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RIASSUNTI STS (GLI STUDI SOCIALI

SULLA ASCIENZA E LA TECNOLOGIA)


CAPITOLO 1

Gli STS sono un ambito di ricerca di matrice interdisciplinare (pertanto abbracciano competenze di più
settori scientifici) e si occupano delle implicazioni sociali, politiche e culturali della scienza e della
tecnologia.

 Negli anni Settanta del Novecento, la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica erano
considerate da diverse prospettive teoriche e da un punto di vista tradizionale, come il frutto di un
metodo d’indagine specifico (metodo scientifico), ossia una procedura di studio dei fenomeni che,
tramite fasi ben definite, approda alla scoperta di aspetti della realtà che esistono a prescindere
dalle attività di ricerca e dai presupposti scientifici. Tale prospettiva teorica, basata sull’oggettività
della scienza, alludeva ad un’indipendenza dal contesto della sua attuazione pratica, pertanto il
lavoro nei laboratori di ricerca poteva essere compreso mediante la correttezza del metodo
scientifico; di riflesso, tale metodologia rendeva il lavoro scientifico un oggetto piuttosto scarso per
la sociologia, la quale poteva entrare in gioco solo per identificare le cause sociali degli errori
scientifici. I primi approcci appartenenti a tale impostazione teorica risalgono a Karl Popper e
Robert K. Merton.
Karl Popper fu uno dei più celebri filosofi della scienza e mirava alla descrizione di una visione
normativa della scienza al fine di comprendere in che modo la vera scienza avrebbe dovuto
funzionare, distinguendo la ‘’scienza corretta’’ da quella pseudoscientifica. A partire da tale
presupposto, teorizzò il ‘’principio di falsificazione’’, secondo il quale potevano essere definite
come vere conoscenze scientifiche quelle in grado di essere confutate mediante esperimenti o
osservazioni.
In secondo luogo, Robert Merton, iniziatore della sociologia della scienza, si occupò di una vera e
propria struttura normativa della scienza, che comprendesse tutti i principi astratti che conducono i
comportamenti degli scienziati e le loro attività. I criteri in questione comprendono:
1. l’universalismo: la scienza deve essere guidata da principi universali e impersonali
2. il comunalismo: i risultati devono essere a vantaggio di tutti
3. il disinteresse: non deve approdare a vantaggi personali
4. il dubbio sistematico: le scoperte scientifiche devono essere messe alla prova dalla
comunità scientifica

A tal proposito, assunse un ruolo di fondamentale importanza il contributo di Thomas


Kuhn, filosofo e storico della scienza che illustrò, mediante uno studio in particolare (La
Struttura delle Rivoluzioni Scientifiche), come l’evoluzione delle conoscenze scientifiche sia
caratterizzata da continue trasformazioni dei paradigmi dominanti. Difatti, secondo Kuhn,
l’attività scientifica non corrisponde al tentativo di rispondere a domande identificate
liberamente dagli scienziati, né alla mera applicazione del metodo scientifico, bensì alla
ricerca della miglior soluzione agli interrogativi di un paradigma scientifico. Difatti lo
sviluppo nei campi della ricerca scientifica comprende l’alternarsi di fasi tranquille, che
corrispondono alla ‘’scienza normale’’ e di fasi più turbolente, che caratterizzano la scienza
rivoluzionaria in cui il paradigma di riferimento entra in crisi ed è sostituito da uno nuovo.
Tuttavia la prevalenza di un paradigma su un altro non deriva dalla sua capacità di imporsi
come più efficmace o oggettivo, ma da una serie di fattori profondamente sociali ed è in tal
senso che Kuhn sottolineò che i risultati scientifici fossero il prodotto di modelli culturali e
assetti sociali che caratterizzano le attività di ricerca a che, pertanto, al mutare della cultura
di una disciplina, mutano con essa anche le problematiche scientifiche e gli eventuali
risultati.

 Successivamente al contributo teorico di T. Kuhn, iniziò a farsi strada una nuova corrente di studi
scientifica di stampo sociologico e interdisciplinare che mise in discussione gli approcci dominanti.
Quest’ultima prese il nome di sociologia della conoscenza scientifica (SSK) e si focalizzò sugli aspetti
politici, sociali ed economici del lavoro scientifico. A tal riguardo, i contributi furono principalmente
due: il programma forte per lo studio della conoscenza scientifica (Scuola di Edimburgo) e il
programma empirico del relativismo (Università di Bath). Tali approcci costituiscono una
prospettiva più ampia, ossia il costruzionismo sociale, secondo cui i risultati della scienza derivano
da aspetti culturali e sociali. Il programma forte nasce come reazione ai precedenti approcci
sociologici (programma debole) che restrinsero il loro oggetto di studio alle teorie scientifiche false
o decadute (es. frenologia); secondo tali approcci il fallimento delle teorie in questione dipendeva
dai pregiudizi ed interessi economici dei ricercatori e la sociologia non era dunque applicabile. Il
programma forte è stato riassunto in quattro principi metodologici:
1. Casualità: esigenza di comprendere quali condizioni sociali, economiche e politiche che
producono determinate conoscenze scientifiche
2. Imparzialità: le ricerche ssk dovrebbero analizzare i casi, tralasciando la correttezza delle
conoscenze scientifiche prodotte
3. Simmetria: l’importanza di applicare gli stessi modelli interpretativi per spiegare sia le
conoscenze vere che quelle false
4. Riflessività: l’importanza di mettere in luce gli aspetti sociali anche per quanto riguarda la
stessa ssk

Parallelamente, Collins diede vita al programma empirico del relativismo, concentrandosi


sullo studio delle controversie scientifiche, ovvero sulle fasi della conoscenza scientifica in
cui prevale un disaccordo nella comunità, servendosi della sociologia qualitativa. Il modello
di analisi delle controversie racchiude tre fasi principali. In prima istanza, evidenzia la
cosiddetta flessibilità interpretativa dei risultati scientifici, ossia la possibilità di questi ultimi
di prestarsi a diverse interpretazioni; in secondo luogo, si analizzano i meccanismi di
chiusura, ossia i che modo la controversia trova soluzione e in conclusione, è necessario
collegare questi ultimi con un contesto sociale più ampio, al fine di dimostrare quanto i
fattori socioculturali influenzino le traiettorie scientifiche.

 La SSK aprì diverse strade di ricerca, tra cui quella degli studi di laboratorio, i quali posero
particolare attenzione al ruolo degli strumenti utilizzati nel lavoro di ricerca, nonché le modalità di
comunicazione dei risultati degli esperimenti. Tali studi contribuirono a far concepire il lavoro
scientifico non solo come il prodotto dell’attività cognitiva degli scienziati, ma anche come l’esito
dell’attività pratica, svolta quotidianamente in contesti specifici e da determinati gruppi di persone.
Uno dei più celebri studi di laboratorio fu quello di Bruno Latour e Steve Woolgar presso il Salk
Institute a San Diego, un importante centro di ricerca dedito allo studio dei meccanismi di
funzionamento e regolazione di alcuni processi ormonali del corpo umano. Gli autori hanno
sottolineato l’importanza dei cosiddetti dispositivi di iscrizione, strumenti finalizzati a trasformare
sostanze materiali in tabelle e diagrammi, a loro volta usati come rappresentazioni sotto forme di
dati.
 A metà degli anni Ottanta l’attenzione si spostò sui prodotti applicativi della scienza, ossia le
tecnologie, infrastrutture e altri tipi di oggetti materiali ai fini della commercializzazione dei risultati
scientifici. A tal proposito, l’inclusione della tecnologia nell’orizzonte della SSK condusse alla
riformulazione della denominazione del settore, che prese il nome di science and technology
studies. I principali contributi nel fornire nuovi strumenti teorici per lo studio sociale delle
tecnologie furono portati avanti da Donald Mackenzie e Judy Wacjman, che approdarono al
superamento del determinismo tecnologico, secondo il quale le tecnologie sono indipendenti dai
processi sociali e che raffigurino il ruolo di motore autonomo del cambiamento. Essi misero in
evidenza l’importanza di considerare le tecnologie e altri oggetti materiali come il risultato di un
vero e proprio modellamento sociale. Tuttavia la proposta più significativa ai fini degli studi sociali
della tecnologia coincide con i modello SCOT, proposto da Trevor Pinch e Wiebe Bijker; esso
consiste in un approccio costruttivista ed empirico che studia l’innovazione, la diffusione e la
trasformazione delle tecnologie nel loro contesto sociale. L’obiettivo del modello è comprendere la
tecnologia dall’interno, rifacendosi ai principi metodologici del programma empirico del relativismo
e proprio come quest’ultimo si articola in: flessibilità interpretativa dei dispositivi tecnologici,
dunque un artefatto può essere progettato con diverse formi e funzioni in relazione ai problemi che
mira a risolvere e dagli eventuali usi dei gruppi sociali pertinenti; in secondo luogo entra in gioco la
chiusura interpretativa, secondo cui l’artefatto assume una forma piuttosto stabile, per poi
relazionarlo ad un contesto sociale e politico ampio, ossia ad un quadro tecnologico, costituito da
idee, teorie, attività condivise da ciascun gruppo sociale coinvolto nello sviluppo di una tecnologia.
 Contemporaneamente al modello SCOT nacque un ulteriore approccio, identificato come
Actor Network Theory (ANT), proposta da Michel Callon, Bruno Latour e John Law. L’ANT
descrive l’evoluzione delle innovazioni nella società come una progressiva costruzione di
reti di relazioni, che connettono un insieme eterogeneo di attori umani e oggetti materiali,
rappresentazioni e idee, rifacendosi all’ingegneria dell’eterogeneo; la principale capacità
dell’approccio è quella di tenere conto dei molteplici fattori che partecipano alla creazione
di nuove conoscenze e artefatti tecnologici della società. Uno dei concetti preponderanti
dell’ANT è il principio di simmetria generalizzata, il quale afferma che nelle descrizioni dei
processi eterogenei di un’idea, conoscenza o tecnologia, gli esseri umani e gli attori non
umani devono essere considerati ugualmente capaci di avere conseguenze sugli esiti dei
processi considerati. Un esempio piuttosto celebre di simmetria generalizzata tra attori non
umani ed umani è lo studio condotto da Michel Callon sulla riduzione della presenza di
capesante nella baia di Saint-Brieuc (Francia) e sul tentativo di sviluppare una strategia per
la loro salvaguardia. L’obiettivo di Callon è descrivere la rete di relazioni formatosi attorno a
questa controversia ambientale, mediante un processo di traduzione, ossia la ridefinizione
dell’identità di attori umani, artefatti o animali mediante la loro trasformazione in altre
entità. Nel caso delle capesante francesi vi era una comunità scientifica che doveva
accogliere la loro idea, i pescatori di capesante che dovevano riconoscere nell’iniziativa la
possibilità di aumentare la loro attività di pesca e infine, le capesante stesse che dovevano
reagire positivamente al nuovo metodo di allevamento.
 Gli STS sono un ambito di ricerca di matrice interdisciplinare, ha dunque aperto nuovi canali
di interazione tra differenti ambiti disciplinari; tuttavia, sembra aver dato vita a pochissime
collaborazioni, quali antropologia, femminismo, design, diritto e sebbene la ricerca
scientifica abbia favorito il confluire di studiosi di diversi paesi, le differenze locali si
contraddistinguono. Difatti la diffusione di dipartimenti universitari dedicati agli STS è
ancora confinata a pochi paesi (USA, UK, Paesi Bassi) e seppure vi siano gruppi di ricerca e
corsi di studio, non sono ancora una disciplina pienamente riconosciuta.
CAPITOLO 2

 Una tra le intuizioni che soggiace all’opera di Latour è la distinzione tra scienza in azione e scienza
pronta per l’uso (riferimento a Giano Bifronte). Per gli sts la scienza in azione è decisamente più
interessante rispetto a quella pronta per l'uso, perché quest'ultima tende ad occultare il processo
mediante il quale è stata costruita. Un processo multiforme, fatto di situazioni particolari, di piccole
o grandi incomprensioni, di negoziazioni e conflitti, di incidenti di percorso. Adottando la
prospettiva della scienza in azione, infatti, diventa più facile sottrarci all' illusione ottica che spesso
ci inganna quando pensiamo alla conoscenza scientifica. Poiché la tecnoscienza è così
profondamente radicata nella quotidianità, il nostro interesse nei suoi confronti è infatti
eminentemente pratico. Per gli STS, invece, è di cruciale importanza cercare di problematizzare
anche ciò che nei laboratori viene dato per scontato, poiché sono interessati a capire attraverso
quale processo sia stato possibile arrivare ad una conoscenza accettata come scientifica, a partire
da una situazione in cui non era affatto chiaro quali caratteristiche la avrebbero poi resa tale.
L'interesse degli STS per i laboratori e finalizzato a mostrare come una serie di fattori di norma
ritenuti estranei alla scienza in realtà contribuiscano a dare forma al passaggio dalla scienza in
azione a quella pronta per l'uso, ovvero da una situazione in cui i fatti scientifici sono solo ipotizzati
e definiti in modo incerto, a una in cui sono invece stabilizzati al punto da poterli utilizzare in modo
a- problematico.
 Analizzando la scienza in azione nei laboratori sfumano le linee di demarcazione tra interno ed
esterno tra dati oggettivi e interpretazioni soggettive, tra fattori sociali e metodo scientifico, tra
logica dell’azione razionale e scelte dettate dalle emozioni, tra contesto della scoperta e contesto
della giustificazione. E’ infatti in questo modo che la scienza scientifica può rivelare il suo carattere
sociale. L' approccio alla vita e alla cultura del laboratorio viene discusso proprio utilizzando il
parallelismo con l'antropologia. Innanzitutto gli autori chiariscono che è necessario trovare e
mantenere una postura che sia sufficientemente coinvolta in quel che accade all'interno del
laboratorio così da poterlo comprendere in modo abbastanza simile a quello dei nativi ovvero
quello degli scienziati ma che garantisca al tempo stesso quel distacco necessario per evitare di
acquisire acriticamente quello che i nativi dicono di se stessi e del loro lavoro. È inoltre importante
sapere che se gli oggetti osservati nei laboratori sono costruiti mediante opportune selezioni e
grazie all'utilizzo di strumenti più o meno sofisticati analogamente gli scienziati sono modellati dalla
vita di laboratorio. Un laboratorio si può interpretare anche come un insieme organizzato di attori
eterogenei impegnato in processi di trasformazione che permettono di estrarre ordine dal
disordine. In un laboratorio possiamo trovare di tutto: ricercatori, tecnici, strumenti di varia
dimensione, animali, sostanze, riviste scientifiche, computer e molto altro ancora appunto c'è
tuttavia un aspetto che tutti i laboratori condividono, vale a dire l'essere costituiti da un’ ampia e
diversificata rete di attori, siano essi umani come gli scienziati o non umani, come per esempio gli
strumenti. Inoltre l'attività di laboratorio può essere descritta e analizzata come una lunga catena di
trasformazioni all'interno della quale si alternano fasi di passaggio materia- materia, materia-
documento, documento- documento , documento- materia. Il susseguirsi di trasformazioni mira
ovviamente a due risultato, che si può descrivere come una sorta di distillato faticosamente
ricavato dall’ insieme eterogeneo e tutt'altro che ordinato delle attività del laboratorio. Gli studi di
laboratorio evidenziano due aspetti di cruciale rilevanza. Da un lato gli scienziati spesso non
seguono quella che in una visione idealizzata del mondo scientifico appare come l'unica sequenza
logica da seguire: prima si progetta l'esperimento e poi lo si realizza punto la vita nel laboratorio
procede invece per continui aggiustamenti, provando soluzioni note o inventandone di nuove per
risolvere intoppi inattesi, riprendendo e modificando l'idea da cui si era partiti così da adattarla alle
risorse disponibili. Pertanto gli studi di laboratorio portano a concludere che la ricerca dovrebbe
essere vista come il prodotto di una costruzione anziché il risultato di una descrizione. Oltre ai già
citati lavori di latour e bulgar ne possiamo menzionare altri due chi sono di particolare interesse
perché hanno contribuito alla formulazione del programma empirico del relativismo punto la
ricerca di Collins sugli scienziati impegnati nella costruzione di un nuovo laser permette per
esempio di far emergere il ruolo fondamentale della conoscenza tacita nella realizzazione di
esperimenti . Collins infatti osservò che basandosi sugli articoli pubblicati dal gruppo di scienziati
che era riuscito a ottenere un primo laser funzionante, gli altri laboratori non arrivavano lo stesso
risultato punto la costruzione di nuovi laser aveva infatti successo quando gli scienziati del primo
gruppo si rendevano disponibili a un contatto diretto con gli altri , poi chi in quel modo era possibile
trasmettere quella parte della loro esperienza che non poteva essere codificata nei loro resoconti
formali. Gli studi di laboratorio misero quindi in luce il tratto intrinsecamente controverso della
ricerca scientifica virgola che anziché procedere in modo lineare e ordinato deve continuamente
fare i conti con margini più o meno a quindi indeterminazione, colmabili solo grazie a risorse
tipicamente sociali. Molti altri soggetti differenti dai ricercatori contribuiscono infatti al processo di
costruzione delle conoscenze scientifiche, fornendo un apporto tutt'altro che marginale ,
nonostante tenda a rimanere sottovalutato. Gli strumenti scientifici costituiscono un altro insieme
di attori cruciali per l'attività dei laboratori punto si tratta di attori non umani come di definisce la
torre ma non per questo giocano un ruolo meno rilevante degli scienziati e dei tecnici. secondo
latour una qualsiasi apparecchiatura non costituisce di per sé uno strumento ma è necessario che
produca una qualche forma di rappresentazione che viene considerata talmente fedele al
fenomeno sotto osservazione da poterla utilizzare al posto del fenomeno stesso, per esempio una
serie di valori numerici ordinati in una tabella , un grafico o un immagine. E questa produzione e
trasformazione di literary inscription no attraverso gli strumenti ciò che permette l'avanzamento
nella catena di passaggi che conduce dall' artefatto al fatto scientifico. Un caso da analizzare e
quello della biologia molecolare punto oggi, nuovi strumenti come la NGS (Next Generation
Sequencing) permettono di ottenere in pochi giorni e con una spesa di qualche migliaio di dollari ciò
che l'intero progetto del genoma umano ha raggiunto in una decina di anni investendo milioni di
dollari. Non a caso l'espressione diluvio di dati è stata coniata proprio nell'ambito HGP all'inizio
degli anni 90 per indicare l'enorme quantità di dati con cui la biologia molecolare stava iniziando a
confrontarsi e anche nell'ambito della ricerca biomedica abbia fatto presa la prospettiva dei big
data. La crescente quantità di dati scientifici di digitalizzati ha assegnato un ruolo sempre più
importante ai data base e virgola ancora una volta, questa tecnologia ha favorito ulteriori
cambiamenti e sviluppato nuove problematiche nell ambito della ricerca scientifica.
 La ricerca scientifica può avvenire all'interno dei laboratori solo grazie a un continuo
approvvigionamento di risorse e che questa dipendenza dall'esterno non può che considerare la
loro attività. Nemmeno la ricerca pura si può muovere del tutto liberamente, poiché può accedere
alle risorse che le servono negoziando con i decisori politici e deve comunque rendere conto alla
collettività delle sue attività punto ma la scienza dei laboratori ha bisogno del sostegno del più
ampio contesto sociale anche in un altro senso. La società infatti deve essere compatibile con i fatti
scientifici. Pensiamo per un attimo ai vaccini. Sviluppati e testati in laboratorio, validati mediante
trial clinici realizzati in ambienti protetti come gli ospedali o su gruppi di individui opportunamente
selezionati e preparati, mantengono la loro capacità di agire se vengono assicurati determinate
condizioni come per esempio una rete elettrica in grado di garantire la loro conservazione alla
giusta temperatura punto è sufficiente che una di queste condizioni non venga rispettata perché la
solidità scientifica del vaccino venga meno punto di conseguenza ogni volta che un fatto scientifico
viene verificato e una macchina funziona , significa che le condizioni del laboratorio sono state
estese in qualche modo nella società punto il valore universale del vaccino dipende quindi da una
società opportunamente laborat izzat appunto in queste e in molte altre occasioni non è difficile
osservare la diversità delle posizioni in campo , l' eterogeneità delle questioni da affrontare e il
problema di stabilire quale sia la più rilevante, il coinvolgimento di vari attori: oltre agli scienziati,
possiamo incontrare i politici , gli imprenditori, le associazioni di categoria, gli organizzazioni
religiose virgola in mass media, e via via fino ai singoli cittadini. La pandemia di covid- 19 e risultata
molto istruttiva anche in questo senso.
 Mentre i fatti scientifici sono ancora in corso di stabilizzazione, accade non di rado che diventino
oggetto di discussioni pubblica e accaduto con i microbi ai tempi di Pasteur e più di recente con la
clonazione , vale a dire questioni su cui ancora mancava un accordo fra gli scienziati, ma che hanno
comunque occupato uno spazio di rilievo nei media appunto la scienza deve infatti mostrarsi bella
utile e preziosa per risultare convincente quando chiede di essere socialmente riconosciuta e
finanziata punto a tale scopo gli scienziati devono però confrontarsi con registri comunicativi diversi
da quelli che governano la vita nei laboratori, per esempio scendendo a patti con i media, spesso
cercando di conciliare l' inconciliabile. D'altro canto, la scienza non può ritirarsi non può
rinchiudersi nella cosiddetta torre d'Avorio disdegnando di compromettersi con la società in nome
di una sua presunta superiorità punto non lo può fare non solo per il nobile motivo di condividere
le sue conoscenze e di fare divulgazione scientifica, ma anche perché non potrebbe sopravvivere
altrimenti punto per le stesse ragioni lo studio della comunicazione pubblica della scienza
costituisce un ambito di particolare interesse per gli STS.

CAPITOLO 3

 Quella più diffusa è una concezione lineare dell’innovazione: prima avviene una scoperta
scientifica, che poi trova applicazione in un nuovo artefatto tecnologico, il quale, si diffonde nella
società provocando un impatto dirompente, comunque sia una trasformazione delle abitudini, dei
comportamenti, dei modi di pensare. Dunque la scienza inventa l'industria applica e la società si
adegua. Il cambiamento, può essere interpretato anche in termini negativi, individuando nell’
innovazione la causa di problemi non di rado descritti in modo catastrofico; prendiamo per esempio
il caso del web. Infatti che il web venga visto come la soluzione dei nostri problemi o come la loro
causa, si rimane comunque all'interno di una concezione lineare, fondata su una chiara distinzione
tra innovatori e società, là dove i primi sono sempre più avanti e la seconda rimane condannata a
un faticoso inseguimento. Gli STS hanno ripetutamente messo in discussione la concezione lineare
dell’ innovazione, partendo dalla constatazione di non dover assumere come il punto di partenza
analitico la separazione fra scienza, tecnologia e società, di mettere cioè gli scopritori o gli inventori
da una parte e gli utilizzatori dall'altra. Guardare all'innovazione della prospettiva STS ha inoltre
messo in evidenza la necessità di cercare un modello esplicativo che fosse in grado di rendere conto
tanto del cambiamento quanto della stabilità, ovvero tanto del successo quanto del fallimento dell’
innovazione, applicando anche allo studio dell’ innovazione Il principio di simmetria. L'innovazione
è frutto di un lungo processo fatto di piccoli avanzamenti, di deviazioni e di svolte decisive che non
si possono individuare e comprendere se non guardando all' insieme di attori spesso sconosciuti
che vi hanno preso parte. Gli STS propongono insomma una concezione co evolutiva
dell’innovazione.
 Le due principali prospettive di analisi dell’ innovazione elaborate dagli STS sono la Social
Construction of Technology (SCOT) e l' Actor network Theory (ANT). Per quanto concerne il primo
modello, la sua formalizzazione nel libro di Wiebe Bijker si apre con un interrogativo in particolare:
come si è giunti all’effettiva integrazione della biciletta nell’attuale panorama quotidiano? Il
considerevole lasso di tempo che è dovuto trascorrere dal bozzetto di Leonardo alla nostra
bicicletta mette in evidenza tre aspetti di cruciale rilevanza: per avere un'innovazione non basta una
buona idea non c'è mai un unico protagonista, né è sufficiente un prototipo funzionante. Il modello
SCOT costituisce il primo tentativo sistematico di superare i limiti degli approcci fondati sulla
concezione lineare. Vale dunque la pena riprendere i principi guida che lo stesso Bijker dichiara di
voler seguire: una buona comprensione sociologica delle innovazioni deve metterci nella
condizione di spiegare non solo la nascita di nuovi oggetti tecnologici ma anche la loro permanenza
nel contesto delle relazioni sociali; Il buon funzionamento di un artefatto non dev'essere
considerato l' ovvia ragione del suo successo, casomai è proprio la sua efficacia ciò che deve essere
spiegato; l'analisi dell' innovazione assume la società come un tessuto unico e quindi non può
considerare l'esistenza di fattori scientifici, tecnici, sociali, culturali ed economici come elementi
nettamente distinti e dati a priori; infine la ricostruzione dei processi che portano all'innovazione
deve combinare le strategie degli attori coinvolti con le strutture che ne vincolano l'azione. Si deve
dunque poter passare dal punto di vista di attore a quello di un altro, ma sempre tenendo conto
che entrambi agiscono all'interno di un contesto che non li lascia mai completamente liberi di fare
tutto quel che vorrebbero. Secondo SCOT tutti coloro i quali condividono una interpretazione simile
di un artefatto costituiscono un GSP (gruppo sociale permanente). E’ chiaro per esempio che una
bicicletta non viene vista nello stesso modo da un ciclista che la usa per sport, dal postino che la usa
invece come strumento di lavoro o dal meccanico che la deve riparare o, ancora, dal commerciante
che la vende. Avremo pertanto diversi artefatti, tanti quante sono le diverse interpretazioni che
identificano i vari GSP. Individuando il nesso che Lega un problema d'uso a una soluzione si è in
grado di identificare il relativo GSP, ovvero quel gruppo di attori per i quali la soluzione di quel
problema rende utilizzabile l'artefatto. Il principio di simmetria viene così rispettato poiché il
concetto di GSP all'interno del modello consente di rendere conto tanto dei successivi parziali di un
artefatto emergente quanto della permanenza di altri artefatti, anche di quelli in aperta
concorrenza con quello che sta cercando di affermarsi. La moderna bicicletta che sta prendendo
forma dimostra dunque di possedere un' elevata flessibilità interpretativa, così da poter risultare
utilizzabile in vario modo e da diversi attori . Tuttavia, osserva Bijker, queste varie interpretazioni
finiscono poi per cristallizzarsi in un artefatto che a quel punto smette di essere aperto a nuove
possibilità di uso, come se avvenisse una chiusura interpretativa che limita i gradi di libertà con cui
un dato artefatto si rende disponibile sulla scena delle pratiche di uso. Le interazioni fra gli attori di
un GSP si organizzano e dunque si stabilizzano in quello che si definisce un quadro tecnologico, che
mette a disposizione gli scopi, le idee e gli strumenti necessari per agire con un artefatto. A questo
punto, ci si chiede cosa debba fare il ricercatore per ricostruire e analizzare il processo che conduce
all'innovazione tecnologica e alle trasformazioni sociali punto il ricercatore dispone di due
metodologie: da un lato egli deve seguire gli attori cioè guardare alle pratiche di uso dell' artefatto
dal loro punto di vista, cogliendone le caratteristiche e la specificità; Dall'altro deve procedere
intervistando o comunque ricostruendo il punto di vista di alcuni attori e poi includendone altri
man mano che vengono segnalati dai primi direttamente o indirettamente, per esempio
osservando quali altri attori entrano in gioco quando l' artefatto non funziona perché si è rotto o
perché ha bisogno di essere alimentato da una qualche forma di energia. Inoltre privilegiare il
punto di vista degli artefatti in via di costruzione diventa la prima indicazione metodologica per lo
studio dell’innovazione proveniente dall’ANT. Difatti solo da questa prospettiva sarà possibile
individuare i vari aspetti di cui bisognerebbe tener conto per comprendere tanto il successo quanto
il fallimento dell’innovazione, senza ricorrere alle spiegazioni tautologiche del determinismo
tecnologico o di quello sociale. Un altro aspetto rilevante riguarda il fatto che non ci sono né attori,
né reti come entità indipendenti, configurandosi entrambi come effetti emergenti della loro
interazione. Gli uni e le altre esistono quindi in quanto processi e all'interno di processi: ecco
perché questo approccio parla di attore-rete. Inoltre, per l’ANT anche gli attori non -umani sono
dotati di agency, ossia capacità di agire. L’idea di riconoscere l’agency degli artefatti comporta due
gravi conseguenze per l’analisi dell’innovazione. Diventa, in prima istanza, più facile riconoscere il
ruolo degli oggetti e della tecnologia nelle relazioni sociali, quelle che altrimenti la spiegazione
sociologica focalizzata solo sugli attori umani relega in secondo piano, trasformandole in ‘’masse
mancanti’’. Inoltre si apre la possibilità di superare il determinismo tecnologico senza essere
costretti a cadere in quello sociale, rimanendo così coerenti con una concezione coevolutiva
dell’innovazione, là dove gli umani costruiscono la tecnologia, ma ne sono al tempo stesso costruiti
e, viceversa, la tecnologia dà forma agli esseri umani e alle loro relazione, ma ne è al tempo stesso
forgiata. Una rete e i suoi attori sono l’effetto emergente di una composizione di motivazioni e
interessi diversi, che finiscono per convergere fino a stabilizzarsi. Giunti a tal punto, è necessario
chiedersi come si formano le reti e i nuovi attori e artefatti. A tal proposito, il principale
meccanismo individuato da ANT viene indicato con il concetto di traduzione: da un lato, due attori
si connettono se uno è in grado di mostrare quanto la loro alleanza possa essere conveniente per
l’altro, traducendo i propri interessi in qualcosa di comprensibile all’altro (esempio Diesel). Un
ulteriore aspetto importante è che le catene di associazioni sono ampie e articolate e al contempo
stabili e ordinate, da consentire di agire a distanza, dunque da un punto della rete è possibile
intervenire in un altro punto, spazialmente e temporalmente lontano. I dati sono immutabili perché
espressi in una forma fissa, ma al tempo stesso mobili perché possono viaggiare da un punto
all’altro della rete senza modificarsi, sono dunque elementi mobili immutabili.
 Se l’innovazione ha successo perché riesce a stabilizzarsi in una rete di interazioni e di attori
sufficientemente ampia e articolata, allora lo stesso processo la farà progressivamente uscire dalla
categoria della novità per inserirla in quella del dato-per-scontato. L’innovazione, pertanto, si
naturalizza e viene percepita come una naturale componente della nostra vita quotidiana.
Naturalizzandosi viene inoltre addomesticata.
Per quanto riguarda i mass media, essi costituiscono uno spazio all’interno del quale gli attori
entrano in relazione, alleandosi o contrapponendosi, rispetto all’innovazione, dall’altro partecipano
essi stessi al processo di innovazione in qualità di attori che lo condizionano e lo orientano, agendo
dunque come mediatori. Il contributo dei mass media, tuttavia, non deve essere sottovalutato. I
media propongono difatti delle cornici interpretative dell’innovazione, le quali possono orientare il
modo in cui gli attori percepiscono e inseriscono nel contesto delle loro pratiche i nuovi artefatti.
Essi, inoltre, prendono parte alla costruzione e alla diffusione degli scenari sociotecnici, ossia quelle
rappresentazioni del futuro all’interno dei quali il nuovo artefatto trova una possibile collocazione
che ne legittima la realizzazione. A tal proposito è rilevante sottolineare che da un lato, le attese
alimentate dagli scenari sociotecnici proiettati nel futuro agiscono sul presente mobilitando risorse,
atteggiamenti e comportamenti a sostegno dell’innovazione e dall’altro, tali scenari sono oggetto di
una contesa fra vari attori che cercano di imporre quelli a loro più favorevoli. In tal senso, è stato
introdotto il concetto di contested futures, al fine di ricordare che non è sociologicamente corretto
parlare di futuro al singolare: i futuri sono tanti, malgrado solo uno si invererà nel presente.

In merito alle controversie pubbliche, il processo che porta all’affermazione di una nuova rete di attori è
intrinsecamente controverso, poiché ne favorisce alcuni, penalizzandone altri. Difatti, trattandosi di un
processo di transizione da un mondo noto ad un contesto nuovo e sconosciuto, l’innovazione si
accompagna ad un’apertura verso un’incertezza da fronteggiare, ossia uno scenario assimilabile alla
cosiddetta scienza post-normale, un contesto inesplorato con rischi elevati (es. energia nucleare,
biotecnologie, web, internet, robotica). In tal senso è necessaria la collaborazione di attori con diversi punti
di vista, una extended peer-review, che oltre agi esperti coinvolga anche attori non dotati di particolari
conoscenze scientifiche e tecniche. Difatti la partecipazione dei portatori di interesse (stakeholders) e dei
cittadini nei processi di innovazione non risponde ad un dovere morale, bensì ad un’esigenza divenuta
ormai imprescindibile.

CAPITOLO 4

 L’OGGETTO DELLE POLITICHE DELLA RICERCA: SCIENZA, TECNOLOGIA E INNOVAZIONE


Le politiche della scienza riguardano la produzione di conoscenza tanto di base quanto applicata. Lo
strumento preponderante per l’attuazione di queste politiche consiste nell’allocazione di risorse
alla comunità scientifica, sia per garantire lo sviluppo di nuove attività di ricerca, sia per garantire lo
sviluppo di nuove attività di ricerca, sia per sostenere il reclutamento di nuovi ricercatori. A tal
riguardo, la valutazione della qualità della conoscenza prodotta e dei progetti proposti è delegata
alla comunità scientifica che opera attraverso il criterio della revisione tra pari o peer review. La
peer review consiste nella lettura critica e nella revisione di un lavoro di ricerca prima della sua
pubblicazione da parte di esperti della materia trattata nell’articolo. Lo status giuridico dei risultati
è anch’esso oggetto di regolazione, sia che si ritenga meritevole di tutela attraverso il
riconoscimento di diritti di proprietà intellettuale esclusivi per chi ha contribuito ai risultati ottenuti,
sia che si intenda garantirne l’accesso a tutti i soggetti interessati senza oneri, per esempio
attraverso le recenti politiche di open access, termine usato per le risorse della conoscenza rese
disponibili nel pubblico dominio per l’accesso o il consumo pubblico su larga scala. Si parla inoltre di
politiche dell’innovazione, la cui specificità risiede nella convinzione che le organizzazioni non
innovino in quanto unità isolate, ma in un contesto sistemico e perché questi sistemi
dell’innovazione abbiano una performance soddisfacente è importante non investire
esclusivamente sulle attività di ricerca scientifica oppure su specifici settori tecnologici, ma sulla
performance innovativa dell’economia e della società. E’ importante ricordare inoltre che le
politiche della scienza, della tecnologia e dell’innovazione coesistono ma, al contempo, è emersa
un’enfasi differente su ciascuno di questi ambiti: le politiche della scienza hanno acquisito
importanza in particolare nel secondo dopoguerra, quando il successo della ricerca bellica negli USA
convinse i decisori politici che investire in modo significativo nella scienza avrebbe portato alla
soluzione dei problemi. A tal riguardo, Vannevar Bush, direttore della struttura federale di
coordinamento della ricerca bellica statunitense, assume un ruolo di notevole importanza. Egli
delineò una proposta sul ruolo del governo federale nella promozione della ricerca scientifica in
tempo di pace fondato sul sostegno alla ricerca di base, da amministrare attraverso una fondazione
nazionale per la ricerca, la National Science Foundation (NSF). Tale approccio venne poi
internazionalizzato mediante l’azione di organizzazioni internazionali e organismi multilaterali, quali
l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione e l’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico, la quale ha svolto un ruolo essenziale nella creazione di un modello di
amministrazione delle politiche della ricerca, le cui caratteristiche principali sono: la
centralizzazione del coordinamento delle politiche della scienza in una struttura a livello di governo,
la creazione di strutture di consulenze scientifica da affiancare al potere esecutivo e la creazione di
agenzie e uffici governativi incaricati dell’attuazione delle politiche di ricerca.
 DEFINIRE IL RAPPORTO TRA SCIENZA, TECNOLOGIA E INNOVAZIONE: DAL MODELLO LINEARE A
QUELLO SISTEMICO
La visione di Bush ha delineato una relazione fra la ricerca di base, ricerca applicata e innovazione,
che si è consolidata nel modello lineare dell’innovazione. Secondo tale prospettiva, il progresso
della conoscenza scientifica e la formazione dei professionisti di cui la società e l’industria hanno
bisogno, sono il contributo che la scienza offre alla società in cambio del sostegno delle autorità
pubbliche; si tratta di un modello definito come science push, la ricerca fondamentale crea le basi
per la ricerca applicata che viene tradotta in prodotti e servizi con un diretto valore economico e
sociale. Durante gli anni Sessanta, tuttavia, il modello entra in crisi a causa delle critiche alle
politiche di sviluppo del primo dopoguerra, la difficoltà degli stati di sostenere la crescita degli
investimenti in ricerca ai ritmi del decennio precedente, la crescente competizione internazionale a
livelli industriale. Tuttavia con il cosiddetto rapporto Brooks si riconosce che l’applicazione di
scienza e tecnologia può comportare tanto benefici quanto svantaggi e che la ricerca è chiamata a
rispondere alle necessità sociali, politiche e industriali. Questo cambiamento nel modo di intendere
il ruolo della scienza rispetto alle politiche pubbliche è stato interpretato come il passaggio da una
visione della conoscenza scientifica come motore del progresso ad un’altra che considera la scienza
come risolutrice dei problemi, con la conseguenza che il modello science push viene sostituito da
un approccio dove lo sviluppo della conoscenza scientifica e dell’innovazione è guidato dai bisogni
sociali a cui essa risponde. Nella pratica, però, il termine bisogno verrà sempre inteso nel significato
ristretto di domanda di mercato. Questa enfasi sulla domanda e sulla rilevanza della scienza per
rispondere a domande politiche e sociali per la comunità scientifica di fronte a sfide inedite. In un
sistema di risorse scarse e di accresciuta competizione, l’utilizzabilità e l’efficacia delle soluzioni
proposte della scienza diventa un criterio importante di valutazione. Poiché le risorse umane e
infrastrutturali devono essere investite in aree considerate ad alto rendimento, ne consegue che gli
scienziati, istituzioni e progetti di ricerca diventano oggetto di un regime di monitoraggio che
esorbita la tradizionale peer review. Si tratta di un modello interattivo e sistemico in cui gli
utilizzatori della conoscenza assumono un ruolo fondamentale e nel quale la priorità diventa quella
di stimolare e indirizzare la collaborazione fra produttori e utilizzatori dell’innovazione, assegnando
crescente importanza alla funzione di intermediazione, da svolgere attraverso la costruzione di
interfacce e intermediari capaci di colmare le distanze fra gli attori del sistema. Queste transizioni a
partire dal modello lineare delle politiche della scienza hanno significato una radicale rivisitazione
del ruolo della comunità scientifica nell’innovazione e nella produzione di conoscenza.
 PERCHE’ E’ IMPORTANTE LA PARTEDIPAZIONE DEL PUBBLICO ALLE DECISIONI SULLA SCIENZA E LA
TECNOLOGIA?
La ricerca risponde direttamente ai bisogni sociali e viene riconosciuto che scienza e tecnologia
possono creare sia benefici che svantaggi e che questa ambivalenza incide sulla percezione
dell’attività scientifica da parte del pubblico e sulla fiducia che viene riposta in essa. Con
l’introduzione di un approccio sistemico all’innovazione, gli scienziati e i ricercatori diventano solo
uno degli attori sociali in campo e pertanto si promuove l’attuazione di strategie di coinvolgimento
di una più ampia serie di attori sociali nella discussione e definizione delle politiche pubbliche. A tal
riguardo, la maggiore partecipazione del pubblico e degli stakeholders risponde infine a nuovi e più
ambiziosi obiettivi di ridefinizione delle relazioni tra scienza e tecnologia. Da questo punto di vista,
le istituzioni che le attuano considerano queste iniziative come parte integrante di una strategia di
promozione della cittadinanza e della partecipazione democratica. Questa democratizzazione
dell’innovazione non si limita infatti a dare ai cittadini una maggior voce in capitolo nella definizione
degli obiettivi delle scelte tecnologiche ma coinvolge cittadini, utenti, consumatori e i loro gruppi
organizzati nella produzione di conoscenza. Questa attenzione alla partecipazione si è tradotta nella
sponsorizzazione di numerose iniziative partecipative, tanto da far parlare di una
istituzionalizzazione della partecipazione pubblica della scienza. Un esempio recente di questa
istituzionalizzazione è l’approccio della Ricerca e innovazione responsabile sviluppato nell’ambito
dell’UE. Nella RRI, il coinvolgimento degli attori sociali e dei cittadini nelle decisioni su scienza,
tecnologia e innovazione cessa di essere l’obiettivo di specifiche iniziative e programmi di
partecipazione per divenire un principio generale delle politiche della ricerca, nell’intento di
allineare la scienza e la tecnologia ai bisogni espressi dalla società. La RRI ha infatti l’ambizione di
orientare le attività di ricerca e innovazione e le decisioni che le riguardano, verso il raggiungimento
di obiettivi sociali stabiliti in modo collaborativo e partecipato.

CAPITOLO 5
 GLI STS ALLA RICERCA DEGLI ARTEFATTI MANCANTI
Gli artefatti materiali compaiono solo come prodotti o strumenti dell’agire degli umani. I laboratori,
la natura e tutto ciò che non è umano viene concepito come uno scenari inerte entro cui si svolge
l’azione degli scienziati e degli ingegneri. Difatti gli studiosi sts hanno notato che l’attività degli
scienziati è popolata di artefatti di qualunque tipo, che sono spesso fondamentali per raggiungere i
risultati che essa produce e si sono chiesti in che modo gli artefatti contribuiscano al farsi stesso
della scienza e al materializzarsi delle tecnologie.
 I LABORATORI E LA SCOPERTA DELLA MATERIALITA’ DELLA RICERCA SCIENTIFICA
Gli STS hanno scoperto che gli artefatti vi svolgono un ruolo che i resoconti ufficiali nascondono. Il
laboratorio, infatti, è un deposito di dispositivi e materiali di elaborazione che alimentano
continuamente la sperimentazione e impiegano un personale che si occupa dei rifiuti, delle cavie,
dei dispositivi e delle attività di manutenzione. Latour e Woolgar affermano che tra gli artefatti
vanno incluse tutte le entità risultanti dal lavoro congiunto e coordinato degli scienziati e dei
dispositivi tecnici di un laboratorio. Per gli STS è stato naturale allargare lo sguardo al di là delle
pareti del laboratorio e chiedersi in che misura gli artefatti ricoprano un ruolo attivo sia nei processi
di innovazione tecnologica, sia nella vita quotidiana. E’ stato messo in evidenza, per esempio, che
gli artefatti possono avere una funzione politica, come nel caso dei ponti della strada a scorrimento
veloce di Long Island a NY, che hanno incorporato le tendenze discriminatorie del loro progettista,
l’urbanista americano Robert Moses. I ponti, che danno accesso alla spiaggia di Jones Beach Island
sono troppo bassi per consentire il passaggio dei veicoli commerciali e degli autobus e selezionano i
frequentatori della spiaggia in base al possesso del veicolo privato, dunque in base al censo e al
tempo ciò significava rendere difficile l’accesso agli afroamericani. Es. frigorifero
 MATERIALITA’ E ARTEFATTI PER L’ANT E ALTRI APPROCC STS
La scoperta del ruolo svolto dagli oggetti nel determinare il funzionamento di situazioni
sociotecniche ha richiesto agli STS uno sforzo particolare per ripensare i concetti di artefatto,
materialità e capacità di agire. Si è gradualmente passati dall’idea che gli artefatti siano il frutto di
complesse relazioni sociali tra gruppi di umani all’idea che gli artefatti possiedano un’agency
paragonabile a quella degli esseri umani, all’idea che la dicotomia stessa di soggetto e oggetto sia
inadeguata a spiegare una realtà che, in tutte le sue manifestazioni, è piuttosto l’esito della
relazione tra una molteplicità di entità, alcune delle quali sono umani e altre non umane.
Il ruolo svolto dagli oggetti materiali nella produzione e stabilizzazione di conoscenze e fatti
tecnoscientifici è stato tematizzato dai primi lavori appartenenti all’approccio dell’ ANT, noto anche
come sociologia della traduzione. Conoscenze e fatti tecnoscientifici sono i risultati di un’attività
intensa di rete di attori sociali che si alleano intorno al programma di affermare certe conoscenze e
determinare certi fatti. Nella sociologia della traduzione, una rete di questo tipo è chiamata attore-
rete ed è un’entità che agisce come un attore, pur essendo strutturata come una rete di attori.
L’aspetto più importante delle descrizioni STS degli attori-rete è il fatto che questi non
comprendono solo attori umani , ma anche attori non-umani. Infatti, ai fini del funzionamento
efficace di un attore-rete non è rilevante che tutti gli attori che ne fanno parte siano dotati di
intenzionalità e volontà, ma solo che essi contribuiscano con la loro presenza e gli effetti che
producono. In tal senso, come gli artefatti tecnologici sono il prodotto e la manifestazione di
relazioni umane, così le dinamiche sociali sono il prodotto e la manifestazione della materialità
attraverso cui si dispiegano. E’ tuttavia importante sottolineare la distinzione tra oggetti intesi come
mediatori o come intermediari: quando un attore sociale dà contributo allo svolgimento delle azioni
che non si traduce come la mera trasmissione passiva di un contributo altrui, esso è definito da
Latour mediatore, contrapposto alla presenza passiva degli intermediari inerti alle catene di azione.
Inoltre, siccome gli attori che contribuiscono alla stabilizzazione delle reti possono esseri sia umani
che non umani, Latour ha suggerito di sostituire al termine attante, che a differenza del primo non
sottintende alcuna umanità. L’attante indica qualunque entità che agisca, indipendentemente dal
suo statuto ontologico, dalla misura, dalla scala, dalle sue caratteristiche specifiche. Es. stanza
d’albergo. A tal proposito, gli artefatti rendono disponibili agli umani delle possibilità, concedono
loro delle comodità, presentano dei divieti e impongono degli obblighi. La descrizione di un
artefatto, dunque, consente di analizzare il suo contributo all’azione, mediante la descrizione dello
script (programma di azione). La nozione di script è stata spesso usata per evidenziare lo sforzo che
i progettisti mettono nel configurare gli utenti, ossia nel rendere gli utilizzatori compatibili con le
tecnologie progettate. Un ruolo particolare nella comprensione dei fatti tecno-scientifici va
riservato agli oggetti luminari (boundary objects), quegli oggetti collocati al confine tra due o più
mondi sociali e ne consentono la coabitazione. Per esempio, gli oggetti esposti in un museo di storia
naturale possiedono significati diversi indipendentemente dall’osservatore e sono abbastanza
plastici da adattarsi alle diverse interpretazioni. In breve, gli artefatti hanno la capacità di
incorporare le pratiche sociali e stabilizzarle, dato che sono capaci di costringere le azioni degli
individui ad allinearsi alle condizioni poste dalla pratica.
 IL RUOLO DELLA MATERIALITA’ NELLA VITA QUOTIDIANA
Come Knorr-Cetina afferma, viviamo in una società della conoscenza post-sociale, in cui ogni
ambito della vita è osservato mediante pratiche tecno-scientifiche, gli STS hanno trovato
applicazione in molti ambiti della vita sociale, quali l’ambiente, la medicina, i media, il lavoro e
l’economia, mirando ad originalità, adeguatezza esplicativa ed efficacia. Per quanto concerne
l’economia, per esempio, la ricerca intorno alle pratiche economiche ha visto economisti e sociologi
contrapporsi sulla teoria dell’homo oeconomicus, secondo la quale il comportamento umano è la
conseguenza di un calcolo razionale per ottimizzare i propri interessi. A tal riguardo, l’approccio
ANT all’economia di Michel Callon e Donald MacKenzie vede nella scienza economica una pratica
performativa, i cui modelli servono per creare e regolare dei mercati. Per quanto concerne invece
le pratiche artistiche, la sociologia dell’arte si è distinta da altri tipi di ricerche sulla produzione e
ricezione estetica per essersi focalizzata su ciò che c’è intorno alle opere. Descrivendo nel dettaglio
il lavoro compiuto dai vari artefatti e materiali che costituiscono le opere d’arte e i dispositivi di
fruizione si riesce a connettere l’interno con l’esterno. La musica, ad esempio, è stata
un’importante area di scambio tra STS e sociologia dell’arte. Per esempio, una ricerca di Trevor
Pinch e Frank Trocco sul sintetizzatore come innovazione ha messo in luce non solo che questo
artefatto sia caratterizzato da flessibilità interpretativa ma anche che l’intervento di una serie di
mediazioni tecniche ha permesso di ridurre quella flessibilità predisponendo l’oggetto per un sound
e un repertorio definiti.
 DAGLI ARTEFATTI ALL’ASSEMBLAGGIO DI ENTITA’ IBRIDE
Gli esseri umani non esistono a prescindere dalle reti di cui fanno parte: non esiste l’essere umano
come entità isolata che usa un oggetto tecnologico. Il mondo, tuttavia, non è fatto di umani e non
umani ma di entità ibride (Latour). Pertanto, l’oggetto di studio degli STS è più identificato con
attori e oggetti tecnici, scienziati e dispositivi, ma con il collettivo, con la rete e con l’assemblaggio
risultante dalle mutevoli relazioni tra i vari elementi in gioco. Il mondo sociale e quello naturale
sono concepiti come le manifestazioni superficiali del continuo farsi e disfarsi di reti di esseri
eterogenei, da cui dipende il momentaneo stabilizzarsi degli stessi attori in gioco, che sono
apparentemente umani e non umani, ma di fatto costituiscono sempre entità ibride. Ponendo
enfasi sul ruolo degli artefatti, l’elaborazione degli STS ha contribuito a ispirare la più generale
svolta neo-materialista: si tratta di uno slittamento degli approcci teorici da una focalizzazione sul
linguaggio, sul pensiero e sulla produzione di significati.

CAPITOLO 6

 GLI STS E LO STUDIO DEGLI USI DELLE TECNOLOGIE

Lo studio dell’innovazione è stato caratterizzato da una crescente attenzione nei confronti degli
users, ovvero degli utilizzatori finali delle tecnologie. Questo cambio di prospettiva può essere
riassunto sinteticamente nel passaggio da una concezione degli users come consumatori passivi di
tecnologia e dispositivi tecnici in direzione di una visione più articolata, che ne riconosce il ruolo
attivo nel dar forma al cambiamento tecnologico e che pone al centro dello studio dell’innovazione
l’analisi delle dinamiche che si sviluppano nella sfera dell’uso. Le prime ricerche sugli users sono
riconducibili alle indagini di mercato che alla fine degli anni Venti iniziarono ad essere realizzate
dalle grandi corporations. L’idea di queste ricerche era di creare un ponte tra produttori e
utilizzatori a fine di migliorare le strategie di marketing delle imprese. Soltanto alla fine degli anni
Settanta lo studio dell’innovazione ha iniziato ad arricchirsi di riflessioni più sistematiche sul ruolo
degli utilizzatori nel cambiamento tecnologico, grazie alle ricerche condotte nell’ambito di quattro
discipline principali: gli innovation studies, i cultural studies e gli STS. Il contributo degli innovation
studies è consistito principalmente nel riconoscimento della capacità innovativa degli utilizzatori.
Gli studi culturali e la sociologia dei media hanno evidenziato l’artificialità della separazione tra
produzione e consumo, definendo il consumo come un processo attivo di appropriazione degli
oggetti culturali e delle tecnologie. I culture studies hanno evidenziato la capacità dei pubblici
mediali di interpretare in modo autonomo i contenuti sempre più standardizzati prodotti
dall’industria culturale, sviluppando approcci in grado di cogliere sia il potere dei media di limitare
le possibili interpretazioni da parte dei pubblici, sia la capacità dei pubblici mediali di interpretare i
contenuti in modo creativo. Gli STS hanno dato un impulso allo studio del ruolo degli utilizzatori
contribuendo a dissolvere le distinzioni tra produzione e consumo e tra design ed uso.
Nell’approccio SCOT, ad esempio, gli users sono presenti sotto forma di gruppi sociali pertinenti che
negoziano le interpretazioni delle tecnologie. In maniera simile nell’ANT l’enfasi iniziale sul modo in
cui i designer limitano le interpretazioni e le azioni degli utilizzatori è stata sostituita da una
maggiore attenzione alla libertà che essi esercitano nell’interpretare e usare le tecnologie. Il
contributo principale dell’STS è stato dunque quello di mostrare che l’innovazione prende vita
mediante l’interazione tra la sfera della produzione e quella dell’uso e che le identità degli
utilizzatori si formano e mutano costantemente mediante un processo di co-costruzione.
 LA CONFIGURAZIONE DEGLI UTILIZZATORI E LO SCRIPT DELLE TECNOLOGIE
Un primo apporto fondamentale alla comprensione della relazione tra utilizzatore tecnologie è
stato fornito dagli studiosi che adottano l’approccio an il loro contributo è riassumibile attraverso
due concetti centrali: quello di configurazione degli utilizzatori e quello di script. Il primo concetto è
stato introdotto in una celebre analisi dei test di usabilità organizzati nel corso della progettazione
di un nuovo modello di persona al computer. In questo studio Steve Woolgar mostra come designer
e ingegneri configurino anche i suoi potenziali utilizzatori limitando le loro azioni future per
renderle coerenti con la propria rappresentazione ideale degli utilizzatori finali e della loro
relazione con la tecnologia. Woolgar propone di adottare la metafora della tecnologia come testo e
dell'utilizzatore come lettore, per dare conto di come gli utilizzatori, pur essendo idealmente liberi
di interpretare gli oggetti tecnici in realtà vengano limitati nella propria attività interpretativa
mediante un processo di configurazione. La configurazione è dunque il processo di definizione degli
utilizzatori putativi, ovvero della costruzione di un'idea di quali caratteristiche dovrebbero avere i
potenziali futuri utenti di queste tecnologie e di impostazione operativa delle limitazioni delle
attività che questi utilizzatori potrebbero svolgere. Il concetto di configurazione evidenzia
l'importanza di analizzare il modo in cui i produttori delimitano il processo di interpretazione
dell’uso delle tecnologie, avendo il pregio di mostrare che fin dalla fase iniziale di progettazione
delle tecnologie diventa fondamentale la definizione degli users sotto forma di utilizzatori putativi,
le cui identità, ruoli e attività vengono definite in fase di design e in scritte nella forma nelle funzioni
di una tecnologia mediante un processo che ha come obiettivo quello di fare aderire l'utilizzatore
reale a quello ideale. Tuttavia l’approccio di Woolgar è stato criticato per via della sua descrizione
della configurazione come processo unidirezionale in cui la capacità di dar forma alla relazione tra
utilizzatori e tecnologia è attribuita soltanto agli esperti coinvolti nella progettazione. Il concetto di
script elaborato da Bruno Latour e Madeleine Akrich sposta invece l'attenzione proprio su questi
processi di lettura, offrendo una visione più simmetrica del processo di configurazione punto la
configurazione degli utilizzatori inscritta nella tecnologia si presente infatti come una vera e propria
sceneggiatura che attribuisce ruoli predeterminati fatti a utilizzatori e tecnologie. Questa divisione
dei ruoli e delle responsabilità è comunque aperta alla negoziazione ovvero gli utilizzatori possono
aderire solo parzialmente ai ruoli previsti dai progettisti mettendo in pratica la capacità di
sviluppare usi che ne distanziano; grazie al concetto di script si riesce dunque a cogliere
simultaneamente le costrizioni incorporate dalle tecnologie e la libertà di azione degli utilizzatori.
 GLI UTILIZZATORI INNOVATORI
Gli user studies evidenziano che gli utilizzatori partecipano attivamente allo sviluppo tecnologico e
che l’innovazione può emergere anche dalla sfera dell’uso. Gli utilizzatori sono sempre più spesso
considerati come agenti del cambiamento tecnologico e in questa prospettiva, infatti, l’innovazione
è considerata come uno degli esiti possibili dei processi creativi e non predeterminati della sfera
dell’uso. Per descrivere questi processi sono stati elaborati due concetti fondamentali:
l’addomesticamento e l’appropriazione tecnologica. Il concetto di addomesticamento è stato
introdotto dal sociologo dei media Roger Silverstone, secondo cui l’appropriazione delle tecnologie
mediale include anche un lavoro simbolico, in cui le persone creano e trasformano i significati
tecnologici, e un lavoro pratico, in cui gli utenti sviluppano comportamenti e usi tecnologici
coerenti con la propria quotidianità. Silverstone identifica quattro frasi dell’addomesticamento:
l’appropriazione, che si verifica quando una tecnologia viene acquistata; l’oggettivazione, in cui la
tecnologia viene collocata nel concetto domestico; l’incorporazione, quando gli oggetti tecnici
vengono integrati nell’uso quotidiano; la conversione, che riguarda il modo in cui un particolare uso
delle tecnologie diventa parte dell’identità dei membri della famiglia e del contesto sociale. Uno dei
punti di forza del concetto di addomesticamento è che esso presuppone che gli utilizzatori svolgano
un ruolo attivo nella definizione dell’uso e del significato delle tecnologie.
Un secondo concetto elaborato per descrivere i processi attraverso cui società e tecnologia si
costituiscono nella sfera dell’uso è quello di appropriazione tecnologica, già utilizzato da
Silverstone. Esso si riferisce, in tal caso, all’insieme dei processi di co-costruzione sociotecnica che
emergono dall’uso delle tecnologie, aggiungendo un elemento fondamentale, ossia le asimmetrie
di potere legate all’innovazione. A tal riguardo, Eglash si riferisce specificatamente alle attività
innovative messe in pratica dai gruppi sociali posizionati al di fuori dei centri di potere e di
produzione tecno-scientifica. L’appropriazione tecnologica si riferisce a questa continua
circolazione della tecnologia tra centro e periferia, tra alto e basso dei gruppi sociali, da cui emerge
un processo innovativo. Sulla base di queste forme di innovazione dal basso, Eglash ha elaborato
tre categorie di appropriazione creativa: la reinterpretazione, l’adattamento e la reinvenzione. La
forma basilare di appropriazione creativa da parte degli utilizzatori è costituita dalla
reinterpretazione, definita come una trasformazione semantica che non apporta modifiche
sostanziali all’uso o alla struttura degli oggetti tecnici (es. nokia). Un’appropriazione più attiva è
rappresentata dall’adattamento che si riferisce ai casi in cui gli utilizzatori modificano sia il
significato sia l’uso della tecnologia. L’adattamento può assumere la forma della scoperta delle
funzioni latenti di una tecnologia che non erano quindi previste in origine dai progettisti. Infine, Il
caso più radicale di appropriazione creativa è la reinvenzione e consiste in una trasformazione
complessiva del significato, dell’uso e della struttura fisica di una tecnologia; è la creazione di nuove
funzioni attraverso la modifica strutturale della tecnologia.
 GLI UTILIZZATORI RESISTENTI E I NON-UTILIZZATORI
Le prime riflessioni sulla resistenza all’innovazione da parte degli utilizzatori sono state sviluppate
da economisti e studiosi del marketing che indagavano le pratiche di consumo. La resistenza era
identificata con il rifiuto da parte di consumatori e utilizzatori potenziali, di adottare nuovi beni o
servizi e gli studi di questo tipo erano finalizzati principalmente alla definizione di strategie che
permettessero alle imprese di minimizzare il rigetto di nuovi prodotti da parte dei consumatori. La
resistenza era dunque concepita in termini negativi, come un’opposizione al consumo.
Successivamente (anni 90) tale prospettiva fu messa in discussione e si sottolineò come questa
visione negativa riducesse un fenomeno sfaccettato all’idea semplicistica che la resistenza sia un
mero ostacolo da rimuovere da un percorso che porta alla diffusione dell’innovazione. Ribaltando
la prospettiva si è evidenziato come le forme di resistenza siano un elemento intrinseco nei processi
mediante cui prende forma l’innovazione. A tal proposito, Martin Bauer ha messo in luce come la
resistenza contribuisca attivamente al cambiamento sociotecnico, in quanto attira l’attenzione sugli
aspetti problematici dell’innovazione, incrementando la consapevolezza degli attori in campo e
stimola il riadattamento di nuove tecnologie: si evince pertanto una concezione di resistenza come
risorsa. Ronald Kline identifica tre forme di resistenza: la prima consiste nella scelta di non
acquistare o non usare la tecnologia, la seconda riguarda i casi in cui gli utilizzatori intraprendono
azioni concrete di opposizione alla diffusione di una tecnologia, la terza consiste nell’uso di una
tecnologia per scopi non previsti, diversi da quelli individuati dai suoi produttori. Oltre a
sottolineare che la resistenza costituisce un elemento di innovazione preponderante, tale filone
teorico ha stimolato una riflessione importante sul non-uso delle tecnologie. Gli utenti resistenti
che si rifiutano di appropriare certe tecnologie rientrano infatti in una casistica più ampia, cui è
possibile ricondurre forme di non-uso differenti. La prima comprende i resistenti, che non hanno
mai usato una tecnologia su base volontaria, la seconda quella dei rigettatori, coloro che hanno
usato una tecnologia ma l’hanno successivamente abbandonata, gli esclusi, coloro che non l’hanno
mai usata perché non potevano accedervi e infine gli espulsi, che hanno smesso di usarla perché
forzati a farlo. La ricerca sui motivi per cui le persone rigettano una tecnologia o ne sono escluse è
rilevante perché consente di arricchire la comprensione della relazione tra utilizzatori e tecnologie,
superando la visione binaria che le riduce all’interazione tra sfera del design e quella dell’uso.
 MANUTENZIONE E RIPARAZIONE DEGLI OGGETTI TECNICI
Negli ultimi anni ha assunto rilevanza il tema della manutenzione delle infrastrutture sociotecniche
e della riparazione delle tecnologie. Un aspetto importante concerne il modo in cui lo studio del
lavoro di manutenzione contribuisce ad approntare analisi del mutamento sociotecnico non
riduzionistiche, cioè che non si concentrino unicamente sull’emergere del nuovo, come avviene
nell’innovation centric bias. Il lavoro di manutenzione e riparazione è inoltre solitamente affidato al
personale tecnico, ma in molti casi sono gli stessi utilizzatori ad occuparsene. Un primo punto di
riflessione concerne il modo in cui proprio dalle attività di manutenzione e riparazione, che
potrebbero essere viste come unicamente conservative, possa invece emergere l’innovazione.
Difatti, riparando le tecnologie, gli utilizzatori imparano a conoscerne i principi di costruzione e
funzionamento in maniera più profonda e acquisiscono abilità tecniche che permettono di
modificare e innovare oggetti tecnici progettati da altri. Un ulteriore spunto di riflessione riguarda il
modo in cui tecnologie divenute obsolete, abbandonate dai loro produttori, sopravvivono grazie
agli utilizzatori, quando questi ultimi attribuiscono a tali oggetti una rilevanza tale da giustificare la
riorganizzazione della loro distribuzione e il lavoro di riparazione necessario ad estenderne il ciclo di
vita. Da un punto di vista delle politiche tecnologiche inoltre, è interessante notare come la
riparazione sia divenuta un importante terreno di scontro legale e normativo, dai cui esiti
dipenderà l’affermazione o meno del diritto alla riparazione di consumatori e utenti, supportato dal
movimento Right to Repair, ma osteggiato da imprese come la Apple che, per proteggere i propri
interessi economici, esercitano un controllo totale sulla manutenzione delle tecnologie.

CAPITOLO 7

 PROBLEMATIZZARE LE INFRASTRUTTURE DELL’INFORMAZIONE


Le infrastrutture dell’informazione sono il risultato dell’incontro tra un artefatto informativo e una
qualsiasi attività umana. Per esempio, un social network lanciato sul mercato che non incontra
alcun successo non diventa un’infrastruttura dell’informazione, perché privo di utenti e di uso.
Quando invece converge con l’esperienza umana o con altre tecnologie, si trasforma in
un’infrastruttura. L’approccio STS definito ecologico, a tal proposito, evidenzia come nessuna
infrastruttura o piattaforma possa esistere e mantenersi in attività senza che vi sia una convergenza
con altre strutture sociali, tecniche o materiali. Con lo sviluppo di usi che diventano quotidiani e
ricorrenti, accade che le infrastrutture diventino invisibili, poiché costituiscono uno sfondo delle
nostre attività di scambio, di comunicazione e di lavoro. Il carattere di invisibilità delle infrastrutture
ci indica che c’è stato un momento in cui si è appreso il loro uso e un altro momento in cui il loro
uso è diventato automatico, è entrato a far parte delle abilità personali, diventando qualcosa di
naturalizzato. Gran parte delle attività che svolgiamo attraverso le infrastrutture sono basate su
assemblaggi ibridi, cioè su configurazioni di elementi umani, tecnologici, linguistici e scientifici che
consentono a diversi mondi sociali di incontrarsi sui loro confini, cooperando nonostante le loro
diversità. Per potersi installare su supporti già esistenti e per poter comunicare e far comunicare fra
loro gli elementi tecnici che le compongono, le infrastrutture hanno come principali elementi
costitutivi che stabilizzano e regolano le attività intorno ad esse, gli standard, senza i quali non
esisterebbe internet e le piattaforme.
 CARATTERI DELLE INFRASTRUTTURE
Il funzionamento delle infrastrutture rinvia a un concetto cruciale quello di ecologia, che permette
di descrivere le infrastrutture come ambienti che consentono lo svolgimento di attività e lo sviluppo
di relazioni. Le caratteristiche che definiscono le infrastrutture in una prospettiva ecologica sono le
seguenti: la loro incorporazione e modularità rispetto ad altre strutture sociali, materiali o tecniche;
la loro invisibilità in termine spazio-temporali; l’esistenza di una finalità e la presenza di categorie di
utilizzatori differenziati. L’approccio ecologico considera tutti gli elementi infrastrutturali presenti e
guarda ai processi che li coinvolgono nella loro interezza, prendendo in esame anche tutto ciò che è
presente fra le reti sociotecniche: esso si basa sull’osservazione delle pratiche di lavoro sia nella
progettazione sia nell’uso delle infrastrutture (L. Star). Gli studiosi STS hanno proposto un metodo
per risalire al livello dell’architettura attraverso due tipi di analisi, a partire da un lato dal
riconoscimento dell’interdipendenza strutturale fra le reti tecniche e gli standard e dall’altro, dal
suo legame con la produzione di conoscenza e di potere. La prima analisi riguarda lo studio dei
processi di standardizzazione che accompagnano lo sviluppo di ogni infrastruttura e che possono
descrivere una mappa delle relazioni modulari e di innesto di una infrastruttura su altre o su vari
dispositivi. La seconda analisi va invece condotta sull’articolazione degli aspetti regolativi degli
standard che accompagnano la diffusione di un’infrastruttura, che la mantengono in vita e che
possono cambiarla. Questo metodo è stato definito inversione infrastrutturale e tende a rovesciare
l’invisibilità delle infrastrutture. L’infrastruttura, di riflesso, diventa visibile in seguito alla sua
rottura, in cui ci si accorge che qualcosa non va. L’esperienza della rottura può assumere diverse
forme: quella del malfunzionamento, del guasto temporaneo o catastrofica. Tra l’altro le
gigantesche infrastrutture fisiche (centrale nucleare, nave da crociera), sono basate su un ordito
invisibile di infrastrutture dell’informazione che ne garantisce il funzionamento.
Le infrastrutture assemblano dunque gli artefatti con attori umani, pratiche sociali, organizzazioni e
conoscenze intorno a un’attività, ossia una convergenza che riguarda individui appartenenti a
comunità, gruppi, reti riconoscibili. Le infrastrutture, essendo reti di relazioni ecologiche, si
caratterizzano parimenti per la coesistenza di robustezza e flessibilità. Talvolta questa flessibilità
diventa fragilità, e in alcuni casi può rendere le infrastrutture vulnerabili. (es. internet).
 STANDARD E STANDARDIZZAZIONE
Alla base della digitalizzazione e delle infrastrutture dell’informazione si trova quell’enorme
processo di raccolta e organizzazione dei dati che rappresenta uno snodo cruciale per il flusso
continuo di attività e informazioni nel mondo digitale. I dati hanno spesso un’origine e forme
diverse, ma occorre farli confluire nella stessa struttura informativa, in modo da costituire l’ordito
delle infrastrutture e delle piattaforme. I dati stessi si presentano come una relazione fra un
oggetto e una sua rappresentazione numerica. Lo strumento fondamentale è rappresentato dalla
loro classificazione, ossia dal raggruppamento in classi che ne interpretino le qualità e favoriscano
la loro integrazione in data set o in database. La classificazione si esprime in forme standard
soprattutto nei metadati, cioè in classi di dati che al loro interno contengono una descrizione delle
caratteristiche dei dati, sia intrinseche che estrinseche.
Uno standard è una classificazione di dati resa operativa. Difatti ogni forma di classificazione può
diventare uno standard, ossia diventare operativa come norma o convenzione di riferimento per
consentire e organizzare una certa attività di elaborazione e scambio di dati. Secondo Martha
Lampland e Leigh Star le caratteristiche degli standard sono: la nidificazione, secondo cui ogni
standard è collegato o innestato su altri standard, la distribuzione in modo ineguale nei diversi
ambienti d’uso perché possono adattarsi bene in alcuni ambienti e costituire un problema in altri e
infine, il fatto che essi codifichino e prescrivano etiche e valori, spesso con conseguenze molto
rilevanti per gli individui. L’esistenza degli standard contribuisce in modo decisivo alla stabilità di
tutti i dispositivi e in particolare delle infrastrutture, in quanto consente l’aggancio di dispositivi ad
altri dispositivi. Inoltre, lo standard è tra tutti i boundary objects quello che rende più stabile la
cooperazione tra diversi mondi sociali. Una volta stabilito lo standard si impone per la sua stessa
costituzione e per il suo essere superiore ai singoli interessi di differenti mondi sociali e la sua
autorità è l’esito finale di conflitti e negoziazioni tra diversi gruppi sociali e interessi spesso
contrastanti. Tuttavia, pur nella pretesa di configurarsi come universale e valido, viene
riappropriato nei contesti di utilizzo, assumendo così un carattere locale. In aggiunta, gli standard
sono potenti dispositivi di inclusione e cooperazione, ma anche di esclusione. Tale processo si
traduce in forme implacabili di violenza, come Bowker e Star mostrano nel caso della classificazione
delle razze che a partire dal 1948 traduce in classificazione razziali la differenza tra bianchi e neri,
assoggettando la popolazione nera ad una serie di regole diverse a seconda della classe di
appartenenza. La violenza dell’esclusione crea terre di confine e gruppi marginali che appartenendo
a molteplici comunità non sono riconosciuti da nessuna di esse, restando imprigionati in una forma
di alterità tradotta in esclusione.

CAPITOLO 8

 SCIENZA, TECNICA E QUESTIONE AMBIENTALE


Il termine ambiente indica una relazione, può far riferimento al mondo biofisico che circonda e
supporta la vita umana e al rapporto che gli esseri umani hanno con esso a partire dalla propria
corporeità. L’interesse scientifico per tale relazione si è sviluppato dalla seconda metà
dell’Ottocento, con la nascita dell’ecologia quale studio di ecosistemi, ossia delle interazioni che
avvengono entro e tra la sfera biotica.
 SCIENZA E NATURA: UN RAPPORTO CONTROVERSO
Fino alla metà del 900 scienza e tecnologia non godevano di un consenso sociale senza riserve. A tal
proposito, un’incrinatura profonda si apre nella coscienza collettiva nel 1945, in seguito
all’esplosione delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, la quale mostra la potenza raggiunta
dalla tecnoscienza nel manipolare le forze naturali e dall’altro la profonda ambivalenza di questa
potenza a un tempo creatrice e distruttrice e dall’altro la compromissione dell’impresa scientifica
con la politica e l’industria. E’ infatti con Hiroshima e Nagasaki che scienza e tecnologia perdono
definitivamente l’innocenza agli occhi del vasto pubblico e degli scienziati stessi. Nei decenni
successivi alla ww2 si assiste ad una sorta di doppio movimento. Da una parte il lato oscuro della
tecnoscienza si manifesta in molti modi, dagli incidenti industriali e nucleari all’emersione degli
effetti a lungo termine dell’uso di pesticidi, mentre al contempo cresce la sensibilità popolare verso
l’ambiente. Inoltre, il periodo che va dal dopoguerra agli anni 70 è quello del boom economico,
l’industrializzazione accelerata, la grande accelerazione nella produzione di biossido di carbonio e
altri gas effetto serra, l’acidificazione dei mari, il degrado della biosfera. Paradossalmente, però,
questi anni vengono definiti i Trenta Gloriosi poiché al miracolo economico corrisponde lo sviluppo
dello stato sociale, la crescita dei salari e una relativa pacificazione sociale attorno ai principi
riconosciuti della democrazia rappresentativa. In questa cornice malfunzionamenti, inquinamento e
analoghe occorrenze sono rubricati come effetti imprevisti ed emergono instabilità climatica,
degrado biochimico e una crisi energetica. La risposta alla crisi avrebbe potuto puntare, in tal senso,
sugli scambi energetici tra società e ambiente invece che sui valori monetari dell’economia.
Tuttavia, la crescita è ripresa, ma l’assetto economico e il suo rapporto con la tecnoscienza sono
cambiati profondamente ed è emersa una promozione della modernizzazione ecologica che veda
crescita e tutela dell’ambiente come gioco a somma positiva; un’industrializzazione che faccia leva
sul mercato e sulla salvaguardia ambientale. E’ questa l’idea di crescita sostenibile: soddisfare i
bisogni delle generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare i propri. Si determina tuttavia un contrasto tra le concezioni forte e debole della
sostenibilità. La prima afferma la necessità di ridurre l’uso di risorse non rinnovabili e per quelle
rinnovabili, rispettarne i cicli riproduttivi. La seconda ritiene che la tecnologia possa rimpiazzare la
natura sia direttamente, sia modificando gli organismi in modo da renderli produttivi. Per cogliere
la variazione dei toni con cui il rapporto tra tecnoscienza, ambiente e sostenibilità è stato declinato
è sufficiente confrontare l’idea originaria di modernizzazione ecologica, tecnologicamente
gradualista e politicamente riformista con quella di ecomodernismo, secondo cui per evitare il
collasso economico ed ecologico non si tratta di armonizzarsi con la natura ma disaccoppiare
società e ambiente grazie ad una accelerazione tecnologica.
 PROBLEMI AMBIENTALI E PRASSI SCIENTIFICA
I problemi ambientali si manifestano come eventi improvvisi e processi a lenta evoluzione; ciò che
conta evitare è ridurre l’eventualità del verificarsi di quelli che gli statistici chiamano falsi positivi:
risultati sperimentali che indicano la presenza di fenomeni in realtà inesistenti, tali da fuorviare i
ricercatori. Il prezzo da pagare è l’aumento della possibilità di falsi negativi, ossia non rilevare cosa
accade alle altre variabili, quelle date per immobili ma che non lo sono. E’, pertanto, rilevante
ridurre i falsi positivi perché fanno investire denaro a vuoto, o portano a realizzare misure
protettive inutili o ridondanti, ma d’altro canto è dai falsi negativi che derivano gli effetti imprevisti
 SOSTENIBILITA’ E INNOVAZIONE

L’ avanzamento tecnoscientifico costituisce la principale risposta alla crisi ecologica in termini di


crescita sostenibile. Ma l’idea che i suoi benefici si riversino su tutta la società fa sì che, nel promuovere
l’innovazione, l’attenzione si concentri su due aspetti: riduzione dei rischi di effetti indesiderati e
rispetto dei valori e principi irrinunciabili. Ciò che viene trascurato sono gli aspetti distributivi: benefici e
costi dell’innovazione non si diffondono in modo uniforme. L’apertura di credito illimitato nei confronti
dell’avanzamento tecnoscientifico sottovaluta altri aspetti, tra cui l’effetto rimbalzo dell’innovazione,
secondo cui a maggiore efficienza spesso corrisponde maggiore e non minore consumo di una risorsa.

 SCIENZA E CONFLITTI AMBIENTALI


La questione ambientale è salita alla ribalta, soprattutto grazie alle mobilitazioni di cittadini, gruppi
e comunità. Emerge non di rado un’epidemiologia popolare, nel senso che sono i cittadini a
raccogliere dati e testimonianze. Quanto alle organizzazioni ecologiste, esse basano le proprie
campagne non solo su emozioni e valori ma anche su una scienza fatta bene, interessata ad
ambiente e salute. Negli anni il ruolo del sapere scientifico nei conflitti ambientali si è intensificato
per varie ragioni, tra cui l’aumento della scolarizzazione e della circolazione dell’informazione, la
necessità di legittimare la protesta gli occhi dell’opinione pubblica, rintuzzando l’accusa di
proteggere egoisticamente i propri interessi a scapito di quelli generali. Un ulteriore motivo di
rilevanza della tecnoscienza nelle questioni ambientali è l’idea che le scelte debbano essere basate
sull’evidenza, emerge pertanto una politicizzazione in cui l’expertise tecno scientifica gioca un ruolo
rilevante.
 AMBIENTE, SOSTENIBILITA’ E RIPENSAMENTO DELLA SCIENZA DELLA TECNOLOGIA
Il riconoscimento della profonda incertezza o ignoranza rispetto a molti aspetti del mondo biofisico
e alle conseguenze dell’avanzamento tecno scientifico ha portato alla ribalta il principio di
precauzione, secondo cui di fronte a gravi minacce, è ragionevole e doveroso agire anche in
mancanza di evidenze scientifiche conclusive. A volte la precauzione è stata piegata a finalità
opposte, come nel caso del negazionismo del cambiamento climatico, secondo cui prima di
introdurre restrizioni alle attività industriali è prudente attendere un’evidenza scientifica
conclusiva. Negli ultimi anni autori STS come Latour e Isabelle Stengers hanno puntato
sull’intrusione di Gaia, ossia la necessità di riconoscere la portata e il carattere non negoziabile delle
dinamiche biogeologiche planetarie.

CAPITOLO 9

 DALLA MEDICINA SCIENTIFICA ALLA TECNO SCIENZA BIOMEDICA


A partire dalla metà del secolo scorso, le conoscenze e gli strumenti della medicina sono stati
impiegati nelle questioni prettamente sociali, al punto che un numero crescente di aspetti della vita
quotidiana vengono definiti in termini di problemi di salute; si evince una medicalizzazione della
società e concerne l’insieme dei processi mediante i quali le conoscenze mediche vengono estese a
differenti ambiti sociali, come la sfera pubblica e politica. Nelle nostre società, la cura e il benessere
sono dunque fortemente connessi all’elaborazione di nuove tecnologie mediche e di nuovi campi
del sapere scientifico che contribuiscono a ridefinire i confini istituzionali e l’autorità morale,
culturale ed etica tanto delle professioni mediche quanto della biomedicina nel suo complesso. A
tal proposito, l’aggiunta del prefisso bio a medicina riflette la compenetrazione tra le scienze
biologiche e della vita, da contaminazione fra discipline, culture professionali e organizzazioni
sanitarie ha trasformato la medicina in una biomedicina high tech. L’insieme di queste
trasformazioni rappresenta un oggetto di indagine centrale per gli studiosi STS interessati a
comprendere le relazioni tra la biomedicina e i diversi contesti culturali, politici ed economici, con
particolare attenzione alle dinamiche tra le pratiche locali e i processi globali di produzione e
circolazione di conoscenze e tecnologie.

 TECNO SCIENZA E PROCESSI DI BIOMEDICALIZZAZIONE: LO SGUARDO STS ALLA BIOMEDICINA


Il lavoro dei professionisti della salute è realizzato oggi in misura crescente all’interno di ambienti
ad alta intensità tecnologica. In tale scenario, la salute stessa è diventato oggetto d’attenzione
tecnologica, con l’obiettivo di ottimizzare il benessere globale della persona, anche quando non è
ammalata, e le sue prestazioni nel corso della vita quotidiana. A tal proposito, i test genetici diretti
al consumatore che vengono promossi attraverso spot pubblicitari televisivi o sui social network . Al
fine di comprendere l’esposizione della biomedicina a processi di innovazione ad alto contenuto
tecnoscientifico, gli STS portano alla luce le interazioni tra soggetti e organizzazioni e le tecnologie e
le conoscenze scientifiche. In linea con l’approccio, Adele Clarke e il suo gruppo di ricerca hanno
elaborato la teoria della biomedicalizzazione sostenendo che la biomedicina è stata trasformata
dall’interno da interventi tecno scientifici elaborati e da accordi sociali coprodotti che permettono
la loro implementazione. I fattori chiave della biomedicalizzazione sono cinque:
1. La trasformazione dell’organizzazione politico economica della biomedicina e la tendenza verso la
mercificazione della salute e la privatizzazione dei sistemi sanitari
2. Lo sviluppo di una biomedicina preventiva, basata su modelli di rischio e pratiche di
autosorveglianza che agiscono anche sui corpi in salute
3. La crescente ubiquità della tecnoscienza negli spazi della cura e della salute con una conseguente
molecolarizzazione della biomedicina
4. La complessificazione delle forme di produzione, condivisione e consumo di conoscenza biomedica
5. La trasformazione dei corpi e delle identità mediante strumenti e conoscenze volti non solo curare,
ma anche a migliorare e ottimizzare gli stili di vita entro dei binari biomedici.

 LA COSTRUZIONE DELLA TECNOSCIENZA BIOMEDICA


Uno dei principali obiettivi dell’indagine STS riguarda la costruzione della tecnoscienza biomedica.
Un primo filone di ricerca si concentra sui processi di produzione di nuove conoscenze biomediche
di nuove conoscenze biomediche, osservando il modo in cui i saperi esperti e i dispositivi
tecnologici vengono generati e trasformati mediante reti relazioni. Peter Keating e Alberto
Cambrosio hanno usato il concetto di piattaforme biomediche, per descrivere le configurazioni di
pazienti, operatori sanitari e attrezzature tecniche. Da questa prospettiva le pratiche scientifiche e
biomediche conducono alla identificazione di oggetti biologici, chiamati entità biocliniche, che
possono poi diventare elementi distintivi dei corpi dei pazienti. La definizione di queste entità può
modificare l’identità del paziente e la sua vita quotidiana, dando vita alla così definita identità
tecnoscientifica. Un secondo filone di ricerca riguarda lo studio del modo in cui la tecnoscienza
biomedica riesce a trasformare i corsi di vita quotidiana delle persone. Secondo Nikolas Rose,
infatti, le tecnologie mediche contemporanee non cercano solo di curare le malattie una volta
manifestate, ma di controllare i processi vitali del corpo e della mente, fungendo da tecnologie di
ottimizzazione. Tale definizione fa emergere l’intreccio fra tecnoscienza biomedica e vita quotidiana
e la sua rilevanza nel trasformare le modalità attraverso le quali il corpo è ricostruito
tecnologicamente. Inoltre, la ricerca ha sottolineato l’attenzione sui media come centri discorsivi di
discussione e costruzione della tecnoscienza biomedica. Infatti nella vita quotidiana le persone
sono esposte a una pluralità di informazioni riguardanti la salute, la malattia e il benessere e
identificano poi delle risorse importanti per l’acquisizione di competenze e conoscenze mediche e
possono legittimare nuove figure professionali ad agire in qualità di esperti della comunicazione
pubblica sui problemi di salute. Nel contesto della biomedicina contemporanea i media svolgono un
ruolo fondamentale con solo nella disseminazione di conoscenza, ma anche nella costruzione di
scenari di salute della biomedicina.
 ATTIVISMO DEI PAZIENTI, SALUTE DIGITALE E NUOVA BIOECONOMIA
La riduzione dell’asimmetria tra esperti e cittadini, insieme alla possibilità di accedere più
facilmente a informazioni e conoscenze attraverso i nuovi media, ha stimolato la partecipazione
attiva di gruppi informali e associazioni di pazienti alla ricerca scientifica. Una delle più importanti
indagini è stata condotta da Steven Epstein che ha analizzato il modo in cui gli USA gruppi di attivisti
hanno partecipato ai dibattiti sulle cause dell’AIDS, le competenze dei pazienti tradizionalmente
considerati dei non esperti, hanno avuto un ruolo cruciale, se non addirittura indispensabile, per
rinnovare in maniera più efficace le metodologie usate negli studi clinici dei farmaci. Inoltre vi sono
una serie di modelli che spiegano le relazioni di potere tra pazienti e professionisti della salute. Il
modello ausiliario circoscrive una forma di partecipazione in cui le organizzazioni dei pazienti
agiscono in modo subordinato rispetto alle istituzioni mediche, affidandosi quasi completamente
agli specialisti per prendere le decisioni sugli orientamenti della ricerca. Il modello emancipatorio
radicato nelle pratiche dei gruppi di mutuo-aiuto, si caratterizza invece per un più intenso
protagonismo dei pazienti nei processi decisionali della ricerca biomedica. Infine il modello
collaborativo vede i pazienti come soggetti promotori della ricerca scientifica sulla loro patologia,
stabilendo una distribuzione più equilibrata del potere decisionale tra esperti e non.
Inoltre il crescente utilizzo di tecnologie digitali identifica l’ambito della salute digitale e hanno
mostrato come internet e i nuovi media abbiano cambiato gli equilibri all’interno della tecnoscienza
biomedica, permettendo ai pazienti non solo di accedere a un numero crescente di informazioni
sulla salute, ma di produrle e condividerle in prima persona. Nel complesso si può osservare una
dataficazione della salute, ossia il crescente monitoraggio di un insieme di aspetti della vita
quotidiana precedentemente considerati irrilevanti per le attività mediche, ma che ora
rappresentano supporti diagnostici e terapeutici.
Nella gran parte dei paesi a capitalismo avanzato, la tecnoscienza biomedica è caratterizzata in
modo sempre più significativo da processi di finanziarizzazione: la ricerca scientifica, all’interno di
imprese biotecnologie o nelle università pubbliche, è legata a forme di proprietà intellettuale. La
mercificazione della salute configura il biocapitalismo, nell’ambito del quale si osserva la crescente
conversione in merce di dati medici, materie e processi biologici con l’obiettivo di estrarne valore
economico.

CAPITOLO 10
 IL GENERE NEGLI STUDI SOCIALI DELLA TECNOSCIENZA
La nozione di genere si riferisce ad una dimensione complessa identitaria, sociale e culturale. La
letteratura dei gender studies ha focalizzato l’attenzione sulle pratiche di genere per comprendere
le varie modalità attraverso le quali il genere si struttura nei corpi e nelle identità soggettive. La
tecnoscienza è coinvolta attivamente nei processi che concorrono alla costruzione dei corpi,
dell’identità di genere, della riproduzione e della genitorialità. Negli ultimi decenni l’estensione del
ruolo della medicina nelle relazioni sociali ha reso il corpo flessibile, capace di essere trasformato,
riconfigurato, plasmato. Ultimamente la relazione tra tecnoscienza e genere è stata analizzata da
diverse prospettive, che hanno messo in campo diverse concettualizzazioni della scienza e della
tecnologia, da una parte, e de genere dall’altra. Tra queste prospettive, particolarmente feconde
risultano le ricerche che, partendo dagli studi femministi sulla tecnoscienza, hanno fatta propria la
prospettiva STS.
 STS E FEMINIST STUDIES SULLA TECNOSCIENZA
In questo dibattito la contrapposizione nei confronti di una concezione neutrale della scienza e
della tecnologia costituisce il filo conduttore tra diverse visioni della tecnoscienza, identificata
talvolta come strumento di consolidamento delle gerarchie di genere nella società, talvolta come
dispositivo di destabilizzazione e di trasformazione delle differenze di genere. Questa prospettiva
ha imputato la disuguaglianza di genere nella scienza a un rapporto di subordinazione con il potere;
ha evidenziato gli stereotipi della mascolinità materializzati nei dispositivi sociotecnici e
sottolineato come le dinamiche di produzione, condizionate da relazioni di genere, determinino la
progettazione e la costruzione di artefatti tecnologici che definiscono usi e utenti. All’inizio degli
anni 90 irrompe nella sfera pubblica il cyber femminismo, una corrente in cui convergono una
pluralità di riflessioni e pratiche, che propone immaginari popolati da identità ibride che ritengono
superati i confini corpo-materia-macchina. A tal riguardo, la disincarnazione dei corpi sul web
sembra cancellare le differenze sessuali e di genere, permettendo un offuscamento dei confini tra
uomo e macchina, così come tra maschio e femmina. L’ottimismo di questa letteratura si
concretizza nella metafora del cyborg introdotta da Donna Haraway, che rappresenta quella
peculiare creatura contraddistinta da un’intrinseca necessità di evadere ogni forma di pensiero
dicotomico, ogni forma di razionalità strutturata intorno a dualismi. Il lavoro di Haraway ha
stimolato le analisi femministe nell’esplorazione di immaginari capaci di sovvertire l’ordine
tecnologico preesistente, mantenendo tuttavia vigile l’attenzione sugli effettivi sviluppi delle
tecnologie digitali e sui loro usi. Negli ultimi due decenni, in continuità con il femminismo post-
strutturalista, gli STS hanno teorizzato la relazione tra genere e tecnologia in un rapporto di
reciproco modellamento, analizzando il genere nella tecnologia e il genere della tecnologia, ma
anche il genere come prodotto della tecnologia. Da questo punto di vista, come sostenuto
nell’approccio tecnofemminista di Judy Wajcman, gli artefatti tecnologici sono sia l’elemento
condizionante, sia il prodotto delle relazioni di genere. Le relazioni di genere possono dunque
essere considerate da un lato come materializzate nella tecnologia, mentre dall’altro la mascolinità
e la femminilità acquisiscono a loro volta significato e carattere attraverso la loro iscrizione e
incorporazione nei dispositivi tecnologici.
 ASIMMETRIE DI GENERE NELL RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
Dagli anni 70 in avanti, numerosi studi hanno richiamato l’attenzione sulla sottorappresentazione
femminile della tecnoscienza, evidenziando la scarsa presenza di donne nei settori scientifici e
tecnologici e le statistiche ufficiali su scala nazionale e internazionale mostrano come il tema
dell’esclusione delle donne dalla scienza e dalla tecnologia sia ancora attuale. Queste disparità di
genere hanno conseguenze significative non solo sulle pratiche di ricerca, ma anche sui contenuti
della produzione della conoscenza scientifica, oltre che sulle biografie di ricercatori e ricercatrici. A
tal proposito Donna Haraway ha analizzato gli eventi storici, sociali e culturali che hanno portato
alla definizione del metodo scientifico sperimentale, osservando come l’oggettività l’universalità
della scienza siano state costruite entro una prospettiva fondata sull’esclusione epistemica delle
donne e sulla costruzione di un soggetto conoscente astratto, il testimone modesto, che si pone
fuori dalla scena nella quale l’oggetto di conoscenza si manifesta come tale, davanti al pubblico
invitato ad assistere all’esperimento.

 GENERE E TECNOLOGIE QUOTIDIANE


La stabilizzazione del significato moderno del termine tecnologico è il risultato di un processo
relativamente recente, avviatosi alla fine dell’ottocento e legato all’affermazione della professione
degli ingegneri nell’ambito di una èlite costituita da membri della classe media bianca statunitense
maschile. In riferimento al sapere tecnico delle donne, inoltre, le femministe STS hanno discusso la
rilevanza delle tecnologie per le pratiche di genere della vita quotidiana. La rivalutazione
dell’importanza delle tecnologie della cucina e dell’assistenza all’infanzia ha contribuito a
infrangere lo stereotipo che rappresenta le donne come incompetenti e assenti nell’ambito tecno
scientifico, mostrando al contempo come l’emarginazione delle donne dalla comunità tecnologica
abbia avuto una profonda influenza sulla progettazione dei dispositivi e degli artefatti tecnologici.
Inoltre la ricerca STS ha dato un contributo importante nella decostruzione delle dicotomie
progettista\utente e produzione\consumo, sottolineando la circolarità degli elementi che entrano
in gioco. Un esempio è fornito dal design del frigo elettrico, configurato in concomitanza con la
diffusione delle case unifamiliari nel secondo dopoguerra, quando si andava affermando una netta
separazione tra sfera domestica e sfera pubblica, imputando alle donne compiti ulteriori di gestione
del nucleo familiare. I risultati delle ricerche sull’intro delle tecnologie domestiche all’interno dei
contesti familiari evidenziano che i dispositivi tecnologici adottati hanno ridisegnato la distribuzione
del lavoro domestico, spesso aumentando il carico di lavoro e le aspettative di cura nei confronti
delle donne da parte di figli e mariti.
 GENERE E ICT
L’espansione del settore della Information and Communications Technology (ICT) è stata
considerata come un’opportunità per lo sviluppo di pratiche di eguaglianza capaci di inibire le
gerarchie di potere che definivano ruoli e competenze di genere tradizionali. L’ingresso del pc nelle
abituazioni private, per esempio, ha contribuito a trasformare in modo significativo le pratiche
sociomateriali che definivano i confini tra sfera privata, domestica e lavorativa, mettendo in
discussione con il telelavoro e con flessibilizzazione della distinzione tra tempo di lavoro e tempo di
vita; difatti il web, grazie a tali dispositivi, ha reso più permeabili i confini tra luogo di lavoro e
luoghi di vita privata e familiare. E’ bene però ricordare che le pratiche mediante le quali questo
processo dirompente di ri-articolazione delle sfere pubblica e privata sono differenziate per genere.
Ad esempio, è stato dimostrato da diversi studi sulla telefonia fissa che le donne utilizzano i telefoni
in maggior misura per la gestione e la cura familiare e delle relazioni parentali. Se per gli uomini la
tecnologia digitale ha consentito un traboccamento delle attività lavorative nei tempi e nei luoghi
deputati alla famiglia, infatti, per le donne emerge una pressione e accelerazione temporale delle
attività di gestione. A tal proposito, la storica Marie Hicks, rilevando una sistematica e marcata
esclusione delle donne nel mondo informatico, che ha generato a sua volta la perdita di prestigio e
forza nel settore, una scarsa presenza di donne specializzate nel settore ICT nel Regno Unito,
nonché un rafforzamento degli elementi stereotipicamente connotati al maschile nel design della
tecnologia. Nonostante gli sforzi finalizzati a porre l’attenzione sulla distinzione tra sesso e genere,
l’interfaccia tecnologica elabora il sesso biologico con il genere mostrando la capacità dei sistemi
sociotecnici di fungere da regimi regolatori che costringono gli utenti ad allinearsi rispetto a identità
eteronormative. A tal riguardo, nel web traspare la necessità di creare immagini normalizzate dei
corpi dei soggetti, che trovano nelle piattaforme in questione dei veri e propri strumenti di
costruzione di una nuova realtà estetizzata.

 CORPI E NUOVE ECOLOGIE TECNO-SCIENTIFICHE


Lo sviluppo della robotica è emblematico di quanto le pratiche di genere possano essere riprodotte,
rafforzate, e messe in discussione tramite dispositivi sociotecnici. Il corpo robotico è considerato
come una pratica corporea riflessiva, ossia una prassi sociale in cui il corpo è insieme oggetto di
progettazione e soggetto di apprendimento riflessivo. Le disruptive technologies, ossia quelle
tecnologie che dovrebbero produrre effetti dirompenti su pratiche e sistemi sociali stabilizzati,
possono favorire la ri-attivazione di valori di stampo patriarcale e conservatore, diventando così
strumento di politiche sociali conservatrici. Ciò si concretizza nella sostituzione degli umani con i
robot nelle pratiche di cura e di servizio domestico, nella progettazione dei robot di compagnia che
proiettano su di essi modelli di sottomissione e docilità già culturalmente rafforzati nelle gerarchie
di genere.

CAPITOLO 11

 LA PECULIARITA’ DEGLI STS PER LO STUDIO DEI MEDIA E DELLA COMUNICAZIONE

Lo studio dei media come oggetto autonomo si concretizzò solo nel secondo dopoguerra, grazie al
contributo di Marshall McLuhan, che formulò alcune idee in merito alla comunicazione,
proponendo un approccio volto a sottolineare che la rilevanza dei media nella società non concerne
esclusivamente i contenuti veicolati, ma anche le tecnologie mediali, in quanto contribuiscono a dar
forma ai contenuti. A partire da McLuhan, i media studies e la sociologia dei media hanno
sviluppato la tendenza a proporre teorie generali e astratte, basate su metafore. A tal proposito si
para-la di essenzialismo tecnologico, secondo cui le tecnologie mediali conterrebbero in astratto
caratteristiche date una volta per tutte, dalle quali si deducono le conseguenze che i media hanno
sulla società. Tali conseguenze, infatti, sono il prodotto di un processo che coinvolge aspetti tecnici,
contesti sociali e pratiche tecnologiche. Inoltre, una differente prospettiva allo studio dei media si è
sviluppata in Inghilterra e in Europa attorno i cultural studies, che hanno messo in luce l’importanza
del ruolo della cultura nella società. Questi ultimi, infatti, hanno posto attenzione sugli usi concreti
dei media da parte dei pubblici, mettendo in discussione il ruolo dei media come tecnologie, in
particolare attraverso il lavoro di Raymond Williams, il quale criticò le interpretazioni caratterizzate
da un eccessivo determinismo tecnologico (critica simile agli STS). L’apporto degli STS, a tal
proposito, mette in primo piano ulteriori aspetti dei media, contribuendo ad arricchire i precedenti
approcci: per gli STS, i media sono un insieme di artefatti e oggetti, associati a specifici contesti
sociali e legati ad attività concrete che riguardano sia la produzione che l’utilizzo delle tecnologie
mediali e che coinvolgono anche le organizzazioni, i gruppi e le istituzioni necessari per il loro
funzionamento.
 LA CRITICA AL DETERMINISMO TECNOLOGICO NELLA STORIA DEI MEDIA

Al fine di criticare gli approcci deterministici, dagli anni Duemila ha preso forma una sensibilità
differente nella ricostruzione della storia delle tecnologie mediali, influenzata direttamente dagli
STS. A tal riguardo, la storica Lisa Gitelman mise in discussioni le forme più lineari di ricostruzione
dell’evoluzione dei media, proponendo come esempio di nuovo approccio una storia parallela delle
fasi iniziali della diffusione del fonografo e del web, al fine di evidenziare che queste tecnologie se
studiate in parallelo risultano accomunate da una medesima risposta iniziale da parte della società.
Gitelman ha messo in luce che la ricostruzione storica dei media non significa solo mettere in fila
una serie di innovazioni tecnologiche e connetterle al contesto storico, ma chiedersi come
all’interno di una società, si attribuiscono particolari significati culturali a determinate tecnologie
mediali e come tali significati mutino nel tempo in relazioni ai cambiamenti del ruolo sociale delle
tecnologie. Un esempio emblematico di questo nuovo approccio alla storia dei media influenzato
dagli STS è il lavoro di Jonathan Sterne sull’evoluzione del formato musicale digitale MP3,
particolarmente diffuso nella prima fase di scambio online dei contenuti musicali all’inizio degli anni
Duemila e basato sulla compressione delle informazioni digitali grazie all’uso di un algoritmo.
Emerge inoltre un tema centrale per la prospettiva STS nei confronti della storia dei media: quello
della decostruzione delle narrative delle tecnologie vincenti, ovvero quella tendenza a raccontare
l’evoluzione dei media come una storia lineare e coerente, in cui strumenti tecnologici
sostituiscono vecchi media disfunzionali. Questo tipo di riflessioni si inserisce in una generale
tendenza a mettere in discussione la stessa distinzione tra media vecchi e media nuovi basata
sull’idea (Carolyn Marvin) secondo la quale tutti i vecchi media a un certo punto della loro
evoluzione sono stati nuovi, suscitando nel primo periodo della loro diffusione timori e speranze,
ma trasformandosi in modo significativo nel corso della loro diffusione all’interno della società.

 APPROPRIAZIONE E USI DELLE TECNOLOGIE MEDIALI


Alcuni studiosi di media hanno iniziato ad analizzare come le stesse tecnologie della comunicazione
possono essere interpretate in modi differenti da parte dei loro utilizzatori e che i significati
attribuiti a questi media dipendano in modo determinante dai contesti culturali in cui essi vengono
utilizzati. Tale tradizione di ricerca si è sviluppata grazie al lavoro del sociologo dei media Roger
Silverstone, che si ispirò agli STS per elaborare la teoria dell’addomesticamento dei media, secondo
cui quando gli oggetti tecnologici vengono introdotti concretamente nei contesti di vita quotidiana
essi assumono significati e valori differenti da quelli immaginati dai produttori e dalle industrie,
dipendendo dalle caratteristiche culturali e sociali di tali contesti. Silverstone evidenzia che il lavoro
di appropriazione delle tecnologie mediali include tanto un lavoro simbolico, per cui le persone
creano o trasformano i significati inscritti nella tecnologia, quanto un lavoro pratico, grazie al quale
gli utenti sviluppano un uso delle tecnologie coerente con le loro routine quotidiane.
I media presentano una doppia articolazione nel contesto sociale e devono essere studiati per i
testi che veicolano e per la loro forma tecnica e il significato che rivestono. Gli STS, nell’ambito dei
media, hanno attribuito importanza il ruolo attivo degli utilizzatori all’interno dei processi di
innovazione. Tale traiettoria di ricerca incentrata sugli utenti e sulle pratiche di utilizzo delle
tecnologie è divenuta un ambito di convergenza tra STS e media studies, in particolare su tre fronti:
l’addomesticamento delle nuove tecnologie mediali, il ruolo degli utenti come agenti di
cambiamento e le forme di resistenza nei confronti delle nuove tecnologie. Per quanto concerne
l’addomesticamento di nuove tecnologie, si può trarre in esempio la ricerca dell’uso delle
tecnologie musicali che ha evidenziato la differenza tra le pratiche musicali che caratterizzarono i
primi utilizzi della musica in formato mp3 e quelle degli impianti musicali hi-fi. Il ruolo degli utenti
come fonte di cambiamento dei media è ben rappresentato dalle forme di hacking, ovvero da quei
casi in cui gli utilizzatori sovvertono il funzionamento del computer e di altre tecnologie. Infine, per
le forme di resistenza da parte degli utenti, ci si può soffermare sul caso del ritorno in uso di
tecnologie mediali obsolete che rimangono in vita sotto la spinta dell’interesse degli users, come il
disco in vinile e la polaroid.

 LA MATERIALITA’ DEI MEDIA


Un fondamentale contributo degli STS per lo studio dei media consiste nel riconoscimento del ruolo
delle tecnologie della comunicazione come oggetti materiali e dunque di come sia necessario
considerare i significati attribuiti alla tecnologia e le sue caratteristiche fisiche e tecniche. A tal
riguardo, una definizione più specifica di materialità dei media consiste nel percepire le tecnologie
mediali come artefatti concreti, dotati di caratteristiche fisiche e tecniche, utilizzate a partire da
questi vincoli materiali. Considerare, ad esempio, la materialità di internet come un sistema
disperso e raccontato mediante metafore immateriali significa dare importanza al ruolo degli
oggetti tecnici e delle interfacce necessarie al suo funzionamento. Pertanto, porre in primo piano la
dimensione materiale delle tecnologie mediali contribuisce a riconoscere che si tratta di oggetti
definiti da particolari caratteristiche tecniche, progettate per funzionare in un determinato modo e
che i media hanno il potere di circoscrivere gli usi che ne vengono fatti. Un ulteriore aspetto relativo
alla materialità dei media concerne il fatto che nuove modalità di uso delle tecnologie alternative a
quelle iniziali richiedono spesso di modificare l’hardware dei media da parte degli utilizzatori al fine
di renderli adatti a differenti pratiche e contesti (es. Philadelphia). Un ultimo aspetto riguarda
l’importanza di porre l’attenzione sulle implicazioni ambientali delle tecnologie mediali: è stato
dimostrato, infatti, quanto i componenti dei dispositivi digitali richiedano un maggiore sfruttamento
delle miniere e dei materiali fossili.

 RETI DIGITALI, INFRASTRUTTURE E PIATTAFORME


Una prospettiva caratteristica per lo studio delle reti digitali è stata quella relativa alle
infrastrutture, le quali dimostrano che le tecnologie mediali non sono oggetti isolati, ma devono
essere considerate all’interno di una più vasta rete di relazioni sociali e materiali. A partire da una
prospettiva infrastrutturale, Parks e Starosielski hanno sottolineato che pensare i media come
infrastrutture consente di sviluppare tre questioni dei media studies: in prima istanza, l’importanza
dei processi di distribuzione dei contenuti mediali, messi da parte per processi più visibili di
produzione e consumo. Inoltre, una prospettiva infrastrutturale permette di considerare anche il
contributo degli utilizzatori delle reti digitali, spesso dipinti come attori passivi e privi della
possibilità di incidere sul funzionamento delle tecnologie mediali. In aggiunta, ha consentito di
ripensare al rapporto tra la conformazione tecnica delle reti e le politiche di gestione
sovrannazionale di internet (es. governance di internet).

CAPITOLO 12

 Il ruolo principale dei dati nella società attuale è quello di rendere pubblico quello che
normalmente non lo sarebbe, provocando ripercussioni nella sicurezza di alcuni luoghi la cui
organizzazione interna è particolarmente delicata. I dati sono, infatti, il prodotto di un processo che
assembla elementi eterogenei. A tal proposito, l’applicazione è un esempio emblematico, la quale
gode di sinteticità, accessibilità, mobilità. L’app, infatti, permette di avere gli stessi dati in maniera
funzionale e accattivante (sinteticità); i dati sono consultabili da più individui che coltivano gli stessi
interessi (accessibilità) attraverso le funzioni di condivisione ovunque si trasporti il dispositivo
(mobilità). Tale funzionamento consente un confronto diretto tra gli utilizzatori e il dispositivo,
pertanto, assume una funzione mediatrice: non solo gli vengono delegati compiti, ma senza di esso
l’utente non sarebbe in grado di accedere alla medesima serie di informazioni frutto della
combinazione di numerosi elementi eterogenei.

 WEB, UTENTI E INFRASTRUTTURE

Per quanto concerne la trasmissione dei dati, il web e le infrastrutture ad esso legate, assume un
ruolo di notevole importanza la cultura hacker. Difatti, gli hacker hanno sfruttato alcune peculiarità
tecniche dell’infrastruttura esistente per commutare il segnale analogico allo scopo di trasferire oltre che la
voce anche pacchetti di dati digitali. La cultura hacker ha contribuito ad affermare un modo differente di
rapportarsi alla tecnologia esistente, mostrando la possibilità di utilizzarla per scopi diversi rispetto a quelli
per cui era stata immaginata in ambiti militari e scientifici, ponendo le basi per le conversazioni online e la
condivisione di contenuti multimediali. Le possibilità aperte da questi utenti nella fase iniziale hanno dato
vita nel corso degli anni ad una rappresentazione di internet come di uno spazio libero. Tuttavia, il
successivo sviluppo di internet ha visto disinnescare parte di quel potenziale, conducendo il web nell’alveo
del mercato dei servizi commerciali. La commercializzazione dei servizi resi possibili da internet ha infatti
permesso lo sviluppo di un insieme di nuove imprese che hanno reso il web differente rispetto a quanto
auspicato dai visionari sostenitori: da uno spazio dove la libera condivisione dei dati era possibile a
chiunque possedeva le competenze informatiche per potersi muovere al suo interno, a uno molto più
accessibile ma più gerarchizzato e controllato. Difatti, con il tempo è diminuito il potere di controllo da
parte degli utenti che si è concentrato nelle mani di poche imprese commerciali e gli utenti sono stati
configurati come utilizzatori cui è stato riservato uno spettro di possibilità ridotto e controllabile. Inoltre, le
piattaforme e lo sviluppo dei social media hanno costruito il business della vendita di dati relativi a chi vi
accede, mercificando l’utente e le sue azioni online. Il data brokerage, ovvero la vendita di dati riguardanti
le persone e i loro comportamenti sul web, è diventata una delle trasformazioni più significative del
capitalismo contemporaneo, grazie allo sfruttamento delle attività online, molte delle quali vengono offerte
in modo apparentemente gratuito come le ricerche sui motori di ricerca o la posta elettronica. Inoltre, la
cosiddetta piattaformizzazione corrisponde all’ultima trasformazione di un processo di coevoluzione, che ha
visto interagire fra loro infrastrutture, utenti, dati e algoritmi.

 LA DATAFICAZIONE
Il processo di dataficazione consiste nel rendere fenomeni quantificabili mediante la loro
classificazione e rappresentazione in formato digitale, in modo tale da renderli calcolabili.
Una delle conseguenze della dataficazione è quella di tradurre fenomeni complessi che
possono essere comparati e analizzati con strumenti matematici, tuttavia nel contesto STS il
concetto di dataficazione ha esteso la sua portata per includere l’analisi di come questi dati
vengono prodotti, scambiati e venduti attraverso le piattaforme. In tal senso il ruolo
centrale assunto dalle piattaforme del web nel nostro quotidiano è stato analizzato da Van
Dick Poell e de Wall, secondo cui è possibile distinguere tra piattaforme infrastrutturali e
settoriali: il primo gruppo include le aziende che con le loro piattaforme mettono a
disposizione alcuni strumenti essenziali usati da altre piattaforme (GAFAM: Google,
Amazon, Facebook, Apple, Microsoft). Le piattaforme infrastrutturali offrono appoggio per
tutte le altre, in quanto detengono le credenziali di accesso e di pagamento degli utenti,
dunque tali piattaforme rendono possibile il lavoro di quelle settoriali, dedicate invece ai
servizi online specifici, che possono andare dall’acquisto di beni alla raccolta e diffusione di
notizie e formazione. Inoltre, uno degli ambiti STS in cui sono stati studiati i processi di
dataficazione è quello del self-tracking, ossia l’auto tracciamento di comportamenti e
funzionalità biologiche mediante l’utilizzo di app apposite su cellulari o strumenti tipo Apple
Watch. Oltre a produrre dati che verranno utilizzati dalle piattaforme, le pratiche di self-
tracking contribuiscono alla formazione e al consolidamento delle identità personali.
 GLI ALGORITMI
Un algoritmo funziona mediante dati in ingresso (input) che devono essere organizzati in
modo tale da poter essere gestiti secondo le operazioni previste dall’algoritmo stesso. Tali
algoritmi sono attivi nelle piattaforme di cui si fa un uso quotidiano e assumono un ruolo
attivo assegnando rilevanza ai contenuti cui accediamo e ci danno un supporto nella
definizione della nostra soggettività. Godono, pertanto, di una rilevanza sociale che deriva
da sei dimensioni. La prima è quella della definizione dei modelli di inclusione. Le euristiche
sono utili a tale scopo e producono modelli di inclusione poiché distinguono ciò che è valido
per il funzionamento dell’algoritmo da ciò che non lo è. Inoltre, le logiche di classificazione
sono rese operative in modo tale da recepire input e produrre output. Tale sistema sviluppa
cicli di anticipazione, seconda dimensione individuata da Gillespie. La terza dimensione è la
valutazione della pertinenza calibrata dall’utente. Inoltre, gli algoritmi che agiscono in
combinazione tra loro consentono alle piattaforme uno stato di continua evoluzione e
adattamento, che li rende meno trasparenti. Tale processo alimenta la quarta dimensione
descritta, ossia la promessa dell’obiettività algoritmica: il carattere tecnico e opaco
dell’algoritmo si pone come garanzia di imparzialità poiché non produce solo output, ma
realizza una messa in scena volta a confermare agli utenti l’affidabilità di quanto propone.
Dalle premesse del lavoro algoritmo, si giunge a quella che è la quinta dimensione,
l’integrazione degli algoritmi nelle nostre pratiche. Da un lato, difatti, gli utenti configurano
le proprie attività in risposta ai suggerimenti degli algoritmi con cui interagiscono e
dall’altro, gli algoritmi sono progettati per essere sensibili e reattivi rispetto al
comportamento degli utenti. La sesta dimensione, infine, riguarda la rilevanza sociale degli
algoritmi. Infatti, essi contribuiscono a costruire un pubblico calcolato che risulta funzionale
alle esigenze delle piattaforme stesse.

 DATI E ALGORITMI AL CENTRO DELLE TRASFORMAZIONI SOCIALI

Il buon funzionamento delle piattaforme consiste nell’offrire agli utenti una serie di
contenuti preselezionati dai loro algoritmi. L’agency degli stessi tende, pertanto, ad
escludere dall’orizzonte cognitivo degli utenti contenuti non coerenti con quanto è stato
calcolato in precedenza. Gli utenti saranno dunque spinti ad escludere sistematicamente
dalle loro possibilità ciò che non conoscono, ciò che non appartiene al loro bagaglio di
conoscenza. Al contempo essi tenderanno ad interagire con chi condivide il loro punto di
vista sul mondo, dando vita al fenomeno dell’echo chamber, secondo cui ciascuno viene
accompagnato all’interno di uno spazio dove finisce con l’ascoltare sempre una voce simile
alla sua. Gli utenti che navigano sulle piattaforme si trovano ad interagire quasi solo con
contenuti elaborati dal lavoro algoritmico.

CAPITOLO 13

 DAI SISTEMI SOCIOTECNICI AGLI AMBIENTI TECNOLOGICAMENTE DENSI

Gli studi organizzativi e del lavoro hanno valutato la tecnologia in un’ottica deterministica e
la sociologia dell’organizzazione l’ha considerata come una variabile indipendente, ossia
come un elemento esterno all’organizzazione stessa che segue dinamiche di sviluppo
proprie andando ad impattare sui processi di lavoro. A questa tipologia di impostazione fa
eccezione l’approccio sociotecnico, sviluppatosi in Gran Bretagna presso il Tavistock
Institute tra gli anni 50 e 70, e parte dal presupposto che nonni organizzazione siano
presenti due tipi di sistemi, uno di ordine sociale (fatto di ruoli, gerarchie e sistemi di
comunicazione) di ordine tecnico (fatto di macchine, dispositivi e risorse materiali).
L'organizzazione deve puntare all' ottimizzazione congiunta di entrambi i sistemi se vuole
mantenere il proprio equilibrio. Tuttavia, tale approccio non ha superato la dicotomia
tecnologia\organizzazione tipica dell’epoca, che viene successivamente messa in
discussione tra gli anni 80 e 90 a seguito degli studi di laboratorio e gli studi della pratica
scientifica. Tali studi misero in risalto come il lavoro degli scienziati si appoggi a strumenti e
macchinari, i quali rappresentano una componente imprescindibile del lavoro scientifico, in
quanto molti esperimenti non potrebbero essere condotti senza l’ausilio di specifici
strumenti.
Il fine ultimo, però, è stato quello di sviluppare ambienti tecnologicamente densi, in cui
lavorare implica pratiche esperte, umani e tecnologie lavorano insieme e l’interazione è
resa possibile dalle tecnologie. Ciò significa assumere una prospettiva relazionale e non
deterministica, che non assegni agli artefatti tecnologici un ruolo predefinito e che sia
invece interessata agli usi situati di questi ultimi, a seconda della rilevanza che per gli attori
essi rivestono nello svolgersi della quotidianità lavorativa.

 DALLA TECNOLOGIA IN SE’ ALLA TECNOLOGIA IN USO

La sociologia del lavoro e dell’organizzazione ha inquadrato spesso la tecnologia alla


stregua di un mezzo necessario alla fabbricazione di un prodotto o alla fornitura di un
servizio. Partendo da questa prospettiva, la tecnologia è stata tipicamente definita come un
qualcosa che viene progettato virgola che assume la forma del prototipo e che una volta
testato nella sua affidabilità tecnica viene introdotto nei luoghi di lavoro. In questi
presupposti è racchiusa l'idea della tecnologia in sé, ossia della tecnologia come fattore che
può essere allocato in forma ottimale e virgola soprattutto virgola che funziona ed è
efficace indipendentemente dai suoi utilizzatori e ambienti di uso pratico. Infatti, una
tecnologia può anche rompersi e perché funzioni correttamente è necessario che qualcuno
le presti periodicamente attenzione. La differenza principale che intercorre tra il concetto di
tecnologia in uso e quella di tecnologia in sé è la seguente: riguarda alla tecnologia e alle
sue potenzialità nel momento del suo utilizzo effettivo da parte di una comunità di
utilizzatori, mentre il secondo legge oggettino logici concentrati sulle loro caratteristiche
tecniche, ma senza prestare attenzione alle pratiche che ad essi si accompagnano appunto
concentrarsi sulla tecnologia in uso permette di portare la luce il lavoro invisibile con gli
utilizzatori sono chiamati affinché una tecnologia diventi disabile entro un'ecologia di
pratiche e relazioni organizzative appunto studiare la tecnologia in uso, infatti, vuol dire
analizzare la tecnologia come pratica sociale, ossia come traduttore di azione e processo di
negoziazione tra i lettori circa le modalità di lavorare.

 LA TECNOLOGIA COME PRATICA SOCIALE E COME LAVORO DI ARTICOLAZIONE

Un tratto comune agli studi di matrice e se TF aventi come oggetto la relazione tra
tecnologie e il lavoro è sottolineare la dimensione della pratica e dunque il carattere
intrinsecamente collettivo tanto della tecnologia quanto del lavoro. L'impiego di nuovi
macchinari e tecnologie comporta sempre una redistribuzione delle responsabilità tra gli
attori coinvolti e una modifica delle traiettorie d'azione che allineano le tecnologie alle
pratiche di lavoro punto da lì traiettorie d'azione sono di particolare interesse per gli assetti
S virgola in quanto costituiscono il lavoro di articolazione a cui gli attori sono chiamati Alfieri
di stabilire l'uso delle tecnologie. A discapito della sua importanza il lavoro di articolazione
rimani spesso invisibile proprio perché dato per scontato dai progettisti e incastonato nella
tecnologia messa a punto ad esempio, la possibilità per i medici di accedere a delle banche
dati aggiornati sui pazienti spesso implica un aggravio del lavoro del personale
infermieristico che deve inserire i dati affinché altri possano consultare punto il lavoro di
articolazione si concretizza inoltre in tutto ciò che gli attori fanno per supplire alle
mancanze della tecnologia sul lavoro quotidiano. la relazione tra tecnologia organizzazioni
si snoda pertanto mediante continui articolazioni e riarticolazione delle pratiche lavorative
nel tentativo di allineare studi umani e non umani.

 L’INGEGNERIA DELL’ETEROGENEO
Per via dell'attenzione verso il lavoro quale processo di coordinamento di diverse dei limiti,
gli effetti essi sono concentrati sui cosiddetti centri di coordinamento, quali day sale di
controllo del traffico ferroviario, aereo od alla metropolitana è stato proprio lo studio di
questo tipo di anni viti organizzativi fa permettere di definire la tecnologia come tratta
sociale, mettendo in evidenza come architetture, arredamento, telefoni, computer,
monitor, documenti, coinvolti nelle attività lavorative acquisiscano identità molteplici a
seconda della loro rilevanza per la pratica lavorativa in cui sono inseriti punto già prima
dello studio di centro di coordinamento tuttavia, John lo aveva denominato ingegneria dell'
eterogeneo il processo che rende relativamente stabile nel tempo e nello spazio
l'organizzazione di persone, testi e oggetti tecnologici o naturali che siano appunto secondo
lo ciò che chiamiamo il sociale e materialmente eterogeneo: discorsi, corpi, testi, macchine,
architetture, tutti questi elementi e molti altri sono implicati nel sociale e nella sua
performance. E’ sufficiente sostituire la parola sociale con organizzazione o lavoro per
capire come in ottica STS studiare le organizzazioni e il lavoro implichi partire dal
presupposto che questi siano il risultato della fusione congiunta di umani, tecnologie e
diversi altri tipi di artefatti materiali e simbolici. Il fatto di concepire l'azione come
distribuita tra umani e non umani costituisce un'importante punto di discontinuità con le
teorie organizzative tradizionali che vedono invece l'azione come una proprietà unicamente
umana nonché uno dei principali punti di contatto con l’approccio ANT. Infatti, gli studi
organizzativi e del lavoro sono stati influenzati in particolare dall’ ANT e dall'idea che
l'ordine sociale e le organizzazioni siano costituiti da attori umani e non umani che si
associano e si influenzano a vicenda e costruiscono delle reti di azioni. Infatti, un actor
network è contemporaneamente un attore la cui attività consiste nel mettere in rete
elementi eterogenei e una rete in grado di ridefinire e trasformare ciò di cui è fatta. A tal
riguardo, tra numerosi studi che hanno mostrato come l'attività organizzativa sia
interpretabile alla stregua di un processo eterogeneo, può essere utile riprendere quello
condotto da Lucy Suchman, a proposito della progettazione di un ponte negli USA. L’autrice
riprende il concetto di ingegneria dell’eterogeneo per mostrare come le attività
dell'organizzazione richieda una costante performance di forme disomogenee di azioni e di
ciò che Latour ha definito allineamento di differenti elementi. Mostra infatti come nelle
controversie in problemi che costellano la costruzione di un ponte vi siano almeno due
diversi artefatti in questione, ognuno sorretto da reti nazioni diverse che devono in qualche
modo essere allineati. Gli ingegneri fanno riferimento a quella che è la loro pratica
professionale e al rispetto di quanto pianificato. Il concetto di ingegneria dell'eterogeneo
intende dunque sottolineare come il lavoro di costruzione della tecnologia sia anche un
lavoro di organizzazione e viceversa come processi organizzativi comprendano
l’allineamento di numerosi artefatti materiali dei materiali.

 LA SOCIOMATERIALITA’ DELLE PRATICHE DI LAVORO E DEI PROCESSI ORGANIZZATIVI


A seguito delle ibridazioni venutesi a creare tra STS e sociologia dell'organizzazione e del
lavoro, il dibattito si è focalizzato in particolare sulla diminuzione socio materiale delle
pratiche lavorative. Il concetto di socio materialità vuole mettere l'accento su come il
sociale e il materiale siano indissolubilmente legati e quindi su come le pratiche
organizzative e di lavoro abbiano sempre carattere socio materiale. La nozione di socio
materialità presume che non vi siano entità indipendenti con caratteristiche intrinseche e
date a priori. La distinzione tra umani che artefatti infatti in questa prospettiva è solo
analitica. Una prospettiva socio materiale delle organizzazioni e il lavoro infatti ha alcune
conseguenze anche in termini metodologici. Innanzitutto, richiede di prestare attenzione
alla questione dei confini e dei diversi tipi di boundary work attraverso il quale una data
entità viene delineata come tale. In secondo luogo, vista l'attenzione per la dimensione
processuale e pratica tanto del lavoro quanto delle organizzazioni, una prospettiva sociale
materiale richiede l'adozione di metodologie di indagine di tipo etnografico, capaci di
restituire una ricostruzione dettagliata degli aggravamenti tra sociale e materiale così come
della costruzione dei confini che li separano. Ill concetto di socio materiale deriva dalla
ricerca condotta da Karen Barad sul lavoro dei fisici quantistici e riprende quello di
materiale semiotico già adottato da Donna Haraway e dall’ ANT. Alla base di entrambi i
concetti vi è l'idea che la realtà e le pratiche d'azione siano sempre il frutto di un
assemblaggio di materia e significato, ovvero di ciò che Barad definisce come entanglement
socio materiale: non esiste un sociale che non sia anche materiale e nessun materiale che
non sia anche sociale. Inoltre, secondo alcuni autori ciò che chiamano realtà è
ontologicamente socio materiale e dunque qualunque distinzione tra sociale e materiale è il
frutto di un taglio analitico operato a posteriori, che disturba e segna proprietà diverse a ciò
che invece sarebbe da intendersi come un tutto unico.

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