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VERDIANI
28
PARMA, 2018
Nicola Sani Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 7
Sandro Cappelletto Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11
SAGGI
Giovanni Bietti L’orchestrazione di Aida . . . . . . . . . . . . . . » 17
Susanna Pasticci L’enigma delle quattro Ave Maria di Verdi » 55
Alessandra Carlotta
Pellegrini «Abbruciate tutto questo pacco di carte»:
gli abbozzi musicali da Villa Verdi . . . . . . » 91
Nors S. Josephson Tonal Organization in Verdi’s Un ballo
in maschera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 113
ANNIVERSARI
GIOACHINO ROSSINI 1868-2018
Sergio Ragni Rossini e Verdi: tentativi di reciproca
comprensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 125
INSEGNARE VERDI
Guido Barbieri Insegnare Verdi nei Conservatori italiani:
cronaca didattica di una missione impossibile » 153
DIALOGHI
Presenza di Verdi nelle esperienze contemporanee
RUBRICHE
Elvio Giudici Videodiscografia verdiana . . . . . . . . . . . . . » 201
Piero Mioli Ex Libris . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 217
L’orchestrazione di Aida
Giovanni Bietti
Preludio
Questo saggio prende in esame uno dei lati ancora oggi meno studia-
ti1 della drammaturgia verdiana: l’uso dell’orchestra. Non mi occuperò, se
non in modo sporadico, dell’orchestrazione di Verdi tout court, del suo
“stile” orchestrale, ma di come l’orchestra – spesso attraverso i singoli stru-
menti – contribuisce a definire la drammaturgia. Del modo in cui la vicenda
scenica, i significati, le emozioni dei personaggi sono sottolineati, rafforzati
dal colore strumentale. L’orchestra, quindi, come elemento essenziale della
1
Nella bibliografia verdiana i contributi dedicati all’orchestra e all’orchestrazione sono
piuttosto rari, e lo studio organico più frequentemente citato resta il libro di FRANCIS TRAVIS,
Verdi’s Orchestration, Zürich, Juris-Verlag, 1956. Per rendersi conto di come questo aspetto
della musica di Verdi resti ancora poco studiato, basta dire che l’indice degli Atti del convegno
internazionale organizzato per il centenario della morte del compositore (Verdi 2001, Firenze,
Olschki, 2003) non contiene neanche un saggio nel cui titolo sia menzionata l’orchestra, o la
strumentazione (anche se questi aspetti sono citati in modo più o meno approfondito in alcuni
contributi). I due più importanti compendi dedicati al compositore in occasione del bicentena-
rio della nascita, The Cambridge Verdi Encyclopedia (Cambridge, Cambridge University Press,
2013) e Verdi Handbuch (Kassel, Metzler-Barenreiter, 2013), riservano solo poche righe a voci
come Orchestra, Instrumentalfarben, Charakteristische Soloinstrumente o Orchestrierung.
18 BIETTI
2
L’espressione, mai perfettamente chiarita da Verdi e difficile da definire con precisione,
si riferisce comunque a quel complesso di elementi che rendono individuale e riconoscibile
un’opera, e ne identificano l’atmosfera, il carattere espressivo.
3
Si veda, oltre a JULIAN BUDDEN, Le Opere di Verdi (trad. it. Torino, EDT, 1988, vol. 3),
HANS BUSCH, Verdi’s “Aida”: the history of an opera in letters and documents, Minneapolis,
University of Minnesota Press, 1978.
4
GIUSEPPE VERDI, Lettere 1835-1900, Milano, Mondadori, 2000, p. 333 (edizione divul-
gativa che cito in questo saggio per la facile reperibilità).
5
La prima citazione si può leggere in VERDI, Lettere 1835-1900, p. 441; la seconda in
BUDDEN, Le Opere di Verdi, vol. 2, p. 30.
6
Cit. in Interviste e incontri con Verdi, a cura di Marcello Conati, Milano, Emme edi-
zioni, 1981, p. 7.
7
VERDI, Lettere 1835-1900, p. 431.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 19
8
Ricordo bene, molti anni fa, di aver assistito a un incontro dal vivo con Lorin Maazel,
che aveva avuto modo di esaminare le annotazioni verdiane al Lohengrin, e che osservava
come Verdi avesse perfettamente identificato e sottolineato tutti i punti più difficili da dirigere
della partitura.
9
Monaldi, nel 1899, riporta queste parole del compositore: «L’istrumentale bello non
consiste, del resto, nella varietà ed eccentricità degli effetti: esso è bello quando significa qual-
che cosa!», in GINO MONALDI, Verdi. 1839-1898, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1899, pp.
207-208.
10
L’idea di una “semantica dell’orchestrazione” è stata sviluppata da FRITS NOSKE in The
Signifier and the Signified. Studies in the Operas of Mozart and Verdi, Den Haag, Martinus
Nijhoff, 1977 (trad. it. Dentro l’opera, Venezia, Marsilio, 1993).
20 BIETTI
11
Non mi occupo in questo saggio dell’“esotismo” della partitura di Aida. Per un esame
di questo aspetto, comprendente anche alcuni accenni alla veste strumentale e in particolare
all’uso del flauto (che nell’opera si collega spesso alla figura della protagonista), si veda ad
esempio FABRIZIO DELLA SETA, “O cieli azzurri”: Exoticism and dramatic discourse in “Aida”,
in «Cambridge Opera Journal», III/1 (1991), pp. 49-62.
12
In realtà, come è noto, Verdi aveva chiesto a Ricordi di non indicare le suddivisioni in
numeri chiusi nel terzo atto dell’opera, ma l’editore decise di inserirle comunque. Nel corso
di questo saggio, per brevità, userò le suddivisioni convenzionali per denominare le diver-
se sezioni drammatiche dell’atto: Romanza di Aida, duetto Aida-Amonasro, duetto Aida-
Radamès.
13
TRAVIS, Verdi’s Orchestration, p. 41.
14
Anche se bisogna sottolineare che il solo di oboe all’inizio di «Là tra foreste vergini»,
nel duetto Aida-Radamès dello stesso terzo atto, ha un carattere diverso.
15
TRAVIS, Verdi’s Orchestration, p. 43.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 21
16
Nel corso di questo saggio, quando sarà necessario identificare con chiarezza un sin-
golo passaggio di Aida farò riferimento al numero di pagina e alle lettere della classica parti-
tura Ricordi del 1913, sulla quale non viene indicato il numero di battuta. È ancora oggi la più
diffusa ed è l’unica reperibile online: http://imslp.org/wiki/Aïda_(Verdi,_Giuseppe).
17
Si veda più sotto la nota 40, per quanto riguarda l’uso di diversi clarinetti (in Do e in
Si bemolle) in questi due passi, e per alcune ulteriori considerazioni.
18
Si veda più sotto, per un esame dei frequenti cambiamenti di strumentazione dei ma-
teriali ricorrenti in Aida. Il timbro del fagotto solo viene utilizzato di nuovo nel corso del
medesimo duetto («Pietà ti prenda del mio dolor», p. 133, K), per sottolineare in modo ancora
più accentuato il dolore della protagonista.
19
Per comprendere appieno la forza espressiva di questo passo, che come vedremo
giunge dopo uno dei più impressionanti crescendo orchestrali verdiani, si ascolti l’effetto di
“apertura” improvvisa realizzato dai legni acuti – flauto, oboe e clarinetto – che sollevano
letteralmente da terra il tema quando Amonasro comincia a cantare «Pensa che un popolo»
(p. 297; si osservi anche la linea dei violini che comincia a salire, lenta e costante, dopo ben 16
battute di pedale fisso). Un esempio paradigmatico della potenza dei contrasti in Verdi.
22 BIETTI
20
Si veda GIOVANNI BIETTI, Mozart all’opera. Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così
fan tutte, Roma-Bari, Laterza, 2015, pp. 114-135 e 178-179. Anche per quanto riguarda lo
“scambio di ruoli” strumentale nel Finale quarto delle Nozze, dove Susanna è accompagnata
dal clarinetto e la Contessa dall’oboe.
24 BIETTI
Tavola I. Rigoletto, atto II: «Sì, vendetta», raddoppio della tromba (più ob.,
fag. e vl. I) nel punto culminante della melodia.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 25
della Traviata il tutti arriva direttamente nel tempo di mezzo, sulle parole
«gioire», «di voluttà nei vortici», «di voluttà perir» (ossia, nel momento in
cui Violetta cambia stato d’animo), e quindi l’intera orchestra viene gra-
dualmente utilizzata nella cabaletta, sfociando nella piena sonorità delle
battute conclusive (nella prima strofa, in maniera simile a quanto osservato
nei due brani del Rigoletto, Verdi si limita a raddoppiare con la tromba sola
il punto più espressivo di una frase della melodia). La stessa soluzione, con
l’intera orchestra che entra soltanto, bruscamente, nel tempo di mezzo e
viene poi reintrodotta poco a poco nella cabaletta (cominciando dal sem-
plice raddoppio da parte di una tromba solista di alcuni istanti culminanti
delle frasi vocali), si può osservare in altri brani di Traviata (per esempio
l’aria di Alfredo «De’ miei bollenti spiriti») o del Trovatore (l’aria di Man-
rico del terzo atto, l’aria di Leonora del quarto atto21).
Verdi doveva essere particolarmente soddisfatto di questa strategia
orchestrale, visto che la ripropose in alcuni istanti cruciali anche delle ope-
re successive. Il duetto Amelia-Riccardo nel secondo atto di Un ballo in
maschera comincia con una sorpresa, l’arrivo in scena di Riccardo, mar-
cata dal tutti orchestrale. Quindi trombe, tromboni e cimbasso spariscono
dall’organico, per riapparire nel momento culminante del tempo di mezzo
(«nel mio seno… estinto tutto», vale a dire nel momento in cui Riccardo
ha finalmente scoperto che Amelia è innamorata di lui); trombe e trom-
boni rinforzano poi due istanti particolarmente intensi della cabaletta («e
più non sorga il dì» di Riccardo, «o nella morte» di Amelia). Il tocco più
raffinato rispetto alle opere precedenti si mostra all’arrivo del tutti vero e
proprio, che coincide con un momento di sorpresa, il ritorno improvviso
del “tema d’amore” nel mezzo della cabaletta stessa (convenzionale è poi
l’uso dell’intera orchestra nella sezione conclusiva).
Anche il duetto Aida-Radamès nel terzo atto di Aida mostra un’enne-
sima reinterpretazione, ancora più articolata e complessa, dello stesso sche-
ma orchestrale: gli ottoni, utilizzati in modo estremamente vario e sottile
nella prima parte del brano (lo vedremo più sotto), vengono poi del tutto
esclusi – a parte i corni – dal sinuoso cantabile «Là tra foreste vergini»; il
tutti improvviso giunge sulla frase di Aida «Allor piombi la scure su me, sul
padre mio». Segue la cabaletta «Sì: fuggiam da queste mura», nella quale,
ancora una volta, solo i punti culminanti delle frasi sono raddoppiati dalla
21
In quest’ultima aria, l’uso del tutti nel corso del Miserere costituisce una sorta di caso
limite: non sottolinea solo il colpo di scena ma crea un’atmosfera unica, lugubre e inquie-
ta (nelle indicazioni di Verdi l’episodio «deve essere pianissimo benché a piena orchestra»).
L’aria del Conte di Luna nel secondo atto del Trovatore presenta una variante dello schema
generale: non c’è colpo di scena, e quindi il tempo di mezzo non è marcato dal tutti; e la trom-
ba raddoppia l’intera parte vocale della cabaletta, senza dubbio per sottolineare il carattere
particolarmente “marziale” della melodia.
26 BIETTI
22
Specifico qui che non ho intenzione di proporre questa strategia orchestrale verdiana
come una regola assoluta: anche nelle opere degli anni Cinquanta ci sono eccezioni, come ad
esempio la prima aria di Leonora nel Trovatore, nella quale durante il cantabile alcune frasi
vengono raddoppiate dagli ottoni “a mo’ di cabaletta” (senza dubbio Verdi voleva sottoli-
neare attraverso i raddoppi l’intensità, quasi parossistica, del sentimento di Leonora). Ma la
ricorrenza di questo pensiero orchestrale, che si differenzia sia da numerosi brani delle opere
giovanili dello stesso Verdi che dalla prassi di molti suoi predecessori, mi sembra comunque
notevole.
23
E del resto questa enfasi orchestrale si adattava perfettamente allo spirito “risorgimen-
tale” degli anni Quaranta.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 27
Tavola IIa. Aida, atto III: «Sì, fuggiam da queste mura», raddoppio della
tromba nel punto culminante della melodia.
28 BIETTI
Tavola IIb
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 29
24
E Amneris, nel quarto atto, finirà per soffrire specularmente le stesse pene che ha sof-
ferto Aida durante l’opera: non a caso nell’ultimo atto la principessa egizia canterà più volte
le stesse parole che avevano concluso gli interventi solistici della schiava etiope nei primi due
atti: «Numi, pietà».
25
Ulteriore elemento di complessità, i due popoli sono in conflitto tra loro: gli egizi
sconfiggono e dominano gli etiopi. La volontà di rivalsa e di libertà di Amonasro è un altro
potente motore dell’azione.
30 BIETTI
duetto del secondo atto viene interrotto dalla banda fuori scena e dal coro
che riprende l’inno trionfale «Su, del Nilo al sacro lido». Pubblico e privato,
quindi, si confrontano ripetutamente, si alternano, sfociano l’uno nell’altro,
in alcuni istanti cruciali finiscono addirittura per sovrapporsi (anche sceni-
camente, nel Finale dell’opera). La scena iniziale del primo atto alterna per
due volte, in modo programmatico, la sfera pubblica e quella privata:
Nella prima scena del secondo atto si scorge un’eco della medesima
suddivisione ma in un certo senso compressa, ravvicinata (dopo i cori e le
danze iniziali, che rappresentano, evidentemente, la sfera pubblica): duetto
Aida-Amneris «Fu la sorte dell’armi», sfera privata; interruzione dall’ester-
no, ripresa del coro «Su, del Nilo», sfera pubblica (che in realtà si sovrap-
pone al duetto: p. 136, L); ripresa di «Numi, pietà» di Aida, sfera privata.
Ma è nella prima scena del quarto atto che il conflitto pubblico-privato
raggiunge il punto culminante, tanto più straziante in quanto è Amneris a
subirne, improvvisamente, le conseguenze. Il confronto tra la principessa e
Radamès rientra, naturalmente, nella sfera privata, ma nella seconda parte
della scena Amneris si confronta due volte, in modo progressivamente più
intenso, con l’inesorabilità e la violenza del potere26. Dapprima è costretta
ad assistere, dall’esterno, alla scena del giudizio (nuova sovrapposizione di
pubblico e privato), quindi, quando i sacerdoti escono dal sotterraneo, li
investe e si scontra direttamente con loro, ma invano.
È essenziale sottolineare che il confronto tra i due ambiti nel corso
dell’opera non è mai realizzato bruscamente, attraverso la pura giustappo-
sizione o la semplice sovrapposizione: al contrario, Verdi compone un gran
numero di transizioni, spesso molto sottili, da un piano all’altro; e l’aspetto
più interessante è che queste transizioni sono in genere realizzate attraver-
so l’orchestra, il confronto tra differenti configurazioni strumentali.
26
Il potere che lei stessa aveva esercitato nei confronti di Aida nella prima scena del se-
condo atto, verrebbe da dire. In effetti l’ascolto dell’opera lascia la sensazione di una sorta di
crudele legge del contrappasso nei confronti di Amneris; un contrappasso che si esprime nel
testo (per esempio in «Numi, pietà del mio straziato core»), e che come vedremo Verdi riesce
a realizzare anche attraverso l’orchestra.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 31
27
In questo saggio non prendo in esame l’ampia Sinfonia che Verdi scrisse per la prima
esecuzione italiana dell’opera, ma che decise poi di non utilizzare. Si vedano BUDDEN, Le
Opere di Verdi, vol. 3, pp. 272-274, e ANTONIO ROSTAGNO, Ouverture e dramma negli anni
Settanta. Il caso della Sinfonia di “Aida”, in «Studi verdiani», 14, pp. 11-50.
28
Durante l’elaborazione di questo tema, le note più gravi sono affidate al clarinetto,
raddoppiato dal flauto nel registro grave.
29
Una dicotomia che Verdi aveva già esplorato in precedenza (ho citato più sopra la con-
trapposizione di registro che Verdi utilizza nel primo atto di Rigoletto), e che in alcuni istanti
delle opere successive si farà ancora più accentuata: basta pensare all’improvviso ingresso del
contrabbasso nell’istante in cui Otello entra nella stanza di Desdemona, dopo i suoni acuti e
dolcissimi di violini e viole con cui si era conclusa l’Ave Maria.
32 BIETTI
30
Il primo squillo di tromba che segnala l’arrivo del Re e della folla (p. 38) è un Mi, e
Verdi lo scrive in modo da farlo risultare allo stesso tempo come ultima nota del terzetto, che
termina proprio nella tonalità di Mi minore.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 33
Tavola III. Aida, atto I. Romanza di Radamès: «Se quel guerrier io fossi»,
contrasto archi-ottoni.
34 BIETTI
Tavola IV. Aida, atto I, Scena e Romanza di Aida: «Ah! Sventurata! Che dis-
si?», uso del tutti orchestrale.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 35
31
In realtà, alla prima apparizione il tema comprendeva anche i raddoppi delle parti di
accompagnamento nei fagotti e nei corni, pianissimo.
32
Il parallelismo tra le due scene è confermato anche dal testo:
Aida: «Struggete le squadre dei nostri oppressor! / Ah! Sventurata! Che dissi? / E l’amor
mio?»
Amneris: «Traditori tutti! A morte! A morte! / Oh! Che mai parlo? / Io l’amo, io l’amo
sempre…».
36 BIETTI
Tavola V a. Aida, atto IV, Scena e Duetto (Amneris): «A morte! Oh! Che mai
parlo?», uso del tutti orchestrale.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 37
Tavola Vb
38 BIETTI
33
Da sottolineare che comunque il compositore decide, nel Finale secondo, di far ac-
compagnare anche il tema d’amore di Amneris da un clarinetto solo, quando la principessa
pone la corona trionfale sul capo di Radamès (p. 206, N). Di lì a poco, il Re annuncerà il
matrimonio tra i due. Significativo il fatto che la vera sortita solistica del clarinetto nell’intera
opera, il primo istante in cui il timbro dello strumento è in primo piano, anticipi l’ingresso in
scena di Aida, nel momento in cui Amneris chiede a Radamès, con esplicito intento amoroso,
se egli non abbia «in Menfi / desiderii… speranze?» (p. 20).
34
È degno di nota il fatto che durante la prima esposizione di questo tema Verdi rafforzi
la terza enunciazione di Radamès («Gli Dei m’ascoltano», p. 302) con il raddoppio della trom-
ba, “a mo’ di cabaletta”. Ancora una volta il compositore costruisce una transizione graduale,
annunciando la presenza delle trombe con una breve sortita, quindi mettendole al centro del
tessuto sonoro durante l’ostinato, e infine facendole “congedare” più delicatamente.
35
Si tratta di quella che NOSKE (The Signifier and the Signified, pp. 171-214) chiama la
«figura musicale della morte», un tipico cliché musicale verdiano.
36
Il collegamento è accentuato dal fatto che nel duetto al segnale di tromba si accom-
pagna anche un leggerissimo colpo di grancassa, altro strumento che nella scena del giudizio
ha un ruolo importante. Ma si potrebbe tracciare un altro collegamento, anche più sottile: lo
stesso segnale, sempre nella tromba e identico nel ritmo, si era udito all’inizio del secondo
atto (p. 97), mentre Amneris veniva abbigliata dalle schiave attendendo l’arrivo di Radamès
vincitore. Abbiamo qui a che fare con una sorta di crudele rovesciamento del significato di
quel segnale.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 39
37
Si osservi anche la corrispondenza simmetrica tra libretto e strumentazione: nel reci-
tativo all’inizio del primo atto il trapasso si realizza nell’istante in cui Radamès pensa ad Aida
(«E a te, mia dolce Aida», archi); nel Finale del quarto atto il pensiero di Aida («Non rivedrò
più Aida») coincide con l’ultimo accordo, il congedo, degli ottoni; poi Radamès si chiede
«Aida, ove sei tu?» e gli rispondono gli archi soli, proprio come nel primo atto. Sembra quasi
che, libera dal peso degli ottoni, la sezione degli archi voglia dire a Radamès che la fanciulla
è anch’essa nel sotterraneo. Tra l’altro i due accordi degli archi, quello del primo e quello del
quarto atto (p. 8 e p. 415), sono entrambi in posizione di quarta e sesta.
40 BIETTI
Tavola VI. Aida, atto IV, Finale: «Non rivedrò più Aida», contrasto
archi-ottoni.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 41
38
Il significato di questo gesto orchestrale è evidente: solo qui, dopo aver definitiva-
mente trionfato, il potere allenta la sua morsa (e infatti resta fisicamente separato, sulla scena).
Forse è proprio per questo, per il suo svolgersi in una sfera ormai al di là dei conflitti, lontana
dal clamore delle armi, delle cerimonie, della folla, che l’effetto incantatorio, la sublimazione
del Finale risulta come uno dei passaggi più toccanti dell’opera.
39
Mi limito a riportare di volta in volta la prima apparizione del tema, tralasciando
l’elaborazione che comunque costituisce un ulteriore livello di differenziazione strumentale.
40
In realtà c’è un’interessante differenza: nella Romanza il tema è affidato al clarinetto in
Si bemolle, mentre durante il terzetto Verdi lo aveva riservato al clarinetto in Do. Gran parte
delle esecuzioni odierne, in cui viene utilizzato solo il clarinetto in Si bemolle, cancellano
la leggera, ma innegabile differenza timbrica tra i due strumenti, che doveva evidentemente
avere per il compositore un significato ben preciso. In effetti l’uso del clarinetto in Do nelle
42 BIETTI
opere di Verdi meriterebbe uno studio approfondito: in Rigoletto Verdi lo utilizza in brani che
contengono un gran numero di alterazioni in chiave (per esempio «La donna è mobile», in
Si Maggiore, o il quartetto, che oscilla tra le tonalità di Mi maggiore e Re bemolle maggiore).
Nella Traviata, il clarinetto in Do è prescritto per l’intero primo atto (esclusa la cabaletta
conclusiva di Violetta), che passa attraverso tonalità come Mi maggiore, La maggiore o La
bemolle maggiore. Perché Verdi, in questi e in molti altri istanti delle sue opere, non si preoc-
cupò di rendere più agevole l’esecuzione prevedendo l’uso di uno strumento traspositore che
almeno in teoria sarebbe stato più appropriato?
41
Anche la ripresa di «Numi, pietà» al termine del duetto Aida-Amneris del secondo
atto – un altro effetto di reminiscenza, in cui l’identità strumentale, la citazione letterale, è
fondamentale (p. 143) – è orchestrata in modo praticamente uguale alla prima apparizione,
durante la Romanza di Aida del primo atto (ci sono alcuni scambi di parti, e un paio di tremoli
in più).
42
Questa interpretazione sembra scontrarsi con il fatto che anche il tema dei sacerdo-
ti – il tema del potere, immutabile e in un certo senso “disumano” – viene continuamente
trasformato dal punto di vista strumentale; si potrebbe però sostenere che nella nostra perce-
zione esso appare molto più simile a se stesso rispetto agli altri temi ricorrenti. Forse perché
è un tema contrappuntistico, la sua sostanza consiste nella linearità più che nell’armonia o nel
colore.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 43
43
C’è comunque una notevole eccezione: la scena del giudizio nel quarto atto (p. 389,
M), nella quale Verdi ripropone per tre volte gli stessi materiali musicali, con la medesima
strumentazione (anche se ogni volta un semitono più in alto). Una scelta destinata a sottoli-
neare l’imperturbabilità del rito e l’immutabilità del potere, evidentemente. (Un esame delle
caratteristiche ricorrenti nelle “scene rituali” verdiane, da Giovanna D’Arco a Falstaff, si trova
in NOSKE, The Signifier and the Signified, pp. 241-276.)
44 BIETTI
Durante le frasi di Amonasro Verdi aggiunge, uno dopo l’altro, gli stru-
menti più sonori: dapprima le ance, poi il corno – del quale spicca il timbro
solistico nella terza frase, «Pur rammenti» –, infine i timpani. Aida risponde
dapprima rendendo più luminoso, acuto il colore orchestrale (ottavino e
flauti), e quindi sintetizzando, armonizzando progressivamente i timbri in-
trodotti da Amonasro e inserendoli nel tessuto orchestrale (si noti l’istante
di espansione orchestrale cantabile sulla frase «Deh, fate o Numi»).
Il senso di questa progressione diventa chiarissimo se esaminiamo anche
sommariamente il contenuto del testo: Amonasro comincia ricordando alla
figlia la patria lontana, poi le fa balenare l’immagine del matrimonio felice con
Radamès, quindi comincia a rammentarle i soprusi subiti dagli egizi (ossia, a
far scivolare lentamente il discorso dalla sfera privata a quella pubblica: non
44
Inutile dire che non tutti gli strumenti sono utilizzati in modo uniforme in ogni sin-
gola “tappa”; ma quello che mi interessa evidenziare qui è il graduale processo di accumulo
orchestrale, l’ingresso progressivo di nuovi strumenti uno dopo l’altro, e non analizzare l’ar-
ticolazione interna di tale tessuto.
50 BIETTI
45
Naturalmente, bisognerebbe integrare questa rapida analisi con gli altri elementi del
discorso musicale: l’alternanza di tonalità maggiori e minori, per esempio.
46
Anche in questo caso, la sospensione non è solo orchestrale: è ritmica, melodica, armo-
nica. Amonasro, nel corso dell’opera, ci appare come un grande maestro della sospensione, un
aspetto che si concilia appieno con le sue capacità manipolatorie: basta pensare all’improvviso
«Ma tu, Re, tu signore possente» nel Finale secondo (p. 216, R), cantato con accento suppliche-
vole e accompagnato, d’un tratto, dai soli archi in totale contrasto con il grande tutti precedente.
Difficile pensare che i due episodi non siano collegati tra loro dal punto di vista drammatico. Per
inciso, l’uso degli archi soli, nei due istanti qui menzionati e in altri di cui ho parlato nel corso
del saggio (il recitativo iniziale di Radamès e il “congedo” degli ottoni nel Finale quarto, per
esempio), dimostra che l’analisi della drammaturgia orchestrale dell’Aida potrebbe ampliarsi in
modo considerevole, prendendo in esame anche l’uso delle singole sezioni orchestrali.
47
Il duetto non termina con il cedimento di Aida; la parte cantabile che segue – total-
mente contrastante – è altrettanto, e forse anche più straordinaria. Ma qui entrano in gioco
elementi, musicali e drammaturgici, che mi porterebbero fuori dall’argomento principale del
saggio. Ne ho parlato brevemente più sopra, nota 19.
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 51
Si può ben dire che con Aida Verdi conquisti definitivamente una pro-
pria «arte della transizione», diversissima da quella wagneriana e anche per
questo tanto affascinante.
Postludio
48
Si veda ANTONIO ROSTAGNO, La Scala verso la moderna orchestra. Gli eventi e i mo-
tivi delle riforme da Merelli ad “Aida”, in «Studi verdiani», 16, pp. 157-215. Ricordo al let-
tore che questo numero di «Studi verdiani» era interamente dedicato a L’orchestra di teatro
in Italia nell’Ottocento, e resta un punto di riferimento essenziale. Sullo stesso argomento,
e sempre con particolare riferimento ad Aida, si vedano anche i seguenti saggi: GREGORY W.
HARWOOD, Verdi’s reform of the Italian opera orchestra, in «19th Century Music», X/2 (Fall
1986), pp. 108-134; LUKE JENSEN, The Emergence of the Modern Conductor in 19th Century
Italian Opera, in «Performance Practice Review», 4/1 (Spring 1991), pp. 34-63; Paradigma
“Aida”: Marianis Erbe, in MARTIN FISCHER-DIESKAU, Dirigieren im 19. Jahrhundert, Mainz,
Schott, 2016, pp. 282-333; ALESSANDRO DI PROFIO, Verdi, direttore d’orchestra. L’epistolario
come esposizione di una poetica, in Maestro! Dirigieren im 19. Jahrhundert, a cura di Ales-
sandro Di Profio e Arnold Jacobshagen, Würzburg, Königshausen & Neumann, 2017, pp.
167-183.
49
BUDDEN, Le Opere di Verdi, vol. 3, p. 202.
50
ANTONIO ROSTAGNO, Aida e l’orchestra. Le prime esecuzioni, le partiture, le prassi
esecutive, in «Studi verdiani», 16, p. 267.
52 BIETTI
scriveva, in una lettera ad Arrivabene51, di aver «sentito dir molto bene» del
giovanissimo Puccini, e proseguiva:
Pare però che predomini in lui l’elemento sinfonico! niente di male. Soltanto
bisogna andar cauti in questo. L’opera è l’opera: la sinfonia è la sinfonia, e non
credo che in un’opera sia bello fare uno squarcio sinfonico, pel sol piacere
di far ballare l’orchestra. Dico per dire, senza nessuna importanza, senza la
certezza d’aver detto una cosa giusta, anzi colla certezza d’aver detto cosa
contraria alle tendenze moderne.
51
Lettera del 10 giugno 1884, cit. in VERDI, Lettere 1835-1900, p. 432.
52
Ora in MASSIMO MILA, Verdi, Milano, Rizzoli, 2000, pp. 592-603.
53
BUDDEN, Le Opere di Verdi, vol. 3, p. 208. Il corsivo (teatralità) è di Verdi, che subito
dopo specifica: «non intendete Teatralità nel senso volgare…».
L’ORCHESTRAZIONE DI AIDA 53
54
VERDI, Lettere 1835-1900, p. 320.