Sei sulla pagina 1di 4

LEZIONE 3

Quali sono le fonti della scienza dell’educazione? (pag. 22)


Legittima i vari metodi e contenuti di ricerca appartenenti ad altre scienze (es. sociali o psicologiche).
Quello che conta è: quando e come l’uso di alcuni costrutti/metodi di ricerca può essere utile ad analizzare
meglio i problemi dell’educazione; per cui scelgo un contenuto, un costrutto o anche un termine nella
misura in cui esso mi aiuta meglio a comprendere e sviscerare un problema che emerge dai contesti
educativi.
Pertanto, poiché la scienza dell’educazione è la scienza delle pratiche che si hanno in un contesto storico,
culturale o sociale, diventa difficile escludere un tipo di fonte scientifica – potenzialmente tutte sono utili
(fisiologia, economia ecc.).
Più noi ci confrontiamo in modo riflessivo con i problemi dell’educazione più abbiamo bisogno di contenuti
scientifici e quindi c’è bisogno di attingere a più discipline, anche perché i problemi dell’educazione sono
complessi a seconda della complessità del contesto sociale, storico e culturale in cui siamo inseriti.
C’è sempre più attenzione ai confronti tra le scienze e più interesse riguardo i contenuti scientifici.
Esempio: alunna anoressica – l’insegnante ha bisogno di confrontarsi con i vari saperi riguardanti la malattia
e le conseguenze psicologiche dovute ad essa.
Qualcuno che non si accontenta della semplice lezione in classe ma approfondisce le sue conoscenze nei
vari ambiti, è un ricercatore, che si occupa di problemi che vanno al di là della didattica.
Conclusione: l’insegnante è una figura molto più complessa di quello che si pensava (educatore).
L’insegnante non è solo un didatta ma è anche un educatore, non si occupa solo dell’acculturazione ma
anche dell’educazione degli studenti.

Cosa intende Dewey per educazione?


L’educazione è una pratica riflessiva il cui fine è la crescita, intesa non come un processo lineare ma
continuo.
La crescita non ha un fine (non lavoro affinché tu cresca fino ad un certo punto) ma è il fine dell’educazione.
Un insegnante che si occupa anche dell’educazione, si occupa di problemi molto più complessi della
semplice didattica – capacità dell’insegnante di non accontentarsi delle conoscenze già acquisite ma di
andare ad esplorare, attraverso i vari campi del sapere, le possibili risposte alle sue domande.
Le domande possono essere di tutti i tipi: da quale famiglia proviene il ragazzo, quali sono le risorse del
territorio che possono aiutarmi nel processo di crescita del ragazzo.
1) Insegnante deve essere formato a fare ricerca (postura/competenza scientifica);
2) Insegnante deve essere formato nelle discipline.
Prima deve esserci la formazione nella ricerca e poi nelle discipline, per risolvere i problemi complessi
dell’educazione che si ottengono attraverso il confronto e lo studio con altri saperi scientifici, poiché è un
lavoro che ha a che fare con i contesti culturali e i cambiamenti storici.
Puoi essere un buon educatore se sei un ricercatore (ti permette di gestire al meglio il processo educativo).
Esempio: alunni stranieri nelle scuole italiane.

Dewey critica la disattenzione verso alcuni saperi e contenuti sia da parte di alunni che insegnanti – tutti i
saperi sono utili, se declinati correttamente, alla crescita.
Se la società è educante, tutto fa educazione.
Le discipline fanno crescere.
Diventare educatori competenti significa sapere, o meglio imparare come fare ad accompagnare una
persona in un processo di crescita – è necessario interrogarsi in modo riflessivo su come si educa e
mettendosi in discussione come educatore (postura scientifica).
Un bravo professionista è chi ha una postura scientifica, sa di cosa parla e attinge a più saperi scientifici per
migliorare la sua pratica – in caso contrario provocherà danni.
L’insegnante deve saper declinare i saperi e le discipline nelle vite delle persone affinché essi diventino
strumenti per la crescita di quest’ultime.

Capitolo 3 – pag.12
Ci sono degli elementi nei vari saperi scientifici a cui attingo che mi fanno capire se essi sono pertinenti o
meno al mio campo di indagine.
Prendere a prestito degli strumenti da altri saperi senza però declinarli su quelli che sono i miei problemi e
finalizzarli alla loro comprensione, significa che questi saperi resteranno sempre insufficienti e inutili.
Prendere a prestito qualcosa senza rimodularlo, non funziona dal punto di vista scientifico e educativo –
Dewey.
Abbiamo necessità di capire a quali scienze possiamo maggiormente chiedere aiuto per quanto riguarda il
discorso educativo e quali sono maggiormente coerenti/pertinenti dal punto di vista epistemologico con i
nostri problemi.
“Scienza dell’educazione non si può costruire semplicemente prendendo a prestito dalla fisica le tecniche
dell’esperimento e della misurazione” – gli strumenti devono essere rimodellati.
“Questo potrebbe succedere soltanto se si trovasse il modo di definire i fenomeni mentali e psicologici in
termini di unità, spazio, tempo e massa; è superfluo precisare che questa condizione non è stata
soddisfatta.”
Distinzione tra leggi e regole:
Non possiamo applicare il modello della fisica a quello dell’educazione poiché non posso elaborare delle
leggi generali, applicabili a tutti i contesti, in ambito educativo.
Possiamo però costruire delle regole per l’azione, utilizzando alcuni contenuti scientifici e alcuni modelli di
riferimento – la regola non è la legge, poiché non è universale e inconfutabile (es. legge di gravità).
Questo perché il campo dell’educazione è complesso, fatto di situazioni uniche e peculiari, non ripetibili.
Perché costruisce regole?
La scienza dell’educazione studia l’educazione come pratica, un modo di agire nel contesto.
L’agire pratico è regolato da regole di comportamento, le quali organizzano e codificano il nostro agire ma
non lo ingabbiano, non determinano un unico output/conseguenza.
Esempio: dress code elegante, esistono varie interpretazioni del concetto di “eleganza”.
“Leggi e … anche quando si presentano in una forma scientifica non producono regole nella pratica, il loro
valore nella pratica educativa … esempio amico fabbricante vernici …”.
Esempio fabbricante vernici: la ricerca in laboratorio aveva dato un prodotto, che non seguiva una legge
generale riguardanti le proporzioni e le misure, ma produce numerose variazioni.
Conclusione: in laboratorio ho delle variabili controllate mentre nei contesti naturali ho molte più variabili
che non riesco a controllare; quindi, il risultato laboratoriale è un prodotto di ricerca scientificamente
validato che però se trasferito nella fabbrica (contesto naturale con tante variabili e situazioni) non
funziona più.
Ciò non vuol dire che le cose analizzate in laboratorio non siano vere, ma che il contesto è semplicemente
diverso.
Quindi la scienza dell’educazione non è una ricerca laboratoriale, posso però fare riferimento alle leggi
universali per la produzione di regole.
“Quindi la divergenza tra i risultati … regola rigida (legge) … procedure empiriche.”
Ovvero non ci sarebbe stato un rapporto significativo tra scienza e pratica, mentre invece la scienza
dell’educazione si alimenta del rapporto con la pratica e funziona in quanto è riconosciuta come un
orientamento di ordine generale per migliorare le condizioni della pratica (i contesti).

Quindi la scienza dell’educazione deve accettare di non essere una scienza forte e solida né di poterlo
diventare per imitazione, come ad esempio la fisica.
È quindi una scienza giovane e debole, in divenire, che si sta costruendo e deve cercare di capire qual è la
sua natura, status e identificare le sue modalità di funzionamento.
“Ma la mancanza di un sistema complessivo concettualmente coerente è una positiva diffida dall’attribuire
valore scientifico a risultati che sono conseguiti prendendo a prestito … della matematica.”.
Ciò vuol dire che la scienza dell’educazione non è una scienza quantitativa, non si basa sulle misurazioni.

Educatore come ricercatore:


Innanzitutto, è necessario avere atteggiamenti scientifici, cioè guardare alla nostra pratica/agire in modo
scientifico – sguardo volto sempre a migliorare il nostro agire nel contesto della pratica.

Esempio docente in una scuola: “Ho conosciuto un docente in una scuola di formazione di insegnanti …
invita.”.
Ovvero, questo insegnante sottolinea l’importanza del giudizio di pratica nell’applicazione della scienza.
Il giudizio di pratica è la forma di ragionamento che accompagna l’agire pratico e mi fa dire che una teoria,
un sapere, un risultato scientifico è applicabile o meno al problema con cui mi sto confrontando e mi aiuta
a risolverlo, in caso negativo lo abbandoniamo ed elaboriamo noi una nuova teoria nel nostro contesto di
pratica usando il giudizio di pratica.
Quindi quello che conta è come noi stiamo nei contesti di pratica e decidiamo o meno di utilizzare la scienza
che ci serve – atteggiamento scientifico attivo (non usare la scienza in modo passivo):
- Stare nel contesto;
- Capire quando e come usare la scienza.
Quando facciamo riferimento alla scienza è importante distinguere tra:
- Fonti: sono quello che alimenta il processo di ricerca (es. le pratiche stesse dell’educazione).
I processi educativi sono la fonte della ricerca educativa.
Sono l’origine e ciò che alimenta.
Altre fonti possono essere collegate a delle esperienze e dei saperi.

“Qual è lo spazio e il ruolo dei processi e degli effetti educativi nelle scuole, nella famiglia ecc. quando essi
sono considerati come fonte?”
Le pratiche educative sono fonti perché:
1) Forniscono i dati e i contenuti che costituiscono i problemi della ricerca;
2) Sono la prova di valore decisiva dei risultati di tutte le ricerche; quindi, una volta compiuta la ricerca
devo provare la sua validità nel contesto delle pratiche (le pratiche sono anche quindi il banco di
prova).

Dove si trova la scienza dell’educazione? Nella testa dell’educatore, perché è un processo attivo, di ricerca;
non la vedo se non in opera, nel funzionamento della mente delle persone.
Non dobbiamo considerare i risultati della ricerca scientifica come una realtà assoluta standard e stabile,
ma solo come qualcosa che alimenta un’ulteriore ricerca e ha senso nel momento in cui è una fonte della
scienza dell’educazione.
Quindi i contenuti di per sé non hanno valore se non utilizzati come benzina per alimentare la scienza
dell’educazione.

Potrebbero piacerti anche