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Saggio breve Modulo 5: Nuovi modelli educativi e sviluppo di nuove competenze

La sfida dell’innovazione educativa non è una questione meramente legata alla tecnologica, né
unicamente una questione disciplinare o metodologica. Si tratta, piuttosto, di tener conto di una
dimensione più ampia, legata ai cambiamenti in atto nella società che, direttamente o
indirettamente, influenzano il cambiamento culturale della scuola. C’è, infatti, un crescente bisogno
di dare a tutti gli studenti metodi, strumenti e abilità che li mettano in grado di rapportarsi
efficacemente con una società sempre più accelerata e complessa a cui le tecnologie digitali ma
anche la globalizzazione delle relazioni, lo sviluppo scientifico, il crescere dei flussi migratori, le
trasformazioni delle strutture familiari e dei comportamenti sociali, per citare solo alcuni dei fattori
principali, pongono nuove sfide e necessità. Alla scuola si richiede, di conseguenza, di dare risposte
di qualità senza perdere la sua vocazione di scuola per tutti. Occorre, quindi, far fronte a nuove
necessità educative sviluppando competenze che permettano agli studenti di affrontare con
strumenti adeguati una realtà profondamente cambiata, ma c’è anche la necessità di superare
difficoltà che, seppur tradizionalmente presenti nei nostri sistemi educativi, hanno bisogno di essere
affrontate con nuovi strumenti e strategie. Le metodologie didattiche, il modo in cui gli insegnanti e
gli studenti si rapportano tra loro e costruiscono la loro relazione educativa, la scuola, intesa sia
come luogo di apprendimento sia come luogo fisico e, quindi, la sua architettura e i suoi spazi
hanno iniziato già un processo di rinnovamento che necessita però di un’accelerazione. La scuola
non può e non deve, infatti, sottrarsi al processo di cambiamento in atto ormai da anni che sta
travolgendo tutti gli aspetti della vita quotidiana. La scuola, il cui compito è formare i cittadini del
futuro, deve accelerare questo processo e rinnovarsi in maniera radicale, sia nella didattica sia nella
metodologia sia dal punto di vista degli spazi che devono essere ripensati in funzione educativa.
Uno dei principali obiettivi della scuola è quello di formare individui capaci di orientarsi e
governare un futuro che si presenta liquido e instabile in una società soggetta a trasformazioni
costanti causate dalla globalizzazione, dai flussi migratori e dalla digitalizzazione. Tutto ciò
richiede capacità di essere autonomi e attivi, di sapersi orientare e trovare soluzioni a problemi
sempre nuovi in una società il cui carattere distintivo è il cambiamento sempre più veloce. Nascere
in una società digitalizzata e velocizzata dalle nuove tecnologie ha contribuito a rendere i ragazzi
completamente differenti da quelli del passato e a mutare radicalmente il loro modo di pensare e di
approcciarsi al mondo della conoscenza; oggi i giovani sono soggetti a un flusso continuo e veloce
di informazioni di cui possono usufruire in ogni momento utilizzando i propri apparecchi elettronici
che ormai hanno sempre con sé. Ciò ha fatto sì che essi vengano identificati come nativi digitali
proprio per distinguerli da chi, invece, non è nato in questa realtà veloce e informatizzata ma che vi
si è dovuto adattare, cioè gli immigrati digitali, o da chi è cresciuto in un mondo privo di tecnologia
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e non vuole o stenta ad avvicinarvisi come i tardivi digitali. I nativi digitali sono spesso accusati di
essere svogliati e di dipendere dai loro smartphone, di non interessarsi più a ciò che la cultura offre
loro in modo tradizionale ma di ricercare sempre contenuti nuovi, veloci, immediati e “stordenti”
sulla rete. Il cooperative learning è una metodologia didattica innovativa in cui gli allievi lavorano
insieme in piccoli gruppi, impegnati in attività opportunamente strutturare e finalizzate al
raggiungimento di obiettivi comuni attraverso il reciproco aiuto. Si può definire un insieme di
tecniche e principi per mezzo del quale gli studenti lavorano insieme e ricevono una valutazione in
base ai risultati conseguiti. Il metodo cooperativo fa riferimento al pensiero di alcuni pedagogisti,
filosofi e psicologi degli inizi del 1900 quali J. Dewey, K. Lewin, J. Piaget e L. Vygotsky e si è
sviluppato negli anni Settanta del secolo scorso. Il primo e più importante centro di studi sul
cooperative learning è stato il Cooperative Learning Center dell’Università del Minnesota a cui
appartengono i fratelli David e Roger Johnson che, intorno agli anni Settanta, hanno cominciato ad
occuparsi di cooperative learning: infatti essi sono considerati i pionieri di questa metodologia
didattica. Italia il metodo cooperativo è stato introdotto da Mario Comoglio che, dopo aver
trascorso diversi anni di studio e di esperienza negli Stati Uniti, ha introdotto non soltanto una
nuova metodologia didattica ma anche una nuova visione di scuola ovvero di una scuola non
soltanto informativa ma anche e soprattutto formativa ed educativa. Il cooperative learning è
caratterizzato dalla presenza di tre tipologie di gruppi di apprendimento cooperativo che hanno
caratteristiche diverse; Gruppi formali: questi gruppi possono essere mantenuti per una sola lezione
o per alcune settimane di lavoro sia allo scopo di insegnare contenuti sia allo scopo di insegnare
abilità e essi permettono il coinvolgimento attivo degli studenti nel lavoro di organizzazione del
materiale, di sintesi e integrazione dei nuovi contenuti nelle strutture concettuali esistenti, Gruppi
informali: sono gruppi che vengono creati ad hoc per alcuni minuti o per una singola lezione.
Questo tipo di gruppo è utilizzato per l’insegnamento diretto al fine di focalizzare l’attenzione degli
studenti sul materiale da imparare, per creare un clima favorevole all’apprendimento, per indurre
attese sugli argomenti che saranno trattati durante la lezione e per assicurarsi che gli studenti
elaborino cognitivamente il materiale e gruppi di base: Sono gruppi eterogenei che vengono
mantenuti per lunghi periodi. Lavorando per un lungo periodo insieme i membri di questi gruppi,
infatti, si scambiano il sostegno, l’aiuto, l’incoraggiamento e l’assistenza necessaria per apprendere.
Essi istaurano tra loro rapporti di collaborazione durevoli e significativi. Perché un gruppo di allievi
lavori in modo cooperativo non basta dare loro un compito ma, come sottolineato da molti studiosi,
è necessario strutturare accuratamente cinque elementi essenziali senza i quali non ci potrà essere
cooperazione. Nel cooperative learning non è funzionale l’assetto tradizionale dell’aula in quanto
non è più privilegiata la relazione docente-studente ma quella studente-studente in quanto gli

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studenti devono imparare a lavorare con tutti e l’allestimento dell’aula incide sulla resa dell’alunno
e sulla gestione della classe. È importante, dunque, una sistemazione della classe secondo i principi
necessari per un buon funzionamento dei gruppi elencati da Johnson che elenca i principi senza i
quali gli alunni non possono lavorare bene in gruppo. Essi sono: i membri di un gruppo di
apprendimento cooperativo dovranno sedere faccia a faccia in modo da essere sufficientemente
vicini per condividere i materiali e per parlarsi senza dover alzare il tono della voce; gli studenti
devono sedere con la faccia o il fianco rivolti verso la cattedra in modo da vedere l’insegnate senza
girare la sedia o assumere posizioni scomode; i gruppi devono essere abbastanza distanti in modo
che non interferiscano tra di loro e che l’insegnante possa raggiungerli e monitorarli agevolmente;
lo spazio deve essere flessibile in modo che gli studenti possano cambiare facilmente la
composizione e le dimensioni del gruppo. Un altro aspetto della lezione cooperativa che va
programmato è la valutazione: si tratta di un aspetto molto importante perché incide
sull’interdipendenza che si crea all’interno del gruppo. In letteratura è possibile incontrare modalità
di valutare differenti; tra queste ricordiamo: il punteggio di miglioramento: la valutazione ottenuta
da ciascun allievo è paragonata con le sue precedenti valutazioni e non con quelle dei compagni per
evitare paragoni; media individuale e di gruppo: è una delle modalità di valutazione maggiormente
utilizzata in quanto consente di conciliare l’esigenza di dare una valutazione individuale con quella
di valorizzare allo stesso tempo il lavoro di gruppo. Apprese le teorie sul funzionamento della
mente umana in generale l’allievo deve apprendere come funziona la propria mente. In questa fase
egli ha bisogno di aiuto perché deve fare un lavoro di introspezione, di autoanalisi e di
autoconsapevolezza attraverso cui può prendere coscienza del funzionamento dei propri processi
cognitivi e comportamentali e saperne cogliere punti di forza e punti di debolezza. Fare un lavoro di
autoanalisi, naturalmente, non è semplice soprattutto per gli allievi con ritardo mentale o con
disturbi di apprendimento. L’insegnante, pertanto, in questa fase gioca un ruolo molto importante
poiché deve fornire dei feedback sulle prestazioni dell’allievo e deve stimolarlo a indagare sugli
aspetti connessi al proprio modo di compiere i compiti e sui processi che attiva. I feedback,
soprattutto nei casi in cui l’allievo sbaglia, al fine di salvaguardare la sua autostima e motivazione
non devono mai intaccare e svilire il valore della persona, ma devono limitarsi a stimolare
un’autoanalisi sui processi cognitivi implicati. L’informazione di ritorno, pertanto, deve essere
articolata su due livelli: una base continua di conferme del valore essenziale della persona e
un’oggettiva informazione sulle reali caratteristiche delle varie prestazioni del soggetto.
L’insegnante ponendosi come guida per un’accurata analisi degli errori commessi e delle prove
superate positivamente, favorisce nell’allievo la consapevolezza di cosa non ha funzionato

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correttamente in lui o, viceversa, di cosa ha funzionato. Queste informazioni gli saranno utili per i
successivi apprendimenti.

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