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LA PSICOLOGIA

DELL’EDUCAZIONE
STEF ANI A SI NESI – UNI VER SI TÀ D EGL I STUD I D I
C AM E R I N O
PROGRAMMA DEL CORSO

• Il corso in Psicologia si suddivide in due parti:

• Si affronterà il tema dell‟educazione, descrivendone i concetti


base dello sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo, i costrutti
connessi allo sviluppo intellettivo e del linguaggio in tutte le
sue declinazioni. Inoltre ci si focalizzerà sulle implicazioni
culturali e sociali nella costruzione di una conoscenza
condivisa, fino ad arrivare ad approfondire i costrutti
dell‟apprendimento sia nella prospettiva socio-costruttivista
che motivazionale.
• Si affronterà il tema di come l'educazione, anche non
strettamente scolastica, può migliorare il comportamento, le
conoscenze e le abilità, il modo di pensare e gli
atteggiamenti dell'individuo, con l‟obiettivo di intervenire sulle
condizioni psicologiche che caratterizzano il processo
educativo della persona all'interno del suo ecosistema.
RISULTATI APPRENDIMENTO

• Apprendere i concetti di base della Psicologia dello


sviluppo e dell‟educazione
• Comprendere i processi psicologici che
caratterizzano i contesti di apprendimento, di tipo
cognitivo, metacognitivo, motivazionale ed
emotivo, con particolare attenzione ai principali
approcci teorici presenti in letteratura.
• Stimolare la capacità di individuare, in contesti
diversi, i processi psicologici che favoriscono la
riuscita e il benessere.
TESTI

• Woolfolk, A. (2016). Psicologia dell‟educazione.


Teorie, metodi, strumenti. Milano: Pearson.
METODI DIDATTICI

• Lezioni frontali-interattive.
• Lavori in sottogruppi e discussione in aula su
progetti di prevenzione e promozione dello
sviluppo.
DI COSA PARLEREMO IN QUESTA
LEZIONE?

• Di che cosa si occupa la psicologia dell‟educazione.


• Quali sono i contesti all‟interno dei quali opera lo
psicologo dell‟educazione.
• Come si può lavorare, a livello preventivo, sulle relazioni
nei contesti educativi.
• Quali sono gli aspetti relazionali docente-studente.
• Da cosa è caratterizzato il fenomeno del bullismo e del
cyberbullismo e come è possibile intervenire.
• Quali sono i principali metodi della ricerca utilizzati dallo
psicologo dell‟educazione.
LA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

• La psicologia dell‟educazione si riferisce allo studio dello


sviluppo, dell‟apprendimento, della motivazione,
dell‟insegnamento, della valutazione nei contesti educativi e
della progettazione di interventi e politiche in quest‟ambito
(Anderman, 2011; Pintrich, 2000).
LA PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

• E‟ stata considerata in passato solo in contesti


applicativi di diagnosi ed intervento per l‟inclusione
di studenti con particolari bisogni.

• In seguito è divenuta consulenza, valutazione,


intervento, ricerca e formazione.
L’EDUCAZIONE E LO PSICOLOGO
DELL’EDUCAZIONE
• L‟educazione indica il processo e l‟attività, influenzati nei
diversi periodi storici dalle varie culture, volti allo sviluppo e
alla formazione di conoscenze e facoltà mentali, sociali e
comportamentali di un individuo.

• Operare come psicologo dell‟educazione richiama il tema


della responsabilità educativa, che abbraccia i diversi
contesti in cui l‟individuo cresce e si relaziona.

• L‟educazione è un‟impresa comunitaria in cui il professionista


opera all‟interno di sistemi educativi per promuovere la
creazione di una comunità educante che si oggettiva in una
rete sociale di collaborazione, all‟interno della quale
interagiscono diversi soggetti educanti (famiglia, scuola,
istituzioni).
I CONTESTI DELLA PSICOLOGIA
DELL’EDUCAZIONE

• Lo sviluppo di una persona è strettamente connesso


ai contesti in cui la persona stessa è inserita e
interagisce.
Esistono tre tipi di contesti educativi:
• Formali
• Non formali
• Informali
I CONTESTI EDUCATIVI

• Formali: Si tratta di contesti definiti e istituzionalizzati in cui si stabiliscono


degli obiettivi da raggiungere dedicati all‟insegnamento, alla formazione
e all‟apprendimento, nei quali le attività sono condotte da facilitatori
dell‟apprendimento, professionisti del settore, che conoscono le materie
e che abitualmente insegnano a categorie specifiche di studenti
(definite per classi d‟età, livello e specializzazione).

• Non formali: Si tratta di una forma di apprendimento che non prevede


alcun obiettivo; si realizza quotidianamente nei contesti familiari, sul
lavoro, nel tempo libero e nella società in generale.

• Informali: Si tratta di apprendimento volontario che avviene in situazioni e


contesti nei quali l‟insegnamento, la formazione e l‟apprendimento non
sono necessariamente le attività uniche o principali. Le situazioni e i
contesti possono essere temporanei e le attività o i corsi realizzati possono
essere condotti da facilitatori professionisti (trainer) o da volontari
(animatori giovanili).
I CONTESTI EDUCATIVI FORMALI

• La scuola e l‟università rappresentano un contesto


di importanza fondamentale per l‟educazione e la
crescita dei ragazzi.

• https://www.youtube.com/watch?v=MC_eV3Me2g
Q
I CONTESTI EDUCATIVI NON FORMALI

• La famiglia e gli amici sono considerati il fulcro


dell‟educazione.

• L‟influenza della famiglia inizia prima della nascita:


la famiglia è il primo luogo di apprendimento dei
sentimenti.

https://www.youtube.com/watch?v=lwBysqo5Ro8
I CONTESTI EDUCATIVI INFORMALI

• Uno dei contesi educativi informali più diffusi è quello dello sport.

• Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare.


Ha il potere di unire le persone. Parla ai giovani in una lingua che
comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta
c'era solo disperazione (Nelson Mandela)

• Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per


trionfarne, la difficoltà per vincerla.(Pierre de Coubertin)


• Perdere è un modo di apprendere. E vincere, un modo di


dimenticare quel che si è appreso.(Carlos Drummond De
Andrade)

• https://www.youtube.com/watch?v=ssWwqw07ivo
GLI INTERVENTI DELLO PSICOLOGO
DELL’EDUCAZIONE (IN TUTTI I
CONTESTI)
• 1)Intervento universale, l‟utenza è rappresentata da un
gruppo numeroso di soggetti che non presentano specifici
problemi, difficoltà o fattori di rischio.

• 2)Intevento ristretto per integrare coloro che manifestano


specifiche difficoltà o che sono portatori di bisogni speciali
senza fattori di rischio specifici.

• 3)Intervento in un contesto in cui sono presenti fattori di rischio


che minano il benessere di coloro che ne fanno parte.

• 4)Intervento specifico individualizzato in un contesto in cui


esiste una situazione di emergenza e in cui i fattori di rischio
sono chiaramente manifesti.
LA PREVENZIONE A SCUOLA

• La scuola è uno dei contesti più importanti,


all‟interno del quale lo psicologo dell‟educazione
opera.

• Lo sviluppo delle abilità affettive e relazionali degli


studenti costituisce una forma di intervento di
prevenzione.
LA SCUOLA COME COMUNITA’

• E‟ fondamentale sviluppare un senso di


appartenenza nei confronti della propria scuola

• Gli insegnanti possono favorire il senso di


appartenenza, promuovendo le abilità relazionali

• Gli studenti che si sentono “legati” alla scuola sono


più felici, più coinvolti nelle attività scolastiche, più
autodisciplinati e meno inclini a manifestare
comportamenti a rischio
LA GESTIONE DELLA CLASSE E
DELL’AMBIENTE DI APPRENDIMENTO
• Per un docente il saper gestire le dinamiche
relazionali in classe significa creare e mantenere un
ambiente di apprendimento, caratterizzato dal
rispetto e dalla partecipazione.

• Le regole che determinano chi puo‟ intervenire, di


che cosa si puo‟ parlare, quando, a chi e quanto a
lungo vengono definite “strutture partecipate”.

• E‟ necessario assicurarsi che tutti conoscano la


modalità di partecipazione alle attività di classe.
LA GESTIONE DI SE’

• Il docente non deve concentrarsi esclusivamente


sull‟adesione delle regole, ma essere in grado di spostare il
focus sull‟apprendimento autoregolato (Evertston e Weinstein,
2006), che ha l‟obiettivo di sviluppare l‟autocontrollo.

• L‟autrocontrollo si sviluppa attraverso l‟operare scelte e


affrontarne le conseguenze, stabilendo obiettivi e priorità,
pianificando il proprio tempo, collaborando con gli altri in
funzione dell‟apprendimento, mediando le dispute, facendo
da mediatori e sviluppando relazioni di fiducia con insegnanti
e compagni di classe meritevoli.

• Savage (1999) afferma che:“Il principale fine della disciplina è


lo sviluppo dell‟autocontrollo. Conoscenza scolastica e abilità
tecnologiche daranno risultati modesti se i loro possessori
scarseggieranno di autocontrollo”.
IL TEMPO PER L’APPRENDIMENTO

• Obiettivo fondamentale della gestione della classe


è quello di aumentare il tempo dedicato
all‟apprendimento.
• Esiste una correlazione tra tempo trascorso per
l‟insegnamento di un argomento e la capacità di
apprendimento.
• Il tempo in cui gli studenti sono realmente coivolti in
ciò che stanno apprendendo e comprendendo
viene definito “tempo di studio”.
IL COINVOLGIMENTO

• La supervisione da parte degli insegnanti è


fondamentale per promuovere la concentrazione e il
coinvolgimento.

• Uno studio (Frick, 1990) ha mostrato che gli alunni della


scuola primaria che lavorano attivamente con un
docente si concentrano per il 97% del tempo, mentre
quelli che lavorano da soli per il 57%.

• Le attività più coinvolgenti sono quelle che offrono un


collegamento con l‟esperienza quotidiana degli
studenti.
LA RELAZIONE DOCENTE-STUDENTE

• La costruzione e il mantenimento di una relazione


positiva docente-studente rappresenta un forte
indice di adattamento e di benessere psicologico.
• La relazione docente-studente rappresenta un
contesto di sviluppo.
• Il docente è responsabile della gestione della
classe che si oggettiva nella costruzione di un
rapporto di fiducia con gli allievi, nella trasmissione
di norme e valori condivisi e nella valorizzazione
delle potenzialità del singolo.
• Il docente può essere considerato una fonte di
resilienza e di benessere socio-emotivo.
UNA RICERCA SULLA RELAZIONE
DOCENTE-STUDENTE
• La maggior parte degli eventi positivi rievocati
erano connessi a stati emotivi di gioia e orgoglio e
ad eventi in cui il docente forniva feedback positivi
per un compito o in cui il docente dava un
supporto materiale e/o emotivo nel momento del
bisogno.
• Gli eventi negativi erano legati a comportamenti
umilianti e dannosi, agiti dall‟insegnante, connessi
all‟emozione della rabbia.
• Docenti non solo competenti dal punto di vista
didattico ma anche in grado di mostrare vicinanza
e supporto affettivo.
L’ASCOLTO EMPATICO

• L‟insegnante utilizza un ascolto empatico,


cercando di ascoltare lo studente ed evitando di
fornire troppo presto consigli, soluzioni, quesiti o
critiche.

• L‟ascolto empatico e attivo riesce a comprendere


le emozioni, le intenzioni e i significati nascosti del
messaggio comunicativo.
L’ASSERTIVITÀ

• Una corretta gestione della classe passa attraverso


una modalità didattica assertiva (risposta chiara,
ferma e non ostile) che comunica che l‟insegnante
si preoccupa dei loro bisogni e del processo di
apprendimento, non permettendo che
comportamenti inappropriati perdurino nel tempo.
IL DISAGIO RELAZIONALE A SCUOLA

• Spesso si registrano situazioni di disagio relazionale


con la messa in atto di comportamenti aggressivi
intenzionali, non sorretti dalla consapevolezza dei
danni arrecati, non soggetti all‟adozione di
emozioni morali quali colpa, vergogna e imbarazzo
che consentirebbero di attivare meccanismi di
riparazione e l‟assunzione di responsabilità
individuale.
IL BULLISMO

• Il bullismo è un‟aggressione caratterizzata da un


sistematico e ripetuto abuso di potere, volto al
danneggiamento della vittima.
• Olweus (1993)afferma che: “uno studente è vittima
di bullismo quando viene esposto ripetutamente nel
corso del tempo ad azioni offensive messe in atto
da uno o più compagni”.
• Si verifica in un contesto di gruppo ed è
caratterizzato da uno squilibrio di potere tra chi
compie l‟azione e chi la subisce.
IL BULLISMO

• Alcuni studi mostrano come, indipendentemente dal


contesto socio-culturale, tra il 10% e il 30% dei ragazzi e
dei giovani è stato coinvolto almeno una volta in un atto
di bullismo (Cook et al., 2010; Guerra et al., 2011).
• Sia i bulli che le loro vittime sono a rischio di problemi
psicologici, scolastici e comportamentali.

Tre caratteristiche fondamentali:


• Intenzionalità
• Reiterazione
• Squilibrio di potere
IL BULLISMO

• Il bullismo può essere:


1) Diretto con prepotenze fisiche o verbali rivolte
direttamente dal prevaricatore alla vittima.
2) Indiretto che colpisce la dimensione relazionale e
sociale della vittima (ad es. isolamento).
LE TIPOLOGIE DI BULLISMO
IL BULLISMO: INFOGRAPHICS
APPROFONDIMENTO : ALCUNI EFFETTI
DEL BULLISMO 1/3
• Il più grande studio inglese (Micali et al., 2014) sui
comportamenti alimentari disturbati, in un
campione di 6.000 ragazzi seguiti longitudinalmente
fino a 14 anni, ha messo in luce quanto già a 8,5
anni il 5% delle ragazze e il 3% dei ragazzi sia
insoddisfatto del proprio corpo. Tale insoddisfazione
a 14 anni, sale al 32,3% per le ragazze e al 16% per i
ragazzi.
APPROFONDIMENTO : ALCUNI EFFETTI
DEL BULLISMO 2/3
Sempre a quest‟età, il 38,8% delle
ragazze e il 12,2% dei ragazzi
presenta comportamenti
alimentari disturbati; in particolare il
7,5% delle ragazze e il 3,5% dei
ragazzi presenta un Disturbo da
Alimentazione Incontrollata, l‟8%
delle ragazze e l„1,6% dei ragazzi
presenta comportamenti di dieta
e, infine, il 2,4% delle ragazze e lo
0,8% dei ragazzi, condotte di
eliminazione autoindotto.
APPROFONDIMENTO : ALCUNI EFFETTI
DEL BULLISMO 3/3

• Anche in famiglia l‟esprimere giudizi riguardanti la forma e l‟aspetto fisico


dei bambini per spronarli a perdere peso, credendo che essi possano
essere responsabili e consapevoli dei propri problemi di peso e in grado
di riuscire a fare da soli scelte salutari, può risultare controproducente e
avere effetti nocivi. I bambini non avendo ancora acquisito la capacità
di selezionare i cibi più sani, di porsi limiti, di rinunciare ad alcuni cibi
preferiti e di assumere sani stili di vita ma, anzi, sono esposti al rischio che
si possano innescare meccanismi tali da contribuire all‟insorgenza o al
mantenimento dell‟obesità.

• Spetta, quindi, ai genitori il compito di fungere loro da modello e


condividere con loro una sana alimentazione e corretti stili di vita,
evitando di esprimere giudizi circa il loro peso, ma piuttosto
promuovendone l‟autostima e l‟accettazione del corpo che, se
alimentate durante l‟infanzia soprattutto nei bambini in sovrappeso,
proteggerebbero dall‟insorgenza di problematiche relative al rapporto
con il cibo, il peso e l‟immagine corporea in età adolescenziale.
LE VITTIME DI BULLISMO

• La percentuale di bambini vittime di bullismo si


attesta al 10% circa in Europa e negli Stati Uniti.

• Le vittime tendono a provare bassa autostima, a


sentirsi ansiosi, soli, insicuri e infelici e a non
difendersi se attaccati.

• Un‟altra tipologia di vittime è caratterizzata da forte


emotività e impulsività e i soggetti che ne fanno
parte sembrano voler provocare reazioni
aggressive e di conseguenza risultano avere pochi
amici.
LE VITTIME DI BULLISMO

Caratteristiche di persone più inclini a diventare


vittime di bullismo:
• Sovrappeso
• Impopolarità
• Disabilità
• Omosessualità
• Transgender
• Identità sessuale non ancora definita
I BULLI

• Uno studio longitudinale (Aber et al., 2003) ha


mostrato che i bambini aggressivi, a cui gli
insegnanti avevano impartito strategie di gestione
dei conflitti e dell‟aggressività, avevano
abbandonato le condotte aggressive e le prese in
giro nei confronti dei compagni.
IL CYBERBULLISMO

• Il cyberbullismo è un atto aggressivo e intenzionale, condotto


da un individuo o da un gruppo di individui, con l‟uso di varie
forme di contatto elettronico, ripetuto nel corso del tempo
contro una vittima che ha difficoltà a difendersi (Smith, 2008).

• Maggiore pervasività del danno arrecato.

• Secondo un recente rapporto di Save the Children


(2014)bullismo e cyberbullismo possono arrivare a
compromettere il rendimento scolastico (38%), a minare la
capacità di socializzazione della vittima (65%) e portare a
conseguenze psicologiche come la depressione (57%,
percentuale che sale al 63% nelle ragazze tra i 15-17). La
molestia on-line è ritenuta dall‟83% dei ragazzi molto più
dolorosa di quella reale in quanto non esiste limite a quello
che si può dire e fare nello spazio virtuale (73%).
IL CYBERBULLISMO: INFOGRAPHICS
L’INTERVENTO IN CLASSE

• Il bullismo è fortemente dipendente dalle


caratteristiche del sistema classe in cui ha luogo e
dagli “attori” che ne fanno parte.

• Oltre al “clima classe” ovvero la qualità delle


relazioni sociali tra pari e il rapporto tra studenti e
insegnanti, giocano un ruolo fondamentale le
caratteristiche individuali degli studenti (stile di
coping, empatia, tratti temperamentali,
disimpegno morale).
IL DISIMPEGNO MORALE

• E‟ un costrutto introdotto da Bandura (1986) che descrive


l‟insieme dei dispositivi cognitivi interni dell‟individuo che liberano
quest‟ultimo dai sentimenti di autocondanna, lesivi per
l‟autostima, nel momento in cui viene meno il rispetto per le
regole.

Tali meccanismi si distinguono in:


• Processi di disimpegno che operano sulla ristrutturazione
cognitiva della condotta morale (giustificazione morale,
etichettamento eufemistico e confronto vantaggioso).
• Meccanismi che determinano una distorsione della condotta
nella relazione causa-effetto e un oscuramento della
responsabilità personale (dislocazione della responsabilità,
diffusione della responsabilità e distorsione delle conseguenze).
• Processi che provocano una rivalutazione della vittima alla quale
viene attribuita la colpa (deumanizzazione della vittima e
attribuzione di colpa).
LE CARATTERISTICHE INDIVIDUALI
DELL’INSEGNANTE
• Le caratteristiche dell‟insegnante influenzano la struttura
sociale della classe e le relazioni tra pari.

• E‟ fondamentale parlarne, e che le figure adulte forniscano


un feedback.

• Una ricerca (Holt e Keyes, 2004)ha messo in luce che gli


insegnanti riportano tassi di bullismo inferiori rispetto agli
studenti.

• Nonostante a volte gli episodi di bullismo avvengano non in


presenza degli insegnanti, gli studenti riportano che spesso i
docenti tendono a non intervenire in situazioni che
percepiscono meno serie dell‟aggressione fisica (Yoon e
Kerber, 2003).
LE POLITICHE EDUCATIVE

• Le politiche educative antibullismo dovrebbero


implicare tutte le componenti del sistema scolastico
e prevedere la vigilanza da parte del personale
docente e non, anche in spazi e tempi meno
sorvegliati (cortile, mensa, servizi igienici,
ricreazione), prevedendo una costante disponibilità
da parte dello staff scolastico all‟ascolto degli
allievi.
I PROGRAMMI DI INTERVENTO

Dovrebbero essere rivolti a:


• Gruppo dei pari
• Relazione educativa tra insegnanti e alunni
• Cultura della scuola
• Rapporto con le famiglie
• Sistema complessivo di valori della comunità
LE MOTIVAZIONI DEL BULLISMO E
POSSIBILI AZIONI
L’ALFABETIZZAZIONE MORALE

• Lavorare sulla moralità e sull‟innalzamento della


responsabilità morale può essere un‟azione chiave
per contrastare il bullismo.

• Gli interventi di alfabetizzazione morale si


propongono di sviluppare, in classe, discussioni
centrate sui “dilemmi morali” in cui gli studenti
vengono invitati a riflettere su situazioni morali
insieme ai compagni.
LA TEORIA SOCIO-COGNITIVA DI
BANDURA
• I principi alla base del gruppo di discussione su
“dilemmi morali” si riconducono alla Teoria Socio-
Cognitiva di Bandura (1990) secondo cui:
• I meccanismi che portano ad una disattivazione
selettiva del giudizio morale non sono per molti
aspetti diversi da quelli che ne assicurano il
controllo efficace sulla condotta, dal momento che
anch‟essi riflettono le proprietà del sistema psichico
di autoregolarsi, e anch‟essi assolvono a una
funzione di equilibrio e autoprotezione.
LO PSICOLOGO DELL’EDUCAZIONE
COME RICERCATORE
La ricerca è uno degli ambiti di interesse della
psicologia dell‟educazione, che utilizza strumenti di
indagine e metodologie molteplici:
• Studi di correlazione
• Studi sperimentali
• Disegni sperimentali single-subject
• Interviste cliniche
• Etnografia

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