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Dalla fisica ingenua alla fisica come scienza: aspetti concettuali, epistemologici,

storici e didattici.

Perché insegnare fisica nella scuola dell'infanzia e nella primaria?


Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo della Scuola Primaria e dell’Infanzia da tempo
mettono in luce la grande rilevanza, per una corretta formazione dei bambini, delle attività
formative negli ambiti disciplinari scientifici e, fin dalla sua istituzione, nell’Anno
Accademico 1998/99, il Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria ha previsto
le discipline scientifiche, tra cui la fisica, tra le attività formative caratterizzanti.

Nella primaria c'è scienze ma tra le tante c'è anche fisica, mentre nell’Infanzia si affrontano
campi di esperienza.
La fisica si distingue perché è la scienza più antica, è quella che è stata istituita per prima,
ed è una scienza fondamentale perché molte scienze si ispirano ai suoi concetti. Tra le
scienze empiriche naturali è quella più fortemente matematizzata, cioè usa il linguaggio della
matematica per descrivere e comprendere meglio i suoi fenomeni attraverso modelli.
Questa soluzione pone dei vincoli alla disciplina, che si riflettono sulle modalità di indagine e
del tipo di scienza che riproduce ma anche sul suo insegnamento e apprendimento.

La scelta di inserire fisica in SPF si fa fin da subito perché è tesa a fornire conoscenze di un
certo campo. E’ un corso caratterizzante.
La società in cui viviamo è ad alta conoscenza scientifica e tecnologica per comprendere il
mondo e fare scelte consapevoli per combattere le credenze ingenue fin dalla formazione
universitaria. E’ bene conoscere e avere certe conoscenze per affrontare alcuni dibattiti della
formazione scolastica.

La formazione dei docenti della Scuola Primaria e dell’Infanzia in ambiti come quello della
fisica deve consentire agli insegnanti in formazione:
- di acquisire e/o consolidare alcune conoscenze dei contenuti, procedurali
(pratiche e procedure) ed epistemiche (OCSE, 2023) relative alla disciplina.
Serve per valutare se i ragazzi, in quanto cittadini, sono in grado di comprendere le
conoscenze scientifiche di base per vivere nella società. (conoscenza scientifica per
la cittadinanza).
Non serve conoscere solo i contenuti (manuale di fisica) ma anche valutare le
conoscenze che si sono ottenute con alcune pratiche socialmente condivisibili e
sottoposte a revisione tra pari e i dati sono controllabili per arrivare a conclusioni
affidabili..
- di confrontarsi con le tante problematiche legate al suo insegnamento-
apprendimento, promuovendo una maggiore consapevolezza delle
rappresentazioni mentali “spontanee” dei bambini (frutto dell’esperienza di vita
quotidiana e spesso in conflitto con le rappresentazioni scientifiche; conoscenze
pregresse e le idee che hanno su un fenomeno da esplicitare), degli ostacoli
epistemologici disciplinari e dei vincoli epistemologici e pedagogici che devono
regolare la trasformazione del sapere esperto in un sapere adatto ad essere
insegnato e appreso.
Le epistemologie pratiche spesso non coincidono con le epistemologie formali; le
idee di conoscenze che si hanno se qualcuno ce lo chiede (formale con domande
esplicite) sono diverse da quello che si fa realmente in situazione. (far fare attività
che mostrano qual è l’atteggiamento della conoscenza e poi esplicitarlo)

Si tratta di creare attività semplici e non ricchi di imprevisti. Non si può improvvisare né
perdere tempo.
I bambini prima sperimentano prima con la percezione, cioè credono prima a ciò che vedono
quindi dobbiamo allenare la loro osservazione.

es. attrito dell’aria la percepiamo ogni volta che iniziamo a correre: più si corre più la
resistenza dell’aria si oppone e aumenta con l’aumentare della velocità di moto.

Abbiamo l’obiettivo di trasformare atteggiamenti pratici in atteggiamento teoretici per


costruire nuova conoscenza e attraverso varie attività, utilizziamo alcuni contenuti per
promuovere la consapevolezza della presenza di alcuni fenomeni che la fisica indaga
perché funzionerà da ancoraggio quando nel loro percorso scolastico andranno ad
affrontare la disciplina in modo più formale e approfondita.

In questa prospettiva, i contenuti d’insegnamento sono fondamentali non per promuovere


una piena padronanza disciplinare (obiettivo che necessita di tempi molto più lunghi), bensì
per far guadagnare, ad un primo livello, la capacità di saper pensare e saper agire secondo
una specificità di dominio.
Questo obiettivo richiede di approfondire anche l’evoluzione storica della disciplina e i
problemi epistemologici che ne segnano lo sviluppo, nonché le numerose evidenze fornite
dalla ricerca didattica che mostra “sorprendenti parallelismi” tra le concezioni sostenute
dagli scienziati di epoche precedenti alla nostra e le rappresentazioni mentali
spontanee dei bambini.

Galileo e l'immagine della scienza moderna - epistemologia formale


‘’La filosofia [della natura] è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta
aperto dinanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non
s’impara a intender la lingua, e conoscere i caratteri ne’ quali è scritto. Egli è scritto in
lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche,
senza i quali mezi [sic] è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un
aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto’’. - Il Saggiatore (1623), in Opere, vol. VI, p.
232.

In opposizione alla fisica aristotelica, la natura è scritta in un linguaggio matematico e quindi


è intrinsecamente matematica. Se non usiamo la matematica per coglierne le strutture e le
leggi per capire come funziona, non possiamo capirne nulla. l’universo funziona di per sè,
obbedendo a leggi matematiche.

‘’Ma io veramente stimo il libro della filosofia, esser quello che perpetuamente ci sta aperto
dinanzi agli occhi; ma perché è scritto in caratteri diversi da quelli del nostro alfabeto, non
può esser da tutti letto: e sono i caratteri di tal libro triangoli, quadrati, cerchi, sfere, coni,
piramidi et altre figure matematiche, attissime per tal lettura’’. - Lettera a Fortunio Liceti,
gennaio 1641, Opere, XVIII, p. 295.
La scienza è fatta per essere divulgate a tutti, scritte in volgare e deve essere accessibile a
tutti. Chi non sa la matematica non può comprendere come funziona la natura.

Come è stata interpretata la metafora di Galileo? - epistemologia pratica


1. Prima interpretazione (ontologia matematica della natura):
La natura è intrinsecamente matematica. Ciò che appare ai nostri sensi nasconde la
struttura matematica sottostante che il fisico ha il compito di rendere manifesta. Questa
convinzione è condivisa, almeno implicitamente, da molti scienziati e insegnanti (es. Gilbert
e Mulkay, 1984) che ritengono ci sia un isomorfismo tra il fenomeno osservato (es. il
rotolamento di una sfera lungo un piano inclinato) e la sua rappresentazione matematica
(es. equazione di Galileo, grafico spazio tempo, ecc).
Implicazioni didattiche:
La credenza in un’ontologia matematica della natura impedisce agli insegnanti di capire le
difficoltà che gli studenti invece hanno nel mettere in relazione ciò che osservano con le
rispettive rappresentazioni matematiche (Roth e Tobin, Cascades of inscription, 1997).
(palla che scorre sul piano inclinato e equazione quadratica di spazio/tempo).
Gli insegnanti non problematizzano a lezione questo passaggio perché considerano un
passaggio naturale mentre per gli studenti non è così naturale e imparano soltanto la pratica
(apprendimento meccanico) senza capirne il senso.
La differenza sta nel fatto che il fenomeno osservato una costruzione artificiale e un
processo di astrazione rispetto all’esperienza comune, viene poi tradotto in formule
matematiche, e si isolano alcune variabili di un determinato fenomeno per vedere come
reagisce con le altre.

Implicazioni per la formazione degli insegnanti:


Questa filosofia implicita un po’ ingenua (probabilmente deutero-appresa durante il corso di
studi) ha delle conseguenze negative sull’insegnamento e apprendimento della fisica ed è
quindi necessario farla evolvere in una epistemologia disciplinare più sofisticata e
didatticamente proficua.

2. Seconda interpretazione:
La natura non è intrinsecamente matematica. Tuttavia, si presta ad essere
matematizzata. Il fisico, facendo opportune operazioni, rende i fenomeni naturali adatti ad
essere rappresentati matematicamente.
Siamo noi a utilizzare la matematica perché ci è utile, cerchiamo di predisporre e operare su
di essa per renderla matematicamente trattabile e questa operazione deve essere portata
alla luce e spiegata.
Implicazioni didattiche:
Gli insegnanti non devono considerare la matematizzazione un fatto autoevidente, ma una
pratica epistemica disciplinare che deve essere chiarita e giustificata esplicitando i
presupposti che la rendono possibile (Husserl, 1938).
I presupposti alla base della rappresentazione matematica della natura.
Il primo tipo di presupposti riguarda alcune caratteristiche generali del mondo in cui viviamo
che rappresentano le condizioni di possibilità dello sviluppo dell’idea di una descrizione
matematica della natura (Gurwitsch, 1988, p. 394).
Le più significative sono:
- la forma spaziale e temporale del mondo e degli oggetti dell'esperienza, che
consente la pratica della misurazione da cui ha origine la geometria,
- la relativa stabilità e regolarità delle configurazioni fenomeniche che ci permette
di individuare oggetti, fenomeni, processi, sistemi, di compiere classificazioni e di
individuare variabili
- la causalità universale, che permette di fare previsioni a fini pratici. (causa-effetto)
La rappresentazione matematica non è solo una rappresentazione della conoscenza ma è
soprattutto una rappresentazione per conoscere. Si rappresenta matematicamente un
fenomeno perché risolvendo un’equazione si guadagnano delle conoscenze, che a occhio
nudo, non si sarebbe potuto guadagnare in maniera così precisa.
Il secondo tipo riguarda specifiche operazioni mentali - pratiche epistemiche ad esempio,
astrazione, idealizzazione, approssimazione, formalizzazione - attraverso le quali lo
scienziato costruisce i prodotti della fisica (ad esempio, leggi, modelli, teorie) e modella
l'immagine scientifica del mondo.
Le operazioni concettuali, fatte sulla realtà, ci permettono di arrivare alla sua
rappresentazione in termini scientifici. Non basta osservare le caratteristiche della realtà che
ci consentono di dare una descrizione matematica ma dobbiamo capire come favorire quelle
operazioni concettuali.
«Non riferendo i prodotti e i risultati ottenuti alle operazioni mentali da cui derivano e di cui
sono i correlati, si diventa prigionieri di quei prodotti e risultati, cioè prigionieri delle proprie
creazioni» (Gurwitsch, 1965, p. 299).

21/02
Materiali integrativi - le misure di grandezza
Le parole della fisica sono velocità, forza, energia, e, in generale, quelle che indicano le altre
grandezze.
Una grandezza è una quantità che può essere misurata con strumenti di misura.
Invece ciò che non è misurabile non è oggetto della fisica. es. la fisica non si occupa della
bellezza, della bontà, dell’amore, perché sono proprietà che non si possono misurare. Infatti,
non è possibile dire che una donna ha una bellezza pari a 10 unità di bellezza, mentre
un’altra arriva solo a 7,5. Quindi non possono essere considerate grandezze misurabili in
senso strettamente scientifico. non esistono criteri assoluti ma si potrebbero in realtà stabilirli
anche per queste categorie astratte.
Le grandezze oggetto della Fisica sono misurabili. Il processo di misura non deve
dipendere né dal luogo di misura né da processi soggettivi. Esso deve essere costruito
in forma intersoggettiva mediante l’introduzione di una definizione operativa che faccia uso
di una unità di misura e di uno strumento scientifico opportuno.

Le grandezze fisiche sono delle caratteristiche fisiche dei fenomeni e oggetti di cui si può
esprimere in termini quantitativi. E’ una prassi di cui si occupano i fisici sperimentali e quindi
le misurazioni empiriche servono per confermare o confutare le previsioni teoriche dei
modelli. Nei manuali di fisica queste due componenti di sovrappongono perché danno
un’importante rilevanza alla componente teorica proponendo dei modelli e dei problemi
relativi a quei modelli (moto uniformemente accelerato etc..) mentre la componente empirica
la vediamo proprio in questo capitolo delle misurazioni.

Le definizioni operative
Le grandezze fisiche sono definite dal loro processo di misura. (come succede per la
didattica o la pedagogia sperimentale ma in fisica non ci sono modelli di natura etici perché
fa riferimento a fenomeni naturali). Si tratta della operazionalizzazione (si usa anche nella
progettazione curricolare e deriva dalla pratica della fisica come scienze sperimentale.)

La definizione operativa di una grandezza fisica consiste di due parti:


- la descrizione degli strumenti necessari per misurare la grandezza; (precisazione
degli strumenti di misurazione)
- la determinazione di una procedura non ambigua, detta ‘protocollo’, con cui
utilizzare gli strumenti di misura. (procedura che può essere riprodotta anche da altri
e quindi ottenere risultati uguali.).

Caso più semplice: Immaginiamo di voler misurare la larghezza di un libro con un righello
(che in questo caso è lo strumento di misura).
La larghezza è una sua proprietà o caratteristica che viene definita variabile dipendente ed è
un processo astratto. (Possiamo anche misurarne il peso, la densità, la lunghezza, il volume,
la resistenza etc.)
A seconda di ciò che voglio misurare scelgo lo strumento adatto, ad esempio il metro e
isoliamo la sua proprietà di misurazione (lunghezza - 15/20 cm e taratura - precisione del
mm.). Trascuriamo il peso, il colore e il materiale dello strumento perché ci interessa la scala
per misurare quantitativamente un fenomeno.
Mentre il protocollo è questo:

- si pone la prima tacca del righello


in corrispondenza di un bordo della
copertina;
- la tacca del righello che
corrisponde al bordo opposto che
fornisce la misura.

Grazie alle definizioni operative, i ricercatori ottengono gli stessi risultati quando misurano le
stesse grandezze in lab. diversi; così, possono concordare sulla correttezza dei dati raccolti,
possono confrontarsi e scambiarsi informazioni.

Le definizioni operative di grandezze derivate pt. 2


Il metro al secondo è l'unità di misura della velocità nel sistema internazionale di unità di
misura. Si tratta della misura sia della velocità media, sia della velocità istantanea. Il metro
al secondo è un'unità derivata, definita dal rapporto fra la distanza in metri e il tempo
espresso in secondi. Il simbolo è m/s, o l'equivalente, m s−1. Indica la velocità di un mobile che
percorre lo spazio di un metro ogni secondo. Molto spesso si usano anche i km/h.

Intuitivamente abbiamo 2 casi:

1. spazio costante vediamo chi in poco tempo è più veloce


2. tempo costante vediamo chi ha percorso distanza maggiore

Tornando alle variabili, anche i bambini ragionano per variabili (facendo classificazioni per
colore, forma, materiale, peso, scopo) quindi di natura sia percettiva che funzionale.
Bisogna focalizzare l'attenzione del bambino sull'aspetto interessante da cogliere sennò
rimane implicita e isolarne una alla volta secondo il nostro interesse di studio e bisogna
avere un controllo consapevole di pensare per variabili. Devono saper sviluppare processi di
astrazione oltre al continuum di esperienza.
Si può chiedere anche di fare un confronto: ordinare a seconda del peso, che diventa la sola
proprietà da focalizzare e prestare attenzione; se è abbastanza evidente si può partire da
una base percettiva e poi pesare. Maggiore, minore o uguale.

A scuola viene insegnata soltanto la procedura ma se ne perde il significato concettuale. Per


fare questo, si deve esplicitare ciò che non ci viene detto (asimmetria tra docente-alunni,
rispetto alle conoscenze esplicite perché sa di più e sa prima ma anche rispetto alle
conoscenze di tipo implicito ed è un problema perché ci sono dei presupposti che in realtà
non dovrebbero esserlo e bisogna esserne consapevoli).
Problematizzare le cose più ovvie è la parte più difficile perché le cose difficili in realtà
richiedono già la nostra attenzione, il problema però è che se, nel tempo, non vengono
esplicitate possono dare origine a varie misconcezioni.

Misurare in questo caso diventa una pratica epistemica con funzione conoscitiva. Si misura
per conoscere non per applicare una procedura.
Crusoe ha fatto un confronto diretto: primi approcci alla misurazione, ed è una procedura
da mettere in atto intuitivamente e permette di fare relazioni d’ordine.
Es. Mettere in fila le matite più o meno lunghe. Si mettono una vicino all’altra ed è immediato
agli occhi dei bambini. La richiesta è quella di concentrare l’attenzione sulla variabile
‘lunghezza’ che diventa il criterio con cui si costruisce la relazione di ordine (seriazione), che
può cambiare se scelgo un’altra proprietà.

Implicito è, in questa procedura, il concetto di transitività : → proprietà di una relazione,


definita in un insieme A, espressa dalla seguente implicazione): se a è in relazione con b e b
è in relazione con c, allora anche a è in relazione con c. Tutte le relazioni d’equivalenza e
tutte le relazioni d’ordine sono per definizione transitive.
es. confronto tra due matite vicine, il risultato è evidente e immediato legato al processo
percettivo dei sensi (vista come ancoraggio primario).
es.10 matite e chiedo un confronto con la prima matita e la settima non è così immediato.
E’ implicito ma non scontato.
Quando il confronto diretto non è possibile si può usare uno strumento che fa da
intermediario, ma posso usarlo se ho chiaro in modo consapevole il concetto di transitività.
Quindi non basta più la percezione perché da sola non garantisce lo sviluppo del concetto
logico sottostante.
Serve l’aiuto dell'insegnante che va ad orientare con delle domande specifiche e dirige
l'attenzione di certi aspetti che se non vengono esplicitati vanno a inficiare non sulla
comprensione della procedura ma sul significato concettuale della misura e chiaramente se
ne perde il senso della pratica epistemica.

Misurare
- confronto diretto per mettere in ordine oggetti su una variabile e un criterio scelto
- misurazione più precisa con lo strumento (materializzazione fisica dell’intermediario che
contiene l’unità di misura)

Le fasi della misura - la procedura di misura consiste nei seguenti passaggi:


1. trovare un’unità di misura che sia adatta allo scopo;
ovviamente, l’unità di misura deve essere omogenea alla grandezza da misurare. In
altre parole, se la grandezza da misurare è una lunghezza, l’unità di misura dovrà
essere a sua volta una lunghezza. (omogeneità dell’unità di misura).
L’unità di misura deve essere invariante, costante e facilmente reperibile.
2. riportare tante volte l’unità di misura sulla grandezza da misurare fino a ricoprirla
interamente.
- Il concetto sotteso è la partizione, bisogna immaginare una caratteristica continua
come un insieme di parti.
E’ un primo approccio al concetto di discretizzazione del continuum: rappresenta il
processo di trasformazione di modelli matematici ed equazioni continue nelle
controparti discrete (separate), uguali e coincidenti con l’unità di misura. Quando i
bambini fanno le misurazioni non hanno chiaro questo concetto e usano il metro in
maniera automatica e legato a ciò che vedono.
- E’ legato anche al concetto di iterazione: poiché le parti sono uguali allora si può
usare solo uno strumento di misurazione.****
3. contare il numero di volte per cui si è riportata l’unità di misura;
qui c’è l’inizio della traduzione matematica, in misure quantitative. si conta e vuol dire
stabilire una relazione biunivoca tra la struttura del continuum e la struttura
dell’insieme dei numeri reali. Li trattiamo come se fossero strutture isomorfe, cioè si
trasferiscono le proprietà e le operazioni dei numeri che valgono anche per le misure
dei segmenti.
es. costruire una retta con un’equazione.
4. esprimere la lunghezza come numero e unità di misura (il numero non ha senso
senza l’unità di misura!!!) (udm + incertezza di errore).
****
27/02
Quando parliamo di misure parliamo di variabili, cioè proprietà caratteristiche di un oggetto,
di un fenomeno.
es. la lunghezza di un tavolo si intende come una parte non indipendente del tavolo, cioè
non si può separare la lunghezza dal suo spessore né materiale del tavolo. Si individuano
delle variabili che fanno parte del sistema. Se, ad esempio, taglio il tavolo con un’accetta e
lo faccio in tanti pezzi, un pezzo è una parte del tavolo ma in questo caso è una parte
indipendente perché posso vederlo singolarmente e sussiste indipendentemente dal tavolo.
E’ un processo di astrazione che va spiegato e coltivarlo in maniera esplicita.

Lunghezza: come dimensione del libro, caso più semplice; misurare oggetti disponibili nel
quotidiano mentre ad es. misurare la distanza tra la Terra e il Sole o la distanza tra gli
elettroni è più complicato e servono strumenti più sofisticati.
quindi si determina l’unità di misura, lo strumento per misurare la grandezza e si effettua una
procedura non ambigua per accertarsi che, riprodotta anche da altri, dia lo stesso risultato.

Per quanto riguarda lo strumento es. una riga (riga millimetrata) non è rilevante la variabile
del materiale o del colore ma ci interessa la variabile della scala per dare una misura
quantitativa alla larghezza del libro.

Cosa vuol dire unità di misura e misurare?


Per misurare una grandezza fisica e condividere con tutti il valore ottenuto, dobbiamo
metterci d’accordo sull’unità di misura.

L’unità di misura di una grandezza fisica è una quantità di riferimento di quella


grandezza, fissata per convenzione come quantità per convenzione con quantità
rigorosamente costante.
Per es. come unità di misura della lunghezza (grandezza fisica) nell’antichità si usavano
parti del corpo (gomito, spanna, piede etc.) o possiamo usare il metro (una determinata
quantità di lunghezza).

Misurare una grandezza fisica significa stabilire quante volte essa contiene l’unità di
misura.
Misurare nasce anche dall’esigenza di poter comunicare misure che siano riconosciute
intersoggettivamente e avere una sorta di oggettività.

Per specificare una misura bisogna scrivere un’uguaglianza che abbia:


- a sinistra il simbolo della grandezza misurata
- a destra il numero ottenuto, seguito dall’unità di misura (a indicare che è moltiplicato
per l’unità di misura).
Accanto al numero si esprime l’unità di misura (senza l’unità di misura il numero non ha
senso!!!! - 7 cm o 7 km non è la stessa cosa.) e anche l’incertezza.
La misura esatta è un concetto astratto perché dipende sia dalla precisione dello strumento
e dalla pratica sperimentale dell’esecutore, che deve fare la procedura in maniera corretta.
Non si fa mai una sola misura ma si fanno più misure e la media per essere più precisi e per
evitare questi errori accidentali.
Numeri grandi e numeri piccoli
La fisica non si occupa di misure che troviamo quotidianamente ma abbiamo anche misure
molto grandi o molto piccole.
d A = 2 000 000 000 000 000 000 000 m
(diametro della Galassia di Andromeda)

rH = 0, 000 000 000 053 m


(raggio di un atomo di idrogeno)

Operare con questi numeri così grandi o così piccoli è complicato ma non perchè sia
sbagliato fare così dal punto vista concettuale ma perchè è meglio operare con numeri più
piccoli, come facciamo ad es. con le semplificazioni delle frazioni e le equivalenze. (Si
ottiene comunque un rapporto che è equivalente alla precedente.
la semplificazione non è una pratica matematica ma è una strategia cognitiva che serve per
lavorare in maniera più pratica e si evitano errori da calcolo. Non sono errori concettuali.
Si usa la notazione scientifica allo stesso modo per scrivere le stesse cose ma in maniera
più semplice.

Nella notazione scientifica un numero è scritto come il prodotto di due fattori: un


coefficiente compreso tra 1 e 10 e una potenza di 10.

Approfondimento matematico - Le potenze, le sue proprietà e le potenze di 10.


base

Proprietà delle potenze

1. prodotto di potenze con la stessa base;

2. quoziente di potenze con la stessa base;

La definizione tradizionale non vale per i casi seguenti:


Questi due casi non sono casi eccezionali, cioè una formalizzazione della procedura ma
sono delle regole convenzionali che vengono introdotte per mantenere la coerenza con le
regole generale derivate per astrazione dall’esperienza.
Questo dimostra che le regole non cambiano rispetto a quella normale perché bisogna
mantenere l'uniformità del risultato e che per particolari scritture si devono introdurre, per
praticità, il valore che mi darebbe ottenere come il risultato di una potenza classicamente
svolta.
Quando si aggiunge una regola si deve stare attenti che questa regola non vada contro le
regole di base che si sono prese come riferimento.

3. potenza di una potenza;

4. prodotto di potenze con lo stesso esponente;

5. quoziente di potenze con lo stesso esponente.

Potenze negative:

N (Numeri interi positivi) incluso in Z (Numeri interi positivi e negativi), inclusi entrambi in Q
(numeri razionali positivi e negativi).
Si deve mantenere la coerenza del sistema dei numeri precedenti.

LE POTENZE DI 10
soluzioni:

L’ordine di grandezza

Ci sono diversi gradi di grandezze, ed è sempre un concetto astratto.

L’ordine di grandezza di un numero è la potenza di 10 più vicina a quel numero.

Se il numero prima della potenza di 10 è minore di 5, l'ordine di grandezza è proprio la


potenza di 10 di quel numero.

es. 600km è più vicino a 1000 e non a 100. =

es. 60km è più vicino a 100 =

Se è maggiore di 5, l'ordine di grandezza è la potenza di 10 successiva.

Gli strumenti di misura


Le pratiche di misure non sono dirette e quindi si devono compiere degli esperimenti per
individuare delle grandezze, tradotte quantitativamente in maniera più o meno semplice, e
che non sono accessibili in maniera diretta; richiedono perciò degli strumenti.
Non si parla solo di unità di misura delle grandezze ma anche di strumenti di misura con cui
si possono misurare le differenti grandezze.
Questi strumenti si sono modificati nel tempo.

Gli strumenti di misura possono essere analogici o digitali.


- in uno strumento analogico (es. sveglia con lancette) il valore della misura si legge
su una scala graduata. Didatticamente è più utile uno strumento analogico perchè
non nasconde il processo che sta dietro alla misurazione.
- in uno strumento digitale (es. sveglia con display numerico) il valore della misura
appare come una sequenza di cifre. Si usa di più oggi.

Caratteristiche degli strumenti di misura

Precisione
Uno strumento è preciso se, misurando più volte la stessa grandezza, fornisce valori molto
vicini tra loro e sono sostanzialmente uguali a quelli che sarebbero forniti da uno
strumento di riferimento.
es. una misura di 1 kg deve essere uguale o ha valori molto vicini al campione di massa
conservato a Sèvres.

Portata
La portata di uno strumento è il più grande valore della grandezza che lo strumento
può misurare.
es. tachimetro (velocità) di un’auto -> 220 km/h; tachimetro di una bicicletta -> 99 km/h
Negli strumenti analogici la portata è uguale al numero più scritto sulla scala.
es. bilancia da cucina max 5 kg.

Sensibilità
La sensibilità di uno strumento è il più piccolo valore della grandezza che lo
strumento può distinguere.
es. sensibilità righello -> 1 mm, misura che si legge sulla scala;
contachilometri (distanza) -> 100 m, misura che si legge sul display.
Più piccolo è il valore della grandezza che si riesce a distinguere maggiore è la sensibilità
dello strumento.

Prontezza
La prontezza di uno strumento indica la rapidità con cui esso risponde a una
variazione della quantità da misurare.
es. bilancia da cucina è uno strumento molto pronto perché risponde subito a una variazione
della massa da misurare.
es. termometro clinico è uno strumento con una prontezza bassa perchè per misurare la
temperatura corporea occorrono alcuni minuti. - 5 min.

L’incertezza delle misure


è impossibile fare una misura esatta; a ogni misura è associata un’incertezza, che può
essere più o meno grande.
Questa impossibilità è dovuta a due ragioni:
- gli strumenti hanno una sensibilità limitata, per cui non sono in grado di distinguere
grandezze che differiscono di meno di una certa quantità;
- nel fare una misura, si compiono inevitabilmente degli errori.

Per questo motivo quando facciamo un confronto tra previsioni teoriche (es. equazione del
moto) e misurazioni empiriche (es. misura con il cronometro) rispetto al fenomeno che ci
interessa, non c’è quasi mai accordo.

06/03
Tipi di errori:
Errori casuali:
Variano in modo imprevedibile da una misura all’altra e influenzano il risultato qualche volta
in entrambe le direzioni : per eccesso o qualche volta per difetto.
sono errori che dipendono dal caso: a causa dei tempi di reazione possono dare come
risultato un tempo maggiore di quello vero; altre volte un tempo minore.

Un altro errore casuale è quello di allineamento in una misura di lunghezza. lo zero del
righello è qualche volta un po’ a destra, qualche volta un po’ a sinistra del punto dove inizia
la lunghezza da misurare.
Errori sistematici
Avvengono sempre nello stesso senso: o sempre per eccesso o sempre per difetto. è lo
strumento che è tarato male o poco funzionale.
Ogni volta che effettuo la misurazione ho sempre lo stesso errore.
es. se il cronometro che usiamo va sempre avanti, cioè i secondi durano meno del campione
secondo, otteniamo tempi tutti un po’ più grandi di quelli veri.
es, se il cronometro rimane indietro, cioè i secondi durano più del campione secondo, tutti i
tempi saranno un po’ più piccoli di quelli veri.

Un altro errore sistematico avviene quando misuriamo una lunghezza con un metro un po’
più lungo (o un po’ più corto) del campione metro. ( righello che misura o 1,01 m o 0,99 m).

Usando strumenti migliori ed eseguendo le misure in modo più accurato e si possono fare
varie misure, si possono ridurre gli errori. In questo modo la misura avrà un’incertezza
minore, ma non sarà mai esatta. (sensibilità dello strumento e tipi di errore)

Il valore medio e l’incertezza


Ritornando all’esempio delle oscillazioni del pendolo, riportiamo nella
tabella i risultati della misura, ripetuta più volte per minimizzare
l’errore..
Vediamo che i tempi non sono tutti uguali, perchè nell’eseguire la
misura sono stati fatti degli errori casuali: si va da 14,3 s (valore
minimo) a 14,7 s (valore massimo). Sono gli estremi.
Poiché gli errori casuali sono un po’ per eccesso e un po’ per difetto,
scegliamo come risultato della misura il valore medio delle diverse
misure:

Se si fanno delle misure, si sceglie come risultato della misura il loro valore medio, che è il
rapporto tra la somma delle misure e il numero delle misure:

Il cronometro ha la precisione del decimo di secondo e la sensibilità del decimo di secondo.

L’errore massimo
l’errore massimo è quello che si può aver compiuto durante le misurazioni, nell’esempio
precedente è:

si prendono i due estremi, si fa la differenza tra il valore


massimo e il valore minimo rilevato e si fa di nuovo la media; 0,2 s è l’errore massimo.
La misura quindi si scrive:

la misura in fisica è un intervallo, non è una cifra unica.


Per minimizzare l’errore si deve:
- ripetere le misure
- calcolare il valore medio
- calcolare l’incertezza

L’incertezza può o l’errore assoluto (0,1 s) o anche la sensibilità dello strumento (0,2 s)

Le cifre significative
Le cifre significative di una misura sono le cifre certe e la prima cifra incerta.
1148,0 kg
La cifra 0:

L’arrotondamento (o approssimazione)
Significa sostituire un numero con un altro che abbia meno cifre significative.
es. 1,52 ha tre cifre significative
1,5 ha due cifre significative

Se la prima cifra che si cancella è 0,1,2,3,4 si lascia uguale la cifra che la precede.( per
difetto)
Se questa cifra è maggiore o uguale a 5, la cifra viene arrotondata per eccesso.
Le unità fondamentali del Sistema Internazionale.

La lunghezza e la massa sono grandezze fisiche fondamentali perchè si misurano


direttamente. Invece l’area, il volume e la velocità sono esempi di grandezze derivate, cioè
sono definite a partire da quelle fondamentali e si ottengono tramite operazioni matematiche
(moltiplicazioni e
divisioni).
Le unità di misura dello spazio, sono le unità di misura di lunghezza e le unità di misura della
superficie.

Misure di Lunghezza

Il METRO (m): è l’unità di misura della lunghezza che sta nel Sistema Internazionale. Come
altre unità del SI, anche il metro ha multipli e sottomultipli.

- I multipli sono usati quando devo misurare lunghezze maggiori del metro:
decametro (dam), ettometro (hm), kilometro (km).
1 km = 1000 m = 103 m
1 hm = 100 m = 102 m
1 dam = 10 m = 101 m
- I sottomultipli sono usati quando devo misurare lunghezze minori al metro:
decimetro (dm), centimetro (cm), millimetro (mm).
1 dm = 0,1 m = 1/10 m = 10-1
1 cm = 0,01 m = 1/100 m = 10-2
1 mm = 0,001 = 1/1000 m = 10-3

Misure di superficie:

La superficie è una grandezza bidimensionale, cioè ha due dimensioni, altezza e lunghezza,


mentre la linea ha solo una dimensione che è la lunghezza. Le unità di misura della
superficie servono per calcolare l’area che è la parte di piano racchiusa dalla
figura che vogliamo misurare.

Abbiamo detto che, per poter misurare una qualche caratteristica, un oggetto,
dobbiamo individuare un’unità di misura che è omogenea a quello che vogliamo
andare a misurare, ad esempio per misurare la lunghezza della cattedra mi
serve un’unità di misura della lunghezza. Per misurare la superficie mi servirà
un’unità di misura della superficie.

Se l’unità di misura della lunghezza è il metro, per la superficie l’unità sarà il


METRO QUADRATO (m2). Il metro quadrato è l’area di un quadrato che ha il lato di 1 metro.

Dire che questo rettangolo ha un’area di 6 m2 vuol dire che questo rettangolo può essere
equivalente a un'altra figura che al suo interno che è scomponibile in 6 m2, cioè in 6 quadrati
che hanno il lato di un metro per un metro.

Quindi il metro quadrato è un’unità di misura di superficie, non è nel Sistema Internazionale
perché abbiamo il metro, è un’unità di misura derivata, cioè dal metro mi posso derivare il
metro quadrato (semplicemente elevando il metro alla 2).

- Multipli
1 km2 = (1000 m)2 = (103 m)2 =106 m2
1 hm2 = (100 m)2 = (102 m)2 = 104 m2
1 dam2 = (10 m)2 = (101 m)2 = 102 m2
- sottomultipli del metro quadrato.
1 dm2 = (1/10 m)2 = (10-1 m)2 = 10-2 m2
- 1 cm2 = (1/100 m)2 = (10-2 m)2 = 10-4 m2.
1 mm2 = (1/1000 m)2 = (10-3 m)2 = 10-6 m2

es. Per passare da centimetro quadrato (cm2) a decimetro quadrato (dm2) si divide per 100 il
numero che esprime la misura perché nella scala delle unità di area si sale di un gradino.

623 cm2 = 6,23 dm2

es. Per passare da ettometro quadrato (hm2) a metro quadrato (m2) si scende di due gradini
e quindi si moltiplica per 10.000:

0,49 hm2 = 4900 m2

Problema: Un rotolo di carta da cucina è lungo 1,11 hm e la striscia di carta è larga 380
mm. Di quanti strappi lunghi 3 dm è fatto il rotolo? Qual è l’area di ogni singolo strappo?

Dati:
- lunghezza rotolo= 1,11 hm
- larghezza della striscia = 380 mm
- lunghezza strappo = 3 dm

1,11 hm = 1110 dm -> (trasformo la lunghezza del rotolo da hm a dm)

380 mm = 3,8 dm -> (trasformo la larghezza del rotolo da hm a dm)

1110 : 3 = 370 strappi -> (divido la lunghezza del rotolo per la lunghezza degli strappi)

Devo trovare l’area dello strappo (è un rettangolo quindi l’area è base per altezza)

3dm = 30 cm (altezza dello strappo)


380 mm= 38 cm (base dello strappo)

Area: 30 x 38 = 1140 cm2

Esercizi in classe: Lunghezza (Presi dal file su Blended)

a. Inserisci il simbolo maggiore (>), minore (<) o di uguale (=).


6.
12 dam = 120 m 410 hm < 51 km

b. Esegui le seguenti equivalenze.


11
31 dam 31000 cm 800 km 8000 hm
.
12
47 dam 470 m 410 hm 41 km
.

6a. 1 2
1 2 0
6b. 41 0
51
______________________________________________________________________________
11a. 3 1 0 0 0 x 1000
11b. 800 0 x 10
______________________________________________________________________________
12a. 4 7 0 x 10
12b. 41 0 : 10

Per fare un confronto devo:


- trasformare le due grandezze in modo che abbiano la stessa unità di misura (o
trasformo hm in m o m in hm)
- l’unità di misura indica sempre l’unità (es.metto il 2 sotto dam e la decina sotto
hm e metto lo 0 sotto m, il 2 sotto dam e 1 sotto hm)
- moltiplico 10 per arrivare a m o divido per 10 per arrivare a dam.
- vedere quale è la misura più grande, più piccola o uguale.

Per fare le equivalenze devo seguire lo stesso procedimento.


- misura più grande ⇒ una misura più piccola devo spostarmi a DESTRA e il numero
aumenta sempre
- misura più piccola ⇒ una misura più grande devo spostarmi a SINISTRA e il numero
diventa più piccolo

es. Esercizi in classe: Superficie


a. Inserisci il simbolo maggiore (>), minore (<) o di uguale (=).

32
a. 1,1 dm2 < 1.100 mm2 33b. 0,001 dm2 = 0,1 cm2

32a. 1 , 1
1 1 0 0
33b. 0 , 0 0 1
0 , 1

Le Misure di Tempo:
La fisica nasce con Galileo nel 1600 che si occupa di studiare i movimenti, la cinematica è la
branca della meccanica con cui ha lavorato Galileo.
Quindi la branca della fisica che studia il moto e l’equilibrio rispetto al moto è la meccanica,
la meccanica si divide in: cinematica, dinamica e statica.
-

- La cinematica si occupa di descrivere i moti senza indagarne le cause (nello spazio


e nel tempo),
- La statica invece studia le condizioni di equilibrio dei corpi.
- La dinamica studia le cause del moto.

Spazio e tempo sono importanti perché il movimento e i moti sono fenomeni che avvengono
nello spazio e nel tempo. Ciò che distingue la cinematica dalla geometria è il tempo, mentre
la geometria studia le figure, lo spazio e come si scompongono e si ricompongono. Il
movimento presuppone non solo una variazione nello spazio ma implica che avvenga anche
in un certo intervallo di tempo.

Il tempo, a differenza dello spazio, non è qualcosa che noi possiamo percepire direttamente,
non lo vediamo, non lo tocchiamo, è qualcosa di estremamente astratto. Noi misuriamo il
tempo sulla base degli effetti del suo trascorrere.

es. (il mio vicino è un bambino piccolo parto e quando torno lo vedo alto, cresciuto.)

Non ho una percezione diretta del tempo, quello che posso fare è stare attenti a quegli
elementi che sono indicatori del suo trascorrere, quindi osservo i cambiamenti nelle persone.
Se consideriamo lo studio della natura possiamo parlare di fenomeni che ciclicamente si
presentano: giorno e notte, il sole sorge e tramonta poi risorge il mattino dopo, quindi il
passare del tempo si scandisce con il passaggio del giorno alla notte. Questo è un
fenomeno periodico ovvero che si ripete ciclicamente in modo uguale. Stessa cosa succede
con le stagioni, mi accorgo che passa il tempo perché passiamo dall’inverno, alla primavera,
all’estate, all’autunno, anche questi sono fenomeni periodici che si ripetono sempre identici.

Per misurare il tempo possiamo fare riferimento a dei fenomeni periodici.


L’alternanza del giorno e della notte dipende dalla rotazione della terra attorno al proprio
asse, un giro completo è di 24 ore. L’alternanza delle stagioni dipende dal moto di
rivoluzione della terra intorno al sole, ci impiega 365, 25 giorni (ogni 4 anni abbiamo l’hanno
bisestile, quei 25 giorni ogni 4 anni danno un giorno in più).

-La fisica inizia con lo studio della misurazione dello spazio e del tempo perché i movimenti
per essere descritti necessitano di entrambe queste grandezze. Prima di individuare, riuscire
a costruire uno strumento estremamente preciso ma che ci consenta di misurare il tempo,
bisogna individuare le unità di misura del tempo. Quelle più immediate sono il giorno e
l’anno, a partire da questi sono stati costruite altre unità di tempo: la settimana e il mese.
Il giorno, la settimana, l’anno e il mese sono le unità di tempo che usiamo per gestire la
nostra quotidianità. La settimana è composta da 7 giorni e il mese da 30 giorni mediamente.
Il mese corrisponde alla rivoluzione della luna attorno alla Terra, luna è un satellite che
orbita intorno alla terra e ci impiega circa 29 giorni. La settimana è il tempo che scandisce le
fasi lunari.

-Le unità di tempo che usiamo quotidianamente derivano da fenomeni periodici di tipo
naturale.

Per misurare un intervallo di tempo si conta quante volte la durata di un fenomeno periodico
si ripete tra l’inizio e la fine dell’intervallo di tempo che voglio misurare. Es. Quanto dista
quella città? 6 giorni di cammino.

L’unità di misura dell’intervallo di tempo è il secondo (s). È l’unità di misura in cui le altre
vengono espresse. Il sistema non è decimale ma è sessagesimale.
-> Che parte è la settimana in un anno? (Sarà una frazione) =

es. 4500 s in min = (base sessagesimale)

es.

Misura di spazio

Il VOLUME è una grandezza derivata dal metro, perciò non è presente nel Sistema
Internazionale.
Il volume è un’altra variabile non indipendente di un oggetto, cioè è una parte integrata del
sistema dell’oggetto, insieme ad altre variabili (forma, colore, etc).

Il volume è la parte di spazio occupata dall’oggetto.

L’unità di misura del volume è il METRO CUBO che è il volume di


un cubo il cui lato è lungo 1 m.

es. Il volume di una stanza, da far comprendere ai bambini è più impegnativo perché
dovremmo mettere i cubi uno sopra all’altro per riempire tutto lo spazio, quindi si può
prendere un cubo più piccolo per farlo vedere in concreto.

- Multipli
1 km3 = (1000 m)3
1 hm3 = (100 m)3
1 dam3 = (10 m)3
- sottomultipli del metro cubo..
1 dm3 = (1/10 m)3
- 1 cm3 = (1/100 m)3
- 1 mm3 = (1/1000 m)3

Equivalenze di
volumi

Per fare un'equivalenza tra due unità di aree consecutive bisogna moltiplicare o
dividere per 1000, nelle tre dimensioni.

Per esprimere il volume di liquidi e gas si usa spesso l’unità di misura della capacità , che
non fa parte del SI, cioè il LITRO (L).

- Multipli
1 hl = (100 l)
1 dal = (10 l)
- sottomultipli del metro cubo..
1 dl = (1/10 l)
- 1 cl = (1/100 l)
- 1 ml = (1/1000 l)
La convenzione è:

I più usati sono:

La MASSA invece è presente nel Sistema Internazionale ed è definita come la quantità di


materia di cui è costituito un corpo.

es. la massa non varia se sono sulla Terra o sulla Luna.

es. Il peso invece può variare se sono sulla Terra (9,81) o sulla Luna (1,6 circa), perché
varia l’accelerazione di gravità.

Si misura con la bilancia a bracci uguali. Questo strumento è costituito da un’asta rigida
che può oscillare intorno al suo punto di mezzo (fulcro). Ai due estremi dell’asta sono
agganciati due piatti su cui vengono messi gli oggetti da pesare. Può essere usata per
comparare oggetti per vedere qual è quello più pesante ma la comparazione non dà un
valore molto preciso della massa oppure si mette un oggetto su un piatto e sull’altro si
mettono tanti campioni quanti ne servono per riequilibrare la bilancia e serve per misurare la
massa di un corpo.

es. la bilancia su cui noi ci pesiamo, in realtà è un dinamometro, è uno strumento che misura
la forza peso attraverso una molla interna. Quando saliamo la molla si comprime e si
trasforma dividendo automaticamente la forza in N x 9.81 (acc. di gravità) e ci dà la quantità
in kg.

Nel SI è stata scelta come unità di misura della massa il KILOGRAMMO (Kg), ed è definito
come la massa di un cilindri di platino-iridio che si trova a Sèvres e ha l’altezza e il diametro
di 3,900 cm.

- Multipli
1 t = (1000 kg) - unico multiplo del kg.

La tonnellata (q) non fa più parte del SI.

- sottomultipli del Chilogrammo


1 hg = 0,1 kg
- 1 dag = 0,01 kg
- 1 gr = 0,001 kg
- sottomultipli del grammo
- 1 dg = 0,1 g
- 1 cg = 0,01 g
- 1 mg = 0,001 g

es. la
bilancia di un chimico misura masse dell’ordine del mg (5 mg).

es. la bilancia da cucina misura masse dell’ordine del Kg (5 kg).

Differiscono in sensibilità (valore min.) e portata (valore max.).

La
densità
E’ una grandezza derivata e può essere calcolata da due altre grandezze: è uguale al
rapporto tra la sua massa e il suo volume V. Intuitivamente è la quantità di materia per
unità di spazio.

Come si legge la

formula?
- Se tengo il volume costante e la massa aumenta, la densità è maggiore, (con la
grandezza a numeratore)
- Se tengo la massa costante e aumenta il volume, la densità è minore.

(es. palla di acciaio e una di legno, quella di acciaio ha densità maggiore perchè in
meno spazio c’è più materia, mentre in quella di legno la materia è più distribuita.)

La densità ci dà informazioni sul tipo di materiale.

- Se tengo il volume costante e aumenta la massa, allora aumenta la densità


(cambia il materiale perchè cambia la densità - vedi tabella con peso specifico di ogni
materiale.) Massa direttamente proporzionale alla densità, cresce la massa, cresce
la densità a parità di volume.

- Se la densità rimane costante e aumenta la massa, allora aumenta il volume (oggetti


diversi dello stesso materiale es. dado di piombo e sfera di piombo, stesso materiale,
stessa densità). Aumento della massa proporzionale all’aumento di volume.

- Se tengo la massa costante e diminuisco il volume, allora aumenta la densità


(cambio materiale da una densità minore a un materiale con densità maggiore)
- Se tengo la massa costante e aumento il volume, allora diminuisce la densità
(cambio materiale da una densità maggiore a un materiale con densità minore)

Abbiamo lo stesso volume ma la densità è diversa perché la massa è diversa,


cioè c’è meno quantità di materia per unità di volume.

Nella tabella vediamo la densità di alcune


sostanze espresse nell’unità di misura del SI.

es. L’aria è meno densa - ad alta quota in


montagna è più rarefatta.

es. L’acqua è influenzata anche dalla


temperatura (raggiunge l’ebollizione a 100°C e
si congela a 0°C e quindi cambia la densità).
Viene presa come riferimento per la densità.

Quando abbiamo oggetti che sono composti da più materiali si calcola in questo modo la
densità:

- peso (massa)
- volume (o lo si scompone in solidi geometrici che approssimano la sua forma o lo si
immerge in un liquido perché occupa il suo posto e il livello del liquido si alza ed è il
suo volume). Si calcola la differenza e si fa la
conversione in unità di volume
- si fa poi il rapporto tra peso e volume per trovare la
densità, sarà un valore compreso tra la densità di
un materiale e l’altro. (es. coltello in legno e ferro).
1. si fa la conversione di Litri in decimetri cubo
2. la massa va già bene in kg
3. basta applicare la formula della densità.

Procedimento:

1. da g al kg si divide per 1.000


2. da cm/cubo al m/cubo si divide per 1.000.000 - si procede quindi in parallelo
3. si semplifica la divisione
4. si moltiplica per il numero che si vuole ottenere

Esercizi in classe

7. 2500 Kg/m3=……2,5……g/ cm3.


8. 2500 Kg/m3=………………………… Kg/dm3…………………………

1. In un recipiente di volume 1,9 L sono stati versati 870 g di alcool (d = 0,79 kg/dm 3).
In un secondo recipiente ci sono 500 ml di olio (d = 0,92). Olio e alcool non si mescolano
se posti nello stesso recipiente. È possibile travasare tutto l’olio nel primo recipiente? Si.

- trovare il volume dell’olio


d=m/v -> v= m/d

1. 1,9l = 1,9dm3 (volume alcool)


2. 870 g = 0,87 kg (peso alcool)
3. v= m/d -> 0,87 kg / 0,79 kg/dm3 = 1,1 dm3 (formula inversa dell’olio per
trovare il suo volume)
4. 500ml = 500cm3 = 0,5 dm3 = 0,5l (peso olio)
5. 1,1l + 0,5l = 1,6l (somma dei due volumi)

LA FORZA

Il peso è una grandezza vettoriale, a differenza della massa, ma è un tipo di forza, in


particolare la forza - peso è quella che esercitiamo con interazione con la Terra verso il suo
centro e che viceversa anche noi attiriamo verso di noi. (Il 2° movimento è impercettibile per
questione di massa).

Il concetto scientifico di forza si è evoluto nel tempo poi è emerso nel Seicento, nell’ambito
dello studio della gravità, cioè del fenomeno secondo cui i corpi liberi di muoversi cadono
verso il basso.
l
La forza nel corso del tempo, ha avuto tante misconcezioni ingenue che sono difficili da
estirpare - fin da subito è stata vista come una proprietà degli individui o di alcuni corpi che
vengono impressi da un lancio o trascinamento.
Galileo, prima di Newton, fece degli errori perché non aveva a disposizione tutti gli strumenti
matematici per fare una fisica sperimentale di tipo quantitativo, perciò all’epoca fece ricorso
a casi idealizzati per situazioni matematizzabili per lui. (Geometria euclidea e teorema delle
proporzioni).
Per Newton ciò che studiava Galileo gli ricordava le essenze di tipo aristotelico e diceva che
la fisica deve descrivere come avvengono i fenomeni, dei quali se ne occupa la cinematica
(branca della meccanica che descrive i fenomeni in movimento senza indagarne le cause e
le grandezze sono la velocità, l’accelerazione, spazio e tempo - geometria del moto).
Le forze furono introdotte nella fisica da Isaac Newton (1642-1727). Egli dimostrò che la
forza in azione sui corpi che cadono è la forza gravitazionale esercitata dalla Terra, lo
stesso tipo di forza con cui la Terra lega a sé la Luna. La sua opera è molto rivoluzionaria,
rispetto alla concezione tolemaica - aristotelica.
Newton un’ impostazione più scientifica e matematica: gli studi giovanili lo portarono a
formulare la teoria del calcolo e la teoria delle derivate e integrali, e il calcolo infinitesimale
nella disputa contro Leibniz. In fisica, formula la legge di gravitazione e la legge di
gravitazione universale. Con questi strumenti ha poi potuto accedere a una descrizione
quantitativa più precisa. Principia le tre leggi della dinamica e presenta alcuni casi di moti in
presenza di attrito.
La forza è una grandezza che appartiene alla dinamica e Newton non vuole solo descrivere
i fenomeni e la legge secondo la quale essi agiscono ma vuole anche indagare che cosa fa
muovere e perché i fenomeni si muovono. I corpi si muovono perché esiste la forza. Nasce
con lo studio della forza di gravità.
Comincia a farsi delle domande riguardo al grave che cade verso il basso e che tipo di forza
provoca la caduta dei gravi e formula la teoria della gravitazione.
La difficoltà sta nel fatto che allora si stavano scrivendo le formule che abbiamo ora.
Newton studia Cartesio da autodidatta, senza studiare Euclide perché non era previsto nel
programma universitario. Grazie a lui riesce a formulare algebricamente i concetti che
scopre e scrive fenomeni attraverso la rappresentazione algebrica che ancora oggi
troviamo.

Misconcezioni sulla forza (Champagne et al. 1980 - didattica delle scienze diventa
oggetto di studio perché non davano risultati sufficienti)

Le preconcezioni sono le concezioni che hanno i bambini prima dell’ingresso a scuola e


prima dell’istruzione formale.

Le misconcezioni sono delle concezioni ritenute errate e divergono da quello che è la


versione oggi accreditata dalla comunità scientifica. Esse si formano quando i nuovi
apprendimenti non sono sufficientemente significativi però vanno a influenzare anche le
concezioni preesistenti.

Sono idee ragionevoli che però si sviluppano in un contesto particolare che alcune
specifiche possono essere corrette ma non vanno generalizzate, non valgono in assoluto.

L’errore sta nella generalizzazione dei casi. Quindi non si devono confondere le
spiegazioni con le descrizioni.

- es. mela - foglia: la mela cade più velocemente della foglia quindi l’oggetto è più
pesante (descrizione).
- es. mela - foglia: la mela cade più velocemente della foglia perchè è l’oggetto più
pesante. (Spiegazione della causa). Non vale nel caso in cui non ci fosse l’aria e
quindi venisse tolto l’elemento resistente, gli oggetti cadrebbero, anche se con
masse differenti, alla stessa velocità.
1. Una forza quando è applicata a un oggetto, produce movimento

Non ci può essere movimento senza una forza che lo produce. E’ falsa perché va
contro il primo principio della dinamica: un corpo mantiene il suo stato di quiete o di
moto rettilineo uniforme se non è sottoposto ad alcuna forza o se la sommatoria delle
forze a cui è sottoposto è uguale a 0.

il principio di inerzia ci dice che c’è un’equivalenza tra i corpi che stanno fermi e i
corpi in moto rettilineo uniforme, perché su di essi non agisce nessuna forza (cosa
che non è possibile perchè c’è la forza di gravità) e poi la sommatoria di tutte le forze
è nulla.

Il movimento prima era sempre stato considerato come una proprietà del corpo, con
la fisica moderna il movimento, al pari della quiete, sono uno stato equivalente.

L’intuizione però ha senso nel nostro mondo perchè se un oggetto è fermo sopra ad
una superficie come un tavolo o il pavimento ci sono delle forze che agiscono (forza
di gravità che lo porta verso il centro della terra che si oppone alla reazione vincolare
e quindi la sommatoria tra esse si annulla - forze di uguale intensità ma opposte che
annullandosi mantengono l’oggetto fermo). La reazione vincolare non ha un valore
preciso e non è illimitato ma dipende dal materiale con cui è composto. E’ identica
alla forza - peso.

Se si applica una forza all’oggetto il corpo si muove e poi rallenta fino a fermarsi e se
si toglie la spinta il corpo si ferma, quindi da quello che noi vediamo, l’affermazione
sembra essere giusta ma in realtà ciò che fa fermare il corpo è la forza di attrito.

Quando si applica una forza che fa muovere il corpo, se non ci fossero attriti né
ostacoli (situazione ideale), basterebbe una minima spinta (e non c’è più interazione
e contatto tra la spinta e l’oggetto - ciò significa che non c’è più la forza che agisce
sull’oggetto) e l’oggetto potrebbe continuare a muoversi indefinitamente. E’
controintuitivo perché non sperimentiamo mai questa situazione nel quotidiano ma
solo nel lab dove vengono applicate condizioni artificiali per testare queste leggi e
conoscenze.

2. Sotto l’influsso di una forza costante, gli oggetti si muovono di velocità costante.

Se si spinge un oggetto e la forza che si esercita vince la forza di attrito statico


(attrito tra oggetto e superficie a terra) l’oggetto si muove a velocità costante, in caso
contrario se la forza di attrito è maggiore si fa più fatica a spostarlo. Se non si applica
più la forza che spinge l’oggetto, l’oggetto si ferma. E’ una constatazione di quello
che osserviamo nella realtà ma l’errore sta però nell’implicazione successiva:

3. La grandezza della velocità è proporzionale alla grandezza della forza.

Quindi la forza causa la velocità dell'oggetto che si sta muovendo. Non è così perché
il moto rettilineo uniforme non ha bisogno di forza perché continuerebbe a muoversi
all’infinito senza attrito.

Questo è per dire che non è la forza che è collegata direttamente alla velocità
ma è collegata a una variazione di velocità. (Vel. iniziale dell’oggetto è 0, dopo la
spinta subisce una variazione di velocità che è l’accelerazione, se è in positivo,
decelerazione, se è in negativo - bloccare un oggetto, significa fermare l’oggetto in
movimento.)

Ogni forza produce un’accelerazione in positivo o in negativo. Il corpo, accelerando


acquista velocità. (Secondo principio della dinamica).

L’analogia di tipo epistemica è che tra la quiete e il moto rettilineo uniforme


l’accelerazione è uguale a 0. Percettivamente sono due cose distinte, ma per la fisica
sono identiche, cambia il criterio di classificazione. (Cambio di paradigma).
4. In assenza delle forze gli oggetti stanno fermi o, se sono in movimento (per aver
immagazzinato movimento quando le forze agivano su di essi) essi rallentano e
consumano il movimento immagazzinato.

Con il principio d’inerzia sappiamo che non è cos’ perché in assenza di forze,
l’oggetto può continuare a muoversi di moto rettilineo uniforme. (es. Big Bang,
esplosione da cui gas e masse si sono spostati a una velocità rilevante, il pulviscolo
si è condensato e ha dato origine ai pianeti che ruotano con la forza di gravitazione,
perché dove c’è materia, è presente questa attrazione gravitazionale. Se si
annullasse la forza di gravitazione, le masse continuerebbero a muoversi di moto
rettilineo uniforme.)

Newton ha prima formulato la legge di gravitazione per la caduta dei corpi sulla
Terra, poi osservando la teoria eliocentrica che ormai era quella più accreditata, si
chiese cosa muovesse l’Universo e perché i pianeti si muovono ma stanno nelle loro
orbite e ipotizza che ciò che accade con la mela che cade sul suolo è ciò che accade
alla Luna che in realtà cade sulla Terra (e quindi è sferica) ma non raggiunge mai il
suolo perché si trasforma in un’orbita, così succede a tutti i satelliti.

es.Poiché la Terra è sferica, se viene lanciato un oggetto, a seconda della spinta che
viene impressa, cade più vicino o lontano (fa una parabola più ampie); se la Terra
fosse piatta, a prescindere dalla gittata con cui viene lanciato un oggetto cadrebbe al
suolo.

Newton quindi dopo formula la legge di gravitazione universale, cioè interessa tutti i
corpi dell’Universo.

Quindi le misconcezioni si muovono tutte a partire dal legame tra forza e velocità: il
corpo si muove perché c’è una forza che lo fa muovere:

- Aristotele diceva che i corpi si muovono spontaneamente e ritornano ai loro


luoghi naturali, per cui ciò che è leggero va verso l’alto e ciò che è pesante va
verso il basso ma c’era il problema dei moti violenti.
- Nel Medioevo la teoria più accreditata era la teoria dell’impetus: quando si
lancia un oggetto, si imprime forza sull’oggetto e l’oggetto trattiene la forza,
quando la forza si esaurisce, l’oggetto cade.

In realtà, quando si lancia un oggetto e non è più a contatto con la spinta,


sull’oggetto agiscono ancora la forza gravitazionale e l’attrito dell’aria. Nel
lancio ad esempio con la mano, agiscono la forza gravitazionale e la reazione
vincolare del braccio. Quando si lancia l’oggetto c’è anche la forza di contatto
(spinta) tra la mano e l’oggetto con un’accelerazione, ad una certa velocità e
direzione. Quando la forza di contatto non c’è, il corpo si muove senza
nessuna forza che lo fa muovere.
Se si ha un oggetto in mano e la si apre, l’oggetto cade. Se si imprime una
spinta e si apre la mano l’oggetto non cade in verticale ma compie una
parabola muovendosi.
se non ci fosse l’attrito dell’aria, l’oggetto cadrebbe comunque perché c’è la
forza gravitazionale ma non ostacolerebbe in maniera opposta all'oggetto.

Se l'oggetto viene lanciato dal basso verso l’alto, e la mano lascia l’oggetto,
su di esso agiscono la forza di attrito e forza gravitazionale (che inizialmente
la contrasta perché va in senso opposto), man mano che sale decelera. Il
punto in cui ha vel. max è all’inizio. E’ il caso opposto e speculare alla caduta
dei gravi perché la vel. max è all’impatto sul suolo.
La forza non è una proprietà degli oggetti ma è una grandezza fisica che descrive
l’interazione tra due corpi.

es. interazione mano-oggetto in un lancio dove si imprime una spinta e viceversa anche
interazione oggetto-mano dove l’oggetto imprime una forza sulla mano.
Per descrivere una forza dobbiamo fornire tre informazioni:
- la sua direzione, cioè la retta lungo cui la forza agisce;
- il verso in cui è orientata, (lungo una direzione ci sono due versi visibili)
- la sua intensità o modulo, misurato con uno strumento chiamato dinamometro.

I vettori vengono rappresentati con delle frecce:


- lunghezza: proporzionale all’intensità;
- retta: sono posizionate lungo una certa direzione;
- punta: direzione in un verso

La forza viene misurata con il dinamometro.


E’ costituito da una molla interna, racchiusa, in un cilindro, sul quale è tracciata una
scala graduata e due ganci, il primo serve per attaccarlo a un supporto fisico e l’altro che
serve per appendere gli oggetti da misurare.
Il dinamometro è uno strumento di misura utilizzato in meccanica per determinare l’entità di
una forza ad esso applicata.
Il meccanismo di misurazione si basa sulla Legge di Hooke:per il quale un corpo elastico
subisce una deformazione direttamente proporzionale alla forza al materiale
applicato.
Gli apparecchi più comuni sono costituiti da una molla (che si comporta come un corpo
elastico) e da una scala graduata parallela al vettore forza da misurare e quindi alla
direzione della deformazione della molla.
Come ogni dispositivo fisico di misura, ad ogni dinamometro viene associata una specifica
portata (val max. 5 N) e sensibilità di 0,1 N.
Per misurare l’intensità della forza dobbiamo scegliere un’unità di misura. Nel S.I. l’unità di
misura è il newton (Simbolo N).

Per
farci un’idea di quanto è grande questa unità di misura basta un semplice esempio:
esercitiamo una forza di circa 1 N quando teniamo in mano un ettogrammo di burro.
Il peso è trascinato verso il basso perchè è attratto dalla forza di gravità verso il centro della
Terra e la molla si allunga. Se non ci fosse la forza di gravità il peso non sarebbe trascinato
verso il basso.

1 N = 102 g =

F= m x a (costante di gravitazione terrestre = 9 , 81 m/s 2)

La taratura del dinamometro


Tarare il dinamometro significa costruire una scala graduata, sulla quale leggere i valori
delle forze.
- segniamo 0 N, nella posizione in cui si trova l'estremità della molla scarica
- Dopo aver caricato alla molla una massa di 102 g, segniamo 1 N nella nuova
posizione;
- Applichiamo due masse da 102 g e segniamo 2 N, poi proseguiamo in questo modo.
Abbiamo così ottenuto una scala graduata che ci permette di misurare le forze.
La misura 102 g non è casuale ma è data dall’accelerazione di gravità della Terra che è pari
a 9.81 m/s al secondo.
I vettori
La forza è una grandezza fisica che può essere descritta tramite l’uso dei vettori.
Una grandezza scalare è specificata da un singolo numero, che la misura in una data scala,
cioè ne esprime il valore rispetto a un’unità di misura appropriata. (es. massa, energia,
potenza, temperatura.)
L’informazione sta nel valore di un modulo e l’unità di misura e/o incertezza.

Una grandezza vettoriale è caratterizzata da tre aspetti e vanno specificati tutti:


- un numero non negativo, detto modulo, che indica il suo valore rispetto all’unità di
misura, cioè l’intensità, lunghezza della freccia in scala;
- una direzione, retta
- un verso, cioè l’orientamento (tra due versi possibili che vi sono lungo una direzione
data).
- un punto di applicazione, cioè il punto in cui applico la forza nella punta della
freccia. (es. spostamento su un sistema di ordinate, velocità, accelerazione, la forza
e quantità di moto).

Concetto di vettore
Un vettore è un ente astratto costituito da un
numero reale non negativo, detto modulo, da una
direzione, da un verso e da un punto di
applicazione(vettore applicato) ed è costruito
graficamente da una freccia.

L’addizione dei vettori.


I vettori si addizionano in modo diverso rispetto ai
numeri.
La somma di due vettori non dipende solo dal loro modulo, ma anche dalla direzione e dal
verso per capire la forza risultante.

1) Metodo del Punto - coda


Si deve traslare o spostare parallelamente il punta del primo vettore per farlo coincidere con
la punta del secondo vettore. Così si identifica la risultante della somma dei vettori.
- calcolo grafico in scala dell’intensità - misurazione con il righello della risultante
- calcolo trigonometrico - formule degli angoli

2) Metodo del Parallelogramma

Si deve traslare parallelamente la punta del primo vettore per farlo coincidere con la coda
del secondo vettore e si traccia la diagonale. Così si identifica la risultante della somma dei
vettori nel parallelogramma.
- si trasladano ancora una
volta i vettori con il metodo
punta-coda
- si calcola con il Teorema di
Pitagora

Forze che agiscono su un corpo


insieme su uno stesso corpo.

Normalmente su un corpo agiscono


più forze. Tali forze sono dette
componenti.
Il risultato della loro azione sul corpo è detto risultante e produce l’effetto delle forze
componenti messe insieme.

es. macchina viaggia a velocità costante:


- in verticale le forze si annullano
- in orizzontale si annullano la forza d’attrito dell’aria (attrito viscoso) e forza di attrito
delle ruote a contatto con l’asfalto (attrito volvente) ma anche la spinta del motore.

Forze concordi
Forza con uguale direzione e uguale verso.
Due forze, F 1 → e F 2 →si dicono concordi quando hanno
- stesso punto di applicazione,
- stessa direzione,
- stesso verso
La risultante R→ è una forza avente punto di applicazione, direzione e verso delle forze componenti e
intensità uguale alla somma delle loro intensità.

SOMMA VETTORIALE: STESSA DIREZIONE E STESSO VERSO

Somma delle due forze che partono dallo


stesso punto di applicazione.

La somma massimizza la forza


perché un vettore tira e l’altro
spinge nello stesso verso.

Forze discordi
Forze con uguale direzione e verso opposto
Due forze, F 1 → e F 2 → si dicono discordi quando hanno:
- uguale punto di applicazione,
- uguale direzione,
- verso opposto
La risultante R→ è una forza che ha lo stesso punto di applicazione, la stessa
direzione delle forze componenti, lo stesso verso della forza di intensità maggiore e
intensità uguale alla differenza fra le intensità delle forze componenti.

SOMMA VETTORIALE: STESSA DIREZIONE E VERSO OPPOSTO

Differenze tra le due forze e la forza maggiore


attira a sè l’altra.
Differenza tra le due forze. La forza maggiore attira a sé l’altra.

Forze opposte
Due forze, F1→ e F2→, si dicono opposte e sono in equilibrio
quando hanno:
- uguale intensità,
- stessa direzione,
- verso opposto.
Esse si annullano a vicenda e la loro risultante R→ sarà uguale a zero:

SOMMA VETTORIALE: STESSA DIREZIONE E VERSO OPPOSTO

Le forze si
annullano perché
sono in equilibrio,
non c’è
movimento,
quindi acc. = 0

FORZE CON UGUALE PUNTO DI APPLICAZIONE E DIREZIONI DIVERSE


- Per trovare la risultante di due forze che abbiano uguale punto di applicazione e
direzione diversa, si ricorre alla regola del parallelogrammo
- F1 e F2 rappresentano le forze componenti con direzione diversa
- Per avere la forza risultante devi tracciare dalla punta di ogni vettore la parallela
all’altro vettore in tal modo otterrai un parallelogrammo.
La risultante R→ delle due forze è la diagonale ottenuta congiungendo il punto di applicazione delle
componenti con il vertice opposto del parallelogrammo.

Quindi se due forze F1 e F2 hanno stesso punto di applicazione e agiscono in direzioni


diverse, la loro risultante R→ è data, in direzione verso e intensità dalla diagonale del
parallelogrammo costruito sui vettori che rappresentano le forze componenti.
Nel caso «particolare» in cui le due forza abbiano direzione perpendicolare per trovate
l’intensità della forza risultante (rappresentata dalla diagonale del parallelogramma) si può
applicare il teorema di Pitagora Se due lati sono tra loro perpendicolari il parallelogramma è
infatti un rettangolo (misure lati diverse) oppure un quadrato (misure lati uguali, come in
figura).

Le forze agiscono in maniera perpendicolare e l’angolo formato è


un angolo retto.
Si forma un rettangolo che è un caso particolare di
parallelogramma e si può applicare il Teorema di Pitagora*.

*(La somma dei quadrati costruiti sui cateti è equivalente al


quadrato costruito sull’ipotenusa).

Esercizio in classe:

SOMMA VETTORIALE: DIREZIONE PERPENDICOLARE

Rappresentazione in scala e quindi si


può misurare con il righello.
a) 12+16 = 28 N
b) 16-12 = 4 N
c) √ ❑= √ ❑ = 20 N
I principi della dinamica (o Leggi di Newton)

Primo principio della dinamica o Principio d’inerzia


Nella sua opera fondamentale “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, Newton pose
le basi della meccanica ed enunciò le proposizioni che egli definì ‘’assiomi o leggi del moto",
oggi chiamate Leggi di Newton o Principi della dinamica:
- Il primo principio della dinamica o principio d’inerzia;
- Il secondo principio o legge fondamentale della dinamica;
- Il terzo principio o principio di azione e reazione.

Il primo principio della dinamica (principio d’inerzia) è stato introdotto formalmente nel
1687 da Isaac Newton nella sua opera fondamentale “Philosophiae Naturalis Principia
Mathematica” e definisce il sistema di riferimento inerziale, cioè un sistema in quiete o in
moto con velocità costante.

Tale principio afferma che:


‘’Se su un corpo non agiscono forze o se la somma delle forze agenti è 0 N, il corpo
permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme.’’

Pertanto, in un sistema di riferimento inerziale un corpo non sottoposto ad alcuna azione


persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. La tendenza di ogni corpo a
mantenere lo stato quiete o di moto, si definisce inerzia.

es. Possiamo considerare la Terra come sistema di riferimento inerziale (anche se ha un


moto rotatorio su sé stessa, e quindi di fatto non la rende tale, comunque il moto è talmente
impercettibile che la si considera ferma - approssimazione).

Visione primo video: https://www.youtube.com/watch?v=boOkuP 63 RiE?


Per mantenere un oggetto in movimento è necessario applicargli una forza. Un’auto, come
qualsiasi altro veicolo, si muove a velocità costante, soltanto se c’è un motore che la spinge.
Se il motore si spegne dopo un po’ l'auto si ferma.
La velocità sembra essere determinata dalle forze che a essi sono applicate, in realtà non è
vero, perché gli oggetti quando si muovono, incontrano la resistenza delle forze di attrito.
L’auto non si ferma perché smettiamo di applicarle una forza; ma al contrario si ferma
proprio per effetto di una forza: l’attrito.
Se eliminiamo l’attrito scopriremo che gli oggetti in realtà hanno la tendenza a muoversi a
velocità costante in intensità, direzione e verso.
Se sono fermi tendono a restare fermi, se si muovono in una certa direzione a una certa
velocità tendono a continuare a farlo. Questa tendenza naturale dei corpi si chiama inerzia.
Gli attriti da contatto sono difficili da eliminare, si possono solo ridurre (ghiaccio secco e
superficie liscia).
Il primo a intuire questa proprietà è stato Galileo sulla base dei suoi esperimenti con il piano
inclinato e ragionava così:‘’La velocità di un corpo che scende lungo un piano inclinato va
aumentando; la velocità dopo che sale lungo un piano inclinato progressivamente
diminuisce’’. Se il piano non fosse inclinato, cioè se fosse orizzontale la velocità del corpo
non aumenterebbe ne diminuirebbe, l’oggetto continuerebbe a muoversi sempre alla stessa
velocità.
Afferma dunque:
La somma delle forze di attrito e la spinta del motore è = 0. Le forze verticali si compensano.
Mentre le forze che agiscono in orizzontale sono l’attrito radente e l’attrito volvente (ruota).
La velocità è costante e accelerazione è 0.

I diversi tipi di attrito:


- attrito radente: è presente quando strisci una superficie su un'altra;
- attrito volvente: è presente quando una superficie rotola su un'altra; (corpo a forma
sferica - attrito minore);
- attrito viscoso: è presente quando un corpo si muove in un fluido. (caduta dei gravi).

Se l’auto incontra un ostacolo, rallenta


bruscamente ma i passeggeri per inerzia
continuano a muoversi alla stessa velocità,
contro il parabrezza. La cintura di sicurezza ci
blocca.

Quando siamo in auto prendiamo come sistema di riferimento inerziale l’auto stessa, cioè ci
muoviamo con l’auto, ma dentro noi stiamo fermi. Viaggiamo esattamente alla velocità
dell’auto. Quando freniamo, aumentiamo enormemente l’attrito ma noi continuiamo il nostro
moto, se non abbiamo la cintura di sicurezza.

Visione secondo video: https://www.youtube.com/watch?v=4BW PeupzOf4?


Osserviamo un ciclista che si trova in cima a una collina, inizialmente fermo, dandosi una
spinta, il ciclista inizia a scendere senza pedalare, man mano che scende, aumenta la
propria velocità e quando raggiunge il piano continua a muoversi per un certo tratto senza
riprendere a pedalare, si dice che il ciclista continua a muoversi per inerzia. A un certo
punto, a causa della resistenza dell’aria e dell’attrito tra le ruote della bicicletta e l'asfalto, il
ciclista si ferma.

1) Forze in punto di partenza, nel momento in cui è fermo.


- nella componente verticale la forza peso P è esattamente bilanciata dalla
reazione vincolare R e le forze sono uguali a 0, non sprofonda ne sale in alto.

2) con la spinta scivola sul piano inclinato.


- La componente parallela del peso al piano inclinato si scompone perché non
è più bilanciata e il ciclista si muove aumentando gradatamente la propria
velocità ;
- la forza d’attrito parallela al piano inclinato ma diretta in verso opposto al
moto , non è sufficiente a controbilanciare questa forza

3) quando il ciclista ritorna in piano:


- nella componente verticale la forza peso viene nuovamente bilanciata dalla
reazione vincolare e sul ciclista non agiscono più forze che favoriscano il
moto, eppure il ciclista continua a muoversi per un certo tempo
- nella componente orizzontale le forze di attrito agiscono in senso contrario al
moto e fanno progressivamente diminuire la velocità del ciclista

Il moto rettilineo uniforme secondo Galileo

Galileo formulò per primo il principio d’inerzia, smontando la


teoria aristotelica per cui è necessario applicare a un corpo una
forza costante per mantenerlo in moto rettilineo uniforme. Egli
afferma che se si lascia andare un corpo (es. una sfera) lungo
un piano inclinato in discesa, questo aumenta di continuo la
propria velocità, accelera. Se invece la lancia lo stesso corpo
su un piano inclinato in salita, si vede che il corpo diminuisce la propria velocità fino a
fermarsi, decelera (è soggetto solo alla forza - peso), ma se il piano è orizzontale la sfera
non ha alcuna ragione per accelerare, né per rallentare quindi mantiene la stessa velocità
per inerzia, senza attrito.
Se l’inclinazione è maggiore, la sfera rallenta prima ma percorre un tratto minore.
Se l’inclinazione è minore, la sfera rallenta meno rapidamente percorrendo più strada.
Il piano poi viene sempre più inclinato fino a diventare orizzontale e continuerebbe a essere
in moto.
La velocità che si raggiunge alla fine non dipende dal tratto che percorre ma dall’inclinazione
del piano (l’altezza da cui cade il corpo.)
L’oggetto in caduta libera ci mette meno tempo a raggiungere il suolo, mentre l’oggetto
acquista velocità in più tempo; i tempi e gli spazi cambiano ma la velocità è la stessa perché
cadono dalla stessa altezza.
Galileo sostituisce la caduta dei gravi con il piano inclinato perché gli permette di rallentare
la caduta e misurarla e arriva così, a una conclusione opposta a quella suggerita dall’intuito
e difesa dagli aristotelici:
- una forza costante NON causa un moto a velocità costante;
- un corpo si muove di moto rettilineo uniforme (con velocità costante in modulo,
direzione e verso) quando la forza totale a esso applicata è nulla.
Contrariamente a ciò, Galileo conclude che: ogni corpo continua a muoversi di moto
rettilineo uniforme, a meno che una forza lo costringa a muoversi diversamente.
Dimostra che la forza è indipendente dalla velocità e che il moto era possibile
indipendentemente dalla forza.
Dall’evidenza dei fatti, prima di Galileo, se si applica una forza per spostare un oggetto, se
ne deduce che per mantenere la sua velocità costante necessiti sempre di una forza da
applicare costante. Questa generalizzazione è falsa perché non tiene conto dell’attrito.
(Dimostrazione con i bambini con superfici che hanno diverse conformazioni che conducono
a un diverso tipo di attrito e significa mostrare diverse esperienze di tipo pratico-percettivo in
fila senza mostrare casi ideali, i quali sono molto difficili da realizzare e da immaginare -
estrapolazione al caso limite).
Il primo principio della dinamica riassume gli studi di Galileo sul moto rettilineo uniforme.
Enunciamo il primo principio della dinamica o principio d’inerzia:
- Se la forza totale applicata a un punto materiale è uguale a zero, allora esso si
muove con velocità vettoriale costante o, se è fermo, resta fermo; La quiete è un
caso particolare di accelerazione pari a 0, cioè velocità costante.
- Se un punto materiale si muove con velocità vettoriale costante, allora la forza totale
a esso applicata è uguale a zero.
.

La tendenza dei corpi a mantenere invariata la propria velocità vettoriale è chiamata inerzia.

Secondo principio della dinamica

La legge fondamentale della dinamica o secondo principio della


dinamica:
Se su un corpo agisce una forza risultante non nulla, questa
provoca sul corpo una accelerazione che possiede direzione e
verso della forza ed è direttamente proporzionale alla forza.

Il secondo principio è una delle leggi fondamentali di tutta la fisica che chiarisce qual è
l’effetto che produce una forza applicata a un corpo, cioè produrre una variazione di
velocità e quindi un’accelerazione, non produce solo velocità.
E’ collegata al primo principio: a velocità costante, l’accelerazione è uguale a 0,
implicitamente diciamo che la forza è legata all’accelerazione. Quindi la velocità non è legata
direttamente alla forza, ma applicando una forza si è prodotta una variazione di velocità, in
senso positivo e in senso negativo. L’accelerazione è direttamente proporzionale alla forza a
parità di massa..
Forza e accelerazione sono dunque due grandezze direttamente proporzionali e il rapporto
costante è detto massa inerziale del corpo.
es. uno scatolone di 10 kg (massa), deve essere spinto fare a una forza direttamente
proporzionale alla massa e subisce un’accelerazione.
A parità di massa, maggiore è la forza, maggiore è l’accelerazione.
es.scatoloni di 10 kg e 15 kg, quindi la massa varia, e si imprime la stessa accelerazione, si
applica una forza maggiore alla massa più pesante.
A parità di accelerazione, maggiore è la forza applicata alla massa maggiore.

La costante di proporzionalità tra forza e accelerazione è la massa (detta appunto inerziale),


grandezza specifica di ciascun corpo (m = F/a)
La massa inerziale rappresenta dunque l’inerzia, cioè la resistenza che un corpo oppone al
cambiamento di stato.
es. armadio pieno di libri è difficile da spostare a causa della sua massa che oppone
resistenza per metterlo in moto. (da fermo al movimento richiede una forza proporzionale
alla massa).
Più la massa è rilevante, più forza viene applicata sia per produrre un’accelerazione positiva
sia per metterla in movimento da ferma.

Visione primo video: https://www.youtube.com/watch?v=Rqx LA7 cAxc?


L’esperienza mostra che l’accelerazione subita da un corpo, quando gli viene applicata una
forza, ha sempre la stessa direzione e verso della forza.

Se su un oggetto di massa m agiscono più forze, la legge fondamentale continua a valere a


patto che F rappresenti la somma vettoriale di tutte le forze agenti sul corpo.
Come caso particolare, il secondo principio contiene il principio d’inerzia, infatti secondo
questa legge,

- a una forza nulla deve corrispondere un’accelerazione nulla, dunque la velocità di un


corpo in assenza di forze resta costante;
- se l’accelerazione di un corpo è nulla, sappiamo che anche la forza cui il corpo è
sottoposto deve essere nulla.
Visione secondo video: https://www.youtube.com/watch?v=XmErY-qSs 8?
Nel primo principio della dinamica, abbiamo visto che per modificare lo stato di quiete o il
moto di un corpo dobbiamo applicare una forza.
- Se applichiamo a un corpo una forza costante di modulo F causeremo
un’accelerazione di modulo a.
- Se allo stesso corpo applichiamo una forza di modulo doppio, l’accelerazione
risultante sarà doppia.
Dunque, possiamo osservare che l'accelerazione di un corpo è direttamente
proporzionale alla forza applicata su di esso e la costante di proporzionalità che lega
l’acc. alla forza è la massa del corpo.
In ogni istante, l’accelerazione di un corpo dipende dalla forza netta agente su di
esso e alla stessa direzione e verso di tale forza.

Il modulo dell’accelerazione è direttamente proporzionale al modulo della forza e


inversamente proporzionale alla massa del corpo.

La massa viene definita anche massa inerziale perché a


parità di forza applicata, se la massa del corpo
raddoppia, la sua accelerazione si dimezza.
La massa quindi esprime la resistenza del corpo a
venire accelerato, ovvero la sua inerzia. In questo modo,
possiamo misurare la massa senza usare la bilancia.
Il secondo principio permette:
- sia di chiarire la confusione diffusa in merito alla relazione forza, velocità,
accelerazione.
- sia di definire la forza come una grandezza che descrive l'interazione tra due corpi.

Il terzo principio della dinamica


Vale in tutti i sistemi di riferimento inerziali ma anche quelli non inerziali.
Il terzo principio della dinamica afferma che:
Se un corpo A agisce esercitando una forza su un corpo B, il corpo B reagisce sul
corpo A con una forza che ha la stessa intensità (o modulo) e stessa direzione, ma
verso opposto.

Questo concetto si può riassumere così: ad ogni azione corrisponde una reazione,
uguale e contraria.
Per questo motivo il terzo principio della dinamica può essere chiamato anche "principio di
azione e reazione".
Questo principio è importante perché definisce la forza come una interazione tra oggetti e
sistemi. Non è una proprietà degli oggetti ma un’interazione che si sviluppa reciprocamente
tra due oggetti o sistemi.
Visione del video: https://www.youtube.com/watch?v=cDBhm0bqpg0?

La sfera viene attratta dalla calamita,


perché la calamita attrae il metallo.
Da questo esperimento sembrerebbe
chiaro che la forza agisce in un senso solo:
dalla calamita alla sfera, ma non è così.
Anche in questo caso sono le forze di
attrito che ci traggono in inganno.

In realtà, la forza di attrazione è reciproca,


la sfera attrae la calamita tanto quanto
la calamita attrae la sfera con una forza
di uguale intensità e a direzione
opposta ma la forza di attrito radente sulla
calamita è forte e le impedisce di muoversi
e la sfera invece si muove perché incontra
minore attrito (attrito volvente). (Agiscono su corpi
diversi e quindi per questo non vengono annullate -
Calamita su sfera e sfera su calamita.)

Riproponiamo la stessa condizione in


situazione artificiale (modello idealizzato),
cercando di eliminare o ridurre l’attrito con il ghiaccio secco collegato a un
dinamometro, infatti se non ci fosse osserviamo che tutti e due i dinamometri si
allungano e ciò dimostra che calamita e sfera di metallo esercitano l’una sull’altra
forza attrattiva di uguale intensità, stessa direzione ma verso opposto.
A causa delle forze di attrito vedo percettivamente che la sfera si muove verso la
calamita.
L’esperimento fatto ci permette di enunciare il terzo principio della dinamica:

Questa legge produce un effetto che a noi risulta essere impossibile, per es. se prendiamo
una pietra A e la Terra B, dovremmo concludere che non soltanto la Terra attrae la pietra ma
la pietra attrae la Terra, eppure sappiamo benissimo che è la pietra che cade verso la Terra
e non viceversa.
Il mistero si spiega se teniamo conto della
seconda legge della dinamica: F= ma, le
masse sono molto diverse:
- La Terra ha una massa enorme, fa
quindi enorme resistenza quando si
cerca di accelerarla. (massa inerziale).
- la pietra che ha massa molto più
piccola può essere accelerata molto
più facilmente
Quindi è vero che la pietra attrae la Terra con
una forza di intensità uguale alla forza peso
della pietra ma quella identica forza provoca
accelerazioni molto diverse sui due corpi:
- La pietra accelera molto verso la
Terra.
- La Terra praticamente non accelera affatto.
La Terra ci attrae a sé, come noi siamo attirati alla Terra (attrazione gravitazionale): le forze
sono di uguale intensità, uguale direzione ma il verso è opposto; se la forza risultante si
annullasse, vorrebbe dire che noi cadiamo nel vuoto.
A causa della massa, vedo percettivamente che è la pietra a cadere verso la Terra.
Effetti del Terzo Principio
Se si dà una spinta, si ottiene una reazione uguale e
contraria, in una condizione di annullamento
dell’attrito.
Se si lancia una palla, per il principio d’inerzia,
quando un corpo inizia a muoversi, se non ci sono
forze che intervengono su di esso, il corpo continua
a muoversi di moto rettilineo uniforme, a velocità
costante, su traiettoria rettilinea e la persona
reagisce muovendosi in verso opposto.
Se non ci fosse l’attrito non potremmo camminare né
muoverci, a causa dell'attrito radente tra il suolo e la
superficie della scarpa, non succederebbe perché è
impossibile imprimere la spinta reciproca.

Il piede poggia sul terreno.


1) In verticale verso il centro della Terra agisce la
forza - peso. In orizzontale agisce la spinta del piede e la risultante è la diagonale.
2) In verticale la forza - peso è controbilanciata dalla forza di sostegno, reazione
vincolare e in orizzontale la spinta del piede è controbilanciata dalla spinta del suolo
sul piede, reazione all’azione del piede sul suolo, la forza risultante è la diagonale
che individua la componente delle due rispettive forze.
Sulla Luna tendiamo a saltellare per camminare, siccome non c’è l’atmosfera ma c’è forza di
gravità inferiore rispetto alla Terra camminiamo, essendo abituati a imprimere una forza
maggiore, saltellando. (Azione meccanica del corpo.)

In un manuale di fisica e nei diagrammi a corpo libero si segnalano solamente le forze che
agiscono tutte su uno stesso corpo e possono essere sommate e annullate (es un oggetto
su un tavolo, le forze sono sommate e annullate perché agiscono sullo stesso oggetto),
mentre vengono segnalate le forze che agiscono solo per il terzo principio che agiscono su
corpi diversi..

Il blocco sta fermo sul tavolo ed è in


situazione di equilibrio.

Le forze che agiscono sono:


- Forza di gravità (Forza P) : la Terra attira il blocco verso il suo centro . Questa è
l’azione.
- Forza che il blocco esercita sulla Terra (Forza P’). Questa è la reazione.
Non si annullano perché agiscono su corpi diversi.
- Forza vincolare del tavolo (Forza f n) che sostiene il blocco e agisce anch’essa sul
blocco e controbilancia la forza di gravità (Forza P, per questo non si muove e
queste due forze si annullano).
- Forza del blocco che esercita sul tavolo (Forza f ' n), l’oggetto imprime una forza
sulla superficie e in parte la deforma, è l’effetto che noi vediamo di questa forza.
Quindi ci sono due coppie di forze, la forza di gravità e la forza vincolare che si possono
considerare come azioni, hanno le loro reazioni che tuttavia non intervengono sull’equilibrio
del corpo perché azione e reazione agiscono su corpi diversi.
Se non ci fosse il tavolo, rimarrebbero le forze P e P’, forza di gravità che attrae il blocco e la
forza del blocco che attira la Terra verso di sé. Se non si annullassero il corpo cadrebbe.
a. Le forze che agiscono sul blocco e si annullano sono la Forza P (forza di
gravità) e la Forza f n (forza vincolare, assume il valore corrispondente alla
forza - peso) si controbilanciano.
b. Le reazioni sono la Forza f ' n che è la forza che viene esercitata dal blocco sul
tavolo, e la forza che viene esercitata dal blocco sulla Terra Forza P’.

Abbiamo la forza - peso o forza di gravità (Forza P) attrae


il cestino verso la Terra e la forza vincolare della mano
(Forza f n) che sorregge il cestino. (il vincolo impedisce il
movimento in caduta del cestino).
Quest’ultima è una forza di uguale intensità e direzione ma
di verso opposto, quindi possono essere sommate e si
annullano. Il cestino non cade perché le forze si bilanciano.
Se si lascia la mano, il cestino è sottoposto solo alla forza
peso e subisce l’accelerazione gravitazionale.
Qui vengono descritte solo queste due forze ma non le loro reazioni (in totale con 4 frecce)
perchè vengono segnalate solo le forze che agiscono in un solo corpo, per calcolare la forza
risultante.
Per il terzo principio sappiamo che la forza è un’interazione perché come la Terra attira a sé
il cestino, anche il cestino attira a sé la Terra (Forza P’) (forza di reazione alla Terra),
solo che essendo le masse diverse e seguendo il secondo principio F = ma, le forze sono
identiche ma di verso opposto anche le accelerazioni sono molto differenti, essendo
inversamente proporzionali. Infine, c’è la forza che fa da reazione alla forza vincolare della
mano (Forza f ' n) (Noi vediamo l’effetto della forza che ha su di noi il cestino).

Il primo principio si collega al secondo principio: https://youtu.be/FUXHYxcWf34?

Ciò che ci circonda è complesso da spiegare quindi la fisica cerca di riprodurle attraverso
modelli e casi ideali che sono semplificati e controllati di quello che vogliono studiare.
Fa vedere come si semplifica il problema cioè si concentra solo su un oggetto e lo fa
muovere su un piano orizzontale.
Prende un libro e gli dà una spinta, cioè imprime una forza e l’oggetto si muove e poi si
ferma. (La spinta (forza), il movimento (variazione di velocità iniziale) e la fermata
(variazione di velocità finale) sono le variabili che consideriamo).
La situazione non è ancora semplice perchè l’attrito tra la tavola e l’oggetto gioca un ruolo
troppo importante su quello che avviene perché non è che si limita a sostenere il libro: in
verticale la sua accelerazione è 0, la forza di gravità è controbilanciata dall’azione vincolare.
il piano però genera comunque attrito radente.

Dimostrazione del primo principio della dinamica:


Bisogna ridurre l’attrito perché altrimenti il corpo si ferma dopo un po’. Crea quindi una
situazione sperimentale, artificiale dove si possono controllare meglio le variabili.
Prende un disco di ottone con un recipiente che contiene anidride carbonica solida, cioè
ghiaccio secco, sopra ha un tappo di gomma. Il recipiente assorbe calore dalla stanza e
l’anidride carbonica evapora e si trasforma in gas. il gas tende ad espandersi e occupa più
spazio del solido e quindi cerca di uscire da sotto il foro situato del disco di ottone.
il gas non si vede mentre esce dal foro e così per verificarlo basta accendere una fiamma
che la piega fuoriuscendo. ne vediamo l’effetto e dimostrarlo.
Mette l’oggetto su una tavola ricoperta da uno strato di vetro, che è una superficie molto
liscia e il disco in realtà non si poggia più sulla tavola perché esce il gas e lo solleva.
Nell’equazione banalmente si trascura l’attrito e nel risultato sperimentale deve esserci una
situazione coerente con il modello.
Per mostrare che il disco non aderisce al tavolo perchè sopraelevato prende un pezzo di
stagnola e lo fa passare sotto e così si evita l’attrito radente, cioè lo sfregamento di contatto
tra le due superfici.
Ora, è sufficiente una piccola spinta per metterlo in moto (prova anche spostarlo con
una cannuccia), se non si imprimono altre forze, l’oggetto tende a muoversi in linea retta, per
deviarlo si deve imprimere un’altra forza.

1. Cosa avviene durante la spinta?


2. Cosa avviene mentre il disco si muove spontaneamente?
Posiziona una riga e il disco sotto di esso, per mostrare che una volta mosso, si muove in
linea retta. (controllo a livello quantitativo.) Dall’alto si vede meglio.

Per individuare la velocità si scattano delle foto istantanee a intervalli di un secondo durante
il suo moto. Per capire la velocità costante si devono assumere degli intervalli di tempo
uguali (unità di misura standard). il tempo diventa la variabile indipendente.
Al posto del tappo di gomma, mette un indice che serve per segnare la posizione sulla riga
graduata per vedere con precisione la distanza percorsa (accorgimenti materiali).

Δ s 0 ,16 m
v= = =0 , 16 m/s
Δt 1s
La velocità è una grandezza derivata e si misura con il
rapporto tra la variazione di spazio in un intervallo di tempo.
Misura lo spazio negli estremi con un compasso perché si deve controllare che le distanze
siano identiche perché l’apertura è uguale e stabile anche nelle distanze successive.
Il moto è in linea retta e a velocità costante; sul lungo tragitto, poiché l’attrito è molto
ridotto ma non eliminato del tutto tende a rallentare, anche se molto più lentamente, si vedrà
che raggiungerà uno spazio inferiore a 16 m/s.

Se un corpo si muove, non disturbato da spinte o trazioni, esso percorre una linea
retta a velocità costante.(Qualunque sia la velocità, anche velocità 0 il moto dei corpi che
si muovono a velocità costante e anche il caso limite dello stato di quiete, la risultante è 0 e
acc. = 0.)

Dimostrazione del secondo principio della dinamica:


Studiare i moti casuali è molto difficile, allora vediamo cosa succede se si applica una forza
costante: prende un anello elastico, se lo si tira, si deforma in un certo modo, se si applica
una stessa forma l’anello si deformerà alla stessa maniera, vediamo l’effetto della forza.
Lo attacca al disco con un bastoncino e un filo che viene tirato.
Per produrre una trazione costante è difficile esercitante una forza costante (difficoltà
pratica) perciò si aiuta con un altro assistente1, che esercita indirettamente una trazione
costante.
Riproduce lo stesso esperimento facendo partire il disco da un’estremità del piano, si
scattano delle foto istantanee a intervalli costante di un secondo durante il suo moto.
Per controllare se l’assistente ha esercitato una trazione costante,
si va a misurare se le deformazioni dell’elastico sono identiche,
sempre con il compasso.
Non prende in considerazione i primi istanti perché il corpo deve
mettersi in moto. ogni secondo che passa l'oggetto la velocità era
sempre un po’ di più.
Con un nastro ha segnato i vari punti delle distanze e le mette a confronto poi gira la tabella
e abbiamo il grafico velocità media in intervalli di tempo. (linea retta).
Qui abbiamo una forza applicata costante, dove l’accelerazione è costante e la velocità
aumenta (o decelera) costantemente.
Δv
L’accelerazione è la rapidità con cui la velocità varia in un intervallo di tempo. = Δt
Come varia la velocità se si raddoppia l’intensità della forza?
Si applicano due anelli della stessa intensità, cioè sono forze concorde e si sommano tra
loro, abbiamo una costante variazione di velocità. Raddoppiando la forza, raddoppiamo
la variazione di velocità.
Se le forze sono concorde ma di direzioni diverse si sommano le forze con il metodo del
parallelogramma.

Per controllare se l’assistente ha esercitato una trazione


costante a tutti e due gli anelli, si va a misurare se le
deformazioni sono identiche, sempre con il compasso.
Il moto è accelerato ogni istante che passa.
Misura la differenza tra un istante di tempo e l’altro, e
vediamo che la velocità è aumentata e confronta con il grafico precedente e vediamo che la
velocità è raddoppiata. Questo esperimento ci dà la proporzione esatta.

1Il disco è attaccato a un altro disco che scivola su un altro piano inclinato, trascina con sé l'altro
imprimendo una forza costante. Si basa sulla forza di gravità, non in caduta libera.

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