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Premessa

L’istituzione scolastica si trova oggi a dover affrontare uno scenario in radicale


trasformazione, le cui dinamiche imprevedibili hanno investito inesorabilmente il mandato
sociale e le tradizionali funzioni affidate all’Istruzione. È possibile cogliere l’esito di tale
situazione facendo riferimento a due esigenze vitali ed inderogabili per l’attuale sistema
scolastico, tra loro intersecate: da una parte il bisogno di ricercare nuovi sistemi educativi
in risposta alle sfide emergenti di una società in rapido sviluppo; dall’altra la necessità di
una riflessione approfondita rispetto alle mutate condizioni socio-educative nelle quali si
trovano oggi a vivere gli studenti.

È sempre più evidente ad esempio la necessità di educare i giovani alla convivenza


sociale, ed è per questo che nasce l’esigenza di una rielaborazione di un percorso
formativo basato sull’apprendimento cooperativo, ovvero basato sulla condivisione di
esperienze, e sull’individuazione di pratiche e aiuto reciproco. Scrive Antony Kaye[1]:

“Collaborare (co-labore) vuol dire lavorare insieme, il che implica una condivisione dei
compiti e un’esplicita intenzione di “aggiungere valore” per creare qualcosa di nuovo o
differente attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato, in contrasto con un
semplice scambio di informazioni o esecuzione di istruzioni. Un’ampia definizione di
apprendimento collaborativo potrebbe essere l’acquisizione da parte degli individui di
conoscenze, abilità o atteggiamenti che sono il risultato di un’interazione di gruppo, o,
detto più chiaramente, un apprendimento individuale come risultato di un processo di
gruppo”.

L’apprendimento cooperativo, inoltre, ritiene valida quella definizione di apprendimento


che fa principalmente riferimento al gruppo e alle tecniche gruppali: la differenza
sostanziale con il lavoro di gruppo riguarda le finalità specifiche, che nell’apprendimento
cooperativo riguardano il miglioramento dell’apprendimento di ciascun membro del gruppo
attraverso il compito o l’attività in questione, e non la semplice condivisione di uno scopo
comune.

Negli ultimi anni, la scuola ha risposto in vari modi alle sollecitazioni di cui abbiamo
accennato, spostando l’attenzione della riflessione da insegnare per l’apprendimento di
contenuti a insegnare per educare “competenze chiave[2]“, abilità per la vita (life skills) e
obiettivi che vanno “oltre” la scuola. Si sono susseguite numerose le testimonianze di
studiosi ed esperti sulla necessità di riflettere e ripensare le finalità educative della scuola
per armonizzarle con le esigenze della società attuale in continua e rapida trasformazione.
Il “Libro bianco” di J. Delors - ma anche altri documenti che in qualche modo lo hanno
preparato o anche commentato - sono fra le testimonianze più note che a tale riguardo
sono state prodotte. Integrando i punti essenziali, questi lavori concordano nel sostenere
che la scuola sia da ristrutturare in vista di un percorso d’insegnamento/apprendimento al
termine del quale gli studenti dovranno essere capaci, tra le varie cose, di:

a) Imparare ad apprendere, per tutta la vita:

b) Saper ascoltare e saper parlare:


c) Saper collaborare:

d) Saper pensare ad un livello più elevato.

Il metodo cooperativo si rifà al concetto di Zona di Sviluppo Prossimale di Vigostkij che


indica le capacità potenziali che il soggetto può esprimere in ragione dell’aiuto di un
partner più competente. La Zona di Sviluppo Prossimale si realizza per il tramite delle
risorse cognitive e di senso proprio del gruppo sociale e non esiste in sé, ma soltanto in
quanto processo (luogo ed insieme strumento) di partecipazione e di appartenenza del
singolo ad una comunità di pratiche.

In conformità con questa premessa, le funzioni educative e didattiche del gruppo docente
diventano le seguenti:

- trasferire conoscenze nella mente dell’allievo;

- chiedere agli studenti (in modo esplicito o implicito) di memorizzare e ricordare


argomenti e temi ascoltati durante la spiegazione;

- insegnare all’interno di un contesto caratterizzato da un’assenza di relazioni


interpersonali, sia tra studenti che tra insegnanti e studenti;

- mantenere una struttura d’apprendimento individualistica, tradizionale e velatamente


competitiva;

- insegnare una disciplina senza avere una preparazione specifica e professionale sui
problemi, metodi e tecniche di insegnamento (Venza, 2007).

[1] Kaye, A.R. (1994). Apprendimento collaborativi basato sul computer. TD-Tecnologie
didattiche, n.4, pp. 9-21.

[2] Con il concetto di competenze chiave ci riferiamo a quelle competenze di cui tutti
hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva,
l’inclusione sociale e l’occupazione. Nelle “Raccomandazione del Parlamento europeo e
del Consiglio”, del 18 dicembre 2006, le competenze chiave vengono indicate come soglia
culturale comune per preparare i giovani alla vita adulta e offrire loro un metodo per
continuare ad apprendere per tutto il corso della loro esistenza in una società e
un’economia basata sulla conoscenza. Il citato atto di indirizzo dell’UE rappresenta,
comunque, il documento più recente di un lungo percorso di cooperazione degli stati
europei per trovare obiettivi condivisi tra sistemi differenti di istruzione e formazione.

1.Il cooperative learning


Le prime esperienze di Cooperative Learning risalgono agli anni sessanta e sono state
realizzate nelle scuole primarie americane dai fratelli Johnson, che hanno creato nel corso
degli anni un programma di studio fondato su basi teoriche e di ricerca costantemente
perfezionato, sviluppato e tuttora in progress.
Lavorando nei gruppi cooperativi gli studenti vengono guidati dagli insegnanti ma non
facilitati nello sforzo di apprendere: affrontano situazioni complesse, spesso imprevedibili,
e così facendo imparano ad esprimersi al meglio, scoprendo e sviluppando in tal modo
risorse personali insospettabili.

Il risultato è innanzitutto l’incremento e il potenziamento di abilità cognitive generalmente


più vaste di quelle comunemente richieste dalla attività proposte dalla scuola tradizionale;
le applicazioni dei gruppi cooperativi, inoltre, si avvicinano di più alle esperienze più
autentiche della vita reale.

Attraverso il Cooperative Learning, gli studenti vengono indotti a coordinare il proprio


impegno con quello dei compagni per raggiungere determinati scopi, imparando nel tempo
ad apprezzare il valore della responsabilità individuale, della collaborazione, dell’aiuto,
dell’accettazione del diverso da sé del contributo dell’altro, della conoscenza come sforzo
condiviso.

Alcune definizioni di Cooperative Learning:

“È un insieme di tecniche di classe nelle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi per
attività di ap-prendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati conseguiti” (Johnson,
Slavin, Kagan, Cohen).

“È un metodo di apprendimento – insegnamento in cui la variabile significativa è la


cooperazione tra gli studenti” (Comoglio, 1996).

“Una classe cooperativa è un insieme di piccoli gruppi di studenti relativamente


permanente e composto in modo eterogeneo, unito per portare a termine un’attività e
produrre una serie di progetti o prodotti, che richiedono una responsabilità individuale
nell’acquisizione delle competenze utili al raggiungimento dello scopo” (Baloche, 1998).

Secondo il modello proposto da Slavin[1],

“Il gruppo promuove complessivamente una motivazione ad imparare così come tale
motivazione sostiene ed aiuta ciascun componente del gruppo stesso ad imparare; la
motivazione, inoltre, fa sì che svolgano ruoli reciproci di tutoring, e si condividano
specifiche elaborazioni cognitive; tutto questo provoca infine una notevole coesione
sociale nel gruppo”.

È bene precisare come non sia possibile riferirsi all’apprendimento cooperativo come ad
un singolo metodo di apprendimento, quanto - casomai - di un insieme di metodi o
strategie di insegnamento-apprendimento che hanno come comun denominatore alcuni
punti basilari, che li distinguono e li qualificano rispetto alle altre modalità di lavoro in
gruppi.
Sono, infatti, numerose le variazioni e diversi gli approcci all’apprendimento cooperativo,
tra i quali ricordiamo:

1. Il Learning Together di Johnson e Johnson (1987), la modalità più conosciuta che


consiste nel far lavorare la classe suddividendola in piccoli gruppi (di 3 o 4 alunni)
che lavorano insieme su un compito assegnato. Ogni membro del gruppo assume
un ruolo e lavora per il raggiungimento del compito.
2. Lo Student Team Lerning (o Success of all) di Slavin che pone l’accento sulla
necessità di motivare gli studenti a questo tipo di lavoro. Pertanto per far sì che essi
lavorino in modo collaborativo propone di utilizzare un sistema di ricompense
stimolanti per il singolo e per il gruppo, facendo leva sulla motivazione estrinseca e
sull’organizzazione di classifiche di gruppo per promuovere il raggiungimento degli
obiettivi.
3. Il Group Investigations sostiene la motivazione intrinseca e il desiderio di
conoscenza dei singoli e del gruppo. Il comportamento cooperativo diventa in tal
senso stimolante non soltanto dal punto di vista sociale, ma anche da quello
cognitivo, in quanto prepara gli studenti ad assumere un comportamento
democratico ed integrativo nella società. Risultati attesi, tra gli altri, sono dunque la
costruzione di un ambiente sociale più democratico sia all’interno della classe, sia
nella società.
4. Lo Structural Approach si propone di raggiungere gli obiettivi del metodo
cooperativo attraverso la costituzione di opportune strutture di lavoro padroneggiate
dall’insegnante. Queste strutture vanno utilizzate all’interno dell’attività della classe
per raggiungere gli scopi che l’insegnante si propone: sviluppare l’apprendimento,
creare un clima positivo, ecc. I punti di forza di questa modalità si trovano
nell’attenzione al coinvolgimento del maggior numero possibile di studenti, nella
promozione della partecipazione egualitaria, nel sostegno dell’assunzione della
responsabilità individuale.
5. la Complex Instructions, che ha lo scopo di mantenere il coinvolgimento degli
alunni e di valorizzare anche quelli che tra loro presentano una gamma di abilità
molto diversificata sul piano curriculare; il Collaborative Approach, che si configura
come una modalità di organizzazione del lavoro di classe che utilizza diverse
strategie caratteristiche del lavoro di gruppo.

Come è possibile evincere da questa rapida carrellata, sarebbe riduttivo trattare


l’apprendimento cooperativo alla stregua di una tecnica finalizzata al raggiungimento di
obiettivi cognitivi attraverso la cooperazione e l’interazione tra pari: esso si propone, infatti,
non soltanto come metodologia atta a raggiungere risultati scolastici efficaci, ma anche
obiettivi educativi richiesti dalla società contemporanea.

Per riassumere, possiamo dire che la caratteristica principale dell’apprendimento


cooperativo - rispetto alle altre modalità – è quella di proporre un gruppo centrato su un
compito che realizza un’interdipendenza positiva tra i suoi membri.

Gli elementi base


Secondo i teorici del Cooperative Learning, per qualificare il lavoro di gruppo come
apprendimento cooperativo devono essere presenti i seguenti cinque elementi:

1. Interdipendenza positiva
Interdipendenza positiva è il termine con cui ci si riferisce all’attitudine a pensare il gruppo
come a una squadra in cui il destino di ogni singolo membro è interconnesso, e il
successo di uno è legato al successo degli altri. Interdipendenza significa, in pratica, che
tutti i partecipanti beneficiano dei risultati degli altri e che sono dispiaciuti dai loro
fallimenti. Proprio come un intero gruppo-classe può trarre profitto dalla domanda di un
singolo studente, gli studenti hanno bisogno di capire che non trarranno profitto dalla
competizione per avere le risposte giuste, ma dal condividere il loro sapere di base.
Essere in interdipendenza con qualcuno significa che per realizzare qualcosa o
raggiungere uno scopo non è possibile agire da soli: gli altri non solo sono necessari,
sono indispensabili.

Quando l’interdipendenza positiva è strutturata e compresa con chiarezza, gli studenti dei
gruppi sentono che essi e il loro lavoro sono collegati allo scopo di aumentare il reciproco
benessere, che lo sforzo di ciascun membro del gruppo sarà unico e che solo gli sforzi
originali di tutti i membri contribuiranno al successo. Qualora la situazione di
apprendimento sia priva della condizione di interdipendenza positiva, saremmo in
presenza di una situazione competitiva (o interdipendenza negativa) o individualistica
(assenza di interdipendenza).

2. La responsabilità individuale

Ogni membro del gruppo deve essere consapevole del fatto che la sua parte di lavoro è
necessaria al gruppo per completare il compito, e che si deve assumere la sua
responsabilità in ordine a quella parte.

Uno dei problemi principali del lavoro di gruppo consiste a volte nell’individuare i confini
dell’impegno individuale e nell’evitare lo “sfruttamento” del lavoro altrui: il CL propone di
promuovere la responsabilità individuale attraverso la valutazione delle prestazioni non
solo del gruppo, ma anche del singolo studente e la successiva discussione dei risultati
raggiunti sia dal gruppo sia dal singolo, allo scopo di identificare l’eventuale bisogno di
sostegno e incoraggiamento, ma anche per sviluppare la competenza individuale di ogni
membro del gruppo.

3. L’interazione diretta costruttiva


Lavorando insieme gli studenti interagiscono e cercano di sostenersi a vicenda, sia dal
punto di vista cognitivo, sia dal punto di vista relazionale. Ogni membro del gruppo può
contare su qualcuno che lo aiuti ad imparare, ma anche sul sostegno personale degli altri,
che lodano e apprezzano reciprocamente i contributi apportati da ciascuno. Questo può
avvenire attraverso la condivisione e la discussione dei concetti che si stanno studiando,
con la spiegazione delle strategie personali utilizzate nella soluzione di un problema
specifico e con l’impegno a far capire agli altri come abbiamo raggiunto le nostre idee e
convinzioni. L’atteggiamento di interazione diretta costruttiva rende il gruppo più coeso e
rafforza la personale percezione di efficacia di ogni partecipante.

4. Abilità sociali
Per poter lavorare in gruppo sono necessarie, oltre alle normali abilità scolastiche, una
serie di abilità interpersonali e di relazione nel piccolo gruppo che gli studenti non
necessariamente sono abituati ad utilizzare e riconoscere. Per questo motivo è importante
che tale tipo di competenza venga insegnata “con la stessa consapevolezza e cura con
cui si insegnano le abilità scolastiche” (Johnson, Johnson, Holubec, 1994), perché riveste
un’importanza determinante per il lavoro dei gruppi.

Le abilità interpersonali che gli studenti dovrebbero sviluppare si articolano in quattro aree:

- Conoscersi e fidarsi degli altri;

- Comunicare con chiarezza e precisione

- Accettarsi e sostenersi a vicenda;

- Risolvere i conflitti.

5. Valutazione di gruppo
Il lavoro svolto dal gruppo deve infine essere valutato e monitorato costantemente, poiché
è attraverso l’attenzione alle modalità e alla qualità dell’interazione che può essere
migliorato il funzionamento e il risultato del lavoro. Ogni attività di gruppo è finalizzata al
raggiungimento di obiettivi cognitivi e sociali, e quindi deve essere valutata sotto entrambi
gli aspetti. Anche sotto il profilo della valutazione, si mette in evidenza un cambiamento
radicale rispetto all’approccio tradizionale della verifica degli apprendimenti svolta
dall’insegnante di classe: nella valutazione di gruppo sono gli stessi partecipanti ad
analizzare e descrivere i progressi compiuti e le modalità di lavoro messe in atto.

Accanto alla valutazione del gruppo è prevista la presenza di una valutazione


dell’insegnante che, in qualità di osservatore, può rilevare sistematicamente i progressi
fatti dai gruppi e dai singoli studenti sia sotto il profilo cognitivo, sia riguardo alle abilità
sociali messe in atto.

I cinque elementi base appena descritti devono quindi essere intesi non solo come
caratteristiche di un buon gruppo di apprendimento cooperativo, ma anche e soprattutto
come dei principi che vanno applicati con rigore per produrre le condizioni di un’efficace
azione cooperativa. Il concetto di cooperazione, anche se potrebbe sembrare di semplice
comprensione, non è, infatti, così semplice e di immediata applicazione. Come afferma
Comoglio:

“Il passaggio dalla gestione della classe secondo lo stile tradizionale a quello ispirato ad
uno stile cooperativo è certamente lungo e complesso, poiché l’insegnante deve imparare
un passo dopo l’altro a rendere produttivo il lavoro dei gruppi, e ciò richiede anni di pratica
prima che le esperienze diventino ogni volta più ricche” (Comoglio, Cardoso, 1998, p.449).
Definire gli obiettivi

Non è possibile organizzare nessuna forma di attività scolastica con gli studenti senza che
l’insegnante abbia ben chiaro la/le finalità da raggiungere. In tal senso, come condizione
principale del Cooperative Learning - così come declinato da Johnson e Johnson e
Holubec[2] – ogni insegnante, al momento del suo ingresso in aula, dovrebbe ben chiedersi
quali siano gli obbiettivi che con la sua lezione egli si prefigge di raggiungere.

Sono due in particolare gli obiettivi principali da definire:

1. Obiettivi didattici: servono a stabilire quello che gli studenti devono imparare e devono
essere resi fruibili al livello degli studenti

2. Obbiettivi sociali: servono a stabilire le abilità interpersonali o di piccolo gruppo che gli
studenti devono apprendere e usare durante la lezione, necessarie affinché essi imparino
realmente a cooperare.

Rispetto al secondo ordine di obbiettivi, l’insegnante può inizialmente fare un’indagine per
capire quali siano le abilità sociali ritenute più importanti dagli alunni per il conseguimento
di un efficace lavoro cooperativo; stabilire una lista di abilità sociali da insegnare
(comprensive ovviamente di quelle mirate alla riuscita di quel determinato compito);
osservare infine le modalità di lavoro del piccolo gruppo, cercando di identificare i problemi
specifici che gli alunni incontrano con i compagni.

Per verificare come il gruppo-studenti svolga effettivamente il lavoro assegnato e se gli


alunni promuovano reciprocamente il loro apprendimento può risultare molto utile utilizzare
un diagramma di flusso che metta in evidenza e aiuti a scandire tutte le fasi della
procedura.

[1] Slavin, R.E. (1996). Research on cooperative learning and achievement: What we
Know, What we need to Know. Contemporary Educational Psychology, 21, pp.43-69.

[2] Johnson, D. W. , Johnson, R., Holubec, E. ( 1998). Apprendimento cooperativo in


classe. Trento: Erikson, , pp.37- 38.

2. Formare i gruppi
Nella prima Unità Didattica abbiamo già detto di come non sia possibile considerare il
gruppo-classe come la semplice sommatoria di individualità che dialogano, bensì il fitto
intrecciarsi di relazioni che costituiscono le relazioni intersoggettive. Lo studio delle
caratteristiche del gruppo inteso come struttura complessa comincia non a caso da Kurt
Lewin, che possiamo considerare come il padre fondatore dell’apprendimento cooperativo.
Nell’analisi lewiniana, il gruppo è un fenomeno a sé stante, non la somma di fenomeni
rappresentati dal pensare e dall’agire dei suoi singoli componenti. È un’unità con struttura
propria, con degli obiettivi propri.

Nel caso del Cooperative Learning, l’apporto di più persone nella risoluzione di compiti fa
sì che nel gruppo possano nascere idee, abilità nuove che non verrebbero mai fuori se
ogni alunno lavorasse singolarmente. Il numero dei membri di un gruppo non ha quindi
importanza di per sé, ma è relativo il tipo di lavoro che si andrà a svolgere con essi.

Anche la dimensione temporale non è certo da sottovalutare: la formazione di un gruppo,


infatti, andrebbe variata in relazione al tempo che si ha a disposizione. Meno tempo si ha,
minore sarà il numero dei partecipanti, di modo che ogni membro possa avere il tempo di
apportare un valido e responsabile aiuto al gruppo.

Se si tratta di un grande gruppo bisognerà tener conto delle capacità possedute dai
partecipanti di interagire tra loro, senza che nessuno sia lasciato in disparte o abbia la
possibilità di isolarsi volontariamente. Per l’insegnante, infatti, potrebbe risultare molto
difficoltosa l’osservazione e l’identificazione del comportamento di ogni studente.

Fondamentale, in definitiva, è che tutti gli alunni si sentano e siano effettivamente membri
attivi e partecipanti, proprio perché ogni studente con la sua esperienza più o meno ampia,
è una risorsa ed una ricchezza per tutto il gruppo.

L’insegnante, prima di ogni compito cooperativo, oltre a definire gli obiettivi del lavoro di
gruppo, dovrà comunque spiegare come si lavora in maniera cooperativa. A seconda del
compito dovrà ad esempio decidere se formare gruppi di lavoro omogenei per livello
esperienziale e cognitivo, oppure se costituire gruppi eterogenei, i quali danno comunque
luogo ad una serie infinita di combinazioni possibili di apprendimento.

Ovviamente, i gruppi di lavoro composti da più studenti eterogenei creano parecchi


problemi di consenso e accordo tra i membri, e questo fa si che la ricerca della soluzione
mobiliti le capacità cognitive e sociali più raffinate e complesse. Ogni membro ai fini degli
obiettivi da raggiungere sarà così costretto ad assumere la prospettiva altrui e ad
assumere un atteggiamento mentale più aperto, a riflettere maggiormente e a mettersi in
discussione.

Le possibilità di combinazione dei vari gruppi sono numerose e le modalità possono


essere le più varie. Presentiamo di seguito le più utilizzate nel Cooperative Learnig.

Random: si divide il numero degli studenti della classe a seconda del numero degli
studenti per il quale si vuole che sia composto un gruppo di lavoro. Ad esempio, se si
vogliono gruppi di 5 e si hanno 20 studenti, si dividono gli studenti in cinque gruppi da
quattro e si assegna ad ogni studente un numero da uno a cinque. Successivamente
vanno a formare i nuovi gruppi definitivi, gli alunni con lo stesso numero assegnato.

Modalità random per livelli: è una procedura casuale che tiene conto di alcune
caratteristiche degli studenti, che dovrebbero essere funzionali al lavoro da svolgere e non
dovrebbero riguardare categorie sociali. Se ad esempio si tiene conto del livello di
apprendimento, si raggrupperanno: lo studente più bravo, quello meno bravo e due alunni
ritenuti mediamente bravi. L’ideale è che il gruppo sia formato dallo stesso numero di
maschi e femmine e che non sia costituito da persone che siano più amiche o nemiche
rispetto al resto del gruppo.
Personaggi: si danno agli studenti un cartellino con il nome di un personaggio famoso. A
partire da questo, essi dovranno trovare gli altri membri con i quali condividano qualche
caratteristica (periodo storico, professione, nazionalità…)

Preferenze: gli studenti devono scrivere su un foglietto il cantante che prediligono, e poi si
chiede loro di cercare dei compagni che prediligano la stessa musica (varianti: sport,
animali, automobili…)

Matematica: si assegna un problema matematico o un’equazione a ciascuno studente e


gli si chiede di risolverlo e di trovare i compagni il cui problema/equazione abbia la stessa
soluzione.

Metodo degli stati: si fa una lista di stati e si chiede ad ogni studente quali stati della lista
preferirebbero visitare. Quindi si raggruppano gli alunni a seconda della preferenza
dichiarata.

Assegnare i ruoli

Oltre ad avere ben chiari gli obiettivi, nel programmare con il metodo cooperativo la
lezione è molto importante che l’insegnante rifletta sulle azioni necessarie per ottimizzare
l’apprendimento di ogni studente. Assegnare dei ruoli agli alunni, in tal senso, aiuta
sicuramente a definire ciò che gli altri componenti del gruppo si aspettano da un
compagno e ciò che quello studente può aspettarsi dagli altri membri del gruppo, che
hanno ruoli complementari. Nel gruppo cooperativo i ruoli assegnati devono corrispondere
ovviamente a funzioni che favoriscano la gestione, il funzionamento del gruppo,
l’apprendimento degli studenti. L’assegnazione dei ruoli agli studenti è sicuramente uno
dei modi più efficaci per assicurare agli insegnanti che il lavoro di gruppo sia più agevole e
produttivo.

Gli alunni possono così vedersi assegnati ruoli di:

- gestione del gruppo (controllare che il tono di voce dei membri del gruppo siano
moderati, che i compagni formino i gruppi senza fare rumore, che i membri del gruppo
rispettino i propri turni di compiti);

- supervisone del funzionamento di gruppo (spiegare le modalità di lavoro, resocontare


il lavoro, incoraggiare la partecipazione, osservare i comportamenti, ecc.);

- stimolo al gruppo (criticare le idee, chiedere motivazioni, sintetizzare, valutare);

- funzioni e ruoli per l’apprendimento (ricapitolare e riassumere le conclusioni e le


risposte più significative, precisandole e chiarendole, verificare le comprensioni, fare
ricerche, approfondire e comunicare i risultati e le proposte agli altri gruppi e agli
insegnanti).
Sistemazione dell’aula

Un altro elemento che influenza notevolmente il gruppo di studenti è sicuramente


l’organizzazione dell’aula. Le questioni riguardanti lo spazio, l’arredamento e la
dimensione sono, infatti, determinanti, in grado di ostacolare l’apprendimento o
facilitarlo[1]. Possiamo considerare l’organizzazione dell’aula come un messaggio
simbolico che gli studenti recepiscono senza indugio. Pensiamo ad esempio a che cosa
comunica una disposizione di banchi in fila, a “ferro di cavallo” o in cerchio: è evidente
come ogni studente recepisca un’indicazione completamente differente a seconda del tipo
di disposizione. È proprio il tipo di disposizione che trasmette loro immediatamente i
comportamenti appropriati e consentiti in quella situazione.

Uno dei principi fondamentali del lavoro produttivo in gruppo suggerisce la disposizione
ottimale del gruppo di studenti nei termini del “faccia a faccia, ginocchio contro ginocchio”,
in modo tale da:

- poter mantenere il contatto visivo membro a membro;

- consentire la comunicazione a voce bassa, senza disturbare gli altri gruppi;

- scambiarsi comodamente idee e materiali.

I gruppi inoltre dovrebbero mantenere tra di loro una distanza adeguata in modo tale da
non interferire tra di loro e, allo stesso, tempo e da essere comodamente raggiungibili
dall’insegnante.

Lo spazio dell’aula dovrebbe inoltre consentire un facile rapido scioglimento dei gruppi
stessi, in modo tale che questi possano cambiare rapidamente configurazione; (può
succedere ad esempio che – nel corso di una lezione – si renda necessario passare da un
gruppo di 3-4 alunni ad un altro di 5-6, o viceversa).

Definire i compiti

Solo dopo aver definito gli obiettivi didattici, preso le varie decisioni, effettuati tutti i
preparativi, assegnato i ruoli agli studenti è possibile programmare la lezione.

Occorrerà quindi spiegare alla classe le caratteristiche del compito assegnato, in modo
tale che gli obiettivi della lezione siano chiari per tutti. È auspicabile che tali obiettivi
acquistino la forma di risultati, ad esempio: “alla fine della lezione ognuno di voi conoscerà
le opere più importanti di Pablo Picasso”. È importante che l’insegnante spieghi i concetti,
le strategie e i principi che gli studenti devono usare durante la lezione, collegandoli alle
nozioni e alle esperienze già da loro acquisite. Sarà sua premura inoltre spiegare cosa
significa lavorare insieme e verificare – attraverso domande specifiche – che ogni studente
abbia capito come svolgere il compito assegnato.

Nel Cooperative Learning non basta mettere insieme gli studenti e dir loro di lavorare
insieme per raggiungere un obiettivo prefissato. È invece assai importante che essi
abbiano chiaro che cosa devono fare e che cosa si pretenderà da loro. Per questo diventa
necessario comunicare in modo preciso gli obiettivi da raggiungere e i compiti da eseguire.
“In breve, si tratta di precisare con esattezza 4 punti:

a. gli obiettivi didattici e di cooperazione che dovranno essere perseguiti;

b. l’interdipendenza positiva da applicare per raggiungere gli obiettivi;

c. la responsabilità individuale in quello che dovrà essere appreso e i criteri di valutazione


e di giudizio;

d. i comportamenti che l’insegnante si aspetta di constatare o rilevare” (Comoglio,


Cardoso, 1998, p.458).

L’interdipendenza

Come sostiene Comoglio (1996):

“(…) l’interdipendenza positiva fra i membri del gruppo non si raggiunge né riunendo
semplicemente i membri, né limitandosi a stimolarli alla cooperazione, né richiedendo loro
di produrre insieme un qualche prodotto finale. (…) l’interdipendenza positiva può essere
raggiunta attraverso obiettivi comuni (interdipendenza di obiettivo), la divisione del compito
(interdipendenza di compito), la condivisione di materiali, risorse, informazioni
(interdipendenza di risorse), l’assegnazione di ruoli diversi (interdipendenza di ruolo), e
ricompense di gruppo (interdipendenza di ricompensa)".

A questo scopo un insegnante può scegliere di utilizzare vari tipi di interdipendenza


positiva tra cui (La Prova, 2008; Johnson, Johnson, Holubec, 1996):

Come sostiene Comoglio (1996):

“(…) l’interdipendenza positiva fra i membri del gruppo non si raggiunge né riunendo
semplicemente i membri, né limitandosi a stimolarli alla cooperazione, né richiedendo loro
di produrre insieme un qualche prodotto finale. (…) l’interdipendenza positiva può essere
raggiunta attraverso obiettivi comuni (interdipendenza di obiettivo), la divisione del compito
(interdipendenza di compito), la condivisione di materiali, risorse, informazioni
(interdipendenza di risorse), l’assegnazione di ruoli diversi (interdipendenza di ruolo), e
ricompense di gruppo (interdipendenza di ricompensa)".

A questo scopo un insegnante può scegliere di utilizzare vari tipi di interdipendenza


positiva tra cui (La Prova, 2008; Johnson, Johnson, Holubec, 1996):

- interdipendenza di obiettivo: gli studenti capiscono che possono raggiungere i loro


obiettivi solo se tutti i membri del gruppo raggiungono i loro; hanno una serie di mete
comuni (ad es. produrre un disegno, un diagramma, raggiungere una migliore
comprensione di un concetto, ecc.) che tutti si sforzano di raggiungere;
- interdipendenza di compito: il lavoro è ripartito in una sequenza di fasi in modo che
uno studente debba fare la sua parte perché il compagno possa svolgere la propria;

- interdipendenza di materiale: gli studenti dipendono gli uni dagli altri per l’utilizzo
dei materiali necessari allo svolgimento del compito;

- interdipendenza di ruolo: l’insegnante assegna agli studenti ruoli complementari e


interconnessi che specificano le responsabilità che si devono assumere per svolgere il
compito;

- interdipendenza di informazioni e risorse: ogni membro riceve solo una parte delle
informazioni o dei materiali per lo svolgimento del compito; perché sia raggiunto l’obiettivo
le parti devono essere combinate;

- interdipendenza di identità: il gruppo si dà un’identità collettiva scegliendosi un


nome, uno slogan, ecc.;

- interdipendenza di fantasia: ai membri del gruppo si assegna un compito che


richiede loro di immaginare di trovarsi in una situazione di pericolo e in cui, per
sopravvivere, devono collaborare;

- interdipendenza di contesto spaziale: si favorisce la coesione del gruppo


attraverso la strutturazione dell’ambiente, per esempio, al gruppo si assegna un punto
particolare dell’aula in cui lavorare;

- interdipendenza di sequenza temporale: ogni membro del gruppo è responsabile


di un passo di un percorso. (Uno studente cerca una parola nel vocabolario, il secondo
scrive la definizione, il terzo usa la parola in una frase);

- interdipendenza di valutazione: il gruppo riceve una valutazione ponderata sulla


base dei risultati ottenuti da ciascun membro;

- interdipendenza di incentivi e di celebrazione: Incentivi: si condivide un


riconoscimento (se eccessivi, diminuiscono la motivazione intrinseca). Celebrazione: si
condivide e si esprime apertamente la soddisfazione di aver raggiunto l’obiettivo (rafforza il
senso di appartenenza).

Le abilità sociali

Formare gruppi in classe, predisporre uno spazio adeguato, assegnare dei ruoli e dire agli
studenti di “cooperare” non sono le uniche condizioni sufficienti perché essi apprendano in
modo efficace. La capacità di interagire in maniera produttiva con gli altri non è innata ma
si può apprendere ed affinare con l’esperienza: il tramite fondamentale è l’insegnante.

Egli, innanzitutto, dovrebbe essere altamente qualificato e competente nel far apprendere
agli studenti in che cosa consiste l’apprendimento cooperativo e tutti gli ordini di vantaggi
(didattici, sociali) che esso comporta. Inoltre dovrebbe fornire quegli input necessari
affinché ogni alunno sviluppi al massimo le sue potenzialità relazionali, cercando di
riconoscere in ogni alunno il suo stile e insegnandogli ad utilizzarlo con efficacia nel lavoro
di gruppo.

All’interno di una classe esiste chi è più portato verso una determinata materia, chi meglio
sa gestire le relazioni interpersonali, che tende ad avere il ruolo di un leader: questi
studenti devono direzionati dall’insegnante nell’imparare a spendere le loro capacità in
favore di tutto il gruppo e non in senso egoistico- competitivo.

Dal momento che l’insegnante istruisce i ragazzi sul senso e sulla spendibilità
dell’apprendimento cooperativo, essi stessi si sentiranno più motivati e impegnati affinché
il risultato del lavoro risulti il frutto di ogni singola componente del gruppo, nessuno
escluso. Per quanto bravo, abile competitivamente e socialmente possa essere un alunno,
egli non riuscirà mai – preso nella sua soggettività - ad ottenere il successo nel compito da
portare a termine pari a quello che si può ottenere da tutto il gruppo che lavora in
interdipendenza positiva.

È stato accertato come i ragazzi che svolgono il lavoro insieme per il bene comune, anche
quelli più bravi, diventano ancora più bravi, affinano le capacità comunicative e cognitive,
apprendono stili relazionali diversi e imparano a coordinare meglio le risorse di cui
dispongono. Nel lavoro cooperativo vengono scambiate più informazioni e si moltiplicano
le possibilità di risoluzione dei compiti.

Risultati ancora più soddisfacenti si ottengono, come hanno dimostrato Jonshon e


Johnson (1996) quando agli alunni viene dato un premio per il lavoro svolto
cooperativamente. Questi studiosi hanno fatto una ricerca su una classe dove l’obiettivo
era quello di sviluppare almeno tre di quattro abilità sociali proposte. Agli studenti, che
cooperativamente raggiungevano l’obiettivo, venivano assegnati due bonus di premio per
ogni membro del gruppo. In questa classe tutti gli studenti si impegnarono al massimo
lavorando “tutti per uno e uno per tutti”, realizzando in senso positivo tutti gli obiettivi fissati
inizialmente.

Questa ricerca, ha dimostrato in definitiva il ruolo fondamentale dell’insegnante che, oltre


ad insegnare le abilità sociali, promuove e valorizza l’interdipendenza positiva, soprattutto
nei gruppi cooperativi impegnati nei compiti a lungo termine.

Il riconoscimento da parte dell’insegnante dei comportamenti collaborativi fa sì che gli


studenti ricerchino l’armonia di gruppo e traggano da essa motivazione e impegno al cento
per cento.

Sono molte le abilità interpersonali, legate specialmente alle attività di piccolo gruppo, che
influiscono sul successo degli sforzi cooperativi. Per comodità proveremo adesso,
appoggiandoci a quanto affermato da D. W. Johnson, R. T. Johnson, Holubec e Roy
(1984, pp. 45-48), a codificare queste abilità sociali, suddividendole in 3 categorie:

1. Abilità fondamentali perché il Cooperative Learning possa cominciare a funzionare;

2. Abilità che fanno funzionare bene il gruppo nel compito che deve svolgere;

3. Abilità che stimolano ad apprendere meglio.

1. Abilità fondamentali perché il Cooperative Learning possa cominciare a funzionare:


a) formare il gruppo nel più breve tempo possibile e senza far chiasso;

b) parlare sotto voce, stare in gruppo e non muoversi;

c) non attaccare le persone o offenderle se sono di parere diverso dal proprio, ma saper
discutere e stabilire un confronto di idee;

d) essere disponibili al cambiamento di un’opinione se qualcun altro dimostra

di avere delle ragioni più fondate delle proprie;

e) incoraggiare tutti a partecipare, lodando chi ha presentato un’idea originale;

f) risolvere conflitti interpersonali;

g) portare lo sguardo su colui che parla;

h) tenere una postura e un comportamento corretti.

2. Abilità sociali che fanno funzionare bene il gruppo nel compito che deve svolgere:

a) dare direttive al gruppo in modo che sia chiaro l’obiettivo da conseguire;

b) fissare e ricordare il tempo disponibile;

c) indicare le procedure che permettono di eseguire meglio il compito;

d) offrire incoraggiamento e dimostrare accettazione degli altri con il linguaggio verbale e


non-verbale, lo sguardo, l’entusiasmo, l’approvazione, la lode, la ricerca delle idee;

e) chiedere aiuto per ciò che non si è compreso o non è stato fatto nel gruppo;

f) offrire spiegazioni e chiarimenti;

g) saper parafrasare e chiarificare i contributi degli altri;

h) stimolare e attivare il gruppo quando la motivazione va scemando o è bassa,


suggerendo nuove idee, dimostrando di essere entusiasti, comunicando sensazioni e
emozioni di soddisfazione o ansia a seconda del momento.

3. Abilità sociali che stimolano il gruppo ad apprendere meglio:

a) riassumere il meglio possibile ciò che è stato letto o discusso senza ricorrere ad
annotazioni o testi scritti;

b) correggere le sintesi dei propri compagni precisando idee e/o aggiungendo particolari
importanti;

c) stimolare l’elaborazione delle informazioni attraverso domande, suggerimenti, ed altro;


d) incoraggiare qualche membro del gruppo a insegnare ad altri quello che ha compreso,
o ad esprimere ad alta voce ragionamenti, osservazioni, connessioni, ecc.;

h) stimolare o suggerire modi efficaci per ricordare quello che si deve imparare (costruire
mappe, fare riferimenti, promuovere esercizi, ecc.);

i) saper integrare idee diverse;

l) parlare in modo persuasivo, portando le ragioni di ciò che si afferma;

m) trasferire idee o conclusioni ad altre situazioni o ad altri contesti.

Sono tre le regole che l’insegnante deve seguire per far comprendere un’abilità agli
studenti:

1. Essere specifici, definendo ogni abilità sociale in termini concreti e operativi;

2. Andare per gradi, evitando di sovraccaricare gli studenti con più abilità sociali di quante
possano impararne una sola volta;

3. Effettuare esercizi: non è sufficiente fare pratica delle abilità un paio di volte; bisogna
continuare a far esercitare gli studenti fino a quando gli studenti non le abbiano
incorporate nel loro repertorio comportamentale applicandole spontaneamente e
regolarmente (Johnson, Johnson e Holubec, 1996, p.99).

[1] Per un approfondimento di questo aspetto rimandiamo a Johnson, (1969)

3. Il processo di controllo (monitoring) e di revisione dell’attività


svolta in gruppo (processing)
“I processi di controllo e revisione dell’attività svolta avvengono in due momenti separati e
secondo distinte modalità. Il primo (monitoring) si sviluppa durante lo svolgimento della
stessa attività ed è condotto dall’insegnante (con o senza l’aiuto di uno studente) che,
attraverso una scheda di osservazione, rileva comportamenti e livello di partecipazione al
lavoro di gruppo. Il secondo (processing) avviene al termine dell’attività e utilizza le
osservazioni fatte dall’insegnante e dal gruppo stesso” (Comoglio, Cardoso, 1998, p.472).

Il monitoring prevede che al termine di ogni ora l’insegnante, o l’osservatore di gruppo,


faccia il punto della situazione e sottolinei il livello di applicazione delle competenze sociali
su cui si è deciso di esercitarsi; il monitoring rende possibile un miglioramento del
comportamento già nel corso del lavoro.
Il processing è la revisione al termine del lavoro, necessaria per capire cosa ha funzionato
e cosa deve essere migliorato e a identificare eventuali percorsi di rinforzo delle
competenze non ancora sviluppate in modo adeguato.

Abbiamo detto come attraverso l’apprendimento cooperativo gli studenti lavorino insieme
durante la lezione per svolgere il compito assegnato, e che l’uso corretto di questo metodo
richiede una programmazione specifica delle lezioni. Esistono tuttavia delle procedure
standard istantanee che danno struttura e scioltezza alle lezioni.

Per svolgere una consegna, ad esempio, occorre prendere appunti completi e accurati,
fare un riepilogo di ciò che si è imparato durante la lezione, leggere il materiale assegnato
e fare dei compiti scritti per tutte queste operazioni gli studenti possono utilizzare una serie
di procedure cooperative.

Osservazione e controllo sistematico del gruppo classe

Il lavoro cooperativo del gruppo si affianca necessariamente ad un costante lavoro di


osservazione da parte dell’insegnante. Seguendo un po’ lo spirito generale che anima il
Cooperative Learning, l’insegnante può comunque anche avvalersi – con profitto - di
studenti/osservatori ai quali fornisce gli strumenti necessari alla rilevazione di varie abilità
di apprendimento cooperativo tra i gruppi. Altri alunni possono invece farsi carico di
valutare i compiti svolti. Il ruolo dell’insegnante, in questi termini, è quello di svolgere
un’osservazione partecipante, intervenendo ogni qualvolta egli lo ritenga utile al fine di un
miglioramento didattico ed emotivo della classe. L’osservazione dovrà assidua e
sistematica, e potrà avvalersi di metodi ben precisi, da seguire ad ogni passo quali ad
esempio:

a) griglia di rilevazione dei comportamenti;

b) scelta di abilità da considerare;

c) formulazione di un programma da seguire;

d) raggruppamento di dati e informazioni sui vari sottogruppi;

e) restituzione delle osservazioni di ogni gruppo ad ogni gruppo;

f) costruzione di un grafico di rilevazione degli obiettivi più o meno raggiunti.

Anche la durata dell’osservazione va stabilita in anticipo e rispettata.

Per rendere operativo tutto questo, lo studente avrà bisogno di un grafico o modulo di
raccolta dati ben organizzato e strutturato.

Bisogna innanzitutto indicare con precisione il numero e il tipo delle abilità che si sono
scelte di osservare, segnare il tempo dell’osservazione indicare i componenti dei gruppi
oggetto di osservazione. È importante che le osservazioni siano precise e rapide. Se viene
osservato qualcosa che si ritiene importante ma non è stabilita nelle abilità da osservare,
può essere annotata nel retro del modulo.

Molto utile ai fini del miglioramento dell’efficacia del gruppo è l’annotazione dei
comportamenti positivi da fornire poi al gruppo come feedback positivo. Il modulo va poi
fatto vedere al gruppo di modo che tutti possano esprimere un parere sul loro contributo
nel lavoro svolto. L’insegnante deve coinvolgere tutti gli alunni nelle procedure di
rilevazione, dando loro istruzioni precise su come utilizzare il modulo e su come
raccogliere le osservazioni.

Un importante obiettivo dell’osservazione da parte dei compagni è quello di abituare i


ragazzi ad automonitorarsi ed a migliorare la capacità di lavorare in gruppo.

ESEMPIO di SCHEDA DI OSSERVAZIONE

OSSERVATORE_________________________
DATA____________GRUPPO__________

NOME NOME NOME


CONDOTTA

ASCOLTA
ATTENTAMENTE

INCORAGGIA IL
DIALOGO

SUGGERISCE
IDEE

Punteggio Totale

Ruolo fondamentale dell’insegnante è quello di ascoltare, osservare gli interventi e i modi


di partecipare al lavoro di gruppo degli studenti, acquisendo così informazioni sul grado di
capacità e conoscenze apprese e sulle difficoltà incontrate dalla classe. Per svolgere in
modo adeguato queste rilevazioni, è essenziale che il docente si soffermi a lungo e con
precisione sul metodo stesso dell’osservazione, aggiungendo laddove necessario
informazioni sulle varie abilità da conseguire.

Condurre il gruppo ad una riflessione sul senso e sulla spendibilità del lavoro svolto -
quindi ad interrogarsi, ad ogni passo, sul compito - stimola nei ragazzi l’uso di processi
cognitivi quali quelli riguardanti l’analisi, la sintesi e la capacità di risolvere problemi a
prima vista insolubili.
L’unico modo che l’insegnante possiede per valutare le abilità socio-relazionali dei suoi
alunni, è appunto quello di osservarli e di intervenire se necessario, nei compiti che essi
svolgono cooperativamente. Egli, in tal senso, rinforza e riconosce le abilità sociali
osservate nelle interazioni di gruppo, dando un riscontro positivo a chi si rende soggetto
attivo e facilitatore della partecipazione dei compagni. Viceversa, dopo aver individuato chi
tra gli studenti si rivela meno abile ad interagire con gli altri membri della squadra, può
dare loro fiducia e coinvolgerli più direttamente nelle varie attività di cooperazione.

Ogni studente può venir invitato a verificare da sé quali abilità egli abbia utilizzato più
spesso e in che modo se ne sia servito, compilando una scheda di autovalutazione o
una checklist precedentemente preparata dall’insegnante.

Le valutazioni possono comprendere anche le prestazioni richieste dai propri compagni e i


comportamenti più o meno efficaci tenuti da loro stessi: tutte queste informazioni vengono
sfruttate ai fini del conseguimento di un giudizio conclusivo sul lavoro compiuto dal gruppo.
Giudizio, si badi bene, non fine a se stesso ma funzionale al raggiungimento di un livello
superiore di competenze e abilità sociali.

Chiusura della lezione

Siamo arrivati alla conclusione della lezione cooperativa. Questo compito viene svolto
degli studenti e coincide, in pratica, con la rielaborazione concettuale di quanto si è
appreso. Gli aspetti chiave della spiegazione vengono fatti oggetto di discussione dalla
classe divisa in piccoli gruppi di lavoro e in un secondo tempo sintetizzati da coppie di
compagni per iscritto o oralmente tra di loro. Questo tipo di lavoro favorisce
l’apprendimento degli argomenti trattati ed è foriero di ulteriori domande e chiarimenti
riguardo tutto ciò che può essere risultato ostico e poco comprensibile.

4. Cooperative Learning Informale


Cominciare a sperimentare il Cooperative Learning con attività troppo complesse (per
competenze richieste agli alunni, per numero di ore, per contenuti) significa rischiare un
insuccesso. Per evitare questi rischi consigliamo di procedere per gradi, seguendo
procedure che possano dare tranquillità agli insegnanti e chiarezza agli studenti. Diventa
perciò fondamentale, almeno all’inizio, passare attraverso la palestra del cosiddetto
Cooperative Informale senza fare proposte troppo onerose sia per gli alunni che per gli
insegnanti.

Successivamente, quando si comincia a lavorare con attività articolate, è utile fornire ai


ragazzi strutture (un foglio che contiene consegne e procedure, da dare ai ragazzi all’inizio
di ogni attività) con consegne chiare e procedure esplicite sin dall’inizio di ogni lavoro, in
modo da dare ai sottogruppi che affrontano l’attività, la possibilità di organizzarsi e di
pianificare i propri tempi di lavoro.

Un’attività informale, nel Cooperative Learning, rappresenta il ponte ideale tra attività
tradizionali e attività strutturate. Con Cooperative Learning Informale si indicano, infatti,
tutti quei modi brevi e specifici di lavorare in gruppo che possono seguire una
presentazione o spiegazione da parte dell’insegnante (Comoglio, Cardoso, 1996, p. 235).

Esempi di Cooperative informale sono:

- La discussione a coppie prima della lezione;

- La preparazione alla lezione a coppie;

- La spiegazione intermittente;

- La presa di appunti e/o la schematizzazione a coppie.

Il Cooperative Learning Informale è legato ad attività che durano all’incirca un’ora e che
possono essere adattate sulla falsariga delle lezioni tradizionali. Queste attività hanno il
pregio di far entrare la classe in contatto con i principi fondamentali del Cooperative
Learning in modo, appunto, semplice e adatto al livello della classe e all’esperienza
dell’insegnante.

Insegnanti e alunni possono in questo modo sperimentare la conoscenza:

- dell’interdipendenza positiva (soprattutto di scopo, di ruolo, di materiale e di


valutazione);

- dell’interazione promozionale faccia a faccia;

- delle abilità sociali di base come parlare a bassa voce, alzarsi senza far rumore con
sedie e banchi, dare e chiedere aiuto;

- delle competenze cognitive, nelle quali si dovrà già essere abili quando si affronteranno
attività organizzate come leggere in modo significativo, fare domande che stimolino
l’approfondimento, riassumere, schematizzare;

- della revisione;

- della responsabilità individuale.

Il Cooperative Learning Informale ha anche il pregio di abituare l’insegnante al nuovo


rapporto con la classe e alle diverse modalità di relazione e di intervento nei confronti degli
alunni. L’insegnante può così cominciare a rendersi conto che - oltre all’intervento diretto
(spiegazione frontale a tutta la classe) - può essere produttivo anche l’intervento indiretto
(domande e materiali forniti alle coppie o prodotti dalle coppie stesse). Il C.L. Informale
può essere utile anche a chi, pur essendo esperto del metodo, inizia ad applicarlo con
classi nuove.

Le tecniche del Cooperative Learning Informale


Nel Cooperative Learning informale, viene richiesto agli studenti di unirsi ai vicini di posto,
in gruppi di 2 - 4 persone; successivamente si assegna ad uno di loro scelto a caso il
compito di scrivere (gli studenti si contano, 1, 2, 3 ... e il docente assegna il compito, ad
esempio: “il numero 4 di ogni gruppo scriverà questo esercizio”). Il docente propone poi
una questione o un problema, dando agli studenti un tempo compreso tra i 30 secondi e i
5 minuti per lavorare; soltanto allo studente scelto è permesso scrivere. Allo scadere del
tempo il docente chiede ad alcuni studenti, appartenenti a gruppi diversi, la risposta
elaborata dal proprio gruppo.

L’argomento può essere molto vario e può riguardare:

- spiegazioni precedenti;

- l’impostazione della soluzione di un problema;

- il completamento dei passaggi che mancano in un procedimento di calcolo o in una


procedura sperimentale;

- l’analisi di dati;

- la formulazione di una spiegazione su una osservazione sperimentale;

- il riassunto di una lezione;

- la produzione di un paio di domande sugli argomenti relativi ad una certa lezione.

Una variante a questo metodo è la coppia che ragiona insieme (thinkpair-share):

- il docente chiede prima di formulare individualmente delle risposte;

- successivamente chiede di mettersi insieme a coppie, per sintetizzare una risposta,


mettendo insieme le risposte individuali;

- poi ad alcuni studenti, appartenenti a coppie diverse sarà chiesto di fornire le loro
risposte.

Richiedere la risposta ad alcuni studenti rafforza l’idea della responsabilità personale ed è


una caratteristica essenziale di questo approccio. Se il docente chiede a dei volontari, gli
studenti hanno pochi incentivi per partecipare attivamente, non avendo nulla da perdere
se restano passivi. Se invece sanno che chiunque può essere chiamato, il fine di evitare
possibili e probabili imbarazzi motiverà la maggior parte degli studenti ad avere pronta
rispondere nel miglior modo possibile.

Un’interdipendenza positiva si ottiene assegnando ruoli differenti a differenti membri del


gruppo, fornendo un training specifico nei differenti aspetti del progetto ai diversi membri
del gruppo e assegnando a caso a ciascuno studente una relazione su una parte del
progetto. Poi si dà un giudizio ad ogni differente relazione, valutando anche il progetto del
gruppo in modo complessivo.
L’impegno individuale viene assicurato esaminando ogni studente su ogni aspetto del
progetto elaborato dal gruppo.

Esempio: Cooperative learning informale

Obiettivo: Collaborazione nello scrivere alcune frasi date alcune parole.

Procedura

1. Suddividere la classe in coppie e dare la consegna:

- “Scrivere due frasi, una ciascuno, che utilizzino almeno 6 delle 10 parole di seguito
riportate...”

2. Ognuno scriverà la sua frase, poi la farà vedere al compagno che la esaminerà e la
correggerà o aiuterà il compagno a scriverla in modo corretto.

3. Tra due coppie ci si scambierà le frasi, si leggeranno, si controllerà se le richieste sono


state osservate, si segnaleranno eventuali errori. Si restituirà il foglio alla coppia che ha
scritto le frasi e se vi è qualche errore, si dovrà procedere alla correzione.

5. Il Cooperative Learning Strutturato


A differenza di ciò che accade nel CL Informale, il Cooperative Learning Strutturato
consiste nell’implementazione di strutture di lavoro nelle quali sono chiaramente definite e
controllate le cinque condizioni fondamentali descritte precedente.

Per il Learning Together queste strutture sono: interdipendenza positiva, interazione


diretta costruttiva, insegnamento delle abilità sociali, la responsabilità individuale e la
valutazione del lavoro di gruppo. L’intera attività richiede la realizzazione di un prodotto
complesso, oltre ovviamente ad un tempo prolungato di collaborazione.

In questa lezione cominciamo ad introdurre le tecniche relative all’interazione diretta


costruttiva tra gli studenti.

L’interazione diretta costruttiva

L’interazione diretta costruttiva descrive il “clima” generale che si respira dentro il gruppo
cooperativo di lavoro. Il clima è definito da una serie di caratteristiche a cui l’insegnante
deve prestare attenzione (Comoglio, 2001, 39s):
(a) È costituito da una quantità complessa di comportamenti e nasce per lo più da
occasioni informali e occasionali.

“Il clima nasce da comportamenti che esprimono atteggiamenti profondi di stima, rispetto e
accettazione reciproca. Si presenta attraverso l’assistenza, l’apertura e la conoscenza
reciproca, il riconoscimento delle competenze e le ricchezze dell’altro, il senso profondo di
dipendenza e fiducia nei confronti dell’altro. Si rinforza dopo tante esperienze a volte
insignificanti, a volte impercettibili, a volte occasionali, a volte impreviste, ma tutte
orientate nella stessa direzione”.

(b) Richiede tempi lunghi per essere raggiunto, ma può essere distrutto con poco.

“Proprio perché indotto da tanti atteggiamenti e comportamenti diversi (di aiuto, rispetto,
stima, riconoscimento reciproco, ecc.), il clima è l’effetto indiretto della persistente
attenzione rivolta all’altro, dello sforzo di interiorizzazione della “regola d’oro” (“tratta gli
altri come vorresti tu stesso essere trattato”). Esso comunque è una condizione molto
fragile e precaria poiché può essere facilmente distrutto anche da reazioni minime di
difesa, chiusura, antagonismo e rivalità”.

(c) Deve essere esteso a tutto l’ambiente scolastico.

“Il clima può essere immaginato come una condizione distribuita a vari livelli. Esiste un
clima di scuola, di classe o di gruppo. I livelli godono di una certa autonomia, ma la
diffusione garantisce ad ognuno di essi sostegno e sviluppo. Poiché è bene che i gruppi
lavorino in una comunità di apprendimento, lo sviluppo del “clima classe”, cioè di una
relazione ricca, intensa, estesa e profonda di ogni studente con ogni compagno di classe,
è il primo obiettivo che deve essere ricercato da un insegnante che voglia introdurre
un’esperienza di apprendimento cooperativo in classe”.

Appare dunque evidente come, con “interazione diretta costruttiva”, sia possibile fare
riferimento a molte cose: accettazione, stima, fiducia, rispetto, conoscenza dell’altro,
atteggiamenti di disponibilità e di ascolto verso l’altro. Il segno di una buona interazione
promozionale è l’accettazione della critica riconosciuta come un aiuto a migliorare quello
che si fa e non come un comportamento distruttivo e conflittuale.

Gli esperti insistono molto sull’importanza di questa condizione nelle prime fasi di
applicazione del Cooperative Learning in classe, perché spesso i docenti non si rendono
conto di quanto poco ci voglia per pregiudicare l’esito dell’intera esperienza: pensiamo ad
un rimprovero troppo pronunciato, un sorriso non elargito, la derisione di uno studente nei
confronti di un altro…

L’interazione diretta costruttiva è dunque un momento da considerare fondamentale,


specie nelle fasi iniziali ed introduttive del Cooperative Learning: essa è da perseguire
all’interno della classe ancor prima dell’obiettivo stesso da realizzare e delle strutture di
interdipendenza positiva di cui intende avvalersi.
Esempio: Esercizio di interazione diretta costruttiva

LA PRESA IN CARICO

Obiettivo: Cominciare l’anno definendo e creando nella classe una cultura di presa in
carico: in una classe dove ci si sente al sicuro, non si avverte il timore di essere aggrediti
dagli altri, sia verbalmente che fisicamente.

Procedura

1. Suddividere la classe in gruppi di tre e chiedere di rispondere a queste domande:

1. “Come ti senti quando sei scelto da un compagno per giocare con lui durante
l’intervallo o per una partita in palestra?”

2. “Come ti senti quando non sei scelto o scelto per ultimo?”

3. “Come ti senti quando sei invitato per una festa di compleanno di un amico?”

4. “Come ti senti se non sei invitato?”

5. “Come ti senti se un compagno ti dicesse che è per merito tuo che una attività è
andata bene?”

6. “Cosa provi se un compagno ti dice: «vieni a casa mia e facciamo i compiti


insieme?”

2. Riassumere le risposte sulla lavagna e invitare gli studenti a mettere a confronto i due
elenchi.

3. Chiedere agli studenti in quale situazione vorrebbero stare e perché.

4. Chiedere di formulare delle specifiche linee guida per creare una classe dove uno si
senta “scelto”, “invitato”, “a casa”, “dentro” più che fuori di un gruppo.

5. Fare un poster da appendere in luogo molto visibile con le linee guida da praticare
“dentro” la classe.
Esempio: Esercizio di interazione diretta costruttiva

PRENDERE APPUNTI

Obiettivo: Prendere spunto dal proprio compagno per migliorare il modo personale di
prendere appunti. Il modo in cui lo studente struttura i suoi appunti è un’informazione
molto importante per l’insegnante, che gli permette di capire in che modo egli abbia
recepito la lezione. Molti studenti non lo sanno fare in maniera corretta.

Questo esercizio, oltre ad aiutare gli studenti ad imparare a prendere appunti e a studiare
meglio, consente ad ognuno di rendersi conto delle diversità che intercorrono tra di loro (la
lezione è la stessa lezione ma le modalità di prendere appunti sono differenti) e ciò
favorisce la valorizzazione delle qualità del proprio compagno e l’instaurarsi con lui di una
relazione positiva.

Procedura

1. 1. Si suddividono gli studenti in coppie.

1. 2. Gli si affida il compito di concentrarsi su come incrementare la qualità e la


quantità dei loro appunti: l’obbiettivo cooperativo è quello di produrre appunti adatti
ad imparare e ripassare il tema della lezione.

1. 3. Ogni 15 minuti l’insegnante interrompe la lezione e gli studenti condividono i


loro appunti: A riassume a B, B riassume ad A.

Il metodo Jigsaw

Il metodo Jigsaw - introdotto a scuola per la prima volta da Aronson (Aronson et al., 1978;
2006) e successivamente perfezionato da Slavin (1980) - è una specifica tecnica di
Cooperative Learning, che ha raggiunto ormai trent’anni di successi in campo educativo e
didattico.

Questo metodo fornisce una valida alternativa al metodo tradizionale, consentendo di


coinvolgere attivamente gli studenti nell’organizzazione, progettazione e definizione dei
curricola facendoli divenire parzialmente responsabili di quanto deciso in classe.

Ognuno impara la sua materia e la insegna poi agli altri membri del gruppo ed alla fine il
gruppo fa una sintesi delle informazioni fornite dai singoli membri.
Tipologie di Jigsaw

Esistono diverse forme di questa tecnica, proposte nel tempo da vari autori:

a) Jigsaw I (Aaronson e Patnoe)

Gli studenti leggono parti di un argomento diverso da quelle lette dai compagni. Ad
esempio, se l’argomento fosse lo studio di un particolare artista, uno studente si
occuperebbe della parte riguardante la vita, un altro delle opere, un altro ancora del
contesto socio-culturale, ecc. Per acquisire una buona conoscenza dell’intero argomento,
ogni studente si affida ai compagni di gruppo che, in una fase intermedia, si incontrano
con altri membri della classe che si devono preparare sulla stessa parte. Nella fase di
mezzo, tutti quelli a cui è stata assegnata una parte devono adoperarsi per spiegarla e
farla conoscere al gruppo di appartenenza;

b) Jigsaw II (Slavin)

Gli studenti affrontano un argomento la cui trattazione è reperibile su un testo. Ricevuto il


materiale i membri del gruppo ricevono un “expert worksheet” che definisce il modo in cui
dovranno studiarlo. Come nel Jigsaw I, gli esperti si trovano insieme per discutere la parte
a loro affidata, quindi ritornano nel gruppo di appartenenza per presentarla. Infine si
effettua la prova di valutazione che riguarda tutte le parti loro assegnate.

c) Jigsaw III (Steinbrek, Walkiewicz, Sthal)

Si organizza la classe in gruppi, si suddivide il materiale e si organizzano i gruppi di


esperti, che dopo aver preparato la loro parte tornano al gruppo iniziale a spiegare ciò che
hanno appreso. Dopo qualche settimana il gruppo si riunisce per rivedere o discutere
problemi e soluzioni, con lo scopo di preparare una prova individuale sull’argomento. Tutti,
infine, affronteranno una prova e i risultati ottenuti saranno utilizzati per una valutazione
collettiva o individuale.

Fasi del metodo “classico”

Tecnicamente, il metodo Jigsaw “classico” è costituito da una serie di fasi successive e


consequenziali che nel loro insieme formano un ciclo di ricerca:
1. si dividono gli studenti in gruppi eterogenei di 3/6 membri ciascuno (Esempio:
studio dei paesi dell’Africa. Classe di 25 allievi, divisi in 5 gruppi. Ogni gruppo
studierà un Paese);
2. si divide la lezione in tanti segmenti quanti sono i membri dei gruppi e si nomina
uno studente per gruppo come responsabile;
3. si assegna ad ogni alunno un segmento, assicurandosi che ogni studente abbia
accesso solo alle sue informazioni (Nel nostro esempio all’allievo A di ogni gruppo
viene affidato il compito di creare una tabella con i dati significativi del Paese,
all’allievo B studiare la morfologia del terreno e i climi; all’allievo C gli aspetti storici;
all’allievo D gli aspetti sociali; all’allievo E gli aspetti culturali);
4. si consente agli studenti di leggere almeno due volte la loro parte di studio per
impadronirsi della struttura del testo e dei principali concetti, senza il bisogno di
memorizzarla;
5. si stabilisce il tempo di lavoro per discutere dei punti essenziali del loro pezzo e per
ripetere la presentazione che faranno al gruppo, dopodiché si fanno rientrare gli
esperti nel loro gruppo di origine;
6. ciascuno presenta la propria parte al gruppo e gli altri pongono domande di
chiarificazione. L’insegnante gira tra i gruppi osservando i processi. Se sorgono dei
problemi interviene in modo appropriato. Può essere anche opportuno lasciare che
il “responsabile” di gruppo si occupi di risolvere il problema. I responsabili possono
essere aiutati a gestire sussurrando un suggerimento su come intervenire finché
non padroneggiano da soli la situazione;
7. alla fine della sessione di lavoro, si fornisce a ciascuno una breve verifica
individuale (test vero/falso, un testo a completamento…), in modo da permettere
agli alunni di capire che la sessione non è stata un gioco ma che essa conta
realmente per l’apprendimento.

I tempi delle tre fasi variano a seconda del lavoro distribuito. È meglio cominciare con
qualcosa di semplice e verificarne l’esito. Come per tutte le attività di insegnamento
cooperativo è possibile inoltre assegnare dei ruoli intercambiabili all’interno dei gruppi-
base (il cronometrista, il responsabile, il portavoce...): anche questo è utile per permettere
agli alunni di sperimentare specifiche abilità sociali.

Il metodo Jigsaw è efficce alle elementari, ma è stato sperimentato efficacemente anche


alle medie e alle superiori. Lo studente con ritmi lenti di apprendimento può essere
abbinato nella seconda fase con un compagno che appare più efficace nel rapporto
interpersonale e per loro questa fase può durare più a lungo.

L’insegnante forma i gruppi, segue le varie fasi, può assegnare delle domande di
comprensione nelle varie fasi, verifica i livelli di conoscenza globali del gruppo-base e dà
una valutazione individuale e collettiva.

Quali i vantaggi dello Jigsaw?


Sono molti i vantaggi di questo metodo. Innanzitutto possiamo notare come esso sia un
modo piuttosto efficiente di organizzare l’apprendimento dei materiali. Il processo dello
Jigsaw inoltre incoraggia di per sé l’ascolto, il coinvolgimento, l’empatia dando a ciascuno
una parte essenziale da giocare nell’attività di apprendimento.

I membri del gruppo devono lavorare insieme per raggiungere uno scopo comune e ogni
persona dipende dalle altre. Nessuno studente può comprendere completamente se non
lavora con gli altri. Questa cooperazione è determinata dalla progettazione stessa della
lezione e facilita l’interazione tra gli studenti, portandoli a valutare i contributi degli altri
come un compito comune.

Proprio come in un puzzle, ogni pezzo (ogni parte attribuita ad uno studente) è essenziale
per la piena comprensione e il completamento del prodotto finale. Se ogni parte di lavoro è
essenziale, allora anche lo studente che la possiede è essenziale: è questo che rende
questa tecnica così efficace.

Esempio: Il metodo Jigsaw

Obiettivo: Esercizio di lettura, di comunicazione orale e ascolto

Procedura:

PRIMA FASE

1. Formazione di gruppi casuali di quattro.

2. Ogni membro del gruppo sceglie un numero da 1 a 4.

3. Consegnare ad ogni membro del gruppo un racconto numerato da 1 a 4.

4. Ognuno sceglie il racconto corrispondente al numero scelto.

SECONDA FASE

5. Formazione dei gruppi “esperti” che hanno lo stesso racconto.

6. Nel gruppo di esperti, ognuno si prepara a raccontare il brano ai compagni del Gruppo
di Base. Se dovesse essere un testo di seconda lingua, lo leggono, traducono le parole
che non conoscono, fanno un riassunto, provano a recitarlo ad alta voce.

7. Quando sono pronti.

TERZA FASE
8. Ogni membro del gruppo “esperti” ritorna al gruppo iniziale e farà quello che gli è stato
richiesto di fare.

9. In questo caso potrebbe essere:

- raccontare con parole proprie ciò che ha letto;

- rispondere a domande di comprensione che i compagni possono rivolgergli;

- raccontare e richiedere di riassumere per iscritto ciò che è stato;

comunicato.

6. Altre tecniche di cooperative learning


CIRC (Slavin)

Il CIRC (Gruppo Cooperativo Integrato di Lettura e Composizione) è un modello di


apprendimento cooperativo specifico per l’insegnamento della lettura e della scrittura.
Componenti principali del CIRC sono tre:

- della lettura: fa uso di lettori “basali” e di gruppi di lettura; anziché il libro di testo, si
utilizza l’attività di gruppo (per esempio, gli studenti possono aiutarsi a identificare gli
elementi letterari di un brano: la trama, la caratterizzazione, lo scenario; a predire come va
a finire la storia; a raccontarla di nuovo);

- dell’arte della scrittura/ linguaggio: gli studenti si aiutano nel redigere scritti o storie
originali. L’insegnamento degli aspetti tecnici della scrittura è integrato con compiti scritti
che usano un testo di linguaggio;

- cooperativa: implica il lavoro di due studenti provenienti da diversi gruppi di lettura che
lavorano in team. Essi leggono a turno, controllano la comprensione, praticano l’ortografia,
redigono testi scritti e divulgano libri o saggi di scrittura.

Per la valutazione, quando i compagni del team si sentono pronti, gli studenti compilano
delle prove. Gli studenti ricevono infine certificati di riconoscimento basati sul risultato
medio di tutti i membri del gruppo.

TAI (Slavin)

Il modello TAI (Individualizzazione Assistita dal Gruppo) è un programma di matematica


che combina l’apprendimento cooperativo con l’istruzione individualizzata.

La maggior parte delle classi ha studenti con una vasta gamma di abilità: la premessa di
base di questo approccio di Cooperative Learning è che gli studenti meno bravi possono
migliorare senza rallentare gli studenti bravi. Ciò si realizza riunendo studenti di livello
basso, medio e alto in gruppi di 4/5 membri.
Le fasi di lavoro sono le seguenti:

- Innanzitutto, gli studenti vengono testati e posti in un punto appropriato in un


programma individualizzato.

- Gli studenti lavorano in modo indipendente, ciascuno al proprio livello e svolgono i loro
compiti.

- Gli studenti si incontrano in gruppi, in cui scambiano documenti, relazioni, controllano


le reciproche competenze matematiche, si aiutano a vicenda.

- Compilano un quiz di verifica.

- Al completamento dell’unità didattica, gli studenti compilano un test finale. I gruppi


ricevono un riconoscimento basato sul numero medio di unità completate dai membri del
gruppo.

Oltre a lavorare con i gruppi, il ruolo dell’insegnante, nell’approccio TAI, è quello di


introdurre i maggiori concetti con istruzione diretta prima che gli studenti inizino a lavorare
sulle loro unità individualizzate. A volte l’insegnante fa didattica all’intero gruppo classe su
abilità del tipo misurazione o problem solving. L’insegnante assegna anche test di realtà
agli studenti. L’uso di questo approccio migliora sia l’autostima degli studenti che il loro
rendimento di matematica.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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- Comoglio, M. (1996). Presentazione all’edizione italiana. In Johnson, D.W., Johnson.


R., Holubec, E.J. (a cura di). Apprendimento cooperativo in classe, Trento: Erikson.

- Comoglio, M., Cardoso M.A (1996).Insegnare ed apprendere in gruoppo. Roma: LAS.

- Johnson D. W., Johnson R., Holubec, E. (1994). Cooperative learning in the


classroom, Associations for supervisions and curriculum development. Alexandria: VA.
(trad. it. Apprendimento cooperativo in classe. Trento: Centro studi Erikson).

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cooperations in the classroom, Associations for supervisions and curriculum development.
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- Kaye, A.R. (1994). Apprendimento collaborativi basato sul computer. TD-Tecnologie


didattiche, n.4, pp. 9-21.

- Slavin, R.E. (1980). Cooperative Learning. Review of Educational Research, 50, 315-
342

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Know, What we need to Know.

- Venza, G. (2007). Dinamiche di gruppo e tecniche di gruppo nel lavoro educativo e


formativo. Milano: Franco Angeli.

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