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DSA 3.0
Tagliabue Cinzia
INDICE
1_ DSA e apprendimento
o Cosa compensare
o Tecnologie compensative
o Apprendimento multimediale
5_Conclusioni
6_Bibliografia e sitografia
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1. DSA e apprendimento
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lavagne interattive multimediali, supporti audio, video, documentari e film di
argomento.
Questo grossolano panorama del sistema di studio e di organizzazione
dell’apprendimento nella scuola italiana, risulta molto più complesso se lo pensiamo per
un alunno o uno studente con una diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento che
cioè parte con uno svantaggio proprio su quelle abilità di base necessarie per
l’apprendimento stesso.
Proprio in risposta a questo svantaggio come definito nell’art. 5 della legge nazionale
n.170/2010, sono previste delle “misure educative e didattiche di supporto” definiti
provvedimenti dispensativi e compensativi.
Nei prossimi capitoli si approfondiranno gli strumenti e le strategie compensative e le
misure dispensative con le quali i “nativi digitali” e gli insegnanti di oggi, scrivono
nuove strade per i disturbi dell’apprendimento.
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di operazioni concrete che servono a rendere più efficace e produttivo il proprio studio,
offrendo una prospettiva pedagogica più ampia con particolare attenzione ai processi
cognitivi e socio-affettivi legati alla strategia stessa.
Il passaggio da abilità di studio a strategia di apprendimento però, non può prescindere
da alcuni fattori che ne condizionano l’applicazione e l’utilità di una strategia. La
variabilità individuale, del contesto e dei compiti infatti, rendono ancora più importante
la personalizzazione mettendo in evidenza la necessità di coinvolgere l’alunno nella
creazione stessa di queste strategie.
La variabilità individuale si definisce come quelle strategie che possono essere recepite
ed utilizzare dagli studenti in base alle loro preferenze; definiamo questa variabilità
come stile di apprendimento intendendo l’approccio complessivo di una persona
all’apprendimento, il suo modo preferito di percepire e reagire ai compiti, un modo che
si manifesta in maniera piuttosto costante, in una varietà di contesti e che condiziona poi
la scelta e l’uso delle strategie. Da non dimenticare l'importanza di altre differenze come
l'età, l'attitudine, l'intelligenza generale, le modalità sensoriali preferite, la motivazione,
lo sfondo socio-culturale (Skehan 1989) e la compromissione specifica di alcune abilità
di base come nel caso dei disturbi specifici dell’apprendimento.
La variabilità del contesto fa riferimento alla dinamica che lega studenti e insegnanti,
apprendimento e insegnamento. Lo stile di insegnamento, infatti, è un filtro attraverso
cui l’insegnante seleziona e gestisce in classe compiti, materiali e attività ed è la base
con cui l’insegnante cerca di facilitare e ottimizzare il lavoro dell’alunno. Da non
sottovalutare è che la modalità attraverso la quale si impara, insieme agli atteggiamenti
e alle convinzioni che si sviluppano nel tempo in base alle proprie esperienze,
condizionano il proprio modo di insegnare; questo mette in evidenza come lo stile di
apprendimento dell’insegnante sia uno dei fattori che influenza lo stile stesso di
insegnamento.
La variabilità del compito, invece, fa riferimento alle caratteristiche dell’esercizio e
dell’attività (lo scopo, le richieste, il grado di difficoltà, abilità richieste per il suo
svolgimento..) attivando sia gli sforzi strategici di insegnamento che sia le strategie di
apprendimento più opportune.
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Risulta ora più chiaro come la delicata relazione tra strategie di apprendimento dello
studente e strategie di insegnamento, rappresenti lo snodo importante per la
realizzazione del compito e con essa il risultato degli interventi didattici.
Se pensiamo questa relazione alla luce delle problematiche presenti nelle classi italiane,
fra cui l’emergere di situazioni di difficoltà-disturbo dell’apprendimento, ci accorgiamo
come questo rapporto sia di fondamentale importanza anche per tutta l’esperienza
scolastica ed educativa di un bambino, ragazzo e adolescente sia sul piano educativo-
didattico sia su quello emotivo-relazionale.
Il ruolo delle strategie deve essere quello di favorire lo svolgimento dei compiti con
particolare attenzione proprio alle situazioni nelle quali insorgono problemi; questa è
proprio l’essenza del comportamento strategico: ottimizzare le risorse, raggiungere
l’obiettivo rendendo il compito accessibili a tutti. Strategie di apprendimento e di
insegnamento, quindi, hanno l’obiettivo comune di fornire un supporto concreto,
operativo alla soluzione di un compito rendendo l’alunno pienamente autonomo anche
nel superamento di eventuali problemi; gli “sforzi strategici” devono tradursi da parte
degli insegnanti in strategie più esplicite, riconoscibili, che tengano conto della
variabilità individuale e della variabilità del compito e da parte degli alunni nello sforzo
di mantenerle e riadattarle su altri compiti.
“Attivare nuove strategie” per “insegnare strategie” significa anche utilizzare gli stessi
canali e strumenti propri degli alunni “nativi digitali”, cercando anche di tradurre il tutto
in strategie formato 2.0. Questo introduce e fa da sfondo alla tematica degli strumenti
compensativi, dispensativi nell’ampio contesto degli apprendimenti multimediali.
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Pensando a questi strumenti nella didattica di tutti i giorni e nella vita di molti bambini e
ragazzi con disturbo dell’apprendimento, bisogna precisarne alcuni aspetti.
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denominata ICF promossa dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), porti lo
studente con DSA a trovare un equilibrio e un ambiente favorevole e “abilitativo” nei
confronti delle sue abilità deficitarie.
Per potere mettere nelle condizioni di usare davvero gli strumenti servono modelli
didattici definiti. La problematica principale, che verrà spiegata nei prossimi capitoli, è
quella che il problema non sono gli strumenti ma le competenze; il reale ostacolo appare
oggi quello di è far imparare ad usare questi strumenti fin da piccoli per far crescere
nuove skills e renderli davvero strumenti al servizio dell’insegnamento e
dell’apprendimento.
o Cosa compensare
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Questi disturbi si caratterizzano anche per cambiamenti significativi dei sintomi in
relazione all'età, in termini sia qualitativi (il tipo di errore), sia quantitativi (ad esempio
la lentezza nella lettura). Di conseguenza la variabilità di profili diagnostici è molto
ampia.
Come verrà approfondito nei prossimi capitoli in relazione anche all’esperienza di
tirocinio, diventa importante delineare un profilo generico di studente per le diverse
diagnosi all’interno dei disturbi specifici dell’apprendimento cui fare riferimento in un
progetto di empowerment e di impostazione del metodo di studio. Ogni percorso
richiederà, in ogni caso, un adattamento ad hoc costruito in base alle peculiari capacità e
alla storia personale del bambino o ragazzo che si accompagna in questo percorso.
Per quanto riguarda l’apprendimento possiamo identificare alcune caratteristiche
comuni ai bambini e ragazzi con DSA:
✓ Tendenza ad eccellere in materie quali arte, meccanica, costruzioni, vendite,
musica, design.
✓ Preferenza per le prove orali.
✓ Apprendimento più rapido attraverso l’ascolto, l’osservazione, la
sperimentazione e gli aiuti visivi.
✓ Difficoltà a non ricordare le elencazioni (nomi, cose, numeri, tabelline…)
✓ Confusione con lunghe spiegazioni verbali
✓ Difficoltà nella consapevolezza del tempo, nella gestione, nella puntualità.
✓ Difficoltà nella Memoria a Breve Termine
✓ Preferenza per l’elaborazione dei pensieri per immagini
✓ Impaccio nei movimenti e scarsa coordinazione.
✓ Confusione nella localizzazione spaziale e temporale (sopra-sotto, destra-
sinistra, prima-dopo).
Di seguito riassumiamo le caratteristiche e la semiologia dei disturbi specifici
dell’apprendimento
Dislessia evolutiva
“Con il termine «Dislessia evolutiva» intendiamo uno specifico disturbo
nell'automatizzazione funzionale dell'abilità di lettura decifrativa (lettura di testi o
parole ad alta voce)” (Vio, Tressoldi, Lo Presti, 2012). La mancanza di
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automatizzazione si traduce in un'eccessiva lentezza nella lettura, che si accompagna ad
un abbondante numero di errori di natura visiva, fonologica o lessicale.
La semiologia del disturbo si traduce solitamente in:
✓ Lentezza nella lettura.
✓ Elevato numero di errori di lettura: inversione di lettere, confusione di lettere
graficamente simili come b-d, p-q o fonologicamente simili come d-t, f-v,
aggiunta o omissione di lettere, errore di accento.
✓ Particolari difficoltà nel leggere o nel pronunciare.
✓ Lettura di una parola e poi assenza di riconoscimento in seguito nella pagina.
✓ Brevi tempi di concentrazione per lettura e scrittura.
Disortografia Evolutiva
Con il termine “Disortografia evolutiva”, intendiamo un deficit nei processi di cifratura
del codice ortografico. questo si può manifestare attraverso la presenza di errori
nell’ortografia sia su base fonologica (es “dado in “dato”), sia su base visivo ortografica
(es “cinque” in “cincue”) (Vio, Tressoldi, Lo Presti, 2012).
Fra gli errori che meglio identificano il disturbo nella scrittura troviamo:
✓ Difficoltà nella trasformazione delle conoscenze fonologiche in quelle
grafemiche.
✓ Difficoltà dell’acquisizione delle regole fonologiche.
✓ Utilizzo scorretto delle regole ortografiche nella composizione dei testi.
✓ Difficoltà nella coordinazione visuo/spaziale.
✓ Lentezza nella produzione.
✓ Uso di caratteri diversi all’interno della parola
✓ Irregolarità ortografica
✓ Errori grammaticali e di spelling.
✓ Omissioni, inversioni, sostituzione, inserzione di fonemi.
✓ Problemi di doppie e/o di accentazione.
✓ Produzione di parole omofone (a/ha: hanno/anno; è/e) e non omografe.
✓ Difficoltà nell’uso della punteggiatura.
✓ Difficoltà di associazione fonema-grafema, anche nei digrammi sc, gn, gl
✓ Confusione di lettere speculari (d-b; p-q) e fonologicamente simili (f-v; d-t).
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Disgrafia
Con il termine “disgrafia” intendiamo una difficoltà nella realizzazione del grafema,
dunque una problematica di natura motoria (Vio, Tressoldi, Lo Presti, 2012).
Fra le caratteristiche della disgrafia troviamo:
✓ Lentezza nella scrittura.
✓ I grafemi risultano poco o per nulla leggibili.
✓ Difficoltà nella direzionalità del movimento.
✓ Spaziatura fra le lettere e le parole alterata.
✓ Difficile modulazione della grandezza, dell’allineamento e della pressione.
✓ Confusione fra lettere graficamente simili con sostituzione di lettere con altre
simili per forme o schema di movimento (es e/l, r/u, d/a).
✓ Lettere o parole non identificabili se isolate dal contesto in cui sono inseriti.
✓ Movimento di scrittura non funzionale alla progressione da sinistra a destra
✓ Difficoltà visuo-spaziali (ordine di esecuzione dei tratti nelle lettere e delle
lettere nelle parole, non rispetto della disposizione spaziale nel foglio).
Discalculia evolutiva
Con il termine “discalculia evolutiva” indichiamo il disturbo specifico
dell’apprendimento che si caratterizza per significativa difficoltà ad acquisire
l’automatismo del calcolo e/o dell’elaborazione dei numeri.
Il disturbo si contraddistingue per le seguenti difficoltà:
✓ Lettura, scrittura e ripetizione di numeri
✓ Apprendimento delle tabelline
✓ Lentezza nel calcolo mentale (uso delle dita)
✓ Risoluzione dei problemi (per problemi di linguaggio)
✓ Riconoscere piccole quantità e nella comparazione di quantità
✓ Difficoltà con il valore posizionale delle cifre
✓ Memorizzazione di fatti numerici
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3. DSA nell’era digitale
Chiederci cosa significa essere dislessico nell’era digitale (Luci, Grandi, 2012) nella
nostra società, permeata dalle tecnologie, significa soffermarci sull’idea che, come nella
maggior parte dei casi in campo psicologico, un disturbo è tale all’interno della società
nella quale si manifesta (Luci, Grandi, 2012). Di conseguenza se il disturbo è anche
“figlio” della società e della cultura nella quale si diagnostica, nel caso dei disturbi
specifici dell’apprendimento possiamo dire che in tutte le società nascono bambini con
dislessia, ma solo nelle società alfabetizzate la dislessia si manifesta come disturbo, cioè
come limitazione nella vita quotidiana.
In una società largamente alfabetizzata e digitalizzata un disturbo legato alla lettura ad
esempio, rappresenta un importante ostacolo alla vita quotidiana con anche importanti
ripercussioni sul piano psicologico in relazione al senso di “impotenza appresa”, di
inadeguatezza rispetto alle richieste dell’ambiente, sempre più prestazionale e destinato
a piccoli e grandi “geni”.
Se da una parte l’era digitale determina la massima espressione della dislessia (come
anche degli altri disturbi dell’apprendimento) dall’altra troviamo proprio nella
digitalizzazione la soluzione al disturbo in termini riabilitativi, abilitativi e soluzione
come possibilità di potenziare le proprie capacità e conoscenze sviluppando competenze
e strategie che vanno oltre al processo neuropsicologico della lettura (Luci, Grandi,
2012).
Nell’era digitale gli apprendimenti passano non solo per il canale visivo-verbale tipico
della letto-scrittura, ma, soprattutto, attraverso canali visivi non-verbali, uditivo e
cinestesico, tipico del web. Questo consente di andare oltre il concetto che apprendere
sia sinonimo di leggere permettendo così, di apprendere e conoscere anche con una
capacità di lettura poco efficiente.
Nell’ambito dei disturbi specifici dell’apprendimento sono proprio le nuove tecnologie
a permettere una miglior compensazione del disturbo stesso. Strumenti come il
computer, ad esempio, hanno caratteristiche positive che coincidono con le principali
difficoltà dei ragazzi con DSA (Peroni,2010) basti pensare ad esempio alla difficoltà
ortografica, di scrittura o anche alla difficoltà di accesso alla memoria di lavoro rispetto
ai coetanei. Con un PC ed una connessione ad internet si può, senza troppe
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eccezionalità, divenire più veloci nello scrivere, nel correggersi, con un incremento
anche della possibilità di memorizzare e reperire facilmente enormi quantità di
informazioni e dati. Per qualsiasi studente queste caratteristiche e questi vantaggi
derivanti dal semplice uso di un PC non sono di fondamentale importanza in relazione
alla propria autonomia, ma permettono, in ogni caso, di potenziare o migliorare delle
abilità o quantomeno, rappresentano uno strumento più accattivante, quotidiano e
proprio dei nativi digitali; per un ragazzo con DSA, invece, gli strumenti informativi,
oltre a potenziare capacità, compensano una disabilità neurobiologica e quindi li
rendono autonomi (Stella, 2001). Rendere autonomo un bambino, che ben prima di
ricevere una diagnosi si è scontrato con l’impossibilità di studiare da solo, con il diritto
di imparare in autonomia e che ha sperimentato il senso di fallimento, significa non solo
migliorare la velocità di lettura diminuendo gli errori, ma significa garantirgli
indipendenza, libertà d’agire e di pensare attraverso la possibilità di informarsi,
apprendere, comunicare e conoscere con molteplici forme e mezzi senza
necessariamente dipendere da un adulto. (Peroni,2010).
Ed è proprio il ruolo dell’adulto (insegnante, genitore o clinico) cruciale per questa
spinta all’autonomia; l’adulto, infatti, può avere diversi approcci nei confronti dello
studente con dislessia (sostituente, assistenziale o educante) ma solo un approccio
educante dà la spinta per poter saltare in autonomia puntando ad un senso di
indipendenza, di libertà di pensare e agire (Peroni, 2010). È in questo contesto che si
inserisce l’informatica come miglior trampolino per i ragazzi con DSA, proprio perché
rappresenta uno strumento che permette una diversa modalità e possibilità di accedere
alle informazioni e alla conoscenza.
Risulta chiaro come le nuove tecnologie, siano esse computer, tablet, smartphone e web
in generale, possono essere strumenti, piattaforme e modalità che vengono usate da
bambini, ragazzi o adulti sia con disturbo specifico dell’apprendimento sia senza,
permettendo una possibilità di apprendimento “alla pari” nell’era digitale.
o Tecnologie compensative
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accesso. Come messo in luce nei paragrafi precedenti, risulta oggi chiaro che queste
risorse possano essere particolarmente utili per alunni con disturbo dell’apprendimento
scolastico; l’errore più comune, però, è credere che per un alunno dell’era digitale basti
avere a disposizione questi strumenti compensativi per saperli utilizzare quando, invece,
si è dimostrato più utile pensare a queste risorse come mezzi alternativi o
complementari per apprendere, che però, comportano una fase di insegnamento al loro
uso (Fogarolo, Tressoldi, 2011).
Per tecnologie compensative intendiamo un sistema di risorse per l’apprendimento
scolastico basato sull’uso di computer, sintesi vocale, documenti digitali, ecc., come
alternativa o integrazione, quotidiana o generalizzata, agli strumenti di studio
tradizionali per compensare disturbi di lettura e/o di scrittura (Fogarolo, Tressoldi,
2011). Nel panorama tecnologico di oggi appare chiaro come potenzialmente possa
esserci un’alternativa tecnologica per tutti gli strumenti tradizionali, sia in lettura che in
scrittura, sia a casa che a scuola, sia per lo studio individuale che per un’organizzazione
più generale dello studente nella propria quotidianità.
Smartphone, tablet e computer fanno oramai parte dello scenario quotidiano di molti
bambini ma un percorso di addestramento risulta sempre necessario perché l’efficacia
degli strumenti dipende dalla loro capacità di utilizzo, perché è necessario utilizzarli in
modo corretto, consapevole e monitorato nel tempo.
Per l’uso di queste tecnologie non basta la semplice conoscenza dello strumento, ma
occorrono delle competenze informatiche, che consentano di sfruttare al massimo le sue
potenzialità con una vera integrazione con i compiti scolastici.
Vi sono alcune condizioni individuate come necessarie per l’utilizzo di tecnologie
compensative (Fogarolo, Tressoldi, 2011) perché, nonostante la facilità di accesso alle
tecnologie, per l’utilizzo in ambito scolastico sono comunque necessarie delle abilità di
base.
- Verificare le capacità di ascolto e di ascolto
- Verificare la presenza di condizioni minime, personali ed ambientali
Le condizioni personali come carenza di motivazione o difficoltà di accettazione
ostacolano l’utilizzo di queste tecnologie. Il problema del rifiuto, la paura di
sentirsi diversi, ad esempio, potrebbe limitare l’utilizzo degli strumenti al solo
studio individuale.
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Nonostante le tecnologie sembrino sempre vantaggiose e spesso “indispensabili” nella
vita quotidiana, nel campo dell’apprendimento è necessario confrontare i vantaggi e gli
svantaggi di un metodo di studio diverso da quello dei compagni.
La convenienza non dipende solo dall’entità dei bisogni da soddisfare e dai vantaggi
dell’utilizzo di un efficace sistema compensativo (Fogarolo, Tressoldi, 2011) ma,
richiede anche, di valutare il peso delle controindicazioni sul piano psicologico ed
emotivo, che possono essere associati all’utilizzo delle tecnologie compensative. Il
sentirsi diverso, il senso di impotenza appresa, il rischio di stigma sono fattori
fondamentali nella scelta degli strumenti e delle strategie migliori per un alunno.
Sicuramente in un contesto scolastico dove le tecnologie sono usate non solo da alunni
con disturbo dell’apprendimento ma fanno parte della didattica, della vita scolastica e
quotidiana, l’utilizzo da parte di alcuni è più facilmente legittimato nel gruppo dei pari,
diventando anche un elemento di inclusione.
L’utilizzo delle tecnologie compensative deve essere combinato a strategie educative ed
organizzative anche alla luce della gravità del disturbo.
L’introduzione precoce delle tecnologie compensative ha indubbiamente dei vantaggi
sia perché si prevengono automatismi errati più difficili da eliminare o modificare
(come ad esempio la scrittura con la tastiera utilizzando tutte e 10 le dita), sia perché si
anticipano i benefici del sistema compensativo, sostenendo l’autostima e anche perché
si riducono notevolmente i rischi di rifiuto più frequenti nei ragazzi più grandi.
o Apprendimento multimediale
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1) i discenti possono apprendere più efficacemente da un materiale multimediale,
composto di parole e immagini, piuttosto che da un materiale di sole parole. (doppia
codifica, Paivio, 1991);
2) ognuno dei due canali può processare solo una limitata quantità di informazioni
(carico cognitivo, Chandler e Sweller, 1991);
3) nel processo di costruzione della conoscenza la mente gioca un ruolo attivo. Risulta
evidente l'utilità di tracciare, mediante un approccio scientifico e sperimentale, le linee
guida di una corretta progettazione delle risorse multimediali. (concetto di elaborazione
attiva, Mayer 2000).
Secondo Mayer, gli obiettivi principali dell’apprendimento multimediale devono essere
il ricordo (come abilità di riprodurre e riconoscere il materiale presentato) e la
comprensione (come abilità di comprendere quanto si è studiato e di usarlo in situazioni
nuove).
Alla luce di evidenze sperimentali, l’autore ha elencato sei fondamentali principi
dell’apprendimento multimediale:
1. Multimediale: gli studenti apprendono meglio da una presentazione che associa
parole e figure perché il modello mentale integrato è più ricco di elementi e indizi utili
al recupero.
2. Vicinanza spaziale e temporale: parole e figure corrispondenti vicine sulla pagina o
sullo schermo, presentate simultaneamente permettono una miglior integrazione delle
informazioni.
3. Rilevanza e coerenza del materiale: le componenti verbali e visuospaziali della
memoria di lavoro hanno capacità limitate e quindi non possono gestire troppe
informazioni dello stesso tipo. Risulta quindi poco funzionale caricare parole e figure
irrilevanti.
4. Modalità diverse: apprende meglio da spiegazioni orali e illustrazioni, piuttosto
che da testo scritto e figure.
5. Ridondanza: non si apprende bene se l’informazione è ridondante, ovvero
presentata in troppi formati.
6. Personalizzazione: si apprende meglio se la spiegazione ha uno stile informale
rispetto ad uno stile formale.
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4. Prospettive future: nuove skills e nuovi percorsi
Alla luce di quanto descritto fin ora e prima di illustrare un esempio operativo che ho
potuto osservare durante la mia esperienza di tirocinio presso l’Associazione “La Nostra
Famiglia” - IRRCS “E. Medea” di Bosisio Parini volevo mettere in evidenza alcuni
numeri riguardo a ricerche effettuate su bambini, adolescenti e scuole italiane.
Nella tabella estratta da una ricerca condotta nel 2012 su 3000 insegnanti riguardanti la
gestione della dislessia nelle scuole italiane, sembra emergere come il laboratorio di
informatica sia presente in oramai tutte le scuole d’Italia mentre risulta molto scarsa la
presenza proprio di quei sistemi informativi che in una classe fanno la differenza per un
alunno con disturbo dell’apprendimento.
Dalla parte di alunni e studenti invece ci sono altri dati da prendere in considerazione
(Ricerca Eurispes 2011):
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➔ Solo il 3,9% degli studenti fra i 9 e gli 11 anni ha usato quasi ogni giorno Internet a
scuola.
➔ Quasi la metà degli adolescenti intervistati dichiara di non aver mai utilizzato
nell'ultimo mese Internet con gli insegnanti (46,2%).
Quei dati, al di là della precisione e dell’accuratezza statistica, ci danno un’idea della
realtà scolastica di oggi per quanto riguarda la diffusione e l’utilizzo di tecnologie. La
diffusione di questi dispositivi è in continua crescita e questo mette in evidenza anche
come la tecnologia sia “a portata di mano” fin dagli anni della scuola dell’infanzia. La
generazione “smartphone e tablet” è sicuramente più abituata e più predisposta
all’utilizzo di queste tecnologie ma necessita in ogni caso di un percorso di
addestramento per sviluppare nuove “competenze digitali” per un uso autonomo,
corretto e consapevole poiché l’efficacia di questi strumenti è strettamente correlata alla
capacità d’uso.
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- Macro tipologia di materiale (download, materiali, attività online, acquisiti
online, informazioni dsa)
- Sistema operativo necessario
- Fascia di prezzo
- Lingua del materiale
- Accessibilità e accessori necessari per utilizzo (audio, mouse, registratore,
connessione, tastiera, cuffie, lim, microfono, touch screen, scanner…)
- Fascia d’età verso la quale il contenuto è rivolto (da prescolare a università)
- Materie scolastiche
- Area compensativa e riabilitativa con indicate le abilità e le aree specifiche verso
le quali il materiale si rivolge (area attentiva, numerica, logica, pianificazione,
visiva, memoria, emotiva, funzioni esecutive, apprendimento..).
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Favorire l’identificazione delle strutture concettuali (appunti, schemi,
mappe)
Empowerment delle funzioni carenti (analisi linguistica, analisi visiva,
memoria, attenzione)
Insegnare tecniche di autoregolazione
Il percorso si svolge all’interno di un setting interattivo ed esperienziale con momenti di
azione e di discussione, suggerimenti e sollecitazioni da applicare prima guidati e poi in
autonomia. È promossa una personalizzazione delle strategie di studio e un adattamento
delle tecniche e degli strumenti sulla base delle richieste e dei contenuti specifici.
Durante le sedute viene fatto un addestramento all’uso di strumenti e tecnologie di
supporto all’apprendimento (conoscere e comprendere, memorizzare, collegare le
conoscenze, saper spiegare, saper fare).
Il programma si sviluppa in 6 accessi della durata di un’ora e mezza l’uno:
• 1° seduta: Presentazione del percorso e degli obiettivi di lavoro. Esercizi di
pianificazione e organizzazione del tempo. Agende elettroniche. Esercitazioni e
consegne per il lavoro a casa.
• 2° seduta: Analisi visiva e semantica. Selezionare ed evidenziare le informazioni nel
testo scritto; strategie generali e uso delle tecnologie informatiche. Esercitazioni e
consegne per il lavoro a casa.
• 3° seduta: Analisi e produzione linguistica. Sintetizzare le informazioni. Parole-
chiave e riassunti, con e senza l’uso delle tecnologie informatiche. Esercitazioni e
consegne per il lavoro a casa.
• 4° seduta: Ricerca e organizzazione delle informazioni. Mappe concettuali con e
senza l’uso delle tecnologie informatiche. Esercitazioni e consegne per il lavoro a
casa.
• 5° seduta: Ascolto e attenzione uditiva. Prendere appunti. Smart-pen e altri ausili.
Esercitazioni e consegne per il lavoro a casa.
6° seduta: Tecniche e ausili per la memorizzazione. Esercitazioni e consegne per il
lavoro a casa.
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5. Conclusioni
A conclusione di questo lavoro mi piace ripartire dal titolo: “DSA 3.0”. Ho scelto 3.0
per mettere in evidenza come una volta “conquistato” il web dinamico, il 2.0, siamo
difronte ad una nuova sfida che ci chiede di puntare verso un evoluzione del modo di
vedere la tecnologia stessa.
Proprio come afferma l’imprenditore statunitense Jeffrey Preston (2010) “il problema è
che il mondo cambia continuamente sotto i nostri occhi, e non ci si può adattare a
questo cambiamento senza acquisire nuovi strumenti e capacità”.
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6. Bibliografia e sitografia
ALLWRIGHT R. L., Why Don't Learners Learn What Teachers Teach? - The
Interaction Hypothesis, in Singleton D.M. e Little D.G. (eds.), Language Learning in
Formal and Informal Contexts. Dublin, IRAAL, 1984.
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in “cognition an instruction”, 8 pp. 293-332.
COLTHEART M., RASTLE K., PERRY C., LANGDON R. E ZIEGLER J., 2001,
Functional architecture of the language processing system, in Coltheart M., Rastle
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visual word recognition and reading aloud, Psychological Review, vol. 108, pp.
204-256.
CORNOLDI C., De Beni R., gruppo MT, Imparare a Studiare, Trento, Edizioni Centro
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22
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MARIANI L., Lingua e Nuova Didattica, Anno XXXII, No. 2, Aprile 2003.
MORINI A., SCOTTI F., Assistive Technology Tecnologie di supporto per una vita
indipendente, Maggioli Editore, 2005.
OLIVA G., NERI I., ROBERTO D., GRELLONI C., ROMANIELLO R.,
COSTANTINI I.,BAGNOLO V., TERRIBILI M., ADHD e disgrafia: studio
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23
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PAIVIO, 1991, Dual coding theory: retrospect and current status, in “Canadian journal
of Psychology”, 45, pp.255-287.
STEIN J. F. e WALSH V., 1997, To see but not to read; the magnocellular theory of
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STELLA G., In classe con un allievo con disordini dell’apprendimento, Fabbri Editori,
Milano, 2001.
VIO C., TRESSOLDI P. E., LO PRESTI G., Diagnosi dei disturbi specifici
dell’apprendimento scolastico, Trento, Edizioni Centro Studi Erickson, 2012.
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