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Capitolo primo

Introduzione
La psicologia e la storia delle scienze
Questo libro stato progettato come un'introduzione alla
storia della psicologia, rivolta non solo allo studente univer-
sitario ma anche a chi desideri avvicinarsi a questa disciplina
considerandola nel suo sviluppo storico. Non viene quindi
presupposto che uno sappia la psicologia per conoscerne la
storia.
Prima di affrontare l'argomento opportuno premettere
alcune considerazioni in merito alla possibilit di una storia
della psicologia.
Partiamo da una constatazione: quello che abitualmente
viene chiamato psicologia o lavoro da psicologi non un
settore del sapere o un complesso di pratiche e di interventi
unitario e omogeneo. Come vedremo meglio in seguito psi-
cologi diversi partono da diversi modelli teorici per spiegare
il comportamento della gente. Vanno in cerca di esperienze e
di dati diversi per controllare tali modelli. Di conseguenza
suggeriscono e praticano tecniche diverse per modificare il
comportamento altrui.
l
Una storia non faziosa della psicologia deve essere, se
non altro, una storia di pratiche e di teorie diverse, spesso
contrapposte. Beninteso, questo vero per tutte le discipline
scientifiche, ma per certe pi vero che per altre. Conside-
riamo la matematica: qui non solo c' il problema di racco-
gliere dati empirici per validare le teorie ma, inoltre, dato un
certo accordo sui punti di partenza, si riscontra anche un ele-
vato consenso nell'adozione delle procedure che permettono
di trasformare le premesse in determinate conclusioni. Po-
12 Storia della psicologia
Introduzione 13
niamo anche la fisica: qui owiamente si presenta la questione
del controllo dei modelli teorici, per andare a vedere se gli
eventi del mondo esterno stanno proprio come si previsto a
tavolino. Eppure c' un'ampia convergenza sul tipo di cose
che bisogna andare a vedere e, soprattutto, c' un'ampia
omogeneit sulle procedure da adottare in laboratorio per
andare a vedere queste cose. In psicologia, invece, a piu di un
secolo da quella che viene spesso considerata la data di na-
scita, si discute ancora sulla produttivit e l'efficacia del me-
todo sperimentale, cio sull'opportunit di privilegiare mo-
dalit di scoperta e di analisi dei dati gi collaudate presso le
scienze naturali piu consolidate.
Questo diverso grado di compattezza delle varie disci-
pline scientifiche - per quanto sia stato qui esposto in modo
schematico - pone alcuni problemi quando di tali discipline
si voglia ripercorrere la storia. Fare questo significa infatti,
sostanzialmente, cercare di descrivere il progressivo (e questo
progresso non detto che sia lineare, pu awenire a
salti) ampliarsi e modificarsi delle conoscenze in quel settore
del sapere. Significa per cercare, nel contempo, di mettere
in relazione questa produzione di sapere con i suoi modi di
produzione. Per modi di produzione intendiamo alludere a
una serie di questioni del tipo: chi erano quelli che produce-
vano questo sapere? come erano organizzati? come interagi-
vano con la realt sociale di quell'epoca? in che modo i pre-
giudizi, le credenze, la cultura loro contemporanea influenza-
vano lo sviluppo specifico della disciplina? Se si cerca di ri-
spondere a domande di tal fatta si fa quella che spesso stata
chiamata la storia esterna di una scienza. Quando invece si
vanno a rintracciare gli sviluppi interni ad un ramo del sapere
- ad esempio: il perfezionarsi del concetto di numero, il pas-
saggio dalla fisica classica a quella relativistica, le vicende
della nozione di inconscio, etc. - si traccia la storia in-
terna. Storia interna e storia esterna, essendo sempre in re-
ciproco rapporto, non sono sempre facili da distinguere -
ammesso che abbia senso distinguerle. Avendo per a che
fare con le vicissitudini storiche di tutto quello che, volta-a
volta, stato designato come psicologia, questa distin-
zione, per quanto schematica, pu avere una certa utilit. Nel
senso che da essa si pu derivare la nozione di dipendenza
dall'esterno di una scienza. Una scienza dipende tanto piu
dall'ester_ quanto piu la sua storia interna stata condizio-
nata dal Contesto esterno.
+- Consideriamo ancora una volta il sapere matematico: per
secoli e secoli questo si sviluppato grazie a produttori
a qualsiasi finalit pratica. Molti settori della mate-
matica e della logica che oggi trovano applicazione non sono
nati in vista di quell'applicazione. Ragion per cui, volendo
capire come queste nozioni sono state scoperte e poi modifi-
cate e perfezionate, relativamente piu importante analizzare
la logica interna di sviluppo, e cio il come - arrivati a un
certo punto - si poteva o si doveva proseguire. Basti pen-
sare che uno studente universitario compie un notevole
sforzo per impadronirsi della matematica sviluppatasi fino al
1700, un periodo in cui questo tipo di sapere non era stato
piegato alle esigenze tecnologiche di una societ industriale.
In altre parole molto di questo sapere si sviluppato in un
contesto in cui le problematiche poste dalla storia interna
hanno prevalso sulla storia esterna. I1 che non significa che
non sia interessante ripercorrerne gli sviluppi, dall'antica
Grecia fino al 1700: l'autoriprodursi ed il progredire del sa-
pere possiede un'eleganza ed un fascino impareggiabili. al-
trettanto vero che oggi l'organizzazione della ricerca nei vari
rami dal sapere scientifico si molto omogeneizzata. E diffi-
cile, ad esempio, scorgere differenze nelle condizioni in cui
lavorano, spesso fianco a fianco, psicologi e matematici presso
le grandi istituzioni pubbliche (universit, centri militari e ci-
vili) o private (per lo piu grandi societ multinazionali, come
la Beli). Fare ricerca, in queste condizioni, diventato un
mestiere come tanti altri. La dipendenza dall'esterno viene
addirittura pianificata, nel senso che l'attivit di ogni singolo
ricercatore coordinata a quella di molti altri e che il piu
generale programma di ricerca viene approvato dall'ente
finanziatore. Tutto ci, come si detto, non stato vero nel
Passato. I1 nostro ipotetico studente di matematica, che segue
gli sviluppi di questa disciplina fino all'Ottocento, potr in
larga parte prescindere dal come e dal quando nato quel
sapere che va assimilando. L'assenza di una collocazione sto-
rica nell'apprendimento della psicologia invece una limita-
zione piu grave. A differenza della matematica, infatti, quasi
tutto lo sviluppo della psicologia scientifica stato caratteriz-
zato da obiettivi e finalit che sono state poste, direttamente
14 Storia della psicologia
o indirettamente, dall'esterno. Ne discende che i vari contesti
culturali e sociali in cui tale disciplina cresciuta l'hanno in-
fluenzata in modo profondo, determinando quel ventaglio di
teorie e di pratiche cui si alluso in apertura. In assenza di un
quadro storico, per quanto schematico e sbrigativo, non si
riesce a fornire una risposta adeguata a tutta una serie di que-
siti che sorgono spontanei: perch in psicologia ci sono di-
verse scuole? perch certi aspetti della psicologia sono stati
indagati da certe scuole o correnti piu approfonditamente che
da altre scuole o correnti? perch, infine, la psicologia nata
relativamente tardi rispetto ad altre scienze?
Solo rifacendo a ritroso la storia di questa disciplina, nei
modi indicati da Luccio nel primo capitolo, diviene possibile
capire il decollo relativamente tardo della psicologia come
scienza autonoma. Come mostrer Luccio, vincoli ben piu
potenti si opponevano al costituirsi di una scienza dell'uomo
rispetto al maturarsi delle condizioni che resero possibile, tra
il XVI ed il XVII secolo, la nascita di altri campi del sapere
scientifico contemporaneo, come la fisica. Tant' vero che
una scienza dell'uomo nasce, per cosi dire, in due tappe: dap-
prima viene legittimata la possibilit di studiare l'uomo in
quanto macchina - di qui un enorme impulso alle ricerche
anatomiche e fisiologiche - e, solo in seguito, a piu di un
secolo di distanza, si potr incominciare a prendere in consi-
derazione l'uomo nella sua globalit, includendo nell'esame
quella che Cartesio aveva chiamato res cogitans~, cio il
pensiero. -.
--.
Come fare una storia della psicologia
La ricomposizione tra mente e corpo, tra materia e spi-
rito, tra il determinismo del meccanico e il volontarismo
del morale, non mai stata definitiva e totale. Le diverse
scuole e correnti psicologiche hanno sempre oscillato tra due
poli opposti: coloro che considerano l'uomo come una mac-
china - il cui funzionamento determinato dalle leggi della
neurofisiologia e della biochimica - e coloro che lo conside-
rano come una persona capace di scopi, aspettative ed inten-
zioni. Questa non soltanto una differenza di posizioni per
cosi dire ideologica, connessa alla fondazione filosofica
della disciplina, dato che da essa derivano scelte tendenzial-
mente opposte quando si tratta di decidere quali strumenti di
raccolta dei dati vadano privilegiati al fine di costruire o di
controllare le teorie.
I meccanicisti tendono a privilegiare le classiche tecni-
che sperimentali, da usarsi in laboratorio. Coloro che invece
concepiscono il comportamento umano come guidato da
scopi - persino da scopi di cui si pu non essere consapevoli
- privilegiano l'osservazione delle situazioni in contesti non
artificiali ed anche l'impiego di tecniche - come ad esempio
quelle impiegate dagli psicoanalisti - molto lontane dai rigo-
rosi canoni delle scienze naturali. Ecco un altro ordine di
motivi che rende opportuno avvicinarsi allo studio della psi-
cologia con un approccio storico.
Ci non toglie che non sia impossibile n particolarmente
difficile presentare le nozioni che costituiscono un'introdu-
zione ai vari settori della psicologia senza alcun riferimento
n alla loro genesi storica n al contesto culturale in cui si
sono affermate. Di manuali di questo tipo ne esistono decine
in Italia e centinaia nel mondo. D'abitudine proprio con
questo approccio che si impara un po' di psicologia. Per, a
differenza di un manuale introduttivo di fisica o di matema-
tica, una descrizione, per quanto elementare, dei principali
settori della psicologia rende necessaria l'adozione, esplicita o
implicita, di un punto di vista. In altre parole molto diffi-
cile una rassegna sistematica dei principali campi di indagine
mantenendo una prospettiva, per cosi dire, neutrale e
imparziale. Se poi chi stende il manuale intellettualmente
disonesto o, il ch piu probabile, ingenuo, verr gabellata
come psicologia quella che in realt la psicologia da un
certo punto di vista. I piu imperidisti sostengono addi-
rittura che le altre scuole o correnti non sono psicologia
oppure che non sono scientifiche, mentre - all'opposto -
troviamo manuali che fanno propria una prospettiva ~ecl et -
I tica. Gli autori mutano, cio, punto di vista col mutare
l dell'argomento esaminato: quando scrivono il capitolo del
l
manuale dedicato alla percezione sono gestaltisti, passando
all'apprendimento si trasformano in comportamefitisti, e in-
fine, poniamo, diventano freudiani quando si tratta di affron-
tare lo studio della personalit. Questa un po' la situazione
attuale dello studente che si vuole laureare in psicologia: la
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11' l 6 Storia AIka psicobgia
disciplina stata istituzionalmente suddivisa in una ventina di
esami e, spesso, ad ogni pezzo della psicologia corrispon-
dono docenti e libri di orientamento omogeneo alla materia
trattata. E d'altronde innegabile che alcune scuole o correnti
sono state pi produttive di altre in determinati settori di ri-
cerca. Questo stato di cose, di per s non deprecabile - da
preferirsi comunque alla legittimazione dogmatica e autorita-
ria di una psicologia ufficiale - rende piu necessaria che in
altre discipline una, seppur succinta, introduzione storica alle
principali scuole e correnti. Avere presente un quadro coni-
parato dei vari punti di vista, gli uni a fianco degli altri, per-
mette poi di ricondurre tecniche ed analisi piu specifiche allo
interno di un certo orizzonte teorico.
Al contrario la fortuna di molti manuali sistematici, e
soprattutto di quelli in cui la prospettiva teorica non viene
esplicitata chiaramente, si pu spiegare non solo con la loro
utilit didattica ma anche con la loro funzione, per cosi dire,
ideologica. Essi permettono infatti di presentare come na-
turali, immagini dell'uomo e della sua interazione sociale che
in realt sono storicamente determinate, influenzate cio dal
contesto culturale in cui si muove l'autore. La psicologia, al-
meno nei suoi settori di indagine piu lontani dalla fisiologia e
dalla biologia, possiede una caratteristica comune anche ad
altre scienze umane, ad esempio la sociologia. Si tratta della
tendenza ad auto-verificarsi. In altre parole le sue leggi o
teorie, in quanto ritenute scientificamente fondate, fanno
si che chi le ritiene tali sia incline ad adeguarvisi o, piu
spesso, ad indurre gli altri ad adeguarsi ad esse. Facciamo de-
gli esempi, un po' banali: se si riesce a far credere che l'uomo
largamente condizionabile dall'ambiente, sar piu facile ot-
tenere consensi ad una organizzazione sociale in cui tali con-
dizionamenti sono elevati; se invece si ritiene scientifica-
mente dimostrato* che buona parte del comportamento
umano ha basi innate sar piu facile far credere che esso
immodificabile; se si riesce a convincere la gente che la no-
zione tradizionale di malattia mentale viziata e scientifica-
mente infondata in quanto le sue origini sono sociali sar piu
facile fare accettare la modificazione di alcune strutture so-
ciali allo scopo di eliminare o attenuare tali malattie; se si
convinti, sempre su una presunta base scientifica, che una
data componente di una popolazione inferiore ad altre
componenti per motivi biologici e non sociali sar piu facile
giustificare la permanenza di tale inferiorit; e cosi via. In-
somma, a differenza delle scienze naturali, in quelle sociali
pu succedere che una legge o una previsione, in quanto
ritenuta vera, divenga di fatto vera. Owiamente questo mec-
canismo di autoconferma funziona entro determinati limiti e
in certi contesti, per solito proprio in quelli in cui non si
dispone di vere e proprie conoscenze scientifiche. Capita
spesso che tali contesti siano quelli che hanno maggiore rile-
vanza sociale. Di qui l'urgenza di avallare come scientifico, e
quindi credibile, un certo tipo di soluzioni pratiche. Sta di
fatto, comunque, che solo in questa ottica si possono com-
prendere mutamenti di rotta determinanti quasi esclusiva-
mente da vicende esterne alle discipline. Ne parla, ad esem-
pio, Mecacci in apertura al suo contributo relativo alla psico-
logia sovietica: Gli avvenimenti storici e politici del 1917
produssero una frattura anche nella storia della psicologia
russa. Gli psicologi sovietici si posero d o r a il. compito di
rivedere le basi teoriche e metodologiche della propria disci-
plina, alla luce delle teorie marxiste e leniniste, e di fondare
una scienza che servisse alla soluzione dei problemi della
nuova societ comunista.
Storiografia e metodi
q
Quanto pi una scienza dell'uomo vuole presentarsi come
92istematicax, nel senso di xnon storicamente determinata*,
::;:$& tanto piG dobbiamo diffidare della sua imparzialit. Eppure.la
570 " 4\
cautela necessaria anche quando si decide di introdurre un
W
lettore allo studio della psicologia con una prospettiva storic?
volta a mettere in evidenza le diverse opzioni teoriche. E
bene infatti tenere presente, e poi esplicitare, alcune scelte
ineludibili. Capita infatti che una certa idea o immagine della
propria disciplina si rifletta nel modo di farne la storia.
Ritorniamo, a questo proposito, alla distinzione prima ac-
cennata. Da un lato coloro che considerano la psicologia ai
pari delle altre scienze della natura, cercando di trapiantarvi
criteri e metodi collaudati nei rami del sapere pi consolidati,
come ad esempio la fisica. Dall'altro coloro che ritengono che
la psicologia non abbia modelli precostituiti di scientificit.
18 Storia della psicologia
Introduzione 19
Tendono cos a rivendicare alla propria disciplina un'autono-
mia, legittimando l'impiego di tecniche di indagine originali,
spesso inventate proprio per quel specifico campo di inda-
gine. Tipico esempio il colloquio clinico, volto ad adem-
piere sia funzioni di terapia che di raccolta di dati empirici.
Oggi si inclini a rivisitare metodologie del passato, nel
senso che viene nuovamente valorizzato il ricorso a tecniche
di studio non sperimentali proprio in quei settori, come la
psicologia animale e la psicologia sociale, dove era stato parti-
colarmente difficile trasferirli.
I fautori del cosiddetto lassismo metodologico, cio di
un atteggiamento permissivo nei confronti di metodologie
diverse da quelle usate in laboratorio, ritengono infatti che
I'artificiosit determinata dal semplificare alcuni fenomeni,
soprattutto quelli piii complessi - allo scopo di poterli stu-
diare in laboratorio - non sufficientemente compensata dal
piu agevole controllo delle variabili.
Queste ultime prese di posizione sono comunque relati-
vamente recenti. Al contrario la prospettiva storiografica clas-
sica, quella adottata in manuali di storia della psicologia cele-
bri come il Boring (A History of Experimental Psycbology,
1949, 19502), sostiene piii o meno apertamente che la disci-
plina nata come scienza autonoma quando si incominciato
a portare i fenomeni in laboratorio cosi da poterli analizzare
con le consuete procedure sperimentali. E appunto in base a
questo criterio che si riconosce a Wilhelm Wundt - come
rileva in apertura del suo contributo Marhaba - il merito di
aver fondato la psicologia: egli infatti il creatore del primo
laboratorio di psicologia. Da questa prospettiva tuttavia,
qualora venga seguita alla lettera, discendono alcune conse-
guenze alquanto singolari. La storia deIla psicologia dovrebbe
infatti frarnmentarsi nelle vicende particolari di settori di ri-
cerca nati in momenti diversi, e cio nei periodi in cui si
riusciti a semplificare o a trasformare i fenomeni di quel set-
tore di ricerca cosi da applicarvi il metodo sperimentale. La
psicofisica, ad esempio, pu venir fatta risalire ad un secolo
fa, mentre la psicolinguistica, e cio la verifica sperimentale
dei modelli proposti dai linguisti, non ha piii di vent'anni di
vita. A rigore si dovr dunque, in questa prospettiva, parlare
non di nascita della psicologia, bensi di un certo settore di
ricerca, considerando, in modo piuttos'to riduttivo, lo svi-
luppo di questa disciplina come la progressiva applicazione,
nell'ultimo secolo, del metodo sperimentale a tutti gli aspetti
del comportamento. Anche a quei fenomeni, come l'intera-
=ione sociale ed il linguaggio, che in un primo tempo sem-
bravano sfuggirgli (Wundt, ad esempio, per quanto entusiasta
fautore del metodo sperimentale, non pensava che fosse pos-
sibile affrontare in questi termini lo studio del comporta-
mento linguistico e sociale). L'assunzione di un simile criterio
pone, se non altro, l'ulteriore problema storiografico consi-
stente nello spiegare come mai le diverse psicologie siano
nate in date diverse.
Coloro che invece non ritengono che un secolo fa la psi-
cologia abbia compiuto un salto qualitativo decisivo, in
quanto non pensano che l'introduzione di un metodo costi-
tuisca di per s la garanzia di scientificit di una disciplina,
non accettano nemmeno la prospettiva storiografica sopra
delineata. E, di conseguenza, non escludono dalla storia delia
scienza interi campi di indagine, come la psicologia clinica, in
quanto non ottemperano i tradizionali canoni di scientificit.
Propongono invece il ricorso ad altre tecniche per raccogliere
materiale su cui costruire teorie: la semplice osservazione del
comportamento altrui nel corso della vita quotidiana, il collo-
quio clinico ed anche L 'introspezione,{ e cio l'esame dei no-
stri processi psicologici osservati nel corso del loro svolgi-
mento (auto-osservazione). Sono proprio varianti piu o meno
rozze di tali tecniche che hanno permesso ai filosofi di elabo-
rare delle apsicologie~ da inserire nei loro sistemi. Ed su
queste stesse basi empiriche che viene costruita la cosiddetta
psicologia del senso comune: cio tutto quell'insieme di
conoscenze, credenze, aspettative sul comportamento altrui
che guida il nostro agire e che ci permette nella realt quoti-
diana di interagire con gli altri pur ignorando del tutto la
scienza psicologica. Chi accetta i canoni delle scienze natu-
rali tende a trascurare questo accumulo di conoscenze VOI-
gari, considerandolo addirittura fuorviante. Recentemente
per alcuni studiosi sono inclini a rivalutare queste prospet-
tive ingenue, ritenendo che la psicologia debba, anche se
talora con altri metodi, affrontare le medesime problemati-
che.
Questa seconda posizione tende ad accompagnarsi ad una
prospettiva storiografica ben diversa dalla schematica e ridut-
20 Storia &Il. psicologia Introduzione 21
tiva equivalenza tra metodo sperimentale e psicologia scienti-
fica. Al quesito relativo alla data di nascita della psicologia si
inclini a rispondere mettendo in evidenza il momento di fon-
dazione teorica di una data ipotesi rispetto al momento del
suo controllo. Se si concepiscono le teorie psicologiche come
il risultato di un approccio coerente e sistematico, fondato
l
!
espiricarnente ma non necessariamente basato sul metodo
sperimentale, volto alla comprensione della capacit del-
l
I
l'uomo di conoscere il mondo e di rappresentarselo, allora la
storia della psicologia si sovrappone e si intreccia alla storia
~
dei grandi sistemi filosofici. Diviene possibile e plausibile -
l
come suggerisce Luccio - trovare nella storia della cultura
occidentale delle costanti, come la contrapposizione tra
empirismo e razionalismo, che si travasano poi, pur assu-
mendo forme diverse, nella storia della psicologia.
Tale posizione storiografica, indubbiamente piu completa
ed articolata e, come tale, piu aderente alla complessit delle
vicende della psicologia, pu anch'essa rivelarsi per certi
aspetti riduttiva. In quest'ottica pu infatti capitare che ci si
limiti a cogliere il significato piu generale e, per cosi dire,
filosofico, delle posizioni di uno psicologo o di una scuola
psicologica. Pu darsi che ci si appaghi della evidenziazione
dei rapporti tra un certo modo di fare ricerca ed una certa
concezione del mondo, espressione anch'essa di un dato
contesto socio-culturale. Paradossalmente proprio questo
modo, apparentemente esaustivo, di ricostruire la storia della
psicologia pu nascondere certi momenti o certi aspetti che,
nel passato, si sono rivelati cruciali per gli sviluppi della di-
sciplina, soprattutto in quei settori di ricerca che confinano
con le scienze biologiche e fisiche. I1 fatto che il controllo
in laboratorio di un'ipotesi - anche se tale ipotesi di chiara
impronta o discendenza filosofica -pu far si che tale ipotesi
si trasformi nel momento della sua verifica (o falsificazione).
0, meglio, i vincoli posti dal metodo sperimentale richiedono
che tale ipotesi venga trasformata e ritrado!ta in un linguag-
gio omogeneo alle operazioni di controllo. E infatti piuttosto
schematico ritenere che le ipotesi di un certo lavoro scienti-
fico derivino meccanicamente dalla piu ampia concezione-
dell'uomo in cui si trovano inserite. Pu anche darsi che tale
inserimento sia considerato cruciale da colui che lavora su
queste ipotesi ma che, in seguito, tale connessione si riveli
fittizia. La storia della psicologia presenta addirittura degli
episodi paradossali - tipico il caso di Fechner, descritto da
Luccio - in cui l'importanza di una data acquisizione tra-
scende in tutto e per tutto la teoria, e persino l'ideologia, che
' ne stata l'occasione.
Come fatta questa storia della psicologia
Abbiamo delineato due ipotesi storiografiche: da un lato
ritenere che i nodi teorici della psicologia siano gi stati fon-
damentalmente formulati in sede filosofica e che li vadano
appunto rintracciati e, dall'altro, considerare Padozione del
metodo sperimentale come il via all'autonomia scientifica
della psicologia e come il riscatto da ipoteche filosofiche e
metafisiche.
Entrambe queste posizioni, nette ed in radicale contrasto
reciproco, sembrano presentare alcune lacune sul piano della
comprensione storica delle discipline psicologiche, intese
nella loro accezione piu ampia. A riprova di questa valuta-
zione si pu forse ricordare come di fatto gli storici della psi-
cologia, puripropendendoiper la prima o per la seconda, ben
di rado Ie abbiano abbracciate integralmente. Al contrario,
J
nel farle proprie le hanno attenuate. Nel primo caso stata
cio riconosciuta l'importanza teorica dei precedenti filoso-
fici, mentre nel secondo stato parzialmente ammesso il salto
di qualit connesso all'adozione del metodo sperimentale.
+ , Nel progettare questa storia della psicologia non si cer-
cato un compromesso tra queste due posizioni, ma si aggi-
rato il dilemma scegliendo una terza via. E stato preso in con-
siderazione il passato filosofico, ma non si visto in esso
un'anticipazione di temi e teorie sviluppate poi in sede psi-
ologica. Al contrario Luccio, nel primo capitolo, ha indivi-
uato alcuni momenti della cultura occidentale cogliendo in
essi il costituirsi o il cadere di vincoli nei confronti di una
scienza dell'uomo. I1 lento maturare delle condizioni che ne
hanno reso possibile la costruzione, dovuto appunto alla ne-
cessit di rimuovere tali ostacoli, alla base del ritardo con
cui nata la psicologia rispetto ad altre scienze naturali, meno
osteggiate e quindi meno rimandate. In quest'ottica la
stessa adozione del metodo sperimentale perde il rilievo e
22 Storia delka psicologia
l'importanza cruciale che derivava dal concepirlo come un ,
tanto atteso e ostacolato adeguamento della psicologia ai ca-
noni della scienza. Viene invece considerato in un'ottica
meno astratta e piu articolata: la sua graduale accettazione si
spiega con la confluenza di diverse discipline gi mature -
dalla fisiologia all'astronomia - in una serie di nodi teorici
che solo un approccio originale, quello appunto proposto dai
primi psicologi sperimentali, avrebbe risolto. Luccio mostra
in modo convincente come la nascita della psicologia scienti-
fica sia il risultato di un processo lungo e faticoso e non la
conseguenza di una semplice decisione, quella di studiare il
comportamento umano in laboratorio. Nel determinare
l'esito positivo di questo processo giocano un ruolo anche le
posizioni di alcune correnti filosofiche - soprattutto gli
ideologi e gli empiristi inglesi - che contribuiscono a creare
un clima culturale adatto rimuovendo pregiudizi e preven-
zioni ideologiche del passato.
Dopo aver cosi impostato la questione della nascita della
disciplina o, meglio, degli ostacoli che ne hanno impedito la
nascita, non sarebbe stato certo conseguente analizzarne gli
sviluppi suddividendo la psicologia nei suoi vari settori (psi-
cologia generale, sociale, dell'et evolutiva, differenziale, etc.)
ed esaminandone le singole storie e vicende. Quest'approccio
non solo non sarebbe stato conseguente a quanto si detto
finora, finendo per dare eccessiva importanza alla progressiva
estensione del metodo sperimentale a sempre nuove aree di
indagine. Avrebbe anche avuto il difetto di appiattire le diffe-
renze tra quelle che sono state le grandi scuole o correnti,
costringendo il lettore a farsene un'idea solo mediante un
complicato processo di ricomposizione a partire dai contri-
buti ai diversi settori della psicologia esposti separatamente in
ciascun capitolo. Sarebbe andata cosi persa l'unitariet di cia-
scuno di questi filoni e sarebbe stato molto faticoso rico-
struirla. Come vedremo, infatti, le piu importanti scuole o
correnti, cui sono dedicati i capitoli successivi a quello di
Luccio, hanno piu o meno esplicitamente preteso di costi-
tuirsi come la modalit piu corretta ed adeguata di costruire
una psicologia scientifica. In altre parole tradizioni di ricerca
come quella gestaltista e comportamentista, pur avendo for-
nito contributi di ricerca piu originali e innovativi in alcune
direzioni che in altre, non hanno mai apertamente accettato e
legittimato la presenza e tanto meno la superiorit, delle
scuole concorrenti neppure in quei settori in cui si erano ri-
velate particolarmente produttive. Anche questa constata-
zione gioca a favore di una suddivisione della psicologia non
per settori di ricerca ma per nuclei teorici. Tra l'altro questo
tipo di impostazione storiograflca sposta l'accetto e l'enfasi
dalla fatidica data di nascita della psicologia - circa un secolo
fa - ai formarsi, intorno alla prima guerra mondiale, delle
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grandi scuole: comportamentismo, psicologia della Gestalt,
psicoanalisi. l .+
Vediamo ora come si giunge, dalle origini della psicologia
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analizzate da Luccio, a questa fase - probabilmente la p i u ~ 1
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fertile, innovativa e produttiva della storia della psicologia -@
costituita dal nascere delle grandi scuole, quelle che hanno ,,3Lrr,.-:
fornito la maggior parte delle scoperte consolidate e ormai
universalmente accettate.
Passiamo cosi al secondo capitolo, steso da Marhaba, e
articolato in tre sezioni. In primo luogo viene delineata la
figura di Wundt: personaggio in cui si compendiamo e si con-
cretizzano molte di quelle tendenze di cui Luccio ha raccon-
tato la progressiva maturazione. Basti qui sottolineare un
aspetto, quello che anche nelle piu brevi e schematiche storie
della psicologia o delle scienze non viene mai dimenticato.
Wundt non solo fond il primo laboratorio della storia della
psicologia ma: codific con estremo rigore il metodo speri-
mentale nell'ambito dell'indagine psicologica, insistendo per
primo sull'importanza dell'accurata identificazione, dello
stretto controllo e della precisa quantificazione delle variabili
psichiche e polemizzando con chi trovava un'incompatibilit
di fondo fra ricerca psicologica e sperimentazione in labora-
torio. Abbiamo ripreso queste parole dal saggio di Marhaba
perch sempre stato universalmente sottolineato il ruolo di
Wundt come alfiere della sperimentazione psicologica e,
quindi, fondatore della nuova scienza. Ora - proprio in una
prospettiva storiografica - va rilevato come, al di l degli
indubbi meriti di Wundt, la sua immagine di innovatore e
fondatore, centrata sul metodo, sia stata esaltata anche perch
la psicologia senti a lungo la necessit di difendere la sua spe-
cificit e la sua autonomia, soprattutto nei confronti della filo-
sofia. Gli psicologi meno giovani ricordano come da alcuni
ambienti umanistico-letterari siano state avanzate, fino a po-
lYl~!1 24 Storia hlla psicologia Introduzione 25
l
chi decenni fa, delle critiche volte a negare il carattere scien-
tifico della disciplina che, di conseguenza, poteva venir inse-
gnata e praticata anche da studiosi di formazione filosofica
tradizionale. Ragion per cui, l'insistere sul carattere speri-
I
mentale della disciplina, valorizzando in questi termini la
C hgura di Wundt, assolveva in parte a una funzione di difesa
del proprio territorio dalle incursioni altrui. Oggi per la psi-
cologia, ormai consolidata anche sul piano istituzionale, non
1
ha bisogno di difese, ma piuttosto di ridimensionamenti cri-
tici, cosicch il riscatto dalle ipoteche filosofiche va visto nei
1
suoi corretti termini storici e non enfatizzato a fini strumen-
tali. Ed per questo che nel nostro libro - a differenza di
altri lavori introduttivi - la questione resta sullo sfondo.
Le altre sezioni del capitolo di Marhaba sono dedicate a
due correnti: lo strutturalismo ed il funzionalismo. La prima
discende direttamente dal lavoro di Wundt, dato che contri-
buirono a crearla e a svilupparla proprio quegli studiosi che,
attirati dal suo lavoro, si recarono a Lipsia per impratichirsi
nel laboratorio e imparare le tecniche sperimentali alla base
dei successi e delle scoperte della nuova disciplina. Sono al-
l
lievi di Wundt quasi tutti gli esponenti piu rilevanti della
prima leva della psicologia statunitense, del paese cio dove
tale scienza incontrer il maggior sviluppo e beneficer della
maggiore disponibilit di mezzi. Tra questi studiosi vi sono
anche coloro che iniziarono l'applicazione della nuova disci-
plina ai problemi posti dalle societ industriali: un peccato
- come vedremo piu avanti - che non sia stato possibile
soffermarsi adeguatamente sulla storia dei rapporti tra la psi-
cologia e i suoi usi.
La futura egemonia della psicologia statunitense viene
preparata dal movimento funzionalistico che - come rileva
Marhaba nella terza sezione del suo contributo - la tipica
espressione della cultura americana dei primi del Novecento.
Senza soffermarci sulle caratteristiche del movimento -
chiaramente esposte da Marhaba - ci limitiamo ad osservare
che esso tramonter dopo la prima guerra mondiale per la-
l
sciare posto al dominio, in seguito incontrastato, della c p -
rente comportamentista, la piu tipica espressione della cul-
l tura e della societ statunitense, almeno fino agli anni Ses-
l
santa. Mentre il comportamentismo regner nel mondo an-
glosassone in forme e varianti piu o meno radicali, maturer
l'ultimo e piu sofisticato frutto della tradizione tedesca: la psi-
cologia della Gestalt. Ma l'egemonia tedesca, indiscussa ai
tempi di Wundt e dello strutturalismo, quando la Germania
costituiva la culla e il polo mondiale della nuova scienza,
finita. A distanza di mezzo secolo gli psicologi tedeschi do-
vranno fare il percorso opposto a quello degli allievi ameri-
cani di Wundt. Travolti dal dramma della Germania nazista
emigreranno negli Stati Uniti.
Dopo il capitolo di Marhaba, ne seguono altri quattro de-
dicati, rispettivamente alla psicologia russa-sovietica (Me-
cacci), alla psicologia della Gestalt (Sambin), a! comporta-
mentismo (Cornoldi) e alla psicoanalisi (Funari). E opportuno
rilevare come questi capitoli non corrispondano a delle fasi o
a dei periodi della storia della psicologia che si siano succe-
duti gli uni agli altri. L'aver privilegiato un'esposizione cen-
trata sui principali movimenti o scuole ci ha costretto - da
un certo punto del libro in poi, sostanzialmente da Wundt in
avanti - ad affrontare, in capitoli diversi e successivi, lo svi-
luppo contemporaneo di prospettive teoriche differenti. A
cavallo della prima guerra mondiale - ed questo periodo
che in fondo costituisce la vera data di nascita della psicologia
moderna e non la fondazione di un laboratorio a Lipsia -
prendono forma quasi contemporaneamente i movimenti che
ci hanno fornito la maggior parte del sapere psicologico ancor
oggi a nostra disposizione: la teoria psicoanalitica, fondata da
Freud; la teoria dei riflessi condizionati, dovuta a un ricerca-
tore altrettanto geniale, Pavlov; e poi due movimenti, come
tali espressione di un lavoro piu collettivo: la psicologia della
Gestalt ed il comportamentismo. Conoscere le caratteristiche
principali di questi quattro paradigmi - a prescindere da una
precisa ricostruzione storica, irrealizzabile in una breve intro-
duzione - forse piu essenziale, per chi si awicina alla psi-
cologia, che venire a conoscenza in modo sistematico d'i al-
cune leggi e risultati sperimentali. Mentre infatti la cono-
scenza dei rispettivi quadri teorici ci permette di ricondurre
risultati e leggi nel contesto che li ha generati, molto meno
facile compiere il cammino inverso.
Per quanto concerne l'ultimo capitolo, dedicato alla psi-
cologia cognitivista, abbiamo una filiazione da una scuola
precedente: il comportamentismo. Nel contempo ci si ricon-
nette alla psicologia della Gestalt, nella misura in cui la critica
26 Storia &Zi a psicologia
cognitivista ad alcuni aspetti del comportamentismo riflette e
riprende argomentazioni analoghe avanzate a suo tempo dai
gestaltisti. Nel movimento cognitivista vi anche l'eco
dell'affermarsi del paradigma freudiano o, almeno, di alcune
sue nozioni come quella di processo inconscio. Negli anni
Trenta l'analisi di presunti meccanismi mentali inconsci era
una caratteristica esclusiva degli studiosi che si rifacevano, piu
o meno fedelmente, a Freud. Le altre prospettive teoriche,
quelle pi importanti, dal comportamentismo al gestaltismo e
alle teorie dei riflessi condizionati, rifiutavano in blocco con-
cetti di questo tipo. Molti cognitivisti invece introducono la
nozione di processo inconscio con una procedura molto
vicina a quella freudiana. Per questo ed altri motivi - come
ricorda lo stesso Luccio -I il movimento cognitivista molto
complesso, meno unitario di quelli che lo hanno preceduto e,
in sostanza difficilmente inquadrabile. L'imprecisione dei suoi
contorni e l'incertezza dei suoi sviluppi dovuta a fattori
molteplici. In primo luogo il nostro stesso parteciparvi ed es-
sere coinvolti e quindi l'insufficiente distanza con cui lo giu-
dichiamo. E infine, oltre all'effettiva complessit della ricerca
psicologica contemporanea, sempre piu articolata ed estesa a
nuovi settori, una caratteristica di cui molti cognitivisti vanno
fieri, e cio l'estrema mobilit ed il conseguente rifiuto delle
grandi teorie unitarie.
Abbiamo fin qui illustrato l'impostazione e il taglio con
cui stata progettata questa storia della psicologia, esplici-
tando i motivi o, meglio, le intenzioni - giuste o sbagliate -
che hanno condotto a certe scelte storiografiche. Questo non
tanto con lo scopo di giustificarle, ma per sottolineare come
la storia della psicologia - e tutte le ricostruzioni dei fatti del
passato che non siano mera cronaca - si possa fare in molti
modi e che, ancora una volta, il modo prescelto dipenda dal
punto di vista dell'autore (in fin dei conti da quello che lui
pensa della psicologia). Forse se questa storia fosse stata
scritta sempre da psicologi italiani, ma un po' di tempo fa,
quando la preoccupazione di molti era ancora dimostrare che
si aveva a che fare con una scienza, con una scienza utile, con
una scienza che bisognava diffondere, questa storia sarebbe
stata scritta in modo diverso, meno critico, sfumando il pas-
sato filosofico e gli apporti di altre discipline e sottolineando
l'autonomia di questa disciplina da quelle confinanti. Forse
non si sarebbe suddivisa la psicologia nelle storie delle sue
diverse scuole, perch il coesistere di diversi indirizzi e mo-
vimenti pu dare l'impressione che non sempre si giunti a
conclusioni certe, a punti fermi, a leggi universali. Oggi in-
vece queste preoccupazioni non ci sono piu o, almeno non ci
dovrebbero piu essere. Saggio invece un atteggiamento cri-
tico nei confronti di una disciplina, e soprattutto delle sue
applicazioni, che hanno talvolta conosciuto un successo
troppo rapido.
Un altro limite di questo libro potrebbe venir individuato
nel non aver sufficientemente fatto risaltare quella che stata
la storia esterna della disciplina. Abbiamo tanto parlato di
{(dipendenza dall'esterno, del fatto che i ricercatori spesso
- anche inconsapevolmente - si sono messi a fare quello
che altri si attendevano che facessero. Eppure a questa storia
esterna qui si allude soltanto.
Non si parla approfonditamente delle vicende storiche
dei paesi in cui si sono sviluppate le grandi teorie; n
dell'ambiente culturale che le ha fatte andare in crisi per cui
prevalso un movimento piu eclettico, come quello cognitivi-
sta; n del diffondersi della psicologia americana parallelo al
diffondersi del dominio culturale ed economico; n di alcune
scuole periferiche, come quella di Piaget, vissute per de-
cenni semisommerse e poi riscoperte grazie al mutamento del
clima culturale complessivo; n della tendenza a elaborare si-
stemi teorici da cui derivasse un'immagine dell'uomo coe-
rente con le attese dell'organizzazione sociale e produttiva
dei vari paesi. Va per detto non solo che non v'era spazio
per tutto ci in un testo introduttivo come il nostro e che la
differenza tra storia interna ed esterna sempre discutibile.
Bisogna anche ricordare che queste vicende e interrelazioni
sono ancora in buona parte da raccontare. Troppo rapido lo
sviluppo della disciplina, troppo urgenti i problemi pratici di
cui stata ritenuta competente, talvolta con la complicit ir-
responsabile degli stessi psicologi. Solo ora iniziata, negli
Stati Uniti ma soprattutto in Germania, un'autoriflessione
critica sui rapporti tra storia esterna e storia interna. E
forse, lavorandoci su, questa contrapposizione tra esterno e
interno si scioglier.
E veniamo cosj ad un'ultima questione relativa a ci che
19 28 Storia della psicologirr
in questa storia della psicologia stato omesso o trascurato
manca quasi completamente il tentativo di illustrare quelle
che stato il rapporto tra questi movimenti, scuole e corrent
e quella che stata la loro, piu o meno giustificata, applica.
zione. La storia della psicologia non verr mai esauriente.
mente ricostruita finch non verranno sondati i rapporti tra
psicologia accademica e psicologia applicata, paralleli, per cosi
dire, all'intreccio tra storia interna e storia esterna. Si datc
persino il caso, in psicologia, che la ricerca volta a risolvere
problemi concreti, per lo piu di quelli che sorgono in societ
industriali avanzate, abbia anticipato la cosiddetta ricerca pura
e abbia prodotto interessanti teorie. Alcuni psicologi hanno
addirittura sostenuto che nella loro disciplina non ha senso
parlare di ricerca pura: sui tempi lunghi la psicologia o ap-
plicata o non . E comunque un dato di fatto che il ramo del
sapere che ha beneficiato di maggiori incrementi nei finan-
ziamenti - elargiti ovviamente nella speranza di risolvere
problemi concreti - stato, almeno negli Stati Uniti, quello
psicologico. Proprio in questo paese, avanzato per questi
aspetti della ricerca, scopriamo che il piu recente orienta-
mento culturale e accademico nel campo della psicologia, il
cognitivismo, si alimentato di scoperte e di modelli studiati
dapprima con fini pratici, connessi per lo piu con le tecnolo-
gie dell'informazione. E indubbio che la psicologia cognitivi-
sta, persino nei suoi risvolti piu teorici e astratti, sarebbe stata
diversa se non fossero stati inventati i calcolatori.
Se anche avessimo avuto piu spazio a disposizione, non
sarebbe stato facile trattare adeguatamente e con il necessario
distacco quest? versante, peraltro cruciale, dello sviluppo
della disciplina. E infatti una delle tante questioni ancora
aperte. Alcuni studiosi ritengono peraltro che il lavoro da
fare sia di tale mole che mettersi a ricostruire e ripercorrere
le vicende del passato una perdita di tempo in confronto
all'esigenza di acquisire nuovo sapere nel campo delle scienze
umane. Produrre nuove conoscenze e applicazioni, e non
auto-riflessioni ed indagini critiche del passato. I meno otti-
misti ribattono che la psicologia ha gi fatto abbastanza danni
per continuare a procedere senza voltarsi indietro, senza in-
terrogarsi sui suoi usi. I1 dubbio circa gli esiti di molte appli-
cazioni o pseudo-applicazioni ci render forse piii cauti nel
futuro.
Capitolo secondo
Le origini della psicologia
Introduzione
I1 cammino percorso dal pensiero umano, nel corso della
sua storia, per giungere ad affermare la possibilit di studiare
un metodo scientificamente corretto le idee, le perce-
i, i sentimenti, le emozioni, e cosi via, non stato n
reve n lineare. Questo capitolo si propone di individuare i
punti salienti di tale percorso e le sue tappe piii significative.
Quando nella seconda met dell'Ottocento Wundt fond una
nuova scienza, la psicologia (come si vedr meglio nel pros-
capitolo), la sua opera fu il frutto della confluenza di
rti provenienti da molte vie differenti. Non fu solo la
osofia a fornire le basi per la costruzione del nuovo edificio.
un'importanza determinante anche i contributi pro-
i da discipline scientifiche gi costituitesi in piena au-
tonomia: prima tra tutte la fisiologia, ma anche, solo per fare
degli esempi. l'astronomia e la biologia.
Inoltre, nel campo stesso della filosofia la derivazione non
proveniva solo da una particolare scuola filosofica - l'asso-
ciazionismo inglese, come vorrebbe una certa visione anglo-
centrica che ha dominato in larga misura la storiografia psi-
cologica di questo secolo. Si sono cosi trascurati gli apporti
determinanti del kantismo, e della critica al kantismo nella
prima met dell'ottocento in Germania; o l'importanza della
discussione apertasi tra materialismo e vitalismo, solo per fare
i due esempi piu significativi.
In realt, il termine psicologia (da WVX E Abyoq, la
scienza dell'anima, secondo l'etimo greco) di invenzione
relativamente recente, e ancor piu recente il significato che
t 30 La storia &&a psicologia
Lo origini &[h psicologia 31
a questo termine viene oggi attribuito. Si disputa se a coniare
il termine sia stato Filippo Melantone, il filosofo della Ri-
forma, o Rodolfo Goclenio, un oscuro logico di Marburgo,
non per altri meriti noto '. E certo che il termine, nato negli
anni a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, ebbe vita stentata
'700, quando fu ripreso da un filosofo razionalista al-
l
lievo sino 3 i Leibniz, Christian Wolff, che design con esso una
delle quattro parti in cui andava suddivisa la metafisica, le
l
altre tre essendo l'antologia, la cosmologia e la teologia. Que-
sta distinzione wolffiana, anzi, rimarr classica, particolar-
mente nella filosofia tedesca, e pur essendo vigorosamente
I
criticata dai filosofi idealisti, la si seguiter a ritrovare nei ma-
nuali di filosofia sino agli inizi di questo secolo. Wolff tra
l'altro distingueva una psicologia empirica da una psicologia
razionale, dove la prima si doveva occupare dei fatti psichici
fondati sull'esperienza, e la seconda dell'essenza dell'anima e
delle sue facolt {cfr. Wolff 1728 e 1732).
Solo nella seconda met dell'Ottocento, per, il termine
psicologia comincer ad essere utilizzato per designare una
disciplina scientifica autonoma dalla filosofia e svincolata da
ipoteche metafisiche, con una accezione piu o meno analoga a
quella odierna. Si noti, per, che ben prima di quest'epoca vi
erano stati dei tentativi di fondare una scienza che trattasse
dei fatti psichici seguendo gli stessi principi delle altre scienze
naturali. Tra questi, il piu compiuto si deve probabilmente ai
cosiddetti idologzles francesi, e segnatamente a Cabanis, come
vedomo meglio oltre.
E comunque interessante notare che il termine psicolo-
gia non veniva allora usato che rarissimamente in questi
contesti; si preferiva piuttosto parlare di scienza del morale
(intendendo con morale l'insieme dei fatti psichici); o di
scienza dell'uomo, se non addirittura antropologia (ter-
mine che ha oggi un significato affatto diverso), alludendo a
uno studio che comprendesse unitariamente gli aspetti fisio-
logici, psicologici e spesso anche sociali.
In realt l'attribuzione a Melantone appare un equivoco di Volkmann, che attribui
una nota dell'editore del Corpus reformatum relativo alle lezioni De anima (1550) a
Melantone stesso.
Sembra per che gi nel 1520 il poeta dalmato Marko Madi t avesse scritto un
trattato latino dal titolo Psicbiologia (sic!), di cui non rimasto altro che il titolo. Gi nel
1575 il Freigius e nel 1583 il Taillepied avevano usato il termine, che si impose
comunque con Goclenio a partire dal 1590.
Tali tentativi, troppo spesso trascurati, rimasero pur sem-
pre a livello di tentativi. I1 problema che occorre porsi,
quindi, quello dei motivi che fecero si che la psicologia
kcollasse cosi tardi come scienza, ad oltre due secoli di di-
stanza dalla nascita della scienza moderna. E a questo pro-
blema che il presente capitolo intende dare risposta. In parti-
colare, cercheremo in primo luogo di determinare perch
non fu possibile, fino a un certo periodo, concepire soltanto
una scienza dell'uomo in termini psicologici; e cosa rese pos-
sibile a un tratto (ma si tratt comunque di un processo lungo
e faticoso, della durata di oltre due secoli) pensare a una tale
scienza. Su questa base, poi, cercheremo di vedere come e
attraverso quali apporti tale scienza pot di fatto costituirsi.
In uno splendido saggio su Hawthorne quale precursore
di Kafka, lo scrittore argentino J.L. Borges 11960) notava
come siano i successori a creare i precursori, e come la nostra
chiave di lettura di Hawthorne sia irrimediabilmente condi-
zionata dal fatto che esistito Kafka. Ci vero anche per la
storia della scienza. La nostra lettura degli eventi passati
irrimediabilmente condizionata dalla nostra conoscenza degli
eventi piu recenti. In altri termini, possibile che nell'inse-
guire il filo logico che ha condotto il pensiero umano a impo-
stare il problema della psicologia in termini scientifici, noi si
venga indotti, anche involontariamente, a deformare la nostra
percezione degli eventi passati in funzione di quanto sap-
piamo degli eventi che a quelli si sono succeduti.
Un rischio, in particolare, dovremmo evitare. Una certa
storiografia delle scienze, di derivazione sostanzialmente po-
sitivistica, ci ha indotto a ritenere che il progresso umano sia
avvenuto per accumulo graduale e continuo di conoscenze. In
altri termini, siamo di solito indotti a credere che la scienza si
sia evoluta aumentando continuamente e linearmente le pro-
prie conoscenze: un tempo si sapeva molto poco di certi pro-
blemi, poi man mano, con l'andare del tempo se ne saputo
sempre di piu.
Q~est ' i mma~i ne sostanzialmente falsa. Se oggi proba-
bilmente lecito parlare anche di un incremento quantitativo
di conoscenze, ci dovuto in massima misura alle possibilit
che si possiedono di memorizzare e conservare i dati. Ma
quel che certo (senza per questo voler cadere in un estremo
relativismo culturale, a sfondo sostanzialmente irrazionali-
32 Storia &l&apsicologia
Lr origini &lb p~i cdegi . 33
stico) che il progresso dell'umanit si avuto attraverso una
serie di discontinuit nell'accumulo delle conoscenze. Sostan-
zialmente, i veri avanzamenti non sono derivati dal sapere di
.--"i -- .-
piu intorno a certi a r z e n t i , ma dall'interpretare in 6Gdo
diverso cose gi note. Una volta che si siano e m a t e queste
risistemazionl'aeT"sapere, queste rotture epistemologiche,
per usare l'espressione famosa di Bachelard {19341, o questi
cambiamenti di paradigmi, per usare l'altrettanto famosa
espressione di Kuhn 119621, si potuti riprendere ad accu-
mulare sapere in termini quantitativi.
Se ci vero in generale, lo in modo particolare per
quanto riguarda la psicologia. Vi sono stati dei periodi in cui
si accumulata un'enorme quantit di dati su problemi che
successivamente si sono considerati inessenziali, o impostati
su presupposti metodologici in seguito ritenuti erronei. Ci
fa si che questi dati (corrispondenti peraltro a situazioni di
fatto: i fenomeni studiati non erano invenzioni dei ricercatori,
ma si erano verificati effettivamente) siano, oggi come oggi,
per noi assolutamente inutilizzabili. Per fare un esempio ben
noto, al di fuori della psicologia, si pensi all'impossibilit per
la scienza moderna di recuperare il sapere accumulato nelle
esperienze degli alchimisti. Tale impossibilit dovuta all'as-
soluta imprecisione delle misure utilizzate da questi (si
prenda un po' della tal sostanza, si mescoli con una buona
quantit della talaltra, e si scaldi a fuoco vivo per un certo
periodo di tempo), a petto della precisione che richiede oggi
la chimica, a livello di microgrammi e centesimi di grado -
sempre non considerando l'imprecisione nel definire i com-
posti, la loro purezza, e cosi via.
La scienza moderna, se si vuole, nasce anche nel mo-
mento in cui, per usare un'espressione di Koyr 119571, siH
dal < < m o n d o d ~ ~ ~ s a p o c o e si entia --cc<----- nell'<<universo
della precisionen. Precisione che va i n e accuratamente
c o m u n l c a ~ riferire di una ricerca scientifica (e questo
un altro tratto distintivo dal mondo prescientifico, ad esem-
pio, dell'alchimia, in cui la comunicazione di natura vaga,
spesso volutamente ingannevole, riservata agli iniziati), e ci
per garantire la ripetibilit di un'esperienza, prima caratteri-
stica di un sapere effettivamente valido scientificamente.
I1 cambiamento dei paradigmi fa per si che le situazioni
in cui la ricerca si svolge abbiano delle caratteristiche che in
certe fasi storiche sono considerati pertinenti, e non in altre.
Tornando alla psicologia, e solo per fa
certi periodi ritenuto indispensabile che
,imenti fossero persone specificamente
quel tipo di compito che lo sperimentat
In &re fasi dello sv&o di questa disciplina si ritenne in-
v e c ~ c o r r e t t ~ sol6 il ricoYso a so ingenui, cio a per-
- sone del tutto all'oscuro dei problemi C e venivano studiati e
del senso del compito loro sottoposto. Ci rende assoluta-
mente non comparabili i risultati ottenuti in esperimenti che
impiegassero il primo tipo di soggetti come quelli impieganti
soggetti del secondo tipo. E ci, owiamente, anche se tale
diverso criterio con cui sono state reclutate le persone che
hanno affrontato il compito sperimentale viene chiaramente
specificato al momento della pubblicazione della ricerca.
Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma non que-
sto l'importante. Ci che ci premeva sottolineare era lo spo-
stamento dei criteri di rilevanza che si verificano nel corso
dello sviluppo di una scienza, al mutare dei suoi paradigmi.
La storia di una disciplina scientifica, in altri termini, non
tanto una storia di progressive acquisizioni, quanto una storia
discontinua di cambiamenti, a volte drammatici. Ci se
spmpre vero (ammesso, owiamente, che si accetti tale pro-
spettiva), particolarmente vero quando si parla delle origini
della disciplina. E questo per due ordini di motivi. Una storia
delle origini, innanzitutto, abbraccia un arco di tempo e una
molteplicit di problemi e di apporti ben superiore a una sto-
ria di una singola corrente o di un singolo autore. Soprat-
tutto, per, una stori? delle origini per definizione la storia
di un cambiamento. E la storia di un qualcosa che prima non
esisteva, e a un tratto ha iniziato a esistere. Questo a un
tratto va ovviamente preso con un certo beneficio di inven-
tario. I1 cambiamento di paradigmi, o, come in questo caso,
l'istituzione di paradigmi, non avviene mai di colpo: prepa-
rata da una serie di awenimenti e, mentre i paradigmi istituiti
si consolidano, accompagnata da altri awenimenti. Sono que-
sti che cercheremo di mettere in luce nel corso del capitolo.
34 Storia della pficohgia
Le condizioni
sviluppo delle scienze dell'uomo rispetto alle altre scienze
naturali dovuto proprio al fatto che per diversi secoli tale
prerequisito venuto a mancare. O meglio, in altri termini,
per molti secoli il pensiero umano occidentale ha escluso che
l'uomo potesse essere oggetto di indagine scientifica. Ve-
diamo rapidamente come, anche se, ovviamente, non po-
tremo che essere estremamente schematici, e correremo il
rischio di semplificare all'eccesso i problemi.
Va innanzitutto detto che questa impossibilit affermata
di studiare l'uomo tipica del pensiero cristiano medioevale,
e che le conseguenze di questazpostazio*Pne si sono pTr i -
percosse sino almeno a met del XVIII secolo. Non per
stato sempre cosi, e in particolare non lo era nel pensiero
greco. Da questo punto di vista va1 la pena di soffermarsi
molto rapidamente su due posizioni almeno della filosofia
greca: quella di Aristotile e quella di Ippocrate.
La psicologia nel pensiero greco
Ippocrate di Cos medico, e la sua scienza finalizzata
alla medicina. Ma Ippocrate non solo un sistematizzatore di
malattie o uno scopritore di rimedi empirici; soprattutto un
filosofo (in gran parte tuttora misconosciuto) che fonda una
vera e propria scienza dell'uomo in cui confluiscono osserva-
zioni sociologiche, psicologiche e fisiologiche, in uno sforzo
cdntinuo di sintesi e di sistematizzazione che non ha prece-
denti nella storia del pensiero umano, e che rimarr senza un
seguito apprezzabile per ventidue secoli.
Si pensi alla stupefacente modernit delle affermazioni
che seguono. Nel trattato Delle epidemie afferma che il medico
deve studiare i costumi, il regime, il modo di vita, l'et di
ognuno; i discorsi, i silenzi, i pensieri, il sonno, l'insonnia, i
sogni - come e quando - i gesti involontari - strapparsi i
capelli, grattarsi, piangere...>>. E nel trattato DelZe arie, delle
origini della p~icofogia 35
,[due e dei luoghi, afferma che compito del medico studiare
-- z
,i costumi e le istituzioni sociali stesse 2.
..-
Con queste affermazioni, Ip ocrat pone in evidenza una
-%" concezione che si sta afferman o nel pensiero greco, e che
trover la sua espressione piu elevatain ~ri st ot i l e: il fatto,
cio, chp l'uou-~!--n_ra, e pu essere studiato
con i meto i e le scienze della natura. Per Aristotile, anzi,
l'uomo un animale, e con gli altri animali lo compara conti-
nuamente. Di particolare interesse, per di piu, il tentativo di
Aristotile di costruire, accanto a una psicologia dell'uomo (il
suo trattato Delpanima indubbiamente il primo testo di psi-
cologia che sia mai stato scritto) anche una psicologia animale
e una psicologia infantile 3. Non per nulla, secondo Darwin,
Aristotile stato il pensatore che piu si awicin alle sue con-
cezioni.
Dal Medioevo al Rinascimento
La filosofia greca aveva quindi posto tutte le premesse
perch le scienze dell'uomo, e quindi la psicologia, potessero
adeguatamente progredire. I1 pensiero romano non svilupp
per questi temi. Plinio il Vecchio, ad esempio, si interess
dell'uomo solo per segnalare casi meravigliosi e mostruosi,
senza nessun interesse per una sistematizzazione. Ma, se nel
fondo del pensiero romano rimane pur sempre lo spirito
greco originale, sia pur filtrato nell'ellenismo, e sovente in-
volgarito e immiserito, con il Medioevo e con la cultura
cristiana che si assiste a un completo rivolgimento di pro-
spettiva.
11pensiero medioevale infatti del tutto alieno dal19 stu-
dio dell'uomo, di cui nega addirittura la possibilit. E evi-
dente che la scienza medioevale ben diversa comunque da
quella greca, e dallaltro lato non ha alcun rapporto con quella
che sar la scienza moderna, dopo la rivoluzione del XVII
' Fra le pi6 recenti edizioni italiane delle opere di Ippocrate segnaliamo quella
curata da &i. Vegetti, Torino, Utet, 1965.
' Cfr. fra le numemsissime edizioni italiane delle opere di Aristotile: DeIPanima, a
cura di A. Barbieri, Bari, Laterza, 1957, e Opere biologiche, a cura di D. Lanza e M.
Vegetti, Torino, Utet, 197 1.
36 Storia &l& psicologirr
Le origini &I& psicologia 37
secolo. I1 mondo concepito secondo una precisa struttura
gerarchica, con alla testa Dio, e immediatamente sotto
l'uomo, che non viene per visto come facente parte della
natura. Non si rifiuta lo studio della natura, ma questo pu-
ramente descrittivo, senza nessun tentativo di sistematizza-
zione delle conoscenze; ne sono testimoni i Lapidari e i Be-
stiari di cui abbonda la letteratura medioevale.
Vi la grande riscoperta di Aristotile, che diventa rapi-
damente la piii grande autorit a cui far riferimento. Ma si
tratta di un Aristotile abbastanza stravolto e sfigurato rispetto
all'originale, un Aristotile di cui si perso il grande sforzo di
sistematizzazione dei fatti empirici, e di cui rimasta viva
solo la metafisica, adattato ad uso delle dottrine teologiche e
politiche imperanti.
Esiste, ed ovvio, tutto il mondo dell'alchimia e dei ma-
ghi, ma la ricerca, contrariamente a quanto avverr nel Rina-
scimento, talmente impregnata di spirito magico, di so-
prannaturale e del metodo di imbrigliare le sue forze, da
non assomigliare in alcun modo al concetto che oggi abbiamo
di scienza.
In queste condizioni una scienza dell'uomo non solo
impensabile, ma addirittura empia, sia sul piano fisiologico,
sia, a maggior ragione, su quello psicologico e sociale. Per
molti secoli verranno vietati gli studi anatomici, e i contrav-
ventori verranno puniti con la scomunica, se non con il rogo.
E come sar possibile, poi, parlare di studio dell'anima, se
questa discende direttamente da Dio? Di studio delle forme
di vita sociale, se queste sono modellate su un disegno di
origine divina?
-\
E solo sulla fine$l.aV secolo, e poi spprattuttonei due
. .
secoli succ
.-
n-il Rinascime-nto, che sar possibile ini-
ziare u i g i & e n t o del pensiero u p n o , e comince-
ranno a riGstituirsi Ie condiziinIcI1e rendono possibile una
scienza dell'uomo. Il processo che si inizia nel Rinascimento
per colmo di contraddizioni, inizia con grande lentezza e
in modo ambiguo, e si concluder solo nel XVIII secolo.
In estrema sintesi, le caratteristiche del pensiero rinasci-
mentale che qui esamineremo brevemente possono cosi es-
sere riassunte. Vi un improvviso interesse per l'uomo in
quanto tale, e come membro della natura. L'uomo non piu
visto in un'ottica trascendente: semmai, la tendenza pu es-
sere quella di attribuire all'uomo stesso alcune caratteristiche
proprie della divinit. Siamo per ancora lontani dalla possi-
bilit di poterne fare un concreto oggetto di studio.
Lo stesso vale in parte anche per ci che riguarda la Na-
tura stessa, a cui si tenta anzi di attribuire una sua energia,
naturale e non divina di origine. Ci tra l'altro comporta un
brusco mutamento di atteggiamento da parte dei maghi,
astrologi, alchimisti. Alla magia, bianca o nera, succede la
magia naturale. Lo sforzo non piii quello di cercare il so-
prannaturale per soggiogarlo e piegarlo ai propri voleri, per-
ch il soprannaturale non esiste: la natura che ha nel suo
seno delle forze prodigiose, e sono queste che vanno sco-
perte e dominate. Forze magiche, certo, ma non soprannatu-
rali.
La concezione che si afferma, anzi, spesso ancora una
zolta tra mille contraddizioni e ambiguit, strettamente de-
arministica. Nel mondo, nella natura, agiscono delle forze
~rodigiose, che determinano tutto quanto awiene. Nulla si
muove nell'universo che non abbia una diretta conseguenza
su tutte le altre parti dell'universo, anzi, come afferma Pico
della Mirandola, l e l= che regolano queste influenze reci-
- . L " "-
proche sono leggi matematiche.
E q u i , allora, l w m e importanza~del17&ogia. 1 moti
degli astri non possono non esertitare la loro influenza sugli
venti del mondo (e sulle nazioni, i sentimenti, i pensieri de-
gli uomini, come sottolinea il Pomponazzi), se fan parte di un
universo animato da forze prodigiose, seppur insite nella na-
tura, in continua interazione reciproca. L'astrologo pu
quindi, attraverso lo studio degli astri, prevedere gli eventi
terreni, ma in modo assolutamente naturale.
Siamo, ovviamente, abbastanza lontani dalla scienza mo-
deza, ma le muraglie che la filosofia cristiana medioekale
aveva eretto cominciano a infrasersi. Di fatto, per, come
Osserver con un7Eimagi& famosa Francesco Bacone 116201,
maghi, astrologi, alchimisti, con la loro mole imponente di
esperimenti, si comportano come formiche, che accumulano
tante cose senza alcun discernimento e senza alcuna elabora-
ZlOne; ma, di converso, i dottori aristotelici, tuttora presenti e
dominanti nelle universit, si comportano come ragni, che tes-
sono tele anche meravigliose, ma frutto esclusivo della loro
bava, senza alcun rapporto con quanto awiene nel mondo. Il
38 Storia della p~iroiogia Le origini del& psicologia 39
vero filosofo, lo scienziato nel senso moderno del termine,
deve invece essere come l'ape, che prende dall'esterno il
nettare, ma rielaborandolo personalmente lo trasforma in
miele.
La rivoluzione scientifica e il dualismo cartesiano
La trasformazione di ragni e formiche in api awiene ap-
punto tra il XVI e il XVII secolo. Sono Galileo, Keplero,
Bacone gli autori della svolta che porta dalla magia naturale e
dall'aristotelismo astratto alla scienza moderna, al legame,
cio, t ~ t e o r i a ed espe- empirica.
Non questa la sede per esaminare le caratteristiche di
tale svolta. Ci che qui ci preme rilevare che, ancora una
volta, le scienze dell'uomo non possono nascere in forma
compiuta, anche se il '600, in primo luogo con Cartesio, e
successivamente con gli empiristi inglesi, prosegue nell'opera
di abbattimento delle barriere che il cristianesimo aveva po-
sto nel Medioevo attorno allo studio dell'uomo. Tuttora non
si tratta di un'opera n semplice, n accettata. La stessa solu-
zione dualisticadi Cartesk, pur con la sua ambiguit, sar
apertamemeOstegg%-dalle gerarchie religiose, e costringer
il filosofo francese a rifugiarsi in Olanda, dove pure non avr
vita tanto facile.
In estrema sintesi, sono due gli aspetti del pensiero carte-
siano che qui ci interessano. Innanzitutto, la distinzione che
egli opera tra res c ogi t anz e s extensa, tra, cio, anima pep-
i n 6 0 come macchina. In secondo luogo, la sua
ottrina delle idee innate, che costituir il punto di partenza 7
di infinite polemiche, tuttora vive all'interno della psicologia
Ma vediamo questi punti in ordine.
Iniziamo dal dualismo. Cartesio, come abbiamo detto, di-
stingue il corpo, la materia che ha un'estensione, dallo spirito
(preferisce evitare di parlare di anima, per non ricadere negli
equivoci della filosofia precedente) che pensa, ma privo di
estensione, e che interagisce con il corpo a livello della
ghiandola pineale, o epifisi. La curiosa scelta della ghiandola
pineale (che non la sede dello spirito, come a volte si af-
ferma, ma semplicemente il luogo di interazione) motivata
dal fatto che si tratta di un organo posto all'interno della sta-
tola cranica, unico, e di cui non si conosce alcuna funzione.
La cosa importante che il corpo pu essere considerato
un meccanismo perfetto. Cartesio, da questo punto di
vista, si riferisce al fisiologo Harvey, che aveva scoperto nel
1628 la circolazione del sangue, e aveva dato una perfetta
interpretazione meccanicista del funzionamento corporeo. I1
che ha presente Cartesio, parlando del corpo,
quello di una macchina idraulica, come gli orologi, le fontane
artificiali, i mulini, allora giunti a un livello altissimo di perfe-
zione. Di fatto, se si esclude il pensiero, la res extensa del tutto
in di funzionare autonomamente. L'importanza di que-
sta concezione enorme, e spiega la grande fortuna, soprat-
tutto postuma, dell'opera di Cartesio. Da un lato, infatti, ven-
gono spazzate via tutte le ipoteche metafisiche nello studio
del corpo umano. I problemi religiosi che possono porsi sono
_WL*--
reh&"i alla res cogitans, non aIIa res mteniz.' C% consenile di
dare un enorme i r n p u l s o ~ ~ r i c ~ t o m i c h e e fisiologi-
che. La cosa viene per pagata con un perdurare deltvetoialle
ricerche scientifiche sui problemi del pensiero, che possono
essere indagati ancora esclusivamente sul piano filosofico, con
tutte le ipoteche poste soprattutto dal potere religioso. D'al-
tro canto, per, l'affermazione della liceit di studiare l'uomo
come meccanismo, cosa che viene unanimemente e ufficial-
mente accettata a partire dalla seconda met del secolo, co-
stituisce una rottura epistemologica di dimensioni considere-
volissime. La barriera ormai stata infranta, con effetti a ca-
scata che a distanza di un secolo, e particolarmente con gli
idologues, sui quali torneremo tra breve, diverranno di tale
entit da superare ogniFteto residuo a studiare con gli stru-
menti della scienza l'uomo inteso in senso integrale.
11secondo aspetto per noi rilevante dell'opera di Cartesio
quello della dottrina delle idee innate. Le idee, infatti, co-
stituivano per Cartesio il contenuto della mente, ed egli di-
stingueva tra tre tipi di idee. Vi erano idee derivanti dai sensi,
dalla memoria o dall'immaginazione, costituenti un legame
tra mente e oggetti reali. Non si vede con gli occhi, ma con la
mente, e le idee non detto che si conformino alla realt. Vi
sono poi idee costruite direttamente dalla mente, sia che si
di idee di oggetti del tutto immaginari, come awiene
sogno o nel delirio, sia che si tratti della consapevolezza
emozioni che possiamo provare.
40 Storia &fLa psicologia
Ma l'originalit di Cartesio nel postulare un terzo tipo di
idee, quelle innate, che sorgono direttamente dalla mente
come principi assolutamente basilari. Le idee innate possono
essere quelle di Dio, di s, gli assiomi matematici, e cosi via.
Ora, il fatto che tali idee siano innate, non significa che siano
presenti chiare e distinte alla coscienza dell'uomo. Egli le
deve piuttosto scoprire in se stesso. Da questo punto di vista,
l'esperienza sensoriale gioca un ruolo fondamentale, sia in
senso positivo che negativo. In senso positivo, l'osservatione
della natura ci consente di scoprire delle propriet in essa,
che in realt possedevamo gi a livello implicito: ad esempio,
scoprire delle relazioni matematiche tra gli oggetti che ci cir-
condano. In senso negativo, 17esper&nza ,sensoriale~~ pu in-
durci scmjre in errore-e mascherare alcune ideejnnate. Cosi,
ad esempio, unsUOmo privo di sens? dovrebbe possedere in
forma assolutamente pura, e quindi con maggiore chiarezza,
le idee di Dio e di s.
I1 concetto di idea innata non privo in Cartesio di ambi-
guit. Soprattutto nei suoi ultimi scritti, le idee innate ap-
paiono piu una sorta di predisposizioni innate a formare idee
sulla base dell'esperienza. E comunque sempre la res cogitans
a formare idee, anche quando queste sono innescate
dall'esperienza sensoriale. I1 punto fondamentale che qui
preme sottolineare che in tal modo Cartesio pu postulare
una totale indipendenza tra le due sostanze, corpo e mente.
A quest'ultima, infatti, non piu necessario il corpo (com-
presi cervello e organi di senso) per esplicare la sua azione,
perch in essa sono compresi, innati, i principi che le con-
sentono di funzionare.
Vi sarebbe un ultimo aspetto del pensiero cartesiano SU
cui sarebbe opportuno soffermarsi, per l'interesse che pre-
senta non solo e tanto per la psicologia, ma per tutto il pen-
siero moderno. Ci limitiamo a un rapido accenno per motivi
di spazio. Si tratta della concezione secondo la quale il
mondo in cui viviamo potrebbe essere un mondo di appa-
renze, costruito da un demone che ci voglia ingannare. Se
quindi indispensabile dubitare di tutto, per indubbio che
vi sono delle idee che per le loro caratteristiche di chiarezza e
distinzione sono indubitabili, non in ragione di una necessaria
corrispondenza con oggetti del mondo esterno, ma in quanto
siamo consapevoli della loro esistenza. Volendo fare un
Le origini &fk psicologia 41
banale, se io vedo un cavallo, e lo vedo chiaro e
distinto, posso dubitare che esista un cavallo e chiedermi se
esso non sia che un'apparenza; non posso per dubitare di
vederlo.
Esistono quindi delle evidenze indubitabili, la prima delle
quali formulata nel famoso;egito: se penso, non posso dui , ,
bitare di esistere. Non abbiamo spazio per proseguire oltre in
questo discorso (ma per le conseguenze che esso ha per la
psicologia [cfr. Bozzi 19761). Si tratta comunque di una sfida
che Cartesio lancia ad ogni possibilit di fondare una teoria
della conoscenza; e dopo di lui non potr esservi nessuno che
non ne tenga conto.
La fondazione delle scienze dell'uomo
Pur con le sue ambiguit, Cartesio segna una pietra mi-
liare nel processo che consente di determinare le condizioni
perch possa nascere una scienza dell'uomo. 'I1 dualismo e la
dottrina delle idee innate sono i prezzi che' si sono dovuti
pagare perch l'uomo possa essere finalmente studiato come
meccanismo. I passi successivi da compiere sono a) il passag-
gio da un'indagine sull'e_nza della mesi te. ~' i adagme sui
su@ processi, indipendentemente dalla sostanza chr: la com-
pone; -- - b) - -- il pss&o da u_a c~nc9zi aee~del corpo da mac-
china a orga&mo animale, in_. modo da poter ricostituire
l'unit mente-corpo. I1 primo passo verr compiuto dagli em-
piristi inglesi, e in particolare da Locke e da Hume, e verr
quindi portato ai piu fini livelli di analisi dagli associazionisti,
da Hartley ai Mill, per giungere fino a Bain; sar soprattutto
nei paesi di lingua ihglese che si svolger questo processo.
Ma il secondo passo, altrettanto e forse pii5 importante, si
svolger per lo piu in Francia, prima con La Mettrie, Condil-
lac e Buffon, e poi soprattutto con gli idologaes, in partico-
lare, per ci che riguarda la psicologia, con Cabanis. Alla fine
1 .
de'settecento si ha gi, cosi, una autegica fondazi@~Jella
- --
~ c ~ e n z a ~ o ~ n o . Non siamo per ancora alla psicologia, nel
Senso in =-oggi la intendiamo. Sar ancora infatti necessario
Oltre mezzo secolo, e fondamentali saranno gli apporti di al-
tre scienze - dall'astronomia, alla fisiologia, alla biologia -
che innestandosi su questi contributi permetteranno alla psi-
cologia di nascere come tale. Ma procediamo con ordine.
LP origini dolka psicologia 43
Andando per linee molto generali, il filone filosofico che
prende origine da Cartesio quello cosiddetto razionalista.
Ad esso si contrappone il movimento empirista, i cui prin-
cipali rappresentanti furono Locke, Berkeley e Hume. Con
un eccesso di schematismo, si soliti indicare nell'awersione
ad ogni forma di idee innate, e nell'affermazione della deriva-
zione di ogni conoscenza dall'esperienza la distinzione fon-
damentale tra razionalisti e empiristi. Ci indubbiamente
vero, ma non spiega che in parte abbastanza ridotta le diffe-
renze tra i due movimenti.
l
La discussione sul problema delle _era comun-
I l que viziata anche da una cattiva defi osa dovesse
1 l
intendersi per idea. Se queste comprendono anche le pas-
sioni, affermava Hume [l 7391, probabile che bisogna
I l
ammettere che amor proprio, risentimento, passioni sessuali,
I I
siano legate alla costituzione originale della mente umana, e
~
quindi siano, anche per gli empiristi, innate. Diverso il caso
se per idee si intendono i pensieri. Sempre secondo
Hume, che sfidava il razionalista Malebranche a provare il
contrario, non esiste nessun pensiero che non possa essere
fatto risalire, se ben analizzato, a qualcosa di precedente-
mente sentito. In tal senso, dunque, di idee innate non ne
esistono. L'intelletto umano determinato unicamente da
fattori ambientali; ci che l'uomo pu conoscere del mondo
l
deriva unicamente da ci che l'ambiente scriver nella sua
l mente, in origine una tabzrla rasa.
l
li
Abbiamo utilizzato non a caso il termine intelletto
(Understanding), anzich mente o anima. E qui infatti il nodo
del problema, e il punto che ci preme maggiormente chiarire.
Per primo Locke utilizzer questo termine, nel suo famoso
saggio sull'intelletto umano 11690). Parlando di intelletto, an-
l
zich di mente o di anima, Locke si riferiva a una facolt, e
non piu ad una sostanza. In tal modo ogni discussione metafi-
i
sica veniva bandita, non perch si negasse 4% liceitldi discu-
l
1~
tere sull'essenza dell'anima, ma semplicemente perch si in-
dicava la via per indagare empiricamente sui processi e sugli
effetti dell'anima, indipendentemente da quale fosse la sua
I
!
essenza.
In altri termini, gli empiristi non negavano l'esistenza --
dellPanima, n negavano la liceit di un'indagine metafisica
sulla sua essenza. Semplicemente, si occupavano di altro. Di-
stinguevano, cio, tra i prodotti, dell'an$a, in termini di
C_ -
processi ed effetti, e sostan%cwa compone. I primi pote-
. -
vano essere studiati scientificamente, i secondi solo attraverso
la Se si vuole, la stessa distinzione tra psicologia
empirica e psicologia razionale che abbiamo visto operata dal
razionalista Wolff. Ma se l'interesse di quest'ultimo era ri-
volto alla seconda, l'interesse degli empiristi chiaramente
alla prima. :
La cosa che preme sottolineare che senza tale distin-
zione non sarebbe mai potuta nascere una psicologia scienti-
fica, perch ogni discussione sull'anima avrebbe sempre avuto
a che fare con il problema della sua essenza, e non sarebbe
quindi mai riuscita a liberarsi dalle pastoie della metafisica. In
questo modo, inoltre, si aprivano due vie di indagine. La
prima era quella dei processi che si svolgono nell'intelletto in
quanto tale; la seconda era invece relativa allo studio dei rap-
porti tra mente e corpo. Per quest'ultima, val la pena di no-
tarlo, non rappresentava piu alcun ostacolo una posizione an-
che dualistica, se l'interesse della ricerca si poteva rivolgere a
cercare corrispondenze tra processi mentali e processi corpo-
rei.
Chi imbocc piu risolutamente la prima via fu David
H-e, che individu nelle . . . i processi fondamen-
t arche regolano l'intelletto. he i principi dell'asso-
ciazione non erano assolutamente una novit nel pensiero oc-
cidentale, poich risalivano addirittura ad Aristotile, che
aveva distinto associazioni per contiguit, somiglianza e con-
trasto. (Val la 'pena di rilevare che comunque si ritiene di
massima che Aristotile sia il primo precursore dell'empiri-
Smo, come Platone lo del razionalismo; e ci, a parte l'owio
schematismo di questa distinzione, induce a far riflettere che,
al di l di ogni tentativo di conciliazione, empirismo e razio-
nalismo rappresentano probabilmente due modalit caratteri-
stiche e differenziate di affrontare i problemi, sempre esistite
"ella cultura occidentale).
Se i principi dell'associazione sono cosi lontani nella loro
Hume per li approfondi tanto, da rivendicare a si.
''1 nome glorioso di inventore>> di tali principi. Secondo
Hume, tra le idee si stabiliscono dei segreti legamin, che fan
-
44 Storia &l11 psicologia
si che la mente le congiunga piii frequentemente. in questo
modo che awiene che quando si parla o si scrive, gli argo-
menti si susseguono gli uni agli altri, e le connessioni non
solo vengono facilmente trovate da chi parla o scrive, ma pos-
sono anche essere comprese da chi ascolta o legge.
Con una lieve differenza rispetto ad Aristotile, Hume di-
stingueva associazioni per somiglianza, per contiguit e per
causazione. Esempi, tratti direttamente da Hume, di questi tre
tipi di associazione possono quindi essere i seguenti: il ri-
tratto del volto di una persona ci fa pensare per somiglianza
alla persona ritratta; la chiesa di St. Denis ci fa pensare per
contiguit a Parigi; un figlio ci fa pensare per causazione al
padre.
Gli associazionisti svilupparono enormemente i principi
dell'associazione, e aggiunsero numerose altre leggi a queste
tre originali. Merita la pena ricordare a questo proposito lo
scozzese T&~-mas- Brown [1820], che i nt rodus~e~forse-per
primo in- psicologia il q ~ m n t i o s p e z i o n e , e cio
de~~aut oos s e~azi one sistematica da parte di una persona di
quanto awiene nella sua stessa mente (metodo che poi sa-
rebbe stato il principale usato alla nascita della psicologia
scientifica, nella seconda met dell'Ottocento, particolar-
mente dagli strutturalisti).
I1 compito per di affrontare i legami tra mente e corpo
fu in quest'ottica affrontato principalmente da un medico,
David Hartley, che, pur adottando una posizione dualistica
(scriver nel 1749 che l'uomo consiste di due parti, l'anima
e il corpo), si muoveva nella scia del programma enunciato
da Locke. Quest'ultimo, ricordiamolo, aveva piii volte affer-
mato l'esistenza di un'interazione tra corpo e operazioni
dell'intelletto. Hartley, influenzato da Newton, enuncia un
programma scientifico fondato sui fatti, e non sulle con;
getture. A fondamento della sua dottrina vi la teoria dellq:
vibraziuncole, delle minime vibrazioni che gli oggetti
esterni provocano attraverso gli organi di senso nel sistema
nervoso. I1 suo programma consiste nel dimostrare che a tali
vibraziuncole corrispondono le associazioni che si sono dimo-'
strate la base delle operazioni dell'intelletto. Cosi, ad esem-
pio, un ricordo di un'esperienza passata dovr suscitare un
insieme di vibraziuncole corrispondente a quella causata da
tale esperienza nel sistema nervoso, quando fu percepita.
I* origini &IL psicologia 45
Parlando dell'associazionismo, vale la pena di vedere ra-
pidamente come questa scuola si svilupp anche nell'otto-
cento, data la notevole influenza che alcuni suoi rappresen-
tanti, in primo luogo John Stuart Mi11 e Alexander Bain,
esercitarono sugli iniziatori della psicologia scientifica. Le
leggi dell'associazione lasciavano abbastanza irrisolto il pro-
blema del pensiero complesso. Al di l infatti di idee semplici
e di semplici concatenazioni di idee, diventava difficile com-
prendere eventi di pensiero piii complessi, nei quali il ri-
ch'iamGdell'everito sensoriale &n fosse immediato.
I1 primo tentativo di risolvere questo problema f t d i Ja-
mes Mill. Nel 1829, egli formul il principio della associiI
zione sincronan. 'secondo tale principio, un oggetto per noi
costituito da una somma di sensazioni diverse (forma, colore,
peso, durezza, e cosi via). Tali sensazioni -... e diverse -M - s ngono da
noi associate simultaneamente, e costituiscono cosi un per-
c e t t s , da cui deriva unVidea. Per fare un esempio, un
fiore non altro che un composto di idee semplici quali i
petali, le foglie, il gambo, le radici, etc. Ognuna di queste
idee semplici a sua volta un percetto, costituitosi per asso-
ciazione sincrona di colore, forma, etc. Di fatto, ed qui la
debolezza di Mill, probabilmente ognuna delle idee semplici
in realt un composto di idee pi6 semplici ancora, il che
rende gi a livelli abbastanza bassi poco maneggevole la teo-
ria. Ma la complessit di un'analisi in questi termini si pu
rilevare non appena ci si rivolga a idee o pensieri veramente
complessi.
Fu il figlio di James Mill, con la sua teoria della chimica
mentale, che super l'impasse. Secondo -- --. Stuabtt Mi11 {1843],
infatti, se il concetto di associazione sincrona pu spiegare
abbastanza bene la formazione per associazione delle idee
semplici, nel momento in cui si passa allgjdee complesse il
discorso necessita h n a rA5difica. Egli allora~sosfe~iE cFe le
idee semplici, nel costituire le idee complesse, si comportano
come gli elementi della chimica quando si uniscono tra di
loro per formare un composto. Cosi, se vero che, poniamo,
l'acido solforico composto di idrogeno, ossigeno e zolfo,
altrettanto vero che una molecola di acido solforico si com-
porta come un'unit, e per comprenderla non abbiamo biso-
gno di dividerla nei suoi componenti. Anzi, una volta che
abbiamo diviso tra di loro gli atomi che la compongono, non
/ /
46 Storia della psicologia
I
ci troviamo piu di fronte alla molecola originale.
Un ultimo cenno merita a questo punto Alexander Bain,
da molti considerato il vero padre xfilosofico>> della psicolo-
gia scientifica - anche se personalmente non condusse mai
ricerche scientifiche. La posizione jJBain pik complessa e
articolata di quella degli altri associazionisti di cui abbiamo
sin qui parlato. Pur accettando u n ~t e o r i a associazionistica
analoga a quella della <cchimicg,mentalen di John Stuart Mill,
ammetteva contemporaneamente l'esistenza anche di fattori
innati di organizzazione del comportamento. Con Bain l'af-
fermazione della necessit di dare una base neurofisiologica
ad ogni studio del comportamento riceve in questa prospet-
tiva la sua formulazione piu completa.
s ua l'affermazione secondo la quale la mente com-
pletamente alla merc delle condizioni corporee. E tra I'al-
tro interessante osservare che in Bain si trova una prima for-
mulazione dei processi di apprendimento che richiama molto
da vicino quella che sarebbe poi stata elaborata da Thorndike;
e che fa comunque di Bain il piu diretto precursore del com-
portamentismo. S~condo Baiq, infatti, il movimento precede
la sensazione, e questo a sua volta precede il pensiero. Nella
. soluzione di un problema, I'indivjduo opera-inizialmente ,con
1
m~ i me n t i casuali; alcuni di questi saranno per premiati
-
dalle loro iokseguenze, e precisamente quelli che ottengono
risultati positivi; essi tenderanno aii-oxa_ ripetersi, divenendo
delle abitudini. Fu cosi Bain (18551 che utilizz per primo
l'espressione apprendimento p g triah-aadierro~s (tentativi
ed errori), che diverr poi popolarissima attraverso il connes-
sionismo di Thorndike.
' I Gli ideofogi
I
Se la fondazione della scienza dell'uomo in Gran Bretagna
segui questa via, diversa (anche se sotto molti aspetti analoga)
l
fu la strada seguita da filosofi e scienziati in Francia. Anche
qui, il problema quello che si pone alla cultura inglese: su-
perare l'essenzialismo nelle ricerche sull'anima, ricondurre la
macchina del corpo all'organico, trovare una corrispon-
denza non piu tra corpo e anima ma tra fisico e morale
suscettibile di essere studiata scientificamente.
Semplificando al massimo, possiamo dire che il per;corso
l i
Lo origini della psicologia 47
lungo il quale si muove la cultura francese sostanzialmente
questo. Da un lato, Condillac E1746 e 17541 inizia uno studio
non della natura dell'uomo, bensi delle sue operazioni intel-
lettuali, lasciandoZ5si impregiudicato il 'problema metafisico
dell'essenza dell'uomo, ma aprendo la via a utio studig scien-
tifico dei suoi processi psicologici. Nel faredTbesto .&egli arri-
uer addirittura a confrontare 1:g~mo con gli animali. Rimarr
in lui la convinzione dell'esistenza di un'anima inconoscibile
(cosa che gli sar rimproverata dai successori), ma - sul
piano della fondazione rigorosa di una scienza dell'uomo - il
suo contributo sar altrettanto prezioso di quello di Locke in
Inghilterra.
Di pari importanza, se si vuole, il contributo di Buffon
E17491 (anche se il suo rigore scientifico non sempre era ele-
vato). Soprattutto qui ci preme sottolineare il fatto che con
Buffon l'uomo rientra finalmente nel regno animale, pur oc-
", b
cupando una posizione di vertice. E chiaro che questo inse-
rimento dell'uomo nella serie animale non stato operato per
la prima volta da Buffon. In particolare, non si pu dimenti-
care da questo punto di vista il contributo di Linneo. Ma
Buffon va oltre la semplice visione classificatoria dello sve-
1 1 Y 1 W.
dese, giungendo al concetto di storia naturale dell'uomo,
che indicava, oltre a una pgmqssit ai considerare l'uomo
cqme parte integrante-della natuEa? nelIe sue somiglianze e
differenze dagli altri animali, anche la raggiunta maturit di
un-a>oncezione che consgntiva di studiire l'uomo in toto, in-
dipendGtemente da pastoie metafisiche sulla sua cssenza.
In tale co-ricezione, vi era da- parte di Buffonanche una
certa polemica anti-mecceicistica. Ma il meccanicismo era
sisto esso stesso un passo necessario per& fondazione di una
scienza deIl'uomo. Volendo schematizzare, ricordiamo che
nel momento in cui attraverso il dualismo - un secolo prima
- Cartesio aveva distinto corpo e mente, le prospettive che
si potevano aprire nell'immediato a chi volesse fondare una
scienza del l ' u~mo erano sostanzialmente due: o scegliere la
-.
via di Locke e in certa misura di Condillac, la via cioe di
m z f & - K a r E i problemi dell'essenza della mente, e dedi-
carsi a110 studio dei sui processi ed effetti; o s&~ppa~,min
una ptospettiva meccanicistica, lo studio del corpo come
macchi~a3utosufficiente in grado di funzionare, sul ~ i a n o del
comportamento, indipendentemente dalla mente. solo attra-
verso questo riduzionismo biologico sar poi possibile ricon-
siderare l'uomo come totalit animata, e gettare le basi di uno
studio corretto dei rapporti tra fisico e morale dell'uomo,
compito che verr affrontato dagli ideologi.
In altri termini, al di l della polemica, il meccanicismo
una premessa indispensabile alla storia naturale dell'uomo di
Buffon. E Buffon, come Condillac, una premessa indispen-
sabile al lavoro di sintesi e di fondazione scientifica degli
ideologi, ancora al di l delle polemiche.
Non abbiamo certo lo spazio per affrontare compiuta-
mente il discorso del riduzionismo meccanicista. Ci limitiamo
quindi a ricordare come l'autore che ha svolto piu coerente-
mente (sia pure con una certa bizzarria) questo programma
sia stato La Mettrie 11745 e 1748). Di lui rimasta famosa
l'espressione: il cervello ha i suoi muscoli per pensare, come
le gambe hanno i loro per camminare. In altre parole, in La
Mettrie la mente non che una propriet della materia; ci;
ch.e pero distingue la materia vivente da quella noivivente,-
che" la prima organizzata, e tale organizzazione le fornisce
un principio motore interno. Ma moto animato e moto ina-
nimato sono affatto diversi. Cos' all~gg l ' a n i ~a per La Met-
trie? Null'altro che i ale di tutta Ia macchina.
$ A - . I in 1- -
Essa non ha princip eterminano l'aziiine; non
si governa che per volont del corpo, ma questo a sua volta
non si governa che per volont dell'anima. Da ci segue an-
che un altro principio di estrema rilevanza. Se ci vale per
l'uomo, e l'uomo non altro che una macchina che trae il suo
principio motore dal solo fatto di essere composto di materja
organ-a, ne segue che tra uomo e animale le unichai' ffe-
r&ze non possono che essere quantitative, nel senso che la
maggior semplicit dell'animale far di esso una macchina
meno complessa.
La diga che il pensiero medioevale aveva eretto intorno
all'uomo per renderlo invulnerabile all'indagine scientifica era
quindi ormzi infranta. Il primo passo fondamentale lo aveva
compiuto-Cartesio, pur con le sue ambiguit; ma gli ultimi
ostacoli posti dal dualismo cartesiano erano anch'essi caduti.
A ci si aggiungeva un mutato clima culturale, che portava a
respiagere le speculazioni astratte e a centrare l'attenzione sui
<fuci p s i t i v i ~. I t e m~ i ormai erano maturi perch la scienza
deli'u~wpo nascesse effettivamente - e non solo e non tanto
Le origini drlh psicologia 49
la psicologia, ma anche l'etnologia e l'antropologia. Furono,
come si ripetutamente detto, gli ideologi a compiere
quest'ultimo passo alla fine del XVIII secolo. Tra questi fu
soprattutto, per quel che ci concerne, Cabanis, medico-filo-
sofo, a compiere il passo decisivo. Intendiamoci, non per
ancora la nascita della psicologia scientifica, nel senso mo-
derno del termine.
Come in La Mettrie il pensiero azione dei muscoli del
cervello, cosi in Cabanis [l8021 il pensiero sta al cervello
coGe il'sifcfo gastrico allo stomaco. Ma le analogie tra i due
si fermano sostanzialmente qui. Cabanis rifiuta qualsiasi ridu-
z i o n ~ m o ~ m ~ c n i i s a cui La Mettrie invece sostanzid-
mente fiermcg, Per Cabanis, come non vi dipendenza del
cti2.rpo da :%'anima ontologicarnente distinta, cosi non vi
neppure semplice riduzione dell'anima ai meccanismi biolo-
gici. Egli sostiene infatti l'impossibilit, ad esempio, di inter-
pretare gli esseri viventi in puri termini fisici. Fisico e morale
sono per lui profondamente interconnessi, ma poli opposti di
un'unica dimensione. Nella sua concez_@ne assume impor-
tggnza p ~ mJ , g ~ n t e ~ i ~ r u o l o che attribuisce al sistema nervoso,
che raggiunge ogni parte del c6ipo overngdola e regolan-
d dola (e addirittura rigenerandola, se anneggiata); e che nd9
stesso tempo, attraverso gli organi di senso, raccoglie le im-
pressioni dal mondo in cui l'individuo si trova ad agire.
Ma questa supremazia del sistema nervoso, che viene a
sostituire nelle loro funzioni anima o mente o spirito dei pre-
cedenti filosofi, soggetta anch'essa a tutte le leggi che rego-
lano ogni altra parte del corpo, essendo del corpo parte inte-
grante. In altri termini, con Cabanis finalmente si affaccia
quella concezione Gell'uomo che si affermer poi definitiva-
mente nel secolo successivo, e sar quindi dominante sino ai
giorni nostri: il morale funzione del sistema nervoso, in
primo luogo del cervello, ed principio regolatore del
fisico; ma cervello e sistema nervoso, di cui il morale
funzione, fanno a loro volta parte del fisico. L'unit, anche
pntologica,, dell'uomo definitivamente affermata. Ma, e
k; -questo ancora importante, questa concezione si inquadra
all'interno di una impostazione generale che rifugge ormai
definitivamente dalle speculazioni astratte, e si inquadra in
un'attenzione tutta rivolta ai fatti, da studiare con spirito
scientifico.
50 Storia della psicologia
Le origini &/la psicologia 51
Ci si pu chiedere, a questo punto, come mai in realt la
psicologia scientifica, costituendosi come disciplina auto-
noma, non abbia mai riconosciuto il proprio debito nei con-
fronti degli ideologi (al cbntrario di quant invece ha fatto ad
esenSpio vefio gli associazionisti). In realt il programma di
Cabanis non and mai oltre la fase appunto di programma. I1
clima culturale e politico in Francia stava per cambiare,-; ab-
bastanza radicalmente, e proprio gli ideologi ne avrebbero
pagato le conseguenze piu dure. Inoltre la psicologia scienti-
fica sarebbe nata in Germania, e qui il pensiero francese non
esercitava piu l'influenza che aveva avuto, ad esempio, nel
XVIII secolo. Vi era ormai una certa supremazia, a livello
dell'intera cultura occidentale, della filosofia tedesca, e vi era,
da parte di quelli che sarebbero stati i fondatori della psicolo-
gia, da Helmholtz a Wundt, una certa apertura verso gli asso-
ciazionisti inglesi. I1 pensiero degli ideologi nell'arco di pochi
decenni era gi praticamente dimenticato. Ma l'importanza
della loro opera fu ugualmente inestimabile. Con loro, e solo
con loro, si poterono finalmente stabilire tutte le condizioni
perch la psicologia potesse nascere come scienza. Gli eventi
st~rici~~impedirono per che fossero essi a raccogliere diret-
- C.
tamente i frutti di quanto avevano seminaio.
b
-
Il pensiero tedesco dopo Kant
Non fu quindi n &Francia n in Inghilterra che nacque
la psicologia scientifica, rni-in Germania. I motivi di questo
fatto sono molti e complessz e non possono qui essere ana-
lizzati a fondo. Ci limiteremo quindi a ricordare che solo nel
XVIII secolo la Germania (soprattutto attraverso l'impulso
dato alla filosofia e alle scienze da Federico Il) cominci a
colmare il ritardo culturale che aveva nei confronti degli altri
l
l
paesi. Non si scopre nulla di nuovo quando si afferma che
solo attraverso l'affermarsi di una classe borghese forte che
11 una cultura si awia verso il progresso scientifico, supera il
gusto per le speculazioni astratte, si indirizza verso l'esame
dei fatti positivi. Ora, la Germania del '700 era ancora un
1
paese in larga misura feudale, e le sue condizioni sociopoliti-
/I che erano indubbiamente piu arretrate di quelle della Francia
l
e dell'lnghilterra. Tale ritardo viene colmato proprio in que-
i
sto periodo, e in parallelo si ha uno sviluppo scientifico e
culturale in genere, che si accompagna all'emergere di una
fortissima borghesia, che porter in breve tempo a una decisa
supremazia del pensiero tedesco nella cultura occidentale. E
ci sar vero in campo filosofico (si pensi all'importanza della
figura di Kant, e in genere poi dell'idealismo tedesco), ma
anche propriamente scientifico e artistico.
Non questa la sede per un'analisi di tali fenomeni. Sar
per opportuno ricordare almeno due dati, relativamente al
contributo di Kant ai fini del discorso che qui ci interessa. I1
primo quello del superamento kantiano della controversia
tra razionalisti e empiristi, attraverso l'introduzione dei giu-
dizi sintetici a priori. I1 secondo, di particolare rilievo per
l'evoluzione della psicologia, il superamento della distin-
zione wolffiana tra psicologia razionale (la cui possibilit era
da Kant negata) ed empirica. Rimandando il lettore ad altri
testi per un approfondimento specifico delle tematiche legate
al pensiero di Kant e alla crisi del criticismo kantiano nella
storia della psicologia [cfr. in particolare Romano 1974; e so-
prattutto Poggi 19771, ci soffermeremo in questo paragrafo
sui due autori che possono essere considerati i piu diretti
precursori della psicologia scientifica: Herbart e Fechner.
Herbart e la psicologia, matematica
Johann Friedrich Herbart fu il successore di Kant alla
cattedra di Konigsberg, prima di trasferirsi a Gottinga. Sotto
molti aspetti, pu considerarsi un filosofo della restaurazione;
in particolare, la sua concezione della psicologia in antitesi
con quella che si era andata affermando con l'illuminismo. Se
infatti per Herbart la psicolsgia scie-, si aatta per di una
sknz-met afi si ca e non .sperimentale. E ci in quanto la
scienza sperim&tale necessariamente analitica, mentre la
mente per sua natura non pu che essere unitaria. Per di piu,
e in questo andando in particolare contro le concezioni che si
erano affermate con l'illuminismo, Herhart negaua ogni inte-
resse per i nessi tra psicologia e fisiologia
Ciononpertanto, Herbart C1824-18251 il primo ad af-
fermare che. la psicologia scienza, e scienza autonoma, non
subordinata n alla filosofia n alla fisiologia. Ma non essendo
scienza sperimentale, scienza metafisica, che sulla metafi-
52 Storia della psicoiogia
Le origini della psicologia 53
sica, come sull'esperienza e sulla matematica va fondata.
L'aPpetto matematico anzi preminente nelle preoccupa-
zioni di Herbart, che +%%b~i l primo, quindi, ad affermare
nonch la possi6ifit; la necessit'di una misuraziohi dei fatti
pichici E f, li sosteneva che le idee,variano per il tempo e
l intensit; anima per unitaria, e se due idee si presentano
contemporaneamente, o esse possono integrarsi in un'unit
piu complessa, o necessariamente tenderanno reciprocamente
ad inibirsi. L'inibizione di un'idea da parte di un'altra piu in-
tensa non potr per mai essere completa. In pratica, l'idea
inibita sjjndebolir, sino a poter addirittura scomparire dalla
co'scienza dell'individuo. I1 fatto che per un'idea sia scom-
parsa per inibizione del campo di coscienza non significa che
essa abbia per ci cessato di esistere, se non piu come realt,
almeno allo stato di tendenza. L'intensit minima che un'idea
)
deve possedere perch rimanga a livello di coscienza viene
detta soglia della coscienza. Al di sotto della soglia le idee
entrano nel livello dell'inconscio. Il concetto di inconscio
entra cosi per la prima volta nel carnpl, della psicorogia, con
setrmir'anni cirT di anticipo sulla prima formulazione che ne
dar Freud, nei suoi Studien iber Hysterie scritti con
Breuer [1895],E owi o che il discorso herbartiano ben di-
verso da quello psicoanalitico, e sarebbe k z a r e troppo le
cose affermare che Herbart (com stato detto "avol e) fu
no psicoana~istZ~~ttr littevurn; E per nello stesso tcrnpo in-
dubbio che Freud conosceva bene l'opera di Herb?:t,.e~e
era r of ondam~i nf l uenzam; e che quindi il concetto freu-
&di inconscio fu quanto meno ispirato da quello herbar-
tiano.
E evidente che il problema piii complesso di quanto non
lasci intendere l'esempio relativo a due sole idee che abbiamo
sin qui portato. Le-idee che si affacciano alla coscienza sono
molteplici, e, come si ,detto, solo quelleche possono unifi-
carsi (formando quella che Herbart chiama una massa ap-
percettiva) non si inibiscono. Di piii, se vi sono idee di in-
molto modesta, ma susc%tibili di -unificarSi con la
massaappgrce~iva pre>entsesse&no a superare la soglia
dk coscienza, anchese non ne avrebbero la necessaria inten-
sit, e ad essere assimilate nella massa ap&rcettiva.'*--
Di tutto ci Herbart forniva anche l'adeguat trattamento
matematico, su cui per owi motivi non ci soffermiamo. An-
, e ne affermava l'utilit
o della psicologia. Come
zione avrebbe poi domi-
d o gli in4i della psicologia scientifica. E se
non' 7 u Herba- il, primo a p%porla,"fu comunque attraverso
d a b i m impose.
. .
Un ultimo punto merita di essere sottolineato. He
affermando la necessit di una fondazione matematrca della
scienza psicologica, compi due o_~l_erazioni fondamentali per h
nas ( , i t l Ua nuova"'scienza- Inoakitutto, tolse l'oggetto di
Studio della psicologia dal'dominio del qualitutivo, facendolo
enttare in quello del quantitativo, compiendo cosi un &r oso
--
pa3m in a v a n t z ! l:equip2~qione della psicologielle &e
C-. -
scienze g e r a l i - anche, tra *l'altro,
livello di immagine
nella comunit scientifica dell'epoca. In secondo luogo, pose
per la prima volta in luce l'esigenza di fondare una teoria
della misurazione dei fg,,nameni psichici. Se la soluzione che
d m al problema nnpu ~ o n s i d e r z i soddisfacente, esso
era stato finalmente posto, e potr essere affrontato con mag-
giore pregnanza da Fechner, con conseguenze tutt'ora vive
oggigiorno.
Fechner e la nascita della psicojisica
Se Herbart era un filosofo e un metafisico tipicamente
accademico, l'origine di Fechner era affatto diversa. Gustav
Theodor Fechner era infatti un fisico di un certo valore, che
aveva dovuto abbandonare la ricerca per una grave infermit
agli occhi in et ancora abbastanza giovanile, e aveva comin-
l ciato ad occuparsi, da isolato, per, e al di fuori di qualsiasi
tradizione accademica, di problemi filosofici, con una curiosa
venatura mistica, impregnata tra l'altro di influssi orientali; e
nello stesso tempo, contraddittoriarnente,.orientato a dare una
ris osta materialistica aj problemi scgntifici. Ricordiamo ?a-
s- pi amen3FZie siamone1 periodo in cui in Germania apert-q
la cosiddetta questione materialistica che
- . m-
da un lato a difesa
ati accademici, port
in primo luogo il fisiologo Muller (su cui torneremo piu tardi
a proposito della teoria dell'eenergia nervosa specifica) e il
chimico Liebig; e dall'altro soprattutto alcuni giovaG fisiologi,
-
I --q _ .
k i
54 Storia della psicologia Le origini &I& psicologia 55
(che ammorbidir per in seguito le sue po-
Reymond, etc., che sosterranno la necessit
L----. i- C ------
di-~onsiderB"F'?EncE- ni viventi soggetti aIIe stesse leggi
- , -a--
Galide perA k s t o della natura. Tale controversia, come ov-
vio, non.poteva non essere 3 grande rilievo ai fini della na-
scita della psicologia. Non approfondiamo oltre il problema,
e rinviamo il lettore interessato particolarmente a Mondella
C19711 e Romano f 19741.
La posizione ' cantroversia abbastanza
i W- - h n w t e r i a l i s m o - . abbastanza ra-
W, anche se appare continuamente smentito dall'afferma-
zione dell'esistenza dell'anima. Ma l'anima, lo spirito, per
~e c hne r qualcosa di ben di'verso da quello che pe r i vitali-
sti. Lo spirito infatti n o n k r o s h e una propriet della mate-
ria, inerente alla sua organizzazione in atomi, E ogni materia,
non solo quindi gli uomini, ma gli ani&, le piante, anche la
sostanza inorganica, la terra, le pietre, i corpi celesti, ogni
hateria dunque,' in quanto-composta di atomi, dotata di
qnirga. E tale anima tanto piii complessa, quanto piii com-
plessa la struttura della materia a cui inerisce [Fechner
185 l}.
Spirito e materia, infatti, a ben guardare, non sggg altro
ch; due facce della stessa medaglia, due aspetti derivanti da
modi-di osse&ion distinti della stessa realt, ontologica-
mente unitaria. Possiamo, autoosservandoci, essere consape-
voli dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni, delle nostre
emozioni; tale osservazione ci mette, sul piano della piu sem-
plice esperienza, a diretto contatto con l'anima. Ma l'anima, e
i suoi prodotti, non sono che effetto di processi che awen-
gono nella materia che compone il nostro corpo, il nostro
sistema nervoso. Tale modo di osservazione non riesce per a
farci constatare i processi che avvengono nella materia e che
determinano tali fatti nell'anima.
Allo stesso modo, tuttavia, cambiando tipo di osserva-
zione, la scienza * -I_-_ ci consente di determinare quali sono i pro-
cessi c@-$"svolgono nella materia, e"che causano tali effetti
nel l ' ani G Potremo quindi vedere cosa avviene nel cervello,
*r
ad esempio, a livello fisico, chimico, fisiologico. Ma una volta
che ben abbiamo fatto queste osservazioni, ci sfuggir com-
pletamente cosa awiene nell'anima.+In altri termini, abbiamo
i modi di rilevare cosa awiene nell'anima, ma ci non ci con-
sente di rilevare cosa awiene nella materia; e di converso,
abbiamo i modi di rilevare cosa awiene nella materia, ma il
loro uso non ci consente di rilevare cosa awiene nell'anima.
1 Ma quest'ultima, giova ripeterlo ancora una volta, non altro
!
che una propriet dell'organizzazione atomica della prima.
I1 ponte c h ~ F g h n e r getta per unire corpo e anima, s ~ i -
rito materia, quello della psicofisica 118601. Attraverso
questa nuova scienza possibile determinare in modo unita-
rio e attraverso una precisa relazione matematica la relazione
che intercorre tra questi due aspetti di un'unica realt. Nulla
di strano, quindi, se Fechner, data l'importanza filosofica che
gli attribuiva, riteneva per il pensiero umano la relazione psi-
cofisica fondamentale, di importanza almeno pari alla legge
della gravitazione universale formulata da Newton.
Tale relazione p s i c ~ hadamentale venne chiamatada
~echWrT@ di Weber, ma C piu ,ru.*n3cx nota come!egge - di Webgx-
~ ~ h n e i r Essa afferma che la sensazione , " . proporzionale al
17jgaritmo dello stimolo; in formula,
c-
-
7
S = kl ogR + C,
6
dove S (Sinneswahrnebmung) la sensazione, R (Reiz) lo sti-'l
I
molo, k e C sono costanti, la prima delle quali, detta costante
di Weber, dipende dalla
\
" L'attribuzione della Weber E18341 dipende dal
fatto che quest'ultimo, anatomico e fisiologo a Lipsia, in Studi
; condotti tra il 1829 e"il' 1834 prevalentemente sulla sensa-
l
i zione tattile, aveva rilevato che se a un soggetto venivano
' &e' f i Tat i due stimoli di intensit diversa, ma tale per cui la
l i
differenza tra i due stimoli fosse appena percepibile (mentre
una differenza inferiore non sarebbe stata percepita), con
l'aumentare del valore di intensit degli stimoli aumentava
l
l
i anche la differenza appena percepibile, mentre rimaneva co-
stante il rapporto tra i due stimoli. Per fare un esempio con-
I creto, un peso di 30 grammi pu essere distinto da uno di 3 1
grammi, ma non da uno di 30,5. Un peso di 60 grammi, per,
non pu essere distinto che da uno di 62 grammi, anzich da
uno di 61. La differenza passa cio da uno a due grammi, ma
il rapporto tra 30 e 3 1 uguale a quello tra 60 e 62. E questa
relazione che, attraverso passaggi matematici che non stiamo
qui a riportare, Fechner traduce nella legge logaritmica di cui
abbiamo detto.
56 Storia della psicologia
Lo origini psicologia 57
Indipendentemente dalle implicazioni filosofiche, con
Fechner la possibilit di costruire una psicologia scientifica fa
un passo avanti decisivo. Osserviamo che la psicofisica-non
solo avr un imponente sviluppo per tutta la seconda met
dell'Ottocento, ma che tutt'ora (sia pure dopo una revisione
abbastanza profonda dei metodi introdotti da Fechner) . . -.-* una
disciplina vitalissima in tutto il mo n b , che ha dimostrato an-
* .
che di saper uscire dal chiuso dei laboratori, trovando ampi
spazi per l'applicazione tecnologica.
Gli apporti delle altre scienze
Come si gi avuto modo di osservare, alle origini della
psicologia non vi sono stati solo dei contribuii di origine filo-
sofica. Importanza determinante hanno avuto anche gli ap-
porti di altre discipline scientifiche; di particolare rilievo
quelli provenienti dalla fisiologia, come ovvio, ma anche da
scienze quali I'astronomia e la biologia, particolarmente attra-
verso l'evoluzionismo. In questo caso ci limiteremo ai contri-
buti piu rilevanti dei decenni immediatamente precedenti la
nascita della psicologia scientifica. Iniziamo con l'astronomia,
perch cronologicarnente il suo contributo precede quello
delle altre discipline.
Dallquazione personale ai tempi di reazione
I1 contributo che gli astronomi diedero alla nascita della
psicologia scientifica estremamente rilevante, ma nello
stesso tempo abbastanza occasionale. I1 problema che fu po-
sto all'inizio del secolo dall'astronomo tedesco Bessel discen-
deva infatti non tanto da problemi relativi all'oggetto speci-
fico dell'astronomia, ma contingenti e legati alle modalit di
osservazione astronomica allora in uso.
In pratica si trattava di questo. Fin verso la met del se-
colo scorso, la velocit di spostamento dei corpi celesti veniva
misurata in questo modo: Al telescopio veniva applicato un
reticolo; l'astronomo, osservando il cielo attraverso il reti-
colo, udiva contemporaneamente il suono di un orologio.
Quando il corpo celeste di cui si voleva misurare la velocit
entrava nel reticolo, l'astronomo cominciava a contare i battiti
dell'orologio, e rilevava quindi il numero di tali battiti nel
passare del corpo celeste da un posto a un altro prefissato del
reticolo.
Tale metodo non aveva mai dato apparentemente luogo
ad inconvenienti, almeno fino al 1796, anno in cui il regio
astronomo di Greenwich Maskelyne licenzi il suo assistente
~i nnerbrook, poich da qualche anno le rilevazioni fatte da
questi si erano dimostrate errate, con scarti che erano andati
aumentando con il passare del tempo sino ad assumere un
rilievo clamoroso.
L'episodio, annotato negli annali dell'osservatorio di
Greenwich, cadde circa vent'anni piu tardi sotto gli occhi di
Bessel, astronomo di Konigsberg. Questi rimase sorpreso
dall'entit deli'errore, e si chiese se in realt ci non fosse
dovuto piu che a negligenza, a differenze individuali esistenti
tra le persone chiamate a svolgere questi tipi di compiti.
Confront quindi i propri tempi di osservazione con quelli
@in. ottenuti da altri illustri astronomi, e pot rilevare l'esistenza
di differenze abbastanza sistematiche tra le varie persone
nella rilevazione dei tempi.
Le osservazioni di Bessel suscitarono un enorme interesse
, nel mondo dell'astronomia. Si ritenne che ricerche appro-
@$b*priate C ' avrebbero consentito di determinare la cosiddetta
equazione personale di ogni osservatore; in altri termini, si
ensava che si sarebbe potuto stabilire per ogni osservatore il
ipo di errore sistematico che compiva, e in tal modo si sa-
ebbero potute depurare le osservazioni da tali errori indivi-
duali.
Nasceva cosi la problematica dei tempi di reazione (nome
che fu dato solo nel 1871 a questo fenomeno dal fisiologo
Exner; allora si parlava di tempi fisiologici): lo studio, cio,
del tempo necessario perch una persona risponda alla pre-
ntazione di uno stimolo che gli viene presentato. Per cer-
di ridurre i margini di errore, infatti, verso il 1840 si
inciarono a studiare altri metodi di osservazione. Si ri-
tenne, cosi, che l'errore potesse essere dovuto all'insieme di
operazioni tutt'altro che semplici che l'astronomo doveva
compiere nel corso dell'osservazione. Egli infatti doveva rile-
vare due stimoli visivi (il passaggio del corpo celeste all'in-
& @esso e all'uscita del reticolo), degli stimoli uditivi (il battito
del l ' or~l o~i o), e contemporaneamente compiere l'operazione
di contare.
ICi
58 Storia della psicolo~ia
Le origini della psicologia 59
Si pens che l'osservazione potesse essere resa piu sem-
plice con l'uso Ji apparecchiature, dette variamente tachi-
grafo, chiniogr,ifo, etc. Queste consistevano sostanzialmente
in un ciliii~iro con attorno della carta, imperniate su motore
rotante, c con r i contatto una penna scrivente fissa. Nel mo-
mento in cui il corpo celeste penetrava nel reticolo, l'osser-
viitore ~lovcva premere un pulsante, che metteva in moto il
iiiotorc. Uii'i seconda pressione sul pulsante, all'uscita dal re-
ticolo ~i cl corpo celeste, avrebbe arrestato il motore. Essendo
1ic)t.i 13 velocit del motore dalla lunghezza della traccia la-
scirita drilla penna sul cilindro si poteva risalire al tempo tra-
scorso tra le due pressioni sul pulsante, e quindi alla velocit
del corpo celeste.
L'introduzione dei metodi di rilevazione fotografica, in-
trodotti a met dell'ottocento in astronomia, fecero perdere
rapidamente agli astronomi ogni interesse per l'argomento.
La psicologia riceveva per in eredit un metodo, quello dei
tempi di reazione, che, utilizzato genialmente tra il 1860 e il
1867 da un fisiologo olandese, Frans Cornelis Donders,
avrebbe consentito di dare una base estremamente solida alla
nuova scienza.
Nelle sue ricerche Donders si era i s~i rat o a un curioso
utilizzo dei tempi di reazione escogitatoa da Helmholtz per
rilevare la velocit di conduzione delle fibre nLN"'o=sPe-
rimento originale di Helmholtz consisteva in questo. Egli
somministrava a un soggetto uno stimolo, ad esempio un
lieve shock elettrico, in un punto di un arto, e il soggetto
doveva premere un pulsante non appena riceveva tale sti-
molo. Si misurava quindi tale primo tempo di reazione. Suc-
cessivamente Helmholtz somministrava un altro stimolo in
un punto diverso dello stesso arto, e registrava un secondo
tempo di reazione. Se il primo stimolo era applicato alla ra-
dice dell'arto, e il secondo all'estremit, il secondo tempo di
reazione risultava piu lungo del primo. La differenza tra i due
tempi di reazione era quindi un indice del tempo occorrente
allo stimolo per giungere dall'estremit dell'arto alla sua ra-
dice. Secondo Helmholtz, quindi, era sufficiente calcolare il
rapporto tra la differenza tra i due punti di applicazione in
lunghezza, e la differenza tra i due tempi di reazione, per
determinare la velocit dell'impulso nervoso. (I1 ragiona-
mento di Helmholtz era apparentemente ineccepibile sul
piano logico, ma non teneva conto di molti fattori, primo tra
tutti il fatto che, come oggi ben noto, la velocit di un im-
pulso nervoso dipende anche dal diametro della fibra, e non
ha quindi un valore assoluto).
Ci che colpi Donders di questo esperimento di Helm-
holtz fu l'impiego del metodo sottrattivo tra tempi di rea-
l
zione. Secondo Donders, che era, non dimentichiamolo, un
fisiologo (Oltre che a i s t a ) , ci cheimpediva alla psicologia
di diventare scienza era l'impossibilit di da&. delle misura-
& - .- - ---
~ioni-, secondo paiametri fisici, dei processi mentali.
suo avviso, per, tale difficolt poteva essere
solo si fossero potuti rilevare i tempi di durata ?pera'aZ ei processi
dnt a l i ; dimostrareTinfatti, che indipendentemente da qual-
sia4 possibilit di osservazione sul piano fisiologico, avviene
nella mente un processo che richiede del tempo, significa
contemporaneamente dimostrare I'esistenza di tale processo.
Egli escogit quindi, con il suo allievo De Jaager, questo
esperimento. Indicava tre condizioni in cui rilevare i tempi di
H o n e . La prima condizione, a, comprendeCa un6 stimolo-a
cui doveva essere data una risposta; la seconda condizione, b,
comprendeva piu stimoli, a ognuno dei quali corrispondeva
una risposta diversa; la terza condizione, C, comprendeva piu
-:@:il" stimoli, ma solo a uno di essi doveva essere data risposta,
mentre agli altri il soggetto non doveva r i sponder e4
Donders pot cosi constatare che i tempi a erano i piii
brevi di tutti; seguivano i tempi C, e infine. i 6, che erano i piu
lunghi. Cosa poteva spiegare la differenza tra tali tempi? Se-
condo Donders, la differenza c - a indicava il tempo occor-
rente al soggetto per discriminare tra gli stimoli, e scegliere
quindi quello a cui occorreva rispondere; e la differenza b - c
indicava invece il tempo necessario al soggetto per discrimi-
-*
nare tra le risposte. Tali tempi di discriminazione corrispon-
devano appunto a quei processi puramente psicologici di
scelta a cui veniva finalmente fatto corrispondere un indice di
misurazione fisico [cfr. Donders 1868-691.
I1 metodo sottrattivo di Donders suscit un notevole en-
tusiasmo {cfr. Luccio 19771, e venne tra l'altro ampiamente
impiegato da Wundt, alla nascita della psicologia scientifica,
nel suo laboratorio di Lipsia. Wundt sperava, attraverso com-
piti piu complessi, di poter dimostrare con la sottrazione dei
tempi di reazione l'esistenza delle fasi in cui riteneva si arti-
60 Storia d c l b psicologia
Le origini dclla psicologia 61
colassero i processi mentali. I1 programma di Wundt non
ebbe per grande successo, e le critiche di cui fu fatto og-
getto portarono all'oblio anche del contributo di Donders,
nei primi decenni di questo secolo. Solo in questo dopo-
guerra vi sarebbe stata una riscoperta del metodo sottrattivo,
che, in una diversa prospettiva, tutt'ora considerato uno J e i
- ...
piu fecondi metodi di studio dei pioCessi cognitivi.
W--
l
IL contribtlto dei fisiologi
l
E evidente che la fisiologia stata la scienza che forse ha
piu contribuito alla nascita della psicologia scientifica. Non
intendiamo per, ovviamente, seguire tutto l'iter delle sco-
perte fisiologiche, a partire, se si vuole, da- Harvey, con la
scoperta della circola-&ge del sangue, che consenti nel XVII
secolo di concepire l'uomo come meccanismo. Ci limiteremo,
invece, a un breve riassunto di quelli che furono i principali
contributi dati dai fisiologi alla nascita della psicologia scien-
tifica. In particolare, ci soffermeremo sulla cosiddetta legge di
Bell-Magendie e sulla teoria dell'energia nervosa specifica, e
vedremo molto in breve il contributo di Helmholtz, che si
pone a cavallo tra fisiologia e psicologia.
Prima per opportuno fare un breve accenno al, pro-
blema- dell'arco riflesso. Il concetto di arco riflesso avr
uA+Ym6hnza determinante per la psicologia soprattutto in
I
questo secolo, a seguito particolarmente delle ricerche di Pa-
vlov sul condizionamento. Ricordiamo brevemente cosa sia
i
un riflesso. Stimolando determinati recettori sensoriali, si i
provocano automaticamente (e cio senza intervento della
8
volont del soggetto) delle risposte automatiche. Si parla di
arco riflesso, in quanto il substrato nervoso composto di
~ga' ~ar t g"af f ~r ent e (il recettore sensoriale, e il nervo sen-
soriale che aa]r;.celttore porta l'impulso nervoso al centro) e
di un ramo <<-(l a fibra motoria che dal centro con-
duce agli effettori periferici). Al centro (ad esempio, nel mi-
dollo spinale) ramo afferente ed efferente sono a contatto piu
o meno diretto, di modo che l'impulso nervoso proveniente
dalla stimolazione sensoriale si scarica direttamente sul ramo
efferente, senza dover passare a livelli piu elevati che coin-
l
volgano la volont dell'individuo. Per fare un esempio fami-
liare, questo il meccanismo del riflesso rotuleo, per cui la
stimolazione della rotula con il martelletto provoca per via
riflessa la contrazione del quadricipite femorale, con conse-
guente estensione della gamba.
I primi cenni sull'arco riflesso si possono far risalire a
cartesio e alla scuola iatromeccanica italiana, ma il passo
avanti decisivo si deve a R. Whytt [l 75 l), che a met del
xVIII secolo pot dimostrare nella rana che l'asportazione
del cervello manteneva la possibilit di ottenere movimenti
riflessi negli arti, possibilit che veniva a cessare quando fosse
stato asportato anche il midollo spinale. Si aveva cosi la dimo-
strazione che l'incontro tra ramo afferente ed efferente do-
veva awenire nel sistema nervoso centrale, e non poteva es-
sere legato agli organi periferici. Di notevole importanza an-
che il contributo di J. Lagallois, che all'inizio del secolo suc-
cessivo pot dimostrare che anche la respirazione avveniva su
base riflessa, con un centro nel midollo spinale. I meccanismi
dei riflessi vennero poi totalmente chiariti solo piu tardi con
Sherrington. Tali studi avrebbero avuto un notevole impatto
sulla psicologia, ma non prima, sostanzialmente, del '900.
Abbiamo accennato alla legge di Bell e Magendie, cosi
chiamata perch scoperta indipend&temmre all'inizio del
XIX secolo dall'inglese Charles Bell e dal francese Fran~ois
Magendie. Essi dimostrarono l'indipendenza delle vie senso-
ridi dalle vie motorie. Infatti, ogni nervo che origina dal mi-
+--"
recidendo quella anteriore viene
ovimento del segmento corporeo
innervato, mentre si conserva la sensibilit; e il contrario av-
viene se si recide la radice posteriore [cfr. Bel1 181 1 e Ma-
gendie 18223.
Tale legge ebbe una notevole importanza non tanto e non
solo dal punto di vista fisiologico, ma anche sul piano, di-
ciamo cosi, filosofico. Con essa, infatti, si dimostrava per la
prima volta che al di l dell'apparente unitariet del sistema
nervoso, in esso vi erano invece delle funzioni sostanzial-
mente distinte.
11 successivo Dasso avanti fondamentale fu auello della
legge dell'ener ia nervosa specifica, di cui abbiamo fatto piu
v% cei!in&i consenti di ampliare il discorso della spe-
.-
cificit di funzioni nel sistema nervoso in un ambito diretta-
mente rilevante per gli studi psicologici: gli organi di senso.
La legge dell'energia nervosa specifica viene attribuita di
62 Storia della psicologia
Le origini &IL psicologia 63
solito a Johannes Muller, che ne diede la formulazione piu
estesa, e ne intravide con maggiore lucidit le conseguenze
11 834- 1840). Fu successivamente ampliata e specificata da
Helmholtz 118561, che di Muller era stato allievo. Di fatto, le
origini di tale legge si possono rintracciare fino nella filosofia
greca; un principio analogo era stato poi enunciato da La
Mettrie; lo stesso Muller, infine, ne attribuiva la scoperta a
Marshall Hall, fisiologo inglese suo contemporaneo, autore di
ricerche fondamentali sui riflessi.
Secondo tale legge, la qualit delle sensazioni che rice-
viamo non dipende dal tipo di stimolazione che viene eserci-
. -W*. t r-
tata s,gTi organi 'di senso, ma dal tipo di organi-di senso &e
vengono eccitati. Se noi, ad esempio, esercitiamo una pres-
sione sul nervo ottico tale da stimolarlo, la sensazione che
riceveremo non sar tattile-pressoria, ma visiva. Lo stessc
stimolo, quindi, produce sensazioni diverse a seconda dei di.
versi nervi che stimola.
Perch t al egri nci pi ~ha u n a - . - , tantc
che *Helmholtz lo pone addirittura alla base di ogni teoria
scientifica delle percezioni sensoriali? Esso permette final-
mente di distinguere tra rappresenta~ion':i cosa rappresen-
tam, tra caratteristica, cio, dello stimolo, e percezione, In tal
senso viene troncato definiti\;amente ogni impaccio di carat-
tere metafisico nello studio della percezione, che pu cosi
venire a essere studiata su basi rigorosamente scientifiche.
ponendosi come autentico fondamento di una psicologia
come scienza autonoma. In altri termini, non vi piii possibi-
lit di confusione tra soggetto che percepisce (e che pu
quindi essere studiato, sul piano della percezione soggettiva,
su base scientifica) e cosa percepita.
E il principio originale di Muller poteva essere ulterior-
mente esteso, compito che si assunse, come si detto, l
Helmholtz. Cosi, all'interno dello stesso sistema visivo, si
potevano individuare ad esempio tre tipi di fibre nervose
differenziate per la percezione di differenti colori; cosi nel
i
nervo acustico si potevano differenziare diverse fibre nervose
I
deputate a trasmettere stimoli corrispondenti a differenti al-
tezze tonali. l
I1 discorso di Helmholtz andava per, nella sua fonda-
zione di una psicologia scientifica, ben al di l. Ricordiamo
che su di lui ebbero una notevole rilevanza gli associazionisti
l
1
i
inglesi, e in particolare Stuart Mill. Di particolare rilievo,
nella sua concezione della percezione, il- concetto i infe-
Le--
renza inconscia, secondo cui il sistema percettivo corregge,
i l I T E Z p ~ t ~ ~ ~ g g e t t ~ , i valori della percezione, sulla base
del17esperienza Per fare un esimpio, noto il feno-
meno, detto della costanza di grandezza, seconaoYui un 4-
* -
getto l ont an~ rispetto a un oggetto di.-uguale grandezza vi-
< _ e-,
cino, viene visto sempre della stessa grandezza, e ci mal-
gmdo il fatto khe l'immagine che proietta sulla ~ t i n a sia di
d i - - quelle-dell'oggeGo vicino. ~e c oc do
Helmholtz, ci potrebbe spiegarsi ricorrendo appunto all'in-
ferenza inconscia: sulla base dell'esperienza passata, noto al
soggetto che allontanandosi l'immagine retinica rimpiccioli-
sce, anche se l'oggetto rimane di dimensioni costanti. Tale
esperienza fa si che inconsciamente il soggetto corregga la
percezione della dimensione di un oggetto lontano, soprav-
valutandola malgrado la piccolezza dell'immagine retinica,
sulla base della distanza percepita.
L'evoluzionismo
Se i contributi scientifici di cui ai precedenti paragrafi eb-
bero un'importanza determinante sulle origini della psicolo-
gia scientifica nei paesi di lingua tedesca, l'evoluzionismo
ebbe invece un'altrettanto determinante importanza sulla psi-
cologia dei paesi di lingua inglese, con l'introduzione del con-
cetto di adatta- con l'inizio della misurazione delle abi-
lit meGali, con l'interesse che suscit perch il campo della
psicologia si allargasse allo studio anche dei bambini e degli
animali. Vale la pena tra l'altro di rilevare che lo stesso Dar-
win si era occupato di problemi che oggi sono al centro degli
interessi degli psicologi; nel 1872, infatti, egli pubblic un
famoso libro, The Expression of the Emotions in Man and Ani -
mal, che tutt'ora considerato di interesse attualissimo da
parte soprattutto dei seguaci della scuola etologica. E curioso
osservare come nella preparazione di questo studio egli si
fosse awalso della collaborazione del gi citato Donders.
Non possibile in questa sede fare un'analisi della dot-
trina evoluzionistica {Cfr. Darwin 1859 e 187 1). Ricordiamo
rapidamente che alla base della teoria di Darwin vi il con-
cetto di selezione naturale. Secondo tale principio, le spe-
64 Storia della psicologia Le ori gi ni deUa psicologia 85
cie che non riescono ad adattarsi all'ambiente finiscono con lo
scomparire, ed anche all'interno delle stesse specie soprav-
vivono gli individui portatori di caratteristiche che meglio si
adattano all'ambiente. Nel tempo si potr assistere ad un pro-
cesso di evoluzione, con una progressiva modificazione del l e
specie, poich gli individui che sopravvivono, accoppiandosi
tra di loro, daranno vita a una discendenza che presenter i n
modo sempre piu accentuato i caratteri adattativi, con u n a
progressiva scomparsa dei caratteri disadattativi. Per ripetere
un esempio famoso, il fatto che le giraffe abbiano il col l o
lungo viene spiegato dalla teoria darwiniana in questi termini:
le giraffe vivono in un ambiente in cui necessario mangiare
le foglie degli alberi. Tra le giraffe, quindi, quelle con il collo
piu lungo si adatteranno meglio a tale ambiente, ment re
quelle con il collo corto, non riuscendo ad adattarsi, finiranno
con lo scomparire. Le giraffe con il collo lungo trasmette-
ranno tale loro carattere anche ai loro discendenti, e l'evolu-
zione della specie porter quindi con il tempo alla selezione
di una specie di giraffe tutte con il collo lungo.
Tale principio si applicava, secondo Darwin, non solo ai
caratteri somatici, ma anche a quelli psichici. Ed quest o
l'aspetto della dottrina evoluzionistica che maggiormente do-
veva influenzare la nascente psicologia. Ci in particolare
sotto due aspetti: da un lato, in Inghilterra, per opera so-
prattutto di un cugino di Darwin, Francis Galton [Cfr. 18691
come studio delle caratteristiche psicologiche individuali, e
loro trasmissione ereditaria; dall'altro in America, con il fun-
zionalismo, come studio dei caratteri psichici in quanto mezzi
a disposizione dell'uomo per adattarsi all'ambiente.
Ma la dottrina evoluzionistica signific ben di piu per l a
psicologia. In particolare, se si segue la via che in Germania
port alla nascita dello strutturaismo wundtiano, attraverso
sia Herbart, che gli associazionisti, che i fisiologi come
Helmholtz, si vede che la psicologia si costituisce come
scienza che studia i contenuti di coscienza dell'uomo adulto
normale. La lezione dell'evoluzionismo signific anche far ca-
pire che l'uomo era frutto di una duplice evoluzione: quella
filogenetica, che ha portato attraverso l'evoluzione al costi-
tuirsi della specie umana; e quella ontogenetica, che port a
all'evoluzione dell'individuo singolo dalla nascita all'et
adulta. Una vera comprensione completa dell'uomo non p u
I
i aversi quindi se non viene anche studiata la psicologia e
dell'et evolutiva, e delle specie animali.
Conclusione
Abbiamo cosi visto come a met dell'ottocento fossero
1
ormai poste tutte le condizioni necessarie perch potesse na-
l scere una vera psicologia come scienza autonoma. I1 frutto di
questo processo fu colto da Wundt, che inaugurando nel
1879 il suo laboratorio di Lipsia compiva il passo ufficiale
attraverso cui la nuova disciplina si costituiva formalmente, e
otteneva i requisiti per essere riconosciuta come tale dall'in-
tera comunit scientifica. I1 processo era stato lungo, ed era
iniziato oltre due millenni prima. Vediamo di riepilogarne le
principali tappe.
Come abbiamo visto, nel pensiero greco esistevano gi le
premesse perch potesse nascere uno studio scientifico dei
processi psichici, premesse date da una considerazione dei
rapporti esistenti tra aspetti biologici, psichici e sociali nella
1
determinazione del comportamento, e dal riconoscimento
della piena appartenenza dell'uomo, come animale, al mondo
della natura.
E il pensiero medioevale cristiano che nega entrambi que-
tti del problema. Perch possa nascere, quindi, una
dell'uomo prima, e poi una psicologia scientifica, oc-
un lungo processo che ripristini le condizioni con-
gi presenti in certa misura nel pensiero greco. Cib
con un certo ritardo anche rispetto alla rivoluzione
ca del XVII secolo, che se fornir agli scienziati della
I natura gli strumenti concettuali per affrontare un'analisi dei
loro oggetti di studio in termini moderni, trover ancora una
concezione dell'uomo non sufficientemente avanzata per con-
sentire di utilizzare tali strumenti sull'uomo stesso.
Le principali tappe di questo processo possono essere cosi
sunte; innanzitutto, Cartesio distinguendo tra res cogitans e
extensa, consente di poter studiare quest'ultima in pro-
iva meccanicistica. Apre cosi la strada ai tentativi del
rialismo volgare, di cui il piu caratteristico rappresen-
te La Mettrie. Apre per anche la strada a un reinseri-
ento, prima con Linneo, poi soprattutto con Buffon,
ell'uomo nella scala zoologica.
66 Storia del.& psicologia
Rimane aperto il problema dell'anima, ma prima Locke in
Inghilterra, quindi Condillac in Francia consentono di supe- t
rare ogni ostacolo metafisica, mostrando come si possano
studiare processi e funzioni dell'anima, senza preoccuparsi
della sua essenza. La sintesi di tutti questi apporti opera
degli idologues, che soprattutto con Cabanis mostrano come
sia possibile uno studio scientifico dell'uomo, sul piano sia B
biologico che mentale.
I1 mutato clima politico all'inizio del XIX secolo non con-
sente che il programma degli idologues possa essere portato a
compimento. Ma intanto prima Herbart e poi Fechner mo- i
strano come sia possibile uno studio matematico e una misu- I
razione dei processi mentali. E contemporaneamente altre
scienze accumulano contributi fondamentali che verranno a
i l
costituire i fondamenti della psicologia scientifica.
E il caso dei tempi di reazione, che, a partire dagli studi
sulle equazioni personali degli astronomi, con il metodo sot-
trattivo di Donders forniscono il primo corrispettivo fisico di
un processo puramente mentale. E il caso delle ricerche sui
riflessi, della legge di Bel1 e Magendie che mostra la fonda-
mentale dicotomia nel sistema nervoso tra componenti sensi-
tive e motorie, del principio dell'energia nervosa specifica,
che fornisce una fondazione scientifica allo studio psicologico
della percezione. Ed il caso dell'evoluzionismo, che intro-
l
duce il concetto di adattamento, e consente di allargare lo
studio della nuova scienza che si sta costituendo alle diffe-
l
renze individuali e al campo evolutivo e animale.
I I
Capitolo terzo
C
Lo strutturalismo e il funzionalismo
Il grande precursore: Wilhelm Wundt
La storiografia psicologica contemporanea riconosce a
Wilhelm Wundt (1832-1920) il merito di aver costituito la
psicologia come scienza indipendente. Wundt non fu un in-
novatore come Freud, ma seppe sintetizzare in un'opera co-
lossale tutte le concezioni e tutti i risultati empirici di carat-
tere psicologico emersi sia nel passato che nell'epoca a lui
contemporanea nell'ambito di scienze e discipline fra loro
tanto distanti quanto la fisiologia e la filosofia, l'etica e l'an-
tropologia. Grazie alla sua grande cultura, che non si limitava
al mondo tedesco, bensi comprendeva la conoscenza della
tradizione anglosassone, dalla filosofia empirica all'evoluzioni-
smo darwiniano, egli riusci a fornire una base concettuale
unitaria alla nuova scienza psicologica.
Dopo aver studiato filosofia e medicina a Heidelberg, ed
esser stF
tente del grande fisiolo
Helmho tz, Wundt si stabil a Li sia,
% fino =morte, scgvendo e""p""p licando - caso unico nella
storia della psicologia - oltre cinquantamila pagine fra vo-
lumi e articoli, questi ultimi soprattutto sulla rivista Philo-
sophische Studien. Nel 1873-74 usci la prima edizione dei
suoi Fondamenti di psicologia fisiologica (Grundzige der pbysio-
logischen Psycbologie), che pu essere considerata la prima
opera sistematica della psicologia scientifica moderna, e che
ebbe ben sei edizioni, l'ultima delle quali nel 1908-191 1; in
ciascuna edizione Wundt aggiungeva i nuovi risultati via via
ottenuti dai ricercatori tanto europei quanto americani.
Nello scorrere l'opera wundtiana, si rimane colpiti dal
grande eclettismo dell'autore: vengono trattati temi filosofici
ed $epistemologici\(il problema del rapporto fra vitalismo e
meccanicismo, del rapporto fra principio causale e principio
finalistico, o la natura della logica e della meccanica, ecc.),
cosi come temi schiettamente fisiologici e psicofisiologici (per
esempio le teorie fisiologiche dell'associazione), cosi come
temi prettamente psicologici (quali il problema della perce-
zione del tempo o la natura dell'emozione estetica); molto
spazio viene dedicato alla psicofisica di Weber e Fechner,
pietra miliare nello sviluppo della psicologia sperimentale.
Nel 1879 Wundt fond il primo laboratorio di p$*aaa
sperimentale nella storia della psicologia scientifica; si tratt
di s a t o r i 0 nel cui ambito continuarono ad essere stu-
diati i medesimi problemi che da anni venivano gi studiati
.' LC nell'ambito dei laboratori di fisiologia, ma la cui importanza
stava tutta nella sua denominazione ufficiale, che contribuiva
a stabilire l'indipendenza istituzionale della psicologia rispetto
alle altre scienze biologiche. In questo laboratorio Wundt e i
suoi studenti, giunti da ogni parte d'Europa e d'America, af-
frontarono sperimentalmente soprattutto quattro campi d'in-
dagine: la psicofisiologia dei sensi, in particolare della vista e
dell'udito, secondo la tradizione helmholtziana; il tempo di
reazione, secondo la tradizione inaugurata da von Helmholtz
e da Donders; la psicofisica; e l'associazione mentale, sulla
scia dell'associazionismo della filosofia empirica anglosassone.
Tuttavia, nell'ambito del laboratorio wundtiano vennero con-
dotte anche ricerche non sperimentali in senso stretto, rela-
tive alla psicologia evolutiva, alla psicologia animale, alla psi-
cologia sociale.
Le teorie psicologiche wundtiane sono oggi in parte im-
proponibili, per via di una loro spiccata componente spiritua-
listica che si sottrae all'indagine scientifica modernamente
intesa; ci riferiamo soprattutto al volontarismo wundt i an~
secondo cui tutti i p s i c h i c i umani p wa a t t r a v e r s o
* ... .* --%-
quattro - fasi: la stiwlazion~lf%FpeLrcezlem, che rende CO-
sciente l'esperienza psichica; I'appercezione - il concetto
viene preso da Leibniz e da Herbart - in cui l'esperienza
cosciente viene identificata, qualificata e sintetizzata dalla
mente; infine l'atto di volont, che suscita la reazione psi-
chica. e che connotato dal libero arbitrio. vissuto come se-
rie di stati d'animo risolutiv organizza& in una specifica
11
successione temporale-
Ma al di l di queste teorizzazioni, nell'opera di Wundt c'
molto di ci che costituisce il patrimonio della psicologia
scientifica contemporanea. In primo luogo, la definizione
pmgrammatica dell'oggetto dell'indagine psicologica: tale og-
getto
umana immediata, contrapposta all'espe-
rienza mediata, che invece oggetto delle scienze fisiche; di
questa definizione e di questa distinzione sono debitori a
Wundt quasi tutti i sistemi psicologici moderni, dallo struttu-
ralismo al gestaltismo; a proposito del primo, vedremo pi in
l come Titchener seppe approfondire e utilizzare l'indica-
zione wundtiana. In secondo luogo, Wundt codific con
estremo rigore il metodo sperimentale nell'ambito dell'inda-
gine psicologica, insistendo per primo sull'importanza dell'ac-
cwata identificazione, dello stretto controllo e della precisa
quantificazione delle variabili psichiche, che nel suo laborato-
rio erano circoscritte ai processi sensoriali e percettivi sem-
plici; e polemizzando duramente con chi, come Franz Bren-
tano, teorico della cosiddetta psicologia dell'atto, trovava
un'incompatibilit di fondo fra ricerca psicologica e speri-
mentazione di laboratorio. In terzo luogo, Wundt s u n c i un
pr i nci wche continua ancor oggi a caratterizzare, a Seconda
I* " _ _ _
che venga accettato o venga respinto,-le sistematizzazioni psi-
coTo~che: il principio del parallelismo psicofisico, secondo
si mentaIi g i processi fisici dell'organismo umano
li: n i primi causanai secondi n i secondi cau-
san6-i primiFma a' ciascun cambiamento dei primi corri-
sponde un tu al mente un cambiamento dei secondi.
+"". , . .X..-
Molte alt& istanze e hxdic&oni"i?Ti-Zeri:; sono contenute
nell'opera di Wundt; e a causa della mole e dell'eclettismo
dell'opera stessa, si tratta per lo pi di istanze e indicazioni,
Se non contraddittorie, almeno divergenti. !n particolare,
Wgi!dt da un lato-si contrappone alla tradizionale psicologia
lntrosP,i;lonGtica di derivazione hobbesiana, perch inskte
nel Porre C,-.-- gli eventimentali jn filaziooe a s u d . e a r e a i ~ n i
~&ttivarnerite --_,_ conoscibili e misurabili, e difende l'impor-
tanza deila ~l cerca sugli animali, utilizzando per esempio i'in-
d/ce oggettivo rappresentato dagli elettrocardiogrammi di c o ~
"'gli S~ttoposr;i a. stimoli. dolorosi. Ma d'altro lato conferisce
dl'introspezione lo status di metod psicologico privilegiato,
ponendo le ezionismo sistematico del
70 Storia della psicologia
suo allievo Titchener. O ancora, Wundt da un lato pu essere
~"onsiderato il padre delle successive psicologie elementisti-
che, cio di quelle psicologie - come lo strutturalismo -
che scompongono la coscienza o il comportamento in eie-
menti semplici ed irriducibili, perch il suo esplicito ideale di
scientificit rappresentato dal lavoro iperanalitico del chi-
mico. D'altro lato, formula e svilu ncetti quali quello di
sintesi creativa, che precorro uccessive psicologie
agelementistiche o globalistiche, come la Ge~taltpsycholo~ie.
O ancora, Wundt da un lato pone le premesse storiche di una
psicologia dell'uomo astratto o generalizzato, non interessata
alle differenze interindividuali e alle applicazioni nella vita
sociale: ma d'altro lato dedica molta attenzione ai problemi
della psicologia applicata e della psicopatologia.
Successori immediati di Wundt, s t r u d s m o e funzig-
n e o n o amlbnbdue d&&genilo~era del grande precur-
sore. meno direttamente il secon$o, assai pi "direttamente il
primo, tanto che alcuni storiografi - secondo noi impro-
priamente - non esitano a classificare lo stesso Wundt come
strutturalista.
Lo strutturalismo
Uno schizzo storico
Al laboratorio di Lipsia approdarono da ogni parte molti
ricercatori, attratti dall'idea di una psicologia indipendente e
sperimentale. Parecchi fra loro erano americani, o comunque
1
avrebbero successivamente operato negli Stati Uniti, come
G.S. Hall, J. McK. Cattell, C.H. Judd, H. Munsterberg. Ma
colui che piu di tutti apprese la lezione dello sperimentalismo
wundtiano fu l'inglese Edward Bradford Titchener (1867 -
1927).
Titchener tradusse in inglese l'opera di Wundt: ma la tra-
dusse di proposito solo in parte, nascondendone l'eclettismo
e le numerose componenti non sperimentalistiche. La rifles-
r
sione sui testi wundtiani fu per lui il punto di partenza verso
l'elaborazione di un sistema personale, rigoroso e coerente
che va sotto il nome di strutturalismo o esistenzialismo
titcheneriano o introspezionismo e che trova la propria
j
piu matura espressione nel A Textbook of PsychoZogy del 1910.
Giunto negli Stati Uniti nel 1892, e divenuto direttore
del laboratorio di psicologia sperimentale dell'universit di
cornell, Titchener lavor in campo teorico e in campo spe-
rimentale per oltre trentacinque anni, pubblicando dieci libri
e oltre duecento articoli, questi ultimi soprattutto sull'Ame-
rican Journal of Psychology~, che egli diresse dal 1895 al
1925, e che rappresent per anni la bandiera della psicologia
scientifica in terra americana.
Profondamente estraneo, per formazione e per tempera-
'
mento, alla emergente filosofia nordamericana nei suoi aspetti
pragrnatistici ed utilitaristici, Titchener lavor nella sua Cor-
neil University come in una torre d'avorio, e dedic le sue
energie di organizzatore alla costituzione di un gruppo sele-
zionato di allievi che volle significativamente contrassegnare
con il nome di sperimentalisti. Consacr inoltre quasi dieci
anni della sua vita alla elaborazione di una adottatissima Expe-
rimental Psychology 11 90 1 - 19053 in quattro volumi, comune-
mente conosciuta come i manuali titcheneriani di laborato-
rio, che contiene dettagliatissime istruzioni relative alla con-
duzione dell'esperimento psicologico nei suoi aspetti tecnici e
strumentali.
Con la morte di Titchener lo strutturalismo concluse la
sua fulgida parabola. Rimasero alcuni allievi, voci isolate nel
nuovo panorama della p'sicologia degli anni '30. Fra essi va
ricordato Edwin G. Boring, recentemente scomparso, padre
della moderna storiografia psicologica.
La psicologia secondo gli strtltturalisti
C q e la -fisica, la psicologia ha per oggetto l'esperienza
umana; pertanto, la scientificit intrinseca della psicologia ha
la'3fessa natura e"'T6"-St&Sso livello potenziale rispetto alla
scientificit intrinseca della fisica. La sola differenza tra fisica e
psicologia sta nel fatto che la prima studia l'esperienza in
quanto indipendente dal soggetto esperiente, mentre la se-
conda studia l'esperienza in quanto dipendente dal soggetto
esperiente: esemplificando, lo spazio e il tempo sono oggetjp
tanto dell3indapine fisica quanto &11' i nd~i n~ psicologica, ma.
-ai
mentre nel primo casoessi hanno unvalore costante in rela-
I
i
ione aIlYosservatore, nel secondo caso essi dipendono daiie
72 Storia della psicologia Lo strutturalismo e il funzionalismo 73
condizioni so ettive dell'osservatore stessq (psicologica,
mente parlan P o, dieci minuti possono essere pi lunghi di
un'ora, o un chilometro piu breve di cento metri).
Mente e coscienza sono le due categorie generali che
si ri feri scl o all'esperienza umana immediata: la mente la
somma di tutti i processi mentali che hanno luogo nella vita
di=?diyiduo; la coscienza la somma di t um i processi
menta11 che hanno luogo hic et npnc, in un determinato mo-
dent o presente della vita dell'indiviauo."
'I -ri--
. r C
Z o scopo dell'indagine p s i d o ~ k a consiste nel descrivere
i conteniiti ZS&mFnari 'delli coscienza e ne_vi@nziare le
C 1 m-
leggi che presiedono al ' oro combinarsi e al loro susseguirsi.
E psico16gia titcheniriana pertanto eminentemente de-
Grittiva; la spiegazione dei contenuti coscien>i(- in termini
mtivazionali. istintuali. e simili - es~licitamente deman-
data alla fisiologia e . &bl ogi a gen~fil;, settori d'in-
dagine estranei alla psicologia.
Rimane da dire h e r c h bel termine .strutturalismo,
C - ' .
che nbn ha nulla in comune con ro stesso-ine nei suo dso
contemporaneo. Nel linguaggio titcbeneriano la struttura
mentale il comglesgo risultato - . . , della'somma di molteplici
elementi coscienti semplici, come in una sorta di m~sai co o
meccano psichico; scopo deli'indagine psicologica la scom-
posizione e ricomposizione analitica dei pezzi.
I tre elementi della coscienza
L'esperienza cosciente si Dresenta - s e-
. .
zionif di idee* e m m o sentimenti. Ma l'interesse anali-
tir6aello psicologo rivolto agli elementi semplici o costitu-
tivi delle p e r m i , che sono le sensazioni; agli elementi
semplici o costitutivi lle idee, Che sono le immagini
mentali; e agli elemen emplic? e costitutivi delle ~mawai
o dei seri-he sono gli stati affettivi.
Dei tre elementi, la sensazione indutjbiamente quello
pi importante e ricorrente. Essa corrisponde allo stato di co-
scienza concomitante alla stimolazione di un organo senso-
ri de periferico. Oltre a quelle relative ai cinque sensi (vista,
udito, olfatto, gusto, tatto), Titchener sottolinea l'esistenza
delle sensazioni cinestesiche, che provengono dai nostri
muscoli, tendini, giunture.
L'elemento i are nei processi mentali
relativi a e s p e r i e n ~ o m g i ricordi e l e anticipa-
, i - - t a Nell'esperienza soggettiva l'immagine
molto simile alla sensazione, ma si presenta come piu tra-
sparente e <<vaporosa rispetto alla seconda. I1 --. rapporto-faa .
immagine e sensazione semplice e di ret t o, ~uando un or-
~ e n s o r i a i e g e r i t e r i c o - . , T" stai~~stimolato piu -_. -;alte - (per
e &n p i ~ , abbiamo visto BLuYalrP il i nst ayrael
. .
cm2no2- - . - . ce ... .-.- - . .-
ntrale che pu sostituireja
st~Gi'Gkazion~~perifetica e rodurre I ' i ~ m _ a g ~ d e l i a
_%I senSizione _(per esempio, ve iamo il colore blu con gli occhi
me me n t o stati affettivi costitutivo delle emozioni e
dei sentimenti quali l'amore, iociio, la gioia, la tristezza.
Come l'immagini, anch'esso molto similealla sensazione; in
pzticolare, tanto gii stati affettivi quanto ie sensazioni si
diana costellata di combinazioni tra sensazioni e stati affet-
. , . .
tivi; la fame, per esemnio& della somma di sensa-
? i o n ~ W w i a n > -
Per quanto semplici o irriducibili, gli clementi della C
scienza hanno degli attributi. Quelli fonG-entali d - 1 e a sensa-
zione e dell'immagine sono auattro: la aualit ( ~ e r es em~i o
- -
freddo, salato, averdei,...); l ' i i nt ensi t z (per esempio
una scampanellata forte); l - - > Ger esempio una
scampanellata lunga); e infine la chiarezza (per esempio,
la voce dello speaker radiofonico yhiara - owero al cen-
tro della mia coscienza - se l'ascolto intenzionalmente,
mentre non chiara - owero alla periferia della mia co-
scienza - se la sento distrattamente, impegnato come sono
nel parlare al telefono). Quanto agli stati affettivi, essi possie-
no solo gli attributi della qualit, della intensit e della du-
a, cio manca loro l'attributo della chiarezza: difatti, se ci
ncentriarno sulle nostre sensazioni o sulle nostre immagini,
riusciamo a renderle sempre pifi chiare, mentre se ci concen-
triamo sui nostri stati affettivi otteniamo l'effetto opposto,
cio li dissolviamo. Fra le sensazioni e le immagini da un lato
e gli stati affettivi d'altro lato esiste poi un'altra differenza:
mentre i secondi sono sempre e necessariamente o piacevoli
i
o spiacevoli, le prime sfuggono a questa legge del contrasto. ;
L'introspezione
C- ol oni a ~r ocede mediante osserva-
zione empirica. Nel caso della fisica, l'osservazione empirica
una ispe%ne rivolta ai contenuti del mondo esterno; nel
C - essa una introspezione rivolta ai
contenuti della coscienza individuale. L'introspezione
l'unico metodo che carattgrizzz la psicologia rispe-
. . .
e
scienze-ettivi (cio rilevabili dall'esterno
" del soggetto, come i comportamenti- ic-ologici
s 0 W - i ~ .cui possono essere __. interpretati >I,-
alla luce dell'introspezione.
. .* - --T
I
A dispetto d'eitermine, che pu essere fuorviante, l'intro-
spezione della psicologia scientifica non ha nulla a che vedere
c o n - praticata- e dal r o ma n z ~ q
mentre quest'ultima globale e indisciplinataJapumaeiM
. . .
r-
m e b l i n a t i s s i ma . sottoposta com' afie ferree- re-
gole del controllo s-entale sistematico. Nelle intenzioni
di Titchener, questo introspezionismo sperimentalistico il
vero e unico criterio che differenzia la psicologia scientifica
dalla vsicolonia razionale mescientifica.
rere-iddetto errore dello stimolo.
L'adozione del criterio elementistico implica che ogni
dato cosciente sottoposto all'introspezione venga scomposto
nei suoi elementi pi semplici, cio in elementi non suscetti-
bili di ulteriore scomposizione psichica; autenticamente ele-
mentari sono soltanto quei dati coscienti che l'introspettore
- cio il soggetto osservatore di se stesso - non riesce,
malgrado un'analisi introspettiva rigorosa e persistente, a ri-
durre a componenti piu semplici. Esemplificando: I'espe-
rienza cosciente suscitata da un fiore profumato non costitui-
sce un elemento semplice, perch l'introspezione analitica ri-
Lo strutturalismo e il funzionalismo
75
vela la presenza in essa di due componenti veramente irridu-
cibili e reciprocamente indipendenti: una sensazione di odore
e uno stato affettivo di piacere. Se segue sistematicamente il
criterio elementistico, lo psicologo ottiene resoconti intro-
spettivi costituiti da una serie di parole (caldo, amaro,
gluminos~, piacevole,. . .) ciascuna delle quali connota
univocamente una singola fase dell'intera esperienza co-
sciente, in modo tale che quest'ultima - in ossequio aila
norma della ripetibilit sperimentalistica - possa essere re-
plicata da un qualsivoglia altro osservatore.
Per quanto concerne l'errore dello stimolo, da cui lo
sperimentatore introspezionista deve continuamente salva-
guardarsi, esso consiste nell'attribuzione di significati o di
valori ai dati dell'esperienza cosciente, che vanno invece ri-
portati nella loro nuda e cruda esistenzialit (di qui il termine
esistenzialismo col quale veniva talora indicato il sistema
titcheneriano). In virtu di un addestramento preliminare,
lungo e non facile, il soggetto impara a riferire esclusiva-
mente la propria esperienza cosciente immediata, scindendola
dall'involucro sociale-culturale-linguistico in cui essa si pre-
senta ingabbiata fin dall'inizio; impara cio a descrivere il
processo cosciente determinato in lui dall'oggetto-stimolo,
anzich l'oggetto-stimolo in quanto tale; a distinguere ci che
effettivamente esperisce da ci che sa riguardo all'oggetto
della propria esperienza; esemplificando, di fronte all'omet-
sociale dell'oggetto cui esse si riferiscono.
Nel laboratorio della Cornell University Titchener e i
suoi allievi piu pazienti sottoposero per lunghi anni I'espe-
rienza cosciente al microscopio introspettivo. Fra l'altro, riu-
scirono a individuare ben 44.000 qualit sepsoriali differen-
ziate, di carattere soprattutto visivo (32.820) e uditivo (oltre
11.000): raro p , in tutta la storia della psicologia
scientifica, di indefesso lavoro sperimentale e al contempo di
cieca fiducia nel metodo analitico.
, .
I1 mo v i me n ~ e invece fin dall'inizio
c o ~ n ~ i zi ca =va cul t ~XamSSCi i i i ~~
L&t53Tsuoi-ispiratori fu infatti3 Wvenerat i 5 fra glidji&-
logi americani, William James, il cui celeberrimo e pluriedito
Principles of Psycbology 11890) rappresent per anni il simbolo
della nascente indipendenza americana nei confronti della
- ---
\ l '1 ~l~
psicologia tedesca, in cui per la prima volta in modo espli-
. j: ;
cito e specifico veniva fago~i ferhent ~-. gJJ significato e alla
I
rilevanza per la ~sicologia &ille_ t eori e ~ol uz~oni st i che di
Dmig- e di Spencer; teor& che. insistendo sui rapporto-Ga
-*,. -- -.---l-
organismo e ambGnte, trovavano vasta risonanza nel contesto
I Toci ocul t ural e nordamericano dei primi anni del secolo, for-
temente caratterizzato in senso pioneristico.
Strettamente legata d' istanza evoluzionistica nell'opera
dello stesso James, e ancor piu tipicamente nazionale, un'altra
istanza presiedette al nascere della psicologia funzionalistica:
e cio la filosofia ~ramnatistica di Mead, ~/ I QQI ~, .e Dewe%--
elaborata'-soprattutto nell'ambito della nuova Universit di
Chicago.
Tuttavia, il funzionalismo risent anche della tradizione
europea wundtiana; e in certo modo, non esplicitamente, si
riallacci a un'altra tradizione psicologica europea, la psico-
logia dell'atto inaugurata da Franz Brentano nel 1874, e co-
munemente conosciuta come scuola austriaca attraverso le
opere successive di autori quali Stumpf, Meinong, Lipps, e il
nostro Benussi: difatti, sebbene gli psicologi funzionalisti
americani non citino quasi mai gli scritti degli psicologi
dell'atto tedeschi, nei primi rivive sostanzialmente inalterata
la fondamentale categoria interpretativa dei secondi, cio
l'intenzione, il tendere a della mente impegnata nell'in-
teragire con l'ambiente.
- 1 0 s ~ ~ ~ o ~ n a l i s m o si present
. ..
--- -
com
-L*
osito ed e t e r o g w, eclettico
-*-
e tal-re prospettive psicologiche~
E Dertanto difficile individuare un unico testo sistematico che
neA contenga tutte le sfaccettatire. Fra i testi piu significativi
vanno ricordati, in ordine di tempo, un articolo di J. DeweY
del 1896, Tbe RefEex Arc Concept i n Psycbology, il cui autore
avrebbe ben presto abbandonato gli interessi psicologici per
dedicarsi interamente alla filosofia e alla pedagogia pragrnati-
stica; un manifesto programmatico di James Rowland Angell
( 1867- 1949) del 1907, Tbe Prou&.tunctiom+ PJ cbology; e
infine, nel 1925, un t e s t ~ ~ ~ s i c o l o ~ u i gen&ale de l succes- $&.
sore di Angell a Chicago, Harvey Carr (1873-1954).
Quest'ultimo testo rappresent il canto del cigno del movi-
>
ento funzionalistico, ormai sommerso dall'impeto del com-
namentismo watsoniano.
La psicologia secondo 5 unzionalisti
7jtwR.x' . . n t u r j
Facendo es ' ' m -alle concenzioni di Darwin
- soprattutto =esse nelle opere Tbe Descent of ?
Man del 1871 e Tbe Expression of the Emotions i n Man and
Animals del 1872 - gli
sono perch in qualche modo hanno aiutato l'organismo a so-
pravvivere, gli sono stati utili nel suo adattarsi all'ambiente
circostante (cfr. cap. 11, pp. 63 - 64).
2-
L'-rrogativo ~rincivale per ------.i- lagsicologia - diventa allora
UnGi-ma anche animale; anzich sui contenuti della mente
umana isolata dal corpo. Scompare il tradizionale dualismo
<<mente-corpo, che in Wundt e Titchener aveva assunto le
vesti del parallelismo psicofisico: per i funzionalisti i pro-
cessi mentali sono direttamente espressi dal medesimo orga-
nismo che esprime i processi biologici (come la respirazione
o la circolazione del sangue). Acquisendo questa valenza
biologica, la psicologia acquisisce al contempo una valenza
esplicativa: al contrario dei titcheneriani. che si limitano a
<<descrivere deman8an0 IoTspiegiTe &l{ scienze biolzii-
che, a i 9sico;Iogi f&&alisti descriv&o e spiegano" ri-
-- "-
W ".-""
~ ~ ~ t ~ n ~ d i xi co~o~i a.
Oggetto de erca psicologica sono le attivit mentali
relative ~ l ~ a c q u ~ a l l 7 i m ~ z i n a m e n t o o , WoigGn&za-
Zione e alla valutazione delle esperienze, e alla loro successiva
78 Storia della psicologia
utilizzazione nella guida del comportamento (Carr). Ci che
centrale in questa definizione il concetto di comporta-
mento guidato, orientato verso; owero, con formulmione
pienamente evoluzionistica, comportamento adattivo.
1 1 0 . , tterizzato dalla ~rgsenza
di tre com on
/ L
una stimolazione motivante, interna o
e organismo; una situazione sensoriale; una ris asta
cke aiteri la situazione in modo tale da soddisfare C%_ le con 1-
zioni motivanti. Esemplificando, un uomo affamato che si
procura del cibo e mangia fino ad essere sazio pone in atto un
comportamento adattivo: la fame la stimolazione motivante,
il cibo una parte della situazione sensoriale, il mangiare la
risposta che soddisfa la motivazione iniziale. Naturalmente,
non tutti i comportamenti sono adattivi: se starnutisco men-
tre mi allontano da un incendio, il mio allontanarmi un
comportamento adattivo, ma tale certo non il mio starnu-
tire. I comportamenti non adattivi sono descrivibili esclusi-
vamente nei termini oggettivi di stimolo e risposta.
Grande importanza rivestono i processi mentali coscienti.
La cmcienza non sfugge aiiaie-adattamento biologi~b,
anzi, ne costituisce il massimo esempio: essa emerge quando
il comportamento ostacolato da eventi problematici in or-
dine alla soprawivenza dell'organismo, e, una volta svolto il
proprio ruolo adattivo, tende a eclissarsi e a farsi sostituire
dagli automatismi comportamentali. In altre parole, siamo
acutamente coscienti nel momento in cui cominciamo a for-
marci una nuova abitudine che implica una nostra relazione
adattiva con l'ambiente circostante o con gli oggetti in esso
contenuti, e tendiamo a diventare meno coscienti con il pro-
gressivo consolidarsi dell'abitudine stessa. Esemplificando: chi
impara a suonare il pianoforte all'inizio acutamente co-
sciente di tutti i movimenti delle proprie dita; mentre cessa di
esserlo successivamente, dopo che si sono instaurate le ap-
propriate coordinazioni sensomotorie.
11I !\l!//
11 funzionalismo come antielementismo
Fin dal gi citato articolo di Dewey il funzionalismo sferra
un attacco alla tradizione psicologica elementistica. Secondo
Dewey l'arco riflesso non s ~ o ~ ~ o n i b i l e in due entit reci-
procamente indipendenti (stimolo e risposta), bensi costitui-
i .e--------------
Lo strutturalismo e ilfunzionali~mo 79
-- -
7inne ambientale. La distinzione fra stimolo e risposta per-
nto funzionale, si fonda cio su ci che essi fanno; non
sistenziale, non si fonda cio su ci che essi sono.
In definitiva, il concetto di funzione della Scuola di
hicago antielementistico in due sensi distinti e comple-
entari. Da un lato, le funzioni mentali sono attivit globali,
in s non scomponibili; d'altro lato, esse sono processi dina-
mici di carattere strumentale mediante cui l'intero organismo
si adatta alle situazioni dell'ambiente circostante.
Le funzioni mentali
Oggetto della ricerca funzionalistica sono in parte i pro-
ssi mentali gi studiati da Titchener, ma ridefiniti in termini
i funzioni; in parte processi mentali nuovi, non contenuti
e1 sistema titcheneriano. I primi sono la sensazione e l'emo-
ne (intesa in termini globali, non spezzettata in estati af-
ttivi). I secondi sono &percezione, - e la motivazione, I'ap-
rendimento, il pensiero.
Nei rispettivi manuali di psicologia generale Titchener
dica ben dieci capitoli alla sensazione, mentre Carr gliene
dedica soltanto uno, e per giunta piccolo. Oggetto centrale
della ricerca strutturalistica, la sensazione diventa, proprio in
quanto elementare, oggetto molto marginale della ricerca
80 Storia &I& psicologia
funzionalistica. Tuttavia i f~n~iona1i~tltiurr;inscsneilval~~~
T u a n t o all'emozione, i funzionalisti ne sottolineano il ca-
rattere adattivo, di riadattamento organico automatico che
aumenta l'efficacia della risposta a situazioni particolari: per
esempio, quando l'organismo ostacolato nella propria li-
bert di movimento, pu manifestarsi l'emozione collera,
la quale, mediante una mobilitazione di energia - che si
esprime fra l'altro nell'accelerazione del battito cardiaco e
della respirazione - aiuta l'organismo stesso a reagire pi
efficacemente contro l'ostacolo. I funzionalisti, tuttavia, am-
mettono l'esistenza di molte emozioni per cos dire gra-
tuite, non direttamente funzionali o addirittura antifunzio-
nali alla soprawivenza dell'ornanismo.
~ e l l ' a ~ ~ r o c c i o funzionalista la percezione un processo
mentale a s stante, non una somma di sensazioni elementari,
come ne~l' approczo strutturalista. Carr la definisce cogni-
-
zione di un-oggetto presente in relazione a un qualche com-
portamento aattivo;. Poco studiata sperime&lmenE.dai
funzionalisti cl di ci , la iGFcezione diventata un -oggeeo
i- 4 . . . -.I'"
tongj-e-entale di ricerca da arte dei neofunzionalisti con-
temporanei, come-megfio --+ ve remo piu in l.
Dato il suo orientamento biologizzante e data la sua voca-
zione esplicativa, la psicologia funzionalistica attribuisce
grande importanza ak-ge. Carr ia definisce nei se-
p e n t i termini: qualsivoglia s t i r qo~~r e~at i vament e persi-
stente --=.,..scie, piilsione sessuale, dol~xc;, - che do-
mina il comportamento dell'individuo fino a quando
- > o non r - - f modo tale da soddisfarlon.
Ma l'oggetto p r i n c i p a l ~ ~ i -ricerca funzionalistica,
quello che Sta a qiest'ultima come la sensazione sta alla ri-
cerca strutturalistica, l'apprendimento. Funzione adattiva
per eccellenza, esso consiste nell'acquisizione, da parte
dell'organismo animale o umano, di appropriate modalit di
risposta a situazioni problemiche presenti nell'ambiente
dell'organismo stesso; modalit di risposta che hanno valore
di soprawivenza. Se questa caratterizzazione evoluzionistica
del significato globale dell'apprendimento costituisce una
<<esclusiva dei funzionalisti, la loro spiegazione dei meccani-
smi interni dell'apprendimento invece largamente debitrice
nei confronti della tradizione psicologica associazionistica. In
*articolare, Carr eredita da Thorndike, associazionista e ini-
ziatore (fin dal 1898) della sperimentazione psicologica
s~ii'apprendimento animale, la famosa legge dell'effetto,
formulata nel 1905. Secondo questa legge (vedi p. 138)
i J
. .
&&e.
-data-disfazione, finisce _-_ con ..._-....
associato a quella situazione. Cosi, quando la situazione si ripre-
s ent a, Tt t ~ ad essa relativo ha maggiori probabilit di ripetersi rispetto al
passato. Viceversa, ogni atto che in una data situazione produce insoddisfa-
1'
&ne, finisce con l'essere dissociato da quella situazione. Cosi, quando la
situazione si ripresenta, l'atto ad essa relativo ha minori probabilit di ri-
petersi rispetto al passato flhorndike 191 1).
Rispetto agli associazionisti, tuttavia, i funzionalisti attri-
b~i scono assai minore importanza 2 I % i p ~ m e n t 6 ~ e r
prove ed errori; e sostenpono invece c h i a a i primo 1%-
patto con la situazione problemica, l'organismo vivente -
soprattutto se dotato di coscienza - si comporta spesso non
.gi in modo &e. bensi in modo selertivo ed analitico-
P u a n t o infine concerne il ve- (inteso come flusso
continuo, non sbriciolato in immagini mentali), i funzionalisti
ne sottolineano gli aspetti adattivi o strumentali: un'idea, un
ragionamento, un'aspettativa possono avere una funzione
adattiva tanto quanto le percezioni. Esemplificando, il pen-
siero di un esame da fare pu indurre nel soggetto una prepa-
razione piu adeguata, svolgendo cosi una funzione adattiva in
sostituzione di quella che potrebbe svolgere uno stimolo per-
cettivo oggettivamente presente nell'ambiente del soggetto.
l metodi del fanzionalismo
Sebbene fondamentalmente soggettivistico come lo
strutturalismo, il funzionalismo detronizza l'introspezione dal
I
suo status di unico metodo psicologico: da un lato, difatti, le
funzioni mentali - al contrario dei contenuti mentali, unico
oggetto di studio degli strutturalisti - non compaiono
4b i
nell'esperienza diretta; d'altro lato, secondo la celebre defini- I'
1
i,
I
82 Storia della psicologia Lo strutturalismo e il funzzona~hmo
83
ri&loro contesto nakal e.
LO-&, e ai contrario di Titchener, i funzionalisti
(soprattutto Angell) accettano i contributi alla conoscenza
psicologica de' !?-filo& &- U s a t u r a ,
de_UCiiG, ' d e l 1 9 a n t r o p ~ e r t o senso, pos-
sono essere pertanto considerati anticipatori del contempora-
neo interdisciplinarismo.
E ancora come Wundt, al contrario di Titchener, e pre-
correndo molto blandamente il comportamentismo, i funzio-
nalisti ricorrono talora all'osservazione oggettivistica o com-
portamentale, quale integrazione all'osservazione soggettivi-
stica, che rimane il loro fondamentale criterio metodologico.
La polemica fra strutturalisti e funzionalisti
Intorno al 1910 la psicologia americana conobbe un am-
pio dibattito fra Titchener e i suoi allievi (soprattutto Ruck-
mick e Dallenbach) da un lato, e i rappresentanti della Scuola
di Chicago d'altro lato. Alcuni storiografi americani (di re-
cente, per esempio, D. Schultz) lo hanno ricostruito in ter-
mini di rivoluzione funzionalistica~ contro lo strutturalismo;
ma si tratta di un'esagerazione - dettata forse da un certo
nazionalismo culturale - che non rispetta l'effettiva natura
del dibattito. L'unica vera rivoluzione psicologica ameri-
cana il compojtamentismo watsoniano degli anni '20, il
quale, liquidando fino in fondo la soggettivit e sostituendola
con il comportamento oggettivo, scardina la premessa fori-
damentale tanto dello strutturalismo quanto del funzionali-
smo (vedi cap. VI).
Difatti, strutturalisti e funzionalisti, pur polemizzando fra
loro, sanno di appartenere alla m e v g l i a
, o g s r t w ~itcxeener non scomunica il funzionalismo
a g p o i invece scomunicher il comportamentismo, e d'al-
tro lato Angell e Carr riconoscono alla coscienza lo status di
oggetto fondamentale della ricerca psicologica, limitandosi ad
affermare che di essa intendono studiare non solo e non tanto
i contenuti, quanto piuttosto le funzioni.
Al funzionalismo Titchener rivolge soprattutto due criti-
che. In primo luogo, egli contrappone il proprio sperimenta-
lismo sistematico alle componenti filosofiche o aprioristiche,
presenti negli scritti della Scuola di Chicago, componenti che,
a suo awiso, tendono a riportare la psicologia al periodo pre-
scientifico. In particolare, egli stigmatizza l'entusiasmo di
molti funzionalisti (come J.M. Baldwin) per gli aspetti piii
totalizzanti e metafisici dell'evoluzionismo spenceriano, e, in
nome dell'unica tradizione scientifica, quella meccanicistica,
attacca duramente il vitalismo finalistico o teleologistico (il
concetto di cause finali) che i funzionalisti, influenzati dalle
nuove speculazioni evoluzionistiche, vanno applicando alla
psicologia. In secondo luogo, Titchener, pur riconoscendo
scientificamente legittimo lo studio delle funzioni mentali,
sostiene che esso deve essere preceduto dallo studio esau-
stivo dei contenuti mentali: non ha senso ce__r_b__pire
cosa fanno per l'organismo T processi coscienti, se prima
no6 s i capi xcosa essi n s o i i %, ~ o ~ r n e i i o n h a z n s o
-----v- - -..-.l" r* l"? -
cercarex capire i ' operazi oi ~Z~~<~~edet e~> se prima non si
prfettamente conosc"iuta la %&tura anatomica dell'occhio.
Quanto ai funzionalisti, la ."loro critica principale allo
strutturalismo quella secondo cui i momenti di coscienza
rilevati mediante introspezione sono transitori ed evane-
stenti, cessano di esistere non appena trascorsi; mentre le
funzioni mentali, come quelle fisiologiche, sono persistenti e
continuative, e, rimanendo identiche a se stesse, possono es-
sere svolte da strutture di volta in volta diverse.
Della polemica fra strutturalisti e funzionalisti va infine
ricordato un altro aspetto, che rimasto problematico anche
nell'odierna riflessione psicologica: quello relativo ali'utiiit
O meno della psicologia. Da un lato, Titchener si erige a di-
fensore di una scienza psicologica pura, disinteressata, circo-
scritta al laboratorio accademico, gestita con lo stesso rigore
84 Storia del [ ~ p~icologia
Lo struttrrra~ismo e i[ f#nziona[i~mo 85
impersonale che caratterizza il procedere del fisico. Una
scienza psicologica avente per oggetto i fatti e non i valori
della coscienza umana, tesa a capire la mente dell'Uomo
Generalizzato, non ad agire - per migliorarle, aiutarle o
comunque modificarle - sulle menti dei singoli individui
impegnati nella loro vita quotidiana. D'altro lato, attirandosi
l'accusa titcheneriana di tecnologismo, i funzionalisti operano
una scelta radicalmente opposta: influenzati dalla filosofia
pragmatistica, che identifica il vero con l'utile, essi in
ultima analisi giustificano la scienza psicologica sulla base del
valore sociale dei suoi risultati; non intendono cio aggiun-
gere una psicologia applicata alla tradizionale psicologia pura,
o far derivare la prima dalla seconda, bensi ritengono che fin
dal suo momento iniziale la ricerca psicologica - sia essa
sperimentale, o sul campo, o di qualsivoglia altro tipo -
debba caratterizzarsi in senso utilitario, focalizzandosi per
esempio sulle differenze interindividuali (nella percezione,
nell'apprendimento, nella motivazione.. .), che tanta impor-
tanza hanno nella quotidiana vita associata.
Un bilancio storico dello strutturalismo e del funzionalismo
Le ragioni della scomparsa dello strutturalismo titchene-
riano dalla scena psicologica contemporanea sono molteplici.
o si autolimitava allo studio .d~lljuomo
<yy$%- -.." -.-
ianco adulto p h i r a m p n t f t n o r n t r e -
da&-mi rTa in poi la psicologia si sempre pi6 interessata
allo-studi6 delle variabili antropologico-culturali, dello svi-
luppo intellettivo ed affettivo, della patologia mentale, degli
individui concreti nei loro gruppi sociali, del comportamento
animale. In secondo luogo, l'elementismo titcheneriano
stato messo irreversibilmente in crisi dal globalismo fenome-
nologico della psicologia della Gestalt (vedi cap. V). In terzo
luogo, il descrittivismo statico dell'analisi strutturalistica
stato superato dall'esplicazionismo delle nuove psicologie di-
namiche. In quarto luogo, l'introspezionismo titcheneriano
crollato tanto sul piano metodologico quanto sul piano con:
tenutistico. Sul piano metodologico, perch gli esperimenti
condotti mediante introspezione, per quanto possa essere ri-
goroso il controllo delle variabili, non sono mai esattamente
replicabili con soggetti diversi. Sul piano contenutistico, per-
ch alsanalisi della coscienza sfuggono per definizione tutti
quei contenuti mentali che coscienti non sono, e la cui de-
terminante esistenza stata provata in modo convincente
dall'indagine psicoanalitica (vedi cap. VII).
Malgrado ci, lo strutturalismo_ha-dau, un d u t o
p r e z i o W ~ sviluppo della psicologia scientifica. Anzitutto,
rigoroio, e come tale ha
un
chener, perci sresscli chiarificandole ed arricchendole. In se-
condo - - luogo, -- in misura assai-maeiore rispetto al funzionali-
smo, rimasto in parte ancorato alla tradizione filosofica, lo
strutturalismo ha contribuito al riconoscimento della psicolo-
. --- -_
gia come scienza-i, ut i l i nanb _ I- _ a __ r a*e* __U gli
uni__itrymenti"roncetltUgIi po3sibif"i nd-l'ontes to cigt'urale
d e l l a ~ ~ 8 0 0 "=- .:- - i+.'900: . il drastico r i f i ~ t ~ e I I 5 ~ ? ~ 0
- - -
filosofico e il ricorso al solo metodo sperimentale.
Sullo strutturalismo, generalmente poco conosciuto negli
bienti psicologici contemporanei, esistono alcuni luoghi
muni, il principale dei quali lo vorrebbe come l'esatto ne-
4 vo del comportamentismo watsonia?~. Il giudizio compa-
vo, in realt, molto piu articolato. E vero che l'oggettivi-
o watsoniano l'antitesi del soggettivismo titcheneriano,
he l'interesse watsoniano per la psicologia animale si con-
trappone all'antropocentrismo titcheneriano, che il tecnologi-
smo watsoniano l'opposto del purismo titcheneriano. Ma
' altrettanto vero, e assai significativo per chi creda in una
rta continuit del pensiero scientifico, che il comporta-
entismo watsoniano eredita immutate diverse componenti
e~istemologiche e metodologiche del sistema titcheneriano. In
primo luogo, l'avversione afisicaw, intesa in senso
- - V - . , - ."". -
molto arnpioTme etutt-on sottoponibile alla
r~cei-tX%"Taboratorio. In secondo luogo, il criterio associa-
Lo strutturalismo e il funzionalismo 87
1 111 zionistico, che quello stesso della tradizione empiristica an.
I I
glosassone. In terzo luogo, il descrittivismo elementistico,
esasperato fino alla condanna senza appello di qualsivoglia
approccio psicologico esplicazionistico e globalistico, definito
in partenza ntautologico e mistico>>; descrittivismo elementi.
stico che a sua volta il comportamentista contemporaneo
Skinner eredita da Watson: quando Skinner, in Cumulative
Record del 196 1, presenta senza commento 40.000 singoli
items comportamentali, non possono non tornare alla mente
le 44.000 singole qualit sensoriali che piu di sessant'anni
prima Titchener si era fatto vanto di aver registrato. Infine,
strutturalismo e comportamentismo nutrono la medesima
profonda diffidenza per le interpretazioni del cosiddetto
senso comune: parlando di esso come di un nemico che la
psicologia scientifica deve battere, Titchener e Skinner usano 1
addirittura le stesse parole.
L
Il funzionali~mo
1 Mentre lo strutturalismo si identificava con la Scuola di
Cornell, il funzionalismo nordamericano sempre stato un
1
movimento piu ampio, piu fluido, meno definito e delimitato
rispetto alle posizioni sistematiche (esse stesse poco artico-
late) degli esponenti della Scuola di Chicago. Di conse-
l
guenza, estintasi la Scuola di Cornell si estinto lo struttura-
lismo: estintasi invece la Scuola di Chicago, il movimento
l~
funzionalistico in qualche modo sopravissuto, fino ad in-
fluenzare la psicologia di oggi.
La Scuola di Chicago cominci a tramontare in Scoinci-
denza e a causa dell'ascesa dell'astro comportamentistico, su-
bito dopo il celebre manifesto watsoniano del 191 3 (cfr. cap.
VI). Da un lato, difatti, i comportamentisti si appropriarono
con decisione, inserendole in una prospettiva oggettivistica
radicalmente nuova, delle tematiche piii originali del funzio-
nalismo, quali lo studio dell'apprendimento e l'istanza utilita-
ria; e inoltre le svilupparono e le articolarono le une con le
altre, fino ad ottenere un sistema unitario e coerente assai piu
suggestivo rispetto alle non coordinate concettualizzazioni
funzionalistiche. D'altro lato, in nome dello sperimentalismo,
carta vincente nella psicologia del primo '900, essi denuncia-
rono con intransigenza e con successo le numerose e rilevanti
componenti filosofiche o comunque prescientifiche del fun-
zi onal i ~m~, quali lo studio della volont O la disquisizione
puramente astratta sui processi cognitivi superiori. Il bersa-
glio era facile, scoperto, perch i funzionalisti non avevano
mai fatto mistero dei loro convincimenti: i Principles di James
erano posti intenzionalmente come teoria della cono-
scenza anzich come teoria specificamente psicologica, la
psychology di Dewey aveva dato molto spazio alle antiche te-
matiche di psicologia filosofica, e soprattutto Angell non
aveva perso un'occasione per tranquillizzare - parola che
egli stesso ad usare - coloro i quali temevano che egli
avrebbe rotto i rapporti con la filosofia di sempre, affermando
per esempio che filosofia e psicologia sono consanguinee, che
la ricerca psicologica intrinsecamente legata alle istanze
normative della logica e dell'etica, e che gli psicologi non
possono esimersi dall'affrontare il classico problema filosofico
del rapporto mente-corpo.
Tuttavia, alcune componenti prettamente psicologiche del
funzionalismo sfuggirono tanto all'assimilazione quanto alla
liquidazione comportamentistica, e si inserirono nel pano-
rama complessivo della psicologia, dagli-anni '20 fino ad oggi.
I1 concetto di funzione, in particolare, risult compatibile o
addirittura necessario ad alcuni nuovi ed importanti orienta-
menti non comportamentistici; in quanto globalistico, esso si
armonizzava con il crescente interesse per i processi cognitivi
superiori - dal gestaltismo alla contemporanea psicologia
cognitivistica del problem solvingn - intesi in senso dia-
metralmente opposto al riduttivismo elementistico titchene-
riano; in quanto relativo non gi a una entit psichica pura, a
una mente isolata dal corpo, bensi a una inscindibile unita
icofisica, esso giustificava il successivo sviluppo della psico-
siologia; in quanto relativo non gi alla sola coscienza, bensi
la totalit dei processi mentali, esso non si contrapponeva
alla nozione di attivit mentale inconscia introdotta dai si-
stemi psicoanalitici. Piu in generale, l'orientamento bidogiz-
zante del funzionalis(mo ha lasciato il segno nella psicologia
-
G n a , ia quale, seppur con accentuazioni divers-
Proprio -etto di adattamento dell'organismo .
all'am= .
bientex, e comunemente d e f i n i s c e - - >> i
Propri oggettl di ricerca (apprendimento, memoria, perce-
zione, mot i vaZmnt el t i genza, etc.).
Lo struttrtralismo e il funzionalismo 89
Infine, alcune tendenze della psicologia odierna sono ine-
quivocabilmente neofunzionalistiche, cio derivano in modo
chiaro e preciso dal funzionalismo classico. In primo luogo,
sul piano dei contenuti della ricerca: nello studio della perce-
zione, in varticolare, gli psicologi del - - -g& psi-
ti (A. Ames, W. H. Ittelson, H. Cantril, e
altri) sottolineano il ruolo dell'apprendimento, dell'aspetta-
tiva, d ~ m n generale, po-
lemizzando con la percettologia fenomenologica dei gestalti-
sti (cfr. cap. V) e riallacciandosi alle concezioni di Carr, In
C.
s e - ~ ~ i a n o d e - a della ri-si-
cologica: i ricercatori che oggi denunciano l'artificiosit della
situazione di laboratorio, e prediligono l'indagine SAcamao o
nte (come gli eto- 4 contesto nat@e d e e ! -
logis, si r i col l e, f ~. a~ all'antica tiepidezza (a cominciare da Ja-
mes) de-Zondisti nei confrontj della s ~ b e n t a z i o n e . In
terzo 1 ~ x 0 , sul piano delle applicazioni psicologiche (an-
che se i neofunzionalisti non userebbero questo termine,
perch secondo loro, proprio come secondo i funzionalisti
classici, non esiste distinzione fra psicologia pura e psico-
logia applicata): in
mente, i ricercatori che
mento verbale (A.W.
=ese, e altri) continuano il lavoro - t i , i
quali, _- al contrari*- I__CC_---.- i si ing-uno-assai
p-dimento umano che non di auello animale.
Talora, nella letteratura psicologica contemporanea il
termine funzionalismo viene usato come sinonimo di an-
titeoreticismo: nel campo della sperimentazione associazio-
nistica sull'apprendimento, per esempio, si_~gntrappongono i
ricercatori neo~ampaa.- che farna iargo ri~Ts02-
-. *CC^-- . .
teorie e a , i r i c e r ~ r i f ' -h-a reori e,
e' a m o d m n n o alcun ri cor-no-no
- -
rittivo delle Jeggw h. r@ dat& che a m o
d%o circa ~Zvocazione fin t r o ~ ~ o teoretica e poco speri-
I / I
mentalistica del funzionalismo dAsico, che il si ddet t o uso
l
del termine perlomeno inappropriato; ed probabile che
esso sia una conseguenza del deterioramento, awenuto negli
ultimi vent'anni, dei concetti legati al pragrnatismo, banaliz-
zato sino ad assumere il significato di praticismo fine a se
I y m o stato il primo orientamento p s i c o ~ c o
importato dall'America in Eurgpa (si pensi all'opera del gine-
v r i ~ l a p a r d e ) . A differenza dello strutturalismo, esso ha
avuto ~ n a - ~ r e g s a influenza anche nella _- breve -- e non ricca W sto-
ria d e - : filtrato attraverso il s u 0 ~ i u ampi0
6ntenitnre-o, il
(che ebbe nei nostri
- -
Gi a t r e Calderoni due esponenti di rilievo internazionale), il
pensiero funzionalistico fin dai primi anni del secolo venne
conosciuto e apprezzato dagli psicologi italiani, soprattutto
dopo la traduzione e la pubblicazione nel 1901, ad opera di
Giulio Cesare Ferrari, dei Principles of Psy~hology di William
James.
Capitolo quarto
La riflessologia e la scuola storico-culturale
Nella storia della psicologia il contributo dei ricercatori
russi stato notevole gi dalla fine dell'ottocento. In Russia
il primo laboratorio di psicologia fu fondato da Bechterev a
G a n nel- primo istituto di psicologia venne istituito
a Mosca nel 1912 e aperto ufficialmente nel 1914. Tra gli
ultimi decenni dell'Ottocento e il 191 7, l'anno della Rivolu-
zione, la psicologia russa fu orientata secondo gli indirizzi eu-
ropei dell'epoca. L'opera di Wundt aveva una grande in-
fluenza sugli psicologi russi che spesso univano ad una impo-
:stazione sperimentale una concezione spiritualistica della psi-
he, come in Georgij I. celpanov (1862-1936), il primo di-
Il'Istituto di Mosca. All'indirizzo spiritualistico si
una corrente materialistica che riduceva i processi
rocessi fisiologici. Questa corrente era stata divul-
da scrittori e saggisti della met dell'Ottocento e trov in
nov e in altri fisiologi russi una esposizione sistematica e
orosa. Gli awenimenti storici e politici del 1917 produs-
sero una frattura anche nella storia della psicologia russa. Gli
sicologi sovietici si posero allora il compito di rivedere le
asi teoriche e metodologiche della propria disciplina alla
luce delle teorie marxiste e leniniste, e di fondare una scienza
che servisse alla soluzione dei problemi della nuova societ
comunista. Dal 1917 in poi la psicologia sovietica, per questi
scopi che la caratterizzavano, si present come un complesso
compatto sul piano teorico e applicativo. In occidente la psi-
cologia sovietica, soprattutto negli anni '50, venne spesso in-
terpretata come la psicologia tipicamente marxista o comuni-
sta. Questa interpretazione ha generato equivoci di varia na-
tura, teorici, storici e politici, che non hanno consentito di
92 Storia delkz psicologia
valutare in modo adeguato i reali contributi delle scuole SO-
vietiche allo sviluppo teorico e metodologico della psicologia,
al di l delle loro impostazioni ideologiche [Rahmani 1973;
Mecacci 1976 e 19771.
Le scuole sovietiche piii importanti sono la scuola rifles-
sologica e la scuola storico-culturale. La prima rappresentata
dalle opere di Bechterev, Pavlov e dei membri della scuola
pavloviana. Ha per un presupposto essenziale nell'opera di
Setenov a cui si dovr fare un breve riferimento. La scuola
storico-culturale rappresentata da Vygotskij e dai suoi col-
laboratori e allievi '.
h riflessologia
Con il termine riflessolonia i i%& g e a ~ p t e
una cncezione dei processi psichici per la quale essi sono
rlducibili a-cio a processi puramente fisiologici_ed
eacf i t ar i . In questo senso alla cQrrent riflessologica ap-
partengono Setenov, Bechterev. Pavlov e i pavloviani. fn
senso piii stretto, ma proprio della letteratura sovietica, per
riflessologia si intende la scuola fondata da Bechterev.
La concezione riflessologica ebbe la prima formulazione
in Ivan M. Setenov (1829-1905), considerato il padre della
fisiologia russa per aver fatto conoscere in Russia le ricerche
contemporanee di fisiologia e aver formato un nutrito gruppo
di fisiologi di fama europea. SeZenov si era addestrato nella
ricerca fisiologica nei piii importanti laboratori europei e
aveva lavorato con Du Bois-Reymond e Helmholtz. Dalla
cultura tedesca della met dell'Ottocento Setenov deriv la
propria teoria materialistica dei processi psichici, che fu su-
bito esposta al suo ritorno in Russia dopo i viaggi in Germa-
nia nel famoso libretto I rifeessi del cervello 118631. Per il con-
tenuto nettamente antispiritualistico quest'opera subi vari
-_* "
I - .... . .../
' Un'altra scuola sovietica che va ricordata la scuola georgiana. Essa stata
fondata presso l'Istituto di psicologia di Tblisi, capitale della Georgia, da D. N.
Uznadze (1886-1950). Nelle ricerche di Uznadze e dei suoi allievi stata elaborata
la cosiddetta .teoria del setn che centra la spiegazione dei processi psichici su un
complesso di processi inconsci (il sei) che ne strutturerebbero lo svolgimento. Que-
ste ricerche sono state adottate dai sovietici per una spiegazione oggettiva, su basi
sperimentali, del concetto di inconscio [Bassin 1972; Uznadze 19721.
La riflpsologia e la scuola storico-culturale 93
interventi delbsensura mi st a. Gli studi di fisiolggiadelge-
r i o d ~ consentivano di spi eme il comp.o~tamego__o-n& un
di cui si conoscevano le basi fisiologi-
Ad uno stimolo dell'am-biente corri-
dell'animaie. Questa reazione -
-r--.
, m-attivita di un centro nervoso localizzato .te! - m&
L'arco riflesso spinale poteva spiegare i processi
comportament& el ement ~j ~l nvol ont ari , a u t o r n a t i c i , ' e il
ritrarre la zampa da uno stimolo doloroso. Setenov suppose
che per spiegare i processi comportamentali piu complessi
intervenisse I'attivit di centri nervosi sueeriori, 10-
nel~cerve!lo. $a nei processi semplici che in quelli complessi,
irmeccanismo di base era comunque lo stesso: stimolo-centro
nervoso-reazione. In un caso il centro nervoso era al livello
del midollo spinale e si aveva il riflesso spinale, nell'altro
caso il livello era il cervello e si aveva quindi il ariflesso cere-
brale. Per Setenov i processi psichici erano riducibili a ri-
flessi cerebrali relativamente alla loro struttura di base. La
psicologia aveva per un proprio ruolo nello studio dei pro-
cessi psichici perch spettava ad essa l'analisi dei contenuti
7
dell'attivit psichica, I contenuti vengono acquisiti, sempre
s a o ii meccanismo dei riflessi, durante lo sviluppo Bnto- .
gcneticoie -- - sono quindi legati all'ambiente . . in cui l'individuo
cresce. La lingua che un uo i r i mdi , le emozi ~ni 'd L
s-~ti p!Zessi p s i c h i d a l rapporto individuo- Su;.
ambiente, m? il mcccani s~o di interazione -_ _ . _-- con - l 3&bi ent es ?~f P>~~
~ i s i ~ i o n ~ ~ r o n t e n u t i e. delle conoscenze --.- basato .- sui - ,aiiQ,Nmt.
@get& rhxca.&lla fisiologia.
" Y , &
h, by;c ,L<
"Tra i1 -1910 e gli ultimi anni '20 si diffuse in Russia la ,mtzrulrho,
corrente riflessologica vera e propria fondata da Vladimir M.
Bechte-57-1927); &so di anatomia e fisiologia del
Ge ma nervoso, neuropsichiatra e psic*, autore di centi-
d a di pubblicazioni. Bechterev era partito,dopo gli studi sul
sistema nervoso, dall'idea di fondare una psicologia oggettiva
e sperimentale - 3 . -
t i v - & owttrva [1907- 19 101). L'oggetto di inda-
gine erano! riflessi'su CUI si fondava tutta l'attivit psichica.
m{ ~,@nzi, per Bechterev'i rifl*kra?o e basedi proce2si molto
piu ------- complessi come quelli sociali, riflessologia di Bechte-
rev era difatti una concezione generale unitaria di tutti i fe-
nomeni fisiologici, psicologici e sociali (Fondamenti generali
94 Storia dplh psicologia
La rijlessologia e la scuola storico-cultura& 95
della rifEessologia dell'nomo [l 92 3 1; Riflessologia collett jva
1192 l]). Va notato che Bechterev nello studio del processo di
acquisizione dei riflessifa7luidenominati riflessi associa-
tivi) aveva privilegiato i riflessi motori, a differenza di Pa-
. .
vlov le rui ricercne h -
. .
si condizionati coi 5rnevano a-
s&&lmente - ritiessa vegetativa, Secondo Bechterev,
a ragione, lo studio defljattivit motoria durante il comporta-
mento avrebbe permesso una conoscenza piii approfondita di
questo non solo negli animali, ma anche nell'uomo. Gli allievi
v dedicar000 una particolare attenzione allo svi-
uppo dei riflessi associativi nella prima infanzia ( r i m o -
g m i c a ) , ma tale tipo di indagine fu criticato da altri
psicologi di differente indirizzo, come Vygotskij, per la ridu-
zione di complessi processi evolutivi alla maturazione e
all'apprendimento di concatenazioni di riflessi elementari.
~a concezione sistematica piu im ortante delle basi fisio-
logiche del comportamento fu elab-adov.
' Nato nel 1849 a Riazan. Pavlov si laure in scienze narurali
nel 1875 e i n med&na nel 187TZTetroburgo. Le ricerche
condotte fino al 1900 circa, in parte approfondite presso i piu
famosi laboratori tedeschi dell'epoca,-;iguardaronb la fisiolo-
gia del sistema cardiovascolare e del sistema digerente. I ri-
sultati c y i - e s t i o n e
gli valsero nel 1904 il premio Nobel. Ma dall'inizio del se-
colo fino alla morte, nel 1936 Pavl si volse allo studio dei
riflessi condizionati e alla fon azione della cosiddetta teoria
d e l l ' a t t i v i t r -
t4Y-
- - e -2; L WL/ ; k5abG
w a c c i 1977, cap. IV].
Pavlov era partito dall'osservazione della secrezione psi-
. .
W, cioe dal fenomeno p - e saiivava 6 s o l o
quando il cibo veniva a diretto contatto dei recettori gusta-
tivi, ma anche in assenza di questo, quando per adoperare
una terminologia impiegata in questi casi ma appunto criticata
da Pavlov, il cane si aspettava che il cibo arrivasse. Questa
reazione dell'animale in assenza dello stimolo relativo venne
denominata riflesso condizionato. I1 comportamento l'in-
sieme dei processi riflessi che regolano l'interazione indivi-
duo-ambiente e il riflesso condizionato ne costituisce parte
integrante e fondamentale. In un primo stadio i processi sono
elementari, sono riflessi incondizionati, risposte innate agli
stimoli, le quali se sono organizzate tra di loro rappresentano
gli istinti. In un secondo stadio, proprio degli animali supe-
riori e dell'uomo, i processi sono piu complessi, sono riflessi
condizionati, risposte acquisite. Sono i riflessi condizionati
che consentono all'animale di reagire in modo piu plastico e
adattativo all'ambiente. L'animale non compie solo le reazioni
riflesse in presenza diretta degli stimoli, ma pu apprendere a
reagire, in modo anticipato, ad altri stimoli che segnalano gli
stimoli a cui l'animale dovrebbe reagire successivamente.
Analizziamo un esempio classico di riflesso condizionato,
. quale stato descritto da Pavlov stesso [Pavlov 1923, tr. it. p.
12 31:
Versiamo nella bocca di un cane una debole soluzione di un acido qua-
lunque. Questa provoca di norma una reazione di difesa: la soluzione viene
espulsa con energici movimenti della testa, mentre nella cavit orale (e poi
fuori di essa), fluisce un'abbondante quantit di saliva che diluisce l'acido
introdotto e libera la mucosa da tracce residue di acido.
In questa prima fase si costituito un riflesso incondizio-
nato. Lo stimolo incondizionato (acido) produce una reazione
incondizionata (salivazione). Nella seconda fase awiene la
formazione del riflesso condizionato.
Poco prima di introdurre la soluzione acida nella bocca del cane, sotto-
poniamo ripetutamente l'animale all'azione di un qualunque stimolo
esterno, per esempio di un determinato suono. Che cosa osserviamo? Ba-
ster ripetere questo suono da solo affinch si produca nel cane la stessa
reazione con gli stessi movimenti della bocca e la stessa secrezione salivare
[ibiem].
Si verificato che uno stimolo nuovo, il cosiddetto sti-
molo condizionato (suono), segnala l'applicazione successiva
dello stimolo incondizionato; allora la reazione si produce
subito dopo lo stimolo condizionato e prima dello stimolo
i)ondizionato.
Pavlov descrisse una complessa serie di processi fisiologici
che sarebbero stati alla base della formazione dei riflessi con-
dizionati: i processi di eccitazione e inibizione, irradiazione e
concentrazione, ecc. Una considerazione importante da fare
che questi processi erano stati dedotti da Pavlov in rela-
zione al comportamento degli animali studiato negli esperi-
menti sui riflessi condizionati. Supponiamo che il cervello sia
una scatola nera nella quale entrano gli stimoli e dalla quale
96 Storia della psicologia
escono le risposte emesse in relazione ad essi. Nell'imposta-
zione comportamentistica, il cervello una scatola nera, un
meccanismo oscuro di cui' non si conoscono i processi per i
quali agli stimoli seguono le risposte e ci si limita a descriverne
le leggi di relazione degli uni con le altre. - e
La rifessologia e la scuola storico-culturak 97
. .
eFc.) dei cerebrali. Per tale ragione d i
voso descritto da P - stato den
--
~mi nat o sistema.ner-
LOSO conce~tuale+>? [Skinner 19381.
Q teoria pavloviana si era basata sugli esperimentiron-
dotti sui cani, ma fu estesa allo studio del comportamento
7-
umano. I processi fondamentali dell' a~~uisizione dei riflessi
t i Si B5nat i sarebbero stati comuni agli animali e all'uomo.
Tuttavia secondo la teoria pavloviana <una caratteristica pecu-
liare dell'attivit nervosa superiore dell'uomo era la capacit
di formare riflessi condizionati verbali. Pavlov aveva distinto
due sistemi di segnalazione, il primo comune agli animali e
all'uomo era quello dei riflessi condizionati del tipo sopra de-
scritto; il secondo, limitato --- alla specie umana. era la c a c i t
. .
di utilizzre come s t i r n 0 1 ~ ~ o n d ; z i o n a t ~ er
s m a r e le variazioni dell'ambiente e regolare di
1 i commrtamenp. Gli studi sul linguaggio come se-
sistema di segnalazione costituirono un tema fonda-
mentale delle ricerche della scuola pavloviana negli anni '40 e
'50. Anatolij G. Ivanov-Smolenskij (n. 1895) fu il principale
teorico e studioso di questo problema. Un altro tema centrale
della scuola pavloviana fu il condizionamento interocettivo,
basato sull'azione degli stimoli condizionati e/ incondizionati
sulle mucose degli organi interni. Una esposizione sistematica
delle ricerche su questo tema fu data da un altro allievo di
Pavlov, Konstantin M. Bykov (1886-1959), in un'opera [By-
kov 19541 che stata alla base delle spiegazioni occidentali
dei disturbi psicosomatici su basi psicofisiologiche (sul se-
condo sistema di segnalazione e sul condizionamento intero-
cettivo, cfr. Razran [ 1961)).
-het&&. ni '50, la scuo
avuto una - X~- - - Y- - graduale t r a s f w h i i e ie ha
connotazioni di dogmatismo e stretta osservanza . alle - - posi_
Zioni teoriche originarie di Pavlov.. In m e vi stata
~' ~d~z i one =pr e piu stretta delle tecniche neurofisiolo@che
pfl~ studio dei processi ce e intervengono nella
formazione dei riflessi condi bandonando in parte
rmpostazione concettualistica di Pavlov. Principale espo-
nente del nuovo indirizzo stato Petr K. Anochin (1898-
1974) che nella fondamentale opera Biologia e neuro$riologza
&I rifesso [l9681 ha rivisto la concezione pavloviana e le ri-
cerche sui riflessi condizionati alla luce della neurofisiologia
moderna e di nuovi concetti teorici derivati soprattutto dalla
cibernetica.
La scuola storico-culturale
La scuola pavloviana fu cons i hat a . in . Occidente negli
anni scuola sic colo- e c s z a .
O g c g enza piu approfondita dello sviluppo storico
della psicologia in Unione Sovietica ci ha fatto comprendere
che questa nostra ~oncezione dipendeva da una scarsa cono-
scenza delle fonti originarie. T u t t w f u effettivamente so-
prattutto negli anni '50 una sorta dilegemonia Xerl'indiAzzo . ,
p ~ ~ ~ o v i i n e ~ p s i c o l o g i a e soprattutto ne~"~sl ol o8; a" [Me- p.
i
cacci 1977, cap. IV]. Ci non toglie per che il filo condut- .. i
della riflessione teorica e della ricerca sperimentale che
ce oramai piu di sessant'anni di psicologia sovietica, dalla
voluzione ad oggi, sia costituito dall'indirizzo stgrico-cultu- - W-
rale e dalle t e 9 r w 3 Vygotskj,
" ~ a Rivoluzione ebbe, come noto, una profonda in-
fluenza sulla cultura, l'arte, la filosofia e la scienza nel nuovo
stato socialista. Anche la psicologia fu direttamente stimolata
- - - .-
dal nuovo corso p w s o c i a e a cercare una nuova p ~ -
spettiva t e o r G 6 meob_log!ca, X conformit ai principi del
m-aterialismo storico e dialettico ed inoltre a porsi il problema
:
delle proprie applicazioni e . finalit . nella nuova societ.
All'Istituto di psicol nel 1924 il direttore
Celpanov, gi r i c o r d a t o s u i t o da Konrtantin N.
Kornilov (1 879- 1957), psicologo d'imgatazione _ d a l i -
stica che pose subito il ~roblema_@co $!i ra&o~&tra psi-
czgi T%i ki smo [Kornilov 192 5) e si- i m p e v
. ---b l u z i ~i k , prCmuovendo la formazione di un gruppo di gio-
_I__- ---/
-
98 Storia della psicologia
La riflessologia e la scuola storico-culturak
99
. .
va@ studiosi, r i v w
. . .. . - - . .. -
ni ecc-eziona& e
-
brillanti, tra i quali spiccarono Vygotskij, Leontjev e Lurga.
Le questioni Watfrontare erano sia teoriche (rapporti tra psi-
cologia e marxismo, psicologia e scienze naturali, ecc.)-sia
pratiche (che ruolo doveva avere la psicologia nella societ
comunista, che compiti doveva svolgere lo psicologo nelle
scuole, nelle fabbriche, negli ospedali, ecc.).
~1: - 0ndi t di i , conoscenza della
psicologia e della cultura, vigore n i e nella ricerca-$1
distinse in particolare Lev S. Vygotskii. Nato nel 1896-a
Gomel, studi all'universit di Mosca tra il 1913 e il 1917.
poi ritorn a Gomel dove fu commissario del popolo Der
- - A
l'istruzione. In quegli anni si interess d i m i i r a , t ~gt r -
e tetica e scrisse La tragedia dz' Amfeto e La psicologia dell'arte,
DU b cate solo nel 1925. Nel 1924 entr a lavorare all'Isti-
. .
- -
tuto di psicoloma di, dando nizio aiie ricerche sui
processi cognitivi che furono alla base della scuola storico-
culturale. FU direttore di varie riviste di psicologia ej edago-
Wr o f e s So r e all'UniversiWi MoscZe direttore dell'Istituto
'di difettologia di Mosca. Nel 1934, a soli trentotto anni, mori
4.
-
di t u b e r c W.
La prima formulazione sistematica dei concetti e metodi
della teoria storico-culturale venne data negli Studi sulla sto-
ria del combortamento del 1930, opera scritta in collaborazione
-.
in tre parti, ciascuna
che dei prx-mati, bel,
str&ione dei metodi
impiegati e degli esperimenti condotti. I1 problema principale
affrontato appunto il rapporto tra il ~ & ~ o r t ~ m i q o &gli
animali e quello d e l l ' u o d una-pg-te e lo sviluppo,delle
dal bambino all'uomo dall'altra. La pro-
Syhi va vygotstijana q u i d i b;a pr ns pdva in primo luogo
evolutiva sia in seriso filogenetico (animale-uomo) che onto--
genetico (ba&n~uo,mO). Lo snidi0 evolutivo mostra, per
Vygotskij, che vi una continuit strutturale e funzionale e
allo stesso tempo una serie di momenti critici che distin-
guono nettamente i vari comportamenti. I processi fisiologici
e comportamentali - come i riflessi condizionati - possono
essere comuni agli animali e all'uomo, ma mentre per i primi
costituiscono l'unit fondamentale di comportamento, per il
secondo sono solo i processi piu elementari e rappresentano i
. .
meno tipici. e l ' u o r ~ ~ vi s ~e c i e
d& salto. s el l e con l'ambiente.
L uomo si awale Co degli strumenti, in-
che is~m'boli, in primo
enti - n -
sviluppo ontogenetico: 3 % priLmi
allni di yita il bambino usa i simboliflsia nel s e n s o ~ e
che di regole dell'attivit comportamentale) in base all'intera-
zione che ha con i propri genitori2 con gli d u i t i neiia Piza
w i a n a e nella scuola. In seguito egli adotta gli stessi $m-
so, senza 10 stimolo di un'altra persona.
dello sviluppo delle f""lpsichiche supertori
{1930), nelle Lezioni di psicologia 11932) e negli articoli rac-
colti con il titolo Lo sviluppo psichico del bambino 11928-19341
ygotskij ha dato numerose esemplificazioni dei processi di
riorizzazione del linguaggio e delle regole che awengono
bambino tra i quattro e gli otto anni circa. Questo pro-
blema centrale anche in Pensiero e linguaggio, opera uscita
1934 - poco dopo la morte di Vygotskij - e uno dei
sici della psicologia dei processi kognitivi~ Oltre ad esami-
3
e criticamente le teorie ~o n t e ~p o r a n e e sulla gnesi dei vcco14 ,-
~ces s i del pensiero e del linguaggio, Vygotskij vi elaborao: cwwudflt
na teoria che ancora oggi rappresenta un punto di riferi-
mento fondamentale. I1 pensiero e il linguaggio hanno due
ici genetiche differenti. Sia negli animali che nel bambino
o10 vi sono forme piu o meno evolute di attivit intellet-
relative ad esempio alla soluzione di problemi e all'a-
attamento all'ambiente. Queste attivit possono essere indi-
100 Storia delka psicologia
in tempi diversi, la funzione .- - - --p co icativa si sviluppa @torno
a 1 anno e mezzo72 anni, la unzione regolativa i nt ornrai 4
- - - - ------,.-, ".
a n n j z ?Spetto imp-orze. . &. F a r * ~ n c e t t 6 di
interiorizzazione. In un primo stadio, i1 linguaggio espresso
I
a voce aIta quadocsi comunica&^ aitre persone, succeSsi-
vzmente viene usato interiormente come strumento G g o -
~ e e ~ e - I i e ~ ~ r o s _ r @ azioni. Prima deII'interlorizzZZione della
funzione regolativa, quest viene svolta per a voce alta,
come si osserva soprattutto quando il bambino dovendo ri-
solvere un problema difficile ricorda a se stesso a voce alta
le o~erazi oni che deve com~i ere. L'interiorizzazione auindi
* a --
rocesso graduale che si compie non prima dei / anni.
%sta fase intermedia nell'uso del linguaggio a voce alta
1' Il1
- --
vTene denominata fase del linguancrio enocentrico. sulle fasi
di sviluppo che si centrano c ~ c h e ~ s Yg l o da V otski' a
*t. Qu s t i s e n n c a- conoscenza - -. delle cri t i cl i esoone i
anni '50 e ~ o t scrivere una repr_f)o&a
-Y$-$
in ,occasione
d 6 a dd- f 962 (la risposta di Piaget si
t r m o n e italiana di Pensiero e linguag-
gio). sulla-cosiddetta polemica Vygotskij-Piaget molti autori
contemporanei hanno concentrato la loro attenzione, perch
attraverso essa possibile impostare un discorso assai piii ge-
nerale su tutto lo sviluppo mentale del bambino. Secondo la
teoria espressa da Piaget in Linguaggio e pensiero nel bambino
nel 1923, come scrive Vygotskij, il linguaggio egocentrico
del bambino la manifestazione immediata dell'egocentri-
' 1 l
l l
-,smo, il quale , a sua volta, un compromesso tra l'autismo
I l
* 1 ; iniziale e la progressiva socializzazione del pensiero infan-
~ 1
tilex, mentre per la teoria di Vygotskij stesso xsi ha invece
una considerazione del tutto opposta: il linguaggio egocen--
l
trico del bambino rappresenta uno dei fenomeni di transi-
zione dalle funzioni interpsichiche a quelle intrapsichiche e
cio un passaggio da forme di attivit sociale a forme di atti-
vit interamente individuale rVvgotskii 1934, trad. it. pp.
l
178 e 1791. P V otskij il 1ingUaggio. una funzione osi-
chica c o m ~ lessa - che si? ihqqm-rref bae-rn$l ' i nt erazi one I------T- -
con Jambiente sociale, una fuKzione interpsichica, ~ h e
l
mette in rapporto cio una persona -. W con l'altra. Successiva-
mente diviene una funzione i nt r a ps ~c hi c a ~t a fnrrzione che
--- -
permette di regolare dall'interno i propri processi cogniti;i e
il proprio comportamento. Per Piaget i1 percsrss-%pposto.
La rifessologia e la scuoka rtorico-cu~turale 101
1
viene gradualmente una funzione s.o<ializzata. Per la teoria
$ o r i c o - c u l t u r a l e ~ ~ u n z i o n i complesse come il
linguaggio ha come condizione necessaria l'interazione
dell'individuo con l'ambiente sociale. La strutt- . .
.
-io innata, ma la concreta ~r e s - , la
lingua che un i ndi vi da parla determinata dall'ambiente so-
ciale e culoralgin q u ~ , ~ ~ s c e . Quanto
aer s o in tale ambiente ~ i e n ~ r o ~ r e s s i v a me n t e interioriz-
zato e costituisce le regole, le strategie e i contenuti dell'atti-
. .
vit psichica. Un gande interesse per la psicolinmids~lca
hanno le c o n s i m a t t e da Vygotski] s % ~ ~ ~ r a
wg ? o e g Szriore e linmiaaio interiore. I1 linguaggio inte-
riore frammntario, abbreviato, mentre il linguaggio este-
riore, quello che usiamo quando parliamo con un'altra per-
piu disteso e completo. Queste differenze si riper-
sul piano grammaticale e sintattico, per cui possiamo
la trasposizione dei contenuti di pensiero in specifi-
e linguistiche a seconda delle funzioni che il lin-
guaggio assolve di momento in momento.
amenti stotiio-sociali. dei pro-
n modo sistematico dai vari allievi
.traverso lo studio dello sviluppo
one dei ~ c e t i 3 ; ~ ~ ~ - della
CC.). Un altro filone di ricerche
dava il rapporto tra culture e so-
le capacit mentali. Furono con-
ia centrale per confrontare il li-
essi cognitivi di popolazioni
. Queste ricerche cross-cultu-
solo di recente [Lurija 1974a),
ano messo in luce forti differenze di origine storico-cul-
e. Tuttavia il nucleo centrale delle ricerche della scuola
dal problema dello sviluppo
i degli anni tra il 1925 e il
OVU~O alla svolta politicocultu-
rale dello stalinismo e alla graduale egemonizzazione della ri-
cerca da parte della scuola pavloviana. La ripresa della scuola
storico-culturale avvenne nella seconda met degli anni '50,
con la significativa riedizione di alcuni scritti psicologici di
Vygotskij nel 1956 e la pubblicazione di importanti opere
102 Storia della psicologia
degli originari collaboratori di Vygotskij (oltre alle opere
sotto citate cfr. Vygotskij et al. 119691; Zaporoiets e Elkonin
11971); Veggetti 11978)). Tra i principali esponenti di questa
scuola vanno ricordati Aleksej N. Leontjev (n. 1903), autore
di importanti studi sulla memoria e di una esposizione siste-
matica della teoria del condizionamento storico-sociale dei
processi mentali [Leontjev 19593, e Lurija, psicologo di
grande rilievo che occorre esaminare in modo piii specifico.
A - R T r u y i a nacque a Kazan nel 1902. Unitosi al
gruppo moscovita nel 1923, si interess
&i processi emotivi e dinami / - o r e ricerche furono sintetiz-
z a m ~ del 1923) e poi insieme n vygxs4a
. .
1
deiJo sviluppo del linguaggio e dei-jS6cessi cognitivi {Vygot-
skij e Lurija 1930; Lurija 1974a). Durante la seconda guerra
mondiale cominci ad interessarsi dei disturbi dei processi
psichici conseguenti a lesioni cerebrali, con tutta una serie di
opere fondamentali nella storia della neuropsicologia che eb-
bero una prima sintesi nell'opera Le funzioni corticali superiori
nell'uomo 119621, poi negli anni '50 furono ripresi gli studi sul
linguaggio [Lurija 1956 e 19591. Le ultime opere, scritte
prima della morte nel 1977, sono state dedicate alle basi ce-
rebrali della memoria [1974a] e del linguaggio 119751. Nel
libro Come lavora il cervello 119731 contenuta una sintesi ag-
giornata delle sue ricerche neuropsicologiche [Mecacci e Mi-
siti 1978). Oltre ai lavori sul linguaggio come strumento di
regolazione del comportamento, hanno avuto una vasta riso-
nanza in Occidente gli studi sul rapporto tra funzioni cere-
brali e funzioni psichiche. Bisogna notare in primo luogo che
all'interno delle ricerche sovietiche sul cervello, in buona
parte impostate secondo la teoria pavloviana, Lurija ha rap-
presentato un indirizzo differente e specifico in implicita po-
lemica talvolta proprio con la scuola pavloviana. Le funzioni
cerebrali che mediano funzioni psichiche complesse non sono
traducibili nei termini di riflessi condizionati, ma sono sistemi
funzionali, sistemi di interazione cerebrale molto piii com-
plessi, la cui organizzazione, in accordo alla teoria generale
storico-culturale, si sviluppa in stretta relazione con l'am-
biente. I1 linguaggio, ad esem io non ha come struttura
fisiologica di-tTase?rriffeSso a-- con - - V i ma t o , come sostenevano i
paPfoviaAi, ma risulta dall'interawarie di strutture cerebrali
diverse che sisviIuppa e si modifica nel corso dell'ontogenesi.
- I"--><---. ---*..---C
*
La riflessoologia e la scuola storico-cultrrrale 103
D2 9 "
a C
- i ega
come l - - d di fferni at i da
l ~ i d u ~ m i v i d u o a seconda delle loro abitudini, della
Toro lingua, della loro culoua, ecc. Per questa ragione LUrija
ha dato molta importanza allo studio di casi individuali di ce-
rebrolesi, come esemplificato nell'analisi che ha fatto di un
caso di memoria prodigiosa 11968) e di un afasico I - [1971).
Capitolo quinto
La psicologia della Gestalt
Le origini
Con i t d n i p s i c o ~ p s i c o l o ~ i a della
rma-e-icologie, sintpt-i- nel lapi-
ario e sostantivizzato la Gestalt, si intende quel corpo di
affermazioni teoriche e impostazioni metodologiche che si
sno s - partire dai lavori r ~ e r t h e i m e r (f880-
1943), Kohler (1886-194 1) exoffka (1887-1967). La Gestalt
-
una corrente di pensiero psicoiogTo nata e sviluppatasi in
Europa anche se le vicende personali dei suoi esponenti
hanno fatto si che, in un secondo momento, venisse a con-
tatto con la psicologia americana. I1 clima culturale in cui si
inserisce (come data di nascita si pu porre il 1912, anno in
cui Wertheimer pubblica un lavoro sul movimento strobo-
scopico di cui parleremo piii avanti) molto ricco e com-
plesso ed costituito sostanzialmente da quella cultura tede-
sca che ha dato origine anche alla psicologia come scienza e
direttamente, o per reazione, a molte delle principali correnti
psicologiche.
Se nell'individuare le sue oradici, _ci.-vogliamo limitare
all'ambito strettamente psicologico, la Gestalt pu essere
q e r i i t a EZiie EGii$i%ta tedesca'an psicologia ai Wundt.
Come abbiamo gi visto (cfr. cap. 111), il metodo attraverso cui
Wundt riesce a rendere scientifica la nascente psicologia
molto simile al modo con cui procede la chimica (una scienza
che trova enorme sviluppo neIi7~ttocento): scomporre ogni
fenomeno nei suoi aspetti elementari per ottenere unit sem-
plici con ulteriormente riducibili. I gestaltisti rifiutano com-
pletamente questa impostazione e i metodi che ne derivano,
1 06 Storia M a p~icofogiu La psicofogiu della Ge~tait 107
ed assumono come uno dei temi distintivi della loro teoria un
radicale antielementismo. Ciononostante secondo alcuni sto-
rici {Marx-Hillix 1963 e, sulla loro falsariga, anche Schultz,
19691 si pu ritrovare in Wundt un tema che lo avvicina ai
gestaltisti piu di quanto non appaia a prima vista; si tratta del
concetto di sintesi creativa* mediante il quale Wundt cerca di
rendere conto della complessit a partire dall'estremamente
semplice, qualche cosa che ricorda molto da vicino la chimica
mentale di m r ~ i l l (cfr. cap. I).
Probabilmente, per, se di padri v' necessit, questi
vanno rintracciati nei filosofi e negli scienziati operanti nella
cultura tedesca soprattutto della fine dell'Ottocento.
I1 pensatore pi eminente, ma anche temporalmente pi
distante, che ha un peso nella Gestalt Kant. In questo ca-
pitolo, owiarnente, non possibile valutare la sua enorme
influenza su tutta la cultura non solo tedesca. Ci limitiamo
semplicemente a far notare come, per la prima volta, Kant
riesce a proporre una soluzione della frattura tra empirismo e
razionalismo (Cfr. p. 5 1) mediante il concetto di sintesi a
~r i or i : un processo nel quale la mente non passiva (antiem-
birismo), n deriva la propria attivit da idee innate o da altri
principi che esulano dall'esperienza (antirazionalismo). 'LTatto
di conoscere una attivit unitaria e unificante in cui la mate-
ria fornita dai sensi viene organizzata secondo forme proprie
della mente. Un modo di vedere che per quanto filosofico si
awicina molto alla impostazione gestaltista.
Questo aspetto di attivit della mente o dell'esperienza in
generale ancora pi sottolineato nell'opera di Brentano, un
filosofo che scrive di psicologia. La tesi fondamentale di
Brentano che l'aspetto specifico dei fenomeni psichici la
loro intenzionalitk ne deriva che l'oggetto della psicologia
non il materiale fornito ai nostri sensi, cio le cose che
vediamo udiamo o ricordiamo, ma l'atto di vedere, udire, ri-
cordare. Per questa attenzione all'aspetto attivo del perci-
piente e non al materiale percepito, le tesi propugnate da
~r e nt a no vengono denominate psicologia dell' atto~. Anche
questo un punto di vista antielementistico poich sottolinea
il ruolo assunto dal soggetto e non attribuisce al dato senso-
riale semplice quell'importanza che propria di sistemi come
quello di Wundt.
Una pi diretta ascendenza della Gestalt pu essere ri-
--. . -
S w d t e o r i a della produzione 'di Meinong, nella
scuola di Graz e quindi nelle tesi, da quest'ultima derivanti,
del ~adovano Benussi.
a teoria della produzione si basa sulla dis- ----e---
. . . . g-
g e - ~ ~ P agg&-&, -w-e: per
cfascuno di questi due ordini si ha una ra~~resent azi one.
A
Vengono chiamate rappresentazioni non prodotte, o ele-
tti di or - e,
bisogno dell'esistenza
di alcun altro oggetto; si definiscono invece <<rannrPsPnta
. .
- - - -r - al oni
prodot e>> quell ch
<< roducono gli o e t i di or-
& e r i o r e s r i v a n o ia loro esistenz-li
- 1 i i ; anche
-
nella sci l ol aai Grat, un atteggiamento antielementista nel
senso che le rappresentazioni prodotte non dipendono tout-
court dagli elementi semplici, n sono necessariamente e di-
rettamente determinate da aspetti materiali.
A n ~ a
diretta, e in questo caso anche ufficialmente
iconosciuta dagli stessi gesta- di b d h -
enfels, un pensatore vicinga Meinong. Nel 1890 pubblica
*--
uno scritto in cui v e n i v a n z t e in rilievo quelle che ver-
ranno chiamate qualit-gestalt o aquaht Ehrenfelm. s si
prende in consiberazione, ad esempio, una melodia. i-e-
gabile che essa sia di tatto costituita da parti. le singolenote
o finale pgr-
diverse da.
-. urna-qua-
ndipendente dalle qualit delle
parti che possiamo ricreare la stessa melodia sia ese-
a su strumenti diversi (le note saranno differenti nel
rtandola di tonalit e mutando
enti che la formano. La qualit
del tutto, non data quindi
oni che intercorrono tra essi,
Von Ehrenfels rappresenta il punto culmine, l'esempio
emblematico della tendenza a superare una spiegazione ba-
sata su aspetti elementari costruendo il complesso a partire
dalla somma delle parti semplici. Su questa via del supera-
mento dell'elementismo la Gestalt compie passi ben piu con-
sistenti. Gli aspetti che differenziano i gestaltisti dai loro pre-
108 Storia 881hpsicologia
deiessori possono essere ben individuati nella polemica
Koffka-Benussi: tipico gestaltista il primo, esponente della
scuola di Graz e poi solitario pensatore il secondo. Al di
dei fatti contingenti che l'hanno determinata (si veda al pro-
posito Musatti 119651) l'accusa di Koffka, e della Gestalt in
generale, a Benussi quella di ipotizzare una corrispondenza
biunivoca eccessivamente rigida tra complessi di stimoli e
rendimenti percettivi; un modo per attribuire troppo poca
autonomia agli aspetti piii prettamente psicologici rispetto
alle sensazioni che stanno loro alla base.
Indubbiamente nella polemica hanno giocato molto anche
i fraintendimenti di termini (si veda ancora Musatti 119651);
va tuttavia sottolineato che Benussi; e con lui anche gli altri
prdecessori della Gestalt, si presentano pi come dei critici
o dei raffinati elaboratori della crisi dell'elementismo, pi che
dei rivoluzionari innovatori. Il vero passo dei gestaltisti
l'abbandono programmatico di qualsiasi teoria che faccia leva
su entit, aspetti, o caratteristiche di tipo elementare; si tratta
di un rifiuto totale e non di una critica accettazione even-
tualmente stemperata da criteri complessi che riescono a far
scaturire da parti semplici la multiformit del nostro mondo
quotidiano.
Il concetto di Gestalt
I1 tutto ~ i u della somma delle arti: auesta afferma-
.-.- -i-+
zione.- in tutir gli scritti sulla psicologia della
-- - -- -
Gestalt, vie= utilizzat&-come una scoiastica etichett distin-
tiva,. Di fatto non costituisce nient'altro che il primo, anche se
Gor t a nt e , passo teorico della Gestalt. c ome abbiamo visto,
gi altri pensatori erano giunti a riconoscere l'insufficienza
delle parti a spiegare il tutto.
Lo stadio successivo consistito nel determinare leggi
non arbitrarie secondo le quali gli elementi vanno a formare
un tutto; un esempio pu essere fornito dalle regole di asso-
ciazione (cfr. cap. I) propugnate dai filosofi (da Aristotele agli
empiristi inglesi) e adottate programmaticamente da alcune
correnti di pensiero psicologico (associazionisti e comporta-
La psicologia della Gestalt 109
di, c o m ~ r ~ ! ~ r i o ,
e totalit pu assumere
'ultima _ ._C___CI affermazion
gestaltista. Con ci
sta precedenti com-
e totalit pu assumere
=di vista precedenti com-
. pletato. I1 modo di rapportarsi all'esperienza non parte dal
b w dall'analisi che framrnenta, F a si propone di conside-
rare enti& globali aventi m una - - loro i n t r i n s e c w -nizzazione: i1
' t es i ne Gestalt stesso vuole proprio indicare questo concetto
di unit avente una sua propria forma. Come dice Kohler
stesso:
Ora in lingua tedesca - almeno dal tempo di Goethe - il sostantivo
&estalt ha due significati: oltre alla connotazione di forma o foggia quale
attributo di cose, esso ha anche il significato di una concreta unit per se
stessa, che fra le proprie caratteristiche abbia o possa avere, una forma. Dal
tempo di Ehrenfels in poi l'accento si spostato dalle qualit-Ehrenfels ai
fatti deii'organizzazione, e in tal modo al problema delle entit specifiche
presenti nei campi sensoriali I...)
In realt la categoria di Gestalt si pu estendere molto al di l dei limiti
dell'esperienza sensoriale. Nella piu generale definizione funzionale del
termine lecito includervi i processi deii'apprendimento, del ricordo, dello
sforzo di volont, dell'atteggiamento emotivo, del pensare, dell'agire e via
dicendo. [l9471
Come si vede la psicologia della Gestalt, anche se sorta
prevalentemente su materiale collegato alla percezione, in
grado di elaborare un impianto teorico che si estende all'in-
tera gamma degli aspetti cognitivi e della psicologia in gene-
rale; non si limita quindi, come a volte le stato imputato, ad
aspetti percettivi, a forme di organizzazione sensoriale, ma
cerca di individuare queste stesse forme anche negli altri
ambiti della psicologia. Quello che qui importa sottolineare
che con Gestalt si intende una entit organizzata qualsiasi sia
il materiale in cui si esplica. O
P,
I primi lavori dei gestaltisti
Come abbiamo visto la data di nascita della Gestalt pu
esser indicativamente fatta risalire al 1912, anno in cui Wert-
heimer pubblica il suo lavoro sul movimento stroboscopico.
In un ambiente buio si illumini mediante il raggio ( T, )
emesso da un proiettore (p,) un oggetto (o,) posto sulla sini-
11 0 Storia della psicologia
La psicologia &/[a Gestalt 11 1
stra rispetto all'osservatore (fig. 1); dopo alcuni secondi si
spenga il fascio di luce di sinistra e, in rapida successione (fra-
zioni di secondo) si illumini un secondo oggetto (o,) simile al
precedente ma posto sulla destra dell'osservatore. I1 risultato
percettivo quello di vedere un unico oggetto o, che dalla
posizione di sinistra si sposta velocemente a quella di destra.
Questo fenomeno, chiamato fenomeno <&, estrema-
mente importante per gli aspetti teorici che sottende. Quello
xhe awiene nell'esperienza infatti non pu essere spiegato da
ci che succede agli oggetti. Se quest'ultima ipotesi fosse in-
vece vera, l'osservatore dovrebbe vedere due oggetti statici li
dove al contrario percepisce un unico oggetto in movimento.
I risultati sperimentali di Wertheimer mettono definitiva-
mente in crisi la presupposta perfetta corrispondenza tra
piano materiale - la cosiddetta realt fisica e piano per-
cettivo - la realt fenomenica. L'osservazione regolare di
questa discrepanza ha fatto si che si dovesse abbandonare la
fiducia in un modello basato sulla corrispondenza puntuale
tra stimolazione e sensazione. Nel tentativo di mantenere i
-
modelli di spiegazione gi individuati, agli inizi si pensato
che il fenomeno fi potesse configurarsi come una eccezione
alla regola e che come tale andasse trattato cercando di ri-
durre il movimento apparente ad una sorta di corto cir-
cuito>> mentale. In tal modo i risultati che apparivano anomali
al modello di spiegazione generalmente assunto al
tempo di Wertheimer, potevano essere spiegati in base ad un
supplementare costruito apposta per i fatti ecce-
zionali, una ipotesi sussidiaria approntata ad hoc. I1 feno-
meno per ha caratteristiche tali da richiedere ben di piu di
una semplice ipotesi costruita appositamente; le situazioni in
cui compare hanno una struttura talmente dipendente da ca-
ratteristiche sperimentalmente accertate (tempo, forma degli
,
oggetti, distanza, luminosit ...) che non possibile ricondurle
tout court, senz'altra spiegazione, ad una sorta di impreci-
< ~ o n e a l l o r a imperante modello stimolo-senzazione.
;&ta ~ c I n questo primo periodo gli scritti dei gestaltisti si prefig-
gono proprio lo scopo di sottolineare, mediante l'individua-
zione di fatti sperimentali, l'inadeguatezza di tutte -quelle
s e i o n i che ~ t r e b b e r o e o r e definite *teorie del mo-
saico, quei mo elli cio in cui ir'risurtato percet t i vri h zm
wi u s t a p p o s i z i o n e di parti generate da sensazioni tra loro
svincolate e non interagenti, come appunto possono essere le
tessere di un mosaico. Sono molti gli esempi in grado di
smentire questi modelli basati sulla somma di componenti.
Uno dei primi, e quindi storicamente pregevole, costituito
dall'anello di Wertheimer-Benussi (fig. 2). Cosi com' ripro-
dotto nel testo, l'anello appare di un grigio omogeneo. Si di-
sponga ora un qualsiasi oggetto stretto e lungo, una matita,
un filo, una strisciolina di carta, secondo la verticale indicata
dalle frecce che separano i due campi. Da un punto di vista
percettivo si avr un risultato differente. L'anello non pi
omogeneamente grigio, ma compare pi scuro o pi chiaro in
contrasto alla chiarezza del campo su cui posto. La cosa pi
sorprendente che, togliendo la divisione aggiunta, l'anello
ritorna ad apparire omogeneo. Ci sta a significare che l'or-
ganizzazione del risultato percettivo segue leggi peculiari ed
anto si sa a della stimolazbse.
esta insorm~a-er q-oria
che voglia " .+ basare iltisultato percettivo sd4a semplice somma
di parti.
_CC_
11 2 Storia del . pricologia
J.
La psicologia della Gestalt
1 13
La critica all'empirismo
La realizzazione di un modello non atomistico, di un at-
teggiamento che colga unit significanti e non elementi giu-
stapposti non ha esentato la psicologia della Gestalt da un
altro grande tema polemico: la critica all'empirismo. Se con la
critica all'elementismo la Gestalt reagiva sostanzialmente a
./
Wundt e ai suoi diretti successori. con la ~ol emi ca antiemoi-
rista si riferisce pi - - direttam . CQ psi-
coIogYo, q u d i T i s s o c i a z i o ~ i i - 0 . Il
problema consiste sostanzialmente nel peso da attribuire
all'esperienza passata nella formazione di iisultati percettivi e
di fenomeni psicologici in generale; un tema che non ha
perso di vigore nemmeno ai giorni nostri [Kanizsa 1968; Mu-
satti 1972). Tempi r i s t a, o uno psicologo che faccia leva su
argomentazioni di tipo empirista, derivando piu YiiEnb' di-
- e ia propria conGKzioTie dall'analoga tradizione filo-
sofica, espone una teoria che poggia di solito su osservazioni
del -- genere: glj-.Qggetri che si.pnSZ5- r - a
si sono formati cosi come appaiono p e ~ i l fatto che sizmo
abitua$ a vederii in t a r m ~ d ~ , sono creati e resi noti dall'gso.
Tavoli, seggiole, persone, ... sono originati dall'apprendi-
mento: nell' isolarli come tali determinante la ripetizione
dell'esperienza e i numerosi contatti che si hanno nella vita
quotidiana. Le tesi sostenute e dimostrate dai gestaltist'
ben d i s i w 4
aT-cL1pnO
. ' enza cadere e a posizione iametralmente
opposta, l'innatismo, essi rite gono che gli oggetti siano ori-
ginati in base ad autodistribu ioni dinamiche dell'esperienza
, Sensoriale; ed hanno perci C rcato di trovare controesempi
in cui si dimostrasse inefficac il ricorso all'esperienza passata.
3
B
Fig. 3
Una dimostrazione classica contenuta nel lavoro di
Gottschaldt 119261. Se fosse vero che gli oggetti si formano
nella nostra esperienza in base all'apprendimento dovuto alla
ripetuta presentazione, dovrebbe succedere che gli oggetti
presentati piu volte vengono riconosciuti con maggiore faci-
lit di oggetti visti meno frequentemente. Per verificare que-
sto assunto Gottschaldt ha presentato molte volte ai suoi sog-
getti figure come l'esagono (indicato con A in fig. 3). Se suc-
cessivamente venivano mostrate figure del tipo B, i soggetti
non erano in grado di rintracciarvi spontaneamente le figure
A, nonostante la consistente esperienza precedente. L'espe-
rimento di Gottschaldt presenta anche ulteriori sviluppi; ci
che per importa fondamentalmente aver messo in evi-
denza come l'esperienza passata non sia necessariamente
l'unico fattore in grado di determinare i risultati dell'organiz-
zazione percettiva. Bisogna per dire che, per la asprezza
della loro polemica, i teorici della Gestalt hanno dato l'im-
l l 4 Storia &Ila psicohgia
La psicohgia della Gestalt 1 15
pressione di ritenere addirittura come totalmente irrilevante
il peso dell'esperienza passata. Ma la loro reale posizione pu6
essere espressa da queste affermazioni di Kohler:
Il foglio di carta, la matita, eccetera, sono oggetti ben noti, questo
certo. Conceder anche, senza esitazione, che gli usi e i nomi di questi
oggetti mi sono noti dai numerosi contatti avuti nella vita precedente I...)
Ma da questi fatti all'affermare che fogli di carta, matite e via dicendo non
sarebbero delle unit isolate senza quella conoscenza precedentemente ac-
quisita, ci corre una bella distanza. Come si dimostra che prima di acquisire
questa conoscenza il mio campo visivo non conteneva unit siffatte? [...l Se
la spiegazione empirica fosse corretta, nel campo si isolerebbero entit spe-
cifiche solo nella misura in cui queste rappresentassero oggetti noti. In
realt le cose non stanno affatto cosi [...l Ne consegue che la mia cono-
scenza della significazione pratica delle cose non pu essere responsabile
della loro esistenza come unit visive staccate 11947, trad. it. p. 951.
L'antiempirismo della CTpstalt non si limita agli aspetti
perczttivi, ma coinvolge ogni a s p e = I -
tre c o n s i d p o n o presentate in que-
* s t o ~ o l o n &&=
2gLcQ.
I principali temi della psicologia della Gestalt
Lo sviluppo della psicoloeia della Gestalt ~ Q Q stato del
t ut t o- o, essendo emerso gradualmente
attraverso i vari lavori dei suoi esponenti. Pur in questa va-
riet per possibile individuare dei temi principali, delle
direttrici fondamentali. In accordo con Bozzi E19661 pos-
sjamo individuare tre aspetti che caratterizzano il procedere
me n t o del ricercatore di fronte ai dati percet-
tivi deve essere in primo luogo un atteggiamento fenomeno-
logico&) la teoria che permette di formulare le leggi che
governano le organizzazioni percettive dovr essere una teo-
ria di campo;N l'interpretazione dei fatti cosi studiati dovr
essere una interpretazione riguardante il funzionamento del
sistema nervoso centrale, anche nei casi in cui la soluzione
pi semplice sarebbe quella di spiegare i dati percettivi in
termini di stimolazione degli organi di senso.
L'atteggiamento fenomenologico
-- abbastanza -- . facile comprendere - -
tenda per atteggiamento fenomenologico facendo riferi-
&o aile parole con cui Wertheimer inizia fi suo lavoro del
1923; il tema trattato riguarda la percezione, ma questo
modo di rapportarsi ai fatti pu essere agevolmente esteso
agli altri campi della psicologia:
Sto alla finestra e vedo una casa, alberi, cielo. Da un punto di vista
teorico si potrebbe dire che ci sono 327 gradi di chiarezza e toni di colore.
Ma vedo 327? No. Vedo il cielo, la casa, gli alberi. E impossibile otte-
nere 327 in quanto tali. Ed anche se fosse possibile un calcolo cos astruso
e si prevedesse ad esempio 120 per la casa, 90 per gli alberi e 117 per il
cielo, dovrei almeno poter vedere questa disposizione e divisione del totale
e non, ad esempio, 127+100+ 100, oppure 150+ 177. La divisione con-
creta che io vedo non determinata da un qualche modo arbitrario di
organizzazione basato unicamente sul mio capriccio; vedo invece la disposi-
zione e divisione che appare qui di fronte a me. wertheimer 19231
Da queste parole si deduce un Dunto di vista costante
nella psicologia- della Gestalt: c i -
considerazione direttamente e con privilegio sono i fatti cos
co-erigono torniti dai nostri organi di senso. Ci Sgni-
fica che tutti i m w i costrutti ipo-
tetici, le concezioni percet-
tivo e dei-fenGeni psicolo&i, hanno valore solo in quanto
r@cono a convaldare i fatti d
- -
irettamente derivati dall'espe-
9- Un atteggiamento questo che esattamente agli antipo-
dT dell'introspezionismo (cfr. pp. 74-75). Un gestaltista os- '
serva il mondo e accetta l'esperienza in maniera diretta, attri-
buendole quel valore che manifestamente ci presenta, un in-
trospezionista invece al di l degli oggetti che popolano il
nostro mondo cerca di scoprire sensazioni elementari attra-
verso una impostazione che per necessit mira a distruggere.
l'oggetto come entit organizzata. L- ent o fenome-
aalorzico d ' - e r e n z - d o
comportamentista. I1 comportamentismo, nel tentativo di ov-
vlarPagIiiinconE'Zenti derivati dalla soggettivit del metodo
introspezi6ii~a, si propone espkitamente di prendere in
~ s i d e G i o n e uni&ente quelle variabili che possono es-
s-i su-o quantificare in maniera del tutto <<oggettiva>>,
pi o meno come si pesa, misura, conta nelle scienze cosid-
11 6 Storia &/la psidgia
La psicologia &[h Gestalt 117
dette esatte. Nell'im i e we il metodo~fen~omenologico un
gestaltista r i t i e n i i l i e r e una oggettivit pi gen+na e in
grado di esten "--"-!i ersi anc e $ a u a a s p e t t i non Eifettament? . .
m m o g g e t t i v i t a in atti viene fondata su cio che osser-
viamo~l' esperienza diretta: una sedia per esempio, come
-esperienza oggettiva sar qualcosa li. all'esterno, qualcosa di
robusto, stabile, pesante. In nessuna circostanza si ridurr a
qualcosa di meramente percepito, owero, a un fenomeno
soggettivo in qualsiasi senso {Kohler 1947). La sedia fa parte
di una classe di esperienze oggettive in modo cosi assoluto
che per un mondo pi oggettivo non c' altro posto {ibi-
dem). Questa oggettivit talmente preminente nel costi-
tuirsi della nostra esperienza da lasciare in secondo piano
qualsiasi altro punto di vista ivi compresi quelli di solito eti-
chettati come scientifici, quantitativi, esatti. Non occorre
impiantare un complesso disegno sperimentale supportato
dalla misura di pi variabili per poter affermare oggettiva-
mente che quella persona che passa ad attirare in questo
momento la mia attenzione.
Q u e s t ~ & ~ ~ n a Q d o l o g i S a , -basata sull'osserva-
zione diretta. h a fatto si che da parte di molti wc0rogi; - so-
=tutto di formazione comportament$.a, la u v e s s s e
tacciata come non scientifica, fiiosohg (nel senso deteriore),
o=rittura del tutto vaga ed inconcludente. In realt un
gestaltista, nel tentativo di non tradire il mondo dell'espe-
rienza diretta poco incline a costringerlo in quegli schemi
concettuali che gli permettono di individuarne solo gli aspetti
quantitativi; e gli sar tanto pi facile seguire questa tendenza
quanto pi il suo lavoro si trova nelle prime fasi; ove prime
fasi va inteso sia ontogeneticamente, nel senso che un sin-
golo ricercatore prima osserva il fenomeno e poi eventual-
mente lo quantifica, sia filogeneticamente~ nel senso che agli
inizi la psicologia della Gestalt si espressa in maniera p i q
I
qualitativa e molto meno quantitativa di quanto sia awenuto
-t
in seguito.
&t&'\, C , , VI f i
11concetto di teoria di campo
All'interno della teoria della Gestalt il concetto di campo
legato ad altri termini come teoria dinamica, distribuzione
di forze, condizioni di equilibrio, interazioni tra parti, vettori,
"denze, intero funzionale, processo unitario, e cosi via.
Come si pu facilmente vedere sono strumenti concettuali
del tutto inusitati per le teorie che hanno preceduto la Ge-
Stalt e cosi centrali e caratterizzanti da poter essere utilizzati
come criteri discriminanti per stabilire se una certa imposta-
Zione possa dirsi di tipo gestaltista oppure no.
Spiegare cosa sia una t e - pu essere sempli-
cissimo e complesso allo stesso tempo. Esattamente come in
fisica esiste una definizione quasi banale e vicina al linguaggio
quotidiano, oppure una trattazione estremamente formale ma
limitata alle situazioni pi paradigmatiche, anche in psicologia
per i gestaltisti, da un lato, stato facile poter dire che il
risultato fenomenico non dipende da un modello di tipo
meccanico, e in ci hanno polemizzato di volta in volta con
l'associazionismo, le teorie del mosaico, il comportamenti-
smo pi legato al paradigma stimolo-risposta, ma, dall'altro
lato, molto pi complesso determinare formalmente le
condizioni precise con cui tutte le forze concorrono alla for-
, , , % , mazione del risultato finale.
Kohler stesso per spiegare cosa si debba intendere per
t e o r ? c a mp o ricorre ad un esempio. Ari st ot eFneIIo-RU~
=e vime menti degli astri ha ipotizzato che stelle e pianeti
fossero fissati su sfere di cristallo rotanti. Egli pensava che la
~ol+z ce-zoyimenti potesse -e!sers spiegata salo indivi-
uan o una costruzione materiale --M e rigida atta adeterminare-
s e k a aicuna possibilit di deviazione quel risultato che stava
osservando. In realt la sc&zza - e ha impiegato molto
tempo - ha botuto dimostrare che i movimenti degli astri
dipendono da un complicatissimo equilibrio generato
dall'interazione di molte forze e che la regolarit dei movi-
menti non materialmente prefissata, ma ottenuta come ri-
sultato dali'equilibrio delle tensioni esistenti tra tutti i cotpi
-- 5=== - - s-V - -L--
Allo stesso modo, secondo la Gestalt, in psicologia le uni-
che possibilit di spiegazione vanno attribuite ad una teoria
. .
che usi strumenti concettuali quali forze. C
bxio ;
la ragione fondamentale di questa scelta sta l'or-
dine stesso presente nelle cose di tipo dinamico. Questa
convinzione talmente radicata in Kohler che un suo impor-
tante saggio [l9201 tutto volto a dimostrare come le forme,
e gestalten percettive, possano essere perfettamente de-
1 1 8 Storia della p~irologia
scritte con gli strumenti propri della fisica dei campi.
D'altra parte possibile, senza perdita teorica, tradurre in
termini dinamici una situazione che superficialmente sembra
descrivibile solo in termini meccanici. Un esempio storico del
genere pu essere individuato nel lavoro di Ebbinghaus. Per
studiare la memoria mediante un modello meccanico, egli ha
utilizzato sillabe senza senso, un materiale che si ipotiazava
totalmente privo di altre caratteristiche eccetto quella di es-
sere entit isolate, pezzi tra cui non corre alcuna relazione.
Ricerche successive hanno invece dimostrato che anche nel
caso di questo materiale si sono rivelati fondamentali fattori
dinamici quali il modo di presentare il materiale, la sua ineli-
minabile organizzazione interna, il contesto cognitivo, il
grado e il tipo di attenzione, la motivazione, ... caratteristiche
queste analizzabili solo mediante un modello che prevede
complesse interazioni descrivibili molto pi appropriata-
mente mediante una teoria di campo.
Per la psicologia della Ges meno pu e do-
vrebbe essqe descritto c o n - attenzione agii
a - . Il senso di attrazione che si prova per una
persona, il esiderio di evitare una situazione spiacevole, il
compiacimento di essere riusciti a risolvere un problema,
l'accorgersi di un oggetto prima non notato, lo sforzo di ri-
cordare un volto noto, l'osservare i risultati fenomenici origi-
nati da una qualsiasi figura di questo libro, sono pochi tra gli
infiniti esempi di situazioni psicologiche scopertamente di-
namiche che richiedono una spiegazione secondo una teoria
di campo.
Costruire una teoria di camoo significa individuare le pre-
L
cise rGo-erazione tra ie3arri. i e i s t i f i a i n o f d e -
T n i t o come principi di unificazione formale quelle re-
gole che descrivono il comportamento delle parti presenti
-
. .
nel campo. KQtheimer nel lavoro del 1923 fissa i pririupl
Diu generali, che in seguito sono stati consacrati dalla tradi-
- -
zi~>~erperimentale come: vicinanza, somiglianza, enetre con-
timiZiione, pregnanza, destino comune, chiusura;X@rjenza - . -
p r e c e s F . Questi principi si collocano nei confronti
deil'esperienza diretta come le equazioni di Maxwell nei
confronti del concetto di campo in fisica. Sono dei metodi di
descrizione, non dei modelli dotati di una validit a-priori in-
dipendente dai fatti; quindi nascono nel dato fenomenico e
La psicologia della Gestalt 11 9
ad esso si rivolgono. In questa prospettiva si pu capire come
il loro numero sia definito'dalla variet di fatti da spiegare e
dal grado di precisione che ci si prefigge. Le equazioni di
Maxwell non coincidono con i fenomeni che spiegano, e sono
in grado di descrivere perfettamente solo alcuni casi para-
digmatici da cui si possono trarre per deduzione, con una
certa inevitabile sporcizia>>, gran parte delle varie situazioni
che si incontrano concretamente. Esattamente allo stesso
modo anche i principi di Wertheimer non presumono di es-
sere una copia fedele e per di piG esaustiva del mondo cosi
come ci appare, ma hanno il compito, scientificamente ben
piu accettabile, di darci delle indicazioni su come si comporta
il cainpo fenomenico. Queste indicazioni sono perfettamente
adeguate nei casi piu paradigmatici e un po' meno negli altri.
Presentiamo qui di seguito l'elenco dei principi di unifica-
zione formale e alcune figure in grado di illustrarli:
a) In figura 4, un disegno di Kohler, si vedono due
gruppi di tre macchie ed impossibile, per quanto ci si sforzi,
cogliere con pari evidenza percettiva tre gruppi formati da
due elementi oppure un gruppo di cinque e l'altro di uno. Il
risultato dell'organizzazione percettiva va attribuito in questo
. .
caso all'influenza d e m ~ y j s *
Fig. 4
b) I1 campo pu organizzarsi anche in base al principio di
somiglianza; nell'esempio di figura 5 si vedono coppie di di-
schetti e di quadratini e non possibile invece percepire
coppie formate da un dischetto e un quadratino.
Fig. 5
120 Storia &IL psicologia
ka psicologia &&a Gestait 121
C) Secondo il principio di continuit, o buona continua-
zione, a comparire tra loro raggruppate sono quelle parti che
si dispongono secondo una direzione piu uniforme.
Nell'esempio di figura 6a si vede una linea retta che ne inter-
seca una sinusoidale (e non ad esempio il risultato di figura 6
b) perch solo cosi viene realizzata la migliore continuit pos-
sibile.
Fig. 6
d) I1 principio di chiusura asserisce che le parti presenti
nel campo tendono a formare unit chiuse. La figura 7, una
semplice modificazione della precedente, un esempio visivo
di tendenza alla chiusura. Non si vedono piu la retta e la
sinusoide, ma due porzioni di piano simili a settori circolari.
I principi che ora abbiamo presentato vengono conside-
rati come uno dei principali risultati ottenuti dalla Gestalt.
Indubbiamente ci che da essi viene descritto talmente evi-
dente e inopinabile da far parte del patrimonio comune dei
fatti ormai accertati. La critica semmai si sviluppata ad un
livello differente. I gestaltisti non hanno mai ulteriormente
specificato questi principi, che, secondo alcuni, si presentano
come vaghi e non perfettamente definiti; in effetti non sono
mai riusciti a formulare una definizione pienamente quantita-
tiva della forza relativa con cui interagiscono i fattori dell'or-
ganizzazione, un tipo di lacuna piuttosto diffusa in psicologia.
11 postulato dell'isomorfismo
Rimane da trattare un argomento che-ger la sua impor-
tanza teorica e la sua&vanza nella ricerca ha --. suscitato una
polemica tuttora !*a~d$al risolta. In genere quando
si espongono processi o fenomeni di tipo psicologico difficil-
mente si portati a considerare il loro versante materiale, la
realt fisiologica che sottendono. Esiste una componente
della teoria della Gestalt, il po~ul at o dell'isomorfismo~ che si
prefigge di dimostrare che processi cosi astratti come pos-
60 sembrare quei11 del pensiero, aella memoria, dell'ap-
-, aanna-.un jifekim--o *a~-eri&, sono in
. . . . .
ul ' da fatti che prevedono movimenti di
aro-ffka"1m . i-icc~
All'inizio di questo libro (cfr.'pp. 38 ss) si visto come per
u * corrente di pensiero filosofico. -ori-
gine e la garanzia di oggettivit della conoscenza dovesse es-
se_-fondata su di un piano exrra-materiale: ? a ; s cogita';2s,
f----rii__iirri.-. ,- \
apportaifice delle idee innate. Ebbene se si e i e s t i i z attril
buire, almeno in linea teorica, una base materiale al pensiero
si deve necessariamente ricorrere, come successo ai razio-
nalisti, ad una teoria in cui i processi di ordine superiore tro-
vano garanzia su un piano che non direttamente sperimen-
tale e nemmeno suscettibile di analisi scientifica perch de-
riva da una autorit che si situa ad un livello diverso da
lta in volta Essere,
logia vug1,g anche
e diversa: ---W appunto
122 Storia della psicologia
quella per cui il pensieto, e gli aspetti della psiche in genere,
s-processi descrivibili in termini speri-
<menti& senza ricorso ad entit ipostatizzate, metafisiche.
A porsi questo problema in maniera ben piu esplicita di
altre-stata lateoria della Gest qfi er i
gestaltisti la soluzione, o - in assenza di soluzione - almeno
la linea teorica da seguire Der questo ordine di ~robl emi
- A
viene indicata dal ~ost ul at o dell'isomorfismo.
-
idicare una identit st r ut t ur h tra il 1
e quello dei processi fisiologici ad esso sttostanti.
base al vostulato ~ i s o mo r f i s mo qual
1 s o m o r f i s m ~ S s o = uguale e morE = forma) sta
ad in i ano dell'esperienza
I n
siasi manifestazione
a .
@ivello fenomenico, dalla semplice percezione
og-
getto alla piu complessa forma di pensiero. Uova
-.C
corri-
spettivo in processi che, a livello cerebrale, prcsencano ca-
ratferistiche funzionalmente identiche. Ci significa che se il
6 t r o mondo fenomenico vossie(f una forma, una struttura.
una dinamica dobbiamo trovare - a livello di1 sistema ner:
voso centrale - una forma, una struttura, una dinamica che
le rispecchino.
Identit di struttura per non vuol dire che il nostro cer-
vello funzioni come un apparato di registrazione, per quanto
complesso, in cui si vanno formulando copie fedeli e ridotte
delle entit presenti nell'esperienza. Il postulato dell'iso-
.e-,-
morfismo asserisce qualcosa di molto pi x o r ~ t e : se co-
-Uar e.-
nosciamo le leggi che of gaGzzi ma anoira esperienza feno-
menica necessariamente conosciamo anche le leggi che ope-
rano tra fatti che awengono nel cervello. Perci se finora il
modello piu confacente alla descrizione dell'esperienza di-
retta , alla fine dei conti, una teoria di tipo dinamico, ana-
logo dovr essere il modello presente nel sistema nervoso
centrale; e ci proprio perch di tutti i processi che awen-
gono nel lungo percorso seguito dalla stimolazione, lo stadio
finale si svolge, fino a prova contraria, nel cervello.
I1 postulato dell'isomorfismo ha avuto, e tuttora ha, due
ordini-di conseguenze. I1 primo, di tipo euristico, costituisce
una discriminante per la ricerca in neurofisiologia: tutte le
scoperte sui fatti fisiologici che non siano in grado di resti-
t ui rci ~ il dato fenomenico sono progressi di un sapere che,
per quanto vicino, non ancora di tipo psicologico. I1 se-
condo, di sapore nettamente filosofico, indica nell'isomorfi-
La psicologia della Gestalt 123
smo una via per far s che il mondo, quello che cosi ci appare,
su cui ragioniamo, che accettiamo o rifiutiamo, sia riconduci-
bile in tutti i suoi aspetti ad un unico ordine coerente di prin-
cipi.
I1 ~ost ul at o dell'isomorfismo stato il terreno di una fe-
A.
r o c e - T O
Gsi der at o un tentatzo dT voier ridurre l'attivit del cerveno
a% presenza -- di correnti bio-elettriche o di fenomeni hsioio-
gicGGi7ettament.c osservabili con gli strumenti gi in possesso
deIIaetecnica sperimentale; un atteggiamento del genere pu
essere sintetizzato negli esperimenzdi Lashley che, aperto il
cranio di un topo e constatato che continuava a svolgere certi
compiti anche se parte della corteccia gli era stata seriamente
danneggiata, ha concluso che l'ipotesi dell'isomorfismo non
tiene perch il fenomeno osservato continua a persistere an-
che se si distrugge la possibilit di una sua localizzazione a
livelio di sistema nervoso centrale. In direzione opposta si
situa una interpretazione molto meno fisiologizzante, la quale
imputa all'isomorfismo il fatto di costituire una reduplica-
zione del mondo estetno; secondo questa interpretazione
(particolarmente amata da Gregory) i correlati del mondo
esterno non sarebbero altro che un mondo miniaturizzato ri-
proposto nel cepello; non verrebbero risolte quindi quelle
questioni per cui l'ipotesi dell'isomorfismo era stata formu-
lata.
Come abbiamo detto, la polemica su questo tema rimane
tuttora aperta; resta tuttavia da dire che molte delle critiche
mosse sono motivate anche dalla relativa mancanza di chia-
rezza con cui stata presentata questa ardita ipotesi
IKoffka 19351. Va per anche detto che la questione pre-
senta complessit dovute sia agli aspetti tecnici (che coinvol-
gono lo studio di realt fisiologiche estremamente fini cui
l'attuale ricerca non ancora giunta) sia agli aspetti filosofici
(da cui deriva il tentativo di dare una spiegazione monistica
del reale).
<
opfo,ds8 3 mD P
p~7d:9 n,, (ad- i ni ~e f ~ . d~f c -. . .,
r 3% - .?,'Q)
Altri ambiti di applicazione del modello di spiegazione
Wstaltista
La lettura delle opere piu programmatiche dei gestaltisti
124 Storia della psicologia La psicologia della Gestalt 125
pu far nascere, nel lettore non sufficientemente attento,
l'impressione che essi si siano interessati soprattutto di psi-
cologia . della . percezione. E indubbio Fhe i risultati piu con;-
--ottknuti in questo campo ma, per quanto
noti e determinanti siano stati, non devono far trascurare ci
che la teoria della Gestalt ha saputo dire in altri campi. Primi
tra tutti gli studi sui processi cognitivi, con i lavori di Wert-
heimer 11959) e Duncker 119631. Ma - come afferma Kani-
zsa [l9781 - i principi della teoria della Gestalt furono utiliz-
zati nello studio della maggior parte dei problemi della psico-
logia: la m e m d e b~pr e ndi mwt o Wul f 1922; Zeigarnick
1927; v x ~ e s t o r f f 1933; Luchins 1942; Katona 19401, la-
namica della personalit k w i n 193 5; Birenbaum 1930:
DTm'6-0-193 1 ; Katsten 19281, la-psicol-ogia -!em Gewin
1931; Asch 1952; Brown 1936; Heider 1958; Sherif 1969
Krech-Crutchfield 19481, l'e_spressivit e la-gsicologia dell'art
[Arnheim 1949-1974; ~ e t z ~ e r 1962; von Hornbostel 1725).
la psicolo~i(i_genetica mwi n 193.1; Koffka 1928). NE vannc
dimenticati lavori riguardanti la psicologia animale [Kohlet
1918 e 192 1 ; Hertz 1926,-1728, 19271 e persino la patologk
d e l l a ~s a n a l i t a {Schulte 19241.
.
Questa vastit di applicazioni della teoria della Gestalt ri.
specchia un aspetto proprio del suo modello esplicativo. G1
aspetti dinamici, le gestalten, si possono rintracciare non s ob
nei processi percettivi o in quelli, ad essi pi affini, del pen-
siero, ma sono rintracciabili anche in ambiti di ricerca tra loro
ben piu disparati.
In effetti il trattato di Koffka, il pi indicativo sotto que-
sto punto di vista, tra gli altri si prefigge lo scopo di presen-
tare un panorama completo dei campi della psicologia in cui
sia stata applicata, o sia applicabile, la teoria della Gestalt. Per
quanto riguarda la psicologia del pensiero, ad esempio, egli si
esprime cosi:
Non intendo sostenere che ogni relazione di pensiero abbia il proprio
corrispettivo in una relazione percettiva, la somiglianza tra i due c v p l e
per maggiore di quella generalmente riconosciuta [...] Quando abbiamo
cercato di rispondere concretamente alla domanda relativa alla ragione per
cui le cose appaiono come appaiono abbiamo elencato vari principi dell'or-
ganizzazione [...l Analogamente per rispondere alla domanda relativa alla
ragione per cui pensiamo come pensiamo, per cui i pensieri sono quello
che sono, dobbiamo rinvenire I...) delle propriet intrinseche che ne spie-
ghino l'organizzazione [...) e, pur essendo noi per ora spessissimo incapaci
(nel caso dei processi del pensiero) di esprimere tali propriet in termini
che non siano logici, dobbiamo essere convinti che a tali termini logici
corrispondono realt psicofisiche, proprio come nel senso della percezione
siamo convinti che alle propriet qualitative degli oggetti percepiti corri-
spondono delle realt psicofisiche [Koffka 1935, trad. it. pp. 647-6481.
Queste stesse indicazioni vengono riproposte, con op-
portune modifiche, anche nel caso della trattazione riguar-
dante la memoria, l'apprendimento, la psicologia sociale.
Ecco, ancora a titolo di esempio, le parole che Koffka pre-
mette all.'esposizio.ne della teoria gestaltista sulla formazione
di gruppi psicolog~ci:
In quanto parti dei campi comportamentali tali gruppi devono sorgere
attraverso dei processi di organizzazione del campo; differiscono inoltre
dalle organizzazioni di gruppo da noi considerate (gruppi di punti, gruppi
di linee, ecc.) per il fatto di includere l'Io. Ci non deve farci desistere dal
tentativo di applicare le nostre leggi dell'organizzazione a questi casi. Ci
siamo infatti imbattuti in un numero sufficiente di casi in cui l'Io andava
considerato alla stregua degli altri oggetti del campo. Questo fatto di
estrema importanza per l'Io. In quanto parte di un gruppo, l'Io presenter
deile caratteristiche dovute a tale appartenenza [Koffka 1935, trad. it. p.
6701.
La psicologia del pensiero
Se vero che i canoni esplicativi della Gestalt, come ora
abbiamo visto, possono essere applicati ai vari campi di ri-
cerca della psicologia, vale tuttavia la pena di prendere in
particolare considerazione uno di questi: la psicologia del
'
pensiero. In questo ambito la Gestalt ha prodotto alcuni con-
cetti esplicativi estremamente caratterizzanti il suo modo di
procedere. Nello studio dei processi del pensiero infatti, le
interpretazioni dinamiche tra le componenti non sono cosi
rigidamente predeterminate dalle condizioni dell'oggetto
come accade in percezione; per questo motivo le caratteristi-
che di campo possono apparire in maniera molto piu manife-
sta ed esemplare.
-nel famoso libro suile scimmie antropoidi [l 92 l],
f'
ha introdotto il concetto di insigbt (Einsicbt, intzlere, intuire
nel senso di vedere dentro), una categoria di spiegazione
tipicamente gestaltista. Molti degli psicologi a lui contempo-
ranei (si confronti il capitolo V) ritenevano che i processi di
apprendimento e di pensiero si attuassero secondo un in-
sieme di tentativi effettuati per caso. I1 raggiungimento dello
scopo, cio apprendere una qualsiasi sequenza di fatti o riu-
scire a risolvere un problema, viene ottenuto solo in seguito a
reiterati e casuali tentativi che vengono corretti in seguito
all'osservazione dei risultati: questo procedimento viene
detto p >> ed emblematicamente rappre-
sentato da Thor ndb, un bersaglio prediletto dai gestaltisti.
e-': " -
In una prospettiva del genere, pienamente abbracciata dai
comportamentisti, alla soluzione si giunge attraverso un ac-
cumulo di esperienza in grado alla fine di imprimere la rispo-
sta corretta ver il ~r obl ema presentato.
L.'impos<azion~ di ohl lei -sta. Egli tende ad attri-
buire intelligenza -to che apprende; ove con intel-
ligenza non vuole indicare solo la capacit derivata dalla se-
dimentazione di processi ripetitivi,ma intende soprattutto
sottolineare gli aspetti crietivj, quelli cio in grado di cogliere
i nessi chiave di una situazione. La sperimentazione di Kohler
consistita nell'osservazione del comportamento di scim-
panz posti di fronte a situazioni di tipo problematico, quali
ad esempio quella di riuscire a raggiungere del cibo posto al
di l delle sbarre di una gabbia ad una distanza irraggiungibile
senza l'ausilio di uno strumento. I1 comportamento degli
animali ha permesso di osservare che la soluzione per prove
l
l
ed errori in cui il pensiero procederebbe alla cieca, viene
i
seguita solo in fasi ridotte per estensione ed importanza. Le
azioni dell'animale tendono, ove possibile, ad una soluzione
ottenuta in seguito ad una strategia non casuale. Riesce ad
ottenere il cibo quando impiega uno strumento per awici-
narlo a s, nel caso esemplificato un bastone. Questo impiego
costituisce un atto di intelligenza poich instaura una r i s t r ~ t - ; ~ ~ ~ : I,
turazione del campo cognitivo attraverso un atto di insight.
Nel campo cognitivo della scimmia il bastone presente an-
che prima che essa riesca a risolvere il problema, ma quando
lo utilizza per trarre a s il cibo il valore del bastone mu-
tato; ora fa parte di una nuova e pi stabile organizzazione,
non vissuto come un qualsiasi oggetto per giocare o battere
ma come quell'unico oggetto che tra i presenti possegga la
caratteristica di essere funzionale ai fini della soluzione.
I1 disaccordo tra l'impostazione gestaltista, come indicata
La psicologia della Gestalt 127
in Kohler, e quella di tipo comportamentista, come rappre-
sentata da Thorndike, stata la base della controversia ri-
guardano il carattere continuo o discontinuo dell'apprendi-
gestaltisti: si sono interessati soprattutto di soluzione di pro-
blemi ( pr obl e ni s ol z , i ~ol t ' me no di apprendimema in
generale. Campo, quest'ultimo, in cui invece sembra piii ap-
propriato un modello che preveda l'accumulo di esperienza e
quindi il ricorso ad una teoria di tipo continuo. La risposta
gestaltista, insita ancora una volta nelle loro premesse teori-
che, che la soluzione per insight pur sottolineando caratte-
ristiche piu proprie della struttura del campo non-nega,
nemmeno sulpiann&a, l'importanza dell'esperienza pas-
sata. E chiaro che in una situazione che non presenta evidenti
possibilit di ristrutturazione, in assenza di altre strategie, il
soggetto ricorrer a quel repertorio di comportamenti che gli
gi noto; la discontinuit rispetto alle condizioni prece-
denti awiene solo quando le condizioni sono tali da permet-
tere il salto qualitativo richiesto. In termini di teoria, oltre-
tutto, affermare che un processo di insz',qht apporta caratteri-
stiche di discontinuit non nemmeno corretto; proprio per-
ch si tratta di una impostazione dinamica, il nuovo equilibrio
pur differendo di molto dal precedente non pu che essere
originato dalle condizioni date in partenza; non a caso viene
p h t i l i z z a t o il termine di ri-strutturazione.
segue e s v i i mu l i spunti forniti
da Wertheimer. Egli si proponeva
i x n x o n i in cui si pu giungere
ad un atto di intelligenza creativa, quel tipo di pensiero che ci
permette di risolvere problemi e che Wertheimer 119591 ha
definito <<produttivo>>. Anche se i suoi soggetti erano preva-
lentemente giovani alunni che egli incontrava in qualit di
ispettore scolastico, i concetti che ha usato sono di portata
cosi universale da poter essere applicati in qualsiasi situazione
in cui si vogliano analizzare processi di pensiero. Wertheimer
stesso, alla luce dei propri principi, ha preso in esame le sco-
perte di Einstein.
128 storia della psicologia
Ia psicologia deIia Gestalt 129
Molto spesso nell'apprendimento, o nella ricerca di una
soluzione, vengono seguiti metodi che prevedono atti pura-
mente mnemonici, dettati dalla applicazione passiva di regole
gi apprese; Wertheimer vuol mostrare come si possa giun-
gere a soluzioni e ad apprendimenti piii generali e profonda-
mente radicati quando si adotta una impostazione che osservi
la situazione come una totalit significante e non come un
insieme di parti o procedimenti parcellari. E cosi, alla stregua
dell'allievo che deve guardare al problema come ad un tutto,
anche il maestro dovrebbe insegnare tenendo presente la
struttura globale e non il procedimento. In questa prospettiva
a@e gli errori dovrebgro a c q u i s ~ ~ e carattere positivo; se
infatti la ricerca guidata da, una. compreGsiGne d e G u t t u r a
del problema e nondall;h successione airegole, nella mente
diyhi cerca deve essere p r e s e n t i w w o t e r decidere
se il passo compiuto proficuo o inutile. I1 pensiero C& se-
/-
guo questo procedimento porta ad una ristrutturazione del
campo, viene chiamato pensiero produttivo ed ben diverso
da un procedimento puramente mnemonico o appreso passi-
vamente, procedimento questo che Wertheimer ha denomi-
nato soluzione bruta.
I lavori e i suggerimenti di Wertheimer sono stati svilup-
pati da altri autori; tra questi non va dimenticato Duncker.
Come Wertheimer egli convinto che ad allontanare la solu-
- ---.
zione sia la tendenz, i ns i cnei soggetti, a ve-ose
troppo da vicino, &n una mentaiiti emi-nertfefftemeanalitica,
s m U s i G _ liEi&nte dell'abitudine. mi ha osservato
come solo raramente si ha una i m m a a e completa ristrut-
turazione del campo cognitivo (insight totale), mentre invece
avviene piu di frequente che il processo di soluzione richieda
una serie di successive ristrutturazioni (insight parziali), le
quali anche se non risolvono direttamente il problema per-
mettono di formularlo in maniera pi adeguata. Duncker ha
introdotto altri i r n p e n t i concetti ;tili nello studio di
i n : - quali condizioni acilitino o a n o b ffaas7form- --. - - dellz
struttura del pLo&a. A lui si deve anche il concetto di
fi ss-e, un atteggiamento che ostacola la soluzione
iluazione solc
quelle caratteristiche che per--abitudine ,siamo soliti riscon.
trarvi.-
-
psicologia della Gestalt negli Stati Uniti
In seguito all'awento del nazismo in Germania gli espo-
nenti della Gestalt emigrarono, uno dopo l'altro, negli Stati
Uniti. A fianco quindi del periodo tedesco, che pu essere
approssimativamente indicato con le date 19 12-1 93 5, si ag-
giunge un periodo americano. Se il primo costituisce la na-
scita e il consolidamento delle elaborazioni teoriche e speri-
mentali della Gestalt, il secondo rappresenta una sorta di
dotta per la sopravvivenza o almeno per il riconoscimento.
Gran parte delle discussioni e degli esami critici sono
prodotti in questo periodo, soprattutto ad opera di Kohler.
Ad esempio il famosissimo libro Gestalt Psychologv, che Koh-
ler scrive nel 1947, piii che un manuale o una trattazione
sistematica una appassionata ed acuta polemica in difesa dei
principali punti della teoria della Gestalt. Infatti, nel periodo
in cui la Gestalt si trapianta in America (e di trapianto si pu
proprio parlare perch in Germania questa corrente di pen-
siero non riprender piu piede direttamente), la psicologia
ufficiale nordamericana in piena fase di sviluppo del com-
portamentismo (cfr. cap. V). E facile comprendere come, al
di l delle inevitabili gelosie per la nuova arrivata, i due modi
di fare psicologia, quello gestaltista e quello comportamenti-
sta, fossero completamente agli antipodi.
Si pu procedere perbtereotip)(e spesso gli approcci fun-
6 zionano secondo tali cano3: da una parte abbiamo una teo-
ria, la Gestait che rivilegia Ibr@2razi 6ni l a g l q b a . d e i
ferlomeni=u$~ii u n ,&odo di tipo fenomenologico,
che non disdegna approfondite discussioni teoriche, che si ,
interessa di problemi quali il pensiero e la percezione e che
quindi sottolinea gli aspetti di teoria della conoscenza che la
imparentano alla filosofia; dall'altra c' una corrente di psico-
logi, il comportamentismo, che bandisce decisamente ogni
mezzo di indagine che non sia oggettivo, intendendo per og-
ttivo solo il misurabile, che rifiuta assolutamente il ricorso
entit come la xcoscienzax ed incerto sul grado di og-
ttivit da attribuire al resocon
analizza ...- variabili estremamente
fugge da quelle-di ti= =~ , q p ~ g ~ s
esplicito antiteoricismo, e infine
portamento stu-
dia prevalentemente le modalit di apprendimento.
l
130 La storia deiia pszcologra
l
Lo scontro, almeno agli inizi, non poteva essere che
frontale; ancora una volta le parole di Kohler possono darci
un quadro di questa situazione:
Ci che intendevo discutere sono alcune tendenze della psicologia ame
ricana. Posso confessare di non approvarle tutte? In primo luogo dubitc
che sia consigliabile considerare la cautela e lo spirito critico quali uniche
virtu di uno scienziato, come se tutto il resto contasse ben poco. Esse sonc
necessarie nella ricerca, cosi come nella nostra automobile i freni devonc
essere tenuti in ordine e il parabrezza va mantenuto pulito. Ma non sono I
freni o il parabrezza che ci muovono [...) Perch capita solo in psicologia di
sentirsi raccomandare, in modo un po' scoraggiante, soltanto la cautela? (...l
Giustamente nella psicologia americana si considera una virtu il provare
grande rispetto per il metodo e la cautela. Ma se questa virtu diventa ecces-
siva, pu condurre ad uno spirito di scetticismo che arresta fin dagli inizi le
nuove attivit. [...l I1 desiderio di usare solo metodi perfetti e concetti
chiari ci ha portati al comportamentismo metodologico. L'esperienza
umana, nel suo significato fenomenologico, non pu essere affrontata nep-
pure con i nostri metodi piu attendibili: e quando abbiamo a che fare con
essa, possiamo essere costretti a formare nuovi concetti che a prima vista
sembrano un po' vaghi. La maggior parte degli sperimentalisti [americani
(n.d.a.)] perci rifugge dall'osservare la scena fenomenica o perfino di rife-
rirsi ad essa. Eppure questa la scena sulla quale, per ci che riguarda gli
attori, si svolge continuamente il dramma della vita umana di ogni giorno.
Se noi non studiamo mai questa scena, ma insistiamo su metodi e concetti
sviluppati in indagini dall'esterno, i nostri risultati sembreranno facil-
mente estranei a coloro che vivono intensamente dall'interno [Kohler
19591.
I1 tempo e lo sviluppo della psicologia, soprattutto quella
americana, hanno ammorbidito di molto le intransigenti posi-
zioni iniziali ed hanno fatto si che divenissero di vasto domi-
nio gli aspetti piu validi della psicologia della Gestalt: i risul-
tati ottenuti in percezione, il concetto di organizzazione dei
fenomeni psichici; la possibilit di prendere in considerazione
variabili di ordine superiore, complesse, globali anche se
meno analizzate, e quindi il riscatto del dato ingenuo for-
nito dalla realt direttamente attraverso il metodo fenome-
nico; le ipotesi sui rapporti tra mondo fenomenico e caratte-
ristiche fisiologiche sottostanti.
Esiste tuttavia un campo di ricerca in cui la psicologia
ericana, fin dagli inizi, ha accettato temi e metodi della
della Gestalt; si tratta della psicologia sociale.
In questo ambito sono stati pubblicati consistenti e siste-
matici lavori anche da parte di autori non di origine tedesca,
segno evidente di un atteggiamento diverso. I motivi che
La psicologia della Gestalt 131
i
l
1
hanno permesso lo sviluppo in questa direzione sono sostan-
zialmente due; il primo-o al fatto al"y!adi<ma com-
meno efficace nei con r o n c <~~%ps:-
la *~om@ficazhAe d z fenomeni e la
in gioco rende quasi proibitiva una
analisi di tipo strettamente quantitativo e il ricorso alla misu-
razione; il secondo deriva dal fatto che i temi di cui si occupa
la psicologia sociale sono molto piu concreti, piu pratici e
quindi di gran lunga piu vicini allo spirito americano di
quanto non fossero le teoriche affermazioni generali dei ge-
staltisti. Non va trascurato infine un fatto che pu apparire
secondario: a presentare una impostazione gestaltista in
campo di psicologia sociale un teorico, Lewin, che pu es-
sere stato considerato come un esponente 7lFiEYEestaTt meno
diretto ed ufficiale. In effetti l'opera di Lewin, pur essendo
perfettamente configurabile come gestaltista per formazione,
metodo ed inquadramento teorico, tocca temi quali la perso-
nalit, le influenze ambientali, la motivazione, la struttura
della mente.
Piu recentemente, a partire piu o meno dagli inizi degli
anni '60, la riscoperta dei temi gestaltisti si fatta piu consi-
stente soprattutto con l'affacciarsi alla ribalta di una nuova
e u n -
ei metod-i.
Quanto ampio sia il terreno comune a Gestalt e cognitivi-
s m o m a che punto il cognitivismo sia da iiiGKZie come
-- Uno sviluppo piu che una reale ri b_eh! e n e i - c o m e 1
cppoftamentismo, sono questioni tuttora oggetto di analisi;
su questo tema si veda il capitolo VI11 d i - ~ ~ o l i E o e si
confrontino i pareri discordi espressi in Kanizsa-Legrenzi
r i n- . - - - .
i l r 181. La risposta tuttavia non pu esse semplice anche
perch sia Ia Gestalt che il cognitivismo svolgono ruol attivo
nella riceka psicoIogica c o n t e mme a .
Capitolo sesto
il comportamentisms
'
Per piu di duemila anni la psicologia stata intesa nel suo
senso etimologico di disciplina che ha per oggetto l'anima.
Psiche, in greco, vuol dire infatti anima e conseguente-
mente psicologia significa studio dell'anima*. Aristotele
aveva precisato che la psicologia ha per oggetto la natura, la
sostanza e le determinazioni accidentali dell'anima. e - pur
mostrandosi interessato a studiare le leggi dei principali fe-
nomeni psichici - aveva considerato la psicologia come una
disciplina eminentemente deduttiva.
Quando nel 1700 e poi nel 1800 cominci a farsi strada
l'ide5 che la psiche potesse essere meglio conosci;oattra-
v a i'analisi basata sull'esperienza (VIToiff; ad esempio, aveva
distinto SZol ol ogi a razionZF'Zuna psicdogia empirica ), ve-
n i v a s n crearsi le premesse per un-mutarnent~ nel metodo
d'indagine che avrebbero dato awi o alla nascita della p si colo-
--m -
gia scienti a 1 o g g e t t O~ g s i c a I o ~ i a a r i ma s ~ 61 ?tesso,
e c i - s e la s u a 7 di souanza
-i---
va- veniva sostituendosi con quella fenomenica (la co-
scienza) e 'molti ricercator; mostravano di preferire l'analisi di
precise reazioni dI'esame intros~ettivo della coscienza. Pro-
babilmente, ben pochi avrebbero messo in dubbio che la psi-
c o l o e o t e s Se avere altro ometto di studio, daI momento'
che -si , r%neGndo quell'oggetto, avrebbe per-ne -
negato .-
1 S n t i s n o f : ms e n t a il capov~lgimento piu ra-
dell'ometto di studio della psicologia,
e n x o n solo ritiene &e s i X i i t i G e f i E h i
--
essa anche _il co tamento osservabile, mapure giunge ta-
l ora --- a r i f i u t a r n e b b a occup&s~el l a coscienza. s o
__-H --
134 Storia della psicologia
un certo profilo, si potrebbe dire che il comportamentista
propone una nuova disciplina con un differente oggetto di
studio (potremmo chiamarla comportamentologia), senon-
ch il suo , di spie are tutti i temi affrontati dalla
A,
v e c & i Q maniera piu soddisfacente e scientifica-
mente pi adeguata, propone il c o m p o r t w o come
-l"-.i--ic
l' -maniera h scienza ~ ~ l o g i c a . In altre parole,
1 ' ~ ~ ~ s i e n e ~ ~ ~ t o n e d n i i n u t i psisioTo-
&i (emozione, abitudine, apprendimento, personalit, ecc.)
e per essi si propone lo studio attraverso la loro manifesta-
zione osservabile (che poi la loro vera natura) nei termini di
comportamenti emotivl, C-samenti abituZnari,--&m-
p ~ i t T d ' a ~ d i m e n t ~ . c o m p o r t a m e n t i costitutivi della
personalit, ecc.
Comela_remo modo di vebere meglio in seguito, uno dei
motivi- fondamenta17 di -questa opzione radicale del compor-
t d-
. , . . a dare usa fondazione_ s c i e n e
alla psicologia in man iera da collocarla fra le scienze biologi-
che, nella grande famiglia delle raiid&ug-scienze naturali.
Coerentemente con queste premesse, lo s c i e n z i a w o r -
tamentista ha finito per essere prima scienziato e poi com-
portamentista, lasciandosi (fortunatamente) guidare dai risul-
tati della sua ricerca piuttosto che dalle assunzioni filosofiche
dei suoi capi-scuola '. Sembra inoltre che il destino di molti
orientamenti psicologici sia stato quello di incontrare conti-
nue correzioni, rivoluzioni interne, radicali mutamenti d'ac-
cento che rendevano talora difficile trovare coordinate unita-
rie, non solo nell'opera di diversi rappresentanti, ma anche di
uno stesso caposcuola.
Queste ragioni rendono difficile individuare con chiarezza
sia i punti chiave, sia i personaggi pi rilevanti dell'approccio
comportamentista. In questa sede abbiamo perci preferito
considerare sia l'opera del caposcuola storico del comporta-
mentismo, J.B. ~ a t s o n , sia dare un cenno ai principafi con-
tributi (che, in m - , hanno sicurakente superato in va-
l a meriti del fondatoie) di quanti si sono riconosciuti in
' I1 caso di Lashley, il pi celebre allievo di Watson, in questo senso esem-
plare. Lashley, con una impostazione metodologica comportamentista [Heidbreder
19331, pervenne infatti a propugnare un'analisi molare del sistema nervoso centrale
che era in antitesi con le assunzioni molecolaristiche di Watson (su questo punto cfr.
Meazzini [ 1978bl).
qualche momento della loro vita nel comportamentismo,
hanno fatto riferimento al suo bagaglio terminologico e con-
attuale, hanno preso parte a polemiche che nascevano dalla
contrapposizione fra i principali orientamenti psicologici. Fra
gli psicologi pi rilevanti per una storia del comportamentismo
possiamo annoverare: Watson, Max Meyer, Hunter, Kuo,
Lashley, Tolman, G. Mead, Piron, Hull, Guthrie, Skinner,
Spence, Kantor, Weiss, Bandura, Eysenck, Staats, N. Miller,
Mowrer, Estes, Ferster, Harlow, Hebb, Osgood, Underwood e
Postman.
Molti di questi nqmihanno fatto toat coart la storia della
psic&ogia sperimentale, la quale fu estremamente influenzata
& & m -
piicita ---- che diversi psicologi fecero fra metodo,-
comportamentismo me t o d o l o ~~o . - . Essi inoltre si caratteriz-
zarono ~a gFa nl l ; l e ma ggi or a nz a per un altro fatto e cio
per essere psicologi nord-americani. Infatti il comportamenti-
smo -_._- fu un movimento t i ~i cament e. ~~r d: ~&i cano e soio ne-
gIi aau 3Dcominci ad essere con
Uniti e in particolare in Europa. Ci
c ' 6 mera conseguenza &lla americanizzazione della
cultura europea e del riconoscimento implicito di inferiorit
che gran parte della psicologia scientifica del vecchio conti-
nente dovette fare di fronte all'imponenza di mezzi o stru-
menti, dati, elaborazioni, numero di ricercatori, che caratte-
Le origini del comportamentismo: il clima storico-culturale
titolo PsvcLoioioav as the Behaviorist Views It . Tuttavia. come
. , W
moiE nanno osservato, Watson fu piuttosto l'or anizzatore, il
radicale propugnatore e?*abiIe p u b e e di
idee e temi che gi da tempo stava o.
~ t s o n ra stato il primo d o t t o x o g i a dell'uni-
-
-
1% Storia dtlh psicologia
venir rappresentati dal punto in cui la gamba della T si
incontra col suo segmento orizzontale - -ere
quale d ' ezioni (destra o sinistra)
h9
I n i t i P i c a rivolta all'animale C iuso in gabbia
era quella di imparare che per uscirne e poter trovare del
cibo bisogna abbassare una maniglia. Osservando i gatti im-
di Thorndike una legge che si
caratterizza chiaramente per un approccio di tipo comporta-
mentista. Con esso l'autore riteneva di specificare una cara-
ratteristica fondamentale della intelligenza animale. Infatti
noi potremmo pure pensare che l'intelligenza consista nel
comprendere la relazione che esiste fra l'atto di premere la
leva e la possibilit di uscire, ma ci che effettivamente os-
serviamo che quell'atto si verifica tanto pi spesso, quanto
piii ad esso seguita una ricompensa. I1 primo modo di de-
scrivere la situazione costituisce una pura inferenza ricavata
dai secondo modo che invece si limita ai fatti. La legge empi-
rica dell'effetto ci dice all'incirca che aun'azione accompa- ,
gnata o seguita da uno stato di soddisfazione tender a ripre- i
sentarsi pi spesso, un'azione seguita da uno stato di insoddi-
sfazione tender a ripresentarsi meno spesso. Ebbene, se
questa legge spiega le nostre osservazioni ed in grado di
predire quello che probabilmente faremo in futuro (si noti il
carattere di predizione ~robabilistica, tipico delle spiegazioni
psicologiche), non c' motiva per sostituirla con un'altra.
Questo modo di considerare le cose potremmo ricon-
durlo ai comportamentismo metodologico, cio alla scelta di
osservare il comportamento e alla preferenza per leggi com--
portamentali. Thorndike non esplicit fino in fondo quelle
premesse (ad es. parl di rafforzamento di connessione piut-
tosto che di aumento della ~robabilit di emissione di una
risposta comportamentale), ma si caratterizz anche per pre-
cisazioni proprie a quella che sarebbe stata la filosofia com-
portamentista.
>
. -
tere adattiyo e - per cos dire - utilitario -- dell'azione umana,
Il comportamentismo 139
il cui manifestarsi appariva semplicemente legato alla p<&@-
fjt di venir ricompensati. Molti psicologi avrebbero in se-
-pito negato che 1'apprend;mento si verifichi solo in presenza
di ricompensa e fra essi anche alcuni appartenenti alla tradi-
zione comportamentista (ad es. Tolman, Guthrie). In secondo
luogo, l'analisi dei tempi richiesti al gatto per pervenire
alla
pressione della manidia sumeriva a Thorndike che 17appren-
dimenfo era graduale. . .. Molti - esperimenti co~~dot t i i-
C - la bestalt e il nostro stesso senso comune ci fareb-
..- --- - - - - -- - v
%@o pensare cne 1 ag~rendimento avrebbe dovuto verificaFsi
per una comprensione .. . abbastanza repentina della maniera in
c f i r a ossi bile uscire dalla eah - - ~ ~ ---
fumetti avrebbe dovut,
vto pensare a quaicos
spiega e predice le osservazioni che facciamo. Al contrario la
filosofia radica1
entista ne a ch ci si sia wi f i -
cato. Lo L a coscienza abbia
importanza (o addirittura non crede alla sua reale esistenza) e
teme che la sua introduzione annacqui e confonda la spiega-
zione scientifica. &e curve di apprendimento tracciate dz
T h o r n sulla base dei suoi dati, erano tavorevoli aiI'idea
che l'apprendimento graduale, anzich frutto di una com-
prensione improwisa. Infatti, in quest'ultimo caso, sarebbe
dovuto accadere che, all'inizio, il gatto non riuscisse ad uscire
o trovasse casualmente la risposta giusta e quindi avesse biso-
gno di molto tempo, e che poi - con la scoperta della solu-
zione - il tempo necessario per uscire si facesse minimo.
Thorndike invece osserv che, col passare delle prove, il
--."-
tempo necessario ad un gatto per uscire da una gabbia decre-
s ~ ~ o l a r m e n t e e graduaim-a brusche cadute, e
C$ 10 fe?e conciudere che l'animale non affer-ne,
ma piuttosto procedeva a piccoli passi successivi imprimendosi
1CrZposte giuste e cancellando quelle sbagliate mor ndi ke
191 1
_-
i-
--5$ondike non prese tuttavia decisa posizione contro chi
faceva psicologia diversa dalla sua, cosa che invece sarebbe
140 Storia delka psicohgia
stata fatta pochi anni dopo da Watson. Watson aveva lasciato
nel 1904 i'universit di Chicago per la John's Hopkins Uni-
versity e aveva proseguito la sperimentazione animale, colla-
borando anche con Carr e Yerkes il quale, nel 1909, aveva
i nt r odo~o con Morgulis l'opera di Pavlov in ambito nordame-
ricano. E i ndubi t a bi kk la s c uml a r w (Secenov, Bechterev,
Pavlov) s- grande influenza sul comportamentismo,
anche se e certo che ci sarebbe risultato pi evidente solo in
opere pi tarde di Watson e di altri comportamentisti. Nel
1912, Watson anticipava in una serie di conferenze presso la
Columbia University le sue idee, poi espresse pi chiaramente
in diversi saggi (di cui due estremamente importanti furono
pubblicati l'anno seguente) e in tre volumi teorici, il primo
fWatson 19 141 ispirato dalla psicologia animale, il secondo
fWatson 1919] arricchito dalle osservazioni eseguite coi bam-
bini, il terzo wat son 192 5; 193021 caratterizzato da maggiore
interesse applicativo e dalla battaglia ambientalista.
Tutta l'opera di Watson percorsa da una brillante ed
--
W - - -
emotiva vena pXemica e radicale. ~l primo-BasgIio contro
cui - 6 3 rivoise i suoi- i i t t a C mi l metodo introspettivo. In
senso laio, I'introspzione 'significa~guifilare~ntro di s e
sotto questo aspetto essa aveva costituito la base di raccolta di
informazioni per la psicologia tradizionale.
A prescindere dal fatto che i troppo piccoli passi avanti
compiuti con tale metodo dalla psicologia ne mettevano in
dubbio l'effettiva capacit di progresso conoscitivo, Watson
obiettav noun- er g, meadi m- pe~ due motivi-&
m & l ' osservat ore. ~nnUfrcava
con l'osservato w d esempio; che, non appena
l'sservatore cominciava a osservare la coscienza, mutava per
definizione il suo oggetto di osservazione, dal momento che
esso veniva ad includere la coscienza di osservare); 2 ) a i l
fatto che 1' 0s-gtiva era --. -e compiuta da una-
persona che parlava di cose che . gli . altri non potevano ve*
d t x m e i i x con-
t wppcd~i oi i i ai dati pubblici delle scienze naturali).
Watsoc cdicaua.-Lpuajgz-- dei dati intr~pet-'1
solo p e w - - r . . una W-
, stione di fatto
erso quel metodo, si giungevaa
s & o j e t a m e n t e discordanti o insoddi-
7
__I _ ^_____C _ _ _ - . ___I_C I- - - - ---I- - - -. -
sfacenti: -
Watson pensava specificamente a due abusi del metodo
introspettivo e cio a quello tradizionale, che aveva portato alla
proliferazi~ne di concetti non chiaramente specificati (anima,
libert, volont, ecc.), e a quel10 strutturalista, impersonificato
in particolare nella figura di Titchener. In questo secondo caso,
.introspezione aveva un significato pi definito e limitato,
concerneva cio una maniera sofisticata di descrivere la propria
esperienza cosciente, scomponendola in elementi semplici. Per
compiere questo esame, lo psicologo doveva essere estrema-
mente esercitato ad andare oltre il dato cosciente puro e sem-
plice (io vedo una casa), ed individuarne i costituenti semplici
(le distinte sensazioni di cui si compone la mia esperienza di
vedere una casa).
zione dei termini usati. Chiaramente, lo studio del comporta-
mento anzich della coscienza permetteva di utilizzare metodi
pi soddisfacenti ed oggettivi, suscettibili di un immediato
controllo nella verifica del consenso intersoggettivo.
La risposta di Titchener a Watson non si fece attendere
molto [Titchener 19141, ma ebbe il ruolo paradossale di costi-
tuire una cassa di risonanza per il comportamentismo, nel quale
molti ricercatori nord-americani riconobbero sistematizzate
stavano maturando.
a: orientarsi altrove, specie verso la clinica [Bakan 19661. Watson,
4 Per l'appunto, proveniva da una cittadina agricola de l-- Sud Ca-
l
d i n a e, giunto nelle grandi citt industriali del Nord, si faceva
142 Storia della psicologia
interprete dell'esigenza di una psicologia da un lato capace di
risolvere i grandi problemi incontrati dall'uomo di fronte alla
macchina e all'urbanesimo, e dall'altro rispettosa di taluni va-
lori tipici dell'american way of 12%. Watson, ed in seguito altri
comportamentisti, ne avrebbero fatto proprio l'ethos utopisti-
co-democratico, negando in chiave egualitaristica un ruolo
dell'eredit e mettendo a fuoco la modificabilit in positivo
della personalit umana. Inoltre l'entrata in guerra contro le
potenze centro-europee aveva accresciuto un sentimento anti-
tedesco, al punto che Max Meyer, uno dei primi comporta-
mentisti, si era preoccupato di organizzare una associazione
che comprendeva lui e altri cittadini statunitensi di origine
tedesca e che aveva lo scopo di esprimere la propria lealt
verso lo stato di adozione. Considerando questi elementi, si
pu quindi capire perch l'affermazione di Watson che il com-
portamentismo era l'unica vera psicologia americana risul-
tasse di particolare importanza a molti suoi connazionali.
La s i ma merra &o
svilu_eeo --a-
-W- della - psicologia n - i ti. facendola - usciredai ----
ristretti . ambiti accademici e conoscere nei potenziali contesti
7--
applicativi P -- e all'opinio"ne pubblica. Se,consideriamo i rapporti
intercorsi precedentemente fra i stria e psicoioma {cfr. -Ba-
ritz 19601. essi fino al 1915 e& stati viuttosto fievoli ed
- a, A
episodici. Durante la guerra si assistette invece ad unas.ecie di
boom della p S i a (nei quaaro di un'offerta di competenza da
parte di tutte le discipline scientifiche). La vera bomba fu raD-
presentata dal compito affidato agli psicologi di sottoporre
l'esercito a test in maniera da-sTTezioKre i migliori - soldati, -- ed
evitare EoSSi costi di addestramento per 1eFcTute con bassa
--
prestazione intellettiva. In un secondo tempo i t*ono usati
a n l o cio di pcckar e l e
attitudini differenziate dei soegetti.esaminati.
- -
Il-solo programma di selezione porto all'esame di ben
1.72 7 .O00 Gomjni: la rilevanza e il successo dell'iniziativa co-
stituirono la migliore carta da visita per la psicologia.
Gli psicologi delle Universit, dapprima ostili all'applica-
zione, finirono progressivamente col collaborare nella pubbli-
cit, nell'organizzazione industriale, nell'esercito, ecc., indi-
pendentemente dal loro orientamento teorico. Figure di primo
piano in questo impatto ricerca-applicazione furono W.D.
Scott, Munsterberg e Bingham, ma - in posizione di minore
If comportamentismo 143
importanza - collaborarono moltissimi altri e fra essi Titche-
\
ner, Watson e Thorndike. Nel 1920, tuttavia, quando a causa di
un scandalo culminato col divorzio (!) dovette abban-
donare la John's Hopkins University, Watsonpass acollaborare
direttamente con l'industria, impegnandosi in problemi pubbli-
citari e manageriali e interessandosi sempre meno di psicologia.
11suo libro Behauiorism 119251, che ottenne un grande successo
anche e specialmente al di fuori degli ambienti scientifici, rap-
presenta chiaramente il nuovo stato professionale e indica le
prospettive applicative del comportamentismo [cfr. anche Curi
19771.
Il comportamentismo watsoniano
Fra il 191 3 e il 1930 (anno in cui, con la seconda edizione di
Behauiorism, Watson conclude la sua attivit scientifica) si svi-
l u ~ ~ p o r t a m e n t i s m o watsoniano. - -- In quel periodo"aPljar-
vero i primi contributi comportamentistici di Kuo, Lashley,
Weiss, Tolman e molti altri, ma certo che l'opera di Watson fu
particolarmente centrale.
singole reazioni psicologiche che l'organismo manifesta (con-
trazione di un singolo muscolo, oppure attivit di singoli organi
come la respirazione, la digestione, ecc.), che costituiscono il
differente oggetto di studio della fisiologia.
Nella sperimentazione psicologica che esegue, Watson si
interessa precipuamente di variabili dipendenti complesse di
144 Storia &IL psicologia
quel tipo che abbiamo or ora menzionato. I1 suo molecolari-
smo e riduzionismo teorico si
7-
c i ~ ~ q u ~ . comportam- s o - t-,
i o n e i reazioni pi semplici, di m o l h costituite dai sin-
goT movimenti fisici cre- tali sono per I' ap~unto
5
stuojatidalla fisiologia e dalla medicina 4. Infatti i principi di
composizione delle unit semplici in uni& complesse non mo-
dificano la natura delle prime, ma semplicemente le compon-
gono. I principi cui Watson fa principale riferimento sono la
frequenza, la recenza e il condizionamento. I principi della
frequenza e della recenza ci dicono che tanto pii+ spesso o tanto
piz recentemente una associazione,$ verificata, con tanta mag-
giore probabilit si verificher.
4
I1 cogdizionamento comincia A ad --. occupare un -- posto - centrale,
n e l l a - p a r e
direttame-nne influenzato non solo~iaPavlov ma anche dai rifles-
so&i russi e .cloe da Sz{eicv, che gi verso il 1860 aveva
affermato che gli atti della vita cosciente e inconscia non sono
altro che riflessi [cfr. Boring 19501, e da Bechterev che era in
particolar modo interessato ai riflessi muscolari [Curi 1967).
Il principi0 del condizipnamento~arte . - dalla rilevazione del
< - inesistnnnCn3izionatea de-
t eai nat e situazioni. Ad - s mo affamato che
..- i r salivando, un_-Lmpiowiso
. .
fasci--fw~usurutamente una contra-
zione della ecc. 1l-uhw i l f
. .
ascio di luce sono chiamati
s a - . C - si pro2ucono nell'am-
biente g - & w k i z @ n a t a m e n t e una detFi-ii5iiiata
-
risposta n e l l ' o r g ~ o . Ebbene, altri stimoli che siano stati
associati agli stimoli incondizionati provocheranno pure essi la
reazione incondizionata, pur non avendo per se stessi alcuna
relazione con essa. Ad esempio, il cane di Pavlov salivava
quando sentiva il suono di una campanella, per il semplice fatto
che tale suono era stato precedentemente associato con una
certa frequenza (e recenza) alla presentazione del cibo (per una
esposizione della tematica, si veda il cap. IV). La ricerca sul
Va notato che, poich il composto consiste nel comportamento osservato, il
riduzionismo fisiologico di Watson rinvia a componenti costituite dalle risposte
ghiandolari e muscolari, piurtosto che nervose (l'apprendimento associativo mu-
scolare, non cerebrale), tendendo ad identificarsi con l'assunzione molecolaristica.
condi zi onam~t o era di particolare importanza per il compor-
tamentista perch, da'= latG', i n d i v w
. . .
O
7che consentivano di definire meglio l'ambiente cui l'organismo
ieagisce) e precise unit-risposta, dall'altro poich o f h a un
p r * i D e + la genesi delle risposte com-
+,Si poteva infatti ipotizzare che i comportamenti com-
plessi esibiti dall'uomo potessero essere il risultato di una lunga
storia di condizionamenti. - -
importanza per Wat-
a comzciare - me ac-
- -.
. Nell'analizzare le emozioni, Watson espri-
la rabbig, e l'amore siano le emozioni
e S t a r i e si definiscano sulla base degli stimoli ambientali
che7eprovocano. A partire da quelle emozioni si costruireb-
bero le altre emozioni. Un raso famoso di apprendimento di
. .
emozi Watson. studi in-
~ ~ e ~ a y n e r z i n i e inaleazzi
11978, 33-34]). Albert giocava ~ i a c e v h e n t e con un topolino
allorch~gli - - - m v e * D t i v i o l ~ ~ o ru-
m ~ _ . Da quel mo- i l b h i n o manifest una grande
paura sia per i topi, sia per altri animali e oggetti pelosi. Il
rumore era uno stimolo incondizionato in grado di provocare
per s una risposta di paura; la sua associazione con un altro
stimolo (il topolino) faceva s che il bambino fosse condizionato
ad aver paura anche per il topolino e (per effetto della genera-
lizzazione dello stimolo) anche per altri oggetti aventi caratteri-
stiche simili. Provocando una delle prime nevrosi sperimentali
della storia d -
. -C_ .
--
, son provavuiteriormente
c h e nevrosi non sono n innate, n oggetti misteriosi, ma
-ano -re definite nei termini di risposte emozionali
a m e .
- Per Watson, le stesse leggi che regolano l'apprendimento
emotko erano alla base delle d t r e s ~ ~ pariicolaT
. .
delle cosiddette xabitudiniw. Se per le ~abitu-li.
I'iaea poteva essere da molti condi-hr-aceva p@
Qrfficnc anao si trattava di spiegare c si-
@l5i?EiSA p a j & o i , , i l & ~ ~ n -
-io. La proposta metodologica di ~atson-richiedeva di
fondarsi sull'osservazione del comportamento, e in questo caso
del comportamento verbale (che - si noti - veniva accolto
anche come insieme di significati verbalizzati), e dunque il
146 Storia de l h psicologia
Il comportamentismo 147
pensiero avrebbe dovuto essere inferito dal linguaggio. Ma la
proposta per cos dire filosofica (altri hanno parlato di on-
tologia. o metafisica) era quella di negare reale esistenza al
pensiero e assimilarlo direttamente al linguaggio.
. .
P w u a & o viene acquisito per condiziona-
mento. I1 bambino sente associare ad un oggetto il suo nome e
di con a il nome finisce per evocare la stessa risposta
e ~ o ~ a " " ~ . .. . rogressivam --e--g- nte all:1g~ero .. sistema .
. di
dere altre forme di comportamento: ad es. l'atto di alzare le
spalle) e non aveva per se stesso rilevanza e -conosci-
?-- -
Il ruolo dell'esperienza e le grandi teorie dell'apprendimento
Nel secondo e terzo decennio del secolo, le teorie psicolo-
giche pi popolari negli Stati Uniti (oltre e pi di quella watso-
niana) furono quella di McDougall [cfr. Baritz 1960) e quella di
Freud {cfr. Bakan 1966). Entrambe, ma in particolare modo la
prima, si caratterizzavano per l'importanza attribuita agli istinti
ereditari nell'uomo. W - mimo tempo accolse questa
idea, ma in un secondo tempo, influenzato dalla posizione
r snosceva l'utilit e validit vsicologica del concetto di &tinto,
dal nt r o negava che l'uomo fosse al momento della nasda
estremamFni limitato. auali riflessi, reazioni posturali, moto-
T e , ghiandolari -_._ e mus c ol a r i ~a m11reazioni interessano i1fi
e non sono tra@-mentali; il bambino nasce senza istinto, intelli-
g-altre doti innate e sar soltanto ibsperienza successiva a
, -rn-aa sua f o r m a ~ ~ i c o l o ~ i c a . Watson in questo
m%do assumeva una,po&ione egualitaristica (gli uomini na-
.--- -
stono tutti uguali) e-fiduciosa grazie al controllo dell'espe-
+nza, di poter influenzare lo sviluppo . del . soggetto. Con una
rimasta f m s -
sera dato una dozzina di bambini sani, ne avrebbe potuto fare a
p i a - & n - ,
de$emente dalle loro iootiuaraaendenze, inclinazioni,-v-- \
iioni, razza dedi antegall Watson 19251.
cdc'Y Secondo questa posizione l'uomo era dunque tota mente il
prodotto delle sue esperienze. Conseguentemente, assumeva
importanza centrale lo studio del1 a rendimento, cio della
v-
+-
--ee--p m3i era in w i l'uomo acauikisce - attraverso esperienza -
un repertorio di comportamenti motori, verbali, s&ali ecc. che
verranzPoi ad e i s o -
nalit complessiva. Bench spesso gli psicologi della tradizione
comportamentista abbiano accettato l'idea che parte dei tratti
psicologici di una persona sia legata alle sue predisposizioni
ereditarie (ed anzi ci siano state posizioni propense ad attribuire
all'eredit un ruolo maggiore che all'ambiente: vedi ad es. Ey-
senck [1978), certo che dalla loro opzione ambientalista sorse
l'interesse dominante per lo studio dell'apprendimento.
ter, Estes e -specificamente per lo studio della memoria
nderwood e Postman. Diversi volumi, e fra essi alcuni
parsi anche in lingua italiana (vedi in particolare Hilgard e
ower, 11966) e Hill [1963]), ne danno una presentazione
fficientemente completa per cui noi ci soffermeremo qui solo
ui tre pi illustri esponenti e cio su Tolman, Hull e Skinner.
L'opera di Tolman costit- A p i
all'interno della scuola comportamentista, dal momento che -
Pur partendo da premesse per cosi dire ortodosse - venne via
fferenziandosi dal c o n k o r t a m ~ n t i s m n n p ad a?-
iere idee cognitiviste od anche psicoanalitiche. (I saggi pi
rtanti di Tolman, dal 1922 al 1748, sono pubblicati in
Tolman 119761). Essa permette inoltre di individcare la conti-
148 Storia della psicologia
I [ comportamentismo 149
nuit esistente fra taluni movimenti filosofici americani (in par- petto delle variazioni nell'adattamento agli ostacoli intervenienti; o 2) la
ticolare il pragmatismo, il realismo e l'emergentismo) e il com- iazione nella direzione finale corrispondente alle posizioni differenti
portamentismo (per una rassegna, vedi Curi 11967)). Tolman si l'oggetto-meta; o. 3) la cessazione dell'attivit quando un determinato
ricolleg direttamente a Holt e a Perry nel tentativo di specifi-
etto-meta tolto Eolman 1976, 83-84].
care l'og;g,etto psicologico meglio di quanto riteneva avesse fatto
schiava . - - di i d e n t i f i c ~i l <comportamento con le contrazioni
. . . . .
muscolari e di rimandarne lo studio - almeno idealmente -
alla fisiologia. Al contrario, Tolman riteneva esistesse uno
<e psicologicou caratterizzato per la sua *molarir.
(cio non scomponibile in componenti semplici, a meno di
dza il capo, rizza i peli del collo, ecc.) avremmo dato una
descrizione -Per pervenire ad una descrizione psi-
coTogica dovremmo tenere conto dei predicati emergenti del
com
tn che
orientato verso
-"-"
Scopi>>). -
Potremo seguire meglio l'argomentazione d i m f e -
rendoci al predicato dell'intenzionalit che a tal punto impor-
tante nella sua opera da far s che per essa si sia parlato di
Gi Perry aveva analizzato il
eva affermato che esso si carat-
terizzava per la docilit owero per la presenza di un appren-
dimento {Perry 19181, tale per cui, dato un determinato am-
biente, la risposta si presenta solo se ha un determinato risultato
(che lo scopo). Perch l'individuo sappia che quella risposta
porta proprio allo scopo desiderato, la connessione deve essersi
verificata per l'appunto in passato e l'individuo deve averla
appresa. Eseguendo sperimentazioni con gli animali ed in parti-
colare con l'amato mus norvegicus (cui dedic il suo pi
importante libro), Tolman esplicit in termini empirici la pro-
blematica inerente all'intenzionalit del comportamento.
Lo scopo descrittivamente presente, quando necessaria l'afferma-
zione dell'oggetto-meta per indicare: i ) la costanza deli'oggetto-meta a dl-
In questi tre casi, la descrizione del comportamento di-
nterebbe insoddisfacente, se non si facesse riferimento ad
un oggetto-meta. Filosoficamente, introducendo la nozione di
scopi e con essa altre come aspettativa, segno-Gestalt,
*mappa cognitiva ecc., Tolman si discosta indubbiamente
dalla maggior parte dei comportamentisti. Ma di essi egli ha
tuttavia adottato la metodologia e il punto di partenza: il
comportamento {cfr. Tilquin 19421.
- --,
~ o l ma n W i l e intemeniente, rico-
he un metodo oggettivo conosce soltanto la varia-
=;:niente rappresentata dal comportament? e .tuttavia
&t esso pu inferire la presenza e le caratteristicne deile va-
ervenienti mentali. ~nfatti, conoscendo i valori
. .
delle variabili indipendenti (stimoli ambientali, esperienza
precedente, stato pulsionde ecc., variabili che ~ o l k a n pro-
pone di definire in termini operazionali) e i valori del com-
portamento effettivo, possibile fare inferenze sulle variabili
intervenienti (propriet che il soggetto attribuisce all'oggetto,
connessioni di scopo, capacit ecc.) che, come dice Tolman,
sono entit obiettive, definite nei termini delle funzioni f
che le connettono alle variabili indipendenti da una parte e al
comportamento finale ddl'altra r ~oi man 1936: 1976. 1861.
. ,
Come ha osservato Fraisse f9671 la psicologia aveva ab-
conato ben presto Iideale di individuare quelle connes-
- a ~ z s : r cui, c T a t i ~ o 1 0 jS>;'>sT;erihca seinpre la
R. La realt ci dice che S Izuptovocare ri s~nst e
che consepruentemen+P-nn
n
p ~ r i i i a h
- 1 . _
di S, se-
condo lo schema
-- ---
S 4 R
dunque R = f (S)
ma devono essere riferite pure ad una variabile che inter-
viene fra S e R:
S + I R
dunque R = f (I x S)
I / comportamentismo 151
bene ai comportamentisti e anzi ne consacrava la scelta anti-
introspezionista. Essa fu spesso descritta in quell'epoca nei
termini operazionisti, per cui lo scienziato pu eseguire solo
determinate operazioni (quelle buone che sono aipetibili
ed eseguibili). In realt, come ci ha dimostrato Curi C19731,
l'analisi delle operazioni scientifiche era stata originariamente
introdotta da Bridgman come strumento euristico di cono-
scenza dell'operare dello scienziato; i comportamentisti, in-
vece, l'accolsero nella maniera che a loro risultava pi conge-
I
l
niale [Cornoldi 197 5; 1978b; Moore 19751.
Il monito di Bridgman di andare alle origini del concetto
scientifico e individuare le operazioni effettive che si com-
piono quando lo si usa (la lunghezza definita dalle varie
operazioni di spostare un metro a partire da un punto A fino
a un punto B, ecc.) venne applicato dai comportamentisti an-
che ai concetti utilizzati dallo psicologo. Anche esperti psi-
1
cologi sono spesso usi dire questo ragazzo ha poca intelli-
genza*; in realt sarebbe pi corretto dire ho sottoposto, in
auella data circostanza il ragazzo al test WISC ed egli ha ot- -
tenuto un punteggio ponderato di 80, Ma. ~ i spesso an-
cora, si sen
.cLc
e I1 ragazzo apatico, il ragazzo ha aggres-
sivita l e c . >>. I c o m p o r t a r n e n t i s ~ t ~ -
m s i g e n z a di definire questi casi empiricamente, piuz
tosto che usando concetti vaghi: Ho osservato il ragazzo per
unjora sei mattine di seguito constatando rh
'. . . .
e egli non ha
pres volta, mentre i suoi compagni
lo fac diverse volte. I1 ragazzo restava quasi immobiIe
p e s e n o d i di tempo, cui intervallava periodi di 1 o 2
minuti in cui dava schiaffi al suo compagno di banco, ecc..
Come si pu vedere, una descrizione che si fonda sulla
osservazione del comportamento pu soddisfare facilmente i
requisiti proposti dal neopositivismo e dall'operazionismo (ed
ha, in pi, il vantaggio di prospettare immediatamente la via e
gli obiettivi dell'intervento psicologico). Quello che invece
non fu chiaro a molti comportamentisti fu che i criteri della
scientificit erano, da un lato, relativi (fra le altre cose, nes-
suna operazione perfettamente ripetibile), dall'altro pote-
vano essere soddisfatti anche da altri approcci osservativi
(non era dimostrato che le operazioni dello psicologo intro-
spezionista non potessero mai essere ri~etibili).
C l a r - u l l accolse da Watson il comportamentismo mo-
lecolare. da Thorndike l'idea che ia ricompensa costitu~sce un
re~ui si t o fondamentale dellapprendimento. da Tolman il ri-
ferimento metodologico alle variabili intervenienti. Su qGst e
premesse e fondandosi sul principio del condizionamerito
C
h Hq c o s t r u i una teoria ipotetico-deduttiva che Ten-
- .
tava per la psicologia la siessa sistematizzazione logka e ma-
$%natica presente nelle scienze fisiche. I1 sistema di &ii con-
sta infatti di definizioni, postulati, corollari e teoremi; e con-
sente di fare previsioni non solo sulla direzione, ma anche
mn i (in particolare ad opera del suo collaboratore Spence)g
a critiche,
apparve nel 1943 in un libro
(la traduzione italiana stata
152 Storia &l& psico/ogia
I l comportamentismo 153
pubblicata nel 1978) ma fu soggetta a diverse modifiche
esposte in una nuova versione meno sistematica nel volume
postumo A Behavior System [Hull 1952). In quel decennio,
l'impatto di Hull sulla psicologia sperimentale nord-ame-
ricana era stato cos grande che quasi ogni ricercatore era te-
nuto a citarlo in bibliografa (vedi Hilgard e Bower 11966
trad. it. pp. 241-2951: il volume offre una ampia panoramica
sulla teoria di Hull.
Se Hull credeva nell'utilii della-teaja,_ S b e r vi _fu_ in-
vece - anca di principio - contrario. A~tualmente Skn-
nernon ne a qualsi-a solo alle . . teoricela-
bo ate-mente dagli psicologi, le
cono
c q - e "M- .. - - . -+-V= rischiano i ipostatizzare rocessi
ed eventi puramente ipotetici a-er
interessato all'osservitzj~ne del comportamento e della sua
r s n e A . .
con le contingenze di rinforzo, cio delle occ-
siom 111 CUI aa aeterroinata risposta-0-seguito una
ricompen~a, La sua idea che di analisi possa
essere sufficiente a spiegare ogni forma di apprendimento,
incluso l'apprendimento linguistico [Skinner 1957) (le prime
critiche di Chomsky al comportamentismo si rivolsero pro-
prio a questo aspetto, cfr. p. 20 1). La conseguenza di ci t. che
il riferimento ai processi che si verificarono nella mente sareb-
( be solo inutile e fuorviante, oltre che difficilmente obietti-
i vabile. Skinner estrapola le sue analisi di carattere genera-
le dallo studio del comportamento di ratti e piccioni immes-
si in una gabbietta (la famosa Skinner-box). Fra le varie ri-
s p e che l'animale u dar- scei j uma (ad s r t a p s -
s i o n e ~ i i i m a n i e r a che ad essa faccia seguito uno
stimolo rinforzante (ad es. un granello di cibo, nel caso l'ani-
Gd e sia affamato). Si osserver che la risposta sepi t a da
rinforzo tender a presentarsi con s-i ore fre-
adigma detto condizionamento ope-
zia da qual o studiato da Pql ov (detto
<-ondenten) per il fatto che la risposta _ere-
cede
sto che seguire lo Stimolo critico. Nel caso del ,,
c s v l o v , lo stimolo i n c o n d i z i o n ~ o ) o condizio-
nato (campanella associata al cibo) elicita, cio provoca neces:
sariamente, la risposta incondizionata. Nel caso del ratto di 1
Skinner, l'organismo emette sempre pi spesso quella risposta
cui ha fatto seguito un rinforzo. Dagli anni '30 ad o@ (nel
1938 usciva The Behavior of Organism, nel 1969 Contingencies
of ~einforcement) Skinner e i suoi collaboratori hanno eseguito
moltissime sperimentazioni al fine di meglio specificare la re-
lazione fra acquisizione di comportamenti e eventi rinfor-
zanti, interessandosi in particolar modo agli effetti di pro-
grammi differenti di rinforzo (infatti, il rinforzo pu seguire
ogni risposta, ma anche solo alcune di esse, con determinate
regole di alternanza). IQaradi ma del condizionamento
0.. C- , * " -
operante* diventato uno schem%ondamentale in psicologia
Gp a r a t a e f i s i o u a T a r e - _ anche _ . ._ altre v a r i a b i a d
es.: il farmaco x ha effetti collaterali sul comportamento?).
. .
. -.
second' ordi~e (la campanella associata al cibo pro-
voca la salivazione, a sua volta il battito d'un metronomo as-
sociato alla campanella provoca la salivazione) e ciuindi di or-
dine successivo: ebbene la possibilit di o t t e n m z i o -
r i s ent i di quarto, quinto ecc. ordine appariva indimostrata.
ETniaro invece chs il condz&mzzzeakaperante si applica a
qmsiasi tipo Z r ~ ~ h & c & i ~ d i essi p ~ o essere
F m o . Skinner, di conseguenza, si impegnato
analizzare le principali risposte umane. alla ricerca degli
v
eventi rinforzanti che- ne
il mantenimento o il
consolidamento.
filo egli ha messo in luce la mani;polabi-
-- .-
mento umana, dnunciaado&.= lato il
r t e mn d i agaui e- di controllo, come la
famiglia, in-stato 9 la chiesa [ ~ki nner 1953) e dalI'altr0 pro-
ponendo, in un romanzo utopistico, di utilizzare a fin di bene
- qu$e - e g9ipol;iWone. definendole
Smf i cament e e razionalmente. cosi auelle medesime re-
-- - -
gole d?manipo~azionex !n un modo b u o v f i c a m n t e
ea- n. 1t e >>, tale da portare alla formaziong di
Ws-pecie di re ubblicap platonica (Walden Two), retta dai
~ s a p i e n d 1 9 4 8 ) . -
C
154 Storia della psicoiogia
I l comportamentismo 155
Uno sguardo conclusivo sulla struttura teorica
del comportamentismo
Punto di partenza del comportamentismo il classico
dualismo mente-corpo. Il comportamentismo sceglie il se-
condo polo e, all'interno di esso, si definisce l'oggetto, il
comportamento. Il comportamento pu essere definito in di-
verse maniere {cfr. Kitchener 1977) e cio come:
l ) movimento molecolare, del tipo delle contrazioni mu-
scolari,
2) attivit nervosa,
3) movimento molare (cio irriducibile alle sue compo-
nenti),
4) movimento molare con un effetto sull'ambiente,
5) comportamento molare diretto verso uno scopo,
6) azione umana.
I comportamentisti l'hanno inteso ora in uno, ora in un
altro modo; i critici dei comportamentisti hanno ritenuto er-
roneamente che il comportamento si riducesse alla sua prima
definizione (che lo stesso Watson non condivise nell'arco di
tutta la sua opera) o alla seconda che, invece, in quanto ridu-
zionista (la psicologia si risolve in neurologia) fu scarsamente
accettata.
Nella considerazione del dualismo mente-corpo i com-
portamentisti hanno optato per il corpo (esibente un com-
portamento) per motivazioni sia di carattere metodologico,
sia di carattere filosofico. Sul piano metodologico, il com-
portamento appariva osservabile in maniera pi scientifica
della psiche. Sul piano filosofico, il comportamento appariva
una variabile pi importante per attingere una reale cono-
scenza dell'uomo psicologico. Su entrambi i piani, si assi-
stito a posizioni radicali (che escludevano la analizzabilit de-
gli eventi psichici) e a posizioni moderate che semplicemente
privilegiavano il comportamento.
Un comportamentismo teoretico radicale rintracciabile
forse nel solo Watson. E infatti indubitabile che gli eventi
psichici esistano e siano esperiti, e di conseguenza, come di
ogni fenomeno, deve esserne possibile una descrizione. Nel
privilegiare il comportamento la relazione comportamento-
mente pu essere intesa in diversi modi e, in prima appros-
simazione, come: a) un parallelismo psicocomportamentale
(ogni evento psichico ha un suo corrispettivo comportamen-
tale), 6) una priorit del comportamento, da cui si originano
in un secondo tempo i fenomeni psichici (ad es. il pensiero si
genera dall'azione, il livello motivazionale provocato dalle
contingenze esterne di rinforzo, ecc.). Nel primo caso, il
~m~ortamentismo si giustifica sul piano metodologico (data
l'equivalenza, meglio studiare il polo pi facilmente osser-
vabile), nel secondo caso anche sul piano dei contenuti.
I1 comportamento pu essere inteso come un aspetto (o
come l'oggetto attraverso il cui studio si perviene ad un
aspetto) dell'uomo psicologico. Questa oggi la posizione -
a nostro awiso - pi corretta e che incontra implicitamente
le maggiori adesioni. Essa riconosce nel comportamentismo la
capacit di descrivere e spiegare i comportamenti, ma non
per questo ritiene che l'intero ambito psicologico sia esaurito.
Ad esempio Fraisse {l9781 distingue due fondamentali si-
stemi: un sistema a circuiti diretti che riguarda la motricit, le
reazioni oggettive e gli automatismi verbali e un sistema sim-
bolico che riguarda i processi cognitivi. I due sistemi sono
tutt'altro che non-comunicanti, poich interagiscono conti-
nuamente. Tuttavia hanno possibile autonomia nella genesi
(ad es. le dotazioni genetiche non hanno evidentemente
un'origine ambientale n si esplicitano necessariamente in re-
pertori di comportamento), nell'organizzazione, nelle leggi di
funzionamento. Le leggi individuate per spiegare il compor-
tamento (vedi il condizionamento, il rinforzo, ecc.) paiono
adatte a spiegare solo taluni aspetti dei processi cognitivi.
Il comportamento, cos come ogni altro fenomeno psi-
c h i ~ ~ , determinato, esistono cio degli antecedenti, dati i
quali, il comportamento in questione non poteva non risul-
tare. Se cos non fosse, in psicologia sarebbe possibile solo la
descrizione, non la spiegazione. Le leggi psicologiche sono
analoghe alle leggi che governano il mondo fisico: l'uomo pu
Perci essere considerato come un meccanismo estrema-
mente perfezionato (su questo punto vedi per Vorsteg
9741).
156 Storia della psicologia
Alcuni concetti occupano un posto centrale nella storia
del comportamentismo: si tratta dei concetti di stimolo, ti-
sposta e rinforzo. Lo stimolo riguarda l'impatto che l'am-
biente ha sull'individuo, la risposta la reazione all'am-
biente, il rinforzo gli effetti dell'azione in grado di modifi-
care le successive reazioni all'ambiente.
Kendler ritiene che i concetti stimolo-risposta possano es-
sere intesi in quattro maniere diverse e cio come: 1) un lin-
guaggio tecnico, 2) un orientamento metodologico che invita
la psicologia ad affrontare i suoi problemi nei termini di va-
riabili indipendenti manipolabili (gli stimoli identificati) e va-
riabili dipendenti osservabili (le risposte comportamentali
identificate), 3) un modello teoretico che viene applicato, per
analogia, anche agli eventi interni, 4) un gruppo di teorie [cfr.
Kendler e Spence 1971).
I problemi connessi alla identificazione della risposta ri-
mandano in parte al problema della definizione del compor-
tamento che l'oggetto di studio della psicologia. Ma il punto
pi critico dell'uso dei concetti di stimolo, risposta e rinforzo
quello che - per la loro identificazione - si rimandano
l'un l'altro. Il rinforzo si definisce come quello stimolo che
aumenta la probabilit di comparsa della risposta che lo ha
preceduto; lo stimolo come quella modificazione dell'am-
biente in grado di provocare una risposta; la risposta
viene identificata nei termini del mutamento, nelle manifesta-
zioni comportamentali dell'individuo, che in connessione
con uno stimolo. Si noti che i comportamentisti hanno af-
frontato in diverse occasioni questi ed altri problemi teorici.
Ad esempio hanno distinto uno stimolo nominale (l'evento
fisico) da uno stimolo funzionale e hanno introdotto la no-
zione di stimolo mediatore, in maniera da spiegare il per-
ch talvolta - a parit di condizioni - stimoli diversi produ-
cano la medesima risposta, stimoli uguali producano una ri-:
sposta diversa oppure la risposta appaia prodotta da stimoli
interni*. Uno sviluppo particolarmente interessante nella no-
zione di stimolo fu la stimulus sampling t heor y~, che rap-
presenta lo stimolo come un altissimo numero di compo-
nenti o aspetti dell'ambiente, ciascuno dei quali varia indi-
pendentemente dall'altro. In ogni momento, solo una parte di
quegli elementi-stimolo influisce effettivamente sul compor-
I / comportamentismo 157
tarnento del soggetto. Quest'idea, gi assunta da molti com-
portamentisti (in particolare da Guthrie), trov una sua pre-
cisa esplicitazione nella teoria di Estes [Estes 1950; cfr. Hil-
gard e Bower 1966, trad. it. pp. 478-4971 per il quale la spe-
cificazione delle componenti attive andava fatta per inferenza
statistica (sulla nozione di stimolo, vedi, in particolare, Zu-
riff t19763).
Per quanto concerne la risposta, gi nel 1922 Tolman
ne aveva messo in luce la pregnanza psicologica. Tolman os-
servava che Watson poteva riportare una determinata risposta
ad una specifica emozione, solo col conforto dell'introspe-
zione che gli diceva che quella risposta era effettivamente di
paura. Pi tardi Tolman avrebbe distinto l'apprendimento
vero e proprio dalla risposta comportamentale (lapet$omzaance)
che consente solo approssimativamente di conoscere il livello
d'apprendimento del soggetto rrolman 19761. L'accogli-
mento del comportamento verbale fra le risposte comporta-
mentali aweniva - come osservava McDougall - su questa
linea, giacch il comportamentista non era interessato n alle
contrazioni muscolari che provocano l'emissione di suoni, n
alle propriet fonetiche del linguaggio, ma ai suoi significati.
La distinzione fra stimolo nominale (l'evento fisico) e lo
astimolo reale (l'evento rilevante per il soggetto) rinvia pure
essa ad una specificazione nei termini di pregnanza psicolo-
gica*.
Per quanto concerne infine la nozione di rinforzo si
sono avuti diversi chiarimenti sia sul piano terminologico, sia
sul piano dei contenuti (i comportamentisti si sono occupati
ampiamente degli effetti della punizione) sia sul piano con-
cettuale. Negli esperimenti classici di condizionamento ope-
rante, il rinforzo era specificato anche tecnicamente (il
grano di cibo all'animale affamato, ecc.); quando invece la
teoria venne estrapolata ad altri ambiti, il concetto di rin-
forzo dovette essere esteso e incontr difficolt di defini-
zione. Ad esempio, nell'istruzione programmata, il bambino
rinforzato dal fatto di sapere che ha risposto in maniera
giusta. Questo rinforzo di natura del tutto diversa ri-
spetto ai cosiddetti rinforzi primari, cosi come sono diversi i
rinforzi sociali, affettivi ecc. Sotto questo punto di vista, si
viene progressivamente riconoscendo che il rinforzo
158 Storia della psicologia
qualsiasi evento, operazionalmente definito, in grado di sod-
disfare le esigenze motivazionali del soggetto. I1 rinforzo,
inteso in senso lato, diventa per dejnizione condizione di ap-
prendimento, dal momento che senza motivazione (intesa
nella sua accezione classica di sorgente dell'azione) non c'
azione. Resta il problema, come ha indicato la modificazione
del comportamento, di individuare gli eventi rinforzanti.
Premack [l 7591 ha pdoposto di considerare in maniera relati-
vistica il rinforzo, tale per cui le diverse attivit che hanno
per un individuo un loro valore, si possono disporre in un
ordine di preferenza (A preferibile a B, B a C, C a D, ecc.)
e un'attivit, ad es. la C rinforzo rispetto a tutte le attivit
che la seguono (D, E, ecc.) nell'ordine di preferenza, ma non
rispetto a quelle che la precedono (A e B). Questo tipo di
definizione pu non essere circolare, nella misura in cui
possibile individuare una operazione che accerti il valore
rinforzante di un'attivit, e cio l'ordine di preferenza delle
attivit, senza far ricorso alla capacit di queste attivit di ac-
crescere la risposta. Trovare una procedura di questo tipo
appare tutt'altro che impossibile, ad esempio si pu disporre
il soggetto in libere situazioni operanti in cui egli pu svol-
gere liberamente tutte le attivit considerate: il numero di
volte in cui il soggetto sceglier una determinata attivit potr
darci una misura della preferenza accordata ad essa [cfr. Pre-
mack 17591.
L Capitolo settimo
Freud e la psicoanalisi
Definizione e campo della psicoanalisi
I1 termine psicoanalisi -vxltael
1876 in uno scritto & S Fr ~ u d (L'eredit e I'eziologia della ne-
v 6 3 e si sostituisce ad una + di a l t r 9 mi n i - come
analisi psichica~, analisi ipnotica o, piu semplicemente,
<<inalisi. - v' precedentemente dallo stesso Freud
peraeSiignare un insieme di accor i m~n~~. osservat i vi e e
peut~ci . . . . riyoiy, . . . alla . co noscena e kt t amso di determinati
disturbi - psichict
Sulla base deH'gsservazione dedicata ai fenomeni psico-
patol-7i (isteria, nevrosi ossessiva, fobie, ecc.) 1. si coana-
&dia o a r e s s i v a me n t e ~ a d n , nel tentativo
di costruire-l10 te~r=~licati"o- unitario, i fen6-
meni relativi>ri psicopatologici con quelli riconducibili
ai processi psichici noimali,-estendendo nel contempo il pro-
prio interesse a diversi campi del sapere umano, quali . la c',ea-
zione_&ica, la linguistica, l'antropolo~ia. ecc.
Alla luce di que% considerazioni la psicoanalisi pu es-
sere intesa: - - - - -.
a) un metodo rivolto all7indaPine d d k modali& in cui si ,
svolgono e si manifestano i processi m- - psichici ---- e basato sull'as-
i sunto che la nostra vita psichica in ogni sua manifestazione so -
prevalentemente interessatas caratterizzatada -"h-
consci, non altrimenti affrontaui;
---------
6) una tecnica terapeutica, che assumendo come quadro
di riferrmento i,impostazione del punto a), intende analizzare
il tipo di difew P I P r-~nze che il soga&to instaura nei
confronti dei propri desideri, pensieri e tendenze inconsci
-
.P .
160 Storia &Zia p~icologirr
Pretrd e la psicoanalisi 161
che sono alla base dei suoi disturbi;
-- - - --
C] un'impostazione &in cui conffuiscono i risultali,
ecc. ).
chiaro che l'aspetto -...-P- teorico .-- della psicoanalisi, nelle sue
diveZe angolazioni, strettamen-nnesso con I'osse--
zione empi& e quindi conai pr obl emr i nei =ent i aI ~ni ca
-I -
i Ee g a t a nei tratxmenti gsicoanalit65. In via generale, cio,
'iEi ossib bile disgiungere i due momenti intendendoli
come inkfferenti no &'altro. Secon- la psicoanalisi I'ac-
cadere psichico soggetto alle leggi dell'incori_slcio e quest'ul-
t 6 0 non va piii considerat come una czca forza b i o w a e
istintuale, bbsiyome un rno~doed0~~t o di senso, che si mani-
festa secondo una determinata logica e c h m m e r -
v - e alla percezione coscEnte, mediante un in-
si - fenomeni che si esprimono in co&re e r&g richie-
dono quindi wu-chke interpretativa. spetto propria-
mente i e o e le sue innumerevoK
.
vengono perci i n f a a ci c h - i l e
e cio: intendibile nella verbalizzazione del-setto, osser-
vabile neiSuoi&-nelle s uepi f es t azi oni mimiche %C.
Quindi l'analista, che i n t r a p r ~ e ~ c o n d u c e un tratta-
mento, &-presente s u b sfondo questo quadro gen&le in
Gi si --I inscrive r a o a n a l i s i . IGarticoiare S. Freud, ha indi-
viduato, sinaall'inTzio, l' impo~anza che riueste anch-a
-
vita adulta il mondo _fantasmatico, rappresentativo e simbo-
lico che si anima sin dalla primissima infanzia: la teoria . -__ della
sessualit infantile e il modo in cui le erime relazioni-ogget-
&li si innestano sui biso~ni, le rihieste a d e s i g i dell'in-
duduo, a partire dalla situazione neo-natale, viene collegato
al processo di rimozione, meccanismo difensivo inconscio che
abntana dalla cmcknza o rende innrressibili alla stessa pen-
sieri, fantasie, desideri ritenuti spiacevoli e per i cor osi
Ci che interessa un quadro - scrive Freud in Konstruktionen in der
Analyse [l9371 - attendibile e completo in tutti i suoi elementi essenziali
degli anni dimenticati nella vita del paziente I...]. Tutti sappiamo che I'ana-
lizzato deve essere portato a ricordare qualcosa che egli stesso ha vissuto e
rimosso; ebbene, le condizioni dinamiche di questo processo sono talmente
interessanti che in compenso l'altra parte del lavoro, la prestazione
dell'analista, sospinta nel fondo. L'analista nulla ha vissuto e nulla ha ri-
mosso di ci& che oggetto del nostro interesse I...} e allora, qual il suo
compito? L'analista deve scoprire o per essere piu esatti costruire il mate-
riale dimenticato dalle tracce che quest'ultimo ha lasciato dietro di s.
I Questo andamento del processo dell'analisi rivela anche
l
un &eresse tecnico fondamentale: il terapeuta nulla
di suo; il soggetto in analisi che, graaualrnente, nelragporto
I
?%?ha i n a t o con l'analista, si ri approp~b d!lg parti e
&gli elementi dimmsirati e h pG tuttavia sono attivi e . . agi-
scono in lui. Questa riappropriazione graduale di un senso
'accompGnata nel soggetto dall'acquisizione di un dato para-
. .
dossale: e che cio a i l ' uni co-deposi t ard. una cCono-
scenza che non sapevacii Dossedere. In altri termini, l'analista
ha la funzione di aiutare il soggetto in analisi a disvelare la
natura dei processi T r i o e in lui presenti,
u--materiale fornito dallo stesso analizzando.
I1 lavoro di costruzione {dell'analista} - prosegue Freud - o se si pre-
ferisce di ricostruzione, rivela un'ampia concordanza con quello dell'ar-
cheologo che dissotterra una citt distktta e sepolta o un antico edificio. I
due lavori sarebbero in verit identici se non fosse che l'analista opera in
condizioni migliori, dispone di un materiale ausiliario piu cospicuo sia per-
ch si occupa di qualcosa che ancora in vita e non di un oggetto distrutto
sia, forse, per un altro motivo ancora Ma proprio come l'archeologo rico-
struisce i muri dell'edificio dai ruderi che si sono conservati, determina il
numero e la posizione delle colonne dalla cavit del terreno e ristabilisce le
decorazioni e i dipinti murali di un tempio dai resti trovati tra le rovine,
cosi procede l'analista quando trae le sue conclusioni dai frammenti di ri-
cordi, d d e associazioni e dalle altre manifestazioni dell'analizzato [ibidem}.
Nella situazione analitica, il paziente o analizzando, tende
a _-_ trasferir<-&dl'analista _. tutti quegli stati emotivi, quegli affetti
-
- positivi e negativi - che ha viss-
. .
-Iainfanzlae
che ancora sono attivi nella v - e
in gran parte il comportamen &-etto nelle relazioni
. .
che egIi intrattiene ne a sua vita auotidiana con d i d ~ i .
Q u e s t o J e a ~ c h e -- cos~ituisce una delle scoperte base di
Freud il cosiddetto transfert o translazione e T-
punto nel ri ~et ersi e nel riattivarsi di antiche situazioni et-
tive ed emotive infantix, cariche di s i - - i1
soGetto, cne trovano. nella relazione analitica il terreno
ideale per esprimersi. appunto attraverso l'analisi della si-
tuazione transferale che, non solo si pu recuperare ci che
162 Storia della psicologia
stato dimenticato dall'interessato, ma si pu altresi procedere
(idee=, ansie, f w P e r
CC.) che avevano la funzione
di rappresentare, sostituire altri elementi non accettabili dalla
coscienza e quindi rimossi. Ci che accaduto sotto rimo-
zione e ci che viene significato dall'inconscio non , di
il
norma, aggrdibile in modo diretto: k w g -
getto inconsciamente attiva sono indici di meccanismi di di-
fesa di natura ~IVP*
/
E sono allora - come dice Freud - i frammenti di ri-
cordi, le idee che emergono nel soggetto senza un legame
apparentemente logico, i sogni, determinate azioni involonta-
rie ma inconsciamente intenzionali, che costituiscono altret-
tante vie da esplorare e che fanno trapelare i significati e i
i l
conflitti ad essi sottesi. L'analoga tra psicoanalisi e srchPnlo-
gia adottata da Freud consente la visualizzazione di un appa-
- come veniva allora definito - caratterizzato
he pone in contraddizione affetti, pensieri e
tendenze e che. in definitiva. indica come la nostra sic che
non vada intesa'come una ~al t ' uni t ari a, bensi come ;n in-
sieme di processi diversi e molto compiessi. Ma l'analogia
regge fino ad un certo punto, difatti:
Abbiamo detto che l'analista - precisa Freud - lavora in condizioni
piu favorevoli [dell'archeologo] perch dispone altresi di un tipo di mate-
riale che non ha corrispettivo negli scavi archeologici; tale , ad esempio, il
ripetersi di reazioni che traggono da epoche remote e tutto ci che in me-
rito a queste ripetizioni si evidenzia mediante la translazione. Inoltre c'
comunque da tenere presente che chi effettua uno scavo ha a che fare con
oggetti distrutti di cui senza alcun dubbio pezzi grandi e importanti sono
andati perduti a causa di forze meccaniche, incendi o saccheggi [...] La fac-
cenda diversa se si ha a che fare con l'oggetto psichico di cui l'analista
vuol fare emergere la storia passata. Qui si verifica invariabilmente ci che
per l'oggetto archeologico accaduto solo in circostanze eccezionali e for-
tunate E...) Tutto l'essenziale si preservato, persino ci che sembra com-
pletamente dimenticato ancora presente in qualche modo o in qualche
parte, solo che sepolto, reso indisponibile all'individuo [ibidem}.
P Vanno qui fatte alcune considerazioni: esiste una indi-
-
struttibili di ci C ra iknconsciaapat-
t u o mai avuto iapossi-
bilit di entrare nella sfera della coscienza e d i d e cosi
. .
- ---
moificati. attenuati o --~' ia-nza attiva-
stessi elementi in questione che possonoj&dtrarsi nel mondo
. ^ _ _ _ I - ^ - --
Fred e ka psicoanalisi 163
della coscienza senza cbe-riuor*1 - per cosi dire - se ne
aC;orga,' influenzandola nelle piu svariate maniere. - ., Ci che
appartiene al assato e presente nascostamente, cio che =
- - Pp a r t i e n e ad
uno mat o inferiore (ad esempio un elemento ass=ato ad un
nprindo della prima infanzia) pu servirsi di elementi piu re-
l'----
cent'
i alla nostra esverienza psichica successiva, eer
r &e proprie richieste. Cosi - per terminare con
fanalogia archeologica - -che =sta deve stabilire, .
. . in-
sieme ill'analizzando, l'epoca a cui risalgono determinati ri-
con tutta la loro tinta emotiva, cosi come talvolta resta
se quel determinato elemento appartenga a
quello strato o se sia giunto a quella profondit a causa di un
perturbamento avvenuto in seguito. Si ha cosi la ~ossibilit
di concettualizzare la realt psichica e di-operare su di e z a in
una duplice prospettiva: in gns o diacronico, tenendo cio
piesente I$volversi della realt psichica stessa del soggetto
n i m p o , con I suoi richiami a l m a d w a
piesente nei pensieri e negli affetti dell'addto; in senso sin-
cfonico, per cui la realt psichica si manifesta in modo tale da
tenere compresenti i vari strati su cui costruita ed in . . p cui
ogni processo ed ogni evento che s i m u c e -- e si - - modifica -.
cmporta una generale modificazione del campo dello psichi-
smo e cr r sexpr esent e in esso.-
"vedremo in seguito come questo secondo aspetto sia piu
ricco di implicazioni. I punti che si sono sin qui stabiliti pos-
sono essere individuati come segue. La psicoanalisi sia una
tynica esplorativa, con scopi terapeuGci, sia un modello ia-
-ativo e teorico della vita psichEa umana. Essa si pre-
senta c e u n a psicologia del profondo e si contrapeone ad
ogni altro tipo di psicologia che tenda a mantenere l'equiva-
lenza psiche-coscienza. La Psicoanalisi tuttavia, sia sul piano
Glla tecnica operativa sia su quello della teoria, pone l'ac-
cento sulla dialettica, sullo scontro-incontro, che regola il
rapporto tra inconscio e coscienza, non eliminando quindi
quest'ultima dalla propria osservazione, ma interpretandola
nel rapporto che essa difensivamente intrattiene con la sfera
. .
Inconscia. Un altro punto da ribadire
l ' i n c o w - . . . " sieme di significati, d i a -
? - t t o porta dentro di s e che, in
tima analisi, viene a condizionare la sua condotta; nella con-
\
164 Stora della psicologia Fnud e ka psicoanalisi 165
cettualizzazione freudi
tto e rivolto alla compren-
'
sione dei fenomeni e dei processi psichici.
Le origini e il senso della psicoanalisi
Si tratta ora di individuare, per linee essenziali, il clima
scientifico e culturale in cui nata la psicoanalisi: questo per
meglio comprendere il significato della sua origine e della sua
natura.
La vicenda - ver cosi dire - la si pu far cominciare
quando Freud si iscrive alla facolta i 3JHI r hxdi Vienna nel
1873. Quale era i1 clima scientifico di quel tempo! L&.. tesso
F~eud entra nel o accademico S& spinta di u n - m d e
i n t d n a di C. Darwin; il pensiero e;oluzioni-
stico darwiniano forniva una spiegazione dell'orinine e
- -
deli'evoluzione degli esseri viventi, basata fondamentalmente
sulla possibilit adattiva della specie e sugli esiti della lotta
per la soprawivenza. I1 riferimento di t i ~ o bioloeico si
.__r_- --? .
- - D- - - -
7- - --- -
voleva contrapporre ad-ogni posizione d7&dmeaeculativb-
ntafisico e ad ogni spiegaiione non derivata dall'ozerva-
z - metodi S-e appartenenti alle scienze
n - & I1 metodo darwiniano sembrava ?Zii-G oEi r e -;gli
-
studiosi un rigore scientifico al passo c oi le esigenze dei
tempi. D'altra parte il messaggio dello stesso Darwin a
Vienna, come del resto nell'Europa centrale, si innestava su
altre correnti che, per diverse vie, perseguivano obiettivi
analoghi. Freud stesso. appena entrato a11'Universit2 segui-
volontariamnie - - - due corsi non previsti d k piano d i - s d i ,
a testimonianza del tipo di interessi allora correnti: quello di
Claus, zoo&o e st ' pi s t a, e quello di
B r i i - e , f i s i o y ~ u n t o , alla dottrina
darwiniana; i suo intento era quello di confermare, mediante
l'osservazione sistematica, l'ipotesi della continuit esistente
tra le varie specie animali, continuit governata dai processi
di selezione naturale.
ru
ooncezione metafisica - non aveva
m h e tra gli stessi sostenitori della forza
vitale si trovassero grossi ricercatori anche sul piano speri-
mentale come il medico Bichat in Francia, il chimico Liebig e
io stesso fisiologo J. Mdler, maestro dei componenti il
gruppo di contestazione. La Scuola fisica di Berlino, le cui
figure principali erano - oltre a quella di Briicke - Von
Helmholtz, Du Bois Reymond e Ludwig, tutti eminenti stu-
diosi di fisica e fisiologia, si proponeva quindi di abolire ogni
residuo di pensiero non scientifico e di richiamarsi ad una
disciplina base, l'unica che potesse garantire un rigore sul
piano dell'osservazione sperimentale e dell'elaborazione teo-
rica: la fisica.
I1 linguaggi^^ ddl a fisica veniva pe-ame il lin-
guaggio base per la s pi egazi ondt ut t i i f en~meni - com-
presi quelli biologici, fisiologici e anche psichici.
p- come veniva allora chiamata - nella
a fisica speculativa (vedi vitalismo e le posizioni che si riface-
vano alla filosofia della natura) giunse - a
visione che si richiamava all'unit della scienza il comporta-
mento umano nell'ambito dei fenomeni fisici.
L * - cosi si puo riassumere questo aspetto deli'ela-
borazione teorica dei berlinesi - come una macchina, fun-
ziona cio secondo orocessi -m
. .
a or=fiaslh.e=i
C 0 2 . t r a ~ ~ o n o si uniscono e - . Gli stessi feno-
m z i psichici devono 0
. . .
sto
'po,d~lo teorico. Unica differenza tra le macchine e l'essere
vivente determinata d m o cne quest'ultimo dotato di
'-ii4- V -
- *-" ^ --".-
166 Storia della psicologia
assimilaziane. Naturalmente non tutti i ricercatori della
scuola erano riconducibili o riducibili a questa impostazione
radicale che - per certi aspetti - pu essere intesa come un
richiamo alle posizioni materialistiche settecentesche; si pu
tuttavia riconoscere in essa i tratti fondamentali e piu generali
degli esiti a cui giunse la cont ra~~osi zi one alla teoria della
- L A
forza vitale. I1 termine energia (Energie) si and sut i -
tuendo pro egi v uello di forza (Kraft): il concetto
d i energia$u si a - altro. a~i ees i ~enze T--
t m n t a l e : controllo, ripetibilit del fenomeno, mi-
surazione, e c c - _ f -
<me si vede, le prospettive avanzate A- - i
B 9 o facevano riferimento a una impostazi~ge razi&i-
stica, basata sulla ricerca empirica e siilla osservazione siste-
matica e=iante, almeno in alcuni suoi rappresentanti, in
__ri_
posizioni radicali o naturalistico e meccanicistico (nel
senso sopra Tutto ci Brucke port a Vienna
di fisiologia presso l'universit.
Si pu inoltre notare come, per certi aspetti, le idee avan-
zate d a i s i accostasser&le indicazioni
ricavabili dalla concezione darwiniana, pur present o
ques l . -0-tesico e u ~ c o l a z i o m 4 ; i -
ve-gso-ercorse il suo itinerario di studente facendo
riferimeim a q u i o tipo di impostazioni; gli si prospettava,
inizialmente, un futuro di hsiologo e di neurologo, ma le cose
non andarono in seguito cosi.
Dobbiamo qui tralascze gli aspetti relativi ai motivi
d'ordine strettamente personale che spinsero Freud a modifi-
care il proprio itinerario successivo: troppo spazio sarebbe
necessario per fornire un quadro esauriente relativo a questo
livello di problemi. Ci atterremo invece a quelle direttive piu
generali, rintracciabili nel movimento scientifico e culturale
di quel tempo, che hanno avuto una decisiva influenza nello
spingere Freud a rinunciare all'impostazione meccanicistica e
naturalistica dei suoi maestri.
Occorre anticipare che, negli anni immediatamente suc-
cessivi alla sua laurea, Freud si era andato convincendo che l a
pura fisiologia non e r a w ~ i e g a r e G a Grie di fe-
- A -
-- -z-
nomeni psicoiogici - normali e pZXogci - che sembra-
-- - --
v~n-o s f ui r e all'osservazione impostata secondo' i moduli as-
similati, ad-ese_mpio, -da Brucke. La de%ione da prG di
Frerd e la psicoanalisi 167
siologica non fu n subitanea n
rogressivo, ma inesorabile, va
nti diverse - come si detto
, ed assai complesse. Anzitutto, durante gli anni da studente
e quelli successivi da neo-laureato - Freud aveva frequen-
tato, oltre alle lezioni di Brucke, anche lo psichiatra T. Mey-
Mentre Brucke si era sempre occupato del sistema ner-
/
vaso periferico, Meynert svolgeva le proprie ricerche sul si-
stema nervoso centrale, ed era gi allora conosciuto come
u ~ - Zi p X> mi n e n t i conoscitori della struttura e delle fun-
zionierebrali. Ma T. Meynert presentaxa~nche un'altra parti-
colarit: pur - dzendo - -- ai he~tami d_ella~~fis~olo~;ia fisica (vedi
sopra), inseriva nel prqprio modello teorico, relativo alle
spiefazioni d-ei fenomen&+siologici, -- le - i&; - .-m.mdel - . filosofo
G.F. Herbart.
~l s o n t r Gi o e- -- della Scuola di Berlino, G.F. Herbart soste-
neva (~rincipalmeZ~ne?suo-scritto deI 1824-25, Psychotnie
~ I J ~&senschaft) la preminenza della psicologia sulla fisiologia,
proponendo, per la prima volta, un compIesso modello di
studio psicol6giiio che faceva uso della quantificazione e della
m i s u r a i o n ? ~ e ~ t i psichici (cfr. pp. 5 1-ss).'--- --
-
Noii solo";-ma-rielia- psicoIogia herbartiana riveste una
- - _
~ d c i mp o r t a n z a il Gncet t o di inconscio,-e piu precisa-
.--. -.
mente di idee inconsce. La nostra vita psichicaV- "seEndo
-- -
HerhZtil- costituita i n miniZE ~itteaa?C[ee coscienti: al di
sotto della soglia della coscienza rimangono attive innumere-
voli alFZCi,~proni-a-Xci itarsi nella sfera della coscienza,
-.- ...'*. - p P ?.
_o_g!!!gualvolta particolari ciGstanze fac-ili~no questo pro-
- --,---
- ~s s So. Questo-motivo viene parzialmente ripreso da Mevnirt,
-
11 quale, accanto a studi e ricerche piu particolari sulla strut-
tura e sulla funzione del cervello, si occup di problemi piu
generali di sistemazione teorica relativamente ai processi psi-
chici. Nel suo libro Prychidtrie (1885) rintracciabile infatti il
tentativo di comporre le concezioni della Scuola di Berlino
Con la posizione di Herbart.
Occorre anche tener presente che la psicologia di Herbart
circolava, come posizione ufficiale, anche nelle scuole secon-
darie, e probabilmente Freud ebbe modo di conoscerla ed
aPP??arla prima del s uo ingresso in Universit.
- S. - . . -
Due elementi ;&o quindi fraihili dalla lezione di Herbart
168 Storia della psicologia Preud e ka psicoanalisi 169
e contrapponibili alla Scuola di Berlino: la preminenza della
psicologia sulla fisiologia; l'importanza dei meccanisrmirrmn-
sc= deterGinazione .-.- --.- dei - processi psichici. Due eImenti
ch7- taGa importanza avranno neil2-'successiva elaborazione
della teoria psicoanalitica.
Si deve inoltre considerare che negli anni '80 a Vienna la
posizione dei fisiologi veniva contrastata dal fenomenologo
Brentano, le cui lezioni all'universit erano state seguite da
Freud per due semestri. Anche Brentano, pur con una impo-
stazione molto diversa da quella di Herbart, sosteneva il pri-
mato della psicologia, studiando in particolare i diversi modi
di manifestarsi dei fenomeni psichici, da quelli cognitivi (pen-
siero, percezione, memoria) a quelli affettivi (sentimenti,
emozioni, ecc.).
Si pu quindi dire che gi nel Freud seguace del materia-
lismo meccanicistico di Brucke, fossero compresenti - co-
vassero per cosi dire - spinte non ortodosse che esperienze
personali, ma soprattutto eventi di piu vasta portata, dove-
vano successivamente fare esplodere.
Infatti come la spinta all'innovamento della scienza fu
determinata dalla fisica e dalla biologia a artir re dai orimi de-
-
cey?~i de11'800, cosi, verso la fine del sGcolo scorsa, la crisi
- 4l L
de r s c i e nz e naturali .- A diede l'avvio a un generale ripensa-
mento relativamente a quelli che erano ritenuti i punti saldi
fino ad allora stabiliti. I modelli naturalistici che assegnavano
regole immutabili alla base dello stabilirsi dei fenomeni di
ogni ordine e grado non erano piU ritenuti sufficienti. In que-
sto clima di revisione, la fisiologia e la neurofis~01o~~-=o-
minciavano ad p@i i r e, zr alcuni scienziati e ricercatori, in-
sufficienti ancb' TspiGare 'IfeiioXeni psichici.
T--- -
A Vienna, uno dei centri dove piU si era consolidato il
pensiero naturalistico, il gruppo accademico sembr ignorare
per parecchio tempo gli scossoni che subivano gli ottimismi
suscitati dalle scienze naturali.
Freud, che, come si visto, aveva per qualche tempo ade-
rito al pensiero fisicalistico, fu uno di quelli che cominciarono
a dubitare delle certezze impiantate sulla riduzione della
spiegazione di tutti i fenomeni, in ultima istanza, al discorso
fisico. Lo studio dei processi psicopatologici, in particolare
l'isteria - in cui si manitestavano fiturbi anche 7ivello or-
ganico-Gnza che fosse rintracciabile alcuna alterazione a li-
vello dei tessuti e degli organi corporei - comincio a indiriz-
zare- l*attenzione dello stesso Freud verso la possibilit di
-
g , , ~ ~ g ~ m ~ e m spiegazione diverso da quello de; .
SUO'
ri ema?+di ~j ~ge berlinese e viennese.
e g z g i del pensiero razionale e xi ent zco genera
spinte e fughe di tipo irrazionalistico: Quando la ragione
dorme - si legge su un quadro di Goya - si svegliano i
mostri.. Le scelte ! i Freud non sj indirizzarono mai in q;esto
11problema era quello di trovare il modo di sostituire
un impianto non piU ritenuto idoneo con un nuovo tipo di
centrato sullo studio del mondo psichico: si impo-
neva una nuova strategia sia d'ordine epistemolagico - ba-
r-* "-
sata quindi su assunti di base diversi - sia di ordine meto-
~l ORi ~o~- ar t i col at a con strumenti e modalit operative nuovi.
Si trattava perci di non abbandonare un'impostazione di tipo
razionale - frutto di secoli di riflessione e di ricerca - senza
peraltro accogliere in modo acritico e passivo una formula-
zione accademica che era andata via via perdendo di senso.
L'area in cui cominci a muoversi il primo Freud, fu quindi in
particolare un'accettazione delle indicazioni ricavabili dalle
scopert' scientifiche precedenti e del relativa richiamo al ri-
gore nell'osservazione e nei modelli di spiegazione; accetta-
zione combinata con la trasposizione di tale rigore nello stu-
dio dei fenomeni psichici.
Cosi l'insieme dei processi psico-patologici (isteria, ne-
vrosj "sessive, fobie, psicosi, ecc.) divenne un terreno stra-
tegico sia sul piano della riflessione teorica che della pratica
clinica - per comprendere la fondamentale continuit esi-
stente tra gli stessi fenomeni patologici e il cosiddetto com-
Portamento normale . A- prima vista pu apparire parados-
sale come l'atteggiamento scientifico e razionale di Freud sta-
bilisse la propria identit sulla ferma convinzione che ogni
comPortamento, ogni espressione della vita psichica fossero
determinati da piu processi e da piu elementi appartenenti a
Una dimensione inconscia.
Tale impressione pu essere tuttavia annullata se si pensa
'Orne il pensiero scientifico pre-freudiano, nel suo complesso,
mentre Prestava una grande attenzione ai fenomeni osserva-
della fisica, dalla biologia ecc., richiamandosi continua-
mente all'esigenza di rigore, tendeva a ignorare la possibilit
di
in modo sistematico i processi psichici, e relegava
170 Storia della psicologia
una serie di tali fenomeni nell'ambito delle stranezze, delle
cose di poco conto ascrivibili al mondo della casualit.
D'altro canto la crisi del pensiero tradizionale provocher
soluzioni diverse nel piano dell'impostazione teorica: Freud
ipo@z una dimensione inconscia, non piu Intesa come un
insieme di cieche forze. bensi come un mondo caratterizzato
-
d&n seqso che rimane' occultato per la riflessione coscEt e,
pur influenzandola. Questa soluzione aggirava l' o-ella
normativit, secondo la quale si poteva parlare solo di ci che
direttamente osservabfie, norkativitche era sfociata in un
vicolo cieco. I1 tipo di soluzione freudiana che inferiva la di-
mensione inconscia dagli effetti che essa determina sui feno-
meni osservabili (sintomo, sogno, ecc.) - accostabile pe-
raltro ad altre posizioni successive, risposte alle crisi scien-
tifiche del tempo. In campo biologico, Weismann ipotizzer la
linea germinale, a sostegno dei processi di ereditariet, rifa-
cendosi al concetto di plasma germinale: e questo proprio
dopo che, per una malattia agli occhi, aveva dovuto abbando-
nare l'uso del microscopio! I1 fisico di Bohr, anticiper a li-
vello teorico il discorso sull'atomo, prefigurando la struttura
atomica: le anticipazioni teoriche di Bohr si riveleranno in
seguito estremamente utili per la fisica atomica.
L'opera di Freud e il suo sviluppo
Abbiamo visto come il primato della fisiologia sulla psi-
cologia veniva pertanto confermato da parte di tutti i ricer-
catori dell'universit di Vienna. Freud crebbe scientifica-
mente all'interno di questa Scuola e, durante il primo periodo
della sua attivit di ricercatore, aderi a questo tipo di impo-
stazione. Ora la costante~osservazione di alcuni disturbi -
quali ad esempio i fenomeni isterici - and convincendo
Freud che, alla base di determinate alterazioni funzionali (ce-
cit temporanee, anestesie parziali, convulsioni, ecc.) non era
riscontrabile un'alterazione organica e quindi si affacci in
Freud l'ipotesi di un'origine ideogena dell'isteria, vale a dire
un processo causale di origine psichica, mentale e non soma-
tica. I1 passa&o di Freiid da una posizione come quella dei
neurofisiologi viennesi a un tipo di spiegazione che affrontava
il problema della malattia mentale da un punto di vista pret-
Freud c la psicoanalisi 171
tamente psichico, fu facilitato da molteplici fctori. Alla fine
era verificata una crisi diffusa d e l l a _ S U ~
di quei modelli scientifici c=i rifacevano al linguaggio
fisico: gli accademici viennesi non sembrarono accorgersi
tempestivamente di questo processo secondo il quale le cer-
tezze accumulate sulla conoscenza di particolari fenomeni
sembravano dissolversi. Freud nel campo specifico della sua
&
ebbe il sentore che -la vita psichica-non semplice-
mente riducibi16 ad una serie di energie bio-fisiologiche che
la zgolano, combinandosi e contrastandosi tra loro, ma che
lo Sichismo nasconde una maggiore complessit ordkantesi
su la dimensione affettivo-ideativa che si manifesta in modo
--P simbol$~. Questa convinzione veniva corroborata dalle teo-
rie di Charcot, un medico francese assai noto in quel tempo,
che a Parigi conduceva ricerche nel campo dell'ipnosi e, in
articola re, dell'ipnosi applicata alla cura dell'isteria. Freud
frequent, nel 1885, le lezioni di Charcot ed ebbe modo di
incrementare la propria convinzione circa le ipotesi che lo
avevano reso dubbioso relativamente al fisiologismo dei suoi
maestri viennesi.
Tornato a Vienna nel 1886, mise in pratica ci che aveva
appreso alla scuola di Charcot. Quest'ultimo riteneva che
l'isteria avesse-una base psichica (ideogena) e che si originasse
in rapporto; determinati traumi psichici che si tradurrebbero
successivamente in manifestazioni sintomatiche a livello or-
ganico. L'ipnosi, e cio una particolare tecnica suggestiva che
Pone il soggetto ipnotizzato in uno stato simile al sonno,
Permetteva di far scomparire i sintomi isterici, cosi come
consentiva di farli ricomparire una volta assenti. Freud intra-
Prese quindi l'uso dell'ipnosi per curare i soggetti afflitti da
V:sti particolari disturbi (conversione somatica da trauma
psichicm Ben presto tuttavia si rese conto che un tale me-
todo incideva semplicemente sui sintomo, senza interessare
minimamente le probabili cause del si
-- P e -
asociate a qualche esperienza traumatica psichica veri-
ficatasi-nel passaio del soggetto. Negli anni tra il 1886 e il
189*, Freud insieme a J. Breuer, un medico piii anziano di
lui e assistente presso l'istituto di fisiologia di Briicke, ad-t
Vna variante del metodo ipnotico, consistente sempre nel
mettere-in -stato i G&o il soggetto sofferente, ma invitan-
dolo a ricordare quelle p-mrimtari
- --W
_I __-
172 Storia della psicdogia
esperienze dolorose che venivano ipatizzate come la causa
dei sintomi nevrotici. Questo metodo, detto catartico, co-
s t m p r i m o - -- passo v e 6 la futura tecnica psicoanalitica. In
queste condizioni il soggetto riusciva a far riemergere parti-
colari ricordi penosi e, verbalizzandoli, riusciva a rivivere
determinate esperienze passate con una forte partecipazione
emotiva. L'applicazione del metodo catartico (catarsi = libe-
razione, scarica emotiva) consenti a Breuer e Freud di giun-
gere a due risultati molto importanti. Anzitutto alla rileva-
zione che i sintomi isterici sono i sostituti di processi psichici
normali. Si stabili pertanto che il sintomo isterico si origina
allorch di fronte ad una determinata situazione traumatica
non si verifica per ragioni soggettive ed oggettive una rea-
zione affettiva ed emotiva adeguata e quindi gli effetti psi-
chici di tale trauma, non venendo liquidati al momento op-
portuno, rimangono per cosi dire incapsulati all'interno
dell'apparato psichico: il sintomo isterico quindi il sostituto
di una reazione psichica normale non verificatasi e nel con-
tempo, una reminiscenza del motivo che l'ha originata. Un
altro aspetto messo in luce dal metodo catartico, e di grande
portata sia teorica che operativa, era costituito dall'emergere
di un senso sconosciuto, di un collegamento simbolico e di-
namico fra i sintomi e i ricordi traumatici rimossi i quali, riat-
tivandosi nella coscienza, consentivano la scomparsa o l'atte-
nuazione dei sintomi stessi.
Ma il metodo catartico, che fu alla base della collabora-
zione tra Breuer e Freud, sfociata nella pubblicazione di Stu-
dien iber Histerie [1895], doveva ben presto presentare dei
punti deboli. I sintomi scomparivano per un certo periodo,
per &re poi la loro ricomparsa una volta che la cura venisse
sospesa ed inoltre si verificwa una forte dipendenza da parte
dei pazienti nei confronti della figura del terapeuta. Sul piano
teorico invece, i due autori si trovarono sempre piu in disac-
cordo. Breuer riteneva che gli elementi psichici alla base dei
sintomi fossero patogeni in quanto originati in una situazione,
definita da Breuer stesso, come stato ipnoide, uno stato in
cui cadrebbe spontaneamente il soggetto e riducibile ad una
predisposizione organica; stato inoltre in cui le facolt e le
prestazioni psichiche subirebbero una forte riduzione. ~ r e u d
invece era sempre piu convinto che gli elementi psichici
(rappresentazioni) all'origine dei disturbi, fossero patogeni in
Preud e la psicoanalisi 173
quanto il loro significato e i loro contenuti si contrappone-
vano alle tendenze dominanti della vita psichica, alla co-
scienza,'si da indurre una difesa da parte del soggetto. Non
piu una spiegazione di tipo organico quindi, bensi un riferi-
mento ad una dinamica e a significati dello psichismo. Ma un
altro punto venne a dividere i due autori in forma definitiva:
~~~~d accert che l'incompatibilit di determinati pensieri,
tendenze, desideri, con la vita cosciente, dipendeva dal fatto
che essi erano fortemente associati a significati della vita ses-
suale ed in particolare con vissuti, ricordi e affetti riconduci-
bili ad esperienze originatesi nell'infanzia ed ancora presenti
nella vita deii'adulto.
Breuer reagi, come reagi del resto in quel periodo la
scienza ufficiale, negativamente: rifiut sia l'impostazione di
di Freud, sia il riferimento alla sessualit infantile e
alla e i a emergente della libido, concetiualizzata da Freud
come una energia psichica che presiede sia alle yicende au-
toer~tiiche sia ad ogni tipo di relazione oggettuale che il sog-
- " _t
getto imposta e intrattiene, a partire dal suo iniziale rapporto
con la figura materna ed i suoi sostituti.
I1 distacco da Breuer assunse quindi un valore emblema-
tic0 e il periodo che va dal 1895 al 1900, vide sempre piu
acuirsi le difficolt di Freud nei confronti dell'ambiente
scientifico ufficiale e in particolare medico e psichiatrico. Lo
studio dei fenomeni nevrotici aveva condotto Freud sulla so-
glia di una nuova soluzione relativa alla spiegazione dei pro-
cessi psichici.-Esiste un mondo psichico sconosciuto alla di-
mensione cosciente: esso non solo si manifesta in maniera
! evidente nei sintomi della nevrosi, ma individuabile nella
1 condotta psichica normale attraverso l'analisi dei sogni, dei
lapsus e del motto di spirito. Questi ultimi fenomeni, che
universali e appartengono alla normalit, risultano l'ef-
fetto - come il sintomo della condotta patologica - di un
~OmPromesso . W*I, tra tendenze perturbanti, non accettabili dalla
del so&etto, e le forze rimoventi dell'lo, che ne
negare I'esistenzat . 9i-ri-riiui-
Negli anni immediatamente precedenti il 1900, Freud
?,mul la sua celebre concezione dell'attivit onirica: il rogno
e !appagamento allacinatorio d i un deriderio infantile. L'analisi
dei 'Ogni, con il metodo delle cosiddette arrociozioni Libere,
cardine dell'interpretazione psicoanalitica. Nel no-
174 Storia della psicologra
vembre del 1899 comparve Die Traumdeutung, l'opera piu
celebre di Freud. In essa viene impostato il primo modello
della psicoanalisi, al quale modello dedicato, in particolare,
il settimo capitolo del volume; sempre in quest'opera, pre-
sentata la tecnica interpretativa tendente ad aggirare l'osta-
colo presentato dalle resistenze del soggetto ad accettare, a
ricordare ci che opera in esso inconsciamente. L'analisi dei
sogni, unitamente a tutti quei pensieri, anche apparente-
mente sconnessi, che si affacciano alla mente del soggetto, i
ricordi formatisi nella vita passata, costituiscono altrettanti
anelli di una lunga catena che consente al soggetto stesso di
riappropriarsi dei significati, dei valori e delle tendenze desi-
deranti che gli appartengono. La rinuncia ad ogni atteggia-
mento critico da parte del soggetto - pur difficile a mettere
in opera - costituisce la base del metodo delle associazioni
libere e consente l'individuazione di quelle lunghe e com-
plesse serie di nessi la cui graduale scoperta indispensabile
alla comprensione della vita psichica. Tutto ci che era stato
considerato casuale e insignificante negli atti psichici degli
uomini, diviene quindi per la psicoanalisi oggetto di attento
si- a n o era diventato un prezioso s
conoscenza - -.- della vita psichica inconscia.
La forza motrice che presiede alla formazione della Scena
onirica costituita da una aspirazione inconscia, veicolante
desideri e tendenze rimossi durante la veglia, i quali, en-
trando in contatto con i resti diurni (i residui di pensieri,
propositi, tendenze, agenti durante lo stato di veglia stessa),
pone le condizioni per l'appagamento dei desideri inconsci.
Ci che il soggetto reputa inconsapevolmente come vietato a
se stesso, porta all'animarsi di questo processo di appaga-
mento il quale si unisce alla funzione di preservare lo stato di
sonno e di soddisfare quindi anche l'esigenza di dormire. I
pensieri onirici latenti che agiscono, per cosi dire, al di sotto
della scena manifesta (ci che il dormiente effettivamente
vede mentre sogna) vengono trasformati in una diversa mo-
1
dalit espressiva (appunto in un susseguirsi di immagini e di
scene spesso strane e incomprensibili) dal lavoro onirico che
1
presiede alla manipolazione dei pensieri rimossi e dei signifi-
cati ad essi connessi. A questo processo di trasformazione
concorre anche un'istanza critica - la censura - che, in
forma attenuata, continua l'opera di arginamento delle aspira-
,ioni inconsce, opera svolta, allo stato di veglia, dalla rimo-
,ione La,scena onirica quindi nasconde in s una serie di
,ignificati non direttamente accettati da parte del dormiente.
11materiale onirico inoltre subisce, sin dal momento in cui si
origina, una elaborazione secondaria, la quale ha lo scopo di
il sogno piii coerente e comprensibile; l'elaborazione
secondaria, inoltre, aumenta la propria incidenza man mano
che ci si awicina al risveglio ed opera decisamente quando
ad Si racconta il sogno.
dei sogni, la teoria dinamica della formazione del
sognoT i 1 - h ~ e l I e &sociazioni libere, vanno considerati
6 - 7
quindi I caposaldi della tecnica interpretativa psicoanalitica.
% e - s a l d a n o alla teoria della* sessualit infantile
C19051 la quale, congiuntamente alla scoperta dglh dinamica
della translazione f1912) e della sua funzione nel trattamento
ps20analitico, forma alcuni dei temi centrali della dottrina
freudiana.
Si era precedentemente accennato allo studio rivolto da
Freud f 1901) ad altri fenomeni - oltre che al sogno - della
vita psichica: i cosiddetti atti mancati e le azioni casuali.
Scrive Freud in una breve presentazione della sua dottrina
f 1922):
Fu un trionfo per l'arte interpretativa della psicoanalisi quando riusci a
dimostrare che certi frequenti atti psichici dell'uomo normale, per i quali
sino allora non si era presa in considerazione una spiegazione psicologica,
sono da intendere allo stesso modo dei sintomi nevrotici, owero hanno un
significato ignoto al soggetto ma facilmente rintracciabile mediante l'analisi.
I fenomeni in questione, la dimenticanza temporanea di parole e nomi, per
altro ben noti, le dimenticanze di propositi, i frequenti lapsus verbali di
lettura e di scrittura, la perdita e lo smarrimento di oggetti, alcuni tipi di
errori, atti di auto-lesione apparentemente accidentali, e infine movimenti
che si eseguono d'abitudine, senza intenzione e come giocando, melodie
si canticchiano soprappensiero e altro ancora - tutto ci fu sottratto
spiegazione fisiologica, se mai questa era stata tentata, e dichiarato rigo-
?Samente determinato, nonch riconosciuto come e-sione di infgn-
coni rimosse della persona e come conseguenza dell'interferire di due in-
tenzioni, una delle quali precedentemeate e permanentemente inconscia
11 campo della osservazione psicoanalitica si allarga cosi
enormemente, venendo ad abbracciare tutti gli accadimenti
vita psichica e del comportamento, in una concezione
unitaria che, nel contempo, tendeva a colmare la distanza -
sostenuta dal pensiero psichiatrico tradizionale - tra mondo
psichico ~mrmale e patologico.
176 Storia della p~icologia
Secondo tale concezione, inoltre, ogni atto, manifesta-
zione, siano essi normali o patologici, sono il risultato
del confluire di piu fattori che, unificandosi, danno luogo al
fenomeno insorgente. La psicoanalisi pertanto non fa ricorso
ad una teoria strettamente deterministica, bensi rivendica, nel
manifestafsi di un fenomeno, il concorso di piu cause e di piu
fatiori chevanno stabiliti contestuaImente, di volta in volta;
inoltre i processi che sottendono l'insorgere dei fenomeni
sono dotati di senso, si esprimono, per cosi dire, come un lin-
guaggio che va decifrato.
La vicenda culturale e scientifica, iniziata con l'apparizione
di Die Tratlmdeuttlng ha avuto un decorso ricco di implica-
zioni teoriche e operative.
Sono molteplici gli argomenti presenti nell'opera freu-
diana e in quella del movimento psicoanalitico nella sua gene-
ralit, tali cio da non consentire qui un'adeguata e soddisfa-
cente trattazione. Soltanto in Freud - che rimane ancor oggi
il punto di riferimento piu valido del pensiero psicoanalitico
- sono diversi i punti degni di trattazione. I1 complesso eda'pico
e la sua incidenza nella vita infantile ed adulta, la teoria delle
ptllsioni libidiche e At wt t i ve, le due successive conc,ettualiz-
I
l
zzioni dello psichismo (Conscio - Preconscio - InconscioZEs -
Io - Super Io), il tema del narcisismo, il confronto traprincipio
i
del piacere e principio della realt, l'estensione dell'indagine
-
piicoanalitica alla creazione artistica, alla religione, alle
scienze sociali, ecc., sono altrettanti momenti significativi del
pensiero freudiano, ripresi peraltro in innumerevoli lavori di
altri studiosi ed operatori della psicoanalisi.
Nel decennio che va dall'inizio del secolo al 1910, la dot-
trina psicoanalitica usci dall'isolamento e cominci a suscitare
un forte interesse che si concretizz nel costituirsi di un
primo gruppo di psicoanalisti che fondarono la Societ Psi-
coanalitica di Vienna. Nel 1908 si tenne a Salisburgo il primo
Congresso Internazionale di Psicoanalisi e questo segn
l'uscita dai confini fino allora limitati della nuova teoria di
Freud. Nel 1910 venne fondata, al secondo Congresso Inter-
nazionale di Psicoanalisi di Norimberga, l'Associazione Psi-
coanalitica Internazionale.
Nel movimento psicoanalitico si sono verificate successi-
vamente alcune scissioni: sono note quelle di C.G. Jung e di
Preud e la psicoanafisi 177
A. Adler, che fondarono rispettivamente due movimenti assai
diversi per impoStaZi0ne teorica e per soluzioni tecniche.
Inoltre, nell'arco di settant'anni, a partire dalla comparsa
del191nterpretazione dei Sogni sono emersi, all'interno della
che si richiama a Freud, alcuni indirizzi con pro-
pri tratti caratteristici: si possono qui ricordare la cosiddetta
Kleiniana (dal nome della psicoanalista di origine
.ngherese Mel ~ni e Klein); la corrente che si rif a W. Reich e
la piu recente Ecole freudienne de Paris, fondata dallo psicoa-
nalista francese J. Lacan. Non compito di questo scritto en-
trare nel merito del significato e della portata di tali fenomeni
di revisioni e di cambiamento. Per questo, come del resto per
I'approfondimento degli aspetti diversi presenti nella teoria
' freudiana, si rimanda alle indicazioni bibliografiche poste al
termine del volume. "
Y
'-.+p
Il messaggio psicoanalitico
Al di l degli aspetti che sono andati via via arricchendo il
sapere psicoanalitico, rendendolo sempre piu complesso e
problematico, occorre stabilire qual' il significato fonda-
mentale presente nella dottrina freudiana e, in questo senso,
il richiamo a Freud va visto come un espediente metodolo-
gico volto a definire l'asse portante del messaggio scientifico e
culturale della psicoanalisi.
La costruzione di un metodo esplorativo e di una teoria
che mettessero in rilievo l'incidenza, in ogni forma di atto
psichico e di condotta, di una dimensione inconscia, ebbe
luogo nel momento in cui si riproponevano - e non per la
prima volta nella storia del pensiero - due tipi di soluzione
contrapposti. Da un lato una scienza ufficiale in crisi, che si
rivolgeva sempre di piu ad una concezione naturaIistica
dell'uomo, ripetendo moduli esplicativi di tipo riduttivo;
dall'altro, proprio in contrapposizione e in relazione a questa
crisi, l'emergere di soluzioni e di teorie di tipo metafisico o
SPirituralistico, come puntuale reazione ad un'opprimente in-
slsten~a di concezioni naturalistiche svuotate da ogni @r,-
mento creativo ed innovativo. Freud individu la possibilita
di rifiutare la soluYone spiritualistica e nel contempo di supe-
rare la crisi della ragione, mettendo _in luce la connessione
178 Storia della psicologia
Preud e la psicoanalisi 179
dialettica esistente tra ci che apparentemente non logico
(il mondo della significazione inconscia) e il mondo
scienza e della xagione. Veniva cosi ribaItato il cogito carte-
siano: la ragione, per essere veramente tale, doveva cessare di
negare l'esistenza al proprio interno di un insieme di feno-
meni, di tendenze, di significati che fino allora non avevano
avuto diritto di cittadinanza. L'inconscio freudiano - fin dalla
sua prima concettualizzazione - si pales come una dimen-
sione dotata di una sottile logica e di senso. La psicoanalisi
quindi trov difficolt di accoglimento sia da parte delle ten-
denze irrazionalistiche sia da parte del pensiero razionale di
tipo tradizionale.
Se si riconduce peraltro questo discorso generale al piano
riguafdante la cura 'psicoanalitica si rintraccia una perfetta
coincidenza dei due livelli, quello teorico e quello operativo.
.I.
Nello stato ipnotico e in qualsiasi situazione di suggestione,
usati come tecniche terapeutiche, il soggetto diviene passivo
ricettacolo di processi ai quali non partecipa coscientemente
oppure non nel pieno delle sue facolt critiche; d'altro
canto una psicoterapia condotta allo stato di veglia, dove il
terapeuta consiglia, interviene criticamente, esprime giudizi,
ecc., e dove le condizioni generali della situazione non of-
frono la possibilit al soggetto di prendere contatto con stati
profondi della propria psiche, necessariamente tende a pre-
valere l'aspetto indiscriminatamente l i t i c02 difensivo. Nella
. .
situazione zmahmSnvece i l soggetto, da sveglio - e quindi
in possesso di tutte le armi critiche e di controllo - si pone
nella condizione di far emergere (attraverso le associazioni
libere, il racconto dei propri sogni, le sensazioni che prova e
che comunica nel momento in cui si svolge la terapia, ecc.)
una serie di elementi di fronte ai quali mette continuamente
in atto i propri meccanismi difensivi e le resistenze che li
accompagnano. Nella situazione di translazione affettiva, che
al servizio della resistenza e che consente il riattivarsi di ci
che stato rimosso o comunque disturba il soggetto, l'analiz-
zando partecipa attivamente ai conflitti che si scatenano tra
l'apparato difensivo e i significati che tendono ad emergere
nella comunicazione. Non si trova cio n nel discorso del
delirio non codificabile, n nella sfera della coscienza critica
che tutto vuol controllare e negare; in una zona, per tosi
dire, intermedia, dove conscio e inconscio si affrontano per
dirimere ciascuno i propri diritti.
psicoanalisi, lo si detto gi, una psicologia del pro-
fondo ma, occorre aggiungere, nella misura in cui serve a far
che 1'10 del soggetto si riappropri, almeno in parte, di ci
che rimosso e che gli appartiene, e comprenda (nel
senso di aprendere con s, di accogliere) ci che lo de-
termina inconsapevolmente. La parte critica del conscio, che
a sua volta si awale di difese inconsce, deve dar luogo all'as-
sunzione dell'esistenza di parti in cui essa non si riconosce.
Alla luce di queste considerazioni, la psicoanalisi, cio la psi-
cologia dell'inconscio, tale nel momento in cui fa partecipa-
tivo del suo discorso anche l'aspetto cosciente.
A uno psicoanalista che osservava come l'inconscio non
?ha uno sbocco per le sue tensioni e i suoi desideri, sia C@ ci
si ricordi dei sogni, oppure no - Freud risposte E la
i mente cosciente ad avere queste tensioni.
Si iniziato ricordando un passo di Freud tratto da Kon-
strucktionen in der Analyse; come si visto, in questo scritto
campariva il termine di costrtlzione e, piii precisamente, di ri-
costruzione. Secondo tale concetto, utilizzando il materiale
fornito dal soggetto - materiale che si esprime sia in forma
logica, sia in modalit non immediatamente chiare alla com-
'
pcensione (per cui occorre attendere il delinearsi di un senso
che colleghi i vari momenti della comunicazione, di per s
incomprensibili) - l'analista procede appunto ad una rico-
stnizione di quanto WGenuto emergendo e ri proponbl sog-
gefto stesso il*--mes<aggio che gli stato indirizzato e che
lynalizzando, nel momento in cui i'haespbeaw in analisi, ha
iop posto a-s ste&o; Col t zmi ne ricostruzione Freud indi-
cava quindi un javoro di ricomposiziooe in c u i d linguaggio
dell'inconscio, ---n .- - apparentemente sconnesso, si fa significativo
e, -nercontempo, con questo concetto si sostituiva quello di
iuter~wtazione usato sino ad allord L'opportunit di questa
' ~di fi cazi one concettuale e terminologica poggiava fonda-
i
mentalmente sulla considerazione che nel lavoro interpreta-
t i ~ ~ si pu verificare maggiormente il pericolo che l'inter-
prete POS. confondere i propri problemi con quelli dell'ana-
I i ~ md o . E - noto -. ---. infatti il meccanismq>n;on~gio d d l a ~ e & -
Gone - messo in luce dalla dottrina psicoanalitica -
' ~"do il quale si tende ad espellere fuori di noi e ad attri-
buire agli altri -u?iii- seTe di EndCnzcdi . affe
180 Storia della psicologia Freud e la psicoanalisi 181
di fantasie che ci appartengono: in questo senso che l'inter-
pretazione - laddove l'analista non riesca a porsi al servizio
del processo che si snoda nella relazione terapeutica calan-
dosi, per cosi dire, in essa - pu diventare la sede appunto
di proiezioni nei confronti del soggetto.
C' inoltre un altro aspetto messo in luce recentemente in
modo chiaro da C.L. Musatti 119731: Le prime interpreta-
zioni effettuate da Freud - scrive Musatti - presentavano
veramente il carattere di ricostruzioni razionali. Ma a mano a
mano che l'attivit interpretativa veniva sviluppandosi, il pen-
siero latente - ad esempio dei sogni - risultava sempre
meno conforme nella sua struttura a quello del comune pen-
siero cosciente, e rivelava invece una propria struttura di tipo
diverso. In questo senso l'ipotesi della razionalit, nel senso
comune, del pensiero latente e quindi inconscio, doveva es-
sere abbandonata per riconoscere ai processi inconsci una
modalit espressiva affatto diversa. Questo port gradual-
mente Freud, e Lsu~cessivamente il pensiero psicoaditico,
a h constatazione che anche il passato ~[prico del soggetto non
sempre mantiene u per comprendere
ci che sta verifican so. All'inizio della
sua attivit psicoan otizzato, alla base\
delle nevrosi, la presenza di un trauma infantile specifi o
connesso in particolare con un'aggressione sessuale subita52
parte degli adulti e in particolare dai genitori. Questa ipotesi
(teoria &L - ~ ~ s p e c i f i c o ) si dimostr ben presto* decisamente
erronea: nella maggior dei casi, i pazienti portavano
delle fantasie, fornendo loro il carattere di un ricordo, che
non corrispondevano ad alcuna realt se non a quella costi-
tuita da desideri e da vissuti infantili inconsci. La teoria del
trauma specifico, inoltre, sembrava piii rispondere ad un bi-
sogno iniziale di Freud - legato per certi aspetti alla menta-
lit positivistica del tempo - di individuare un elemento na-
scosto la cui scoperta non solo avrebbe tutto spiegato ma
avrebbe condotto all'eliminazione del quadro sintomatico.
[-ia psicoanalisi quindi, per trovare il rapporto tra logica
dell'inconscio e logica del pensiero cosciente, deve stabilire i
collegamenti tra questi due piani strettamente intrecciati e
I'analista deve mantenere, nel rapporto con l'analizzando,
un'impostazione che gli consenta, da un lato di partecipare al
mondo fantasmatico e delirante dell'inconscio e, dall'altro, di
-
decodificar10 continuamente, secondo le regole dalla comunj-
cazione cosciente.
.e--
LSanalista per effettuare il proprio lavoro - scrive Musatti - deve an-
zitutto familiarizzarsi' con la logica dei processi primari [inconsci], co-
gliendo tale logica nella propria personale attivit inconscia. Deve cio
ascoltare il proprio inconscio e cercare di reagire con esso ai messaggi che
gli vengono trasmessi dal paziente abbandonando quell'esigenza di raziona-
lit a cui, nelle comunicazioni interpersonali dei normali rapporti sociali,
siamo costretti ad obbedire. O per dire meglio, mentre l'analista, nei suoi
stessi rapporti col paziente, da un lato procede sul piano di comunicazione
di tipo razionale, dall'altro intrattiene con lui un colloquio che si svoke
invece fuori degli schemi della ragione I...]. Si giunge cosi ad una conclu-
sione strana. Il colloquio tra paziente ed analista, quando effettivamente
attuata la situazione analitica, un colloquio delirante: un colloquio cio
che si mantiene fuori degli schemi della logica ordinaria [ibidem].
Si pu aggiungere che proprio questa possibilit, di pe-
netrare e di compartecipare all'apparente stranezza di ci che
emerge nel comportamento e nella verbalizzazione del sog-
getto, che consente poi di procedere ad una decodificazione,
ad un livello diverso, dei vari significati in gioco. Ma questo
tipo di razionalit non piu quella costruita sulla negazione
rivolta alla presenza di significati inconsci, ma acquista un
valore diverso, in quanto - per cosi dire - consente una
lettura e una comprensione della compresenza di due piani
diversi e interconnessi. Questo ci dice che, se vero che la
psicoanalisi pu essere uno strumento estremamente utile
per meglio comprendere anche fenomeni di tipo sociale, arti-
stico, antropologico, ecc. - consentendo di individuare, ad
esempio, sul piano negativo, l'origine della distruttivit e
dell'ostilit e, su un piano piu generale, il senso dei legami
affettivi, dei rapporti intersoggettivi e della produttivit
umana - pur vero che la psicoanalisi stessa richiede con-
temporaneamente un continuo esercizio nel disciplinare l'at-
tivit dell'interprete sui due piani sopra accennati, senza che
questi si abbandoni all'uno o all'altro (al delirio pieno o alla
razionalizzazione difensiva e occultante).
Rimane da osservare che il passaggio dall'interpretazione
ricostruzione, non elimina l'aspetto interpretativo, il
quale rimane comunque uno dei fattori piu significativi
dell'indagine psicoanalitica, sia presentandosi come uno dei
particolari momenti intuitivi, che aprono improvvisi orizzonti
182 Storia delfa psicologia
di comprensione in situazioni molto complesse, sia conser-
vando il valore di ipotesi di lavoro, in attesa di ulteriori ve-
rifiche. Intesa in queste due accezioni, l'interpretazione re-
cuperata all'interno del piu vasto ed articolato lavoro r i cca
stguttivo, che vede impegnati, sul piano terapeutico, l'analista
e l'analizzando o, su un piano piu generale, l'indagine psicoa-
nalitica e il c mp o dei fenomeni studiati.
in-tale prospettiva che ij concetto di ri-ostruzione na-
sconde l'ambizione di una obbiettivit che, lungi dall'essere
raggiunta e realizzata, va intesa come meta ,cJg perseguke e
quindi come uqa sorta di i&l-&fIa ragione.
"Freud, a questo proposito, aveva osservato maliziosa-
mente: Deuten, Das ist ein garstiges Wort! (Interpretare,
che brutta parola!).
e- "
~apitolo,O~avo
~a cognitivista
Lo scenario
Nedi anni '50 vi era una scuola psicologica che esercitava
un assoluto predominio sulla psicologia, soprattutto su quella
sperimentale: il comportamentismo. Tale predominio (terro-
ristico, a detta dei suoi detrattori) era iniziato nel corso degli
anni trenta, quando le scuole che potevano contrastarlo erano
progressivamente entrate in crisi. Da un lato, infatti, lo
strutturalismo si era andato progressivamente esaurendo,
dopo la morte dei suoi capi storici, Wundt in Germania e
Titchener negli Stati Uniti. Le energie migliori del funzionali-
smo erano tutto sommato confluite proprio nel comporta-
mentismo, ed altre impostazioni che si erano prospettate ne-
gli Stati Uniti, come la psicologia dinamica di Woodworth o
la personologia di Allport, non avevano mai mostrato suffi-
ciente vigore da proporsi come vere o proprie scuole, al di l
del prestigio dei nomi che le rappresentavano. La scuola eu-
ropea piu vitale, la psicologia della Gestalt, aveva subito un
colpo durissimo con l'avvento del nazismo in Germania; i
suoi principali esponenti, Wertheimer, Kohler e Koffka,
erano dovuti riparare in America, senza per trovare un ter-
reno fecondo per portare avanti le loro concezioni; la loro
Opera, cosi, anche durante il periodo americano, se fu di
rande prestigio, rimase pur sempre l'opera di isolati. L'unico
taltista che riusci a trovare effettivo spazio negli Stati
iti fu Kurt Lewin, che dovette per cambiare campo di
interessi, dedicandosi prevalentemente alla psicologia sociale,
In un'ottica che di gestaltista conservava abbastanza poco.
Non mancano ovviamente eccezioni, a questo quadro di
184 Storia della psicologia
La psicologia cognitivista 185
strapotere comportamentista. La psicologia cljnica tuttora
saldamente in mano agli psicoanalisti, anche se gi si affac-
&no le cosiddette terapie comportamentali, le psicotera-
pie, cio, derivate dai principi del comportamentismo, che
tendono a mettere i~ forse la supremazia degli psicoanalisti in
quGsto settore. Le terapie comportamentali, anzi, sono le
prime awisaglie del massiccio uso di quelle che i comporta-
mentisti chiameranno, con un'espressione fino a quel mo-
mento inconsueta in ambito psicologico, tecnologie; in
pgticolare, attraverso le tecnologie educative il comporta-
mentismo, che ha sempre avuto come oggetto privilegiato di
studio l'apprendimento, si inserir in modo massiccio anche
nel mondo della scuola.
I La psicologia dell'et evolutiva sfugge per ancora in
tbuona misura al dominio comportamentista. Se negli Stati
Uniti prevalgono tuttora le tendenze descrittivistiche, esem-
plificate ad esempio da Gesell, e che si possono far risalire al
funzionalismo. e in articolare a Stanley Hall, in Europa gi
forte l'influenza di jean Piaget e della Sua scuola di Ginevra.
Perch tale influenza si diffonda anche nei paesi di lingua in-
glese bisogner per attendere la fine degli anni 50, e in par-
ticolare la traduzione che far Flavell in inglese di Piaget.
Ancora fin verso la fine degli anni '50 un mistero per la
psicologia occidentale cosa sta awenendo oltre la cortina di
ferro, per usare questa tipica espressione della guerra
fredda. Per quel che se ne sa, la psicologia sovietica ferma
non solo a Pavlov, ma al condizionamento classico, e la situa-
zione non evoluta rispetto al famoso articolo di Watson del
'16 sul condizionamento. Ancora alla fine degli anni '50, la
traduzione di Pensiero e linguaggio di Vygotskij, a vent'anni
circa dalla morte dell'autore, costituir un autentico shock
p_er la psicologia occidentale, e la scoperta di un mondo com-
pletamente nuovo di cui si ignorava l'esistenza.
Come spesso accade, questa situazione di apparente
estrema prosperit del comportamentismo celava una realt
piii profonda, che avrebbe condotto nell'arco di pochissimi
anni a un radicale mutamento del panorama della psicologia
sperimentale. Era infatti imminente quella che sarebbe stata
chiamata la rivoluzione cognitivista, che avrebbe rapida-
mente capovolto i rapporti d< forza nell'ambito della psicolo-
gia, e portato a una sconfitta totale delle posizioni comporta-
rnen~iste. Oggi la psicologia, prevalentemente in campa spe-
,;&,,tale, infatti - in tutto il mondo, e non piii solo negli
Stati Uniti - saldamente in mano ai cognitivisti. Come ci
piiiUto accadere, e in un arco di tempo tanto breve,
quanto cercheremo di spiegare in questo capitolo.
11 cognitivismo come filiazione del comportamentismo
Come si piii volte osservato [cfr. Luccio 19781, impos-
sibile pe-are di capire cosa sia il cognitivismo se non ci si
rend$ conto preliminarmente del fatto che si tratta di una
diretta filiazione del comportamentismo. Ci potr apparire
Strano a chi conosce la polemica, spesso astiosa, se non vio-
lenta, che ha sempre opposto i cognitivisti ai comportamenti-
sti, detti ad esempio {Miller, Galanter e Pribram 19601 psi-
cologi del gettone nella macchinetta; si gi parlato di
areageografica infestata da animaJi & laboratorio wepman
e HeGe 19631 e di erattomorfizzazione dell'uomo fvon
Bertalanffy 1967). pi certo che- anche nella poremica il
punto di riferimento dei cognitivisti rimane, sia pure per di-
stinguersene, il comportamentismo.
Anche il nome del movimento risente di questa origine.
Solo dopo il 1967, anno in cui uscir Cognitive Psychology di
Ulric Neisser (e solo dopo di allora, e dopo un numero del
British Medica1 Bulletin del 1971, curato da A. Summer-
field, e ancora chiamato Cognitive Psychology), si comincer
infatti a parlare di psicologia cognitivista e di cognitivismo. In
precedenza, gli stessi cognitivisti seguitavano in larga misura a
ritenersi dei comportamentisti, ma pensavano di vivere una
nuva"fase del comp~t ament i smo, quella che Berlyne E19681
-I' che solo in misura molto ridotta possiamo per ritenere
Un cognitivista - chiamava ceno-comportamentismo. SC-
condo Berlyne, infatti, il comportamentismo, che dalle ori-
gini Watsoniane negli anni '20-'30 si era gi trasformato in
neo-cTmport~mentTsmo, con Tolman, Skinner e Hull, era
entrato nel dopoguerra in una nuova terza fase. Tale terza
fase, ceno-comportamentistica, era iniziata con D.O. Hebb,
'9 psicologo canadese che, pur muovendosi in un'ottica an-
cora comportamentistica classica, aveva iniziato una profonda
rivoluzione soprattutto nel modo di concepire il ruolo del
1
i 186 Storia della psicologia
La psicologia cognitivista 187
s ~ t e ~ ~ n e r v o s o centrale in rapporto al comportamento. Sin-
tetizzando aIITestremo, Hebb 11949; 19651 si"Ga posto il
p~oble- delle T - - " cosiddette - variabili intemenienti; (cfr., in
questo volume, le pp. 149-150) di quei rocessi, cio, interpo-
sti --*M tra stimolo e risposta, sv-olgentisi al P 'interno dell'individuo
(e quindi non direttamente osservabili) e che erano stati intro-
dotti dai neocomportamentisti come &strutti ipotetici per
Giegare tutti quei fenomeni che non potevano essere interpre-
tati direttamente come semplice corrisp~ndenza tra stimolo e
_ .- - -. ---. .----I- -
risposta. --
Hebb, in particolare, era interessato ai processi di me-
diazione~, a quei processi, cio, che consentono all'individuo
di non rispondere immediatamente allo stimolo che gli viene
presentato, ma che, creando delle strutture interne al sistema
nervoso dell'individuo, fanno si che questo possa comportarsi
avendo a disposizione degli stimoli e delle risposte interne.
Se per i neocomportamentisti le variabili intemenienti
erano solo dei costrutti ipotetici, che non avevano una base
realistica ma una funzione puramente logica, con Hebb il
discorso assumeva un carattere profondamente diverso.
Hebb, infatti, concepiva queste strutture interne, indispensa-
bili ai processi di mediazione, attribuendo un ruolo del tutto
nuovo per la tradizione comportamentista al sistema nervoso
centrale (concepito per in termini abbastanza idealizzati, piu
come modello logico che come struttura propriamente neu-
rofisiologica). *condo Hebb, infatti, si poteva immaginare
che i neuroni, l e ~ l l u l e ^componenti il sistema nervoso, si
organizzassero in assembramenti cellulari~, strutture di neu-
rni formanti dei circuiti prefissati in cui circolassero per un
certo tempo le informazioni all'interno del sistema nervoso.
Alcuni assembramenti, corrispondenti alla base neurale di
comportamenti particolarmente semplici, sarebbero stati gi
presenti alla nascita; altri si sarebbero formati attraverso l'ap-
~~endi ment o, nel corso della vita dell'individuo. I1 circolare ,'
delle informazioni negli assembramenti consentiva cosi di ri-
tardare la risposta rispetto allo stimolo; la formazione di de-
terminati assembramenti costituiva di fatto il processo di
memorizzazione; ilpoter impiegare piu assembramenti, corri-
spondenti ognuno a-un comportamento semplice, in se-
quenze di fase differenti, consentiva di spiegare i compor-
ta-ent? pifi complessi sulla base dell'apprendimento di com-
portamenti semplici; _-...-- e . comunque l'esplicarsi di comporta-
menti apparentemente . . .. nuovi, al di fuori delle condizioni - . di
originali, cosa che aveva sempre posto dei
problemi ai comportamentisti ortodossi.
L'opera di Hebb segnava una decisa rottura con il neo-
com~rtamentisim~, e ^cominciava a porre le condizioni per-
ch nella cultura psicologica nordamericana si uscisse dalle
angustie dei modelli stimolo-risposta. Intendiamoci, con
Hebb siamo ancora ben lontani dalle problematiche cogniti-
viste. per importante chiarire in cosa Hebb si distacca
dalla tradizione comportamentista.
Per la prima volta con Hebb, infatti, l'interesse si rivolge
ai che si svolgono all'interno dell'individuo, non piu
sul piano del-puro costrutto ipotetico, ma su quello del mo-
dello logico dello svolgimento dei processi mentali. I1 mo-
dello di Hebb si riferiva a u-n ipotetico schema di funziona-
mento del sistema nervoso, assumendo da un lato i piu re-
Senti risultati della-ricerca neurofisiologica (alla base degli as-
sembramenti cellulari vi doveva essere, secondo Hebb, una
struttura analoga a quella dei cosiddetti circuiti reverbe-
ranti messi in luce un decennio prima dal neurofisiologo Lo-
rente de No), ma rifiutando dall'altro un'identificazione reale
del suo modello con il vero sistema, nervoso, essendogli suffi-
ciente una corrispondenza sul piano logico. Veniva cosi in-
trodotta in psicologia una tipica modalit di concettualizzare i
fenomeni che si sarebbe poi affermata decisamente con il co-
gnitivismo, costituendone anzi una delle caratteristiche ~ i u
peculiari. Tale modalit consiste appunto nella creazione di
modelli che di vo1t~~n~~lt.t posson fare riferimento a
~n'idealizzazione del sistema nervoso o ai circuiti di un elabo-
ratore; l a preoccupazione non quella di identificare realisti-
camente gli elementi del modello, ma di considerare questo
come uno schema valido sul piano puramente logico. I1 mo-
dello viene gcet t at o o respinto se il comportamento in stu-
dio pu essere simdato dal modello, o sulla base del funzio-
namento del sistema nervoso, per quanto questo noto, o
sulla base del funzionamento di un elaboratore programmato
'n modo da riprodurre tutte le funzioni previste dal modello.
Ma nell'un caso come neli'altr, il fatto che la~imulazione dia
dei risultati positivi non porta assolutamente ad accettare
un'identificazione realistica degli elementi del modello con
La psicologia cogni ti vi sta 189
quelli sin qui noti del funzionamento del sistema nervoso o di
ue elaboratore. L'interesse del cognitivista, infatti, rivolto ai
processi mentali, visti questi si con occhio realistico, mentre
il substrato fisico del modello pu essere in ogni momento
accantonato, e sostituito con qualcosa di diverso man mano
che le nostre conoscenze si modificano. Per tornare ad Hebb,
l'interesse realistico di questi per lprocessi di media-
zione, mentre assembramenti cellulari e sequenze di fase lo
interessano soltanto sul piano della dimostrazione logica del
modello.
Se Hebb segna quindi una rottura con la tradizione com-
p&entisia, occorre per anche dire che ci ci chiaro
oggi, per gli sviluppi assunti successivamente dalla ricerca co- .
gnitivista. Ma che si trattasse di un'effettiva rottura non era
allora assolutamente chiaro, n per ci che riguardava Hebb,
n per altri apporti provenienti da altre aree scientifiche,
spesso nuove discipline nate proprio durante o immediata-
mente dopo la guerra (cibernetica, teoria della comunica-
zione, teoria della decisione), sulle quali ci soffermeremo piu
avanti, e che avrebbero avuto un profondo influsso sulla psi-
cologia, ponendosi proprio alla base del cognitivismo, ma che
entrarono nel mondo della psicologia specificamente attra-
verso il comportamentismo.
Non pu quindi destare stupore il fatto che almeno ini-
zialmente i cognitivisti, anche dopo che la frattura iniziata con
Hebb rispetto al comportamentismo era diventata radicale,
seguitassero a definirsi in qualche modo comportamentisti
essi stessi. Cosi si definiva ancora agli inizi degli anni '70
Broadbent; e comportamentisti soggettivi,, si autodefinirono
Miller, Galanter e Pribram, in quel Plans and the Stractare of
Behavior che nel 1960 si pose come autentico manifesto degli
psicologi in rotta con il tradizionale comportamentismo. E
Broadbent [1973], ancora agli inizi degli anni '70, seguitava a
definirsi un comportamentista, pur criticando il comporta-
mentismo di uno Skinner, ad esempio, ma mostrandosi
estremamente critico, ancor di piu forse, nei confronti di al-
i
cune linee del cognitivismo, e in particolare delle imposta-
zio+ innatiste in psicolinguistica, derivate da Chomsky.
E per questi motivi che alcuni critici (solo per citarne uno
l
recentissimo, Minguzzi 119781) hanno negato che vi sia stata
un'effettiva rottura epistemologica~ tra cognitivismo e com-
l
portamentismo Poich a nostro awiso tale frattura reale
(,a anzi un po' la bandiera della maggior parte dei cogni-
tivisti), riteniamo importante addentrarci un po' piu in pro-
fondit su questo argomento nel prossimo paragrafo.
(1 mentalismo dei cognitivisti
~a psicologia cognitivista pu sotto molti aspetti essere
considerata una psicologia mentalistica. Il termine mentali-
S ~ O , come noto, ha avuto una storia complessa nell'ambito
dello sviluppo della psicologia. Con l ' af f e~~ar s i del behavio-
risma, tale termine ha assunto delle connotazioni decisa-
mente negative, ed venuto a essere sinonimo di metafisi-
cheria (anche il termine metafisica in epoca positivista aveva
-*.* *
cominciato ad assumere connotazioni negative), inconclu-
denza, ascientificit, etc. In pratica, per i behavioristi, le cate-
gorie mentali, non essendo direttamente osservabili come
quelle comportamentali (intese come insieme di reazioni mu-
scolari o ghiandolari), non potevano essere oggetto di ricerca
scientifica, e chi se ne occupava si poneva automaticamente al
di fuori deli'ambito della scienza.
In questo atteggiamento, oggettivamente abbastanza
rozzo, dei comportamentisti vi era per una componente epi-
stemologica da non sottovalutare. Di fatto anzi, la riflessione
epistemologica dei comportamentisti stata di massima
m~ l t o pih approfondita di quella dei cognitivisti che hanno
mostrato largamente fa tendenza a disinteressarsi dei fonda-
=enti delle loro concezioni; e notevole sempre stata la cura
dei comportamentisti di valersi, a conforto delle loro tesi,
ell'opinione di alcuni tra i piu accreditati filosofi della
scienza disponibili negli anni .di maggior rigoglio di questa
Scuola. I1 destino ha poi voluto che tale appoggio provenisse
Prevalentemente da due correnti filosofiche: I'operazioni-
Smo [cfr. Curi 19731 e il neopositivismo, prima con l'empiri-
ristretto, ben consono al behaviorismo radicale di un
san, poi con la prima liberalizzazione dell'empirismo [cfr.
Lo spazio non ci consente palesemente di approfondire
questi aspetti del problema. Ci limiteremo quindi a degli ac-
cenni, consapevoli del fatto che ogni schematismo si traduce
190 Storia della psicologia
in ultima analisi in una fal&cazione del pensiero degli autori
che verranno citati. I1 lettore interessato pu comunque far
riferimento alla bibliografia in appendice.
Dal punto di vista dell'operazionismo, i rapporti di questa
scuola dipensiero con il behaviorismo possono apparire im-
mebiatamente chiari. Se infatti per i teorici operazionalisti i
concetti non corrispon&xbo ad altro che alie operazioni attm-
verso cui vengono effettuate determinate misurazioni, evi-
dente che per lo psicologo comportamentista la definizione,
ad"esempio, dell'apprendimento in termini di frequenza di
det&&inate risposte in corrispondenza di certe contingenze
ambientali risponde perfettamente ai criteri operazionalisti.
In altri termini, lo psicologo comportamentista ha a disposi-
zione delle precise operazioni di misura attraverso le quali
pu definire e la situazione ambientale e le risposte del sog-
getto; i concetti psicologici non sono altro che l'operazione
attraverso cui queste due classi di operazioni di misurazione
sono poste in corrispondenza.
Risulta quindi evidente, da questo tipo di impostazione,
che le variabili intervenienti non sono altro che dei costrutti
ipotetici che trovano una legittimazione solo quando le cor-
relazioni tra variabili ambientali e variabili comportamentali
non riescono a fornire un risultato univoco che possa essere
interpretato senza ambiguit facendo ricorso unicamente a
tali due classi di eventi osservati. Accade infatti a volte che
tale univocit non possa realizzarsi (o anzi, ci accade molto
piu spesso di quanto i comportamentisti non ritengano desi-
derabile). La variabile intemeniente allora qualcosa che si
pu ipotizzare per risolvere l'ambiguit.
Ci rendiamo conto di quanto ci che abbiamo appena
detto possa risultare oscuro al lettore, ma pensiamo che un
esempio possa aiutare a chiarire meglio questo modo di con-
cepire le cose. Pensiamo, ad esempio, al concetto di forza
dell'abitudine, o habit ~trenght (,H,), una tipica variabile in-
terveniente introdotta negli anni '30 da Clark Hull. Con tale
espressione si intende malto banalmente il fatto che le rispo-
ste si associano agli eventi di stimolazione &n differente
forza, e che tale forza dipende da un certo numero di varia-
bili, tra le quali hanno particolare rilevanza lo stato pulsionale
dell'organismo che apprende le risposte (ad esempio, quanto
affamato, se la ricompensa costituita da cibo), il numero
La psiroologia rognitivista 191
di ripetizioni del compito, etc.. Se il concetto di ,H, non fosse
stato introdotto, nessun comportamentista avrebbe potuto
spiegare in semplici termini di correlazione stimolo-risposta
la diversa rispondenza dell'apprendimento di un organismo al
.,,iare delle suddette condizioni.
Ma quanto realistica la ,H,? Da un certo punto di vista
lo in
tanto che lo stesso Hu11 E19431 ne parla
come di qualcosa di realmente esistente, ma celata all'in-
temo del sistemanervoso. Da un altro punto di vista non lo
affatto, pexch ae~suna.o$tazione in grado di definirne
realmente il conceuo; tutt'al piu, quindi, si pone come obiet-
tivo di un programma di ricerca, programma che dubbio
che sia tutt'ora di pertinenza della psicologia. Eppure si tratta
di un concetto chiave nel Gsoma di Hull, e pur non essendo
primitivo, &dubbiame>te. indispensabile perch l'in-
tero sistema teorico stia in piedi.
" Quanto abbiamo detto per la ,H, vale in generale per
tutte le variabili intervenienti, e per tutti i sistemi teorici ela-
borati nel corso del tempo dai-diversi autori comportamenti-
*. Vale, e ci par t i dar wnt e interessante, anche per i
concetti sviluppati da E.C. Tolman, il piii cognitivista dei
comportamentisti. Cosi ad esempio Tolman l'autore che
sviluppa concetti a prima vista tipicamente mentalistici: clas-
sico da questo punto di vista il concetto di mappa cogni-
tiva, sorta di rappresentazione mentale che l'organismo si
costruisce dell'ambiente che lo circonda. Ma proprio Tolman
(19511 forse il comportamentista piu accurato nel definire
in termini esclusivamente operazionali i suoi concetti. Se
quindi egli-dichiara in linea di principio che la psicologia ha
come oggetto capacit ed eventi mentali*, di fatto ogni con-
cetto mentalistico viene da Tolman risolto in un sistema di
~~rrel azi oni tra eventi di stimolazione e risposte dell'organi-
Tolman giunger sino ad ammettere l'uso dell'introspe-
ma, si badi, tale metodo non pu essere utilizzato per
i contenuti mentali, ma solo per quelle ricerche (per
secondo Tolman, rarissime e di scarso rilievo) in-cui
pu. essere interessante determinare se il soggetto io grado
di riferire su quelli che ritiene siano i suoi contenuti mentali
-
. , questi ultimi, come tali, sono invece esclusi dalIa possibi-
laa di indagine, non essendo possibile definirli operazional-
mente; per dirla con le parole di Tolman, l'introspezione po-
La psicologia cognitivista 193
tr essere usata solo in un tipo di ricerca in cui si indaga
innanzitutto su qualsiasi variabile interveniente soggiacente
alla capacit o all'incapacit di "parlare su ci".
F Non deve quindi sorprendere se il cognitivismo di
Tolman ben lontano dal soddisfare i nuovi cognitivisti. La
critica fondamentale che essi rivolgono a Tolman, quindi,
quella di aver lasciato nel limbo delle variabili intervenienti i
suoi concetti mentalistici, e di non essere quindi riuscito a
i
gettare l'indispensabile ponte tra struttura mentale ed azione
[cfr. Miller, Galanter e Pribrarn 1960).
Analoghe considerazioni possono essere svolte per quello
che l'altro filone epistemologico a cui si sono particolar-
mente rivolti i comportamentisti, e cio l'empirismo logico,
particolarmente in riferimento alle tesi di R. Carnap [cfr.
Romano 1972; Luccio 19781. In questo caso, l'interesse ri-
volto alla scienza considerata come linguaggio, e ai rapporti
che intercorrono tra linguaggio teorico e linguaggio osserva-
tivo; e alla possibilit di definire, attraverso una serie di tra-
sformazioni sugli enunciati relativi alle osservazioni empiri-
che (i cosiddetti protocolli), gli enunciati teorici. La com-
plessit dell'argomento ci impedisce di andare oltre a dei ra-
pidissimi accenni. Ci limiteremo quindi a rilevare come, a una
prima fase (detta versione ristretta dellYempirismo) in cui si
riteneva possibile dare di ogni concetto teorico una defini-
zione contestuale o esplicita in termini di osservabili, dovette
seguire una seconda f q e (la prima liberalizzazione dell'em-
pirismo kfr. Carnap 1936; 19381) che rese necessaria l'in-
troduzione di altri procedimenti definitori (ad esempio, per
riduzione) per i termini disposizionali, quelli cio che desi-
gnano caratteristiche degli eventi fisici osservabili solo in de-
terminate circostanze, e per i termini quantitativi.
Nella sua versione ristretta, l'empirismo si mostrava parti-
colarmente adatto come'supporto epistemologico di un com-
portamentismo radicale alla Watson. Ma il neo-comporta-
mentismo di uno Hull o di un Tolrnan richiedevano ovvia-
mente la versione liberalizzata. Si pensi solo a concetti riferi-
bili in stati pulsionali, cosi importanti nella teoria dell'ap-
prendimento, come quelli di fame o di paura; evidente
che essi non possono essere definiti altro che per riduzione
alle condizioni in cui si manifestano.
Negli anni '50, per, anche la prima liberalizzazione
dell'empirism~ mostra le sue angustie; in particolare, emerge
in tutta che non possibile sperare di definire tutti i
termini teorici in funzione di osservabili, ma che esistono dei
termini primitivi nel sistema teorico che vanno introdotti in-
dipendentemente dall'osservazione. Si ha cosi la cosiddetta
liberalizzazione dell'empirismo [cfr. Carnap 1956;
Hempel 19523.
E in questo m-omepto di crisi che emerge il cognitivismo.
fi im*ortant& sottolineare che le incongruenze che avevan
reio impraticabile il comportamentismo radicale, avevano
potuto esser? superate dal neocomportamentismo (il com-
pOrtamentismo logico*, secondo una famosa definizione di
Hempel), con l'avvertenza di introdurre i concetti mentali-
stici come variabili intervenienti, e definendoli per riduzione
come termini disposizionali. Nel momento in cui si dimostra
che alcuni termini mentalistici vanno viceversa introdotti
come primitivi, al di l di qualsiasi possibilit anche teorica di
una loro definizione in termini di osservabili, lo stesso edi-
ficio del comportamentismo che inizia a scricchiolare, e il ri-
gorismo epistemologico dei comportamentisti si trova svuo-
tato di contenuto.
P~ssiamo riferirci a un solo esempio, messo in luce da
Romano 119721, a questo proposito. Si pensi a una situazione
del tipo figura-sfondo, di estrema frequenza in campo psico-
logico (il discorso pu valere, infatti, in molte altre circo-
stanze, ad esempio nell'attenzione selettiva). In una situa-
zione di questo genere, a determinate condizioni di stimola-
zione ambientale, alcune parti del campo acquistano valore
diverso da quello delle altre parti; e questa situazione re-
versibile, secondo le intenzioni del soggetto, che di volta in
volta pu stab/lire quali parti del campo considerare figura, e
quali sfondo. E quindi evidente che la significanza di co~cet t i
come quello di figura sfondo non data n da predicati im-
mediatamente osservativi, n dalla possibilit di operare una
riduzione a predicati osservativi; ci che infatti conta l'ope-
"ione che svolge il soggetto, che determina modi del tutto
diversi con cui interpreta i dati ambientali
Ora, si badi bene, sarebbe del tutto falso ritenere che i
,
cognitivisti abbiano potuto introdurre dei termini mentalistici
In base a una critica epistemologica dei presupposti del com-
portamentismo. Se si vuole, anzi, salvo rare eccezioni, i co-
194 Storia dell psicologia
gnitivisti hanno sempre dimostrato una certa noia e un so-
stanziale disinteresse per le basi epistemologiche della psico-
logia. Anche in questo atteggiamento si pu scorgere un
certo rifiuto per decenni di analisi epistemologiche serrate,
che avevano contraddistinto il comportamentismo, e di cui i
cognitivisti vedevano soprattutto la sterilit e l'angustia di
prospettive.
Si pu invece dire che il mentalismo dei cognitivisti
trova la sua forza proprio nella crisi epistemologica che attra-
ve_rsa il comportamentismo, che non piu in grado di opporsi
e di bollare come ascientifico tutto ci che non diretta-
mente osservabile. E nel contempo, molti comportamentisti,
delusi da tale crisi, passano rapidamente da un estremo all'al-
tro, diventando molto pi6 liberali sul piano del rigore epi-
stemologico, e accettando pragmaticamente i nuovi spunti e
suggerimenti che i concetti mentalistici offrono alla ricerca.
Un'altra caratteristica, poi, del cognitivismo, facilitava
l'affermarsi di queste con~gzioni. Alludiamo al ricorso, spesso
es-asperato, ai modelli, con il cantemporaneo rifiuto delle
grandlteorizzazioni, incapaci, a detta dei cognitivisti, di
rendere giustizia alla complessit del comportimento. In
altri termini, l'interesse dei cognitivisti sempre stato rivolto
piu all'individuazione di modelli, anche limitatissimi, che fos-
sero per in grado di spiegare perfettamente un singolo com-
portamento in ogni minimo dettaglio; e non all'enunciazione
di -
-_C_
incipi generali, informatori del comportamento
globale di ogni individuo, come poteva essere stato il caso del
comportamentismo, come della psicologia della Gestdt,
come dello strutturalismo.
Torneremo nel prossimo paragrafo sulla modellistica CO-
gnitivista; ci che qui ci preme sottolineare che per il co-
gnitivista il modello una rappresentazione semplificata della
realt, che non stituire una riproduzione fedele
di ci che vi p sistema nervoso dell'individ~o;
ma invece concepito come assolutamente realistico per ci
che riguarda le ftlnzioni svolte dalla mente. In altri termini, se
in un modello riferito a un certo comportamento percettivo
viene inserito un elemento destinato a memorizzare Per
tempi molto brevi le ihformazioni in arrivo prima del loro
riconoscimento, l'autore del modello non pretende con ci di
affermare che vi sia un organo, o una parte del cervello de-
La psicologia cognitivista 195
a tale fumipne; piu semplicemente, che tale funzione t
logicamente necessaria, quale che sia la parte del sistema ner-
voso~ che la svolge; e la necessit logica di tale funzione ne
costituisce il criterio di esistenza.
11 mentalism~ dei cognitivisti ha quindi delle caratteristi-
che molto peculiari, che lo portano a distinguersi nettamente
dal mentalismo metafisico contro cui era soprattutto indiriz-
i;lata la polemica dei comportamentis~i. Si osservi inoltre che i
modelli che i'cognitivisti costruiscono sono tipicamente deri-
vati dai modelli cibernetici, in termini di flusso di informa-
=ioni che vengono elaborate a vari stadi nel corso del loro
d' interno dell'organismo. Ci consente l'utilizzo di
un altro criterio da parte dello psicologo cognitivista, e cio la
simurazion6- mediante calcolatore elettronico (il che, nella
maggior parte dei casi, rimane per solo a livello di progetto).
yrrremmo infine sottolineare un'altra caratteristica
dell'uso dei modelli, mess recentemente in evidenza da
Longo 119761. Lo psicologo si trova nella maggior parte dei
casi di fronte ad eventi non univocamente definiti, dai con-
torni ambigui e sfumati. L'uso dei modelli consente di supe-
rare le ambiguit, perch nella rappresentazione ridotta e
semplificata della realt che il modello costituisce, ogni ele-
mento definito con precisione. E evidente che tutto ci si
paga, ad esempio in generalizzabilit dei risultati che si otten-
gono. E altrettanto evidente che il cognitivismo, che pure era
nato criticando il comportamentismo per la sua incapacit di
spiegare il comportamento dell'uomo al di fuori dell'am-
biente asettico del laboratorio, ha finito per allontanarsi an-
cOra di piu dalla vita reale, spezzettandosi nella costruzione di
modelli sempre piu ridotti e sempre piu sofisticati, ma sem-
pre piu lontani da ci che l'uomo e .fa nel suo agire quoti-
diano. Per fortuna, come meglio vedremo nell'ultimo para-
gofo, di questo stato di cose gli stessi cognitivisti, o almeno i
tra di loro, hanno preso consapevolena, e in
questi ultimi anni stiamo assistendo a un cambiamento di
abbastanza drastico del cognitivismo.
Lo sviluppo storico del cognitivismo
Abbiamo sinora cercato di fornire un abbozzo dei pre-
196 Storia della psicologia
La psicobgia cognitivista 197
supposti del cognitivismo, e soprattutto abbiamo cercato di
individuare in quale clima culturale questo movimento sia
nato, e in che senso possa essere considerato una diretta filia-
zione del comportamentismo e soprattutto per, nel con-
tempo, una radicale rottura epistemologica rispetto a questo.
Ci rendiamo perfettamente conto del fatto che in queste pa-
gine abbiamo dovuto parlare piu del comportamentismo che
del cognitivismo, e che i tratti di questo movimento sono
emersi soprattutto per differenza. Ma questa una costante,
ogni volta che si tenta di parlare del cognitivismo risulta sem-
pre molto piu agevole dire cosa non piuttosto che cosa .
In questo paragrafo tenteremo invece di delineare quelle
che sono state storicamente le tappe piu significative per
l'affermazione del movimento. Ancora una' volta avremo di
fronte a noi un compito non facile. I1 cognitivismo, l'abbiamo
detto, non una scuola, non vi mai stato un manifesto
cognitivista (se non si vuol considerare tale Cognitive Psycho-
logy di Neisser, uscito per quando il movimento si era gi
affermato da almeno un decennio). Molti libri o articoli usciti
negli anni '50 e '60 si sono rivelati solo a posteriori tappe
fondamentali nello sviluppo del movimento, ed dubbio che
vi fosse sempre consapevolezza da parte dei diversi autori che
hanno costruito il cognitivismo del reale senso di quanto an-
davano facendo o scrivendo.
Mancando una data ufficiale di inizio, probabilmente la
storia del cognitivismo pu essere fatta iniziare agli anni della
seconda guerra mondiale, quando un giovanissimo psicologo
di Carnbridge, K.J.W. Craick, inizi delle ricerche sul com-
portamento di tracking, che lo portarono per la prima volta a
concepire l'uomo come servo-meccanismo. In cosa consiste il
tracking? In pratica si tratta di un compito in cui vi un ber-
saglio mobile che si sposta su uno schermo, e al soggetto
viene chiesto di tenere allineato un segnale con il bersaglio-
Nel caso pi6 semplice, il bersadio costituito da una pista
che scorre, con una serie di curve, rettilinei, etc., e il segnale
da una penna scrivente, la cui posizione pu essere modificata
utilizzando due manopole.
L'osservazione fondamentale di Craick consistette nel fatto
che il soggetto umano non appare in grado rli opcrarc P~u, ' ~'
una correzione ogni .5 sec. Craick ne dedusse allora che
all'interno dell'organismo doveva esistere un meccanismo de-
cisore che doveva impiegare almeno mezzo secondo per ela-
borare le informazioni in arrivo, e .che non er'in grado di
elaborare un nuovo lotto di informazioni sintantoch non
erano state elaborate tutte le precedenti. Si affermava quindi
pe; la prima volta che 4 l'uomo poteva essere concepito
come un elaboratore di informazioni, un servomeccanismo di
tipo ,-ibernetico (si osservi che la cibernetica stava nascendo
proprio in quegli anni, ma dall'altra parte dell'oceano); ii)
puomo aveva un tipo di funzionamento discreto; iii) il mec-
canismo deciSore era unico, e non potevano essere eseguite
cose alla volta. InoltreCraick riscopriva l'enorme impor-
tanza del tempo impiegato a compiere le azioni, come indi-
catore dei processi mentali sottostanti alle azioni stesse. Si
osservi (vedi il capitolo sulle Origini della psicologia in questo
volume, pp. 57-60) che tale uulizzo del tempo, propugnato
dall'olandese Donders,' aveva avuto un'enorme importanza al
nascere della psicologia scientifica: ed -era stato ampiamente
utilizzato d a mn d t nel suo laboratorio di Lipsia, ma era poi
caduto neI170blio con il decadere dell~strutturalismo. Craick Io
riporter in auge, e il cognitivismo se - ne riapproprier (come si
riapproprier delI'introspezione, metodo anch'esso caduto
nell'oblio con lo strutturalismo), facendongil principale stru-
L-
. ..
mento di indagine.
Tali conclusioni di Craick. (che mor nel '45 a soli 29 anni)
vennero confermate, con compiti del tutto diversi, da altri
ricercatori, soprattutto A.T. Welford, anch'egli di Carnbridge.
Questa citt inglese avr un'importanza fondamentale per la
nascita del cognitivismo. Di Cambridge furono infatti, oltre a
Welford e Craick, anche Mackworth, che inizi le ricerche
sulla vigilanza, o attenzione protratta; Broadbent, che apri il
dell'attenzione selettiva, argomento questo che aveva
avuto un'enorme rilievo fino agli anni della prima guerra
mondiale. ma che era poi caduto rapidamente nell'oblio;
Rabbitt, il piu acuto studioso, forse, dei tempi di reazione; e
tanti altri che sarebbe qui lungo elencare. Particolare rilievo
aveva inoltre a Cambridge, piu che l'universit, l'Unit di
Applicata del Medica1 Rerearch Council. a cui ap-
parteneva~raick, e che fu diretta da Mackworth, da Broadbent;
e
da Baddcle~, forse il piJ importante studioso della
memoria a breve termine. Ci significativo in quanto la
p r e o c c u ~ ~ o n e di questi psicologi inglesi non era quella di
198 Storia della psicoiogia
condurre studi asettici di laboratorio, ma studi applicati (sep-
pure ad altissimo livello di sofisticazione, e con l'impiego
delle migliori attrezzature sperimentali disponibili) sul CQP-
portamento dell'uomo nelle piii diverse condizioni'di vi;a,
realmente per riscontrabili nell'ambiente. Di qui, quindi,
l'interesse per temi come il tracking,' abilit presente e indi-
spensabile in tutta una serie di compiti quotidiani, primo tra
5
tutti la guida; l'interesse per la vigilanza, abilit che viene
esplicata in molteplici circostanze lavorative: si pensi, ad
esempio, al lavoro di un quadrista, che deve prestare atten-
zione alla posizione di un ago su un quadrante, segnalando
quando questo si sposta per segnalare un cambio critico di
stato dell'apparecchiatura sotto controllo; e gli esempi po-
trebbero seguitare a lungo.
Alla convinzione che l'uomo fosse in grado di eseguire un
unico compito per ogni atto di decisione, si aggiunse nel
1956 la dimostrazione, fornita da G.A: Miller, uno psicolin-i
guista americano sino a pochi anni addietro rigorosamente
comportamentista, che vi era un altro limite molto severo al
funzionamento dei processi cognitivi dell'uomo, limite costi-
tuito dalla quantit di informazioni che si possono elaborare
alla volta. In un famoso articolo, in cui venivano passati in
rassegna numerosi studi su abilit anche abbastanza differenti
le une dalle altre, Miller fissava tale limite in 7 pezzi
(chunks) di informazione alla volta, piii o . meno due, a se-:
conda del compito eseguito. Ci valeva infatti per la memoria'
a breve termine come per i giudizi assoluti come per la quan-
tit di apprensione (quanti elementi possono essere colti in
una volta con un singolo atto percettivo), e cosi via. Pezzi,
intendiamoci, non singoli elementi; ad esempio, quasi 10
stesso voler memorizzare lettere isolate o sillabe (almeno
entro certi limiti). I1 problema che poneva quindi Miller era
quello delle strategie necessarie per poter introdurre, nel si-
stema di elaborazione delle informazioni, pezzi sempre P ~ G
grandi e ricchi di informazione, in modo da poter superare i
limiti di elaborazione del sistema.
Abbiamo accennato alla memoria a breve termine. Fu
questo, accanto alla vigilanza, ai tempi di reazione, all'atten-
zione selettiva, un altro dei temi principe di ricerca della ~ s i -
cologia cognitivista; altro tema ben studiato (forse per meno
dell'attenzione) agIi inizi della psicologia scientifica, e poi di-
La psiro[ogia cognitivista 199
menticato fino agli anni '50. Fu nel 1956 un altro inglese
B,.own, a trarlo dall'oblio. Va1 qui la pena di osservare che la
memoria era stato un tema pdncipe di studio. del comporta-
mentismo, per gli stretti legami che questo tema presentava
quello dell'apprendimento. Secondo i comportamentisti
ie questa tesi seguiteranno a sostenerla, anche contro ogni
evidenza sperimentale, sino ad epoche recentissime) non
avrebbe avuto alcun senso distinguere tra diversi tipi di me-
moria a seconda dei tempi di memorizzazione; il processo di
ritenzione avrebbe dovuto essere unico, sia che ci si riferisse
a immagazzinamenti della durata di secondi, sia che si par-
lasse di anni.
Di fatto, dopo gli studi pionieristici di Brown, dovevano
rapidamentememergere delle differenze fondamentali tra me-
moria a lungo e a breve termine (o meglio, tra memoria se-
&ndaria e primaria; quest'ultima terminologia si riferisce ai
processi implicati, mentre la prima piu relativa ai paradigrni
sperimentali [cfr. Norman 1968)). Solo per fare un esempio,
si pot dimostrare che se la memoria secondaria suscettibile
ai processi di interferenza sul piano semantico (e cio, si pos-
sono avere ad esempio interferenze relativamente al signifi-
cato dei vocaboli appartenenti a una lista da memorizzare),
per ci che riguarda la memoria a breve termine non si rile-
vano interferenze di questo tipo, mentre se ne riscontrano di
tipo fonologico, che sono invece assenti quando si memorizzi
a lungo termine.
Uno dei piu interessanti risultati relativi alla memorizza-
ion ne, in funzione del tempo di immagazzinamento, doveva
per emergere da una ricerca C$ Sperling del 1960. Questi,
infatti7 pot rilevare con una tecnica particolarmente inge-
gnosa che a-anco della memoria primaria e di quella secon-
daria era dimostrabile l'esistenza di una memoria a tempi di
im!?agmzinamento molto piti brevi (entro i 500 msec, se-
condo Sperling; probabilmente, Zome dimostrano ricerche
piu recenti, entro i 100 msec), e con modalit di funziona-
mento affatto diverse, e comunque precedenti al riconosci-
mento degli stimoli memorizzati.
Piu volte abbiamo accennato all'importanza che hanno
come la cibernetica o la teoria dell'informa-
'lone sul cognitivismo. L'opera che raccolse maggiormente
stimoli fu il piii volte citato Planr and tbe Strurture of
200 Storia dolia psicologia
La psi robgi a cognitivista 201
Behavior, nato a Stanford nel 1960 dalla collaborazione (rela-
tivamente) occasionale di uno psicolinguista, G.A. Miller,
uno psicologo matematico, E. Galanter, e un neuropsicologo,
K. Pribram. In quest'opera gli autori tentarono di dare alla
psicologia un'unit di analisi che potesse sostituire il riflesso,
unit privilegiata dal comportanientismo. Essi ritennero di
poter individuare tale unit nel piano di coniportamento, la
cosidetta unit TOTE (dalle iniziali di test-operate-test-
exit). In altri termini, ogni volta che un individuo deve
compiere un'azione, in primo luogo verifica nell'ambiente se
la situazione congruente con gli obiettivi dell'azione che
deve svolgere. Supponiamo che la persona debba appendere
"un quadro al muro: per prima cosa (Test) verificher se il
chiodo gi presente nella posizione voluta. Se la risposta
affermativa, passer all'azione seguente (appendere il quadro
al chiodo), altrimenti dovr operare (Operate!) per piantare il
chiodo nella posizione voluta. Una volta operato, verificher
un'altra volta se il chiodo che ha piantato risponde ai requisiti
che si era posto. In caso affermativo, si avr l'uscita (Exit)
dall'unit TOTE per passare all'unit successiva (quella,
nell'esempio dato, in cui il quadro viene appeso al chiodo).
Ma se la verifica insoddisfacente (ad esempio, il chiodo
storto) si dovr operare di nuovo per correggere la situa-
zione, finch il test non accerter la congruenza tra obiettivi e
stato dei fatti. Si tratta comunque di strutture gerarchiche, e
ogni unit TOTE pu essere suddivisa in un numero indefi-
nito di sottounit (ad esempio, cercare il chiodo; o alzare il
martello; o riabbassarlo; e cosi via, in partizioni dell'azione
fini quanto si vuole).
I1 libro di Miller, Galanter e Pribram ebbe un'enorme ri-
sonanza ed tutt'ora considerato una pietra miliare nel
campo della psicologia cognitiva (anche se forse, sul piano
pratico, non ebbe poi quel seguito teorico e sperimentale che
ci si sarebbe potuti attendere, se non forse per quel che ri-
guarda il campo delle abilit motorie [cfr. Annett 1971). In
quest'opera l'analogia fra uomo e calcolatore elettronico era
spinta all'estremo, anche con qualche ingenuit, come notava
Grasselli [l9731 nella prefazione all'edizione italiana. Interes-
sante era inoltre il fatto che vi fosse una larga parte dedicata
ai piani per parlare, con un riferimento esplicito alla psico-
linguistica generativo-trasformazionale di Noam Chonsky
(con cui Miller era in rapporti di stretta collaborazione).
Non ovviamente il caso di entrare qui nei dettagli della
teoria di chomsky. Ci limiteremo quindi a ricordare come la
considerazione del linguaggio fosse fino agli anni '50 salda-
mente in mano agli strutturalisti (da non confondere, comun-
,,que, gli stmtturalisti in linguistica, scuola originata da Ferdi-
' nand de Saussure, con lo strutturalismo in psicologia!). Lo
st,uttutalismo aveva relativamente trascurato l'utente lin-
guistico, e si era concentrato soprattutto sul problema
dellPanalisi del messaggio. Ricordiamo inoltre che lo struttu-
ralismo, tramite particolarmente Bloomfield (1 93 3), era di-
venuto la dottrina linguistica pi consona al comportamenti-
, smo, quando questo voleva occuparsi di linguaggio.
Chomsky signific una radicale rottura e nei confronti del
1 comportamentismo e nei confronti dello strutturalismo, con due
opere, in particolare Syntactic Strtlctures, del 1957, e la recen-
sione di Verbal Behavior di Skinner (il piu accreditato portavoce
del neo-comportamentismo) del 1959. Secondo Chomsky, in-
nanzitutto era indispensabile ammettere che nell'uomo il lin-
guaggio aveva una base innata. Scriver infatti che l'uomo ap-
/prende a parlare come l'uccello a cantare e nidificare. Egli
>distingueva inoltre accuratamente tra *competenza>>, e cio
(conoscenza (nel senso del saper come*) della lingua da parte
del parlante, ed esecuzione, la produzione reale, largamente
Q determinata oltre che dalla competenza, da altri processi psi-
.cologici (percezione, attenzione, etc.).
All'inizio Chomsky fiss la sua attenzione soprattutto su-
gli aspetti sintattici. La sua linguistica detta generativo-tra-
sformazionale, perch mirante a individuare le regole attra-
verso cui le frasi vengono generate, e attraverso cui sullo
Stesso nucleo di significato vengono operate delle trasforma-
zioni (da attive a passive, interrogative, negative). Ben presto
lo stesso Chomsky dovette rendersi conto della neceyit di
attribuire maggiore importanza ai problemi semantici, di si-
gnificato. In senso semanticista si sono poi infatti prevalen-
temente mosse le teorie linguistiche sviluppate piu recente-
mente in ambito cognitivista, dalla grammatica dei casi di
F1llmore, a quella sviluppata da Parisi e Antinucci [1973).
. anni '50 furono comunque in tutti questi settori, dal
ll?guaggio all'attenzione, dalle abilit motorie alle memorie a
breve e brevissimo termine, gli anni di rottura tra cognitivi-
202 Storia della psicotogia
La psicologia cognitivista 203
smo e-aunportamentismo. Furono aperte nuove strade per la
ricerca, furono approntate nuove metodologie (o riscoperte
metodologie ormai desuete, dall'introspezione ai tempi di
reazione). Si trattava per ancora di contributi sparsi, e gli
autori che si ponevano in queste posizioni non si riconosce-
vano in un movimento unitario.
Gli anni '60 e la prima met dei '70 non portarono a ri-
sultati sostanzialmente nuovi. Furono per gli anni del rico-
noscersi (notevole rilievo ebbero da questo punto di vista -
alcuni congressi, e in particolare quelli su attenzione e per-
formance cominciatisi a tenere in Olanda a partire dal
1967), Q della sistematizzazione delle nuove concezioni; de-
terminante da questo punto di vista il gi piu volte citato li-
.
bro di Neisser, del 1967, che, ripetiamo, diede anche il nome
al movimento.
Furono per anche questi gli anni della frantumazione
della-teofia, del rifugiarsi da parte degli psicologi cognitivisti
in modelli sempre piu astratti e lontani dalla realt. Furono
anche gli anni della caduta di molte illusioni, prima di tutte
quella della possibilit di ottenere dalla scienza dei calcolatori
ben piu di quello che tale scienza poteva dare.
Anche in Italia, a partire dalla fine degli anni '60, sempre
piu numerosi sono stati i ricercatori che si sono riconosciuti
nel cognitivismo. Si assistito anche a clamorose conversioni,
come quella del gi gestaltista Vicario, che si scoperto co-
gnitivista dopo aver tradotto in italiano il volume di Neisser.
Occorre peraltro notaxe che in Italia non vi mai stata una
tradizione comportamentista (semmai gestaltista), e che l'ap-
proccio da parte dei giovani ricercatori alle tesi cognitiviste
stato quindi meno traumatico forse che in altri paesi.
In questi ultimianni per, la situazione sta probabilmente
ancora mutando, in modo difficilmente individuabile. Le linee
di tendenza di questo nuovo mutamento sono per forse in
direzione di un ritorno a sistemi teorici piu generali, e verso
un nuovo interesse per i problemi della vita quotidiana.
Ultimi sviluppi del cognitivismo
Se quello che abbiamo sin qui delineato il quadro gene-
rale del cognitivismo, come si venuto delineando nel corso
dei suoi cinque lustri di vita, per importante tentare di
una serie di indizi molto recenti che portano a rite-
nere che si sia prossimi a una svolta radicale nell'ambito di
questo cosi composito, svolta di cui non al
momento cogliere a pieno il significato - se non
altro perch il solo fatto di viverla toglie allo storico la possi-
bilit di esaminarla con il dovuto distacco. Penso di non sba-
gliare, per, se ritengo piu che probabile che il cognitivismo,
come stato da noi conosciuto, ha probabilmente esau-
rito, o prossimo ad esaurire, la sua funzione. Si avverte
sempre piii-i'esigenza, da parte di molti ricercatori, di un ri-
torno alle grandi teorie*, che il cognitivismo sembrava aver
per serripre; se non altro, per quel tanto di rassicu-
razione che le grandi teorie forniscono. Solo per dare un
esempio, assistiamo a un impetuoso ritorno della teoria della
Gestalt, con la fondazione di una societ scientifica interna-
zionale, la Gestalt Theoty Association, e la pubblicazione di
una rivista Gestalt Theory, avvenute nel 1978, una cosa, que-
sta, impensabile solo fino a pochissimi anni fa. Ma all'interno
stesso del cognitivismo si aperta una riflessione critica (e
autocritica) molto profonda, iniziata con la pubblicazione, nel
1976, di un discusso libro di Neisser, Cognition and Reality,
che ha gi suscitato numerose polemiche. Va comunque an-
che ricordato che si tratta appunto di quel Neisser che, con il
suo Cognitive Psychology del 1967 aveva praticamente segnato
l'inizio ufficiale del cognitivismo, fornendo anche un nome
al movimento.
Neisser muove ora tre fondamentali critiche alla psicolo-
gia cognitivista, per come si andata configurando nei dieci
anni circa successivi all'uscita del suo primo libro. Innanzi-
tutto egli ritiene che vi sia stato un progressivo restringi-
i
mento di campo, con un'attenzione focalizzata sempre di piu
i ~ull'esperimento di laboratorio, e sempre di meno rivolta al
mondo esterno, quello della vita quotidiana.
In secondo luogo, secondo Neisser, se le ricerche attuali
Sono sempre piu sofisticate e ingegnose, allo stesso tempo
fatto di domandarsi quanto siano genuinamente pro-
duttive. Si assiste, in altri termini, a un progressivo ripiegarsi
della ricerca su se stessa, e gli esperimenti che vengono ef-
fettuati sembrano sempre piu rivolti alla situazione speri-
-
- - - -
204 Storia deila psicologia
mentale stessa, e sempre meno volti a comprendere il fun-
zionamento dell'uomo.
Ma l'aspetto piu interessante delle osservazioni di Neisser
rivolto alla critica che egli oggi muove al concetto di ela-
borazione delle informazioni, centrale, come abbiamo visto,
per tutta la psicologia cognitivista. Questo concetto, appa-
rentemente cosi chiaro, soffre invece di un'ambiguit di
fondo; di fatto, esso muta del tutto significato nel momento
in cui le informazioni vengono definite in modo diverso
dai differenti autori.
Secondo Neisser (influenzato da Gibson, da cui conserva
comunque delle chiare differenze) le informazion'i che l'in-
dividuo elabora vanno viste neii'ambiente, perch li che
sono, ed l'ambiente che le offre. Nella sua nuova conce-
zione, l'individuo possiede nella sua struttura cognitiva degli
scherni che gli consentono di coglierle, e che costituiscono il
fondamentale legame tra percezione e pensiero.
Molti sono gli spunti che quest'ultima opera di Neisser
offre, ma non vi qui lo spazio per svilupparli. Certo che la
problematica che Neisser solleva pu apparire abbastanza
filosofica, e inusuale per chi avesse seguito sino dal suo
sorgere la letteratura cognitivista. I1 fatto che si awerta la
necessit di allargare nuovamente gli orizzonti, e di uscire
dalle angustie di limitatissimi modelli per teorizzare su pro-
blematiche di piu ampio respiro, pu essere considerato po-
sitivamente o negativamente. Certo si che questo il chiaro
indice del fatto che si chiusa oggi un'era, e se ne sta
aprendo una nuova.
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