Sei sulla pagina 1di 13

EDUCARE IL PENSIERO

M.C. Michelini

CAPITOLO 1 - Coordinate teoriche del pensiero riflessivo

Nelle professioni educative il pensiero è molto importante. Se noi vogliamo educare, dobbiamo
passare attraverso il pensiero dell'educando. Non posso educare il pensiero ad uno che non conosce
il proprio pensiero.
Pensiero riflessivo inteso come indagine rigorosa e creativa della realtà da parte degli adulti,
impegnati nelle professioni.
Domande sottese
• Che cos'è il pensiero riflessivo? Di questo ne ha parlato molto Dewey, che si è occupato di
pensiero riflessivo in molti suoi volumi.
• Quali sono le condizioni che favoriscono lo sviluppo del pensiero riflessivo? Se è tutto
troppo facile, il pensiero non si sviluppa. A volte è proprio l'ostacolo, la difficoltà, a
sviluppare un nuovo pensiero. Steve Jobs è la dimostrazione che le difficoltà e gli ostacoli
sono l'occasione per creare un nuovo pensiero.
• Come possiamo organizzare la formazione in vista del pensiero riflessivo?
• Quale relazione esiste tra pensiero dell'insegnante e pensiero degli alunni? Se io voglio
educare ad una forma di pensiero, dovrò sapere quale pensiero ho io. Il canale comunicativo
non è sempre esplicito, ma deve esserlo nella formazione del docente. Bateson parla di
schermo di coscienza: la coscienza è come lo schermo del televisore, dietro è pieno di cavi,
fili ecc.. il bambino vede lo schermo, l'insegnante è quello che fa tutto il lavoro dietro. Se il
bambino non vede lo schermo, la colpa non è la sua, ma dell'insegnante che non è stato
capace di fare tutto il lavoro dietro.
• E' possibile educare il pensiero?

Il pensiero riflessivo
✔ è sapere di sapere;
✔ non è un pensiero d'origine, ma un ritorno, di secondo percorso;
✔ è una conoscenza consapevole della conoscenza medesima (la metacognizione è un caso
particolare);
✔ è il secondo grado del conoscere (Aristotele), quindi una conoscenza di secondo livello, è il
ritornare sul pensiero fatto. È un tipo di conscenza caratterizzata da consapevolezza della
coscienza stessa. La riflessione si ha quando l'intelletto sa di sapere;
✔ è una seconda intenzione, se c'è questa seconda intenzione, c'è la possibilità del superamento
dell'errore, ma deve esserci anche la possibilità del ritorno;

Il vero nemico del pensiero è il tempo. Tutti noi oggi pensiamo solo al presente, ma è necessario un
distanziamento, ma per prendere delle distanze io devo allontanarmi e successivamente tornare.il
tempo è necessario. Quando si dice che l'esperienza è formativa, è formativa solo se prevede i tempi
per ritornare altrimenti è deformativa.

Il pensiero rilfessivo di John Dewey.


✔ Dewey in un certo passaggio definisce il pensiero riflessivo come la miglior forma di
pensiero.
✔ Tant'è che definisce in un altro passaggio "il miglior modo di pensare" o "il pensare come un
arte". Apparentemente il pensiero riflessivo è un pensiero non forzato. Dewey ha sintetizzato
ciò che tutti noi pensavamo.
✔ Il pensiero riflessivo è un abito. Anzi è un repertorio di abiti mentali. L'abito mentale è una
formae mentis che abbiamo acquisito e con cui ci rapportiamo nell'ambiente in cui ci
troviamo. Il pensiero è riflessivo se è un repertorio di abiti e come tutti gli abiti è frutto di un
processo educativo prolungato e coerente, più precisamente di un processo sottostante e
collaterale rispetto alle acquisizioni immediate.
Lo spazio del pensiero riflessivo sembra, dunque, individuabile nella flessibilità agita
metodicamente tra azione e pensiero, tra implicito ed esplicito, tra inespresso ed espresso.
Il termine habitus è ben spiegato da Bourdieu: è un rapporto attivo e creativo con il mondo,
come sistema durevole e trasponibile di schemi di percezione, di valutazione e di azione. Il
campus (società) struttura l'habitus, e l'habitus contribuisce a costruire il campo.
✔ Il pensiero riflessivo è il pensiero che spinge all'indagine ed equivale, quindi, ad "il
cosciente estrarre l'elemento intelligente dalla nostra esperienza". Quindi il pensiero
riflessivo è cosciente. È un estrarre ogni volta dalla nostra esperienza l'elemento intelligente,
anche nelle esperienze peggiori.
✔ Il pensiero riflessivo è un pensiero che spinge all'indagine: il pensiero rigoroso che mi
permette di estrarre l'elemento intelligente.
✔ Il pensiero riflessivo è una catena consequenziale di idee, ovvero una progressiva serie di
risultati che si determinano logicamente, in vista di un fine comune, di una conclusione, nel
senso di risoluzione di una questione.
✔ La qualità del lagame tra pensiero e azione è determinata dal modo con cui effettuiamo la
riflessione. Se il modo del pensiero è occasionale, se procediamo a tentoni, il nostro
discernimento della realtà è rudimentale e la condotta che ne consegue è routinaria.
Se invece il pensiero si spinge oltre e si fa intenzionale, allora cambia la qualità
dell'esperienza che diventa riflessiva.
Polany, collegandosi alle idee di Dewey, ci conduce l'idea di conoscenza tacita o inespressa: noi
possiamo conoscere più di ciò che possiamo esprimere. Polany spiega le caratteristiche e la
funzione di questo tipo di conoscenza che è personale e globale, diversa dalla conoscenza
scientifica, più ricca, acuta e analitica. Entrambe queste forme di conoscenza però sono essenziali.

Il pensiero riflessivo da Dewey a Schon.


Quest'ultimo ha scritto un libro molto famoso "Il professionista riflessivo". Schon in realtà dice
espressivamente che il suo pensiero si rifà a Dewey, quindi segue l'idea di pensiero rilfessivo di
Dewey e Schon lo applica ai professionisti, ed è questa la novità che porta.
Schon è interessato a capire << quale sia il tipo di attività cognitiva nella quale sono impehnati i
professionisti competenti>>.
Ad esempio coloro che costriscono pennelli, architetti, psicoterapeuti.. parla con loro e riporta le sue
conversazioni con questi professionisti.
Si rende conto che il professionista oggi è riflessivo: deve modulare costantemente la sua proposta
secondo il contesto in cui si trova. Il professionista deve esercitaere una modifica del pensiero a
seconda della situazione in cui si trova. Schon si è accorto che tutte le professioni sono cambiate o
cambieranno quindi il professionista deve avere un pensiero riflessivo.
La riflessività si configura come una specie di meta-competenza, attraverso la quale il professionista
esoerto orchestra, utilizza e adatta tutte le competenze del mestiere, ricercando ogni volta non la
procedura standardizzata ed appresa, ma la migliore risposta alla situazione, secondo il sapere, la
sensibilità, il proprio pensiero.
In campo educativo l'interesse per la riflessività è enfatizzato da almeno due ragioni peculiari:
1. anzitutto il processo educativo è per sua natura imprevedibile e mutevole. Ogni singolo
educando è unico e irripetibile, portatore di istanze formative varie, di conseguenza la
relazione educativa è complessa e richiede la regolazione continua e sistematica degli
interventi. Nel caso dell'insegnamento il docente deve saper esercitare una capacità
riflessiva ineludibile per la sua professione.
2. L'educazione coinvolge ed implica i processi di pensiero degli educandi, richiedendone
partecipazione attiva, coinvolgimento, protagonismo. Il soggetto dell'educazione è
l'educando, per cui la formazione a pensare nel migliore dei modi rappresenta una leva
strategica in questo senso.

Indagine rigorosa e creativa della realtà da parte di adulti impegnati nelle professioni.
L'indagine di Dewey è l'indagine rigorosa: condotta secondo dei requisiti della scientificità. Vi sono
5 fasi di indagine rigorosa. Quindi ci vogliono rigore e creatività nell'indagine.

La riflessività nel quadro culturale del terzo millennio

Il pensiero si è confugurato come unico strumento per la soluzione dei problemi della modernità
così complessa. L'indagine non è altro che l'uso del pensiero razionale per capire quali problemi
stiamo affrontando e per la soluzione di tali problemi.
• Modernità: ci riferiamo all'epoca storica che, a partire dalle conquiste illuministiche, ha
posto al centro del mondo l'individuo. Questi, attraverso l'uso della ragione, in ogni ambito
di vita, può conoscere, crescere e progredire, con l'intendimento di superare ogni sorta
d'irrazionalità. La modernità quindi è segnata da una profonda fiducia nelle possibilità
individuali e sociali dell'uomo. In questo clima culturale il pensiero riflessivo si è davvero
configurato come il miglior modo di pensare, un pensiero che spinge all'indagine ed
equivale, pertanto, ad un << cosciente estrarre l'elemento intelligente dalla nostra
esperienza>> (Dewey). Il pragmatismo deweyano rappresenta la più compiuta espressione
della ricerca della certezza attraverso un'indagine resa possibile dalla miglior forma di
pensiero che conduce a cambiare le proprie idee e emozione e il mondo per mezzo
dell'azione. Lo stesso Dewey afferma che "la conoscenza riflessiva costituisce il solo mezzo
di regolazione, il cui valore strumentale è unico", in questo senso ogni metodo
dell'intelligenza che risolva situazioni problematiche è scienza.
La realtà è realtà, che possiamo indagare e traformare attraverso gli strumenti della ragione.
• Post-modernità: l'umanità quindi non si affidava più a soluzioni magiche, ma affermava la
valenza del pensiero come strumento per affrontare la vita, ad un certo punto questo quadro
si è evoluto e da un punto in poi (fine anni '60 inizio anni '70) si inizia a parlare di post-
modernità.
La riflessività è vista come un dispositivo con cui il soggetto post-moderno è costantemente
impeganto a ricercare la verità, che sono imprescindibili dall'esperienza personale delle
cose. Ciò ha portato uno scivolamento dal piano scientifico a quello introspettivo e
discorsivo, conversazionale sulla base del presupposto che ciascuna posizione è parimenti
valida e, che la cogenza dipenda sostanzialmente dal consenso sulle interpretazioni.
Concezione della verità dei fatti: in realtà è la nostra interpretazione dei fatti. Il termine che
ci aiuta a spiegare questa nuova concezione è il termine significato (da conoscenza, a
certezza (modernità) fino ad arrivare alla post modernità).
Nel tentare la risposta la post modernità al centro c'è l'individuo. Nella post modernità il
soggetto è al centro per spiegare un fatto. Ma non è la ragione che esprime la realtà (come si
pensava nella modernità), infatti ognuno da la propria interpretazione, esprime il proprio
significato, e siamo tutti sullo stesso piano.
Nietzsche: "Non esistono fatti ma solo interpretazioni". Il pensiero può dire che cosa è vero
a seconda dell'interpretazione che ognugno da.
Si parla di Ermeneutica (Heiddeger) in cui il logos è strumento d'interpretazione tra mondo
del vero e mondo dell'interpretazione. Nasce nel momento in cui ci si inizia ad occuparsi di
capire cosa la Bibbia significa oggi nei contesti in cui ci troviamo a vivere. Dobbiamo
interpretare il significato e applicarlo al nuovo contesto.
Ci si riferisce anche al radicalismo kantiano che enfatizza l'importanza degli schemi
concettuali e delle rappresentazioni, senza le quali non c'è alcun accesso conoscitivo al
mondo.
• Nuovo realismo: poi però è arrivata la grande crisi, questa realtà che, secondo Ferraris, ci
abbia brutalmente portati alla necessità di una svolta ontologica, cioè noi dobbiamo passare
da un antirealismo magico ad un nuovo realismo, è un realismo che scommette e pone
l'istanza di una diversa alleanza tra soggettivo e oggettivo, per il quale la realtà si dia anche
oggi, una possibilità di essere e ognuno abbia la pissibilità di incidere la realtà, ma non
negandola, come ha fatto a volte la post modernità, nascondendola sotto troppo
soggettivismo, quindi il nuovo realismo ci richiede di realizzare una nuova migliore allenaza
fra realtà dei fatti e la nostra possibilità di dare una nostra interprerazione.
La grande crisi ci ha riportato alla consapevolezza che non è vero che il fatto che ognuno
interpreta sia vero, la postmodernità è la prova della caduta del pensiero debole.
Se Dewey ci ha parlato di pensiero riflessivo, il fatto che successivamente si sia parlarto di
professionista riflessivo e di riflessività, ci fa comprendere come l'accentuazione sia passata
dal riflessivo al soggettivo (professionista riflessivo). Infatti il termine riflessivo è stato
sostituito con professionista riflessivo, facendo diventare il nome un aggettivo è in realtà
una emanazione di questa modalità interpretativa che la post modernità ha posto, suggerito
come forma di rapporto con il reale.
Parliamo pertanto di riflessività come sostentivo, come dispositivo essenziale della dinamica
incessante ed inesauribile tra soggetto e oggetto, io e mondo, attribuzione personale di
significati e realtà ultrapersonale. Questa dinamica è la vita stessa del pensiero riflessivo.
Questo cambiamento ha preso spunto da due contributi:
◦ il "doppio paesaggio" di Bruner: è quello dell'azione descritta, da un lato e della
coscienza dei protagonisti, dall'altro.
◦ Il significato di "antropologia riflessiva" di Bourdieu: l'oggetto specifico della scienza
sociale è la relazione fra hanitus e campi.
Oggi abbiamo bisogno di ricomporre tuttra questa riflessione perchè il ruolo del soggetto
non può andare a discapito della soggettività delle cose, perché queste cose brutalmente
affermano la loro realtà. Nella postmodernità ci siamo illusi che se qualcuno ha determinate
capacità allora per forza deve avere un ruolo, un posto. Nel nuovo relismo ci siamo accorti
che non è così perché si deve andare avanti, fare un passo in più. Noi oggi abbiamo bisogno
di pensiero riflessivo, di persone che sappiano andare oltre la realtà, di vedere più avanti, e
non negando la realtà, coloro che hanno anticipato tutti gli altri.
Il pensiero riflessivo è una specie di inserzione nel vissuto emotivo nelle persone.

Le direzioni del pensiero riflessivo


La prima è la presa di coscienza, la seconda è il cambiamento.
Significa che qualsiasi autentico pensiero riflessivo passa attraverso ad una presa di coscienza ed
arriva ad un cambiamento. Non significa che entrambi siamo paritetiche, ma significa che entrambe
facciano parte di un pensiero riflessivo, le due giunzioni sono sempre congiunte. L'espressione
"presa di coscienza" è stata affermata da Piaget, parlando dei bambini.

La presa di coscienza dell'adulto


Se non c'è una presa di coscienza non si può arrivare al cambiamento. La presa di coscienza avviene
solitamente all'interno di determinati tipi di contesti. È l'oggetto del contesto, del caso di Vera e Leo,
che è casuale, e non la presa di coscienza stessa. Noi possiamo creare quelle situazioni che possono
portare ad una presa di coscienza. Noi possiamo lavorare mai direttamente, ma indirettamente. Il
pensiero riflessivo è una specie di inserzione nel vissuto emotivo nelle persone.
Nell'esempio dell'incendio di Cerro Grande la rapresentazione mentale era diversa da quella che si
stava sviluppando. È l'idea di immagine mentale che gli addetti a questo evento avevano tutti una
rappresentazione mentale che coincideva con una cosa "incendi prgrammati", non hanno saputo
cambiare la loro immagine da incendio programmato a incendio grave. Questo riguarda la presa di
coscienza collettiva, di un gruppo. Coloro che erano nella situazione avevano la componente
mentale, ma è mancato la presa di coscienza intelligente. La rappresentazone mentale deve essere
adeguata al contesto, bisogna estrarre il significato dal contesto. Bisogna curare quella capacità
interpretativa. Qui siamo partiti da una non presa di coscienza.
La presa di coscienza è un qualcosa che anch'esso si stratifica con i livelli di riflessione, ha
qualcosa che centri con il disinserire il pilota automatico.
Nell'esempio del breack down di Varela, ci fa comprendere come l'immagine che sta accadendo
prima di una rappresentazione mentale era il rilassamento; qui la presa di coscienza è individuale,
non collettiva.
La presa di coscienza qui è a più livelli, come nell'esempio della maestra Vera.
• Primo passaggio: ho perso il portafoglio.
• Secondo passaggio: su questa casuale presa di coscienza, ho perso/ mi hanno rubato il
portafoglio, ci sono già due immagini mentali diverse.
• Terzo passaggio: expost comincio ragionare del tipo devo avere l'abitudine di mettere quiel
determinato oggetto sempre nello stesso luogo. Cosa posso fare per evitare che questo danno
sia così rovinoso?
Se qui invece di procedere come da routine, e avesse fatto un ragionamento per capire se era tutto a
posto, forse se ne sarebbe accorta prima o avrebbe addirittura ancora il portafoglio.
Non è detto che si parte sempre da una presa di coscienza, ma anzi parte dal cambiamento (es.
Dell'insegnante Vera).
Presa di coscienza: si tratta di una vera e propria costruzione che consiste nell'elacorare non la
coscienza come un tutto, ma i suoi vari livelli in quanto sistemi più o meno interagenti (Piaget, "La
presa di coscienza").
Una immagine distorta di presa di coscienza è quella che la presa di coscienza non è una
cotruzione, noi dobbiamo vedere quali sono le condizioni che ci aiutano a costruire la presa di
coscienza. Bisogna elaborare non la coscienza in tutto, ma individualmente nei suoi vari livelli.
La presa di coscienza può essere descritta nei termini di "conoscenza di.." Nella piena
valorizzazione di ciò che sappiamo senza bisogno di riflettere, si riconduce la coscienza
nell'acquisizione della consapevolezza.
Il concetto di
habitus (Bourdieu) = habit (Dewey) intesi non come abitudine ma come rapporto attivo e creativo
con il mondo, come sistema durevole e trasponibile di schemi di percezione, di valutazione e di
azione, per un'analisi e un controllo permanene della pratica.

Motivi funzionali della Presa di Coscienza


Metafora dello specchio (Piaget): siamo abituati a vedere la presa di coscienza come uno
specchio. Dobbiamo trasformare questa idea come una questione legata al processo.
"Non uno specchio, ma un processo. Non solo illuminazione, ma concettualizzazione"
Piaget. Dunque, secondo Piaget, la presa di coscienza è un processo vero e proprio, perché
non è immediata e, se vi è un processo, il suo grado di conoscenza deve variare. Di
conseguenza si tratta di una vera a propria costruzione che consiste nell'elaborare non la
coscienza considera come un tutto, ma i suoi vari livelli, in quanto sistemi più o meno
integrati. In questa metafora, lo specchio è uno strumento necessario per l'emancipazione del
soggetto, che rende possibile la conversazione riflessiva con l'altro da sè e con i materiali
della situazione. La presa di coscienza in alcuni casi è premessa di trasformazione e di
immaginazione di alternative. Per quesrto ha un carattere evolutivo e dinamico.
Siegel distingue fra:
• Mindfulness: significa prestare attenzione in maniera deliberata, non giudicante al
momento presente, in questo senso è uno stile di vita. Scuola di pensiero che coniuga da
un lato la tradizione orientale (meditazione) dall'altro conuiga i nostri migliori studi della
mente: l'obbiettivo è la piena consapevolezza del qui ed ora, pienamente consapevoli di
ciò che siamo e ciò che facciamo, senza avere un atteggiamento di giudizio.
Si propone di offrire un percorso alle persone per divenire pienamente consapevoli di se,
qui ed ora, in maniera non giudicante. Siegel è uno degli autori più importanti dei libri di
questa corrente di pensiero.
• Mindsight: è una capacità di base, una specie di attenzione focalizzata che ci permette di
osservare il funzionamento interno della nostra mente, disinserendo il pilota automatico
di comportamenti e di risposte abituali.
Siegel parla della mindsight come il nostro settimo senso: ci consente di nominare per
dominare le emozioni di cui facciam esperienza.
Questa concezione riposta a due aspetti importanti della presa di coscienza:
il carattere olistico della coscienza tra cuore, cervello e mente. Questo aspetto è
riconducibile all'educabilità delle mindsight, che è vista come una forma di expertise che
può essere sviluppata con un investimento di sforzo, tempo e pratica.
Siegel parla anche di consapevolezza cosciente il cui aspetto principale è l'integrazione. Si
tratta infatti di integrazione tra le varie aree del cervello, tra cervello e corpo, tra cervello e
mente umana, è l'integrazione tra gli esiti cognitivi, corporei ed emozionali del nostro
vissuto.
Siegel offre questi strumenti che egli identifica nella mindfulness e nel suo braccio
operartivo, ovvero la mindsight.
Bateson considera la coscienza come una componente, importante ma non unica, della
totalità. Questo approccio suggerisce almeno 3 indicazioni riguardo ai motivi funzionali
della presa di coscienza:
1. il fatto che essa si dia e vada coltivata entro un quadro generale di cui essa è una
variabile, pertanto con rapporti di reciprocità e interdipendenza con le altre variabili.
2. Questo approccio apre piste di lavro ineressanti per quanto concerne il risalire alle
intenzioni dalle azioni.
3. Riguarda gli effetti di ritorno della presa di coscienza sul resto della mente e quindi
dell'azione.
Prendere coscienza ha a che vedere con il risalire alle intenzioni delle azioni e correggere le
ristrette visioni finalistiche: la presa di coscienza ha a che fare anche con gli scopi e
prendere coscienza significa correggere questi scopi quando questi sono troppo ristretti. La
presa di coscienza dei professionisti è favorita da un'abitudine ad una revisione sistematica
delle pratiche.
Piaget afferma che la conoscienza procede a partire non dal soggetto ne dall'oggetto, ma
dall'interazione tra i due. In pratica, vede la presa di coscienza come un processo di
concettualizzazione che ricostruisce e poi supera ciò che era acquisito sul piano degli schemi
d'azione e consiste in una elaborazione graduale di concetti a partire da un dato, che questo
consista in aspetti materiali dall'azione eseguita dal soggetto o dalle azioni che si effettuano
tra gli oggetti. Individua poi, 3 livelli su cui tali meccanismi si ripetono:
◦ primo livello: azione materiale senza concettualizzazione,
◦ secondo livello: concettualizzazione;
◦ terzo livello: astrazioni rilfesse, capaci di conferire un senso più elevato alle operazioni
anteriori.
Watzlawtick in "Change" parla di un salto stadiale qualitativo e non quantitativo. Cambio di
marcia: non è continuando a riproporre le stesse situazioni che noi prendiamo coscienza si
che cosa non va, ma cambiando si prende coscienza di cosa è sbagliato. Sempre Watzlawtick
suggerisce di passare al dogmatismo del "perché?" al "che cosa?". Domandarci sempre che
cosa sia accaduto, non il perché.
Per favorire la presa di coscienza occorre creare l'abito mentale dell'indagine su che cosa sti
accadendo qui ed ora, mettendo le persone in condizione di analizzare continuamente i fatti
e i contenti, gli strumenti e le forme verranno di conseguenza.
Quindi possiamo affermare che favorire la presa di coscienza significa sostenere il cambiamento di
punto di vista, la capacità di guardare alle cose all'esterno della struttura in cui esse si presentano
normalmente. La formazione è costitutivamente educazione all'alterità del punto di vista, alla
visione della realtà dal di fuori rispetto al suo darsi. In questo senso presa di coscienza e
cambiamento di sovrappongono in maniera sinergica
In una estrema sintesi possiamo affermare che la presa di coscienza sembra configurarsi come
comprensione di ordine logico superiore, che avviene per progressione stadiale in un processo di
ristrutturazione della visione delle cose. In esso intervengono in maniera dignificativa ed integrata,
oltre a quella cognitivs, le componenti emozionale, affettiva ed esistenziale.

Il Cambiamento
Cambiamento: rozzo denominatore comune, non c'è dubbio che la parola apprendimento denoti un
cambiamento di qualche tipo, dire di quale tipo di cambiamento è una faccenda delicata. (Bateson
"Verso un'ecologia della mente")
Che cos'è la presa di coscienza di un adulto impegnato in una professione?
• Come avviene?
• Come procede?
• Perché avviene?
• Quali sono i motivi funzionali?(denominato da Piaget) quali sono i mtivi che la attivano?
• Quali sono le condizioni?
• Qual è il know out? (conoscenza professionale)
• Qual è l'habitus del professionista riflessivo?
• Come si forma un professionista riflessivo?
Il cambiamento è:
• Rozzo denominatore comune (Bateson): si parla di cambiamento a categorie, di oggetti, che
a loro volta incidono sul cambiamento di altri; Gardner si occupa come il cambiamento di
pensiero di persone importanti influenzino anche l'intera società (come Darwin, la Tacher..)
• Immaginare alternative (Bruner): una presa di coscienza produce un pensiero che riguardi
delle alternative. Corrisponde secondo all'autore alla "nostra incredibile capacità intellettuale
di concepire altri modi di essere, di agire, di lottare". Il contributo di Bruner evidenzia
l'aspetto creativo e divergente del pensiero, il quale, non solo corregge quanto risulti
inadeguato alla luce dell'esperienza e riflessione, ma immagina alternative, innova, inventa.
Immaginare alternative passa attraverso l'esperienza che viene riformulata, valutata e
riconsiderata in modo riflessivo. La narrazione in questo senso, è il sistema con cui le
persone organizzano la propria esperienza, individuale e/o sociale, per costruirne il
significato.

Habermas ha proposto una concezione di modernità come attenuazione delle strutture di


autorità consolidate, che impone una nuova direzione all'imparare. In questa visione la
riflessione è la dinamica centrale dell'apprendimento intenzionale. Da questa teoria Mezirow
afferma la teoria della:

• Trasformazione (Mezirow, successivo a Dewey e a Schon di cui segue gli studi):


apprendimento trasformativo, che si identifica con il pensiero riflessivo. Quando la
riflessione rivela che gli schemi interpretativi della realtà sono inadeguati, noi siamo
costretti a cambiare: questo è l'apprendimento trasformativo.
Mezirow affronta il cambiamento di sè, che coincide con l'apprendimento dell'adulto.
L'apprendimento trasformativo è quel gioco incessante tra l'essere prigionieri della nostra
storia personale e culturale e il divenire liberi, cioè capaci di dare un nome alla nostra realtà.
È un esercizio del pensiero riflessivo, critico e razionale, sul proprio modo di intendere e
interpretare la realtà.
Mezirow individua 4 tipologie dell'apprendimento adulto:
1. l'apprendimento attraverso gli schemi di significarto posseduti dall'individuo;
2. l'apprendimento di un nuovo schema di significato;
3. l'apprendimento attraverso la trasformazione di schemi di significato;
4. prendere consapevolezza, attraverso la riflessione e la critica, della distorisione e
della conseguente trasformazione dei presupposti su cui si basa la prospettiva.

• Avere difficoltà nel cambiare è normale;


La teoria dei gruppi ci dice che all'interno di qualcosa che chiamiamo gruppo sono possibili una
serie di variazioni e collegamenti, ma il cambiamento vero e proprio è possibile solo ed unicamente
se noi usciamo dal gruppo. Quando cioè per la situzione che stiamo affrontando, noi abbiamo uno
sguardo all'esterno del gruppo. Il cambiamento vero e proprio avviene se noi guardiamo all'esterno
rispetto a tutti i membri del gruppo.
Quando Waslavich propone questo gioco dei nove punti nel suo libro, la scoperta che la soluzione è
quella, ci induce a pensare che il cambiamento rappresento che il cambiamento è una folgorazione
repentina, immediata.
A partire da questa medesima teoria Bateson, appartenente allo stesso gruppo (scuola di palo alto)
arriva ad elaborare la teoria dei tipi ligici di apprendimento:
0. Apprendimento di tipo zero è l'apprendimento di una risposta specifica,
(Sapere che...) significa che non c'è la possibilità dell'errore e la sua concezione. È un
apprendimento limitato, di una risposta specifica, è la semplice ricezione di un'informazione
da un evento esterno.
1. Apprendimento di tipo uno (protoapprendimento) è il cambiamento nella specificità della
risposta, risponde alla dicitura "sapere come..". Questo tipo di apprendimento significa che
dentro a quel contesto io ho appreso una seire di possibili risposte tra i quali io sono in grado
di scegliere e io quindi so fare una cosa nella misura del contesto (so andare in bici se so
scegliere lo schema giusto in base ad una situazione). È un livello logico diverso in cui la
correzione del giusto o del sbagliato è possibile.
2. Apprendimento di tipo due (deuteroapprendimento): a lungo andare si formano nel soggetto
dei cambiamenti dell'apprendimento uno, non solo quindi dei cambiamenti ma anche del
contesto, cioè si costituisce una formae mentis. Dewey afferma che mentre si apprendono
determinate cose, collateralmente e sotterraneamente, si formano degli abiti mentali. Le
formae mentis sono un'innalzamento dell'apprendimento. Dewey distingue tra abitudine
(l'adattamento intelligente alla situazione) e routine. La pedagogia degli ultimi deceni ha
dato una grande imprtanza alle formae mentis. La scuola deve puntare alla costruzione di
una formae mentis in quanto i saperi tendono all'obsolescenza e sono in continua
trasformazione. Le formae mentis una volta apprese resistono al cambiamento.
La formae mentis si sviluppa in maniera non intenzionale, senza che io me ne accorga,
perché il deuteroapprendimento è un processo implicito.
3. Apprendimento di tipo tre: è un apprendimento rarissimo, che riguarda solo gli umani,
mentre gli apprendimenti precedenti sono possibili anche dagli animali. Lui lo riconduce
solo a due fenomeni:
◦ le conversioni religiose,
◦ le psicoterapie ben riuscite.
Non sono apprendimenti impliciti, bensì sono apprendimenti ricercati. Noi andiamo a
cambiare le premesse che stanno alla base delle nostre abitudini, ed è perciò che questo
apprendimento secondo Bateson è un fenomeno raro perchè implica una profonda
riorganizzazione del carattere, comporta una messa in gioco assolutamente superiore. La
teoria di apprendimento di Mesirow, nasce nel momento in cui sua moglie decide di
iscriversi all'università, e si accorge che in realtà molte donne continuano a pensare da
casalinghe, per cui è vero che frequentano l'università ma fanno ancora il loro ruolo di
madre e moglie, ovvero fino a quando queste donne rimangono con questa visione, non
svilupperanno un cambiamento 3, hanno solo sviluppato un nuovo abito. Quando queste
donne cominciano a mettere in discussione i ruoli famigliari, si stanno avvicinando
all'apprendimento 3, mutano la vita famigliare, e qui si parla di apprendimento interpetativo.
Cambiano prospettiva complessiva della vita famigliare, del loro ruolo. L'apprendimento di
tipo 3 interviene a esaminare, indagare, cambiare le premesse, che stanno alla base delle
abitudini di agire in un contesto.

L'apprendimento di tipo 2 ha dei limiti: la schelettrizzazione degli abiti mentali, che sono difficili da
cambiare. L'abitudine può degenerare in routine. La prima è l'intelligente modo migliore di
approcciarsi alla relatà. La seconda è la riproduzione di un certo modo di fare meccanico.
Il pensiero riflessivo fa parte dell'apprendimento di tipo 3, in quanto bisogna modificare i propri
schemi mentali.
L'apprendimento è cambiamento di se e si avvicina di più al pensiero riflessivo. Essendo un
apprendimento quasi impossibile, porta a dire che il percorso riflessivo non è di tutti.
L'apprendimento 3 avviene solo intenzionalmente, sono se vogliamo cambiare il nostro carattere.
L'apprendimento 3 è un nuovo modo di pensare che crea un ponte tra i fatti della vita e il sè. Tra
tutto ciò e l'infinito magma delle possibilità che la creatività vede, in un gioco incessante tra
consapevolezza e immaginazione delle alternative, che sa giocare creativamente solo chi sa rompere
le cristallizzazioni delle proprie abitudini, quando di rivelino troppo rigide o limitanti o superate.
L'apprendimento 3 è di tipo logico assolutamente differente.
Come favorire l'apprendimento 3?
• apprendere più rapidamente le abitudini (apprenidmento di tipo 2)
• imparare ad impedirsi le scappatoie che permettono di sfuggire all'apprendimento
• imparare a cambiare abitudini
• imparare a limitare o indirizzare l'apprendimento
• apprendere i contesti dell'apprendimento

Esempi dell'apprendimento di tipo 3:


Steve Jobs ha cambiato il nostro modo di relazionare con la comunicazione, ha insegnato che è
possibile avere il mondo in tasca.
Tom Sawyer ha saputo cambiare una punizione in un momento di socializzazione. Ha cambiato
l'immagine mentale (punizione).

La dinamica del cambiamento


• Gardner: parla della difficoltà di quello che chiama "cambiare idee", si occupa della
trasformazioni che avvengono nella mente, ma solo "nella misura in cui si traducono in un
modifica, immediata o futura del comportamento". Giunge a identificare i diversi agenti e
oggetti che sollecitano il cambiamento, gli strumenti di cui essi dispongono, i sette fattori
che contribuiscono a determinare il successo. Egli sostiene che ciascuna intelligenza delinea
una diversa forma di rappresentazione mentale. Queso significa che quanto più numerose
sono le intelligenze cui è possibile ricorrere nelle discussioni, tanto più e probabile riuscire a
influenzare la mente di una persona e tanto maggiore sarà il numero delle menti che si
riuscirà a influenzare.

• Baldacci applica questo principio alla questione della scelta del metodo didattico
dell'insegnamento scolastico: "ogni alunno impara meglio se può usare la modalità di
apprendimento che gli è più congeniale, perciò occorre diversificare le modalità di
presentazione degli argomenti e dare modo ad ogni alunno di adottare le modalità di
apprendimento preferita".
Parliamo quindi, di un'immagine mentale di sè ragionevolmente esatta e della capacità di
controllarla e, se necessario, modificarla.
Esempio: esercizio del coprire i nove pallini.
Le nostre cornici si difendono attraverso:
• ansia;
• insensatezza;
• falso appagamento.
Chi è riuscito a risolvere il gioco ha superato le proprie cornici, a distaccarsi da esse. La prima cosa
importante è non negarle, ma riconoscerle e eccettarle. Dal punto di vista emotivo è riuscito a
canalizzare le proprie emozioni, cerca di non rimanerne prigioniero, ma è andat
o avanti superandole.
I punti non sono un quadrato, ma che cosa hanno in comune i punti e il quadrato?
Noi abbiamo la predisposizione, uno schema che ci porta ad associare questi punti ad un quadrato.
In qualche modo il quadrato è dentro di noi, dobbiamo riconoscere che cosa sta pensando la nostra
testa. La cultura sicuramente ha un suo peso.

Cambiamento come ridefinizione di immagini mentali


Il cambiamento avviene quando si riesce a ridefinire l'immagine mentale. L'immagine di Tom è
cambiata dopo il momento di crisi.
"Una cosa è impossibile da realizzare finché non arriva uno sprovveduto a neutralizzarla" -> Steve
Jobs imponeva sfide enormi ogni volta che inventava un nuovo mezzo tecnologico.
Solo ponendosi all'esterno, possiamo risolvere il problema interno.
Gardner: esistono 7 leve per il cambiamento delle idee:
1. ridefinizione delle immagini mentali,
2. razionalismo,
3. ricerca,
4. risonanza,
5. risorse e ricompense,
6. realtà esterna (se non ci fosse l'attrito del reale si cambierebbe molto meno),
7. ricompense
Abbiamo bisogno di forme di rispecchiamento per poter cambiare. Se la realtà esterna non fa attrito
sul pensiero è difficile che ci sia un cambiamento.
Il pensiero riflessivo non è astrazione, le situazioni di normalità sono tutte occasioni per il pensiero
riflessivo.
Es. "Guernica" di Picasso. Dipinge la guerra civile spagnola quando c'è l'esaltazione della gierra,
volendo dire che la guerra è una profonda lacerazione di un popolo. Ha scomposto i pezzi
appartenenti alla guerra.

Le condizioni del cambiamento


Watzlawick ha evidenziato alcuni errori comuni che non portano ad un cambiamento:
✗ negazione del problema;
✗ agire quando non si dovrebbe agire e viceversa;
✗ agire al livello sbagliato.
Watzlawick afferma che la nostra difficoltà sta nel lasciarsi distrarre dal dogma del "perché",
piuttosto che riflettere sul "che cosa".
Le sette leve del cambiamento interpretate da Gardner fanno si che vengano levati i blocchi che non
ci fanno arrivare al cambiamento.
Secondo Watzlawick sono 4 i livelli del cambiamento:
1. chiara definizione del problema in termini concreti;
2. analisi della soluzione tentata;
3. chiara definizione del cambiamento concreto da effettuare;
4. formulazione e messa in atto di un piano per provocare il cambiamento.
Questi 4 livelli facco eco al problem posing e al problem solving.

Condizioni per il pensiero riflessivo


Queste condizioni, nel loro insieme e nei rapporti che le legano l'una all'altra, danno vita a conesti
riflessivi. Le condizioni del pensiero riflessivo sono corrispondenti alle qualità peculiari del
processo medesimo. Queste condizioni sono:
• Conversazione riflessiva con i materiali della situazione: il pensiero riflessivo è un processo
dialettico tra il soggetto/i e gli oggetti della situazione. Il pensiero riflessivo è scambio,
narrazione che produce significati non dati preliminarmente, ma costruiti attraverso
l'interpretazione linguistica, integrando le diverse prospettive verso una definizione
condivisa la quale produca un consenso non dato a priori.
È un'espressione che utilizza Schon nella sua opera, in cui riporta i vari casi di cui si occupa
come esempio di pensiero riflessivo dei professionisi con cui ha parlato. Es. della fabbrica di
pennelli e vernici, dove le setole usate, da naturali si passa alle artificiali, ma producono un
effetto che non piace. Schon riporta le conversazioni che ci sono state tra i professionisti che
dirigevano la fabbrica. Non sanno cosa fare, fin che qualcuno chiede "che cosa fa il
pennello?" e uno risponde "il pennello è come una pompa": il pennello con setole naturali
raccoglie al suo interno la vernice e poi la rilascia sul muro in seguito ad una spinta, avanti e
indietro e nel gesto del tornare indietro la vernice viene spinta, sparata. Da qui si arriva alla
consapevolezza che le spatole artificiali non raccolgono e sparano la vernice, bensì la
spalma.
È una conversazione che prende sul serio materiali, oggetti della situazione.
Parlare di materiali delle situazioni significa dare peso a ciò che i professionisti fanno
quotidianamente e a quello che pensano di ciò che fanno mentre lo fano. Significa cogliere i
dati delle situazioni. Prendere sul serio i materiali conreti di una situazione porta spesso ad
avere a che fare con materiali poco coerenti e chiari, a volte contraddittori. Le situazioni
inoltre, sono sempre limitate.La prima autentica condizione del pensiero riflessivo è
costituita dal suo muoversi e nutrirsi da questo "humus" disordinato e impervio di cui sono
fatti i materiali concreti delle situazioni.
Vygotskij suggerisce un metodo che favorisce la ricerca verso conversazioni riflessive con i
materiali della situazione che siano unitarie rispetto alle differenti esigenze: questo metodo
d'indagine riguarda il rapporto tra pensiero e linguaggio (è a favore di una "unità di
relazione" piuttosto che ad una divisione) e sul come le conversazioni riflessive possono
essere indagate per comprendere il significato in vista del pensiero (favorire il legame
positivo tra pensiero e linguaggio fa si che si possano costruire nuovi strumenti e nuove
ottiche di interpretazione).
• Rispecchiamento emancipativo: promuovere la condizione che favoriscono il riflessamento.
È un pensiero riflessivo che ha un forte legame tra sfera individuale e sfera collettiva. La
riflessività comporta ed è resa possibile dall'impiego consapevole di specchi come
animazione del pensiero, nella direzione interno/esterno. La riflessività è essezialmente
strategia volta all'innovazione, alla trasformazione, all'efficacia, all'autonomia dei soggetti e
delle comunità in cui essi operano. Ha una natura democratica, riconoscendo e chiedendo a
ciascun professionista di assumere responsabilmente il governo del proprio agire.
L'apprendimento riflessivo produce questa trasformazione dei presupposti valutati
criticamente e rivelatisi inadeguati per la situazione, produce, quindi emancipazione
(termine coniato da Schon).
Schon propone uno schema a spirale dalla riflessione "in action" a quella "on action" e alla
"reflection on action in action":
1. Reflection in action
Il contriburo di Schon va avanti perché questo è il dispositivo che S ha individuato: riflettere
nel corso dell'azione. Il professionista innanzitutto riflette mentre agisce. L'agire risponde a
quella che Michael Polany chiama "conoscenza tacita o inespressa": è ciò che ci rende
possibile vivere (ad esempio la routine [di cui ci parla Deves che la disrtingue da abitudine],
mentre si guida...)
2. Reflection on action
è il pensiero riflessivo che ritorna nell'azione.
Su questa conoscenza tacita si innesta (in maniera sistematica e intenzionale per il
professionista) il pensiero riflessivo. La routine è mancanza di riflessione.
3. Reflection on reflection in action
è una metariflessione cioè una riflessione su una riflessione in azione.
La riflessione non è un fenomeno che si da una volta per tutte ma è un fenomeno ricorsivo,
stratificato. È un ritorno prohgressivo sul medesim oggetto.
Il pensiero riflessivo mi consente di arrivare all'essenziale.
*Wood, Bruner e Ross invece indicano la dinamica nel rapporto insegnante allievo nei
termini di:
◦ 1 fase: Modeling: il maestro spiega il mestiere, è il modello, e l'apprendista osserva.
◦ 2 fase: Scaffodding: struttura di sostegno
◦ 3 fase Fading: tolgo gli strumenti di sostegno perché il ragazzo è capace di fare da solo.
Si tratta di autonomia operativa.
Differenza fra:
• imitazione: forma passiva di adesione ad un modello di riferimento;
• rispecchiamento: forma attiva di ricerca di significato dei profili nascosti della realtà, ricerca
che passa anche attraverso la proiezione in rappresentazioni per similitudine. In questo caso
la proiezione è funzionale e viene ben presto superata da un'autonoma struttura di pensiero e
di azione.
• Comunità di pensiero: Wenger è il primo che ha parlato di "comunità di pratica" e ha
affermato con Shon l' apprendimento organizzativo. Le comunità di pratiche sono
aggregazioni di persone che sono unite da una comune pratica. Una volta cessata quella
pratica da parte di un individuo, questo non fa più parte della comunità. In che modo può
crescere una comunità di pratica? E qui entra in gioco l'apprendimento organizzativo.
L'apprendimento individuale diventa organizzativo quando l'organizzazione intera apprende
l'idea di quell'individuo. Quando l'intera organizzazione avrà appreso il cambiamento, allora
si potrà parlare di apprendimento organizzativo.
Wenger, McDermott e Snyder individuano 7 scopi della comunità di pratica:
1. progettare per l'evoluzione;
2. aprire un dialogo tra le prospettive interne ed esterne;
3. favorire differenti livelli di partecipazione;
4. sviluppare spazi di comunità sia pubblici che privati;
5. concentrarsi sul valore;
6. combinare esperienze famigliari;
7. dare ritmo alla comunità.
(Secondo la Michelini è meglio) Parlare di comunità di pensiero: in realtà ciò che produce
autentico cambiamento e consapevolezza è il pensiero non la pratica. È convinta che sia
quello l'elemento potente, la pratica ha una grande potenza ma solo se legata strettamente ad
una profonda capacità di pensiero, altrimenti ci rende solo tecnici, abili utilizzatori delle
cose. In realtà se vogliamo porre delle situazioni in cui ci sia pensiero riflessivo, noi
dobbiamo costruire una comunità di pensiero. Una comunità c'è se si da degli scopi. La
comunità di pensiero, in un contesto scolastico porta alla nascita di sinergie, creatività,
crescita professionale e impulso educativo.

Formare al pensiero riflessivo


La definizione stessa di "progetto che da forma all'azione" appare essenziale e complessa. La
pedagogia cerca di capire questa definizione attraverso due versanti correlati tra loro:
1. Ridefinizione del proprio statuto epistemologico: la pedagogia si è ridefinita come scienza
della pratica, e ciò significa che l'insieme delle questioni che caratterizzano tale disciplina
sono quelle che si incontrano nella pratica. La pedagogia è anche scienza progettuale
(Simon) che si occupa di studiare e sviluppare questa capacità di affrontare e risolvere i
problemi educativi, sia in termini operativi che teorici. La progettazione che porta ad una
trasformazione educativa è un esercizio riflessivo che richiede immaginazione creativa, da
un lato, e senso di possibilità realistica dall'altro.
2. I mutamenti socio-culturali e la loro incidenza sul senso e sui modi di formazione: fino agli
anni '60/'70 la scuola era considerata come trasmissione del mercato del lavoro, perciò era
inadeguata per rispondere alle esigenze della società. Successivamente in ambito
pedagogico, si sono posti i fondamenti di una teoria generale della formazione che fosse
capace di rispondere alla rapida trasformazione delle conoscenze e delle competenze
richieste, pervenendo a formalizzazioni adeguate di modelli.
2006: viene approvata una Raccomandazione che segni la necessità di una formaizone che
integri efficacemente tre aspetti fondamentali di ciascuna persona:
◦ la realizzazione e la crescita personale (capitale culturale),
◦ la cittadinanza attiva e l'integrazione (capitale sociale),
◦ la capacità d'inserimento professionale (capitale umano).
L'obbiettivo è quello di formare i cittadini del terzo millennio affinchè riescano a dare un
senso alle avventure e alle disavventura individuali conseguenti alla crisi. La formazione
in questo senso non può essere che riflessiva.

Educare il pensiero riflessivo


Direzioni PRESA DI COSCIENZA CAMBIAMENTO
Condizioni
Conversazione riflessiva con i Es. esplicitazione delle proprie Es. scambio di pratiche
materiali della situazione pratiche

Rispecchiamento a carattere Es. uso sistematico e ricorsivo di Es. Tirocinio*


emancipativo strumenti narrativi e riflessivi (es, Es. Apprendimento cognitivo
taccuino, tracce) * (modeling, scaffodding, fading)*
Es. Tutoring
Comunità di pensiero Es. gestione collegiale della Es. ricerca-azione
formazione

* Tirocinio rilfessivo è il percorso formativo che potremmo definire come esperienza intelligente
dei contesti reali.
* Strumento offerto agli insegnanti per esplicitare le proprie pratiche. Questo strumento gli
consentiva di rispecchiarsi in maniera sistematica e riflessiva. È diviso un tre parti:
1 ricognizione anagrafica,
2 riflettere sui processi di apprendimento e sui processi di insegnamento.

I distinti circuiti (insegnamenti, laboratori, tirocinio e seminari) si svolgono in maniera


sostanzialmente sincorna tra loro, in modo da consentire la costante e corretta conversazione
riflessiva tra materiali vari (conoscenze, procedure, esperienze, riflessioni) ed evitando anche errate
interpretazoni in senso lineare e gerarchico.

Potrebbero piacerti anche