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Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai

di Milano: musica d’arte e d’uso tra creazione,


ricerca e invenzione*

di Angela Ida De Benedictis

A Marino, per il suo 82° compleanno


Nell’esperienza artistica di Bruno Maderna la musica elettro-
nica occupa un ruolo fondamentale che estende la sua importanza
ben al di là di una biografia personale. Se da una parte, infatti, non
è possibile parlare della sua parabola compositiva senza tenere in
giusta considerazione l’esperienza condotta in Studio e la sua pro-
duzione per nastro magnetico, dall’altra parte è altrettanto impos-
sibile analizzare le vicende della musica elettronica negli anni Cin-
quanta-Sessanta tacendo delle indicazioni pratiche ed estetiche
che tale produzione suggerisce.
Maderna fu uno dei primi musicisti, tra i giovani della cosid-
detta avanguardia postbellica, a cimentarsi con la sperimenta-
zione elettronica. Il suo primo contatto diretto con nastri e gene-
ratori di frequenze risale al 1952 e alla composizione di Musica su
due dimensioni, per flauto, nastro magnetico e piatto. La conce-
zione del brano, realizzato presso l’Institut für Phonetik und Kom-
munikationsforschung dell’Università di Bonn con l’assistenza di
Werner Meyer-Eppler, era all’epoca pressoché inedita e partiva
dalla volontà di tentare una sintesi tra suoni artificiali e suoni
strumentali1. Sebbene l’esperimento fosse tentato in un momento
in cui i tempi non erano ancora maturi e gli ambiti d’espressione

* [Si pubblica qui, per gentile concessione dell’autore, l’originale italiano del
saggio Bruno Maderna et le “Studio di Fonologia” de la RAI de Milan, pubblicato in
Bruno Maderna, ed. par G. Ferrari, L. Feneyrou et G. Mathon, vol. II, Cnrs Paris I,
Basalte, Paris 2009, pp. 389-421]
Nel marzo 2005, durante il processo di redazione del presente testo, Marino Zuc-
cheri è venuto improvvisamente a mancare. Possa questo modesto omaggio, che ci
consola essere arrivato nelle sue mani il giorno del suo ultimo compleanno, essere
anche un ultimo saluto alla memoria di un personaggio esemplare per umanità,
impegno ed energia.
1
Tra i primi compositori ad aver tentato una sintesi tra suoni riprodotti e
prodotti dal vivo bisogna ricordare Pierre Schaeffer e Pierre Henry e il loro Orphée
51 ou Toute la lyre (1951).
44 Angela Ida De Benedictis

sonori elettronici troppo acerbi e diversi da quelli strumentali,2 è


comunque importante notare come fin dall’inizio le sperimenta-
zioni di Maderna si distinguessero da quelle condotte pressoché
in parallelo da Pierre Boulez o Karlheinz Stockhausen. A diffe-
renza di questi, infatti, per Maderna l’adozione di processi di
combinazione e distribuzione delle strutture propri della tecnica
seriale3 presupponeva un “dialogo” tra le “due dimensioni”,
quella strumentale e quella elettronica, e non la radicale esclu-
sione che, soprattutto agli inizi, caratterizzava gli esperimenti di
marca tedesca. E questa interazione – benché fallita in questa
prima prova – fu cercata con ostinazione malgrado le difficoltà di
combinare insieme i due livelli sonori fossero tali e tante da essere
percepite e tematizzate dallo stesso compositore, consapevole fin
dall’inizio dell’impossibilità di poter “contemporaneamente
usare un nuovo mezzo e cercare un tentativo di sintesi di tutte le
nostre trovate e ricerche” tecniche ed espressive. Consapevole,
soprattutto, di essere per la prima volta “certamente al limite di
un mondo”.4
La soglia di questo nuovo universo sonoro si era dischiusa per
Maderna nel 1951, un anno prima di Musica su due dimensioni.
Risalire ai tempi e alle circostanze del suo primo incontro pratico
con il mezzo elettronico è un’operazione che resta a tutt’oggi cir-
coscritta nella nebulosa cornice temporale indicata in un prome-
moria tracciato dal compositore qualche anno dopo: “Meyer-
Eppler e i miei primi esperimenti nel 1951 (Eimert)”.5 Certa e
documentata, invece, è la partecipazione nell’estate dello stesso
anno ai Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt, dove Maderna

2
Cfr. anche le critiche e i suggerimenti espressi a Maderna da Meyer-Eppler
nella sua lettera del 14 maggio 1952 (originale in tedesco conservato presso la Paul
Sacher-Stiftung di Basilea – d’ora in avanti PSS; trad. in italiano in Studi su Bruno
Maderna, a cura di M. Baroni e R. Dalmonte, Milano, Suvini Zerboni 1989, pp. 62-
63).
3
Dai numerosi schizzi rimasti si evince quanto questo primo approccio alla
composizione su nastro fosse completamente debitore a una progettualità basata
sull’estensione delle tecniche seriali che egli andava contemporaneamente elabo-
rando per le sue opere strumentali.
4
Citazioni tratte da una lettera di Bruno Maderna a Luigi Nono del 30 maggio
1952; inedita, conservata presso l’Archivio Luigi Nono di Venezia (di qui in avanti
ALN). Per gentile concessione di Nuria Schoenberg Nono.
5
Promemoria manoscritto per un intervento di carattere orale sulla musica
elettronica (datazione congetturale: 1957 ca.) conservato presso la PSS, mappe
“Aufzeichnungen, Vorträge, Notizen”. Si ringrazia sentitamente Ulrich Mosch,
responsabile dei fondi Maderna e Berio della PSS, per aver autorizzato la riprodu-
zione di questo e dei seguenti materiali inediti citati nel testo provenienti dalla
Sammlung Maderna.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 45

ebbe modo di approfondire e confrontarsi con i recenti sviluppi


raggiunti nel campo dell’elaborazione sintetica dei suoni in area
tedesca e francese. Il compositore aveva invero già frequentato
alcuni incontri sul tema organizzati nella precedente edizione del
1950 dove, tra gli altri, avevano parlato Robert Beyer, Werner
Meyer-Eppler ed Edgar Varèse.6 Ma fu nei corsi estivi del 1951 che
la musica elettronica occupò degli spazi considerevoli nella
discussione tra i giovani compositori grazie al ciclo “Musik und
Technik. Der Klangwelt der elektronischen Musik” in cui, oltre
alle relazioni di Theodor W. Adorno, Herbert Eimert, Robert
Beyer, Werner Meyer-Eppler, Friedrich Trautwein e Pierre Schaef-
fer,7 furono presentati alcuni esempi sonori realizzati da Meyer-
Eppler presso l’Institut für Phonetik und Kommunikationsfor-
schung di Bonn. Questa audizione costituì la premessa a una suc-
cessiva trasmissione radiofonica andata in onda il 18 ottobre 1951
dalla Nwdr di Colonia (“Nachtprogrammsendung mit elektroni-
scher Musik”) in cui, a cornice e completamento della presenta-
zione di un progetto per uno Studio di musica elettronica interno
all’emittente radio – di fatto creato a Colonia di lì a poco –, si pro-
ponevano all’ascolto numerosi frammenti musicali per esemplifi-
care le potenzialità funzionali e artistiche del nuovo universo
sonoro.8 Questi due precedenti costituiscono un importante tas-
sello nell’interpretazione delle peculiarità della ricerca elettroacu-
stica intrapresa successivamente da Maderna: pur conoscendo le
coeve prove di musica concreta compiute presso la stazione
radiofonica di Parigi (Rtf ) da Pierre Schaeffer e Pierre Henry, in
vista della preparazione del nastro per la sua composizione del
1952 egli si indirizzò verso le sperimentazioni condotte a Bonn.
Inoltre, alcuni degli esempi presentati nella trasmissione not-
turna del 19 ottobre 1951 presentano singolari analogie con alcuni
materiali impiegati in Ritratto di Città, prima opera elettroacu-

6
Cfr. Im Zenit der Moderne. Die Internationalen Ferienkurse für Neue Musik
Darmstadt 1946-1966, 3 voll., hrsg. von G. Borio und H. Danuser, Rombach, Frei-
burg i.B. 1997, III, pp. 540-42; Elena Ungeheuer, Wie die elektronische Musik “erfun-
den” wurde… Quellenstudie zu Werner Meyer-Epplers musikalischem Entwurf
zwischen 1949 und 1953, Schott, Mainz 1992, pp. 102-104.
7
Cfr. Im Zenit der Moderne, II, pp. 76-85, e ibid., III, pp. 550-51; E. Ungeheuer,
Wie die elektronische Musik “erfunden” wurde…, pp. 112-17.
8
Gli esempi musicali della trasmissione del 19 ottobre 1951 e quelli presentati a
Darmstadt ai Ferienkurse für Neue Musik del medesimo anno sono editi nel Com-
pact Disc allegato a E. Ungeheuer, Wie die elektronische Musik “erfunden” wurde…,
(tracce 8-14 e traccia 22). Per approfondimenti sulla trasmissione del 19 ottobre cfr.
ibid., pp. 123-28.
46 Angela Ida De Benedictis

stica prodotta alla fine del 1954 presso i locali della Rai di Milano
da Bruno Maderna e Luciano Berio.
La doppia paternità di Ritratto di città conduce direttamente a
una storia già avviata e a un legame umano e artistico ormai conso-
lidato, laddove, per arrivare alla realizzazione di questa “opera
prima” del futuro Studio di Fonologia, occorre soffermarsi ancora
brevemente sulla figura di Berio. Tra Musica su due dimensioni e
l’apertura del primo centro italiano di elaborazione elettroacu-
stica, infatti, passano circa tre anni in cui le vicende artistiche e
biografiche di Maderna si incrociano con quelle del più giovane
Berio. E sarà proprio grazie all’incontro dell’entusiasmo e la
dirompente inventiva del primo con la destrezza e la ferrea volontà
del secondo, che la stagione elettronica italiana potrà prendere
finalmente avvio.
Nel 1983, ricordando l’amico a dieci anni dalla morte, Berio ha
dichiarato che “guardando indietro, ho quasi l’impressione di aver
cominciato a vivere veramente musicalmente, in maniera com-
pleta e piena, da quando ho incontrato Bruno”.9 Incontro che, non
a caso, nasce sotto l’egida dei nuovi mezzi di produzione sonora ed
è di poco successivo al primo contatto di Berio con le tecniche di
trasformazione e manipolazione dei suoni su nastro avvenuto,
diversamente da Maderna, non in terra europea ma in America nel
1952.
Fu durante un soggiorno presso il Berkshire Festival di Tan-
glewood, compiuto per frequentare le lezioni di Luigi Dallapic-
cola, che Berio ebbe modo di recarsi a New York il 28 ottobre 1952
per assistere a un’esecuzione di musica per tape recorder.10 Mal-
grado “lo scarsissimo, intrinseco valore musicale degli esperi-
menti” ascoltati in quell’occasione – si trattava di Sonic contours di
Ussachevsky e di Low Speed, An Invention on a Twelve-Tone
Theme più Fantasy in Space di Luening – il suo interesse fu cattu-
rato dalla prospettiva delle possibili applicazioni di questo sistema

9
Estratto dalla trasmissione Rai “In memoria di Bruno Maderna” (1983) ora in
Maddalena Novati, Lo Studio di Fonologia musicale di Milano, CD-Rom allegato a
C’erano una volta nove oscillatori… Lo Studio di Fonologia della Rai di Milano nello
sviluppo della Nuova Musica in Italia, a cura di P. Donati ed E. Pacetti, Eri-Rai,
Roma, 2002.
10
Cfr. la testimonianza dello stesso compositore in Angela Ida De Benedictis –
Veniero Rizzardi, “Colloquio con Luciano Berio”, in Nuova musica alla radio. Espe-
rienze allo Studio di Fonologia della RAI di Milano 1954-1959, ed. bilingue (italiano-
inglese) a cura di A.I. De Benedictis e V. Rizzardi, Cidim – Eri-Rai 2000, pp. 161-63.
Cfr. anche Luciano Berio, “Musica per Tape Recorder”, Il Diapason, IV, 3-4, 1953,
pp. 10-13: 10-11; e Id., Intervista sulla musica, a cura di R. Dalmonte, Laterza,
Roma-Bari 1981, pp. 133-34.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 47

di produzione sonora e dalla possibilità di ampliare gli strumenti


creativi a disposizione del musicista. Berio comprese fin da subito,
e con notevole intuito, che per la sua libertà da schemi precostitu-
iti e per la sua alta permeabilità questa nuova musica, oltre ad
aprire il mondo dei suoni a inedite soluzioni ritmiche e timbriche,
poteva adattarsi perfettamente alle situazioni psicologiche richie-
ste per la sonorizzazione “di copioni radiofonici, televisivi e cine-
matografici”.11
Se in America queste sperimentazioni erano promosse e prati-
cate anche in luoghi estranei alle emittenti radiofoniche – quali i
dipartimenti di alcune Università o studi privati –, in Italia il solo
ambiente che poteva garantire uno strumentario tecnologico ade-
guato per cimentarsi con nastri, forbici e magnetofoni era la Rai.
Cosicché, al suo ritorno dall’America, Berio prese i primi contatti
con l’azienda radiofonica grazie a una lettera di presentazione
scritta da Dallapiccola per l’amico Luigi Rognoni, all’epoca
responsabile del III Programma radiofonico.12 Sempre al maestro il
giovane compositore deve il contatto con uno dei massimi diri-
genti della radiofonia italiana, Giulio Razzi, nonché involontari
suggerimenti “pratici” di cui farà tesoro nella progettazione dello
Studio. Tra questi, quello di non disdegnare la musica d’uso poi-
ché “in fondo, il malvezzo di non poter più dare una commedia alla
radio senza commenti musicali più o meno ‘concreti’, forse questa
volta torna a tuo vantaggio”.13 Non è certo un caso, quindi, che il
primo incontro di Berio con il “malvezzo” dei commenti sonori –
compiutosi con la realizzazione delle musiche per la commedia
radiofonica Il trifoglio fiorito – avvenga nel dicembre 1953, a circa
un mese dalla lettera di Dallapiccola. Va da sé che la musica fun-
zionale è, in questa prima fase di collaborazione con l’ente radio-

11
L. Berio, “Musica per Tape Recorder”, p. 13; per la precedente citazione nel
testo cfr. ibid., p. 11.
12
Cfr. Luigi Rognoni, “Memoria di Bruno Maderna negli anni Cinquanta”, in
Bruno Maderna. Documenti, a cura di M. Baroni e R. Dalmonte, Suvini Zerboni,
Milano 1985, pp. 146-51: 148; e Luciano Berio, Two interviews, traslated and edited
by D. Osmond-Smith, Marion Boyards, New York-London 1985, p. 11.
13
Da una lettera di Luigi Dallapiccola a Luciano Berio, 6 novembre 1953 (PSS,
Sammlung Luciano Berio), pubblicata integralmente in Nuova musica alla Radio,
cit., p. 277. Già nel giugno-agosto 1953 Berio aveva ricoperto il ruolo di consulente
musicale e assistente al doppiaggio per la Direzione Esercizio Televisione presso la
Rai di Milano (cfr. comunicazione della Direzione Generale della Rai a Berio del 18
giugno 1953, lettera inedita, PSS, Sammlung Luciano Berio). Per approfondimenti
su questi e altri dati relativi all’attività di Berio presso la Rai come autore di musiche
d’arte e d’uso cfr. Angela Ida De Benedictis, Radiodramma e arte radiofonica. Storia
e funzioni della musica per radio in Italia, Edt-De Sono, Torino 2005, passim.
48 Angela Ida De Benedictis

fonico, un utile espediente per acquisire pratica e, parallelamente,


cimentarsi con le prime esperienze elettroacustiche. In questo
campo, l’epifania in forma di studio compiuto giunge sempre nello
stesso 1953 con Mimusique, breve “esempio di musica concreta
con impegno d’arte”, della durata di soli 2’, basato su tre soli mate-
riali: un colpo di arma da fuoco, un suono di tam-tam e un suono
di voce umana.14 Stando alle memorie del compositore, questo
primo “esercizio privato” fu realizzato con quanto egli riuscì a pro-
curarsi al suo arrivo a Milano, con “dei filtri, degli oscillatori, dei
generatori di suono bianco e […] un variatore di velocità: le stesse
povere apparecchiature, cioè, che abbiamo impiegato per la realiz-
zazione di Ritratto di città”.15
L’idea di poter fondare anche in Italia uno Studio di musica
elettronica, al pari di quanto era già stato realizzato a Parigi e
Colonia tra la fine degli anni Quaranta e il 1952 in seno a istitu-
zioni radiofoniche, cominciò così a prendere man mano consi-
stenza e a rafforzarsi anche grazie a un vivo scambio di idee e a
discussioni sviluppatesi nel frattempo – all’interno e all’esterno
della Rai – tra Luciano Berio, Luigi Rognoni, Alberto Mantelli,
Roberto Leydi, Piero Santi. Tra contatti con uomini interni all’ente
radiofonico (Mario Labroca, Fernando Ballo e Alfredo Lietti oltre
ai già citati Mantelli e Rognoni) e proposte, ipotesi, relazioni e
bozze inviate a diversi dirigenti più o meno consentanei
all’impresa (tra cui Giulio Razzi, Gino Castelnuovo e Filiberto
Guala), il progetto si avviò verso gli ultimi mesi del 1954 a una
reale attuazione.16

14
Su questo breve brano di musica concreta, da non confondere con il succes-
sivo Mimusique II del 1955, cfr. Colloquio con Luciano Berio, cit., pp. 163-164 (per la
precedente citazione nel testo cfr. Nuova musica alla Radio, cit., p. 263). Il breve
brano, inedito, fu inserito all’interno della trasmissione “Musica concreta”, curata
dallo stesso Berio nel 1955 ca. (copia attualmente conservata presso la RAI di
Milano nel fondo sonoro dello Studio di Fonologia – d’ora in avanti SdF –, bobine
“Fon. 19” e “Fon. 20”).
15
“Colloquio con Luciano Berio”, p. 163.
16
Per varie testimonianze sui primi passi compiuti in vista della costituzione
del futuro Studio di Fonologia della Rai di Milano cfr. Piero Santi, “La nascita dello
‘Studio di Fonologia Musicale’ di Milano”, Musica/Realtà, V, 14, 1984, pp. 167-88;
Id., “Le nuove tecnologie: musica elettronica e radiodrammi”, in Bruno Maderna.
Documenti, pp. 156-62: 156-58; L. Rognoni, “Memoria di Bruno Maderna negli anni
Cinquanta”, pp. 146-51. Cfr. anche la sezione “Testi radiofonici, documenti, let-
tere”, in Nuova musica alla Radio, pp. 261-91, e Nicola Scaldaferri, Musica nel labo-
ratorio elettroacustico. Lo Studio di Fonologia di Milano e la ricerca musicale negli
anni Cinquanta, Lim, Lucca 1997, pp. 24, 58 e 62-64.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 49

È a quest’epoca che data l’attivo coinvolgimento nel progetto di


Bruno Maderna, conosciuto da Berio nell’estate del 1953.17 Tra i vari
interessi in comune, la musica elettronica era sicuramente uno dei
più vivi: già nell’autunno dello stesso 1953 i due compositori ave-
vano assistito alle conferenze sul tema tenute a Basilea; nel luglio del
1954 erano invece insieme ai Ferienkurse für Neue Musik di Darm-
stadt tra i partecipanti al seminario tenuto da Eimert sulla teoria e
tecnica compositiva della musica elettronica. Un mese dopo, e in
previsione dei progetti milanesi, il solo Berio aveva frequentato il
convegno organizzato in occasione dell’inaugurazione dello Studio
elettronico di Gravesano.18 I contorni temporali dell’adesione di
Maderna all’impresa che avrebbe dovuto portare alla costituzione di
un laboratorio elettronico sono testimoniati dalle entusiastiche
parole indirizzate a Berio il 13 novembre del 1954:
Caro Berio,
Sono venuto Sabato mattina alle 12 (per la verità alle 12,10) alla RAI, –
ma non c’eri. –
In ogni modo verrò a Milano Mercoledì mattina prossimo – Verrò a
trovarti. – L’idea che sarà probabile lavorare insieme sulle possibilità
della “musique concrète” e della “Elektronische Klangerzeugung” mi
entusiasma – A Milano ti spiegherò le molte ragioni che mi rendereb-
bero graditissima una tale collaborazione. –
Speriamo di stare, finalmente, insieme. –19

17
Cfr. a questo proposito Luciano Berio, “Bruno Maderna ai Ferienkurse di Dar-
mstadt”, in Bruno Maderna. Documenti, p. 126. Il contatto tra i due musicisti sem-
brerebbe essere stato sollecitato da Hermann Scherchen (cfr. Enzo Restagno,
“Ritratto dell’artista da giovane”, in Berio, a cura di E. Restagno, Edt, Torino 1995,
pp. 5-30: 11). Sulla partecipazione di Maderna ai preliminari che portarono
all’apertura dello Studio le testimonianze non sono sempre concordi. In un nostro
colloquio avvenuto il 13 luglio 2000, Luciano Berio ha confermato la versione ripor-
tata nel testo.
18
Sulla partecipazione ai seminari di Basilea cfr. E. Restagno, “Ritratto dell’arti-
sta da giovane”, p. 10; sui Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt del 1954 cfr. Im
Zenit der Moderne, III, pp. 566-571: 568 (il titolo dell’incontro tenuto da Eimert, che
prevedeva anche l’ascolto di esempi sonori, era Theorie und Kompositionstechnik
der Elektronische Musik); sulla partecipazione di Berio al convegno di Gravesano
cfr. Piero Santi, “Un Convegno Internazionale di Musica e di Elettroacustica”, il
Diapason, I, 1955, pp. 43-47.
19
Lettera di Maderna conservata presso la PSS, Sammlung Luciano Berio (pub-
blicata in Nuova musica alla Radio, p. 31). Nello stesso 13 novembre 1954 Maderna
inviava a Luigi Rognoni una lettera di contenuto analogo (cfr. L. Rognoni, “Memo-
ria di Bruno Maderna negli anni Cinquanta”, p. 148). Dieci giorni dopo, il 23
novembre 1954, Maderna scriveva da Amburgo a Nono: “A Milano si preparano
grandi cose. Te ne parlerò in Gennaio a Venezia. Tu per ora non farne cenno con
nessuno” (ALN, inedita, per gentile concessione).
50 Angela Ida De Benedictis

Questa breve comunicazione segue pochi giorni dopo la stesura


di un primo “Progetto per la costituzione di un ‘Centro Sperimen-
tale di Ricerche Radiofoniche’” presentato da Luciano Berio a Fili-
berto Guala, direttore generale della Rai. Tra i primi scopi di questo
ipotetico laboratorio sperimentale si enumeravano:
1) la produzione di musica concreta ed elettronica. Queste creazioni di
Laboratorio formeranno la base sperimentale delle altre attività del
Centro;

2) la creazione di commenti sonori per la Radio e la Televisione;

3) la realizzazione di speciali trasmissioni drammatiche e documenta-


rie volte ad attuare un’espressione radiofonica […].20

Un “Centro”, dunque, dove far confluire le esigenze della pro-


duzione funzionale e quelle più propriamente creative, dove far
convivere sonorizzazioni e arte musicale radiofonica. La coesi-
stenza della doppia attività di produzione, d’arte e d’uso, era
d’altronde l’unica via da percorrere, in seno all’ente radiofonico
italiano, per poter ovviare agli evidenti problemi connessi alla
mancanza di valore commerciale della musica elettronica (definita
da alcuni “addirittura paradossale”21). Come ricorda uno dei pro-
tagonisti dell’apertura dello Studio, Luigi Rognoni, “bisognava for-
mulare la proposta con cautela e prima di tutto dimostrare ai diri-
genti l’utilità ‘pratica’ di un simile studio per le trasmissioni radio-
foniche”.22 E fu così che, in attesa del responso dell’alto dirigente
Rai, Berio e Maderna vollero subito offrire un primo saggio sulle
potenzialità espressive dei nuovi mezzi elettroacustici mediante la
creazione di un documentario radiofonico dedicato a Milano,
Ritratto di città, uno “studio per una rappresentazione radiofo-
nica” (come recita il sottotitolo) che potesse in qualche modo
esemplificare praticamente, con i suoi suoni, il citato terzo punto
del “Progetto”.

20
Luciano Berio, “Progetto per la costituzione di un ‘Centro Sperimentale di
Ricerche Radiofoniche’” (presentato all’Ing. Filiberto Guala), in P. Santi, “La nascita
dello ‘Studio di Fonologia Musicale’ di Milano”, cit., p. 171. Incerta la reale paternità
di questo testo, che secondo Santi (“Le nuove tecnologie: musica elettronica e
radiodrammi”, p. 156) fu frutto di una collaborazione tra Berio, Leydi e lo stesso
Santi, laddove nei ricordi di Rognoni (“Memoria di Bruno Maderna negli anni Cin-
quanta”, p. 148) si deve a quest’ultimo, Mantelli e Lietti. Plausibilmente, i due autori
sembrerebbero riferirsi a due testi diversi menzionati con lo stesso nome.
21
Fred K. Prieberg, Musica ex machina, trad. di P. Tonini, Einaudi, Torino 1963,
p. 176 (le parole di Prieberg scaturivano dall’ascolto delle prime opere seriali elet-
troniche prodotte a Colonia).
22
L. Rognoni, “Memoria di Bruno Maderna negli anni Cinquanta”, p. 148.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 51

Sebbene questa “rappresentazione radiofonica” possa consi-


derarsi la prima opera (o meglio, il preludio) del nascente Studio
di Fonologia, è forse più corretto interpretarla come un primo
cimento sperimentale, come un esercizio piuttosto che come
un’ouverture tematica in cui scorgere chiari prodromi delle qua-
lità poetiche o estetiche della successiva produzione elettroacu-
stica messa a punto presso la Rai di Milano da Berio e Maderna. Si
tratta infatti di un’opera d’occasione, nata dalla collaborazione
tra i due compositori e l’estensore del testo, Roberto Leydi, la cui
ideazione è coincisa nei fatti con una elaborazione immediata,
cominciata e conclusasi nel dicembre del 1954. E, per di più,
un’opera che deve la propria caratteristica economia dei mate-
riali – concreti ed elettronici – all’esiguità degli strumenti tecnici
a disposizione.23 La coesistenza delle due dimensioni concreta ed
elettronica (due entità fino ad allora separate negli altri Studi)
potrebbe erroneamente portare a scorgere in Ritratto di città i
prodromi di quella che, nella storiografia relativa allo Studio di
Fonologia di Milano, si è “cristallizzata” come la caratteristica
distintiva della produzione elettroacustica italiana: la sintesi tra
le esperienze concrete francesi e quelle elettroniche tedesche
(opinione, questa, avallata e sollecitata inizialmente anche dagli
stessi promotori dello Studio milanese).24 Visione messa in
discussione alcuni anni fa dallo stesso Berio – che ha rifiutato il
concetto di “sintesi” a favore dell’idea di “dialogo fra dimensioni

23
Per approfondimenti sulla genesi, sulle caratteristiche del brano e per il
testo di Leydi cfr. della scrivente “Opera prima: ‘Ritratto di città’ e gli esordi della
musica elettroacustica in Italia”, in Nuova Musica alla Radio, pp. 27-57 e pp.
329-37 (nel volume è allegato un Compact Disc con l’edizione originale di
Ritratto di città). Per un’analisi della composizione si rimanda invece al più
recente Radiodramma e arte radiofonica, pp. 185-207. Tra le apparecchiature
utilizzate per la sua realizzazione vi era anche un oscillatore utilizzato dai tecnici
come strumento di misura e, stando ad alcune testimonianze, fatto arrivare da
Torino su richiesta di Lietti (cfr. N. Scaldaferri, Musica nel laboratorio elettroacu-
stico, p. 65).
24
Cfr., per esempio, Luciano Berio, programma di sala dell’audizione dell’8
maggio 1956 alla Rai di Milano, riprodotto integralmente in Nicola Scaldaferri,
“Documenti inediti sullo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano”, Musica/
Realtà, XV, 45, 1994, pp. 151-66: 157-59 (testo in cui si presenta lo Studio italiano
come l’unico “in grado oggi di proporre una sintesi fra le differenti e spesso contra-
stanti esperienze già consumate negli Studi di Colonia (NWDR), Parigi (RTF), New
York (Columbia University) ecc.”; o ancora, Luciano Berio, Studio di Fonologia
Musicale (testo letto in occasione dello stesso concerto dell’8 maggio 1956, ora in
Nuova musica alla Radio, pp. 267-73); e, dello stesso autore, “Studio di Fonologia
Musicale”, The Score, XV, 1956, p. 83, e “Prospettive della musica”, Elettronica, III,
1956, pp. 108-115: 108.
52 Angela Ida De Benedictis

diverse”25 – e che, a ben vedere, è nei fatti confutata dalla stessa


produzione realizzata negli anni seguenti presso lo Studio mila-
nese. Dopo questo primo saggio, infatti, per circa tre anni la
ricerca sperimentale dei due musicisti sembra privilegiare la pro-
duzione puramente elettronica e, per Maderna così come per
Berio, bisognerà attendere il 1958 per ascoltare nuove opere di
“sintesi” (Musica su due dimensioni per il primo, e Thema
(Omaggio a Joyce) per il secondo). Le opere di Maderna prodotte
fino a questa data – Sequenze e strutture (1955), Notturno (1956),
Syntaxis (1957) e Continuo (1958), ma il discorso potrebbe essere
esteso anche alle opere di Berio – sono infatti basate esclusiva-
mente sull’esplorazione dei nuovi mezzi e sull’analisi delle possi-
bilità offerte dalla manipolazione dei suoni di sintesi, laddove
l’elaborazione di materiale concreto o misto era invece riservato
negli stessi anni esclusivamente alle numerose sonorizzazioni
realizzate per radiodrammi e commedie televisive. Questa diffe-
rente destinazione delle due espressioni del nuovo universo elet-
troacustico sembra evidenziare un’iniziale distinzione tra il
“mezzo” e il “fine”, ossia tra un’azione pragmatica mirata alla
destinazione funzionale del prodotto sonoro e una ricerca auto-
noma (che prende le mosse dallo strumentario elettronico)
mirata alla conquista di un proprio registro linguistico-espres-
sivo. La “sintesi” è dunque da vedere, agli esordi dello Studio, più
nella doppia opzione attuata dai due artisti che non nelle opere
prodotte. Oltre ad avvalorare l’idea di “dialogo tra dimensioni
diverse” effettuato in Studio – che, più che a una fusione, porta a
un superamento della dicotomia concreto-elettronico – questa
interpretazione rafforza la visione di Ritratto di città quale opera
in cui “mezzo” e “fine” convergono: un cimento sperimentale,
motivato da un “sano e cinico pragmatismo” e destinato nelle
intenzioni degli autori a “convincere i responsabili della RAI di
allora a promuovere e sviluppare uno Studio di musica elettro-
nica”.26
Le finalità dimostrative di quest’opera, presentata agli inizi del
1955 in un’audizione riservata a un gruppo ristretto di dirigenti
aziendali (e nello stesso anno, fuori concorso, alla VII edizione del
Premio Italia), ebbero fortunatamente buon esito. Dopo le prime

25
“La storiografia che cristallizza è, per definizione, inattendibile. Il lavoro allo
Studio di Fonologia, almeno quando c’ero io, non era la sintesi di due entità esi-
stenti. Preferisco descriverlo come un dialogo fra dimensioni diverse piuttosto che
come la sintesi di due entità specifiche” (“Colloquio con Luciano Berio”, p. 165).
26
Ibid., p. 161. La prima citazione è tratta da un passo inedito della medesima
conversazione (Firenze, 13 luglio 2000).
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 53

prove realizzate in forma semi-clandestina in locali occasionali,


nel giugno del 1955 il laboratorio elettronico della sede Rai di
Milano, attrezzato con apparecchiature ancora provvisorie e con
alcuni impianti progettati dall’ingegnere Alfredo Lietti, poté
cominciare la sua attività – riconosciuta dai vertici – sotto il nome
di Studio di Fonologia musicale.27 Tale denominazione fu resa in
seguito ufficiale nel 1956 in occasione dell’Audizione di composi-
zioni di musica concreta e di musica elettronica, tenutasi l’8 maggio
presso la Rai di Milano, con cui si sanciva l’approntamento della
nuova sede dello Studio, fornito ora di macchinari rinnovati e
all’avanguardia tra cui il rinomato pannello con nove oscillatori.28
Dal giugno 1955 la direzione dello Studio fu affidata a Luciano
Berio (che ricoprì il posto fino al 1959). Il ruolo di Maderna non fu
invece mai istituzionalizzato e, dal principio fino alle ultime fasi
della sua vita, venne sempre regolato con vari contratti di collabo-
razione a termine – chiosati da causali diverse tra cui le più fre-
quenti erano quelle di “assistente” o “consulente musicale” –
talora mortificanti per attese e condizioni.29 Sempre al 1955, nel
periodo immediatamente successivo alla costituzione “regolare”
dello Studio, data l’arrivo in Studio di un tecnico stabile, Marino
Zuccheri, “assistente-complice-amico” che, da quel momento in

27
Il nome “Studio di Fonologia Musicale” sembrerebbe essere stato suggerito
da uno dei dirigenti della Rai, Gino Castelnuovo (cfr. N. Scaldaferri, Musica nel
laboratorio elettroacustico, p. 67). Cfr. anche Gino Castelnuovo, “Lo studio di Fono-
logia Musicale di Radio Milano”, Elettronica, III, 1956, pp. 106-107.
28
Nel corso dell’audizione, Luciano Berio lesse una breve relazione sulla
musica elettroacustica (cfr. n. 24). Il programma completo del concerto è in N. Scal-
daferri, “Documenti inediti sullo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano”,
pp. 157-59. Solo qualche giorno dopo l’audizione, il 17 maggio 1956, Berio scriveva
a Castelnuovo (e per conoscenza ad altri due funzionari della Rai, Bevilacqua e Gal-
ligioni): “Nella nuova sede il lavoro è ricominciato nelle condizioni più favorevoli:
di ciò la ‘musica elettronica’ è immensamente grata a Lei e a quanti hanno reso pos-
sibile questo nuovo traguardo” (documento inedito conservato presso il fondo
dello SdF).
29
Varia la documentazione in proposito ancora presente nel fondo cartaceo
dello SdF, dalla quale si apprende che molto spesso i contratti erano caldeggiati e
sollecitati dallo stesso Berio. Tra i documenti pubblicati cfr. lettera di Razzi a Berio
del 1956 (Nuova Musica alla Radio, p. 281) in cui il dirigente si “riserva di esaminare
in un secondo tempo le condizioni di una eventuale, specifica collaborazione [di
Maderna] allo Studio di Fonologia Musicale”. Persino negli ultimi periodi della sua
vita, Maderna scriveva il 20 giugno 1973 a due dirigenti Rai (Mirino e Siciliani) per
“ancora una volta […] fermamente protestare per il cattivo trattamento che l’ammi-
nistrazione della RAI mi riserva” a proposito di compensi non pagati per la propria
opera di “consulenza dello Studio di Fonologia” (inedita, PSS, Sammlung Bruno
Maderna).
54 Angela Ida De Benedictis

poi, seguirà le intere vicende del laboratorio elettronico fino alla


sua chiusura, avvenuta il 28 febbraio 1983.30

***

Diversamente dall’orientamento in atto presso lo Studio di


Colonia, nello Studio di Fonologia l’approccio alla composizione
elettronica fu fin dagli esordi meno rigoroso nella progettazione e
più aperto a soluzioni sperimentali dettate dal diretto contatto con
la materia sonora, atteggiamento che non implicava in alcun
modo una carenza progettuale o una scarsa competenza tecnica.
La ricerca dei due animatori dello Studio cominciò ben presto a
contraddistinguersi per l’assenza di quello che Berio, alcuni anni
dopo, marcò come il tratto inequivocabile delle prime sperimenta-
zioni elettroniche, ossia quel “superficiale radicalismo smanioso
di ‘nuovi suoni’ e insofferente della ‘inadeguatezza tecnica’ e della
‘mancanza di precisione’ degli strumenti tradizionali”.31 E seb-
bene alcune tra le primissime prove elettroniche, soprattutto
quelle composte nello spirito di esercizi, siano oggi di fatto “quasi
tutte inascoltabili”, si deve considerare che sono stati proprio que-
sti primi esperimenti ad aver suggerito la giusta via da percorrere,
quella che portava al suono inteso come struttura sonora com-
plessa, variamente trasformabile, assimilabile (e generabile) anche
a (da) situazioni sonore non musicali.
Per Bruno Maderna, la possibilità di cimentarsi quasi quotidia-
namente con oscillatori, magnetofoni e nastri – incrementata
anche grazie alle sonorizzazioni funzionali realizzate per la radio,
la televisione e il teatro – diede avvio a un graduale processo di
consapevolezza nei confronti del mezzo elettronico che arrivò a
mutare radicalmente il suo modo di intendere e pensare la compo-
sizione in generale:
L’incontro col mezzo elettronico determinò un vero e proprio rove-
sciamento nelle mie relazioni col materiale musicale. A quel punto
dovetti completamente riorganizzare il mio metabolismo intellettuale

30
La chiusura dello Studio coincide con la data di pensionamento di Marino
Zuccheri al compimento del suo 60° anno di età. Per una retrospettiva sul lavoro di
Zuccheri presso lo Studio cfr. Angela Ida De Benedictis, “Al tempo delle valvole…
Incontro con Marino Zuccheri”, in Nuova Musica alla Radio, pp. 177-213. A questa
pubblicazione si rimanda anche per ulteriori informazioni sulle tappe dello Studio
di Fonologia successive al 1956 (inviti, compositori ospiti, ecc.) e per una panora-
mica sulle vicende che portarono alla sua chiusura.
31
Luciano Berio, “Eroismo elettronico”, Nuova Rivista Musicale Italiana, IV,
1972, pp. 663-65: 663. Idem per la successiva citazione nel testo.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 55

di compositore. Mentre il comporre strumentale è nella maggior parte


dei casi preceduto da uno sviluppo di pensiero di tipo lineare – proprio
perché si tratta dello sviluppo di un pensiero che non sta a diretto con-
tatto con la materia – il fatto che nello studio elettronico si possano
provare direttamente diverse possibilità di concretizzazione di strut-
ture sonore, che attraverso manipolazioni continue si possano rinno-
vare e mutare all’infinito le immagini sonore così ottenute, e, infine, il
fatto che sia possibile mettere da parte una grandissima scorta di
materiali parziali, pone il musicista di fronte a una situazione comple-
tamente nuova. / Il tempo ora gli si presenta come il campo di un gran-
dissimo numero di possibilità di ordinamento e di permutazione del
materiale appena prodotto. Noi ora proviamo forti propensioni a que-
sto tipo di pensiero e di condotta anche nella musica strumentale.32

La composizione si coniuga con l’ascolto in un singolare connu-


bio tra l’astrazione dei processi creativi, l’ideazione di un progetto
e il confronto concreto con la materia fissata su nastro; pratica
questa che, oltre a far pensare a una nuova declinazione della tra-
dizionale prassi creativa al pianoforte, assecondava quella propen-
sione a voler “collegare più strettamente possibile la composizione
e l’interpretazione”.33 Le possibilità creative rivelate dall’elettro-
nica – tra le quali il rimontaggio (proprio alle sue composizioni su
nastro realizzate a partire dal 1957) e l’archiviazione/riutilizzo di
materiali parziali sempre trasformabili – sembrano condizionare
tutta la produzione strumentale ed elettroacustica realizzata da
Maderna dalla fine degli anni Cinquanta fino al 1973, anno della
sua morte. Da Invenzioni su una voce a Serenata IV, da Honeyrèves
al Don Perlimplin e avanti fino alle varie versioni di Hyperion, ai
concerti e ai grandi brani orchestrali scritti tra la fine del Sessanta e
gli inizi degli anni Settanta, ogni composizione (parti estese o
frammenti) può potenzialmente divenire un “materiale” da usare
e reinventare secondo “un grandissimo numero di possibilità di
ordinamento e di permutazione” in contesti sempre differenti.
Grazie anche alla pratica di composizione in Studio, Maderna
arriva a concepire l’opera non più come un’unità immobile e defi-
nitiva, come forma sempre uguale a se stessa, bensì come un orga-
nismo che è dato dalla somma di singole parti, rinnovabili di con-
testo in contesto, potenzialmente soggette a tutte le elaborazioni
di montaggio, variazione, trasformazione e ricomposizione pro-
prie del laboratorio elettronico.

32
Bruno Maderna, “Esperienze compositive di musica elettronica”, conferenza
tenuta il 26 luglio 1957 a Darmstadt, in Bruno Maderna. Documenti, pp. 83-85: 83.
33
Bruno Maderna, Introduzione al concerto del 4.9.1959 a Darmstadt (su
Musica su due dimensioni del 1958), in Bruno Maderna. Documenti, p. 86.
56 Angela Ida De Benedictis

È da rimarcare che l’approccio di Maderna alla composizione


elettronica non è il risultato di una intuizione immediata ma che le
sue prime prove (Sequenze e strutture compresa) rivelano una
diretta dipendenza da una mentalità “cartacea” tradizionale.
L’affrancamento da questa pratica compositiva e lo sviluppo di
una pratica “intuitiva” più consona alle risorse offerte dai nuovi
mezzi di produzione sonora (ravvisabile già in Notturno) fu gra-
duale: lo stesso Maderna, ricordando i suoi esordi, ha confidato
che “quando cominciai a comporre con il mezzo elettronico, avevo
soprattutto timore di usare questo strumento in maniera inade-
guata, e per superare questa paura decisi di abbandonarmi alla
mia intuizione musicale piuttosto che lasciarmi guidare da consi-
derazioni razionali”.34 Intuizione che fu certo potenziata anche
dalla pratica delle sonorizzazioni e dalla contemporanea ricerca di
una dimensione rappresentativa puramente radiofonica.
Per comprendere appieno la parabola creativa di Maderna nel
campo dell’elettroacustica, e prima di procedere nell’approfondi-
mento della sua produzione d’arte (in questa sede necessaria-
mente privilegiata nei confronti di quella d’uso), occorre donare
uno sguardo di insieme a quanto egli ha portato a compimento
presso lo Studio di Fonologia dalla fine del 1954 al 1973. Il com-
pendio che segue si propone di fornire un quadro globale della
sua produzione “compiuta” (sia essa elettronica, elettroacustica o
puramente acustica). Frammenti, prove di sonorizzazione, parti
di commenti sonori – talvolta realizzati a quattro mano con
Luciano Berio – e vari brani contenuti in bobine tutt’oggi conser-
vate presso il fondo dell’ex Studio di Fonologia non sono qui men-
zionati.35 Stante l’alta probabilità di ulteriori rinvenimenti futuri,
l’elenco della produzione funzionale, destinata alla radiofonia
(RF), alla televisione (TV) o al teatro (TE), non ha pretese di esau-
stività. La musica d’uso è menzionata con il titolo originale del
dramma o della commedia e segue, nella tabella cronologica,
dopo la musica d’arte (la data indica l’anno di registrazione del
nastro). Nella colonna a destra si riportano solo alcuni dati relativi
alle produzioni radiofoniche, televisive e teatrali (T = testo e/o

34
B. Maderna, “Esperienze compositive di musica elettronica”, p. 84.
35
Tali bobine sono tuttora classificate nel fondo sonoro dello SdF secondo la
catalogazione d’epoca stabilita presumibilmente da Berio e Zuccheri. Il contenuto
di molte di queste bobine è descritto in un catalogo relativo a circa sessanta nastri
preparatori prodotti tra il 1955 e il 1960, intitolato “Musiche-scena effetti / Bobine
R” (dove R sta per “Radio”), anch’esso conservato presso lo SdF. Tale catalogo evi-
denzia come agli esordi dello Studio la creazione delle musiche funzionali fosse
mirata alla costituzione di una sorta di “discoteca tematica” da cui attingere di volta
in volta a seconda delle situazioni o del contesto.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 57

adattamento del testo; R = regia). Le opere di musica elettronica e/


o elettroacustica destinate a una diffusione non esclusivamente
radiofonica sono segnalate, per una più immediata identifica-
zione, da uno sfondo grigio. Per evitare evidenti anacronismi, tra
la musica funzionale non compaiono i titoli delle sonorizzazioni
realizzate da Maderna in epoca precedente all’apertura dello Stu-
dio di Fonologia.36

36
Prima del 1955 Maderna aveva composto le musiche della ballata radiofonica
Il mio cuore è nel Sud (1949, testo di G. Patroni Griffi, regia di A.G. Majano) e sono-
rizzato la trasmissione radiofonica Poesia della resistenza nel 1946. Per approfondi-
menti su Il mio cuore è nel Sud cfr. A.I. De Benedictis, Radiodramma e arte radiofo-
nica, pp. 217-23 e passim; per la trasmissione del 1946 cfr. Maurizio Romito, “I com-
menti musicali di Bruno Maderna: radio televisione, teatro. Seconda parte –
Appendice”, Nuova Rivista Musicale Italiana, XXXVI, 1, 2002, pp. 79-98: 79-80.
58 Angela Ida De Benedictis

ANNO TITOLO TESTO / REGIA


1954 Ritratto di città Roberto Leydi (T) / B. Maderna
[con Luciano Berio; RF] - L. Berio (R)
1955 Sequenze e strutture

Musiche per Diapason Gian Vittorio Baldi (R)


[con L. Berio; TV]
1956 Notturno

Uomo e superuomo [RF] G.B. Shaw - P. Ojetti (T) / A.


Brissoni
Brigida vuole sposarsi [RF] E. Labiche - A. Miserendino (T)
/ E. Convalli (R)
Musiche per Il vizio occulto [TV]

I padri nemici [TV] E. Colosimo (R)

1957 Syntaxis

Medea [TV] S. Ferrati (R)

1958 Continuo

Musica su due dimensioni

L'Augellino belverde [RF] C. Gozzi - V. Sermonti (T) / V.


Sermonti (R)
La scampagnata E. Scribe - A. Brissoni (T) / A.
[con Luciano Berio; RF] Brissoni (R)
Yerma [con Luciano Berio; TE] F.G. Lorca (T) / E. Ferrieri (R)

1959 Il cavallo di Troia [RF] C. Morley - G. da Venezia e U.


Liberatore (T) / M. Ferrero (R)
Laure persécutée [RF] J. Rotrou - V. Sereni (T) / V.
Puecher (R)
Mani [RF] R. Marinkovic - D. Cernecca (T)
/ A. Brissoni (R)
Aspetto Matilde [RF] E. Maurri (T) / N. Meloni (R)

L'altro mondo ovvero Gli stati e C. de Bergerac - A. Brissoni (T)


imperi della luna [RF] / A. Brissoni (R)
L'altro mondo ovvero Gli stati e C. de Bergerac - A. Brissoni (T)
imperi del sole [RF] / A. Brissoni (R)
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 59

La merenda sull’erba [TV] da E. Scribe / A. Brissoni (R)

Giulio Cesare Shakespeare (T) / S. Bolchi (R)


[con Mario Migliardi; TE-TV]
Sogno di una notte di mezza estate Shakespeare (T) / M. Ferrero
[con L. Berio; TE] (R)
Massimiliano e Carlotta S. Bolchi (R)
[con L. Berio; TE]
1960 Invenzione su una voce

Amor di violino [RF] E. Carsana (T) / A. Brissoni


(R)
Il puff [RF] E. Scribe - A. Mori (T) / A. Bris-
soni (R)
Macbeth [RF] Shakespeare - S. Quasimodo
(T) / M. Ferrero (R)
Giulio Cesare [TE] Shakespeare (T) / M. Ferrero
(R)
1961 Serenata III

Don Perlimplin [RF] F.G. Lorca - V. Bodini e B.


Maderna (T) / B. Maderna (R)
1962 Le rire

1968 nastri per Hyperion

1969 Ritratto di Erasmo [RF] B. Maderna (T/R)


Coriolano [con M. Migliardi; TE] Shakespeare (T) / A. Calenda
(R)
1971 Tempo libero

[montaggio nastro Ausstrahlung]

1972 Ages [RF] da Shakespeare (T)


[montaggio nastro Venetian Jour-
nal]
1971-73 nastri per Satyricon
60 Angela Ida De Benedictis

Sebbene limitato alla sola produzione di Maderna, questo


elenco rivela un dato che interessa l’intera storia di Fonologia: la
differenza quantitativa che si riscontra tra la produzione degli anni
Cinquanta e quella degli anni successivi corrisponde alla curva
produttiva dello Studio, il cui momento aureo coincise di fatti con i
suoi primi anni di attività, toccando l’acme tra il 1956 e il 1961.
Sempre ai margini di questo elenco, bisogna annotare che esso
non rende la giusta misura della presenza di Maderna all’interno
dello Studio. Le sue mansioni e le sue attività nel laboratorio elettro-
nico si estendevano talora a lavori diversi dall’approntamento delle
musiche d’uso o alla realizzazione (talora difficoltosa per tempi e
condizioni) delle proprie opere elettroniche. In alcuni casi egli colla-
borava con l’ente radiofonico anche per la messa a punto e la “rifini-
tura” di alcune produzioni presentate dalla Rai al Premio Italia (per
il montaggio, la creazione degli effetti, la rimodulazione ecc.). Nel
solo 1959, per esempio, Maderna curò presso i locali milanesi la rifi-
nitura, il montaggio e gli effetti sonori di Una notte in paradiso di
Valentino Bucchi, Il dottore di vetro di Roman Vlad, Il testimone
indesiderato di Gino Negri e Notte di un nevrastenico di Nino Rota.37
Un’ultima e più estesa considerazione deve essere infine dedi-
cata alla produzione d’uso che, come l’elenco mette in evidenza,
prevale per quantità su quella d’arte. Questo rapporto quantitativo
riproduce in piccolo quella che, più in generale, è stata la tendenza
dell’intera attività svolta presso lo Studio di Fonologia, dove la pro-
duzione funzionale rimase sempre prevalente su quella di ricerca e
di invenzione. Per evidenti ragioni di politica organizzativa
interna, la sua presenza (e la sua importanza) era d’altronde riba-
dita in tutti gli statuti e regolamenti interni che, nel tempo, hanno
disciplinato le attività del laboratorio elettronico. Secondo il rego-
lamento del 1957, per esempio, lo Studio di Fonologia era desti-
nato in primo luogo alla “produzione dei programmi fissati dalla
Direzione Centrale Programmi Radio e affidati a musicisti anche
essi indicati dalla Direzione Programmi Radio”; le stesse “realizza-
zioni di carattere sperimentale” dovevano inoltre essere “prestabi-
lite e fissate d’accordo con la Direzione Programmi Radio” (parole
in cui si palesano tutti i limiti e i vincoli burocratici che governa-
vano le attività dello Studio).38 Ancora nel 1968, in un nuovo rego-

37
Per questi dati cfr. l’appunto della “Direzione Centrale programmi RF” del 1
agosto 1959 per Mantelli e Dall’Oglio (inedito, SdF, faldone “corrispondenza”). Il
testimone indesiderato parteciperà al Premio Italia solo nel 1962. Si tenga comun-
que presente che, in questi casi, parlare di Maderna come “coautore” delle musiche
è comunque improprio.
38
Regolamento riprodotto in Nuova musica alla radio, p. 283.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 61

lamento interno, si ribadisce che, tra i “compiti” dello Studio, al


primo posto è la “Produzione di musica o effetti sonori a scopo
funzionale, secondo le esigenze dei rispettivi settori aziendali”.39
Ma, con il passare del tempo e grazie al progressivo disinteresse
dei vertici dirigenziali e alla mancanza di libertà operativa interna,
lo Studio di Fonologia ebbe una funzione sempre più limitata non
solo nella produzione di musica sperimentale, bensì anche nel set-
tore funzionale. In una nota dattiloscritta redatta in epoca succes-
siva al citato regolamento del 1968, corretta e ampliata a mano
dallo stesso Maderna (a cui si deve presumibilmente l’intera pater-
nità del testo), si legge:
In tempo passato lo Studio aveva anche una fattiva attività nel campo
della musica funzionale ed integrativa, realizzando molti commenti
per commedie, drammi ecc. ecc. sia Radiofonici che Televisivi, attività
che oggi, per circostanze che ignoro, è ridotta a niente o quasi.
Di conseguenza, allo stato attuale delle cose, lo Studio ha solamente la
funzione di esistenza a livello di prestigio rispetto alle altre Nazioni,
punto però abbastanza importante.
Altra proposta, che già a suo tempo abbiamo fatto presente, è la possi-
bilità, quando viene richiesto, di realizzare, per conto di terzi e natural-
mente addebitando i costi, dei commenti a short pubblicitari sia radio-
fonici che televisivi. Dato che l’eventuale realizzazione di questi lavori
è per lo più in forma di urgenza, si rende necessario che la direzione
del centro di Milano abbia l’autonomia di trattare direttamente con gli
interessati.40

Sebbene il rilievo dato in questo contesto alla produzione di


musica funzionale possa essere letto come un espediente per sen-
sibilizzare i vertici Rai nei confronti di uno Studio ormai in agonia,
il rimando al “tempo passato” illumina sull’importanza che la
musica d’uso ebbe comunque per Berio e Maderna agli esordi
della loro esperienza elettronica, ai tempi in cui una necessità – la
produzione d’uso – era stata trasformata giocoforza in virtù.
In quel “tempo passato”, infatti, tra musica funzionale e musica
d’arte i due compositori erano riusciti a stabilire una sorta di rap-
porto sinergico: i tentativi e/o i lavori compiuti per le sonorizza-
zioni occasionali erano spesso affrontati anche come preparazione

39
Documento pubblicato in ibid., p. 285.
40
Testo inedito, conservato presso l’Archivio cartaceo dello SdF. L’intero capo-
verso che va da “Altra proposta” a “con gli interessati” è aggiunto a mano da
Maderna. Nel dattiloscritto (la cui parte superiore è lacerata e solo parzialmente
leggibile) è presente un riferimento al Regolamento del 1968 che ne permette la
datazione; esso è seguito da un breve testo in cui si compara lo Studio di Milano con
quello di Monaco, firmato da Marino Zuccheri, Pietro Righini e Eduardo Del Pino.
62 Angela Ida De Benedictis

e “palestra” per le coeve composizioni di musica elettronica o elet-


troacustica. Lo stesso Berio, poco prima della sua scomparsa, ha
ricordato che “con Maderna si produceva una grande quantità di
musiche ‘funzionali’ non solo perché avevamo bisogno di soldi ma
anche perché, ogni volta, ci interessava sperimentare qualcosa”.41
Parole che a distanza confermano quelle che molti anni addietro,
nel lontano 1956, egli indirizzava insieme a Maderna al più
anziano Malipiero:
Non appena saranno pronti le manderemo, caro maestro, degli altri
esempi di “sottofondo” che, comunque, ci impegnano con diversi pro-
blemi e ci mettono a disposizione una enorme quantità di potenziali
possibilità musicali. Noi speriamo solo di avere (o di conservarci) la
sensibilità e l’intelligenza necessaria a tramutare tali possibilità in
musica.42

Nello stesso tempo, è proprio grazie alla qualità delle sonorizza-


zioni prodotte in Studio da Berio e Maderna che, intorno alla
seconda metà degli anni Cinquanta, si registra in Italia una svolta
qualitativa nella produzione radiodrammatica. Molti titoli di pro-
duzioni radiofoniche realizzate con il loro contributo potrebbero
essere portati come esempi di preziosissimo valore nell’arte del
commento musicale. Che ciò si debba alla qualità dell’interpreta-
zione o a una felice collaborazione con il regista, o ancora all’effi-
cacia del commento sonoro o a un geniale mimetismo che permet-
teva ai due musicisti di giocare con stili e linguaggi a seconda
dell’occasione, pièces radiofoniche come Waterloo, La Loira, La
bella del bosco e Il malato immaginario (Berio), o Amor di violino,
L’Augellino belverde, Il cavallo di Troia, Aspetto Matilde e Mani
(Maderna) – solo per citarne alcune – si distaccano di gran lunga
per stile e qualità dalle produzioni coeve realizzate nelle altre sedi
regionali della Rai. (E si accenna qui solo brevemente all’impor-
tanza che alcune sonorizzazioni maderniane sembrano aver avuto
in rapporto all’evoluzione di una personale drammaturgia acu-
stica: un caso paradigmatico è fornito per esempio dalle radiopro-

41
“Colloquio con Luciano Berio”, p. 167. Anche Marino Zuccheri, in merito ai
lavori di sonorizzazione di Berio e Maderna, ha affermato che “servivano anche a
loro, soprattutto all’inizio, per sperimentare e trovare il modo di trasformare certi
suoni, di filtrarli… È con questi lavori che facevano pratica, che prendevano dime-
stichezza con il mezzo. Non lo facevano certamente solo per soldi” (cfr.
“…all’epoca delle valvole… Incontro con Marino Zuccheri”, p. 199).
42
Lettera di Luciano Berio e Bruno Maderna a Gian Francesco Malipiero, 11
gennaio 1956 (inedita, PSS, Sammlung Luciano Berio). Con tali parole i due rispon-
devano a un’errata interpretazione di Malipiero nei confronti della musica elettro-
nica espressa in una sua precedente lettera del 3 gennaio 1956 (inedita, ivi).
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 63

duzioni Amor di violino e L’Augellino belverde che, per alcune solu-


zioni ed espedienti musicali, preludono al successivo Don Perlim-
plin e, di rimando, all’opera teatrale Hyperion43).

***

per quanto riguarda la musica


credo che non si tratti di scoprire
ma di creare44

Tra i brani presentati nel corso dell’audizione che, nel maggio


1956, sanciva la nascita “ufficiale” dello Studio di Fonologia figura-
vano, tra gli esempi di produzione locale, alcune musiche d’uso
realizzate a quattro mani da Berio e Maderna e, di quest’ultimo,
Sequenze e stutture.45 La datazione di questo brano è a tutt’oggi
controversa e oscilla tra la fine del 1954 e gli inizi del 1955. Due
tracce portano a preferire la seconda datazione: la prima ricon-
duce al suo periodo di creazione, quasi certamente successivo a
Ritratto di città. La seconda, inoppugnabile, rimanda a quanto si
legge in un catalogo interno dello Studio di Fonologia, la rubrica
“Produzione Studio”, in cui lo stesso Maderna, vicino al titolo
Sequenze e strutture, appone la data 1955.46 Oltre alla datazione,
altri elementi di questo breve brano monofonico (della durata di
soli tre minuti) sono ancora controversi e, soprattutto, tutti da veri-
ficare. Il primo, tra questi, è la presunta derivazione dei suoi mate-

43
Per maggiori approfondimenti su tutti questi aspetti nonché sulla produ-
zione funzionale di Berio e Maderna si rimanda a A.I. De Benedictis, Radiodramma
e arte radiofonica. Storia e funzioni della musica per radio in Italia.
44
Da “Una pagina di Bruno Maderna” (1946), in Massimo Mila, Maderna musi-
cista europeo, nuova edizione a cura di U. Mosch, Einaudi, Torino 1999, p. 119.
45
I titoli dei brani a quattro mani (alcuni dei quali pretestuosi) erano: Musica di
scena n. 9, Studio n. 3, Studio n. 4, Allelujah (cfr. anche il programma del concerto in
N. Scaldaferri, Musica nel laboratorio elettroacustico, p. 70).
46
Il catalogo “Produzione Studio” è tutt’ora conservato presso la Rai di Milano
(archivio SdF). Esso è stato pubblicato in trascrizione diplomatica in A.I. De Bene-
dictis, “Diario di bordo. Le rubriche ‘Produzione Studio’ e ‘Ascolti’”, in Nuova
musica alla Radio, pp. 293-313; la pagina relativa alla produzione di Maderna, in cui
è possibile leggere il citato appunto del compositore sotto una cancellatura, è a pp.
304-305 e, in facsimile, a p. 313. Nel catalogo delle Edizioni Suvini Zerboni, che
detiene i diritti del brano, il brano è datato 1954. La stessa data compare sulla sca-
tola e sulla flangia di una bobina conservata presso lo Studio di Fonologia, in cui si
legge (manoscritto di Zuccheri): “copia di riserva musiche elettroniche :
1=sequenze e strutture 1954, 2=notturno 1955, 3= syntaxis 1957, 4= continuo 1958 -
riversamento a doppia banda ; copia vel 15”.
64 Angela Ida De Benedictis

riali da scarti di nastri prodotti presso lo Studio di Colonia, notizia


che affonda le sue radici in una discutibile tradizione orale la cui
attendibilità è qui messa in discussione.47 La particolare grana
sonora di questo brano, tipica delle prime realizzazioni elettroni-
che realizzate con uno strumentario tecnico limitato (e di fortuna),
rende d’altronde difficile qualsiasi confronto che possa redimere
questo punto controverso. Secondo la testimonianza di Marino
Zuccheri, Sequenze e strutture può essere considerato il primo vero
esperimento condotto sotto l’egida di quella prassi “collaborativa”
tra musicista e tecnico tipica del lavoro in Studio: “È con questa
composizione che si è iniziato a tagliare e a lavorare insieme… ma
in seguito di queste Sequenze e strutture, non ha voluto più
saperne”.48 Il materiale sonoro è strutturato in due macro-configu-
razioni, l’una a carattere puntillista, discontinuo e intermittente,
l’altra basata su textures più complesse e continue. Come si legge
nel programma di sala del concerto dell’8 maggio 1956,49 il brano
si articola formalmente in tre parti. La prima fa capo ad una struttura
composta di tre timbri (di cui due realizzati con modulatore ad anello).
La seconda nasce da tre diverse sequenze (accordo di timbri; serie di
frequenze pure con attacchi diversi, timbro a spettro quasi continuo).
La terza parte è un incontro dialogico delle due strutture precedenti.

Le apparecchiature utilizzate per Sequenze e strutture – “rici-


clate” da studi di registrazione o da laboratori di fisica acustica –
non erano state progettate per un’uso o una destinazione musi-
cale. Sarà solo con il successivo Notturno del 1956 – monofonico,
composto pressoché in parallelo con Mutazioni di Berio – che si
inaugurerà l’era del “nuovo” Studio di Fonologia, dotato di stru-
menti all’avanguardia tra i quali spiccava il pannello a nove oscilla-
tori. Ed è proprio con l’ascolto di Notturno e Mutazioni che l’atti-
vità dello Studio di Fonologia fu presentata da Maderna, benché in
forma “ufficiosa”, sulla scena internazionale dei Ferienkurse di

47
Della presenza di “cascami di Colonia” in Sequenze e strutture, così come
anche in Ritratto di città, riferisce per primo Piero Santi (“Le nuove tecnologie”, p.
159); l’informazione è poi stata ripresa da quasi tutti i commentatori successivi, tra
cui Alvise Vidolin (“Maderna e il mezzo elettronico”, in Studi su Bruno Maderna,
cit., pp. 195-206: 197 e 204), N. Scaldaferri (Musica nel laboratorio elettroacustico, p.
63), ecc. L’eventualità di un “prestito” da materiali realizzati altrove è stata messa in
discussione dallo stesso Berio (“Colloquio con Luciano Berio”, p. 169).
48
“Al tempo delle valvole… Incontro con Marino Zuccheri”, p. 185. Il ricordo di
Zuccheri confermerebbe la datazione al 1955.
49
Riprodotto in N. Scaldaferri, Musica nel laboratorio elettroacustico, pp. 70-71.
Probabilmente il testo è stato redatto dallo stesso Maderna.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 65

Darmstadt, all’interno del dibattito Kompositorische Möglichkeiten


der elektronischen Musik.50
Notturno – che con i suoi 3’25” è di soli pochi secondi più esteso
di Sequenze e strutture – si compone in prevalenza di suoni sinu-
soidali e di rumore bianco filtrato “in diverse altezze di banda e in
diverse altezze medie”. La più piccola ampiezza di banda, che rag-
giunge i due Hertz, somiglia vagamente al timbro di un flauto, ele-
mento che offriva al compositore “la possibilità di un aggancio,
quasi di una continuità fra la produzione sonora naturale e quella
elettronica”.51 Oltre al filtraggio di rumore bianco (ottenuto per
sintesi sottrattiva), in questo brano Maderna sfrutta ampiamente
le possibilità offerte dal modulatore ad anello per creare timbri
complessi da contrapporre in modo netto al suono puro delle
sinusoidi. Il carattere “discorsivo” che il compositore infonde in
questo brano rende Notturno del tutto differente dagli altri lavori
elettroacustici coevi. In una nota manoscritta, tracciata presumi-
bilmente per un intervento orale, Maderna offre un interessante
spaccato (artistico e biografico) sui primi tempi di Fonologia e su
Notturno:
Quando, nel 1954, Luciano Berio ed io riuscimmo a varare lo Studio di
Fonologia della RAI in Milano, non pensavamo certo alla infinità di
contingenze e di problemi che alla burocraticissima organizzazione
della Radio, in Italia, avremmo creato. Eppure avevamo incontrato
numerosi ostacoli. S’era dovuto convincere una quantità di gente,
s’erano prodotti, con i primi mezzi scarsi messici a disposizione, innu-
merevoli “effetti” pezzi e pezzettini ad usum Delfini, roba a buon mer-
cato ma che piaceva ai palati non troppo sottili dei funzionari e dei
cosiddetti “registi” della televisione. Finalmente, quasi di nascosto, si
era riusciti a produrre qualche lavoro di una certa serietà; ricordo
ancora i primi lavori, semplici ma faticosamente e con mille dubbi
portati a compimento: Mutazioni di Berio e il mio Notturno.

50
Dibattito pubblicato in “Darmstadt-Dokumente I”, Musik-Konzepte Sonder-
band, hrsg. von H.-K. Metzger und R. Riehn, I, 1999, pp. 93-94; un abbozzo mano-
scritto in italiano del breve intervento di Maderna è conservato presso lo SdF (ora in
Nuova musica alla radio, p. 273). Da una “Relazione sul Festival di Darmstadt (Ger-
mania)” redatta da Berio (datata Milano, 25 Luglio 1956 e destinata a Razzi, Castel-
nuovo e Bevilacqua; inedita, SdF) si apprende che “nei mesi scorsi la Direzione dei
Ferienkurse di Darmstadt aveva invitato Luciano Berio e Bruno Maderna a presen-
tare in forma ufficiale il lavoro svolto dallo Studio di Fonologia della Radiotelevi-
sione Italiana e gli intendimenti dello Studio stesso, ma, considerando il troppo
recente assestamento tecnico dello Studio e considerando il fatto che pochi musici-
sti vi hanno sino ad ora lavorato (solamente due), l’invito fu valutato troppo prema-
turo e non venne accettato” (per gentile concessione di Talia Pecker Berio).
51
Entrambe le precedenti citazioni nel testo sono tratte da B. Maderna, “Espe-
rienze compositive di musica elettronica”, p. 84.
66 Angela Ida De Benedictis

Il mio primo lavoro puramente elettronico, composto di soli gruppi di


frequenze, suono bianco, miscellanee varie, venne per lo più, e prodi-
toriamente con l’aiuto del tecnico già da quel tempo diventato caris-
simo amico [Marino Zuccheri], realizzato nottetempo sia per il brevis-
simo periodo lasciatomi a disposizione – dovevo terminare ufficial-
mente entro una settimana –, sia per l’impossibilità di usare delle
apparecchiature che durante l’orario diurno normale erano impegnate
per la realizzazione, anche questa ‘a sprono battente’, di pezzetti e
pezzettini di cui prima parlavo. Finito il lavoro, stanchissimi verso le 4
di mattino, l’amico tecnico e io decidemmo scherzosamente di chia-
marlo Notturno in omaggio alle ore di sonno perdute. Più tardi, ria-
scoltandolo, notai che proprio aveva un carattere notturno. Decisi,
così, di adottare seriamente questo titolo.52

Tra la fine del 1956 e gli inizi del 1957 Maderna porta a compi-
mento la sua nuova opera elettronica, Syntaxis, decisamente più
estesa delle precedenti (ca. 11’) e, per la prima volta, destinata a
una riproduzione bicanale (“banda doppia”). Realizzata in una
prima versione alla fine del dicembre del 1956, il nastro fu succes-
sivamente messo a punto, nella forma definitiva oggi nota ed edita,
prima del maggio 1957.53 È con questo brano che Maderna speri-
menta e inaugura una tecnica di composizione su nastro “intui-
tiva”, lasciandosi guidare non da piani razionali ma dalla stessa
materia sonora, seguendo ossia un percorso di continua reazione e
verifica sul dato sonoro guidato dall’ascolto (quasi in tempo reale)
di quanto precedentemente realizzato.54 I materiali impiegati in
questo brano sono soprattutto suoni sinusoidali e rumore bianco;
per l’elaborazione dei suoni, egli fa invece largo uso di filtri, di

52
Nota manoscritta di Maderna (2 fogli tracciati a matita, formato A8), inedita,
datazione congetturale: 1957. PSS, mappe “Aufzeichnungen, Vorträge, Notizen”.
53
La datazione del brano al 1956 era stata erroneamente ritenuta infondata (cfr.
scheda dell’opera in Bruno Maderna. Documenti, p. 223). Oltre a un programma di
sala di un concerto dell’Internationale Gesellschaft für neue Musik tenutosi a
Zurigo nel 1957 (citato in idem), essa è documentata anche in alcune lettere pre-
senti nel fondo cartaceo dello SdF (cfr., per esempio, lettera del 14 febbraio 1957 di
Jacques Bodmer a Berio e lettera del 25 settembre 1956 di Berio a Razzi). In una let-
tera alla madre del 7 gennaio 1957 (PSS, inedita), Maderna afferma di aver finito il
suo “nuovo lavoro elettronico”; sempre alla madre, in una lettera non datata ma
sicuramente non posteriore al maggio 1957 (inedita, PSS), Maderna scrive di essere
andato a Milano per “rielaborare il mio nuovo lavoro elettronico (‘Sintaxis’) che
andrà in trasmissione sul 3° programma verso il 25 del mese”. È proprio la parola
“rielaborare” a rivelare il giusto rapporto che esiste tra il dicembre 1956 – data della
prima messa a punto del lavoro – e il marzo o aprile 1957, periodo di definizione del
nastro.
54
Cfr. anche quanto lo stesso Maderna afferma in “Esperienze compositive di
musica elettronica”, p. 84.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 67

variatori di velocità, ampiezza e frequenza, di sovrapposizioni,


montaggio ecc. Da un punto di vista tecnico, particolare impor-
tanza ha in questo brano l’uso del “selezionatore di ampiezza” rea-
lizzato da Alfredo Lietti, apparecchio che permetteva di selezio-
nare dal rumore bianco delle frequenze aleatorie e di estrarre da
un continuum “una struttura ritmica o puntiforme più o meno
pronunciata”.55 Formalmente il brano può essere diviso in tre parti
(rispettivamente di ca. 4’, 3’ e 4’ l’una) contraddistinte ognuna da
una diversa costellazione sonora: frastagliata la prima, più omoge-
nea la seconda, nuovamente frammentata la terza. Il tutto è artico-
lato in una sorta di crescendo di densità che, da una situazione ini-
ziale rarefatta, conduce alla deflagrazione finale raggiunta attra-
verso innumerevoli trasformazioni della materia e varie situazioni
dinamiche interne.
La presentazione “ufficiosa” ai Ferienkurse del 1956 costituì
una sorta di preludio alla successiva serata darmstadtiana del 26
luglio 1957. Qui, nel corso di un incontro interamente dedicato
allo Studio di Fonologia (giunto ora a essere finalmente competi-
tivo – per qualità e quantità delle produzioni – con gli Studi di
Parigi e Colonia), Maderna illustrò l’attività del laboratorio elet-
tronico italiano proponendo all’ascolto le sue Syntaxis e Not-
turno, Mutazioni e Perspectives di Berio più due versioni di
Scambi di Henry Pousser.56 Il 1957 coincide inoltre con l’avvio di
una nuova fase dello Studio, più consapevole e matura, in cui la
ricerca puramente elettronica lascia gradualmente il posto a quel
sincretismo tra le differenti entità sonore (strumentale e di sin-
tesi) che diventerà la cifra identificativa del laboratorio elettro-
nico italiano. Per Bruno Maderna l’inizio di questa nuova fase
coincide con la composizione di Continuo, brano realizzato nuo-
vamente per una riproduzione monofonica, in cui la prassi di
riscontro immediato sul suono già sperimentata con Syntaxis si
affina ulteriormente: la sua padronanza del mezzo è ormai tale da
pensare, “scrivere” ed elaborare il materiale sonoro direttamente
su nastro.
Rispetto alle composizioni elettroniche precedenti, in questo
brano si accentua ulteriormente quello che lo stesso Maderna
chiamerà in un appunto manoscritto “sviluppo del concetto lirico

55
A. Vidolin, “Maderna e il mezzo elettronico”, p. 199; a questo saggio si
rimanda anche per una descrizione delle caratteristiche tecniche del brano.
56
La lettura di Maderna (Kompositorische Erfharungen mit der elektronischen
Musik) è pubblicata in traduzione italiana come “Esperienze compositive di musica
elettronica”, (per maggiori informazioni sul programma della serata dei
Ferienkurse di Darmstadt cfr. Im Zenit der Moderne, III, p. 587).
68 Angela Ida De Benedictis

di spazio”.57 Le sue sonorità sono caratterizzate da una gestualità e


da un’articolazione “cantabile” dei materiali nel loro fluire tempo-
rale. Per più di otto minuti gli eventi si susseguono all’interno di
una curva dinamica – ancora una volta formalmente tripartita –
che dal pianissimo, e dopo un crescendo costante che porta
all’acme di massima densità (a ca. 5’20”), ritorna al pianissimo
finale. All’interno di questo arco dinamico, materiali struttural-
mente complementari (strutture puntiformi-granulari e fasce
sonore) sono sottoposti a processi di continua trasformazione,
talora impercettibili. Descrivendo il brano in occasione di un con-
certo, Maderna ha affermato che
Questa composizione è costituita, alla base, da un unico suono pro-
dotto elettronicamente che passa attraverso 22 stadi di lenta e gra-
duale trasformazione. I vari stadi si susseguono senza soluzione di
continuità, nel decorso formale del pezzo non si incontra una dialet-
tica suono-silenzio ma una dialettica tra una maggiore e una minore
densità (pregnanza) della materia. […] Formalmente la composizione
è perciò assimilabile all’idea di un vero e proprio continuo.58

Allo stesso 1958 risale la composizione di Musica su due dimen-


sioni, nuovo tentativo – e del tutto differente dall’esperimento
condotto sei anni prima – di combinare insieme musica elettro-
nica riprodotta da altoparlanti e musica strumentale prodotta dal
vivo. La sintesi tra queste “dimensioni” era ritenuta dal composi-
tore molto “fruttuosa” per poter raggiungere un’interazione tra
due entità sonore delle quali l’una – l’interpretazione dello stru-
mentista – è imprevedibile e incontrollabile, mentre l’altra – il
nastro – è fissa e controllabile.59 Sebbene i tempi fossero più
maturi, anche per questa nuova Musica su due dimensioni la possi-
bilità di far coesistere suoni prodotti dal vivo e suoni riprodotti su
nastro non fu esente da problemi e mutamenti di progetto.
Nell’idea iniziale, la “dimensione” acustica avrebbe dovuto infatti
essere composta da un organico più ampio che, oltre al flauto,

57
Cfr. nota n. 5. Massimo Mila ebbe a definire l’inizio di questo brano “uno dei
più alti momenti di poesia che la musica elettronica abbia raggiunto” (Maderna
musicista europeo, p. 20).
58
Dal programma di sala del concerto degli Incontri musicali dell’11 aprile 1959
(in Bruno Maderna. Documenti, p. 225). Continuo sarà in seguito ripreso in Hype-
rion, versione di Bruxelles, e riutilizzato per alcune sonorizzazioni (Les Adieux, cfr.
saggio di Maurizio Romito in questo volume). Su Continuo cfr. anche Giordano
Montecchi, “‘Continuo’ di Bruno Maderna”, I Quaderni della Civica Scuola di
Musica di Milano, XXI-XXII, 1992, pp. 43-57.
59
Cfr. a questo riguardo quanto Maderna afferma nell’Introduzione al concerto
del 4.9.1959 a Darmstadt, in Bruno Maderna. Documenti, pp. 85-86.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 69

includeva anche oboe e xilomarimba. Il progetto fu quindi man


mano ridimensionato dapprima con l’esclusione dell’oboe, poi
con la rinuncia alle amate sonorità della marimba.60 Il nastro, rea-
lizzato per la riproduzione bicanale, è formato da cinque parti
separate che corrispondono alle sezioni indicate da Maderna in
partitura. Quest’ultima fu pubblicata dalle Edizioni Suvini Zerboni
in due diverse versioni, edite a ridosso l’una dell’altra tra la fine del
1959 e il 1960. Le differenze riguardano soprattutto le indicazioni
esecutive, più rigide nel rapporto flauto-nastro nella prima edi-
zione, più libere nella seconda, dove si lascia ampio spazio alla
fantasia dell’interprete.61 Nel fondo sonoro dello Studio di Fonolo-
gia si conservano, oltre al nastro con la sola parte elettronica (di
11’30”), le registrazioni di due versioni realizzate da Severino Gaz-
zelloni a Napoli nel 1958 e a Colonia nel 1959.62 Il loro ascolto per-
mette di comprendere quanto l’esecutore fosse libero nell’inten-
dere le prescrizioni dell’autore e nell’interpretare la richiesta di
interpolare e/o ripetere sezioni (tratte anche da altri brani). Carat-
teristica questa che, da ora in avanti, contraddistinguerà non solo
la “dimensione” interpretativa delle opere di Maderna, ma che
sarà estesa dallo stesso compositore alla sua prassi creativa, basata
sempre più su procedure interpolative e di rimontaggio (proprio
l’inizio di Musica su due dimensioni, per esempio, sarà ripresa
all’inizio del Don Perlimplin).
Dopo un anno dedicato quasi interamente alle sonorizzazioni e
segnato dal cambio di guardia nella direzione dello Studio (che da
Berio passa a Renzo Dall’Oglio), tra la fine del 1959 e i primi mesi
del 1960 Maderna realizza il nastro bicanale di Invenzioni su una
voce (occasionalmente intitolato anche Dimensioni II).63 La ricerca
sulla voce, incentivata anche dalla presenza di Cathy Berberian,
60
A questo riguardo cfr. la lettera di Maderna a Steinecke del 19 agosto 1958 e la
lettera di Steinecke a Maderna del 29 luglio 1959 (in Bruno Maderna – Wolfgang Ste-
inecke, Carteggio / Briefwechsel, a cura di R. Dalmonte, Lim, Lucca 2001, p. 177 e p.
193).
61
Il numero di edizione di queste due differenti partiture è il medesimo: S. 5573
Z. Sebbene entrambe rechino il Copyright del 1960, il titolo Musica su due Dimen-
sioni appare già, con il medesimo numero d’edizione, nel catalogo generale Suvini
Zerboni del 1959 (data di stampa: novembre 1959). Ringrazio sentitamente
Gabriele Bonomo delle Edizioni Suvini Zerboni per avermi fornito informazioni e
chiarimenti relativi alla datazione di queste partiture.
62
Entrambe contenute nella bobina “E.004”. Esse durano 10’45” (vers. 1958) e
10’10” (vers. 1959).
63
Berio lascia la direzione dello Studio nel 1959; il compositore considerava
Visage (1960) il suo “addio” allo Studio (cfr. “Colloquio con Luciano Berio”, p. 171).
Per il periodo di composizione di Invenzioni su una voce cfr. N. Scaldaferri, Musica
nel laboratorio elettroacustico, p. 85.
70 Angela Ida De Benedictis

era stata fino a quel momento in Studio appannaggio del solo


Berio – che, nel 1958, aveva realizzato uno dei capolavori della
musica elettroacustica, Thema (Omaggio a Joyce). L’approccio di
Maderna allo strumento voce sarà comunque differente da quello
di Berio, sia per le scelte adottate, sia per i risultati. Diversamente
da quanto Berio fa in Thema, per esempio, Maderna non parte da
un testo preesistente (Joyce) e dalla sua implicita sonorità onoma-
topeica, ma da un testo fonetico scritto appositamente dal poeta
tedesco Hans G. Helms con l’esplicita intenzione di non farne sca-
turire alcun significato semantico. L’unico materiale previsto da
Helms per il testo erano i vari fonemi dell’alfabeto suddivisi in base
alla loro sonorità fonica (sillabe aperte, sillabe di transizione, sil-
labe chiuse).64 Il testo è quindi “interpretato” dalla Berberian tanto
da fornire informazioni su contesti espressivi che vanno al di là di
un contesto semantico o di un senso linguistico univoco: la voce
racconta, con un linguaggio per così dire universale, gioia, rabbia,
stupore, piacere, indignazione, spavento ecc. In un dattiloscritto
anonimo conservato presso l’archivio dello Studio di Fonologia, si
legge che, come per il testo, anche la voce è suddivisa in “tre piani
(voce elaborata elettronicamente, voce non-elaborata registrata,
voce dal vivo) che sviluppano nel concreto dialettizzarsi del
decorso sonoro tutt’una complessa rete di interrelazioni struttu-
rali, armoniche, ritmiche e persino scopertamente melodiche”.65
Del brano, che oltre alla voce utilizza anche le sonorità pure dei
suoni sinusoidali, Maderna approntò dapprima una versione di
16’45”, quindi una versione ridotta a ca. 11”.66

64
Cfr. anche il testo di presentazione di Helms pubblicato parzialmente in
Bruno Maderna. Documenti, p. 229. Presso il fondo dello SdF si conserva un testo
dattiloscritto autografo di Helms, simile in parte al testo citato in Bruno Maderna.
Documenti.
65
Dattiloscritto (inedito), SdF, faldone “presentazioni e scritti vari”; insieme a
questo si conservano altri tre dattiloscritti sulla composizione, uno di Rognoni (del
maggio 1960), un testo anonimo in francese e il citato testo autografo di Helms. Una
descrizione molto simile a quella qui citata nel testo si legge in Santi (“Le nuove tec-
nologie”, p. 160). Difficile stabilire se il testo conservato in Rai era stato all’epoca
redatto da Santi o se quest’ultimo citi, senza suggerire la fonte, il dattiloscritto Rai.
66
Cfr. annotazioni manoscritte dello stesso Maderna nella rubrica riprodotta in
“Diario di bordo”, p. 313 (dove si fa inoltre riferimento a una durata ridotta di
12’45”). Nello SdF è attualmente conservata solo la versione di 11’. Su un foglio
manoscritto di Maderna (anch’esso conservato nello SdF), siglato dal compositore
come “lista di Bobine che si porta via Bruno a Darmstadt (naturalmente copie)”, si
fa riferimento a una versione di 7’5” e a una copia bicanale di 15’. Delle incisioni
edite, nel CD Stradivarius 33349 – 1994 si ascolta la versione di ca. 11”, nel CD Acou-
smatrix 7 – 9109 si ascolta invece quella di ca. 16’.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 71

Nel febbraio del 1959, dopo diverse richieste avanzate da Berio


ai vertici aziendali, lo strumentario dello Studio di Fonologia si
arricchisce finalmente di un magnetofono a 4 piste. Con un ritardo
di circa cinque anni rispetto allo Studio di Colonia, anche a Milano
cominciano così a realizzarsi opere in quadrifonia; la prima, nel
1960, fu Momenti di Berio, alla quale seguirono l’anno dopo Sere-
nata III di Maderna e, ancora di Berio, Visage.
Serenata III segna un’ulteriore tappa del cammino maderniano
verso la libera manipolazione degli eventi sonori su nastro. In
quest’opera sono utilizzati solo suoni strumentali, di flauto e di
marimba, dapprima preregistrati quindi montati e manipolati su
nastro. La composizione elettronica è qui non generazione e arti-
colazione nel tempo-spazio di suoni di sintesi, bensì – utilizzando
una felice espressione di Alvise Vidolin – “concertazione per nastro
magnetico”67 di suoni strumentali di natura opposta e comple-
mentare, trasformati grazie a tutte le possibilità offerte dalla tec-
nica dell’epoca (filtraggio, variazione d’altezza, processi additivi a
partire da suoni singoli, montaggio ecc.). Secondo Maderna, la
“curiosità tecnica” di Serenata III “sta nel procedere da un suono
corto a carattere percussivo (quello della marimba) ad un suono
lungo a carattere espressivo ed interpretato (suono del flauto)”.68
Questo passaggio avviene mediante un percorso di ca. 11’20” in cui
l’avvicendamento tra il suono frammentato e spumeggiante della
marimba e le fasce pulsanti del flauto è raggiunto in maniera gra-
duale con variazioni continue e, talvolta, impercettibili.
La quadrifonia fu utilizzata nello stesso 1961 per l’appronta-
mento del Don Perlimplin, “opera concepita e realizzata specifica-
mente per la Radio” tra le più interessanti e riuscite mai prodotte
in Italia,69 quindi, circa dieci anni dopo, per Tempo libero, Ages e
per l’approntamento dei nastri del Satyricon. Le opere prodotte in
questo intervallo di tempo segnano un ritorno alla ripresa sonora
bicanale (dal successivo Le rire) o, più raramente, anche monoca-
nale (come per alcuni nastri dell’Hyperion).
In Le rire, del 1962, la commistione di suoni di sintesi e materiali
concreti (voci e rumori), già adottata in precedenza, si spinge verso
nuove frontiere espressive che letteralmente “esplodono” sotto la
spinta di una drammaturgia acustica in cui si misura tutta l’inven-

67
A. Vidolin, “Maderna e il mezzo elettronico”, p. 201.
68
Dal programma di sala della prima esecuzione (16 maggio 1961, Biennale di
Venezia), citato in Bruno Maderna. Documenti, p. 231.
69
Sul Don Perlimplin cfr. il saggio di Giordano Ferrari in questo volume; cfr.
anche A.I. De Benedictis, Radiodramma e arte radiofonica, passim. La citazione è
tratta da una nota manoscritta di Maderna riprodotta in ibid., pp. 256-57.
72 Angela Ida De Benedictis

tiva maderniana. Nei primi 11’ del brano, Maderna articola in una
successione veloce e rarefatta brevi frammenti di varia natura tra i
quali voci (la sua, di Zuccheri, di Cathy Berberian ecc.), rumori di
passi, scrosciare d’acqua, rullii metallici e suoni sinusoidali. I gesti
sono inarticolati, parcellizzati in una specie di balbettio concreto
che sembra obbedire a un processo di “de-composizione” dei
materiali. È una sorta di teatro dell’assurdo in cui – complice anche
la tecnica di inversione di scorrimento del nastro – il tempo sem-
bra procedere al contrario. Ma dall’undicesimo minuto alla fine,
per ca. 5’, tutto assume una maggiore fluidità e gli eventi sembrano
ritrovare la loro linearità temporale. I precedenti suoni concreti si
dissolvono in un panorama sonoro molto più omogeneo
all’ascolto, in cui prevalgono suoni di sintesi (rumore bianco),
suoni percussivi e continuum. Sia l’illusoria percezione temporale
sia il titolo fanno pensare a Henry Bergson che, secondo la testi-
monianza di Rognoni, sembrerebbe aver indirettamente fornito lo
spunto per dare un nuovo titolo a un brano che, inizialmente,
avrebbe dovuto chiamarsi Ritratto di Marino Zuccheri.70 Il nastro è
stato talvolta associato in concerto ad altri strumenti dal vivo
(quali, per esempio, flauto e marimba) e riutilizzato più volte come
“materiale parziale” in contesti diversi (da Komposition für Oboe,
Kammerensemble und Tonband a Satyricon).71
Dopo la composizione di Le rire Maderna, ormai trasferitosi a
Darmstadt e sempre più impegnato con l’attività di direttore
d’orchestra, dirada drasticamente i suoi contatti con lo Studio di
Fonologia. Invero, fin da questi tempi erano già evidenti i primi
sintomi della parabola discendente dello Studio, dotato di macchi-
nari destinati a una veloce obsolescenza e sempre più lasciato a se
stesso e, soprattutto, alla buona volontà di chi ci lavorava dentro.
La sua stagione d’oro come “laboratorio” può ormai dirsi conclusa
e tutto quanto sarà fatto in seguito non sarà più individuato come
risultato di un luogo, bensì come prodotto dei singoli autori (si
pensi al caso di Luigi Nono, tra i pochi compositori che ha conti-
nuato a frequentare i locali dello Studio fino alla fine, conducendo
infruttuose battaglie per il suo rinnovamento). Tranne rare ecce-
zioni – Nono in testa – i locali milanesi saranno ora occupati perlo-
70
“Aveva registrato la voce di Marino Zuccheri e poi l’aveva elaborata con suoni
sinusoidali, filtri e sovrapposizioni. Quando l’ascoltai, gli dissi che mi sembrava una
dimostrazione della definizione che Bergson aveva dato del riso: ‘Quelque chose de
mécanique plaquée sur du vivant’. Ebbene, mi disse, lo intitoleremo Le rire” (L.
Rognoni, “Memoria di Bruno Maderna negli anni Cinquanta”, p. 150). La dicitura
Ritratto di Marino Zuccheri rimane, secondo alcuni commentatori, come sottoti-
tolo del brano (cfr. p. 243 e A. Vidolin, “Maderna e il mezzo elettronico”, p. 202).
71
Cfr. la scheda del brano in Bruno Maderna. Documenti, p. 243.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 73

più da figure secondarie e, come già detto, adibiti soprattutto alla


produzione di musica funzionale.
Dopo il 1962, Maderna ritorna presso lo Studio nel 1968 per
montare alcuni nastri per una nuova versione di Hyperion72 (lad-
dove nella versione del 1964 erano stati riutilizzati Le rire e Dimen-
sioni III) e nuovamente, nel 1969, per montare il nastro del suo
radiodramma Ritratto di Erasmo. A quest’epoca, la continua mobi-
lità delle opere maderniane (interna ed esterna alla stessa opera)
era divenuta una cifra caratteristica del compositore. Marino Zuc-
cheri ha ricordato che lavorare all’epoca con Maderna era “sempre
una sorpresa”:
… aveva una caratteristica che ti faceva impazzire: cambiava sempre!
Alle volte veniva e si metteva lì da solo a cambiare tutte le carte in
tavola, si inventava tutt’altro su cose che aveva già fatto… ha fatto così
per i nastri di Hyperion, per quello del Venetian Journal – che aveva già
fatto parzialmente in America e poi rifinito in Studio – e anche per il
Satyricon è stato lo stesso!73

In Ritratto di Erasmo, radiodramma commissionato dalla Rai


per concorrere alla XXI edizione del Premio Italia (quindi rifiutato
dalla stessa dirigenza Rai), Maderna arriva a ricoprire i distinti
ruoli di autore del testo, autore delle musiche, regista e curatore
del montaggio. L’opera fu approntata dal compositore in due
distinte sedi Rai. Presso la sede di Roma furono registrate sia le
parti vocali e strumentali, sia le parti testuali. A testo e musica
incisi, il lavoro si spostò quindi nello Studio di Fonologia di Milano
dove fu predisposto il nastro definitivo, frutto di un intenso lavoro
di elaborazione/trasformazione dei materiali e di montaggio.74
Della realizzazione dei nastri di Tempo libero presso i locali
milanesi – circostanza relegata finora al campo delle ipotesi – fa
fede una lettera di fine luglio 1970 alla madre, in cui Maderna le

72
Nel fondo dello SdF si conserva una bobina realizzata nel 1968, la “E.020”,
composta di sei frammenti distinti e presumibilmente utilizzata per la terza ver-
sione dell’opera, messa in scena a Bologna nel luglio del 1968; e ancora due bobine,
“Fon.094” e “Fon.097”, titolate Hyperion. Einspiel (la seconda, che reca l’indica-
zione “Introduzione, Le rire, Invenzione”, sembrerebbe rimandare a una parte dei
nastri rielaborati per la messa in scena di Bruxelles del maggio 1968).
73
“Al tempo delle valvole… Incontro con Marino Zuccheri”, p. 197.
74
Per maggiori informazioni su questo radiodramma cfr. Angela Ida De Bene-
dictis, “‘Ritratto di Erasmo’ di Bruno Maderna”, Musica/Realtà, XXV/73, 2004, pp.
152-82 (in cui si riproduce anche il testo completo dell’opera); Id., Radiodramma e
arte radiofonica, passim; e Romito Maurizio, “I commenti musicali di Bruno
Maderna: radio televisione, teatro”, Nuova Rivista Musicale Italiana, XXXIV, 2,
2000, pp. 233-68: 246-47.
74 Angela Ida De Benedictis

comunica di dover andare a Milano “a fare un pezzo di musica


elettronica allo Studio di Fonologia della RAI-Milano (lo Studio
che io e Berio abbiamo fondato tanti anni fa) che servirà per il
Congresso Internazionale ‘Ambiente dell’uomo’ che incomincerà
a S. Marino verso il 20 di settembre”.75 Idealmente il brano è più
assimilabile alla musica d’uso che non a una produzione d’arte, ed
è concepito come una vera musique d’ameublement (alla Satie),
come un sottofondo ambientale per un ascolto disimpegnato,
distratto e, per questo, volutamente adattabile a diverse situa-
zioni. “Il pezzo è su quattro piste e si possono scegliere diverse
proporzioni, per cui – nelle diverse combinazioni – può durare
anche molti milioni di anni”.76 Tempo libero, di cui esistono più
nastri di diverse durate, è in definitiva una sorta di collage con-
traddistinto dalla massima libertà sia per la scelta dei materiali, sia
per la loro combinazione ed interpolazione. I materiali, perlopiù
di origine concreta, sono tratti dalla quotidianità (rumori, voci
varie, risate, applausi, frammenti di musica intesi come schegge di
un vissuto musicale ecc.77) e sottoposti a elaborazioni diverse. I
nastri preparatori, secondo Marini Zuccheri, sono stati realizzati
“partendo dalle registrazioni delle nostre voci […]. In pratica
l’abbiamo fatto insieme: ognuno diceva delle frasi, poi lui tagliuz-
zava ‘a cavolo’, come diceva ridendo, e metteva tutto insieme,
miscelava, costruiva combinazioni”.78
Sebbene saltuari, i contatti con lo Studio di Fonologia continua-
rono fino agli ultimi anni della sua vita. È qui che, nel 1972,
Maderna approntò il nastro di Ages, “invenzione radiofonica” su
testo di Shakespeare (elaborato da Giorgio Pressburger), che gli

75
Lettera di Maderna a Irma Manfredi del 31 luglio 1970 da Überlingen am
Bodensee (inedita, PSS, Sammlung Maderna). La denominazione esatta della
manifestazione era “I° Biennale internazionale di metodologia globale della proget-
tazione ‘Le forme dell’ambiente umano’”. Tra la corrispondenza di Maderna si con-
servano alcune lettere del “Centro Internazionale ricerche sulle strutture ambien-
tali ‘Pio Manzù’” relative alla genesi e all’approntamento di questo brano.
76
“Conversazione su ‘Tempo libero’ Christof Bitter – Bruno Maderna”, in Bruno
Maderna. Documenti, pp. 115-18: 116. Il compositore ricorda anche come in occa-
sione della sua prima audizione “la musica, diffusa da grandi autoparlanti, si com-
binava con le chiacchiere della gente. La gente poteva notare la musica oppure
anche non accorgersene” (idem).
77
Un vissuto che diviene autobiografico nel caso delle citazioni di brani tratti
dal Don Perliplin o da Invenzioni su una voce.
78
“Al tempo delle valvole… Incontro con Marino Zuccheri”, p. 185. Il nastro di
Tempo libero è stato utilizzato talvolta in associazione con Solo e, insieme con la
Juillard Serenade, con il titolo di Tempo libero II; esso è stato inoltre rimaneggiato in
più versioni (Freizeit I-III); cfr. a questo proposito la scheda che compare in Bruno
Maderna. Documenti, p. 294.
Bruno Maderna e lo Studio di Fonologia della Rai di Milano 75

regalò la vittoria al XXIV Premio Italia.79 Ed è sempre allo Studio di


Fonologia che furono messi a punto – sebbene non materialmente
approntati – i nastri di Ausstrahlung (1971), Venetian Journal
(1972) e Satyricon (1971-73). A quest’epoca le composizione elet-
troniche “pure” (quelle per solo nastro) avevano ormai fatto il loro
tempo e, di fatto, si era di fronte all’impossibilità di definire univo-
camente gli sviluppi della musica elettronica. Per compositori
come Maderna la creazione su nastro era ormai diventata parte
integrante di una pratica compositiva, una componente flessibile e
sonoramente illimitata da manipolare insieme agli strumenti tra-
dizionali. In questa multiforme realtà sonora, qualsiasi classifica-
zione della componente elettronica in una determinata categoria
(tecnica o acustica) sarebbe fuorviante. Per Maderna essa era un
mezzo funzionale alla rappresentazione della sua rutilante imma-
ginazione sonora; un mezzo che, e utilizzando le parole di Berio,
non è nient’altro che il risultato di “quello che se ne fa: è sempre da
inventare”.80

79
Su Ages cfr. A.I. De Benedictis, Radiodramma e arte radiofonica, pp. 280-82 e
passim.
80
L. Berio, “Eroismo elettronico”, p. 664.

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