potrà essere
interpretato con spensierata spontaneità.”3

Berio dunque incapsula il prodotto spontaneo della sua musicalità in forme e

schemi predefiniti, i quali si fondono con il contenuto musicale che portano. Ciò è

visibile particolarmente nei Six Encores, dove ogni brano è costruito su modelli di

ritmo/tempo/dinamica che rispecchiano l’intento descrittivo della scena proposta.

1 Luciano Berio, Rossana Dalmonte - Intervista sulla musica, p. 110

2 op. cit.

3 Luciano Berio - Un Ricordo al Futuro: Lezioni Americane, p. 22

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Infine, l’esigenza di “virtuosismo” delle sue composizioni ha il senso di “virtuosismo

di consapevolezza”4 , ovvero l’abilità

“di muoversi in un’ampia prospettiva storica e di risolvere le tensioni tra ieri e oggi.”

Infatti, sempre citando il compositore,

“il virtuosismo nasce spesso da un conflitto, da una tensione tra l’idea musicale e lo strumento, fra il materiale e la
materia musicale” 5

ed è compito dell’esecutore superare questa difficoltà nel più elegante dei modi

possibili.


4 Luciano Berio, Rossana Dalmonte - Due Interviste, p. 98

5 op. cit., p. 97

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Brin
Scritto nel 1990 per la morte di un amico, il giovane pianista francese Michel Ouder,

Brin è un brano privo di indicazione metrica e tonale, costruito essenzialmente su

un ricco accordo cromatico (Fig.1). Il materiale musicale viene generato da questo

accordo, che compare nella sua interezza solo alla fine del brano; prima di allora,

esso è spezzato in successioni di altezze che formano frammenti melodici ed

armonie temporanee, filtrate e “colorite” dall’utilizzo del pedale.

Fig. 1 - L’ultimo sistema di Brin, che contiene con l’accordo cromatico generatore

L’effetto che si percepisce è di un moto di lenta rivoluzione di un oggetto attorno a

se stesso, il quale progressivamente rivela la sua essenza donando nuove

prospettive. L’oggetto in questione è un “filo” (traduzione di Brin dal francese), un

elemento effimero, un’esigua quantità materia, ed è forse quello che collega la

nascita e la morte del caro amico. Il ricordo è alimentato da note ripetute che

suonano come rintocchi di campane (similmente a quanto fa Schoenberg nel sesto

Kleine Klavierstücke, in cui omaggia la morte di Mahler), e il Si acuto è suonato

esattamente 20 volte all’interno del brano, tante quanti gli anni di vita del pianista.

Inoltre, gruppi di quattro note veloci, che compaiono sette volte in totale,

ripetendosi uguali o leggermente variati, donano guizzi di vita alla placidità

complessiva. Si può notare che ogni gruppo veloce la cui prima nota (nel basso) è

un re, è seguito da un gruppo con nota-base Sol (ad eccezione della seconda che è

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Sol#), a suggerire un’alternanza dominante-tonica e quindi un’idea, o illusione, di

tonalità.

Berio non inserisce alcuna pausa in Brin e la particolare sonorità del brano è resa

grazie alla polifonia delle voci, che sono condotte per mezzo di inversioni, canoni,

imitazioni e domande e risposte, alla dinamica “pppp sempre” e all’indicazione

“dolce e immobile” e infine grazie all’utilizzo del pedale in combinazione con i

precedenti espedienti. L’aspetto puramente seriale del brano è da individuarsi

nell’esposizione delle dodici altezze all’interno dei primi due sistemi: con più

precisione, undici delle dodici altezze sono esposte interamente nel primo sistema,

mentre il Sol# compare per la prima volta nella mano sinistra nel secondo gruppo

veloce, come nota base. Si noti che, come osservato sopra, questa nota a rigore

dovrebbe essere un Sol , ma è stato forse alterato dal compositore anche per

mantenere la regola di esporre le dodici altezze entro i primi due sistemi, regola

ricorrente in tutti i sei pezzi.

Fig. 2 - Esposizione della serie dodecafonica in Brin

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Leaf
Accanto a Brin, sempre nel 1990, Berio scrive un altro brano dedicato ad un amico

deceduto. Questa volta si tratta di Michael Vyner, direttore artistico della London

Sinfonietta, un’orchestra di musica da camera specializzata nell’esecuzione di

musica contemporanea a cui il compositore era affezionato. Il brano è intitolato Leaf

e si distingue dal precedente brano per il suo carattere vivace e nervoso: rapidi e

apparentemente sconnessi accordi si susseguono in complesse configurazioni

ritmiche, per lo più costituite da semicrome e terzine di crome, riempite di pause di

diverse durate che spesso cadono in battere. La successione delle 12 altezze è

anche qui esposta interamente nei primi due sistemi: per ironia, o per casualità, in

Leaf così come in Brin in realtà già 11 delle dodici altezze sono esposte nelle prime

battute del brano e l’ultima altezza ad essere presentata è ancora un Sol#, all’inizio

del secondo sistema.

Fig. 3 - Esposizione della serie dodecafonica in Leaf

Gli accordi, che sono eseguiti tutti con la tecnica dello staccato e si combinano in

una linea melodica frammentata, fanno in realtà risuonare le note Fa#(centrale)-Sol-

La-Do-Do#-Re-Fa del primo accordo, che è mantenuto tramite il pedale di sostegno

fino alla fine del brano. Non passano mai più di due battute prima che una delle

note sostenute sia ribattuta e in tal modo all’ascolto si percepisce in ogni accordo

una componente istantanea, sfuggente, quella dello staccato, ed una duratura,

ricorrente, che sfuma fino ad una sua nuova ripetizione. In questa maniera Berio

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dona discontinuità nelle linee verticali dello staccato ma allo stesso tempo linearità

nella continua risonanza della linea orizzontale. Questo gioco ricorda proprio il

movimento, a tratti tremolante e a tratti assente, di una foglia (Leaf tradotto

dall’inglese) su un ramo, scossa dal vento. Nella seconda pagina intervengono degli

accordi in ff: i primi due, abbastanza isolati tra loro, giungono inaspettatamente e

fanno presagire un climax, che effettivamente si verifica all’inizio dell’ultimo sistema,

dove si eseguono una successione di accordi a due mani in ff. Infine, le ultime

quattro battute presentano accordi a due voci, di durate più lunghe, le quali, unite

da una legatura unica, scendono in un moto ‘altalenante’ e fanno risuonare per

l’ultima volta le note dell’accordo sostenuto. Il significato, ove individuabile,

dell’ultima parte del brano è chiaro: la foglia si stacca con veemenza dal ramo su

cui giaceva e pian piano, ondulando a destra e sinistra, raggiunge il terreno e vi si

posa per sempre. È questa l’allegoria della morte del caro amico. Citando il

musicologo britannico Arnold Withall:

“Attraverso i suoi disorientanti ostinati, la sua straordinaria integrazione del “diretto” con l’”obliquo”, Berio ci insegna che
il modernismo e l’umanismo non sono incompatibili.”6

6Arnold Whittal, “Luciano Berio, in memoriam: unquiet heart and brain”, The Musical Times, Vol. 144, N. 1884,
p. 6

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Luftklavier
Diverso per struttura e vocazione dai precedenti brani analizzati, in Luftklavier, terzo

dei quattro Six Encores dedicati agli elementi empedoclei, composto nel 1985,,

confluiscono modernismo e virtuosismo. Una cangiante e delicata irregolarità

emerge dal brano, che porta ad una reale immedesimazione del pianoforte

nell’elemento aria. Una texture di tredici note suonate “sempre ppp, il più veloce e

uguale possibile” accompagna ininterrottamente, in un ostinato, una melodia

suddivisa in moduli che si ripetono con uguali durate ma ad altezze diverse, invertiti,

accostati in modi differenti. Nella seconda e nella terza pagina la texture di partenza

viene elaborata, riproponendola in frammenti brevi ed alternati che, in rapide

convulsioni, proprio come il movimento dell’aria, talvolta velocizzano, talvolta

rallentano, o ancora cambiano direzione, intensità, timbro alla musica (Figg. 4,5).

Figg. 4, 5 - Due elaborazioni della texture iniziale (pagg. 2 e 3).

Scritto in due e tre righi senza indicazioni metriche o di tonalità, Luftklavier presenta

precise istruzioni di dinamica e tempo, che fissano ogni accelerando o decelerando

ed ogni crescendo o decrescendo, lasciando quasi nulla indefinito. In realtà, da un

punto di vista pratico, qualcosa rimane indefinito: il modo in cui le note della texture

(dove non indicate con valori di durata precisi) si intersecano con la melodia varia

da esecuzione a esecuzione.

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Anche qui, la serie di tutte le dodici altezze appare entro la fine del primo sistema

(Fig. 6) e — aspetto interessante — le note estranee alla texture si muovono su

altezze complementari rispetto a quelle contenute nella texture stessa, e cioè Si♭,

Si, Do, Re♭, Mi, per colmare la serie dodecafonica in ogni microsezione del brano.

Texture

Fig. 6 - Texture e riempimento a pagina 3

È interessante notare che la composizione, nonostante rifletta il moto vorticoso

dell’aria e quindi un evento naturale, è scritta seguendo regole, per così dire,

artificiali, frutto di una tradizione (il serialismo). Berio sottolineava infatti l’importanza

della microforma di una composizione, l’aspetto cioè da cui emergono l’insieme di

scelte e accorgimenti che permettono di distinguere un processo puramente

casuale da un progetto ragionato. Se la casualità affascina ma risulta vuota e

inafferrabile, la presenza di una struttura a livello microscopico dà, invece, forma e

compiutezza all’apparente libertà dei suoni:

“C’erano poi gli “aleatori” e i loro parenti più stretti, gli stocastici, certamente più liberi [dei serialisti] di muoversi su
densità, dinamiche, profili e tempi variabili, nella loro congenita indifferenza ai dettagli e alla loro storia, che
sperimentavano, con l’orologio in mano, una sorta di macroforma, senza però l’avvallo e il confronto della “microforma”.
In tale caso l’opera può acquistare qualcosa in connotazione ma perde in denotazione assumendo le caratteristiche
globali di un attraente e inarrestabile evento naturale.”7 


7 Luciano Berio, Un Ricordo al Futuro: Lezioni Americane, pp. 69-70

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BIBLIOGRAFIA:

BERIO, LUCIANO. Un ricordo al futuro. Lezioni americane. Einaudi, 2006.

BERIO, LUCIANO, ROSSANA DALMONTE. Intervista sulla musica. Tascabili Laterza, 1981.

MORRIS, MARK. A Guide to 20th century composers. Methuen London, 1996.

WHITTAL, ARNOLD. “Luciano Berio, in memoriam: unquiet heart and brain”. The Musical Times,
Vol. 144, N. 1884.

Enciclopedia della Musica. Garzanti Editore, 1996.

Enciclopedia online. Treccani: www.treccani.it

Milano, 4 Luglio 2019 ______________________________

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