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“STRIPSODY”
LA VOCAZIONE MUSICALE DELLE STRISCE A FUMETTI1
II
Come tutti gli shifters i suoni onomatopeici dei fumetti sono pu-
ra negatività7. Essi, infatti, pur imitando i suoni reali non sono
affatto i suoni delle cose, ma non sono neanche pienamente lin-
guaggio verbale. Questo è vero soprattutto nel loro contesto na-
turale dove essi, per mantenere tutta la loro efficacia, non pos-
sono perdere il legame con il suono per cui stanno.
4
Faccio qui implicitamente riferimento a G. Agamben, Il linguaggio e la morte – Un
seminario sul luogo della negatività, Einaudi, Torino 1982 (2008).
5
Cf. Ch. S. Peirce, The Collected Papers – Elements of Logic, Vol. 2, Harvard Univer-
sity Press, Cambridge 1932, CP 2.283.
6
Il concetto di ‘shifter’ viene usato qui nel senso in cui lo usa Roman Jakobson. Cfr.
R. Jakobson, Selected Writings II, Mouton, The Hague – Paris 1971, pp. 130-147.
7
Cfr. G. Agamben 1982, op. cit., pp. 28-37.
A. Garbuglia, “Stripsody – La vocazione musicale dei fumetti” 5
9
«In Sequenza III ho cercato di assimilare musicalmente molti aspetti della vocalità
quotidiana, anche quelli triviali, senza però per questo rinunciare ad alcuni aspetti in-
termedi ed al canto vero e proprio. Per controllare un insieme così vasto di compor-
tamenti vocali era necessario frantumare il testo e in apparenza devastarlo, per poter-
ne recuperare i frammenti su diversi piani espressivi e ricomporili in unità non più di-
scorsive ma musicali». La citazione è tratta dal libretto della registrazione integrale
delle Sequenzas di Berio fatta dalla Deutsche Grammophon nel 1998, p. 61.
10
Ricordo in particolare l’esecuzione del 1969 per la Televisione della Svizzera italiana.
A. Garbuglia, “Stripsody – La vocazione musicale dei fumetti” 7
III
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Cfr. G. Piana, Filosofia della musica, Guerini e Associati, Milano 1991, pp. 68-71.