Sei sulla pagina 1di 25

CENTRO STUDI ERICKSON

Master DSA: Disturbi specifici dell’apprendimento e


difficoltà scolastiche
2014-2015

DSA 3.0

Tagliabue Cinzia
INDICE

1_ DSA e apprendimento

o Difficoltà, disturbo e apprendimento

o Stili e strategie nella dinamica apprendimento – insegnamento

2_DSA e strumenti compensativi: chi e cosa compensare

o Il ruolo della compensazione

o Cosa compensare

3_ DSA nell’era digitale

o Tecnologie compensative

o Apprendimento multimediale

4_ Prospettive future: nuove skills e nuovi percorsi

o Dal tirocinio alla realtà

5_Conclusioni

6_Bibliografia e sitografia

2
1. DSA e apprendimento

o Difficoltà, disturbo e apprendimento

L’apprendimento è un processo complesso, tanto nella molteplicità delle definizioni,


quanto nel delicato equilibrio di condizioni favorevoli e necessarie. Nella carriera
scolastica di molti, è possibile identificare almeno un momento di particolare difficoltà,
di varie entità e di diversa natura (socioculturale, familiare o dovuta alla qualità stessa
dell’istruzione), ma che, secondo una stima, in un caso su cinque si tratta di una
difficoltà che porta lo studente a rivolgersi ad uno specialista.
Quando una difficoltà scolastica, attraverso uno specialista, soddisfa dei criteri
diagnostici precisi, possiamo parlare di disturbo specifico dell’apprendimento. Li
definiamo disturbi per mettere in evidenza un fattore di gravità, di maggior
compromissione, eziologia e di stabilità nel tempo, rispetto ad una difficoltà; li
definiamo specifici perché interessano domini specifici di abilità (lettura, ortografia,
grafia e calcolo) e li classifichiamo come riguardanti l’apprendimento perché ci si
muove all’interno dell’ambito di una compromissione dell’abilità scolastica con
conseguenze sul piano dell’autonomia nella vita quotidiana e dell’adattamento
scolastico.
Se consideriamo l’apprendimento come un processo intellettivo attraverso il quale
l’individuo acquisisce conoscenze sul mondo che, successivamente, utilizza per
strutturare e orientare il proprio comportamento in modo duraturo, dobbiamo
domandarci come avviene il processo, come e cosa può influenzarne l’esito e se e
quando l’apprendimento è spontaneo o guidato da un intervento esterno. In età
prescolare, ad esempio, l’apprendimento avviene in maniera spontanea, in relazione agli
stimoli presenti nell’ambiente; dalla scuola primaria, invece, si predilige un
apprendimento reattivo, ovvero un apprendimento guidato dall’insegnante che è
risultato di un equilibrio fra le abilità del bambino che esplora, apprende in maniera più
o meno strutturata e dei programmi di studio ministeriali con tempistiche da rispettare.
Nella scuola primaria e secondaria l’apprendimento consiste nell’acquisizione di
nozioni che passano attraverso pagine di libri, fotocopie, spiegazioni orali degli
insegnanti e in numero sempre più crescente facendo uso di supporti più moderni quali

3
lavagne interattive multimediali, supporti audio, video, documentari e film di
argomento.
Questo grossolano panorama del sistema di studio e di organizzazione
dell’apprendimento nella scuola italiana, risulta molto più complesso se lo pensiamo per
un alunno o uno studente con una diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento che
cioè parte con uno svantaggio proprio su quelle abilità di base necessarie per
l’apprendimento stesso.
Proprio in risposta a questo svantaggio come definito nell’art. 5 della legge nazionale
n.170/2010, sono previste delle “misure educative e didattiche di supporto” definiti
provvedimenti dispensativi e compensativi.
Nei prossimi capitoli si approfondiranno gli strumenti e le strategie compensative e le
misure dispensative con le quali i “nativi digitali” e gli insegnanti di oggi, scrivono
nuove strade per i disturbi dell’apprendimento.

o Stili e strategie nella dinamica apprendimento – insegnamento

Prima di approfondire quali strumenti e strategie possono essere preferibili quando si


parla di alunni con disturbo dell’apprendimento, è bene soffermarsi sui due veri
protagonisti dell’apprendere: gli studenti e gli insegnanti.
Come si chiese Alwright nel 1984 domandandosi perché “gli studenti non imparano ciò
che gli insegnanti insegnano”, così anche oggi è bene soffermarsi a riflettere sul delicato
equilibrio fra i processi dell’imparare e quelli dell’insegnare che rappresentano in
estrema sintesi i nodi di problematicità.
Come mette in luce Mariani (1996), il tentativo è quello di individuare degli approcci
centrati sul discente, definendo i contenuti anche in base alle esigenze reali o presunte
degli studenti cercando parallelamente, di aggiornare tecniche, strumenti e risorse
dell’insegnamento. E’ proprio da questo presupposto che si incomincia a parlare di
abilità di studio, strategie di apprendimento, ed anche in modo più globale, di
autonomia. Come sottolinea sempre Luciano Mariani, fornire strumenti di studio, per
quanto importante, risulta spesso non incidere a fondo sui processi implicati nell’uso di
questi strumenti poichè rimanevano sullo sfondo le operazioni mentali coinvolte, gli
atteggiamenti e le convinzioni degli studenti. Alla luce di quanto sottolineato risulta
maggiormente vincente, il concetto di strategia di apprendimento inteso come l’insieme

4
di operazioni concrete che servono a rendere più efficace e produttivo il proprio studio,
offrendo una prospettiva pedagogica più ampia con particolare attenzione ai processi
cognitivi e socio-affettivi legati alla strategia stessa.
Il passaggio da abilità di studio a strategia di apprendimento però, non può prescindere
da alcuni fattori che ne condizionano l’applicazione e l’utilità di una strategia. La
variabilità individuale, del contesto e dei compiti infatti, rendono ancora più importante
la personalizzazione mettendo in evidenza la necessità di coinvolgere l’alunno nella
creazione stessa di queste strategie.
La variabilità individuale si definisce come quelle strategie che possono essere recepite
ed utilizzare dagli studenti in base alle loro preferenze; definiamo questa variabilità
come stile di apprendimento intendendo l’approccio complessivo di una persona
all’apprendimento, il suo modo preferito di percepire e reagire ai compiti, un modo che
si manifesta in maniera piuttosto costante, in una varietà di contesti e che condiziona poi
la scelta e l’uso delle strategie. Da non dimenticare l'importanza di altre differenze come
l'età, l'attitudine, l'intelligenza generale, le modalità sensoriali preferite, la motivazione,
lo sfondo socio-culturale (Skehan 1989) e la compromissione specifica di alcune abilità
di base come nel caso dei disturbi specifici dell’apprendimento.
La variabilità del contesto fa riferimento alla dinamica che lega studenti e insegnanti,
apprendimento e insegnamento. Lo stile di insegnamento, infatti, è un filtro attraverso
cui l’insegnante seleziona e gestisce in classe compiti, materiali e attività ed è la base
con cui l’insegnante cerca di facilitare e ottimizzare il lavoro dell’alunno. Da non
sottovalutare è che la modalità attraverso la quale si impara, insieme agli atteggiamenti
e alle convinzioni che si sviluppano nel tempo in base alle proprie esperienze,
condizionano il proprio modo di insegnare; questo mette in evidenza come lo stile di
apprendimento dell’insegnante sia uno dei fattori che influenza lo stile stesso di
insegnamento.
La variabilità del compito, invece, fa riferimento alle caratteristiche dell’esercizio e
dell’attività (lo scopo, le richieste, il grado di difficoltà, abilità richieste per il suo
svolgimento..) attivando sia gli sforzi strategici di insegnamento che sia le strategie di
apprendimento più opportune.

5
Risulta ora più chiaro come la delicata relazione tra strategie di apprendimento dello
studente e strategie di insegnamento, rappresenti lo snodo importante per la
realizzazione del compito e con essa il risultato degli interventi didattici.
Se pensiamo questa relazione alla luce delle problematiche presenti nelle classi italiane,
fra cui l’emergere di situazioni di difficoltà-disturbo dell’apprendimento, ci accorgiamo
come questo rapporto sia di fondamentale importanza anche per tutta l’esperienza
scolastica ed educativa di un bambino, ragazzo e adolescente sia sul piano educativo-
didattico sia su quello emotivo-relazionale.
Il ruolo delle strategie deve essere quello di favorire lo svolgimento dei compiti con
particolare attenzione proprio alle situazioni nelle quali insorgono problemi; questa è
proprio l’essenza del comportamento strategico: ottimizzare le risorse, raggiungere
l’obiettivo rendendo il compito accessibili a tutti. Strategie di apprendimento e di
insegnamento, quindi, hanno l’obiettivo comune di fornire un supporto concreto,
operativo alla soluzione di un compito rendendo l’alunno pienamente autonomo anche
nel superamento di eventuali problemi; gli “sforzi strategici” devono tradursi da parte
degli insegnanti in strategie più esplicite, riconoscibili, che tengano conto della
variabilità individuale e della variabilità del compito e da parte degli alunni nello sforzo
di mantenerle e riadattarle su altri compiti.
“Attivare nuove strategie” per “insegnare strategie” significa anche utilizzare gli stessi
canali e strumenti propri degli alunni “nativi digitali”, cercando anche di tradurre il tutto
in strategie formato 2.0. Questo introduce e fa da sfondo alla tematica degli strumenti
compensativi, dispensativi nell’ampio contesto degli apprendimenti multimediali.

2. DSA e strumenti compensativi: cosa e perché compensare

Fogarolo definisce uno strumento compensativo come un qualsiasi prodotto,


attrezzatura o sistema tecnologico che sia in grado di bilanciare un’eventuale disabilità
o disturbo riducendone gli effetti (Fogarolo, 2010). L’utilizzo di questi strumenti e
strategie, come accennato nel capitolo precedente, è previsto e descritto dall’art.5 della
legge nazionale n 170/2010 e dal Panel di Aggiornamento e Revisione della Consensus
Conference (2011) ma sul piano legislativo-giuridico non mancano malintesi e
confusione.

6
Pensando a questi strumenti nella didattica di tutti i giorni e nella vita di molti bambini e
ragazzi con disturbo dell’apprendimento, bisogna precisarne alcuni aspetti.

o Il ruolo della compensazione

Parlando di compensazione è importante distinguere fra:


- strumenti di facilitazione, che hanno come obiettivo la promozione
dell’autonomia e che aiutano per un certo periodo di tempo, funzionale
all’acquisizione di una abilità, ma tendono poi all’estinzione;
- strumenti compensativi, che apportano un vantaggio funzionale indiretto
cercando soluzioni e vantaggi immediati attraverso un intervento duraturo.
Da questa distinzione emerge come uno strumento di facilitazione individua
attentamente ciò che “non funziona” intervenendo per un periodo limitato nel tempo
sulla funzione deficitaria attraverso un’azione riabilitativa. La compensazione, invece,
sfrutta le funzioni integre, ignorando ciò che non va, ma sostituendosi in maniera
pressoché permanente. Lo strumento compensativo, quindi, non insegna a migliorare
ma anzi, promuove un’atrofia della funzione stessa (Fogarolo, Settembre 2014, lezione
master DSA Erickson).
Nel panorama scolastico di oggi, però vi sono anche le misure dispensative che sono
interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni
che a causa del disturbo, risulterebbero particolarmente difficoltose e che non
migliorerebbero l’apprendimento. È importante sottolineare che questi interventi
dispensano dal fare ma non dall’imparare, che rimane l’attività centrale e fondante di
tutto il sistema scolastico. Quando uno strumento o una strategia riducono i contenuti
con la pretesa di facilitare, diventano nocivi per il processo stesso dell’apprendimento.
Compensare, dispensare e abilitare non sono azioni educative in contrasto fra loro ma
anzi, convivono in un armonico equilibrio quando sullo studente c’è un progetto (come
il Piano Didattico Personalizzato) e una presa in carico globale con l’obiettivo primario
dell’autonomia. Il compensare, infatti, deve essere visto come un percorso che porta
l’alunno ad essere autonomo. Lo strumento compensativo deve essere una modalità che,
in linea con la definizione dello stato di salute di un individuo analizzata dalla
“Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”

7
denominata ICF promossa dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), porti lo
studente con DSA a trovare un equilibrio e un ambiente favorevole e “abilitativo” nei
confronti delle sue abilità deficitarie.
Per potere mettere nelle condizioni di usare davvero gli strumenti servono modelli
didattici definiti. La problematica principale, che verrà spiegata nei prossimi capitoli, è
quella che il problema non sono gli strumenti ma le competenze; il reale ostacolo appare
oggi quello di è far imparare ad usare questi strumenti fin da piccoli per far crescere
nuove skills e renderli davvero strumenti al servizio dell’insegnamento e
dell’apprendimento.

o Cosa compensare

Come accennato prima, quando parliamo di Disturbi Specifici dell’Apprendimento non


intendiamo le difficoltà nell’affrontare i compiti scolastici che qualsiasi alunno potrebbe
riscontrare nella propria carriera di studente, ma veri e propri “Disordini Evolutivi che
possono manifestarsi nell'acquisizione delle abilità linguistiche, nell'apprendimento,
nello sviluppo cognitivo” (Vio, Tressoldi, Lo Presti, 2012); di conseguenza ciò che
verrà compensato saranno le abilità specifiche per le quali bambini e ragazzi con DSA
sono carenti.
Anche se questa affermazione può sembrare ovvia, bisogna ricordare di come, spesso
siano utilizzati gli strumenti compensativi e dispensativi “a pioggia”, in una sorta di
principio di uguaglianza dove a tutti si danno tutti gli strumenti possibili per non correre
rischi e non sbagliare. Parafrasando Don Lorenzo Milani che affermava che “Non c’è
nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali” (1967), è necessario che ad
ogni bambino e ragazzo con DSA siano dati gli strumenti compensativi e siano adottate
strategie educative e didattiche sulla base delle abilità che realmente sono deficitarie e
non su tutte quelle che la classe diagnostica indica.
Il disturbo specifico dell’apprendimento consiste in un'alterazione di una particolare
funzione che interessa uno o più domini specifici dell’apprendimento nell'età dello
sviluppo. L'alterazione della funzione identificata si posiziona all'interno di una
dimensione che va dall'assenza dell’abilità specifica alla sua completa acquisizione,
passando attraverso posizioni intermedie.

8
Questi disturbi si caratterizzano anche per cambiamenti significativi dei sintomi in
relazione all'età, in termini sia qualitativi (il tipo di errore), sia quantitativi (ad esempio
la lentezza nella lettura). Di conseguenza la variabilità di profili diagnostici è molto
ampia.
Come verrà approfondito nei prossimi capitoli in relazione anche all’esperienza di
tirocinio, diventa importante delineare un profilo generico di studente per le diverse
diagnosi all’interno dei disturbi specifici dell’apprendimento cui fare riferimento in un
progetto di empowerment e di impostazione del metodo di studio. Ogni percorso
richiederà, in ogni caso, un adattamento ad hoc costruito in base alle peculiari capacità e
alla storia personale del bambino o ragazzo che si accompagna in questo percorso.
Per quanto riguarda l’apprendimento possiamo identificare alcune caratteristiche
comuni ai bambini e ragazzi con DSA:
✓ Tendenza ad eccellere in materie quali arte, meccanica, costruzioni, vendite,
musica, design.
✓ Preferenza per le prove orali.
✓ Apprendimento più rapido attraverso l’ascolto, l’osservazione, la
sperimentazione e gli aiuti visivi.
✓ Difficoltà a non ricordare le elencazioni (nomi, cose, numeri, tabelline…)
✓ Confusione con lunghe spiegazioni verbali
✓ Difficoltà nella consapevolezza del tempo, nella gestione, nella puntualità.
✓ Difficoltà nella Memoria a Breve Termine
✓ Preferenza per l’elaborazione dei pensieri per immagini
✓ Impaccio nei movimenti e scarsa coordinazione.
✓ Confusione nella localizzazione spaziale e temporale (sopra-sotto, destra-
sinistra, prima-dopo).
Di seguito riassumiamo le caratteristiche e la semiologia dei disturbi specifici
dell’apprendimento

Dislessia evolutiva
“Con il termine «Dislessia evolutiva» intendiamo uno specifico disturbo
nell'automatizzazione funzionale dell'abilità di lettura decifrativa (lettura di testi o
parole ad alta voce)” (Vio, Tressoldi, Lo Presti, 2012). La mancanza di

9
automatizzazione si traduce in un'eccessiva lentezza nella lettura, che si accompagna ad
un abbondante numero di errori di natura visiva, fonologica o lessicale.
La semiologia del disturbo si traduce solitamente in:
✓ Lentezza nella lettura.
✓ Elevato numero di errori di lettura: inversione di lettere, confusione di lettere
graficamente simili come b-d, p-q o fonologicamente simili come d-t, f-v,
aggiunta o omissione di lettere, errore di accento.
✓ Particolari difficoltà nel leggere o nel pronunciare.
✓ Lettura di una parola e poi assenza di riconoscimento in seguito nella pagina.
✓ Brevi tempi di concentrazione per lettura e scrittura.

Disortografia Evolutiva
Con il termine “Disortografia evolutiva”, intendiamo un deficit nei processi di cifratura
del codice ortografico. questo si può manifestare attraverso la presenza di errori
nell’ortografia sia su base fonologica (es “dado in “dato”), sia su base visivo ortografica
(es “cinque” in “cincue”) (Vio, Tressoldi, Lo Presti, 2012).
Fra gli errori che meglio identificano il disturbo nella scrittura troviamo:
✓ Difficoltà nella trasformazione delle conoscenze fonologiche in quelle
grafemiche.
✓ Difficoltà dell’acquisizione delle regole fonologiche.
✓ Utilizzo scorretto delle regole ortografiche nella composizione dei testi.
✓ Difficoltà nella coordinazione visuo/spaziale.
✓ Lentezza nella produzione.
✓ Uso di caratteri diversi all’interno della parola
✓ Irregolarità ortografica
✓ Errori grammaticali e di spelling.
✓ Omissioni, inversioni, sostituzione, inserzione di fonemi.
✓ Problemi di doppie e/o di accentazione.
✓ Produzione di parole omofone (a/ha: hanno/anno; è/e) e non omografe.
✓ Difficoltà nell’uso della punteggiatura.
✓ Difficoltà di associazione fonema-grafema, anche nei digrammi sc, gn, gl
✓ Confusione di lettere speculari (d-b; p-q) e fonologicamente simili (f-v; d-t).

10
Disgrafia
Con il termine “disgrafia” intendiamo una difficoltà nella realizzazione del grafema,
dunque una problematica di natura motoria (Vio, Tressoldi, Lo Presti, 2012).
Fra le caratteristiche della disgrafia troviamo:
✓ Lentezza nella scrittura.
✓ I grafemi risultano poco o per nulla leggibili.
✓ Difficoltà nella direzionalità del movimento.
✓ Spaziatura fra le lettere e le parole alterata.
✓ Difficile modulazione della grandezza, dell’allineamento e della pressione.
✓ Confusione fra lettere graficamente simili con sostituzione di lettere con altre
simili per forme o schema di movimento (es e/l, r/u, d/a).
✓ Lettere o parole non identificabili se isolate dal contesto in cui sono inseriti.
✓ Movimento di scrittura non funzionale alla progressione da sinistra a destra
✓ Difficoltà visuo-spaziali (ordine di esecuzione dei tratti nelle lettere e delle
lettere nelle parole, non rispetto della disposizione spaziale nel foglio).

Discalculia evolutiva
Con il termine “discalculia evolutiva” indichiamo il disturbo specifico
dell’apprendimento che si caratterizza per significativa difficoltà ad acquisire
l’automatismo del calcolo e/o dell’elaborazione dei numeri.
Il disturbo si contraddistingue per le seguenti difficoltà:
✓ Lettura, scrittura e ripetizione di numeri
✓ Apprendimento delle tabelline
✓ Lentezza nel calcolo mentale (uso delle dita)
✓ Risoluzione dei problemi (per problemi di linguaggio)
✓ Riconoscere piccole quantità e nella comparazione di quantità
✓ Difficoltà con il valore posizionale delle cifre
✓ Memorizzazione di fatti numerici

11
3. DSA nell’era digitale

Chiederci cosa significa essere dislessico nell’era digitale (Luci, Grandi, 2012) nella
nostra società, permeata dalle tecnologie, significa soffermarci sull’idea che, come nella
maggior parte dei casi in campo psicologico, un disturbo è tale all’interno della società
nella quale si manifesta (Luci, Grandi, 2012). Di conseguenza se il disturbo è anche
“figlio” della società e della cultura nella quale si diagnostica, nel caso dei disturbi
specifici dell’apprendimento possiamo dire che in tutte le società nascono bambini con
dislessia, ma solo nelle società alfabetizzate la dislessia si manifesta come disturbo, cioè
come limitazione nella vita quotidiana.
In una società largamente alfabetizzata e digitalizzata un disturbo legato alla lettura ad
esempio, rappresenta un importante ostacolo alla vita quotidiana con anche importanti
ripercussioni sul piano psicologico in relazione al senso di “impotenza appresa”, di
inadeguatezza rispetto alle richieste dell’ambiente, sempre più prestazionale e destinato
a piccoli e grandi “geni”.
Se da una parte l’era digitale determina la massima espressione della dislessia (come
anche degli altri disturbi dell’apprendimento) dall’altra troviamo proprio nella
digitalizzazione la soluzione al disturbo in termini riabilitativi, abilitativi e soluzione
come possibilità di potenziare le proprie capacità e conoscenze sviluppando competenze
e strategie che vanno oltre al processo neuropsicologico della lettura (Luci, Grandi,
2012).
Nell’era digitale gli apprendimenti passano non solo per il canale visivo-verbale tipico
della letto-scrittura, ma, soprattutto, attraverso canali visivi non-verbali, uditivo e
cinestesico, tipico del web. Questo consente di andare oltre il concetto che apprendere
sia sinonimo di leggere permettendo così, di apprendere e conoscere anche con una
capacità di lettura poco efficiente.
Nell’ambito dei disturbi specifici dell’apprendimento sono proprio le nuove tecnologie
a permettere una miglior compensazione del disturbo stesso. Strumenti come il
computer, ad esempio, hanno caratteristiche positive che coincidono con le principali
difficoltà dei ragazzi con DSA (Peroni,2010) basti pensare ad esempio alla difficoltà
ortografica, di scrittura o anche alla difficoltà di accesso alla memoria di lavoro rispetto
ai coetanei. Con un PC ed una connessione ad internet si può, senza troppe

12
eccezionalità, divenire più veloci nello scrivere, nel correggersi, con un incremento
anche della possibilità di memorizzare e reperire facilmente enormi quantità di
informazioni e dati. Per qualsiasi studente queste caratteristiche e questi vantaggi
derivanti dal semplice uso di un PC non sono di fondamentale importanza in relazione
alla propria autonomia, ma permettono, in ogni caso, di potenziare o migliorare delle
abilità o quantomeno, rappresentano uno strumento più accattivante, quotidiano e
proprio dei nativi digitali; per un ragazzo con DSA, invece, gli strumenti informativi,
oltre a potenziare capacità, compensano una disabilità neurobiologica e quindi li
rendono autonomi (Stella, 2001). Rendere autonomo un bambino, che ben prima di
ricevere una diagnosi si è scontrato con l’impossibilità di studiare da solo, con il diritto
di imparare in autonomia e che ha sperimentato il senso di fallimento, significa non solo
migliorare la velocità di lettura diminuendo gli errori, ma significa garantirgli
indipendenza, libertà d’agire e di pensare attraverso la possibilità di informarsi,
apprendere, comunicare e conoscere con molteplici forme e mezzi senza
necessariamente dipendere da un adulto. (Peroni,2010).
Ed è proprio il ruolo dell’adulto (insegnante, genitore o clinico) cruciale per questa
spinta all’autonomia; l’adulto, infatti, può avere diversi approcci nei confronti dello
studente con dislessia (sostituente, assistenziale o educante) ma solo un approccio
educante dà la spinta per poter saltare in autonomia puntando ad un senso di
indipendenza, di libertà di pensare e agire (Peroni, 2010). È in questo contesto che si
inserisce l’informatica come miglior trampolino per i ragazzi con DSA, proprio perché
rappresenta uno strumento che permette una diversa modalità e possibilità di accedere
alle informazioni e alla conoscenza.
Risulta chiaro come le nuove tecnologie, siano esse computer, tablet, smartphone e web
in generale, possono essere strumenti, piattaforme e modalità che vengono usate da
bambini, ragazzi o adulti sia con disturbo specifico dell’apprendimento sia senza,
permettendo una possibilità di apprendimento “alla pari” nell’era digitale.

o Tecnologie compensative

Le tecnologie informatiche a disposizione per l’apprendimento scolastico sono in


costante evoluzione e l’abbassamento dei costi ne aumenta anche la possibilità di

13
accesso. Come messo in luce nei paragrafi precedenti, risulta oggi chiaro che queste
risorse possano essere particolarmente utili per alunni con disturbo dell’apprendimento
scolastico; l’errore più comune, però, è credere che per un alunno dell’era digitale basti
avere a disposizione questi strumenti compensativi per saperli utilizzare quando, invece,
si è dimostrato più utile pensare a queste risorse come mezzi alternativi o
complementari per apprendere, che però, comportano una fase di insegnamento al loro
uso (Fogarolo, Tressoldi, 2011).
Per tecnologie compensative intendiamo un sistema di risorse per l’apprendimento
scolastico basato sull’uso di computer, sintesi vocale, documenti digitali, ecc., come
alternativa o integrazione, quotidiana o generalizzata, agli strumenti di studio
tradizionali per compensare disturbi di lettura e/o di scrittura (Fogarolo, Tressoldi,
2011). Nel panorama tecnologico di oggi appare chiaro come potenzialmente possa
esserci un’alternativa tecnologica per tutti gli strumenti tradizionali, sia in lettura che in
scrittura, sia a casa che a scuola, sia per lo studio individuale che per un’organizzazione
più generale dello studente nella propria quotidianità.
Smartphone, tablet e computer fanno oramai parte dello scenario quotidiano di molti
bambini ma un percorso di addestramento risulta sempre necessario perché l’efficacia
degli strumenti dipende dalla loro capacità di utilizzo, perché è necessario utilizzarli in
modo corretto, consapevole e monitorato nel tempo.
Per l’uso di queste tecnologie non basta la semplice conoscenza dello strumento, ma
occorrono delle competenze informatiche, che consentano di sfruttare al massimo le sue
potenzialità con una vera integrazione con i compiti scolastici.
Vi sono alcune condizioni individuate come necessarie per l’utilizzo di tecnologie
compensative (Fogarolo, Tressoldi, 2011) perché, nonostante la facilità di accesso alle
tecnologie, per l’utilizzo in ambito scolastico sono comunque necessarie delle abilità di
base.
- Verificare le capacità di ascolto e di ascolto
- Verificare la presenza di condizioni minime, personali ed ambientali
Le condizioni personali come carenza di motivazione o difficoltà di accettazione
ostacolano l’utilizzo di queste tecnologie. Il problema del rifiuto, la paura di
sentirsi diversi, ad esempio, potrebbe limitare l’utilizzo degli strumenti al solo
studio individuale.

14
Nonostante le tecnologie sembrino sempre vantaggiose e spesso “indispensabili” nella
vita quotidiana, nel campo dell’apprendimento è necessario confrontare i vantaggi e gli
svantaggi di un metodo di studio diverso da quello dei compagni.
La convenienza non dipende solo dall’entità dei bisogni da soddisfare e dai vantaggi
dell’utilizzo di un efficace sistema compensativo (Fogarolo, Tressoldi, 2011) ma,
richiede anche, di valutare il peso delle controindicazioni sul piano psicologico ed
emotivo, che possono essere associati all’utilizzo delle tecnologie compensative. Il
sentirsi diverso, il senso di impotenza appresa, il rischio di stigma sono fattori
fondamentali nella scelta degli strumenti e delle strategie migliori per un alunno.
Sicuramente in un contesto scolastico dove le tecnologie sono usate non solo da alunni
con disturbo dell’apprendimento ma fanno parte della didattica, della vita scolastica e
quotidiana, l’utilizzo da parte di alcuni è più facilmente legittimato nel gruppo dei pari,
diventando anche un elemento di inclusione.
L’utilizzo delle tecnologie compensative deve essere combinato a strategie educative ed
organizzative anche alla luce della gravità del disturbo.
L’introduzione precoce delle tecnologie compensative ha indubbiamente dei vantaggi
sia perché si prevengono automatismi errati più difficili da eliminare o modificare
(come ad esempio la scrittura con la tastiera utilizzando tutte e 10 le dita), sia perché si
anticipano i benefici del sistema compensativo, sostenendo l’autostima e anche perché
si riducono notevolmente i rischi di rifiuto più frequenti nei ragazzi più grandi.

o Apprendimento multimediale

Possiamo definire la multimedialità come compresenza e interazione di più mezzi di


comunicazione in uno stesso supporto o contesto informativo. Le tecnologie
multimediali consentono di sostituire all’apprendimento tradizionale “faccia a faccia”,
una rete comunicativa costituita da linguaggi e segni di natura diversa. I protagonisti
all’interno del contesto scuola divengono dunque, l’alunno, la tecnologia e l’insegnante
che acquisisce un ruolo da “mediatore dei media” (Mammarella, 2004).

Come sostiene Mayer (2000) l’apprendimento richiede la partecipazione attiva dello


studente; egli definisce 3 assunzioni di base:

15
1) i discenti possono apprendere più efficacemente da un materiale multimediale,
composto di parole e immagini, piuttosto che da un materiale di sole parole. (doppia
codifica, Paivio, 1991);
2) ognuno dei due canali può processare solo una limitata quantità di informazioni
(carico cognitivo, Chandler e Sweller, 1991);
3) nel processo di costruzione della conoscenza la mente gioca un ruolo attivo. Risulta
evidente l'utilità di tracciare, mediante un approccio scientifico e sperimentale, le linee
guida di una corretta progettazione delle risorse multimediali. (concetto di elaborazione
attiva, Mayer 2000).
Secondo Mayer, gli obiettivi principali dell’apprendimento multimediale devono essere
il ricordo (come abilità di riprodurre e riconoscere il materiale presentato) e la
comprensione (come abilità di comprendere quanto si è studiato e di usarlo in situazioni
nuove).
Alla luce di evidenze sperimentali, l’autore ha elencato sei fondamentali principi
dell’apprendimento multimediale:
1. Multimediale: gli studenti apprendono meglio da una presentazione che associa
parole e figure perché il modello mentale integrato è più ricco di elementi e indizi utili
al recupero.
2. Vicinanza spaziale e temporale: parole e figure corrispondenti vicine sulla pagina o
sullo schermo, presentate simultaneamente permettono una miglior integrazione delle
informazioni.
3. Rilevanza e coerenza del materiale: le componenti verbali e visuospaziali della
memoria di lavoro hanno capacità limitate e quindi non possono gestire troppe
informazioni dello stesso tipo. Risulta quindi poco funzionale caricare parole e figure
irrilevanti.
4. Modalità diverse: apprende meglio da spiegazioni orali e illustrazioni, piuttosto
che da testo scritto e figure.
5. Ridondanza: non si apprende bene se l’informazione è ridondante, ovvero
presentata in troppi formati.
6. Personalizzazione: si apprende meglio se la spiegazione ha uno stile informale
rispetto ad uno stile formale.

16
4. Prospettive future: nuove skills e nuovi percorsi

Alla luce di quanto descritto fin ora e prima di illustrare un esempio operativo che ho
potuto osservare durante la mia esperienza di tirocinio presso l’Associazione “La Nostra
Famiglia” - IRRCS “E. Medea” di Bosisio Parini volevo mettere in evidenza alcuni
numeri riguardo a ricerche effettuate su bambini, adolescenti e scuole italiane.

Nella tabella estratta da una ricerca condotta nel 2012 su 3000 insegnanti riguardanti la
gestione della dislessia nelle scuole italiane, sembra emergere come il laboratorio di
informatica sia presente in oramai tutte le scuole d’Italia mentre risulta molto scarsa la
presenza proprio di quei sistemi informativi che in una classe fanno la differenza per un
alunno con disturbo dell’apprendimento.

Dalla parte di alunni e studenti invece ci sono altri dati da prendere in considerazione
(Ricerca Eurispes 2011):

➔ 62% dei bambini fra i 9 e gli 11 anni ha a disposizione un telefonino proprio.


➔ Più del 50% dei bambini che hanno un cellulare o che usano quello dei genitori o
fratelli più grandi, sa utilizzare applicazioni per giocare (50,9%), per guardare i video
(32,4%) o per navigare tra le pagine web (22.5%).
➔ Per il 70,4% dei bambini fra i 9 e gli 11 anni i propri amici sanno utilizzare
bene/abbastanza bene Internet, una percentuale che scende al 67,5% quando e al 66%
per gli insegnanti.
➔ Il 40,5% degli adolescenti invece usa il cellulare oltre le quattro ore giornaliere.
➔ L’84,5% di scuole è sprovvisto di tablet.

17
➔ Solo il 3,9% degli studenti fra i 9 e gli 11 anni ha usato quasi ogni giorno Internet a
scuola.
➔ Quasi la metà degli adolescenti intervistati dichiara di non aver mai utilizzato
nell'ultimo mese Internet con gli insegnanti (46,2%).
Quei dati, al di là della precisione e dell’accuratezza statistica, ci danno un’idea della
realtà scolastica di oggi per quanto riguarda la diffusione e l’utilizzo di tecnologie. La
diffusione di questi dispositivi è in continua crescita e questo mette in evidenza anche
come la tecnologia sia “a portata di mano” fin dagli anni della scuola dell’infanzia. La
generazione “smartphone e tablet” è sicuramente più abituata e più predisposta
all’utilizzo di queste tecnologie ma necessita in ogni caso di un percorso di
addestramento per sviluppare nuove “competenze digitali” per un uso autonomo,
corretto e consapevole poiché l’efficacia di questi strumenti è strettamente correlata alla
capacità d’uso.

o Dal tirocinio alla realtà

Durante la mia esperienza di tirocinio presso l’Associazione “La Nostra Famiglia” -


IRRCS “E. Medea” di Bosisio Parini ho potuto contribuire ad un progetto per la
creazione di un database – osservatorio di quanto presente a livello tecnologico e
informatico nell’ambito DSA.
In particolare il database ha come obiettivo l’aggiornamento ed il monitoraggio su
software, app, siti, giochi, strumenti, materiali e piattaforme che possono risultare utili
per clinici, insegnanti e ragazzi stessi. La struttura del database facilmente accessibile
ed intuitiva sottolinea la necessità di imparare a scegliere gli strumenti non in base
all’etichetta diagnostica ma sulla base delle abilità che si vogliono
sviluppare/potenziare/compensare.
Ogni contenuto viene quindi descritto sulla base di:
- Supporto (applicazione, gioco, sito, software, software online, hardware,
strumento, piattaforma)
- Nome e descrizione sintetica con link
- Destinatari ai quali quel contenuto può essere utile

18
- Macro tipologia di materiale (download, materiali, attività online, acquisiti
online, informazioni dsa)
- Sistema operativo necessario
- Fascia di prezzo
- Lingua del materiale
- Accessibilità e accessori necessari per utilizzo (audio, mouse, registratore,
connessione, tastiera, cuffie, lim, microfono, touch screen, scanner…)
- Fascia d’età verso la quale il contenuto è rivolto (da prescolare a università)
- Materie scolastiche
- Area compensativa e riabilitativa con indicate le abilità e le aree specifiche verso
le quali il materiale si rivolge (area attentiva, numerica, logica, pianificazione,
visiva, memoria, emotiva, funzioni esecutive, apprendimento..).

Questo database ha volutamente cercato di valorizzare la classificazione di applicazioni


per smartphone e tablet con l’obiettivo di favorire una maggior ecologicità degli
strumenti utilizzati. Tablet e smartphone, infatti, sono strumenti informatici accessibili
sia per utilizzo, prezzo e dimensioni a molti bambini, ragazzi e genitori. L’obiettivo,
ancora in corso, è l’individuazione di giochi e applicazioni più “quotidiane” che, se
inserite all’interno di un percorso di accompagnamento all’utilizzo di questi dispositivi,
possono risultare molto utili nell’ambito dei disturbi dell’apprendimento anche perché
l’utilizzo di uno strumento vissuto come gioco può aver aumentato la motivazione al
compito (Oliva, 2014).
La creazione di questo database si inserisce all’interno di un percorso sul metodo di
studio e di empowerment strategico rivolto a soggetti con disturbo specifico
dell’apprendimento dall’ultimo anno della scuola primaria in poi. Il percorso è
realizzato da uno psicologo cognitivo, un terapista della neuropsicomotricità esperto in
nuove tecnologie. L’obiettivo è acquisire/allenare strategie e strumenti essenziali per
migliorare la performance cognitiva anche con il supporto di tecnologie informatiche; in
particolare gli obiettivi sono:
 Definire obiettivi di performance personalizzati
 Potenziare l’organizzazione dell’attività (tempi, tecniche e accorgimenti)

19
 Favorire l’identificazione delle strutture concettuali (appunti, schemi,
mappe)
 Empowerment delle funzioni carenti (analisi linguistica, analisi visiva,
memoria, attenzione)
 Insegnare tecniche di autoregolazione
Il percorso si svolge all’interno di un setting interattivo ed esperienziale con momenti di
azione e di discussione, suggerimenti e sollecitazioni da applicare prima guidati e poi in
autonomia. È promossa una personalizzazione delle strategie di studio e un adattamento
delle tecniche e degli strumenti sulla base delle richieste e dei contenuti specifici.
Durante le sedute viene fatto un addestramento all’uso di strumenti e tecnologie di
supporto all’apprendimento (conoscere e comprendere, memorizzare, collegare le
conoscenze, saper spiegare, saper fare).
Il programma si sviluppa in 6 accessi della durata di un’ora e mezza l’uno:
• 1° seduta: Presentazione del percorso e degli obiettivi di lavoro. Esercizi di
pianificazione e organizzazione del tempo. Agende elettroniche. Esercitazioni e
consegne per il lavoro a casa.
• 2° seduta: Analisi visiva e semantica. Selezionare ed evidenziare le informazioni nel
testo scritto; strategie generali e uso delle tecnologie informatiche. Esercitazioni e
consegne per il lavoro a casa.
• 3° seduta: Analisi e produzione linguistica. Sintetizzare le informazioni. Parole-
chiave e riassunti, con e senza l’uso delle tecnologie informatiche. Esercitazioni e
consegne per il lavoro a casa.
• 4° seduta: Ricerca e organizzazione delle informazioni. Mappe concettuali con e
senza l’uso delle tecnologie informatiche. Esercitazioni e consegne per il lavoro a
casa.
• 5° seduta: Ascolto e attenzione uditiva. Prendere appunti. Smart-pen e altri ausili.
Esercitazioni e consegne per il lavoro a casa.
 6° seduta: Tecniche e ausili per la memorizzazione. Esercitazioni e consegne per il
lavoro a casa.

20
5. Conclusioni

A conclusione di questo lavoro mi piace ripartire dal titolo: “DSA 3.0”. Ho scelto 3.0
per mettere in evidenza come una volta “conquistato” il web dinamico, il 2.0, siamo
difronte ad una nuova sfida che ci chiede di puntare verso un evoluzione del modo di
vedere la tecnologia stessa.

Il 3.0 nell’ambito dei disturbi specifici dell’apprendimento e nel campo scolastico in


generale, rappresenta quel salto necessario attraverso il quale gli strumenti,
l’accessibilità e la facile fruizione del web 2.0 diventino competenza informatica,
capacità tecnologica capace di tracciare nuove percorsi fra bisogni e opportunità. Le
nuove tecnologie offrono un oceano di opportunità per rendere più dinamico e creativo
l’esperienza scolastica, facendo passare in secondo piano quelle che inizialmente
sembravano difficoltà insormontabili e puntando ad una piena autonomia e inclusione.

Proprio come afferma l’imprenditore statunitense Jeffrey Preston (2010) “il problema è
che il mondo cambia continuamente sotto i nostri occhi, e non ci si può adattare a
questo cambiamento senza acquisire nuovi strumenti e capacità”.

21
6. Bibliografia e sitografia

ALLWRIGHT R. L., Why Don't Learners Learn What Teachers Teach? - The
Interaction Hypothesis, in Singleton D.M. e Little D.G. (eds.), Language Learning in
Formal and Informal Contexts. Dublin, IRAAL, 1984.

CHANDLER E SWELLER, 1991, Cognitive load theory and the format of istruction,
in “cognition an instruction”, 8 pp. 293-332.

COLTHEART M., RASTLE K., PERRY C., LANGDON R. E ZIEGLER J., 2001,
Functional architecture of the language processing system, in Coltheart M., Rastle
K., Perry C., Langdon R. e Ziegler J., 2001, DRC: A Dual Route Cascaded model of
visual word recognition and reading aloud, Psychological Review, vol. 108, pp.
204-256.

CORNOLDI C., De Beni R., gruppo MT, Imparare a Studiare, Trento, Edizioni Centro
Studi Erickson, 1993.

CORNOLDI C., TRESSOLDI P. E., TRETTI M. L. e VIO C., 2010, Il primo


strumento compensativo per un alunno con dislessia, Edizioni Erickson – Trento,
Vol. 7, n. 1, gennaio 2010 (pp. 77-87).

DON L. MILANI, Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice


Fiorentina, Firenze 1967.

FOGAROLO F. ( a cura di), Il computer di sostegno, Ausili informatici a scuola,


Trento, Edizioni Centro Studi Erickson, 2012.

FOGAROLO F., SCAPIN C., Competenze compensative: tecnologie e strategie per


l’autonomia scolastica degli alunni con dislessia e altri DSA, Trento, Edizioni Centro
Studi Erickson, 2010.

22
FOGAROLO F., TRESSOLDI P., “Quando è opportuno proporre agli alunni con DSA
l’uso di tecnologie compensative?”, in Difficoltà di apprendimento, vol. N 2 dicembre
2011 (pp.205-213), Edizioni Erickson Trento.

GHIDONI E. , VALENTI A., VENTRIGLIA L., GOZIO M., CRAIGHERO M, La


gestione della dislessia nelle scuole italiane, in Edizioni Erickson Dislessia, Vol. 9, n.
2, maggio 2012.

GIUSTINI A., LIZZI F., 2014, “Sviluppare le competenze trasversali nella scuola
primaria”, in DdA- Difficoltà di Apprendimento e Didattica Inclusiva, Centro Studi
Erickson, Vol1, n3, fe(pp.307-324), febbraio 2014.

GRANDI L., LUCIA A. “La dislessia nell’era digitale. Riabilitazione, abilitazione e


potenziamento digitale”, Rivista MINORIGIUSTIZIA, Fascicolo 3, p 291-298, 2012.

MAMMARELLA, CORNOLDI, PAZZAGLIA. Psicologia dell’apprendimento


multimediale, Il Mulino, 2004.

MARIANI L., Lingua e Nuova Didattica, Anno XXXII, No. 2, Aprile 2003.

MARIANI L., Stili e strategie nella dinamica apprendimento/insegnamento della


lingua, Lingua e Nuova Didattica, Anno XXV, Numero speciale, Settembre 1996.

MAYER, 2000, Intelligence and education, in Handbook of intelligence, pp. 519-533

MORINI A., SCOTTI F., Assistive Technology Tecnologie di supporto per una vita
indipendente, Maggioli Editore, 2005.

OLIVA G., NERI I., ROBERTO D., GRELLONI C., ROMANIELLO R.,
COSTANTINI I.,BAGNOLO V., TERRIBILI M., ADHD e disgrafia: studio
sperimentale sull’uso del Tablet nel trattamento, Rivista DdAI Distrubi di attenzione e
Iperattività 09/2, Edizioni Erickson, Aprile 2014.

23
OMS, Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute
(ICF), Erickson, Trento, 2001.

PAIVIO, 1991, Dual coding theory: retrospect and current status, in “Canadian journal
of Psychology”, 45, pp.255-287.

PERONI M., N. STAFFA, L. GRANDI, M. BERTON, Dislessia. Guida agli ausili


informatici, Anastasis, Bologna 2010.

SCHNOTZ, 2001, Sign systems, technologies, and the acquisition of knowledge, in


“multimedia learning-cognitive and instructional issues”.

SKEHAN P., Individual differences in second-language learning, London, Edward


Arnold, 1989.

STEIN J. F. e WALSH V., 1997, To see but not to read; the magnocellular theory of
dyslexia, Trends in Neuroscience, vol. 20, pp. 147-152.

STELLA G., In classe con un allievo con disordini dell’apprendimento, Fabbri Editori,
Milano, 2001.

TRESSOLDI P. E., Vio C. , Il trattamento dei disturbi specifici dell’apprendimento


scolastico, Trento, Edizioni Centro Studi Erickson, 2012.

VIO C., TRESSOLDI P. E., LO PRESTI G., Diagnosi dei disturbi specifici
dell’apprendimento scolastico, Trento, Edizioni Centro Studi Erickson, 2012.

Associazione Italiana Dislessia – www.aiditalia.rg

Istituto di ricerca degli italiani - www.eurispes.eu

24
Grazie

per aver scaricato e letto la tesina della dott.ssa Cinzia Tagliabue,


psicologa iscritta all'Ordine psicologi della Lombardia n^ 03/16659.

Se desideri contattarla per informazioni o un consulto specialistico, trovi di seguito i


suoi contatti:
email: cinzia.tagliabue@gmail.com
cell: 333 5095199

Ora,
se lo trovi opportuno,
clicca “mi piace” sulla pagina di Connettiti alla Psicologia! Il Blog di Serena Costa e
condividi l’articolo con i tuoi amici.
Inoltre, se sei curioso di conoscere altri contenuti interessanti sul tema dei DSA e su
altri aspetti educativi legati al mondo dell’infanzia,
iscriviti alla Newsletter del sito così sarai aggiornato sulle prossime uscite!

Dott.ssa Serena Costa

25

Potrebbero piacerti anche