Sei sulla pagina 1di 87

1

SOCIOLOGIA GENERALE
INTRODUZIONE ALLA SOCIOLOGIA
Qual è l’oggetto di studio della sociologia?
L’oggetto di studio della sociologia è la società.
Inizialmente la sociologia ha fatto fatica ad affermarsi come disciplina perché non si
riusciva a definire in modo chiaro e specifico la società, ovvero l’oggetto di studio
della sociologia  per questo motivo la sociologia è nata molto tardi rispetto
all’economia.
I padri fondatori della sociologia sono stati Comte, Marx, Durkheim e Weber.
La sociologia come disciplina manifesta un’accentuata dispersione teorica,
metodologica e tematica, ovvero esistono tante tipologie di sociologia come ad
esempio la sociologia dell’economia, del lavoro, della famiglia, della globalizzazione
ecc.  quindi vi è un pluralismo teorico e metodologico che caratterizza questa
disciplina.
Ci sono due grandi motivi storici che hanno dato vita a questa eterogeneità: da un
lato la storia della disciplina e dall’altro l’epistemologia.
La storia della sociologia per quasi tutto l’800 e buona parte del ‘900 si è divisa fra
due grandi anime differenti: l’approccio weberiano e l’approccio durkheimiano.
L’epistemologia è lo studio delle caratteristiche delle conoscenze scientifiche.
Si parla di incerto status epistemologico  nel senso che dal punto di vista della
conoscenza, nel corso della storia, si sono sempre contrapposti due grandi gruppi di
discipline  da un lato le scienze naturali e dall’altro le scienze umane.
Un grande dibattito che ha avuto luogo in Germania ha portato alla collocazione
della sociologia a metà strada tra le scienze umane e le scienze naturali, cioè
ritenendo che la sociologia potesse rappresentare una terza cultura.
A questa conclusione ci si è arrivati andando a considerare non solo gli oggetti di
studio delle varie scienze, ma anche il linguaggio utilizzato da queste discipline.
Com’è possibile che una disciplina così conflittuale al proprio interno riesca a
sopravvivere?
I sociologi si sono divisi tra chi predilige metodi quantitativi e chi metodi qualitativi.
Entrambe queste posizioni hanno dei limiti  i sociologi qualitativi sono di solito
accusati di perdita di rigore scientifico mentre i sociologi quantitativi sono accusati
di perdere molti dettagli e sfumature importanti a livello di significato.
Quindi da un lato si predilige la capacità di generalizzazione (sociologici quantitativi)
e dall’altro si preferisce il rispecchiamento della complessità (sociologici qualitativi).
2

Tra questi due gruppi che convivono all’interno della comunità sociologica c’è un
gruppo di mediazione che combina metodi quantitativi e metodi qualitativi in modo
idoneo  eppure non ci dovrebbe essere nessuna opposizione di principio nella
formazione di un sociologo tra l’essere quantitativo e l’essere qualitativo perché
l’oggetto di studio di cui si occupa può essere studiato mediante entrambi i metodi a
seconda della specifica domanda di ricerca.

SOCIOLOGIA IN ITALIA
 La sociologia in Italia non ha gradito di finanziamenti adeguati.
 La prima cattedra di sociologia in Italia risale al 1943 (Firenze) e affidata a Camillo
Pellizzi.
A causa della guerra e quindi del regime fascista però questa cattedra venne
sospesa per ragioni politiche e venne poi restituita al termine del regime.
 La prima facoltà di sociologia si ha a Trento.
 In Italia c’è stata una prima importante fondativa di sociologi negli anni ’50 di cui
facevano parte Francesco Alberoni, Luciano Gallino, Franco Ferrarotti, Angelo
Pagani e Alessandro Pizzorno.
 Se negli anni ’50 c’è stata una fioritura, negli anni ’70 invece la sociologia ha
subito una forma di declino, infatti alla fine degli anni ’70 le cattedre di sociologia
erano pochissime  quindi si può dire che la sociologia in Italia ha subito degli
alti e bassi.
 La sociologia in quegli anni era intrisa di marxismo, ma anche molto dal pensiero
del sociologo Parsons.
Parsons in America tra gli anni ’50 e ’60 ha cercato di rifondare la sociologia
fondendo da un lato il pensiero di Weber e dall’altro lato il pensiero di Durkheim.
 Dagli anni ’70 fino al 2010 la sociologia in Italia ha avuto un boom di cattedre e
studenti.
 In Italia sono tre i nomi ricordati: Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca e Robert
Michels.
Questi tre autori sono definiti teorici delle élite perché si sono occupati di
studiare il problema della formazione e del potere delle classi dirigenti.
Essi hanno contribuito alla sociologia italiana, ma senza lasciare scuole
sociologiche in eredità alla sociologia italiana.
3

TIPI DI SOCIOLOGIE E DIVISIONE DEL LAVORO SOCIOLOGICO


La sociologia ha vissuto momenti di gloria e momenti di declino in rapida alternanza.
Il sociologo Goldthorpe ha proposto di cambiare lo status epistemologico della
disciplina.
Egli ha scritto un saggio che si intitola “On sociology” in cui cerca di spiegare come è
fatta la disciplina al proprio interno.
Secondo Goldthorpe si possono individuare quattro tipi di sociologia:
1. Sociologia espressiva  ad esempio è espressiva la sociologia di Goffman che ha
immaginato la società come una rappresentazione teatrale, egli ha paragonato la
società ad un teatro in cui gli attori/agenti sociali recitano delle parti sulla ribalta
e nel retroscena hanno la possibilità di cambiare le loro maschere.
Sociologia espressiva significa interpretare l’idea di società e di agente sociale e
tentare di sottolineare certi aspetti come ad esempio l’importanza dei ruoli
sociali in Goffman a discapito di altri.
2. Sociologia critica  si pone come obiettivo quello di evidenziare dei problemi
sociali e di tentare di proporre delle soluzioni.
Per esempio è un’opera di sociologia critica quella dedicata alle disuguaglianze
relative all’istruzione.
Questo tipo di sociologia non è solo critica nel senso di criticare problemi e
aspetti della società che potrebbero essere migliorati, ma è critica anche in modo
riflessivo, cioè è una sociologia che si guarda allo specchio e si interroga sui
propri limiti e sui propri metodi.
3. Sociologia descrittiva  il presupposto di questa sociologia è che buone
descrizioni della società sono utili.
Buone descrizioni non solo in senso che le descrizioni sia quantitativamente
rilevanti per quanto riguarda ampie fasce della popolazione, ma soprattutto che
mostrino i nessi e le relazioni tra variabili.
Quindi per Goldthorpe è quella sociologia che si propone di fornire dei quadri
dettagliati dei nessi che sussistono tra le variabili.
4. Sociologia scientifica  questa sociologia è quella che secondo Goldthorpe
sarebbe da preferire.
Secondo Goldthorpe questa sociologia è ancora nella sua fase embrionale e
quindi è ancora tutta da costruire, ma egli crede che una volta costruita sarà la
soluzione per riscattare il prestigio della disciplina che significa tornare ad avere
finanziamenti per la ricerca.
QAD + RAT per Goldthorpe è la soluzione.
QAD  sta per “quantitative analysis of large datasets”, quindi grandi basi di dati
che devono essere analizzati in modo statistica  orientamento quantitativo.
4

Queste per Goldthorpe sono le premesse di una sociologia scientifica


RAT  sta per “rational choice theory”, è il paradigma che immagina gli attori
come razionali, auto interessati, dotati di sufficienti conoscenze delle risorse
disponibili e anche delle alternative di azione disponibili con ordinamenti delle
preferenze internamente coerenti e orientati alla massimizzazione della propria
funzione di utilità  orientamento teorico o meglio paradigma.

 secondo Goldthorpe si avrà una sociologia scientifica solo se si


interpreteranno queste enormi basi di dati attraverso il paradigma della rational
chioice.
Questo è il suo obbiettivo, ma Goldthorpe sa che anche questo tipo di sociologia
ha dei limiti, come ad esempio che grandi basi di dati sono disponibili solo per la
modernità avanzata e quindi non sono disponibili per indagini storiche o
longitudinali.

Questa proposta di Goldthorpe ha avuto molto successo anche perché ha trovato un


degno avversario nella controproposta di Burawoy.
Burawoy è erede del pensiero marxiano e sostiene che la sociologia nacque con
l’ispirazione di essere quell’angelo della storia impegnato nella ricerca di un ordine
tra le rovine della modernità e capace di salvare le speranze del progresso.
Quindi Burawoy torna a Marx ed evidenza come la vocazione pubblica migliorativa
nei confronti del mondo sia connaturata all’origine della sociologia  questa
secondo Burawoy era la vocazione originaria tradita poi nel tempo da molti,
soprattutto da coloro che hanno preferito dedicarsi ad una sociologia accademica e
quindi non aperta alla discussione di temi pubblici ( si fa riferimento alla torre
d’avorio, ovvero l’università).
L’obiettivo che Burawoy assegna alla sociologia pubblica è quello di trasformare
problemi privati in questioni pubbliche, cioè far intendere agli agenti sociali che i
problemi hanno un’origine sociale.
Quindi l’idea di Burawoy è quella di tornare tra le persone, ovvero tra gli agenti
sociali e chiedere loro quali sono i problemi che meriterebbero l’attenzione dei
sociologi .
Ma Burawoy non crede che la sociologia pubblica sia l’unico tipo di sociologia
legittima e possibile, ma ne menziona altri tre: c’è una sociologia professionale
definita operativa da Burawoy, ovvero ci sono dei temi che vengono dati ai sociologi
su commissione.
Anche Burawoy, come Goldthorpe, cita la sociologia critica perché riconosce che la
sociologia ha in sé questo orientamento autoriflessivo di ragionamento sul proprio
5

operato/sui propri metodi.

Prendo in considerazione due variabili:


 Sapere strumentale  medita sui mezzi per ottenere certi fini
Sapere riflessivo  medita sui fini stessi.

 Pubblico accademico  ad es. gli studenti


Pubblico extra accademico  tutto ciò che è fuori dall’università e dalla
disciplina.

Incrociando queste due variabili ne consegue che:


Il sapere strumentale con un pubblico accademico dà vita alla sociologia
professionale.
Il sapere strumentale con un pubblico extra accademico dà vita alla sociologia di
policy.
Il sapere riflessivo con un pubblico accademico dà vita alla sociologia critica.
Il sapere riflessivo con un pubblico extra accademico dà vita alla sociologia
pubblica.

 secondo Burawoy questa divisione del lavoro sociologico non è mutuamente


esclusiva, cioè questi 4 tipi di sociologia devono rimanere distinti, ma
complementari.

SIGNIFICATI DI SOCIETA’
L’idea di società è cambiata nel tempo.
Il termine società ha origine dalla parola latina “socius”.
Nell’antichità il concetto di società era intrinsecamente legato all’idea di comunità
giuridico - politica.
La sociologia nasce tardi rispetto ad altre discipline proprio perché non aveva un
oggetto specifico.
** L’importante sociologo – economico Karl Polanyi ha provato a capire e ad
illustrare le ragioni per cui l’economia nasce tardi (nel ‘700) rispetto alle altre
discipline  secondo Polanyi il problema è che la dimensione economica era
incastonata all’interno di altri legami, per esempio legami politici o sociali.
Nelle società antiche le società vivevano di scambi basati sulla reciprocità  lo
scambio economico veniva regolato da legami di natura parentale o di appartenenza
al clan.
Secondo Polanyi in questa situazione primitiva il fatto economico non emerge come
distinto dalla società e dalla politica.
6

Il modo di concepire gli scambi è il dono che è costituito da un triplice obbligo:


obbligo di dare, obbligo di ricevere e obbligo di ricambiare  questo meccanismo
secondo Polanyi è il prototipo dello scambio economico originario basato sulla
reciprocità.
Polanyi riconosce che l’economia come scambio economico è fortemente connesso
alla dimensione politica.
Tutto cambia quando emerge il mercato autoregolantesi basato solo sulla legge
della domanda e dell’offerta  solo qui emerge l’oggetto dell’economia e diventa
studiabile di per sé. **

I CLASSICI DEL PENSIERO SOCIOLOGICO


AUGUSTE COMTE (1798 – 1857)
Si possono distinguere tre tappe del pensiero di Comte:
1. Fase della giovinezza  giovane e neolaureato in Francia scrive una serie di saggi
che vengono raccolti sotto il nome di “Opuscoli di filosofia sociale”.
Gli “Opuscoli di filosofia sociale” sono uno studio della società e dei conflitti
sociali del suo tempo.
Secondo Comte la causa di tutti i conflitti sociali, che sono emersi nel suo tempo,
è la contraddizione tra un ordinamento sociale teologico e militare che sta per
scomparire e un ordinamento sociale nuovo scientifico e industriale che sta per
nascere.
Comte è un ammiratore della società scientifica e della scienza in generale 
infatti uno dei suoi più grandi desideri è proprio quello di creare una fisica della
società, cioè studiare la società in modo scientifico.
Secondo Comte questa contraddizione tra i due ordinamenti non può che
risolversi a favore della società di tipo industriale e scientifica  questo per
Comte è inevitabile.
Secondo Comte la sociologia deve comprendere questo divenire necessario che è
indispensabile e inevitabile.

2. Fase della maturità  questa tappa si colloca tra il 1830 e il 1842 con il corso di
filosofia positiva (= per Comte positivo è sinonimo di scientifico).
Le idee di Comte non sono cambiate rispetto agli scritti giovanili, però riesce ad
individuare all’interno di questo sviluppo della società, che ritiene necessario, le
due leggi fondamentali: la legge dei tre stadi e la legge di evoluzione delle
discipline scientifiche.
Questa seconda tappa raccoglie la sociologia dinamica di Comte.
7

La legge dei tre stadi  secondo Comte lo spirito umano è passato attraverso tre
stadi fondamentali:
 1° stadio  definito da Comte teologico.
Spiega i fenomeni attribuendoli a forze che sono paragonabili all’uomo stesso.
 2° stadio  definito da Comte metafisico.
Lo spirito umano qui evoca delle entità astratte; quindi, si perde il carattere
antropomorfizzato che era tipico del 1° stadio.
 3° stadio  definito da Comte scientifico o positivo.
La parola positivo deriva etimologicamente dal latino positum (= ciò che è
posto).
In questo stadio l’uomo osserva fenomeni naturali e sociali e si concentra
sulle connessioni/sui nessi che esistono tra fenomeni.

 secondo Comte questa legge fondamentale è indipendente da tutto.

Comte è talmente convinto che il pensiero umano si sviluppi in questo modo che
elabora anche un’evoluzione delle discipline scientifiche  immagina che le
discipline scientifiche si siano evolute nel tempo a partire dalla più semplice alla
più complessa sia per quanto riguarda il loro oggetto sia per quanto riguarda le
leggi che regolano i fenomeni.
Alla base della piramide delle scienze Comte colloca la matematica, poi
l’astronomia, la chimica, la biologia e infine al vertice la sociologia.

Quindi per Comte la legge dei tre stadi ha un senso rigoroso solo se viene
collegato con la classificazione delle scienze.
La classificazione delle scienze ci rivela l’ordine nel quale l’intelligenza diventa
positiva nei diversi campi.
Comte sovrappone l’idea di uno sviluppo storico delle discipline ad uno sviluppo
dell’intelligenza umana nel suo complesso.
Secondo Comte dalla biologia in su verso la sociologia il metodo delle scienze
cambia  le scienze non sono più analitiche come era la matematica o la fisica,
ma diventano sintetiche, cioè la sociologia e la biologia a differenza delle altre
scienze si occupano di organismi  emerge una visione organicistica, ovvero
pensare l’oggetto di studio come un insieme di parti interconnesse tra loro
ciascuna specializzata in una propria funzione che devono collaborare al
benessere dell’organismo  sociologia statica (quando parla di organismi).
Secondo Comte trasponendo questa metafora dall’ambito biologico a quello
sociale ne deriva l’idea che non si può comprendere fino in fondo un fenomeno
8

sociale se non lo si colloca nella sua posizione rispetto all’intero.

 per Comte l’oggetto della sociologia è lo studio di nessi (o relazioni) relativi


alla struttura della società.
Quindi l’obiettivo della sociologia è quello di studiare le leggi dello sviluppo della
società.
Comte immagina una scienza della società e quindi un sapere nomotetico (=
sapere che va alla ricerca di leggi universali e necessarie che valgano in tutti i
tempi e in tutti i luoghi).

 quindi la sociologia in Comte è una scienza di tipo nomotetico.

3. Fase dell’anzianità  questa fase è segnata dall’incontro con Clotilde de Vaux.


Questo incontro cambia radicalmente l’approccio di Comte non solo alla politica
e alla storia, ma anche alla sociologia.
Comte si focalizza su quelle dimensioni antropologiche e mistiche che nelle due
fasi precedenti non erano presenti  quindi abbandona quello spirito positivo
(scientifico) e inizia a parlare di religione dell’umanità.
Secondo Comte l’idea di fondo è che la storia nel tempo porti a compimento
tutto ciò che c’è di meglio nella natura umana.

** Comte ha in mente in modo molto chiaro come dovrebbe essere la sociologia 


pensiero normativo relativo alla sociologia, ma anche a tutte le altre scienze.
Secondo il Comte della giovinezza e della maturità l’obiettivo è la convergenza verso
un sapere scientifico (positivo)  da qui nasce l’interesse, soprattutto nella fase
della maturità, per lo studio dei metodi applicati nelle altre scienze e anche per i
risultati fondamentali conseguiti da ciascuna di queste scienze.
Il compito che Comte assegna alla sociologia è risolvere quella che egli percepisce
come la crisi della società francese del suo tempo che però per generalizzare diventa
per Comte la società in generale e lo sviluppo dell’intelletto umano.
Dunque Comte ha questa duplice anima di scienziato e riformatore.
Da qui questo forte orientamento normativo  quindi per Comte la sociologia che
sta per nascere deve essere una disciplina utile al miglioramento della società.**
9

Al di là delle tappe del pensiero di Comte vi sono tre grandi temi interconnessi fra
loro:
 La nascita della società industriale  la nascente società industriale per Comte
ha un carattere paradigmatico (in senso normativo), cioè diventerà esemplare
per tutta l’umanità.
Comte ha intuito che il futuro delle società moderne sarebbe stato quello delle
grandi società industriali e l’ha intuito perché c’è qualcosa nella società
industriale che suggerisce una vocazione universale, cioè l’organizzazione
positiva (scientifica) del lavoro  questa è la condizione essenziale per la
crescita economica.
 Duplice universalità del pensiero scientifico  il pensiero scientifico ha una
vocazione universale per Comte nel senso che tutti i membri del genere umano
una volta constatati i successi del pensiero positivo saranno naturalmente portati
a adottarlo.
Se il metodo scientifico è riuscito a dare risultati così buoni nelle scienze naturali
perché non dovrebbe essere applicato anche a quelle sociali?
Questo è ciò che si domanda Comte, ma in realtà non è scontato che sia così 
invece per Comte era evidente la trasponibilità del metodo delle scienze naturali
alle scienze sociali.
 Il provvidenzialismo (= determinismo)  in Comte, soprattutto nella terza tappa
del suo pensiero, il divenire della specie umana è ricondotto verso un disegno
unico.
Ma se si va verso un’uniformità della mente umana, dello sviluppo umano e della
società, allora come si può spiegare la diversità la cui evidenza empirica è
innegabile?
Comte si pone questa domanda e individua tre principali fattori:
 Clima
 Ambiente
 Azione politica  l’esempio che porta Comte a sostegno dell’importanza
dell’azione politica è relativo al caso di Napoleone Bonaparte.
Secondo Comte, Napoleone non aveva capito che lo spirito della società del
proprio tempo fosse già pre – orientato prima della sua ascesa al potere,
quindi Comte accusa Napoleone di un radicale fraintendimento della società
del proprio tempo  avrebbe fatto un inutile tentativo di restaurare un
regime militare che non era più desiderato dalla società del proprio tempo.

 per Comte il ruolo della politica è importante nel senso che sostiene che il
cammino della storia non può essere cambiato dalla politica perché le leggi del
10

suo sviluppo gli sono intrinseche e sono quelle che la sociologia deve studiare,
però la politica può accelerare o rallentare i tempi di questo sviluppo e in
particolare può ridurre i costi del progresso.

Riflessività della ricerca sociale


Per Comte la ricerca sociale è riflessiva in due sensi:
1. Da un lato c’è una riflessione su quale sia l’oggetto della sociologia  l’oggetto
società diventa visibile secondo Comte grazie allo sviluppo storico perché
secondo lui la Rivoluzione francese ha conferito l’idea che l’assetto societario
possa essere trasformato/cambiato.
2. Dall’altro lato c’è una riflessione sui fini della scienza sociale  la sociologia è un
prerequisito fondamentale per una buona azione politica secondo Comte.

ALEXIS DE TOCQUEVILL (1805 – 1859)


 Questo pensatore francese è stato un grande stimatore e studioso di
Montesquieu; quindi, si tratta di due pensatori politici.
 Come Comte anche Tocqueville scrive durante la Rivoluzione Francese.
 Nel mondo anglosassone la sua opera “Democrazia in America” si è affermata
come una dei primi veri testi di sociologia.
Infatti, nel mondo anglosassone Tocqueville viene considerato tra i padri
fondatori della sociologia.
 Tocqueville è il primo vero sociologo a adottare un disegno della ricerca
comparativo.
Egli studia le analogie e le differenze tra la società francese e quella americana e
lo fa da un punto di vista politico ed economico.
 Due principali opere:
 Democrazia in America  dedicata agli Stati Uniti
 L’Antico regime e la Rivoluzione  dedicata alla Francia.

Per quanto riguarda l’opera “Democrazia in America”, è il frutto di un viaggio che


Tocqueville si è concesso nel corso della sua vita.
In questo libro Tocqueville si domanda perché in America la società democratica
sia liberale.

Invece, per quanto riguarda l’opera “L’Antico regime e la Rivoluzione”,


Tocqueville si domanda perché la Francia nella sua evoluzione verso la
democrazia faccia così fatica a conservare un regime liberale.
11

Tocqueville nelle sue opere non da una definizione chiara del termine
democrazia, ma si può intuire che per egli sia sinonimo di uguaglianza delle
opportunità  fa riferimento al fatto che una società è democratica quando le
disuguaglianze non sono ereditarie, ovvero l’essenza della democrazia per
Tocqueville è che gli status sociali non siano ascritti, ma che si possano acquisire
 questo intende per uguaglianza delle opportunità.
Questo assetto socio – politico comporta che la sovranità politica sia detenuta
dall’insieme degli individui.

 Tocqueville è convinto che lo scopo primario della società democratica sia quello
di promuovere il benessere del maggior numero, in particolare Tocqueville
immagina una società democratica come una società prospera e socialmente
ordinata  questo tipo di società è un modello di società neoborghese e
Tocqueville oscilla nei suoi giudizi perché da un lato ha simpatia per l’idea di una
società in cui vi sia uguaglianza delle possibilità, ma dall’altro lato nutre delle
ostilità.
 Tocqueville ha interiorizzato quella che viene definita la libertà dei moderni.
Egli ha una duplice concezione della libertà  da un lato riconosce che libertà è
assenza di arbitrio, mentre dall’altro lato crede anche che la libertà richieda una
divisione dei poteri.
 Il problema teorico su cui Tocqueville pone l’attenzione è come rendere
compatibili di fatto l’uguaglianza e la libertà  Tocqueville crede che questo
connubio sia possibile solo grazie allo sviluppo economico.

Opera: “La Democrazia in America”


 quest’opera esamina le cause che rendono liberale la democrazia in America.
La prima osservazione che fa Tocqueville ha a che vedere con la situazione storico -
geografica degli USA, cioè in USA le terre libere per la conquista sembrano
sconfinate; quindi, non c’è un problema di limitatezza della terra  da un punto di
vista socioeconomico ne deriva che non si è affermata una classe aristocratica
terriera detentrice delle poche terre disponibili.
Tocqueville prende in considerazione anche il frame culturale, etico e religioso sei
suoi abitanti.
Inoltre, secondo Tocqueville l’assetto federale in USA comporta l’assenza
costituzionale di dogane interne tra i diversi stati e in questo modo si promuove la
circolazione di persone, beni e servizi.
 Differenza tra società americana e società francese:
12

Libertà di associazione vigente in America  Tocqueville viene da uno stato francese


fortemente centralizzato a livello politico e dove c’è un forte gap tra centro politico
e cittadini.
Questo gap (divario) in America invece è coperto dalle associazioni volontarie.
Tocqueville è affascinato da questa libertà in America perché questi gruppi di
cittadini che si organizzano indipendentemente dal centro politico creano quella che
Tocqueville definisce società civile.
Tocqueville è affascinato anche dalla diversa impostazione etica della società 
enfatizza molto la religione puritana perché in Francia la religione la definisce “della
paura e del castigo”, cioè viene vissuta dai fedeli come se vivessero nel terrore del
peccato.
La religione puritana è settaria  qui Tocqueville anticipa Weber per quanto
riguarda la relazione intrinseca tra l’etica protestante e lo spirito del capitalismo
perché Tocqueville vede in questa religione, ovvero quella puritana, qualcosa che
favorisce lo spirito del capitalismo tramite l’etica del lavoro e del sacrificio.

 Tocqueville si convince che gli americani abbiano interiorizzato una morale scritta
nella coscienza individuale.

L’osservazione più importante che fa Tocqueville è l’istituzione della schiavitù 


Tocqueville durante il suo viaggio in America decide di percorrere il fiume Ohio e
rimane sbalordito da una serie di differenze tra la riva destra e la riva sinistra del
fiume.
In Ohio vede abitazioni diroccate, campi abbandonati, mentre in Kentucky la
situazione è opposta, è prosperosa.
La differenza è che in Ohio è presente l’istituzione della schiavitù mentre in Kentucky
no  dove è presente la schiavitù anche l’idea del lavoro è sminuita, questa ferma
lo sviluppo economico.

KARL MARX (1818 – 1883)


La formazione di Marx è variegata ed eterogenea sia per quanto riguarda le
13

discipline di studio sia per quanto riguarda gli autori di riferimento.


Nella sua formazione si intersecano varie correnti filosofiche, ma è predominante il
confronto con Engels e con la sinistra Hegeliana.
 Dall’eredità di Engels, Marx conserva solo il movimento dialettico  la dialettica
Hegeliana è quel passaggio da una tesi (affermazione di uno stato di cose
generalmente in termini positivi) alla sua antitesi (negazione, ovvero il contrario
della tesi) alla sintesi (fusione di tesi e antitesi).
 Un’altra componente della formazione di Marx sono gli utopisti francesi  qui è
stato decisivo il soggiorno a Parigi di Marx.
 Marx fu anche un eccellente economista perché studiò in modo autonomo
l’economia leggendo le opere di Ricardo e di Malthus.
 Oltre a tutto ciò, Marx può anche essere considerato primo sociologo.
Egli, infatti, è uno dei padri fondatori della sociologia che con maggiore chiarezza
hanno identificato l’oggetto di studio della sociologia.
Per Marx l’oggetto di studio è il regime capitalistico industriale/moderno e il suo
effetto destabilizzante a livello sociale (cioè le sue contraddizioni).

** marxiano = è tutto ciò che si rii fa alla dottrina originaria di Marx


marxista = per individuare tutte quelle affiliazioni o rielaborazioni di ispirazione
marxiana. **

La 1° tappa del pensiero marxiano è caratterizzata dagli scritti giovanili, ovvero è la


fase filosofica del pensiero di Marx.
Questa tappa raccoglie tutti gli scritti prodotti da Marx nella giovinezza che poi nella
fase successiva Marx avrebbe preferito abbandonare alla critica corrosiva dei topi,
ovvero avrebbe voluto rinnegarli, non averli scritti.
Tra questi scritto vi è il “Manifesto del Partito Comunista” che è un testo di
propaganda politica scritto da Marx insieme ad Engels e pubblicato a Londra pochi
giorni prima dell’insurrezione popolare di Parigi nel 1848.
Già in questo testo Marx chiarisce la centralità della lotta di classi nel destino del
capitalismo moderno, ovvero la lotta tra la classe operaia e la classe capitalista.
Dopo il 1848 inizia la 2° tappa del pensiero di Marx, ovvero la fase della maturità, in
cui Marx da filosofo e attivista politico diventa economista e sociologo.
A questa fase appartengono due opere: “Per la critica dell’economia politica” (1859)
e “Il Capitale” (1864).
Il pensiero di Marx, nel periodo della maturità, ma anche in quello della giovinezza, è
analisi del regime capitalistico nel suo funzionamento attuale (quindi ai suoi tempi)
14

e nel su divenire necessario  visione deterministica della storia che sarà anche
teleologica, cioè orientata ad un determinato fine.

Teoria delle classi  per Marx la struttura della società in classi non è bipartita
(ovvero non ci sono solo gli operai e i capitalisti), ma è tripartita, ovvero tre sono le
fonti del profitto all’interno del regime capitalistico che Marx osserva:
 Il reddito dei capitalisti che si configura come l’eccedenza tra il valore delle
merci, i costi per l’invecchiamento del capitale fisso (le macchine, le tecniche,
ecc.).
 I salari erogati che corrispondono al valore delle merci necessario per la
riproduzione della forza lavoro.
 La rendita che è l’affitto di un terreno che il proprietario ottiene per la cessione o
il prestito di un bene naturale scarso.

Questa teoria delle classi è importante perché Marx fa riferimento ad una fase di
primo sviluppo del capitalismo industriale in cui ha ancora un grande ruolo la classe
dei proprietari terrieri.

Le contraddizioni del sistema capitalistico per Marx sono tre:


1. Forze di produzione e rapporti di produzione

= inteso come forza lavoro = sono i rapporti di proprietà e


(capacità produttiva) la ripartizione dei redditi

Secondo Marx la borghesia, cioè la classe capitalistica, crea mezzi di produzione


sempre più potenti, ma i rapporti di produzione rimangono sempre gli stessi.

2. Il regime capitalistico proprio grazie all’aumento delle forze produttive produce


sempre di più, ma a dispetto dell’aumento generale di ricchezza, la povertà resta
il destino della maggioranza.

3. La legge marxiana della caduta tendenziale del saggio di profitto  per Marx è la
dimostrazione matematica del fatto che il capitalismo ha in sé i germi della
propria auto distruzione.

Opera: “Per la critica dell’economia politica”


15

Opera della maturità pubblicata nel 1859 e in cui sono contenuti tutti i grandi temi
della sociologia del capitalismo moderno di Marx.
La prima idea fondamentale di Marx è che gli uomini senza volerlo nascono dentro
una struttura della società che ci colloca in una determinata posizione sociale 
quindi ci sono dei rapporti sociali che si impongono agli individui e il compito primo
della sociologia è quello di comprendere quali sono questi rapporti sociali.
Questi rapporti sociali sono definiti dall’istituzione della proprietà privata.
Marx parla di struttura e sovrastruttura

è la base economica Ci sono nella sovrastruttura


della società. le istituzioni politiche,
La struttura è costituita giuridiche, le ideologie che
dalle forze e dai rapporti mirano a giustificare la
di produzione struttura

 per Marx il cambiamento della struttura modifica la sovrastruttura.

La molla del cambiamento sociale è la contraddizione tra le forze e i rapporti di


produzione, cioè è nel periodo di sviluppo del capitalismo che Marx osserva una
classe sociale ancora molto attaccata agli antichi rapporti di produzione e
un’accelerazione nello sviluppo delle forze produttive.
Il punto è che il motore del cambiamento è una rivoluzione nei rapporti di
produzione.
Questa concezione dei conflitti di classe ha alla base una teoria delle rivoluzioni
perché per Marx le rivoluzioni politiche non sono un evento storico causale, ma
sono l’espressione di una necessità storica.
Infatti, Marx dice che il regime capitalistico è uno dei momenti della storia
caratterizzato da una particolare organizzazione economica, non è sempre stato così
in quanto ci sono stati dei regimi (asiatico, antico, feudale e borghese) in cui i
rapporti di produzione erano diversi.
Regime asiatico  per Marx nel modello asiatico c’è la subordinazione di tutti i
lavoratori allo Stato  questo è il riferimento marxiano al dispotismo orientale.

Poi Marx inizia a parlare di tappe di sviluppo del modo occidentale, ovvero
distingue:
Modo di organizzazione antico  basato sulla schiavitù.
Modo di organizzazione feudale  basato sulla servitù della gleba.
Modo di organizzazione borghese  basato sul lavoro salariato.
16

Queste tappe sono per Marx modi differenti, che si sono concretamente realizzati
storicamente, di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Secondo Marx dopo lo stadio borghese capitalistico ci sarà un ultimo stadio, ovvero
quello del socialismo  quindi Marx prevede che la contraddizione interna al
sistema capitalistico si risolverà in una sintesi che supera la contrapposizione tra le
classi e che risolve la contraddizione sociale  qui si ha una visione evoluzionista
per stadi della storia sul come i rapporti di produzione sono organizzati e in questo
Marx è erede dello storicismo tedesco.

Opera: “Il Capitale”


 Quest’opera è composta da 3 libri, di cui soltanto il primo è stato pubblicato da
Marx, mentre gli altri due libri sono stati pubblicati da Engels dopo la morte di
Marx.
 È un libro di economia, ma anche di sociologia del capitalismo moderno.
 Il primo tema affrontato nell’opera è che l’essenza del capitalismo sta nella
ricerca del profitto soprattutto da parte di chi detiene il capitale e i mezzi di
produzione.
Nelle prime pagine dell’opera, Marx aveva contrapposto due tipi di scambio:
 M – D – M  merce - denaro - merce  Marx ammetta la possibilità che
questa prima forma di scambio faccia a meno della intercessione del denaro.
Questa forma di scambio non produce surplus.
 D – M – D’  denaro - merce - denaro primo  questa forma di scambio è
tipico del sistema capitalistico purché D’ sia maggiore di D.
Questa forma di scambio produce surplus.

Da dove arriva questo profitto (surplus)?


La risposta marxiana a questa domanda è contenuta nella Teoria del valore e del
plusvalore  tra queste due teorie si intromette un’altra breve teoria, ovvero la
teoria del salario.

Teoria del valore


Il valore di qualsiasi merce è all’ingrosso proporzionale alla quantità di valore sociale
medio.
La base di questa teoria è la teoria del valore lavoro di Ricardo, cioè quanto lavoro
una merce incorpora.
Qui Marx segue fedelmente il pensiero di Ricardo che aveva immaginato per primo
che un modo semplice per quantificare il valore di una merce fosse fare riferimento
alle ore di lavoro necessario per produrre la merce stessa.
17

Marx ipotizza che ci sia la legge di Say e che questa funzioni, tale per cui la quantità
di lavoro sociale medio riflette fedelmente il valore.

Teoria del salario


Secondo Marx il valore del lavoro si misura come il valore di una qualsiasi altra
merce.

Teoria del plusvalore


Il tempo di lavoro necessario ad un operaio per produrre un valore uguale a quello
che egli riceve sottoforma di salario è ben inferiore alla durata effettiva del suo
lavoro.
Da questo ne deriva uno sfruttamento della forza lavoro, ma anche il profitto
dell’imprenditore ( quindi il profitto esce dal plus lavoro).
Quindi per Marx il plus lavoro è l’unica fonte di profitto per l’imprenditore.

I modi di cui può avvalersi un capitalista per massimizzare il suo profitto a spese dei
salariati:
 Può allungare la giornata lavorativa
 Può ridurre il più possibile il tempo di produzione, ad esempio comprando
macchinari che riducono i tempi di produzione di uno stesso bene; quindi,
investendo in quello che Marx chiama capitale costante.

Nel terzo libro del capitale Marx ricava per i capitalisti le conseguenze della teoria
del plusvalore che si traducono nella legge della caduta tendenziale del saggio di
profitto  mentre la quantità totale di profitto in valori assoluti dei capitalisti
andava aumentando di anno in anno, questo non era vero in valori relativi  già
Ricardo si era reso conto di questa discordanza  Marx crede di aver dimostrato
questa legge, legge che egli basa sull’aumento della composizione organica del
capitale (COC), cioè il rapporto tra C (capitale costante) e V (capitale variabile, cioè il
salario corrisposto agli operai).
Siccome l’unica fonte del profitto è PV, cioè il plus valore che è il plus lavoro, allora il
saggio di profitto (r) verrà definito come il rapporto tra PV e la somma di C + V.
Marx ha delineato due modi per aumentare il profitto dei capitalisti, ma il modo più
efficiente è quello di investire in macchinari e tecnologia e quindi investire in
capitale costante.
Quindi dividendo numeratore e denominatore per V, ovvero r = PV/V ,
C/V+1
18

allora il saggio di profitto (r) è una funzione decrescente della composizione organica
del capitale, ovvero decresce quando cresce C/V.

 quindi a parità di saggio di sfruttamento della forza lavoro, il saggio di profitto


decresce al crescere di C/V.

Marx non implementa in questa formula la possibilità che avanzamenti tecnologici


riescano davvero ad aumentare la produttività anche a dispetto dell’aumento dei
loro costi  secondo molti critici all’interno della dimostrazione di Marx è questo
l’aspetto che manca.

Quindi gli imprenditori facendosi competizione ed essendo sempre in questo stato


di investimento in termini relativi riescono a guadagnare profitti sempre minori e
quindi diventa per loro sempre meno razionale essere imprenditori  per Marx
questo è uno dei motivi per cui il capitalismo inevitabilmente si autodistruggerà.
Però secondo Marx al collasso del capitalismo contribuirà anche la classe sociale
degli sfruttati perché verrà un momento in cui i lavoratori salariati si organizzeranno
politicamente  quello che occorre perché ciò avvenga è il passaggio dalla classe in
sé alla classe per sé, cioè da una situazione in cui gli individui sono tutti nella stessa
situazione di frustrazione e difficoltà, dove non hanno nessuna coscienza di classe e
quindi non si percepiscono parte di nessuna classe sociale ad una situazione in cui
questa consapevolezza si realizzerà  questo passaggio per Marx avviene per opera
degli intellettuali, ma osserva che storicamente si sono date delle condizioni che
hanno favorito questo passaggio  qui Marx parla del sistema di lavoro a domicilio:
prima dell’aumento delle fabbriche i mercanti usavano, soprattutto nel settore
tessile, portare a casa dei contadini in inverno macchinari e materie prime.
Ad un certo punto però in Inghilterra è venuta l’idea di raccogliere tutte queste
persone sotto uno stesso tetto per risolvere il problema dello spostamento dei
macchinari, vengono eliminati i rischi e i costi dei viaggi e queste persone
automaticamente vengono spostate dalla campagna alla città per lavorare in
fabbrica.
Quindi cambia la situazione perché i lavoratori non sono più isolati nelle loro case
ciascuno a fare il proprio lavoro, ma passano del tempo insieme, possono
cominciare a scambiarsi opinioni anche relative alla propria vita quindi secondo
Marx è proprio la nascita delle fabbriche l’origine del capitalismo moderno 
ovvero sono proprio le fabbriche che permettono agli operai di trasformarsi da
classe in sé a classe per sé (cioè avere coscienza di classe).
19

Una volta che la classe operaia raggiunge questo stadio della classe per sé, allora gli
intellettuali politici potranno organizzare politicamente la rivoluzione.

Alienazione
Alienare significa diventare estranei a sé stessi, ovvero l’uomo non si riconosce più
nella sua attività.
L’alienazione è un enorme problema per i lavoratori salariati però, secondo Marx,
l’alienazione riguarda anche l’imprenditore, ovvero anche gli imprenditori sono
alienati perché le merci che fanno produrre dai loro operai non hanno la necessità di
rispondere a dei bisogni reali (principio di sussistenza), ma sono immesse sul
mercato per ottenere un profitto.
 quindi nel sistema capitalistico anche l’imprenditore è alienato perché è schiavo
di un mercato imprevedibile in cui le sue merci sono alienate anche da lui stesso.
Quindi entrambe le classi sociali che si scontrano (operai e capitalisti) sono alienate
e soffrono entrambe di una frustrazione psicologica che per Marx si può risolvere
solamente passando all’ultimo stadio dell’evoluzione della storia, che è la società
che lui auspica che si realizzi, ovvero la società comunista senza proprietà dei mezzi
di produzione.
20

EMILE DURKHEIM (1858 – 1917)


 Durkheim, insieme a Weber, è il più importante padre fondatore della sociologia.
 È un filosofo dell’università francese che eredita il pensiero dei classici nazionali,
in particolare di Comte e come quest’ultimo si preoccupa dei problemi della
società del proprio tempo  in particolare Durkheim per tutta la sua vita è
tormentato dal problema dell’integrazione sociale e quindi dell’ordine sociale.
 Durkheim fa riferimento a Thomas Hobbes in quanto quest’ultimo aveva
immaginato una società formata da individui isolati, in competizione gli uni con
gli altri dove ciascun uomo è “lupo per un altro uomo”, cioè senza il controllo
politico e istituzionale che regoli la vita sociale secondo Hobbes, ma anche
secondo Durkheim, è la lotta di tutti contro tutti  è quella che Spencer aveva
definito per primo “lotta per la sopravvivenza”.
Durkheim condivide la posizione di Hobbes, ovvero l’idea che se manca un centro
politico che si fa legislatore di norme allora quello che succede è la guerra di tutti
contro tutti.
Secondo Hobbes ad un certo punto della loro esistenza gli individui
comprendono che è conveniente per ciascuno e per tutti demandare una parte
dei propri diritti al potere politico affinché questo stesso potere politico
garantisca in cambio l’ordine sociale.
In Hobbes questo pensiero relativo allo stato di natura è una posizione originaria
di tipo immaginario, cioè Hobbes immagina l’origine dell’insediarsi di un potere
politico a difesa dell’ordine sociale.
Durkheim condivide questa posizione, ma, oltre a ciò, impegna la sua vita anche
nell’educazione morale dei giovani cittadini francesi perché ha un forte
orientamento pedagogico.
 Opere sostantive  sono tutti quegli studi in cui Durkheim propone delle teorie
che egli ritiene empiricamente fondate.
Le opere sostantive sono tre:
 “La divisione del lavoro sociale”  opera in cui Durkheim si confronta con gli
economisti classici ed elabora una critica dell’economia neoclassica.
 “Il suicidio”
 “Le forme elementari della vita religiosa”  è un’indagine sull’assenza della
religione e della società a partire dal totemismo australiano.

 in contemporanea a queste opere Durkheim scrive un testo metodologico,


ovvero “Le regole del metodo sociologico”  in questo testo esprime quale sia
l’oggetto della sociologia per Durkheim.
21

Opera: “La divisione del lavoro sociale”


 questa è la tesi di dottorato di Durkheim in cui l’influenza di Comte è massima.
Il tema centrale di quest’opera è la relazione tra gli individui e la collettività; infatti,
Durkheim si domanda come sia possibile una società ordinata dato che gli individui
hanno questa innata disposizione ad essere “homo homini lupus”.
Durkheim per rispondere a questa domanda ripercorre col pensiero la storia del
genere umano e individua due diversi tipi di forme di solidarietà:
1. Solidarietà meccanica  secondo Durkheim questa è la forma di solidarietà
cronologicamente più antica, ma anche logicamente perché è la forma più
semplice.
Egli la immagina come il tipo di solidarietà che tiene unite le tribù primitive in cui
gli individui sono ancora molto simili gli uni agli altri, ovvero vivono tutti in una
stessa collettività, di solito in un ambiente ristretto (ad es. un villaggio),
condividono sentimenti e valori molto simili e accettano le stesse regole, si
comportano in modo analogo  Durkheim denomina questo tipo di solidarietà
anche come solidarietà per somiglianza.
2. Solidarietà organica  si tratta di una solidarietà per differenza.
Secondo Durkheim in queste società gli individui si differenziano soprattutto in
relazione alla divisione del lavoro  assumono ruoli, mestieri, professioni
differenti e proprio in virtù di questa divisione del lavoro diventano sempre più
interdipendenti.
In questo tipo di società ciascuno dipende dagli altri.
Le società a solidarietà organica sono per Durkheim il tipo diffuso nelle società
moderne.
Con il termine “organica” si fa riferimento a Comte; quindi, anche qui la società è
pensata come un insieme di parti, ciascuna con funzioni proprie e tutte devono
collaborare per il benessere dell’organismo.

Tipico delle società a solidarietà meccanica è un tipo di diritto che mira a punire i
trasgressori delle norme, in queste società secondo Durkheim prevale il diritto
penale.
Al contrario, nelle società a solidarietà organica il diritto assume una funzione
restitutiva e in queste società prevale il diritto civile.

Durkheim ritiene che entrambe le solidarietà siano deficitarie, ovvero non bastano
da sole a garantire l’ordine sociale.
22

In quest’opera emergono due temi importanti per Durkheim:


 Coscienza collettiva  è definita da Durkheim come l’insieme delle credenze e
dei sentimenti comuni alla media dei membri di una società.
Durkheim immagina la coscienza collettiva come un sistema dotato di vita
propria che esiste grazie all’esistenza degli individui, ma ne è distinta perché
secondo Durkheim la coscienza collettiva si evolve seguendo leggi sue proprie.
Secondo Durkheim ciò che cambia soprattutto nel passaggio da una solidarietà di
tipo meccanico ad una di tipo organico è la forza della coscienza collettiva.
Così nelle società arcaiche, secondo Durkheim, la forza della coscienza collettiva
è massima e quini la tribù/il clan agiscono come una persona unica ed è per
questo che in caso di devianza di qualche individuo dalle regole della società è
esemplare il castigo/punizione in modo che la deviazione sia repressa  quindi
per Durkheim si tratta di un problema di intensità della coscienza collettiva il
livello di solidarietà che c’è all’interno di una società.
 più la coscienza collettiva è forte e più l’indignazione degli individui contro il
reo (colui che commette reati) è forte.
Invece nelle società moderne in cui prevale la massima divisione del lavoro e la
massima solidarietà organica, secondo Durkheim la coscienza collettiva perde di
intensità, ovvero si aprono ampi margini di interpretazione individuale delle
norme e quindi il diritto assume un carattere restitutivo.
Durkheim si sta rendendo conto della nascita dell’individualismo moderno 
quindi nel passaggio dalle società meccaniche a quelle organiche si va verso livelli
crescenti di individualismo.
 Primato della società sugli individui  secondo Durkheim l’individuo nasce dalla
società e non viceversa.
Il primato della società sugli individui significa due cose:
 Da un lato le società collettiviste a solidarietà meccanica vengono
storicamente prima di quelle a solidarietà organica e in questo senso
Durkheim elabora la propria critica alla spiegazione che gli economisti
avevano dato riguardo il crescente grado di divisione sociale.
Gli economisti hanno affermato che ad un certo punto dell’evoluzione storica
gli individui singolarmente hanno capito che la divisione sociale del lavoro
accresceva i livelli di produttività economica.
Secondo Durkheim questo tipo di spiegazione è fallace perché inverte l’ordine
della spiegazione, cioè spiega la causa mediante l’effetto.
Però fra tutti gli economisti ce n’è uno che si differenzi per pensiero, ovvero
Adam Smith  Durkheim il pensiero di Smith, ovvero entrambi considerano la
crescita della divisione sociale del lavoro un effetto emergente, ovvero non
23

previsto, qualcosa che si è verificato per un meccanismo di aggregazione di


azioni individuali orientate all’interesse personale.
 Dall’altro lato vi è l’irriducibilità dell’insieme sociale alla somma degli
elementi, nel seno che il tutto è diverso dalla somma delle parti.
Durkheim è convinto che la società (il tutto) sia qualcosa di diverso rispetto
alla somma degli individui che la compongono  infatti egli affermerà che la
società è sui generis, ovvero è di tipo proprio.

Qual è la causa del passaggio dalla solidarietà meccanica a quella organica?


Durkheim parte dall’assunzione che una corretta spiegazione causale si debba
basare sul principio della omogeneità della causa e dell’effetto, cioè causa ed
effetto devono essere dello stesso tipo.
Quindi Durkheim dice che se l’accresciuta divisione del lavoro è di tipo sociale allora
anche la causa dovrà essere di tipo sociale.
Durkheim ipotizza che la causa sia la ricerca di maggiore felicità da parte degli
individui, ma questa spiegazione secondo Durkheim non funziona perché se fosse
stato così si ragionerebbe in modo simile a come hanno fatto gli economisti.
Inoltre, secondo Durkheim l’evidenza storica ci dice che non c’è alcuna prova che chi
abita nelle società a solidarietà organica sia più felice di chi abita nelle società a
solidarietà meccanica  Durkheim sostiene questo perché analizzerà l’aumento del
tasso di suicidi nelle società moderne.

Per Durkheim sono tre le cause della divisione del lavoro:


1. Volume  è il numero di individui che appartengono a una data collettività.
2. Densità materiale  è il numero di individui che vivono su una data
superficie/area.
3. Densità morale  è il numero degli scambi e delle comunicazioni tra gli individui
che abitano in una stessa area.

Quindi la divisione del lavoro secondo Durkheim è aumentata dalle società antiche a
quelle moderne perché il numero delle persone è cresciuto, perché ci sono stati
sempre più abitanti vicini nello stesso territorio e soprattutto perché sono aumentati
gli scambi e le comunicazioni.
 secondo Durkheim questo è il prototipo di una spiegazione causale corretta nelle
scienze sociali.
Quindi la differenziazione sociale è la soluzione pacifica alla lotta per la
sopravvivenza  una volta che gli individui si differenziano ciascuno porta il proprio
contributo alla vita di tutti.
24

Tuttavia la solidarietà organica da sola non basta per garantire un ordine


stabile/pacifico ad una società.

Opera: “Il suicidio”


Quest’opera riguarda un aspetto patologico della società moderna in quanto i tassi
di suicidio sono aumentati di molto nelle società moderne a solidarietà organica, ma
nello stesso tempo ci mostra anche la relazione tra l’individuo e la società.
Mediante questo saggio Durkheim mostra fino a che punto gli individui sono
condizionati nelle loro esistenze dalla società.
Durkheim dice che se scopriremo che la società determina gli individui per fino
nell’atto più personale come la decisione di togliersi la vita, allora avremmo
dimostrato che davvero c’è un primato della società sugli individui.
Lo studio si articola secondo una struttura che si ripete, ovvero:
 Definizione del fenomeno
 Confutazione delle interpretazioni precedenti
 Determinazione dei vari tipi di suicidio
 Sviluppo di una teoria generale del suicidio

Definizione: qualsiasi caso di morte derivata direttamente o indirettamente da


un’azione positiva o negativa compiuta dalla vittima stessa e che quest’ultima
sapeva che avrebbe dovuto produrre questo risultato.

Sulla base di alcuni dati Durkheim nota che il tasso dei suicidi è relativamente
costante nelle diverse società; quindi, il compito del sociologo per Durkheim è
spiegare perché nella regione X rimangono costantemente bassi mentre nella
regione Y rimangono costantemente alti.
Inoltre, Durkheim si accorge che anche in questa costante relativa ai diversi territori
tutti sono in crescita nel tempo; quindi, nella società moderna i tassi di suicidi
crescono un po' ovunque rispetto ai decenni precedenti; quindi, c’è una crescita
temporale  secondo Durkheim sono queste le variazioni che devono essere
spiegate.

Durkheim inizia a scartare quelle spiegazioni che non gli sembrano adeguatamente
sociologiche; infatti, scarta tutte quelle spiegazioni che ad esempio vengono dalla
psicologia e dalla psicologia sociale  Durkheim però riconosce che il suicidio possa
derivare da una situazione mentale psicologica che ci possa essere una
predisposizione mentale al suicidio.
Tuttavia secondo Durkheim la causa dei suicidi non è psicologica, ma è sociale 
25

Durkheim lo dimostra attraverso il metodo delle variazioni concomitanti, ovvero


studia le variazioni del tasso dei suicidi nelle varie popolazioni e cerca di provare che
non c’è correlazione tra le patologie psicologiche e il tasso di suicidi  ad esempio
constata che presso gli ebrei la proporzione di neuropatici è estremamente alta, ma
il tasso di suicidi è bassissimo.
Durkheim prova a contrastare anche un’altra ipotesi, ovvero che il suicidio avesse
delle cause ereditarie  attraverso il metodo delle variazioni concomitanti
dimostra che la percentuale dei suicidi va aumentando sempre presso tutte le
popolazioni con l’età, quindi non c’è una correlazione ereditaria.
Un’altra ipotesi che scarta Durkheim è quella che riconduceva il tasso di suicidi al
fenomeno dell’imitazione  qui Durkheim fa riferimento a Tarde che aveva
proposto una spiegazione onnicomprensiva di tutti i fenomeni sociali mediante il
fenomeno dell’imitazione.
Durkheim è in contrasto con questa ipotesi perché crede che Tarde abbia confuso
tre diversi fenomeni nel concetto di imitazione:
 Il fenomeno della fusione delle coscienze  fenomeno di fusione momentanea
della coscienza collettiva
 Il rispetto degli imperativi sociali  secondo Durkheim bisogna capire che
esistono degli imperativi sociali che si impongono agli individui pur non essendo
leggi scritte.
 L’imitazione (vera e propria)  presuppone che un individuo percepisca un altro
come un modello.

Durkheim fa anche un ragionamento controfattuale per dimostrare che la teoria di


una diffusione di imitazione per diffusione (o contagio) è poco realistica perché
considerando i dati Durkheim dice che se effettivamente i suicidi aumentassero per
via del fenomeno dell’imitazione allora ciò che bisognerebbe osservare è che da un
luogo a più alto tasso di suicidio questa tendenza al suicidio si sposti in luoghi dove
originariamente questa tendenza era più bassa  Durkheim immagina che questa
corrente suicidogena si muova come un virus e se fosse così allora bisognerebbe
vedere differenze nei dati che mostrino differenze geografiche a livello
longitudinale, ma in realtà questo non accade perché i dati rimangono costanti in
tutte le regioni.
26

A questo punto Durkheim espone la sua proposta teorica individuando tre tipi di
suicidio:
1. Suicidio egoistico  è quell’atto volontario di togliersi la vita, questa tipologia di
suicidio è ricavata dallo studio delle correlazioni statistiche tra 5 variabili:
 Età  varia il tasso di suicidio al variare dell’età; in particolare Durkheim nota
che ovunque il tasso di suicidio cresce con l’andare dell’età.
 Genere  il tasso di suicidio è più elevato tra gli uomini piuttosto che tra le
donne
 Stato civile  il tasso di suicidio è più elevato tra celebi e nubili rispetto a chi
si sposa
 Presenza di figli  il tasso di suicidio è più elevato tra chi non ha figli
piuttosto che tra chi ne ha
 Affiliazione religiosa  il tasso di suicidio è più elevato tra i protestanti
piuttosto che tra i cattolici.

 da ciò Durkheim afferma che conta soprattutto il livello di integrazione


sociale dell’individuo.

2. Suicidio altruistico  sono esempi di questa tipologia di suicidio per Durkheim


“la vedova indiana” che accettava di immolarsi sul rogo accanto al cadavere del
marito defunto.
Per Durkheim in questo caso l’individuo è così radicato entro le norme sociali di
una certa comunità da arrivare ad annullarsi come persona  è prioritario il
senso di appartenenza ad una comunità e il rispetto degli imperativi sociali.
Un altro esempio che fa Durkheim è quello del comandante di un bastimento che
si rifiuta di sopravvivere all’affondamento della propria nave.
Inoltre, Durkheim si accorge che il tasso di suicidio dopo l’età del pensionamento
per chi ha fatto la carriera militare è molto più alto rispetto ai dati riguardanti le 5
variabili, come se l’aver vissuto l’intera esistenza all’interno della disciplina
militare diventi decisivo nel momento in cui viene a mancare.

 secondo Durkheim questo conferma che i motivi per arrivare al suicidio


possono essere dovuti tanto alla mancanza di integrazione sociale quanto ad un
eccesso di integrazione sociale.

3. Suicidio anomico  è caratterizzato dall’assenza di regole.


Secondo Durkheim l’aspetto fondamentale che caratterizza questo suicidio è la
27

dimensione economica dello sviluppo di una società.


Le statistiche mostrano un aumento dei suicidi nei periodi di grave crisi
economica, ma anche nelle fasi di estrema prosperità  Durkheim accosta questi
due dati e si chiede se durante i grandi rivolgimenti politici e in tempi di guerra i
tassi di suicidio siano più o meno alti e trova che sono meno alti che in tempi di
pace civile politica.
Tutti questi dati suggeriscono a Durkheim di isolare questo tipo di suicidio che
secondo lui è dovuto a una duplice possibilità  da un lato ci può essere
un’effettiva mancanza di regole ( gli individui si trovano disorientati perché il
sistema normativo non orienta la loro condotta), mentre dall’altro lato vi è il
ritardo delle regole ( può darsi che le regole ci siano, ma che non siano al passo
con i tempi).
Quindi tanto nei momenti di crisi quanto nei momenti di prosperità Durkheim
osserva un innalzamento dei tassi di suicidio, in particolare sui periodi di
prosperità Durkheim aggiunge una spiegazione complementare, ovvero ha in
mente una concezione antropologica degli agenti sociali come dei pozzi di
desideri senza fondo  l’uomo desidera ottenere sempre di più ed è questo che
rende necessaria una forza superiore, ma nello stesso tempo possibilmente
degna di essere amata.

 la sintesi della teoria del suicidio: è una teoria più generale del suicidio.
Secondo Durkheim i suicidi sono fenomeni individuali le cui cause sono sociali,
ovvero sono in rapporto alla carenza o all’eccesso di integrazione sociale e alla
carenza o al ritardo normativo.
Quindi Durkheim dice che l’individuo crede, anche nell’atto più personale come il
suicidio, di agire come individuo, ma in realtà ci sono delle forze sociali il cui
fondamento è la struttura sociale.

La soluzione che Durkheim propone al problema dell’integrazione sociale è quella di


istituire delle associazioni basate sulle categorie professionali e le chiama
corporazioni.
Le corporazioni sono una rivisitazione moderna di quelle che erano le associazioni
nel medioevo, ma a queste Durkheim introduce degli elementi innovativi,
innanzitutto le concepisce a carattere obbligatorio e l’obiettivo di queste
corporazioni dovrebbe essere quello di far incontrare e dialogare i lavoratori e i
datori di lavoro di uno stesso settore organizzando una serie di iniziative mirate a
creare nuovi legami di solidarietà.
28

Critiche
Il primo problema riguarda i dati su cui Durkheim ha basato tutte le sue correlazioni
statistiche  erano statistiche di natura diversa, per lo più incomplete (perché c’è il
problema dell’autocertificazione da parte delle famiglie del suicida) che gli
permettevano di arrivare a conclusioni quantitative molto approssimative.
Inoltre, le statistiche su cui si è basato non tenevano conto dei suicidi tentati, ma
non riusciti.
Soprattutto c’è stato un sociologo che ha criticato il tipo di spiegazione causale di
Durkheim, ovvero sosteneva che Durkheim aveva spesso confuso correlazione con
causazione.
Durkheim aveva trovato una correlazione tra il tasso di suicidi e l’affiliazione
religiosa, ma il sociologo rileva questa correlazione non è diretta, ma è mediata da
una variabile che ha un impatto statistico molto più grande sulla relazione stessa,
ovvero il luogo di residenza.

Opera: “Forme elementari della vita religiosa”


 quest’opera contiene una teoria generale della religione.
Per Durkheim il totemismo australiano è la religione più semplice e più antica.
Totemismo deriva dal termine totem che viene rappresentato da un animale o da
una pianta scelta come simbolo di un clan.
L’assunzione implicita da cui parte Durkheim è che sia possibile cogliere l’essenza di
un fenomeno complesso come la religione osservandone le forme più elementari.
La tesi generale di Durkheim in questo testo è che sotto le forme del totem gli
uomini abbiano in realtà adorato i clan  infatti Durkheim dice che “la religione non
è altro che la società che venera sé stessa”.
Il metodo di esposizione utilizzato da Durkheim è lo stesso utilizzato negli altri suoi
testi.

Definizione: per Durkheim l’essenza della religione consiste nel dividere il mondo in
fenomeni sacri e profani.
** per sacro si intende separato e vulnerabile. **
Inoltre, per Durkheim la religione è sempre definibile attraverso l’organizzazione
delle credenze relative al sacro e dalla presenza di riti o pratiche a questo connessi.
È fondamentale il riferimento che fa Durkheim alla comunità morale per iniziare a
distinguere la religione nelle sue forme primitive dalla magia.

Durkheim si mette a confutare le teorie alternative preesistenti in cui altri autori


hanno connesso l’essenza della religione alle forme primitive e alla magia  in
29

particolare i bersagli di Durkheim sono la “teoria animistica” di Taylor e la “teoria


naturistica” di Spencer.
Secondo la teoria animistica l’essenza della religione è la credenza in spiriti, secondo
Taylor già dalle età più antiche si fa un’esperienza naturale, ovvero il sogno, da cui
deriva l’idea di anima.
Invece, secondo la teoria naturistica di Spencer l’origine della religione va ricercata
nell’adorazione, da parte degli uomini primitivi, di forze della natura
antropomorfizzate.
 secondo Durkheim sia che si adotti una teoria o l’altra si finisce a commettere un
errore fatale, cioè si dissolve l’oggetto della religione  quindi secondo Durkheim
queste due teorie non salavano la realtà della religione.

La proposta di Durkheim è quella di pensare che l’oggetto di venerazione sia la


società stessa  è arrivato a questa conclusione studiando il totemismo australiano
che è un’organizzazione sociale e religiosa in cui un clan esprime la propria identità
riallacciandosi a una pianta oppure ad un animale.
Per Durkheim questo fenomeno arcaico, cioè il totemismo australiano, è importante
perché intorno al totem c’è tutto un sistema di prescrizioni (= ordini, cose che si
devono fare) e proscrizioni (= divieti).
Secondo Durkheim l’individuazione del totem è prioritaria in senso cronologico e
logico rispetto all’idea di clan  prima il mondo viene diviso in sacro e profano e poi
intorno a questa divisione si aggregano le comunità umane.
L’analogia tra il totemismo e la società viene ulteriormente marcata da Durkheim
attraverso un senso di costrizione che la società attua su tutti gli individui.
Importante è anche il ruolo da collante che esercitano i riti, ovvero le pratiche
religiose  attraverso i riti si rinnova il senso di appartenenza ad una comunità.

In quest’opera c’è anche un importante teoria sociologica della conoscenza che può
essere sintetizzata in tre punti:
 Le forme primitive di classificazione sono legate a dicotomie.
 L’idea di causalità deriva dalla società.
 La teoria della religione per Durkheim permette di superare la distinzione tra idee
che derivano dai sensi (= empirismo) e idee che sono a priori nella mente.

Opera: “Forme elementari della vita religiosa”


30

 In quest’opera Durkheim, partendo da una prospettiva positivista, vuole


dimostrare che può e deve esistere una scienza oggettiva della società che deve
avere per oggetto i fatti sociali visti come “cose”, ovvero come oggetti esterni
all’osservatore che li studia.
Perché possa esistere una sociologia scientifica serve che siano soddisfatte due
condizioni: da un lato l’oggetto deve essere specifico, ovvero diverso da quello
analizzato e trattato dalle altre discipline, dall’altro lato questo oggetto dovrà
essere spiegato mediante un metodo scientifico.
 Il fatto sociale si riconosce perché esercita una costrizione esterna sugli individui
 Durkheim stesso ammette che i fatti sociali non sono facilmente riconoscibili.
Un primo principio metodologico che dovrebbe aggirare questa vaghezza è
l’imperativo di studiare i fatti sociali dall’esterno proprio come si studiano i fatti
fisici.
 Definizione: è un fatto sociale qualsiasi modo di fare, stabilito o no, suscettibile di
esercitare sull’individuo una costrizione esterna o anche che è generale
all’interno di una data società in quanto ha una sua propria esistenza
indipendente dalle manifestazioni individuali.
 I fatti sociali sono gli stampi entro cui versiamo le nostre azioni spesso senza
esserne consapevoli
 Le regole del metodo sociologico:
1. Definizione del fenomeno  per Durkheim è importante adottare una
definizione operativa del fenomeno che permetta di riconoscerne l’occorrenza.
Durkheim fa riferimento alla distinzione tra normale e patologico, infatti si
domanda se si tratta di fenomeni normali o patologici, come ad esempio nel
caso del suicidio.
La normalità è quasi sempre definita in termini di generalità.
2. Secondo Durkheim bisogna sempre preferire una spiegazione causale ad una
spiegazione funzionale; infatti, si chiede come si possa approdare ad una
spiegazione di tipo causale.
Per Durkheim la risposta è l’individuazione di una causa efficiente, cioè un
fenomeno sociale antecedente che produce il fenomeno da spiegare in modo
necessario, solo dopo aver individuato le cause di un certo fenomeno si potrà
andare eventualmente a verificare la funzione che tale fenomeno svolge nella
società.
Durkheim dice che la spiegazione causale è qualcosa di molto diverso dalla
spiegazione funzionale, ma la prova della spiegazione causale si può ottenere
solo mediante il metodo delle variazioni concomitanti.
31

3. Metodo delle variazioni concomitanti  metodo comparativo applicato


laddove non sia possibile operare per un design di ricerca sperimentale.
Quindi procedere per comparazioni al fine di riuscire a dimostrare che un
fenomeno dipende da tutta una serie di altre variabili che a mano a mano
devono essere escluse dalla spiegazione.

GEORGE SIMMEL (1858 – 1918)


 Nella sua formazione prevale lo sfondo filosofico, ma all’interno del suo pensiero
si possono individuare tre importanti interessi tematici:
1. Lo studio della dinamica delle forme della cultura  si fa riferimento a quella
parte del pensiero di Simmel in cui si sente l’influsso dell’evoluzionismo di
Spencer.
2. Lo studio delle forme di relazione che costituiscono la realtà sociale.
3. Il problema della personalità individuale.

 Simmel percepisce la presenza di due confini tra filosofia e sociologia:


 innanzitutto, assegna alla filosofia un ruolo a monte dell’analisi sociologica,
ovvero la sociologia deve precedere l’analisi sociologica perché è suo compito
l’individuazione dei presupposti epistemologici e metodologici della conoscenza.
 Poi c’è un secondo confine che colloca la filosofia a valle dell’analisi sociologica,
cioè laddove i contenuti sempre frammentari del pensiero positivo aspirano ad
integrarsi in una visione del mondo e a riferirsi alla totalità della vita  quindi la
filosofia viene dopo l’analisi sociologica come momento di integrazione e di
generalizzazione dei risultati.

 quindi la filosofia per Simmel si presenta come presupposto, ma anche come


esito della scienza (= qui è paleso l’influsso di Kant).

 Al centro della sociologia di Simmel c’è un’attenzione particolare per le attenzioni


reciproche che avvengono a livello sociale  la realtà è vista come una rete di
relazioni e di influenze reciproche tra una pluralità di elementi.
Quindi con Simmel l’attenzione del sociologo si sposta dal tutto alle parti, ma
l’individuo non è l’unità di analisi della sociologia, al contrario l’oggetto di studio
della sociologia secondo Simmel sono le forme delle relazioni pure.
 La novità che introduce Simmel, rispetto ad altri autori, è la prospettiva di
un’analisi microscopica della realtà sociale.
32

 Le categorie sociologiche generali che percorrono quasi tutte le sue opere:


 La tensione dualistica tra i poli opposti  cioè Simmel osserva le forme delle
relazioni sociali avendo in mente che esse si muovono lungo uno spettro di
gradazioni va dal più al meno e che talvolta congiunge veri e propri opposti,
cioè elementi contrari  alternarsi di situazioni di equilibrio e di disequilibrio
(ad esempio integrazione e conflitto sono le due polarità di ogni relazione
sociale).
 La teoria sociologica delle forme pure  le forme sono pensate in forma
astratta, ma poi vengono declinate come tensioni dualistiche tra polarità.
Questa teoria per alcuni assume le fattezze di una geometria delle forme, è
questo il caso della considerazione delle forme geometriche che si possono
ricavare a partire dal numero di elementi.
Ad esempio Simmel analizza le varie forme di relazione sociale che possono
realizzarsi a partire da tre elementi, assumendo la forma di un triangolo  ad
esempio tra i due litiganti non sempre il terzo vince, ma quest’ultimo può
anche esercitare il ruolo di mediatore.

 I tre a priori del rapporto individuo – società possono essere considerati i


presupposti della conoscenza sociologica e sono, secondo Simmel, la risposta
teorica alla domanda “come è possibile la società?”:
 Nell’interpretazione sociale ogni persona (= ego) percepisce i propri partner
(= alter) mediante delle tipizzazioni categoriali, ovvero delle aspettative socialmente
condivise che si riferiscono all’altro come portatore e interprete di ruoli sociali  per
tipizzazione categoriale si intende ciò che media tra una conoscenza nulla dell’altro e una
conoscenza totale permettendo anche in condizioni di scarsissima informazione sull’altro
di entrare in relazione con l’altro mediante tutta una serie di regole che sono connesse ai
ruoli che ciascuno riveste nelle varie interazioni.
 La totalità dell’individuo non si esaurisce mai nel ruolo sociale che si trova a svolgere.
L’individuo è sempre qualcosa di più dell’insieme dei suoi ruoli, nel senso che la vita delle
persone scaturisce da qualcosa di autonomo che non è mai riducibile alle posizioni
occupate nei vari ruoli sociali.

 La società nel suo complesso è costituita da un insieme strutturato di posizioni diseguali


che prescindono dagli aspetti personali degli individui.
L’esempio che fa Simmel è quello della burocrazia  insieme di norme che esistono in
modo totalmente indipendente dal fatto che gli individui le eserciti oppure no.
Simmel dice che la società va pensata come un insieme di ruoli che sussistono
indipendentemente dagli individui.
33

 questi tre a priori hanno la funzione di rendere chiaro il fatto che la società si
manifesta come qualcosa di realmente esistente per gli individui.

Opera: “La filosofia del denaro”


 In quest’opra prevale la dimensione filosofica, ma ci sono anche importanti
considerazioni sociologiche sull’economia monetaria.
 Tre temi sociologici fondamentali:
1. Individuazione delle condizioni non economiche del denaro  Simmel
assimila l’economia monetaria al capitalismo moderno e questo ha portato
Weber a criticarlo sostenendo che economia monetaria e capitalismo sono
due cose ben diverse, ma Simmel gli rispose che il capitalismo è una
conseguenza dell’economia monetaria e per questo le considerazioni che
valgono per l’una possono essere estese anche all’altro.

2. Rapporto fondamentale tra moneta e Stato.

3. Riflessioni di Simmel sugli effetti dell’economia monetaria sugli individui.

 Simmel si domanda quali sono i presupposti non economici del denaro e il


ragionamento che fa è che il capitalismo come sistema economico presuppone
l’accumulazione privata del capitale, ma questa a sua volta presume che il denaro
si diffonda come strumento degli scambi.
Affinché la moneta possa svolgere questa funzione di propulsore delle attività
economiche, secondo Simmel occorre una condizione non economica
fondamentale che ritiene essere la fiducia  come aspettativa che il suo impiego
possa sempre disporre di una contropartita in beni concreti.
Simmel a sostegno di questa teoria fa anche un esempio: se il contadino non
avesse fiducia nel fatto che il suo campo produrrà grano quest’anno come ha
fatto negli anni precedenti allora non seminerebbe.
Questo esempio per Simmel mostra un tipo di fiducia che è soltanto una forma
debole di conoscenza induttiva, cioè è semplicemente la conoscenza basata sulla
fiducia della ripetizione nel tempo di eventi particolari, ma nel caso del credito o
della fiducia in qualcuno c’è un elemento aggiuntivo che è difficile da descrivere e
che secondo Simmel può essere incarnato nella fede religiosa  secondo Simmel
credere in qualcuno significa esprimere il sentimento che tra la nostra idea di
34

essere e l’essere stesso ci sia una connessione (= ovvero connessione tra i concetti
di immaginario e reale).
Quindi Simmel sostiene che esistono due diversi tipi di fiducia  una è la forma
debole di conoscenza induttiva che è di tipo razionale e quindi è basata
sull’esperienza, mentre l’altra è una fede religiosa perché è un po' meno della
conoscenza, ovvero contiene elementi di ignoranza, ma è anche un po’ più della
conoscenza perché si fonda su elementi di certezza intuitiva  qui Simmel sta
sciogliendo il concetto di fiducia alla base dell’economia monetaria sostenendo
che in quella del denaro sono entrambe attive queste due tipologie di fiducia.
Simmel ravvede le radici di queste due tipologie di fiducia nel rapporto che
storicamente si è andato ad instaurare tra moneta e stato.
Secondo Simmel perché questa fiducia possa essere costruita e protetta servono
delle istituzioni che la stimolino, rinnovino e che la garantiscano.
Storicamente queste istituzioni sono state gli stati centralizzati per ciascuna
singola valuta nazionale.
Per Simmel finché c’è stato questo rapporto di natura nazionale tra la moneta e lo
stato si è verificata un’interdipendenza di tipo virtuoso, cioè moneta e stato si
sono reciprocamente sostenuti in quanto da un lato lo stato moderno
centralizzato si è rafforzato grazie allo sviluppo dell’economia monetaria, ma
dall’altro lato anche la moneta ha tratto grandi benefici perché il valore del
denaro si è basato storicamente sulla garanzia formata (????) dal potere politico
centrale.
Quindi secondo Simmel nell’epoca moderna c’è stato questo rapporto virtuoso
tra moneta e stato e apporta degli esempi a sostegno di questa sua tesi, cioè dice
che quando l’impero russo era già stato unificato, Ivan III assegnò la sovranità di
parti del territorio ai suoi figli più giovani, ma mantenne al potere centrale il
diritto di battere moneta.
Questo legame virtuoso è venuto meno nel momento della fondazione della
moneta che oggi viene utilizzata, ovvero l’euro perché si è scisso il legame tra
moneta e stato nazionale.
Invece, per quanto riguarda gli effetti dell’economia monetaria sull’individuo 
questo è un fenomeno ambivalente che secondo Simmel presenta sia aspetti
positivi sia aspetti negativi.
Per quanto riguarda gli aspetti positivi  il denaro secondo Simmel favorisce la
crescita della libertà individuale e questo avviene in modi diversi, alcuni dei quali
hanno in sé delle dimensioni negative perché rende sostituibili i rapporti sociali
nella sfera dello scambio e anche nella sfera della produzione, ma questa
maggiore libertà individuale per Simmel ha anche un lato negativo, ovvero la
35

spersonalizzazione delle relazioni.


Tuttavia gli aspetti negativi secondo Simmel prevalgono su quelli positivi  da un
lato il denaro nella società capitalistica moderna tende a trasformarsi da semplice
mezzo a fine in sé, ma questo produce una serie di effetti che arrivano fino alla
perdita degli orizzonti valoriali di una società.
Un altro aspetto negativo per Simmel è lo scadimento della qualità dei rapporti
sociali e questo è comportato da un lato dalla spersonalizzazione dei rapporti e
dall’altro da un cambiamento del concetto di calcolo che secondo Simmel diventa
l’essenza dell’epoca moderna.

MAX WEBER (1864 – 1920)


 è un pensatore estremamente sistematico.
 Il grande tema che lega tutto il pensiero di Weber è il capitalismo moderno e, in
particolare, la sua origine.
 Metodo sociologico  il problema che Weber si pone può essere sintetizzato
mediante la domanda “com’è possibile studiare scientificamente i fenomeni
sociali nella loro individualità storica?”
Secondo Weber la risposta a questo problema passa per due aspetti:
1. La prospettiva da adottare  cioè secondo Weber bisognerebbe provare a
comprendere le motivazioni dei soggetti (= individualismo metodologico).
2. Provare a cogliere l’uniformità dei comportamenti che derivano da
motivazioni individuali simili  qui diventa fondamentale la nozione di
IDEALTIPO.
È un concetto costruito da un ricercatore
mediante l’accentuazione unilaterale di uno o più
punti di vista, mediante la connessione di una
quantità di fenomeni particolari diffusi e discreti
esistenti qui in maggiore misura e là in minore
misura e talvolta anche assenti.
 questa è la definizione di Weber.
Semplificando, idealtipo
è un concetto astratto
che è ideale nel senso che certi aspetti a volte sono presenti in maggiore
misura, a volte meno e talvolta non sono neanche presenti, ma che tipicamente
ricorrono  questo concetto è costruito in modo che questi elementi, che sono
stati selezionati, siano tra loro internamente coerenti.

Una volta costruito un tipo ideale, questo ha una funzione molto specifica, cioè
ha il significato di uno strumento metodologico, la cui realtà deve essere
36

misurata e comparata al fine di mostrare determinati elementi significativi del


suo contenuto empirico e quindi al fine di riconoscere un fenomeno che sia una
sottospecie di quel tipo ideale.
Il tipo ideale weberiano si ritrova a diversi livelli.

La tipologia più astratta di tipo ideale si trova nell’opera “Economia e società”


che viene pubblicata dopo la morte di Weber.
In quest’opera Weber spiega cosa significa agire socialmente orientato  cioè
è un agire che tiene conto delle aspettative degli altri.
Weber procede individuando due tipi di agire sociale (cioè due idealtipi)
razionali:
1. La razionalità rispetto allo scopo  è quell’agire sociale che sceglie
razionalmente i mezzi considerati più adatti in vista di certi scopi dati.
Questo tipo di razionalità è ad esempio quella di tipo economico.
2. La razionalità rispetto al valore  è quell’agire sociale che agisce senza
considerare le conseguenze dell’azione, ma in nome di qualche valore etico.
Questa razionalità sceglie i fini dell’azione.

Poi secondo Weber vi sono due modi di agire che non sono razionali:
 Agire affettivo  basato sulle emozioni
 Agire tradizionale  basato sulla routine.

Secondo Weber però questi 4 idealtipi non sono esaustivi di tutti i modi di agire
sociale, ma sono importanti per capire i vari modi di agire sociale e quindi si
tratta di strumenti di misura per comprendere la realtà ( infatti la sociologia
di Weber è anche definita comprendente)  questa conoscenza che viene
prodotta tramite il metodo proposto da Weber è sempre di tipo condizionale,
ovvero è sempre una selezione di condizioni e possibilità.
Weber desidera quindi distinguere in modo chiaro quello che definisce
orientamento (o relazione) ai valori e che orienta lo studioso non solo nella
scelta del tema di una ricerca, ma anche nella formulazione delle ipotesi di
spiegazione delle motivazioni  secondo Weber l’orientamento ai valori è
ineliminabile nelle scienze sociali, ma è importante distinguere l’orientamento
ai valori dai giudizi di valore.

Opere di Weber
37

 Opere giovanili  sono state prodotte nell’ultimo decennio dell’800 e l’oggetto


di studio di queste opere riguarda la società tedesca contemporanea a Weber.
Le opere sono due:
1. La prima opera è il prodotto di un’inchiesta ed è stata pubblicata nel 1891.
Quest’opera tratta il lavoro agricolo nella società tedesca  già si nota
l’interesse prematuro di Weber per alcuni grandi temi come: l’attenzione per
differenze territoriali dello sviluppo economico, per lo spirito
dell’imprenditorialità capitalistica e per il ruolo delle città nello sviluppo dello
spirito del capitalismo.
Il territorio tedesco era diviso in due parti: il nord – est in cui si osservavano
grandi proprietà terriere con un tipo di coltivazione estensiva di prodotti agricoli
come grano, patate, barbabietole  ovvero prodotti che necessitano di poche
tecniche di coltivazione intensiva  questo era il territorio degli Younker che
erano le grandi famiglie di proprietari terrieri che avevano optato per questa
agricoltura latifondista.
Invece, a sud – ovest il territorio agricolo era suddiviso in piccoli poderi con
coltivazioni molto diversificate tra loro.
Partendo da queste diverse situazioni agricole Weber intende rispondere ad
una precisa domanda di ricerca, ovvero vuole spiegare la massiva migrazione
dal nord – est (terre degli Younker) al sud – ovest da parte dei contadini.
Weber prova a sviluppare l’ipotesi economicistica, ovvero immagina che i
contadini che migrano abbiano delle motivazioni di carattere economico, ma in
realtà si accorge che non è così, anzi chi migra va incontro ad una grande
incertezza economica e a situazioni lavorative meno sicure.

Weber procede con la sua indagine sulle caratteristiche territoriali nella


convinzione che ci sia qualcos’altro che distingue il nord – est dal sud – ovest 
infatti Weber si accorge che mentre la zona nord – est è contraddistinta da
poche città molto distanti tra loro ed economicamente poco dinamiche, il sud –
ovest è invece una rete di centri urbani di piccole/medie dimensioni, ma molto
attivi dal punto di vista della dinamicità economica.
Quindi Weber prova ad elaborare un’ipotesi alternativa, l’uniformità di
motivazioni individuali simili,  ovvero l’idea che questo movimento
migratorio possa essere dettato dalla volontà o dal desiderio dei contadini di
essere liberi dalla classe proletaria terriera e di sperimentare le proprie capacità
imprenditoriali nei centri urbani.
Quindi Weber sostiene che “l’aria della città rende liberi” perché nella città si
sviluppano sempre di più quelle attività commerciali assenti nelle zone a nord –
38

est.
 quest’opera mostra l’individualismo metodologico e un embrione di tipo
ideale.

Nel 1904 Weber tiene una conferenza in cui ritorna sul problema delle
differenze territoriali dello sviluppo economico e si chiede quale origine storica
abbiano le differenze osservate.
Weber ricorda come all’inizio dell’800 siano avvenute in Germania grandi
trasformazioni, in particolare l’abolizione degli obblighi feudali con lo sviluppo
di due percorsi distinti tra nord – est e sud – ovest.
Tuttavia secondo Weber queste differenze risalgono al periodo medievale
quando nel sud – ovest i proprietari terrieri avevano preferito trasformarsi in
redditieri, mentre quelli a nord – est avevano preferito mantenere la proprietà
e la gestione delle terre.
In questa conferenza Weber sottolinea nuovamente il ruolo della città, cioè si
domanda perché i contadini dell’est non sono stati in grado di effettuare il
passaggio alla piccola/media impresa, ma hanno dovuto per forza migrare 
secondo Weber questo a causa dello stadio di sviluppo più arretrato nel nord –
est proprio delle città.

 quindi ancora nel 1904 Weber ribadisce la convinzione che le città abbiano
dato un impulso molto importante allo spirito del capitalismo e alla formazione
dell’imprenditorialità, cioè le città sono state una condizione di possibilità dello
sviluppo del capitalismo moderno.

2. Il saggio sulla borsa pubblicato nel 1894 è stata un’opera commissionata a


Weber da una commissione governativa di indagine sulla borsa, in particolare il
tema al centro dell’attenzione era la differenza di atteggiamenti tra gli operatori
borsistici tedeschi in confronto a quelli di altre nazioni, con particolare
riferimento alla presenza di comportamenti opportunistici.
Weber conduce questo studio in termini comparativi, cioè studia soprattutto i
comportamenti degli operatori.
Ciò che Weber nota come comune a tutti gli operatori di borsa è il desiderio di
guadagnare il più possibile.
Tuttavia le differenze tra Francia, Gran Bretagna e Germania sono notevoli per
quanto riguarda l’assetto istituzionale normativo , infatti la borsa di Londra è
istituzionalizzata da un ordinamento particolare tale da ostacolare la
degenerazione della speculazione.
La grande differenza che Weber nota è tra l’organizzazione borsistica
39

anglosassone e quella tedesca, in particolare in Gran Bretagna l‘accesso alla


posizione di broker e di trader è strettamente regolamentata, cioè c’è
un’aristocrazia del denaro per Weber  questo perché le borse in ambito
anglosassone sono come dei club riservati, ovvero sono delle istituzioni
autogestite che decidono autonomamente i criteri di ammissione alla
professione.
Secondo Weber non è solo una questione di regole di accesso, ma l’ambiente
borsistico anglosassone si contraddistingue anche per norme severe da
rispettare per rimanere all’interno di questi club  questo è un tipo di
organizzazione istituzionale e sociale che è del tutto assente in Germania dove
chiunque può liberamente accedere al mercato borsistico senza nessun
prerequisito di base e senza vincoli di accesso.
Weber ha una concezione molto chiara di quello che dovrebbe essere il ruolo
della borsa all’interno di un’economia nazionale  questa prospettiva si evince
dal saggio sulla borsa in cui Weber esprime una valutazione personale, ovvero
giudica il comportamento speculativo degli operatori di borsa e sostiene che la
borsa debba essere al servizio dell’economia nazionale e non un luogo dove si
fanno facili guadagni.

 Opere della maturità  queste opere sviluppano vari aspetti della teoria del
capitalismo moderno, questa teoria è un’analisi delle condizioni di possibilità che
si sono rivelati favorevoli secondo Weber per la formazione
dell’imprenditorialità.
Le opere sono due:
1. “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”  questo testo inizia con una
definizione negativa dello spirito del capitalismo, ovvero Weber dice subito
che in questo testo lo spirito del capitalismo è un tipo ideale e non è sinonimo
di avidità di denaro.
Weber in quest’opera sottolinea una dimensione ideal tipica, cioè il fatto che il
capitalismo moderno è un capitalismo che si esercita nella sfera della
produzione, mentre in passato il capitalismo pre – moderno esercitava nella
sfera dello scambio.
Secondo Weber per arrivare a trovare le condizioni di possibilità culturale
bisogna individuare la sfera culturale in cui la ricerca del profitto sia sollecitata
sul piano etico  è per questo che Weber individua questa condizione di
possibilità nell’etica economica del protestantesimo, in particolare nella sua
componente calvinista.
Weber parte dal dogma fondativo della religione calvinista, cioè la dottrina
40

della predestinazione per fede  secondo questa dottrina Dio dall’inizio dei
tempi aveva già deciso chi sarà salvato e chi sarà dannato.
Weber studiando i testi pastorali del calvinismo si accorge che ci sono dei
consigli dati ai credenti che portano ad un rovesciamento dell’atteggiamento
fatalista, cioè portano invece all’azione e questi consigli sono:
 Pensare di essere tra i salvati
 Impegnarsi nel lavoro professionale per confermare la propria fiducia nel
sentimento di elezione.

 nel concetto tedesco di beruf si svela secondo Weber l’affinità elettiva che
connette l’etica economica del protestantesimo e lo spirito del capitalismo.
Weber ripete più volte in quest’opera che non è sua intenzione stabilire un
rapporto causale tra l’etica protestante e lo spirito del capitalismo  infatti
Weber dice in modo esplicito che il suo fine è quello di evidenziare un’affinità
elettiva.
Un’altra affinità che emerge tra l’etica del protestantesimo e lo spirito del
capitalismo è la condanna dello sperpero di danaro e il fermo invito a
reinvestire il profitto guadagnato in nuovi investimenti e quindi ad una
disciplina del risparmio  Weber dirà addirittura “una costrizione ascetica al
risparmio”.
Quindi mediante l’etica economica del protestantesimo succede che la
devozione al risparmio e lo spirito ascetico non sono più ultramondani, ma
sono intramondani.
41

Nell’opera “Sociologia delle religioni” secondo Weber la variabile dipendente,

ovvero la variabile che bisogna spiegare, è il capitalismo moderno e Weber lo


spiega mediante la sua definizione ideal tipica:
Tre elementi di questa definizione ci permettono di distinguere il capitalismo
moderno:
1. Il soddisfacimento dei bisogni tramite il mercato  questo distingue il
capitalismo moderno dall’economia domestica in cui la produzione dei beni
è orientata all’autoconsumo, ma nello stesso tempo la presenza del mercato
distingue il capitalismo moderno da altre forme di capitalismo storicamente
esistite come ad esempio in Europa o in Asia dove il ruolo del mercato
rimaneva marginale.
2. La presenza di un calcolo di redditività del capitale  è una delle forme di
razionalizzazione del calcolo del capitale, qua Weber fa riferimento alla
presenza di accorgimenti contabili organizzativi, ad esempio la separazione
giuridica tra il patrimonio dell’impresa e il patrimonio della famiglia.
3. La forza lavoro salariata formalmente libera  da un lato questo ci mostra
l’attenzione di Weber ad una dimensione che era già stata evidenziata da
Marx, cioè il socialismo industriale moderno si fonda sulla proprietà dei
mezzi di produzione che implica per una parte della popolazione la necessità
di vendere la propria forza lavoro, ma dall’altro lato ci dice che i costi di
produzione possono essere calcolati in anticipo e in modo preciso

È possibile ricollegare a questa definizione anche un 4° elemento, ovvero


secondo Weber nel capitalismo moderno la ricerca del profitto si concentra
nella sfera della produzione per il mercato  questo permette di distinguere
il capitalismo moderno da altri tipi di capitalismo come ad esempio quello
creditizio, commerciale, di borsa, ecc.
42

Secondo Weber i presupposti del capitalismo moderno sono sei:


 La proprietà dei mezzi di produzione da parte dell’imprenditore  cioè la
proprietà privata dei mezzi di produzione (concetto ripreso da Marx)
 L’esistenza di libertà di mercato
 L’esistenza della forza lavoro salariata formalmente libera
 L’esistenza della tecnica razionale
 L’esistenza di strumenti giuridici (come le azioni, i titoli) che facilitano la
separazione tra il patrimonio di un’impresa e il patrimonio della famiglia
 L’esistenza del diritto razionale ( le transazioni economiche sono garantite da
un ordinamento giuridico che riduce i rischi connessi alle transazioni stesse).

 tutte queste condizioni rendono possibile il calcolo di redditività del capitale (


che è una delle principali caratteristiche del capitalismo moderno).

Weber però si domanda perché solo in occidente ha avuto origine questa forma di
capitalismo  Weber ha comparato le etiche religiose di altre religioni universali
 è proprio questo il contenuto dell’opera “Sociologia delle religioni”.
La risposta di Weber a questa domanda è un’analisi multifattoriale; infatti, ha
evidenziato come le condizioni della specificità occidentale siano di varia natura:
culturale (legata alle religioni), istituzionale (legata alla scienza), fattori contingenti.
Weber ritiene che ci siano stati dei fattori storici che hanno contribuito alla
specificità occidentale, come le conquiste coloniali e l’afflusso di metalli preziosi.
Weber risale all’origine della città occidentale  questa nasce come città – stato
nell’antica Grecia, ma in epoca medievale come coniuratio, cioè c’era
un’associazione giurata alla base della conquista del potere politico, quindi la
fondazione delle città medievali era un atto di associazione giurata.
Tramite questa fratellanza armata Weber si spiega come mai la città occidentale
abbia favorito lo sviluppo del capitalismo  perché proprio dal sentirsi fratelli nasce
l’idea dell’appartenenza ad una certa comunità cittadina  e questo si è verificato
in occidente durante il periodo medievale a causa della debolezza del sistema
politico.
Ma la fratellanza armata che nasce dalla coniuratio (e quindi dalla fondazione
armata di una città) ricorda secondo weber quel senso di fratellanza che è di natura
religiosa, cioè l’essere solidali gli uni con gli altri anche nel senso delle comunità
cristiane.
43

Un altro aspetto è come attraverso il proprio sviluppo la città occidentale abbia


influenzato lo sviluppo del capitalismo  una volta nata la città occidentale diventa
il luogo dei mercati cittadini, il luogo delle prime attività bancarie e cominciano a
circolare nuovi strumenti che danno dinamicità all’economia.
Inoltre, la borghesia cittadina aveva interesse a liberare i contadini dalla servitù della
gleba per reperire manodopera industriale.
Infine, all’interno delle città occidentali vengono fondate le prime università.

Quindi perché il capitalismo moderno si è sviluppato solo in occidente?


Weber da una risposta multifattoriale in quanto non esiste un solo motivo.
Weber distingue tre condizioni di possibilità per la nascita e lo sviluppo del
capitalismo occidentale  da un lato Weber individua, già nel saggio sull’etica
protestante e lo spirito del capitalismo, un’essenziale condizione culturale
dell’origine del capitalismo occidentale, in particolare indaga l’influenza dell’etica
economica della religione protestante come sfondo per l’origine dello spirito
capitalistico.
Accanto a questa condizione culturale, Weber riconosce che ci sono state anche
delle condizioni istituzionali, tipicamente occidentali, che hanno reso possibile e
favorito lo sviluppo del capitalismo moderno, tra queste vi è lo stato razionale, la
scienza razionale, la tecnologia e la città occidentale.
Accanto a questi fattori culturali e istituzionali Weber considera anche dei fattori
contingenti storicamente determinati, ma considera questi fattori come condizioni
né necessarie né sufficienti, se mai li considera come complementari.
Secondo Weber sono invece necessarie le condizioni culturali e istituzionali.

Weber cerca di rispondere alla domanda “perché il capitalismo si è sviluppato solo in


occidente?” mediante lo studio delle etiche economiche di diverse religioni mondiali
 studia nel dettaglio il confucianesimo, il taoismo, l’induismo, il buddhismo e il
giudaismo antico, ma non riesce a completare il proprio progetto comparativo
perché non riesce a includere lo studio dell’islamismo, essendo sopraggiunta la
morte.
44

Opera: “La sociologia delle religioni”


Secondo Weber il capitalismo moderno si è sviluppato solo in occidente perché nelle
altre etiche religiose mancavano delle condizioni di possibilità indispensabili per il
suo sviluppo.
Weber parte dalla considerazione che tutte le etiche economiche sono state
caratterizzate dal tradizionalismo basato su pratiche produttive e commerciali
sempre uguali e tramandate di generazione in generazione  quest’idea è
rafforzata secondo Weber dal fatto che un po' ovunque si è avvertita una forte
resistenza al cambiamento che da un lato era rinforzata dall’élite al potere, ma
anche da un’aurea di legittimità di cui era investita la tradizione.
Questa legittimità secondo Weber aveva un fondamento di tipo magico, ovvero
c’era un po' ovunque una diffusa credenza che il mondo fosse dominato da poteri
sovrannaturali e che la paura della reazione di questi poteri sovrannaturali
scoraggiasse ogni tipo di innovazione.
Secondo Weber questa solidità del tradizionalismo inizia a vacillare quando
emergono le religioni mondiali nei grandi imperi burocratici.
Con questi cambiamenti le etiche economiche delle religioni mondiali incominciano
ad essere considerate come distinte e anche il destino individuale viene percepito
come libero dall’influenza di spiriti soprannaturali  questo grazie all’evoluzione
della scienza e alle grandi profezie razionali.
Infatti l’applicazione delle conoscenze empirico – razionali ha privato il mondo del
suo aspetto magico e ne ha fatto un meccanismo soggetto alle leggi della casualità.

Weber riconosce che ovunque le grandi religioni mondiali hanno avuto origine da
figure carismatiche, ovvero da profeti, dotate di grandi qualità personali, come ad
esempio Gusù, Buddha, Maometto.
Secondo Weber le grandi religioni mondiali hanno avuto due conseguenze:
 Hanno contribuito a ridurre l’influenza della magia aprendo così a spiegazioni
razionali della natura e fornendo le basi di conoscenza su cui poi la tecnologia ha
potuto edificare il proprio sviluppo.
 Sono state universalistiche nel loro orientamento, cioè hanno spezzato quei
legami di solidarietà e hanno spianato la via verso il superamento del dualismo
etico che era tipico del tradizionalismo.
Dualismo etico  cioè all’interno del connubio tra magia e tradizionalismo le
etiche tradizionali erano impostate su un duplice orientamento, ovvero un’etica
45

verso l’interno che si applicava ai membri della famiglia, ai gruppi, alla tribù e
un’etica verso l’esterno che si applicava su tutti coloro che non erano membri.
Però secondo Weber non tutte le religioni mondiali hanno contribuito nello stesso
modo alla riduzione del dualismo etico.
Weber distingue due tipi di profezia:
1. Profezia esemplare  il profeta non si presenta come un mediatore di Dio, ma si
limita a mostrare, attraverso il proprio esempio di vita, una via possibile per
raggiungere la salvezza.
Secondo Weber l’emblema di questo tipo di profezia è la figura di Buddha in
India che mostrava a tutti coloro che erano interessati al raggiungimento del
Nirvana quale fosse la via  il consiglio era quello di abbandonare i desideri
terreni tra cui quello di arricchirsi e di devolvere la propria esistenza ad una vita
contemplativa.
Le conseguenze sociologiche di questa impostazione sono state la costituzione di
un gruppo di intellettuali qualificati che si sono isolati dalla società per seguire la
via del Buddha lasciando le masse al gioco del tradizionalismo e della magia.
Dal punto di vista di Weber, il buddhismo è un caso esemplare per quanto
concerne l’etica economica.
2. Profezia etica  esempi di questa tipologia di profezia per Weber sono il
giudaismo antico e il cristianesimo  il profeta, ovvero Gesù, afferma di essere
figlio di Dio, è stato Dio padre a predicare i comandamenti e si aspetta che
ciascuno obbedisca a questi comandamenti come a doveri morali.
All’interno del cristianesimo la Chiesa ha ritratto sé stessa come amministratrice
dei sacramenti e quindi come mediatrice tra i fedeli e Dio.
Per Weber questi sacramenti (confessione e comunione) sono percepiti come
mezzi magici per accedere alla salvezza.
Anche all’interno della chiesa si riproduce secondo Weber il dualismo etico tra
un’etica dei virtuosi e un’etica delle masse.
Solo con la riforma protestante, in particolare con il calvinismo, il dualismo etico
e il tradizionalismo sono stati superati.
Per quanto riguarda il confucianesimo, in Cina, Weber riconosce che non c’è
stata una profezia né esemplare né etica, ma l’etica economica confuciana è
sempre stata contraria all’innovazione  anche la struttura sociale è sempre
stata intrisa di burocrazia.

 Quindi Weber si sente di poter affermare che la specificità del capitalismo


moderno occidentale sia stata soprattutto dovuta all’etica economica del
protestantesimo che ha effettuato gli ultimi passaggi necessari verso una
46

razionalizzazione della condotta socio – economica perché da un lato il processo di


disincantamento del mondo ha avuto il suo picco con l’abolizione dei sacramenti e
dall’altro lato ha eliminato il dualismo etico  si è approdati in un ascetismo
intramondano in cui c’è stata una fusione nel concetto di beruf, tra la risposta ad
una chiamata divina e la devozione al lavoro.

Tra le condizioni istituzionali che secondo Weber si sono rese necessarie per lo
sviluppo del capitalismo moderno occidentale c’è stato lo stato razionale  questo
porta Weber a riflettere sui vari tipi di potere legittimo che si sono succeduti nel
tempo e afferma l’esistenza di 3 tipi di ideali di potere legittimo  questo
rappresenta la riflessione analitica di Weber sulla politica.

** Secondo Weber la politica è l’insieme dei comportamenti umani che implicano il


potere dell’uomo sull’uomo.
Weber definisce come potere la probabilità che gli ordini impartiti vengano eseguiti
da quelli che li hanno ricevuti  questa definizione di potere è quella che dà nella
sua opera “Economia e società. **

I tipi ideali di potere legittimo sono:


1. Razionale  è il potere fondato sulla credenza nella legittimità dei comandi
come nella legittimità dei titoli di coloro che lo esercitano.
2. Tradizionale  è il potere fondato sulla credenza nel carattere sacro delle
tradizioni antiche e nella legittimità di coloro che sono stati chiamati dalla
tradizione a esercitare l’autorità.
3. Carismatico  è il potere fondato su una devozione fuori dal comune e
giustificata dal carattere sacro o dalla forza eroica di una persona e dall’ordine da
essa creato.

Prognosi sul capitalismo moderno


 questa prognosi (previsione) sul capitalismo moderno occidentale non è
contenuta negli scritti sociologici di Weber, ma si trova negli interventi politici, in
particolare nella conferenza di Vienna sul socialismo che Weber tenne due anni
prima della sua morte.
Weber in questa conferenza riprende l’argomentazione che aveva guidato tutto il
suo percorso intellettuale, cioè il processo di razionalizzazione.
Weber in questa conferenza esprime la propria prognosi contro Marx  in quanto
non pensa che il capitalismo moderno vada nella direzione di una società socialista,
ma si passerà invece ad un capitalismo organizzato e regolato.
47

Da un lato Weber vede un possibile e progressivo aumento della burocrazia, cioè


una trasformazione del processo di razionalizzazione in un processo di
burocratizzazione.
Dall’altro lato Weber vede quasi un paradosso della razionalizzazione  mentre il
capitalismo moderno e il processo di razionalizzazione hanno aumentato il controllo
degli uomini sul mondo, dall’altra parte è diminuita la libertà degli individui che sono
sempre più sottoposti al dominio burocratico.
I rischi che vede Weber in questo progresso della burocrazia sono da un lato un
capitalismo politico e dall’altro la possibilità che la burocrazia si estenda in modo
incontrollato a tal punto da diventare una gabbia di acciaio per lo spirito
capitalistico.
 Quindi la prognosi di Weber sul capitalismo non è positiva perché teme che
l’eccesso di burocratizzazione possa portare ad un esaurimento della libera
espressione di imprenditorialità che aveva contraddistinto il capitalismo occidentale.

La speranza di Weber è quella di un equilibrio di potere tra burocrazie private e


pubbliche  ovvero un pluralismo organizzato.
48

ALTRE TEORIE SOCIOLOGICHE “CLASSICHE” IN AMERICA


In America è presente da un lato l’opera di Parsons del 1937 “La struttura
dell’azione sociale”  in quest’opera Parsons si occupa del livello della struttura
normativa della società e quindi è erede della tradizione europea che si concentra
sull’aspetto macro della società, ovvero sulla società nel suo complesso.
Dall’altro lato tra fine ‘800 e inizio ‘900 fiorisce una curiosità per le interazioni sociali
 infatti in USA c’era un clima molto orientato all’individualismo e molto fiducioso
nella libertà degli agenti sociali, si parla di interazionismo simbolico.

Interazionismo simbolico
L’interazionismo simbolico raccoglie diversi autori: Mead, Blumer e Goffman.
È un’etichetta che dice in modo ellittico (= breve) che il focus della sociologia è
l’interazione sociale mediata da simboli.
Le origini dell’interazionismo simbolico risalgono all’opera di Mead, maestro di
Blumer.
Tra questi due pensatori ci sono molte analogie: innanzitutto entrambi sostengono
che ci si debba focalizzare sulle interazioni sociali, ma entrambi sono anche convinti
che debbano essere considerate come sociali le interazioni in cui ego (= io) è in
grado di dare un significato alla situazione relazionale e nello stesso tempo di
conoscere il significato che alter (= l’altro) dà alla stessa situazione.
Quindi il punto di partenza di Mead e di Blumer è lo stesso, ovvero entrambi si
focalizzano sulle interazioni sociali ed entrambi sintetizzano la relazione sociale
come un rapporto tra ego e alter in cui ci sono determinate condizioni, ovvero ego
riesce ad attribuire un significato alla situazione in cui la relazione ha luogo e nello
stesso tempo pensa di sapere quale sia il significato che alter dà alla stessa
situazione.

Secondo Mead l’interazione sociale è possibile perché l’uomo trova già dati dei
significati comuni, come ad esempio lo scambio tra compratore e venditore 
quindi secondo Mead l’uomo è un agente sociale che entra nella società trovandosi
in una società che è già data come insieme di significati.
Mead però si domanda come faccia l’uomo ad entrare nella società e apprendere
questi significati già dati  la risposta che si dà Mead è che c’è all’opera un
processo di socializzazione.
Si chiama socializzazione quel processo tramite cui un essere umano viene
socializzato alle norme e ai significati di una società.
49

Ci sono degli agenti e delle istituzioni di socializzazione  esiste una fase di


socializzazione primaria che avviene all’interno della famiglia, poi però quando
l’essere umano cresce incontra altri agenti di socializzazione e si parla quindi di
socializzazione secondaria che avviene a partire dalla scuola primaria.

Nel caso degli esseri umani socializzazione significa due cose  all’interno di
ciascun individuo si producono un ME e un IO.
Il ME secondo Mead è l’insieme delle aspettative degli altri verso la persona stessa.
Invece l’IO è l’aspetto che secondo Mead ha il ruolo di controllore di tutto ciò che
accade all’interno della persona.

Secondo Blumer ciò che dice Mead è troppo statico, infatti sostiene che sia vero che
gli esseri umani quando vengono al mondo trovino la società già data però pensa
che in realtà sia molto più importante il processo di interpretazione dei significati
che ogni individuo attua per se stesso  quindi c’è una fase di interpretazione
individuale e soggettiva dei significati e c’è un intenso processo di negoziazione di
questi significati, quindi ogni individuo in realtà non si costituisce come un’IO che
controlla le aspettative degli altri, ma c’è un IO molto più dinamico che secondo
Blumer prende pezzi delle immagini che gli altri hanno di noi e li reinterpreta e
quindi ne deriva un’idea di società molto più fluida.
La visione che dà Blumer della socializzazione è molto più dinamica di quella di
Mead; infatti, in quella di Blumer gioca un ruolo primario la soggettività dell’agente
sociale.

** Tra Mead e Blumer vi è una duplice polarità  in Mead vi è un’idea di società


come precostituita a cui l’individuo viene socializzato e a cui si adatta nel rispetto di
ciò che trova già dato; invece, in Blumer l’idea di società è molto più dinamica
perché è vero che i significati sono costituiti, ma con le nostre personali esperienze li
interpretiamo e li modifichiamo attraverso processi di negoziazione e quindi in
questo modo innoviamo quei significati che formano la società. **

L’agente sociale nel caso di Mead viene considerato come un semplice attore che
recita e rispetta un copione già scritto  questo viene definito immagine iper-
socializzata dell’attore sociale.
Invece, nel caso di Blumer l’agente sociale viene considerato soggetto sociale in
quanto in grado di interpretare un copione o addirittura di scriverlo.
50

Un altro autore importante è Goffman che ha inventato una metafora per studiare
le relazioni sociali, ma nello stesso tempo per scoprire la struttura sociale che
obbliga gli attori a interagire.
L’idea di Goffman è che la società sia un teatro  questa è definita come visione
drammaturgica della società.
La società è vista come una rappresentazione teatrale in cui ci sono dei tempi
dedicati alla ribalta e degli spazi dedicati al retroscena.
Gli attori sociali vestono una molteplicità di maschere e per Goffman le maschere
sono i ruoli sociali che ogni agente sociale riveste.
 tutta questa metafora secondo Goffman è importante soprattutto per il fatto che
tutto questo gioco di ruoli (ovvero le interazioni) si attua sempre all’interno dei
frames  cioè all’interno di una cornice di riferimento, nel senso che tutte le
interazioni avvengono all’interno di regole precostituite che presiedono i fatti
relazionali.
Però ci sono dei luoghi sociali in cui questi frames diventano ipersviluppati e ultra-
dominanti limitando così la libertà degli individui, ovvero quelle che Goffman
descrive come istituzioni sociali totali come ad esempio le prigioni, gli ospedali
psichiatrici, i campi di concentramento.
Questi istituti sociali totali hanno in comune una dimensione coercitiva estrema che
oltre a limitare la libertà degli individui può anche arrivare ad annullare la loro
identità  Goffman in merito a ciò fa riferimento alla sostituzione del nome con un
numero.

Teoria della scelta razionale


Questa teoria nasce negli Stati Uniti negli anni ’60 e si radica nelle teorie dello
scambio sociale basate su un calcolo razionale e individuale dei rapporti costi –
benefici.
Esistono varie teorie della scelta razionale e gli esponenti di questo paradigma sono
Boudon, Coleman, Elster e Goldthorpe.
Tutti questi autori sono d’accordo nel pensare gli attori sociali come razionali, cioè
come auto interessati, dotati di ordinamenti coerenti delle preferenze (  un
ordinamento viene considerato coerente quando è rispettata la proprietà transitiva)
e orientati alla massimizzazione della funzione di utilità  quindi questi autori
vedono l’attore sociale come un attore economico.
Per la teoria della scelta razionale la società è pensata come un effetto emergente di
azioni individuali non coordinate.
51

Boudon
Un’idea che porta avanti è quella delle buone ragioni  è il modo che Boudon
inventa per spiegare l’atteggiamento e le azioni apparentemente irrazionali di attori
sociali che si trovano in determinate situazioni.
Ad esempio: come spiegare l’azione di praticare la danza della pioggia?
Boudon spiega che se si è attenti a ricostruire il sistema delle credenze degli attori
coinvolti si potrebbe scoprire che gli agenti hanno delle buone ragioni per agire
come hanno agito.

Coleman
È stato l’autore americano che più di ogni altro ha tentato di importare nella
sociologia il paradigma della scelta razionale, in particolare di edificare sui pilastri
della scelta razionale un nuovo edificio teorico per la sociologia.
Importante in Coleman è la nozione di fiducia  egli riporta il concetto di fiducia
all’interno del paradigma della scelta razionale e lo fa riconfigurando la fiducia come
una scommessa razionale che valuta la probabilità che la scommessa stessa abbia
successo.

Elster
È a metà strada tra un economista e un sociologo.
Elster si è concentrato sulle contraddizioni che si possono generare tra i sistemi di
credenze e i sistemi di preferenze individuali, cioè ha analizzato a livello individuale
le dissonanze cognitive che si possono manifestare in diverse situazioni sociali.
In particolare, ha studiato i meccanismi e le strategie che gli attori possono adottare
per superare queste dissonanze cognitive.
L’opera “Uva acerba” è il prototipo di un meccanismo di superamento della
dissonanza cognitiva che Elster esemplifica attraverso la favola della volpe e
dell’uva.

DUE CONCEZIONI ALTERNATIVE DELLA SOCIETA’


1. Idea della società come effetto emergente  ovvero una società che è il
prodotto di interazioni tra gli individui.
In questa concezione l’ordine sociale non è programmato, ma emerge dal
comportamento individuale che non è finalizzato in vista di un fine collettivo.
Dal punto di vista della teoria della conoscenza questo tipo di prospettiva
ontologica è anti-riduzionista, cioè la società è qualcosa di diverso rispetto alle
singole parti.
Già Durkheim aveva affermato che la somma degli elementi fosse qualcosa di
52

diverso rispetto all’intero ( o meglio il tutto è diverso dalla somma delle parti).
Questa concezione ha una storia molto antica e la sua tradizione è chiamata “la
tradizione dell’ordine spontaneo”  l’idea era che l’ordine sociale potesse
ottenersi in modo automatico indipendentemente dalle volontà individuali o
collettive e potesse ottenersi in modo automatico a partire da azioni individuali
orientate a fini privati.
La mano invisibile di Adam Smith è l’esempio più antico di questa concezione
antologica.
Più o meno nello stesso periodo storico in cui visse e scrisse Smith venne
elaborata in modo indipendente una concezione molto simile a quella della mano
invisibile, da Ferdinando Galiani  quest’ultimo parlava di una mano suprema
che, come per la mano invisibile di Smith, provvedeva in modo combinatorio al
bene dello stato.
Questi due autori hanno pensato a qualcosa di molto simile perché la nascita del
capitalismo si è accompagnata a delle concezioni etiche che hanno assegnato
all’individuo non solo il diritto coltivare i propri privati interessi, ma anche il
diritto a una proprietà privata illimitata.
Sia Smith che Galiani condividevano il fatto che questi meccanismi combinatori
fossero automaticamente benefici per la società e quindi davano per scontato
che l’effetto emergente fosse positivo.
A queste due teorie si contrappone un’altra concezione, ovvero “La favola delle
api”, opera pubblicata da Bernard de Mandeville nel 1705 con il sottotitolo di
“Vizi privati, pubbliche virtù”  questo autore racconta una storia attraverso la
metafora di un alveare che è prospero finché le singole api si dedicano al proprio
tornaconto personale con ogni mezzo, anche illecito, ma lo stesso alveare si
impoverisce improvvisamente quando le api stanche del disordine sociale
scelgono di stabilire un’etica pubblica.
Questa allegoria critica una falsa alternativa, cioè un’alternativa tra un attivismo
produttivo (immoralità) e un conformismo alle regole pubbliche inattivo.
Quindi questa alternativa tra vizi privati e pubbliche virtù non è considerata da
Mandeville come un’alternativa credibile, ma sostiene che bisogna trovare un
equilibrio tra i vizi privati e le pubbliche virtù.

Nella seconda metà dell’800 vi è l’avvento delle teorie marginaliste che pensano
la società come un effetto emergente.
Nelle teorie marginaliste c’è l’idea di un mercato basato sulla concorrenza
perfetta e su un’informazione diffusa e l’obiettivo di queste teorie è approdare a
modelli di equilibrio generale.
53

Tuttavia queste teorie ereditano l’idea della mano invisibile di Smith, ma


dimenticano spesso la complessità che c’era nel pensiero di Smith in quanto
quest’ultimo non dava per scontato che la mano invisibile potesse esercitarsi nel
nulla, anzi era consapevole che proprio per il corretto funzionamento di questo
meccanismo spontaneo dovessero essere vigenti certe istituzioni, come ad
esempio l’istituzione della proprietà privata e la sua tutela.

 all’interno di quest’idea della società come effetto emergente si perviene


naturalmente ad un’idea di società che non è trasformabile, ovvero se la società
è pensata come effetto emergente allora nessuno può intraprendere azioni
intenzionali per promuoverlo.

L’idea di uno stato programmato è stata percepita da alcuni pensatori liberisti


come una minaccia alla libera convivenza  secondo Von Hayek il problema
dello stato è un problema di informazione.
L’idea di fondo è che lo stato essendo rappresentato da pochi non potrà mai
disporre di quella qualità di informazione che è di tutta la somma degli individui.
Quindi l’idea è che lo stato è necessariamente incompetente perché c’è una
povertà conoscitiva dei pochi rispetto ai molti.
Quindi da questa incompetenza deriva una presunzione di inefficienza, cioè lo
stato è inefficiente e quindi può rappresentare una minaccia alla libera
convivenza.
Gli effetti che emergono non sono tutti positivi come quelli immaginati da Smith
e da Galiani  è proprio questo che si intende per effetto perverso (  è un
effetto non voluto perché da un lato non è intenzionale e dall’altro non è
desiderabile).

Un tipo particolare di ordine emergente è quello dei sistemi complessi o sistemi


combinatori  questi sistemi sono quegli effetti emergenti in cui è manifesta
l’interdipendenza delle azioni individuali.
Questa interdipendenza va pensata nei sistemi complessi in termini di feedback,
quindi c’è una forma di retroazione tra il livello micro e il livello macro.

Esempio  immagino un singolo passante che per primo passa e calca il prato, in
questo modo comincia a disegnare una traccia di sentiero camminando sull’erba.
Un secondo passante decide di seguire il sentierino già tracciato dal primo
passante.
Questo accade per più volte e da più persone.
54

Da ciò ne deriva che un’azione individualmente compiuta, combinata con l’azione


di altri crea un sentiero sempre più mercato.
Il fatto che l’effetto emergente (ovvero il sentiero sempre più marcato) diventi
sempre più definito condiziona altri passanti a calpestare quella traccia e non
altre parti del prato.
 c’è quindi un rapporto di feedback micro – macro e macro – micro.

2. Idea di società come contratto  ovvero come frutto di un accordo tra individui.
Le teorie contrattualistiche hanno origine tra il XVII e il XVIII secolo con Thomas
Hobbes.
L’idea di fondo in questa concezione è che l’ordine sociale è il frutto di azioni
intenzionali e programmate degli individui; quindi, la società è fatta dagli
individui.
Queste teorie contrattualistiche cercano di legittimare il problema del rinnovo
del contratto perseguendo diverse strategie
A questo problema c’è chi ha risposto mediante le teorie della socializzazione 
questa teoria però è molto statica e non riesce a spiegare come mai i valori delle
società cambino nel tempo.
Alcuni individui possono modificare la società per via politica, mentre altri per via
sociale.
Quindi per le teorie contrattualistiche si tratta di riconciliare due idee che si
scontrano  da un lato l’idea di un individuo che è un soggetto capace non solo
di riprodurre l’ordine sociale, ma anche di mutarlo; dall’altro lato si ha una
società come insieme di regole che è dotato di una propria esistenza e che si
oppone alla libertà individuale.

GLI ELEMENTI DELLA SOCIETA’


Si distinguono in elementi della società manifesta ed elementi della società opaca.
55

ELEMENTI DELLA SOCIETA’ MANIFESTA


 sono elementi più visibili.
1. LINGUAGGIO  il linguaggio verbale distingue la specie umana dalle altre specie
animali.
Esiste una moltitudine di lingue, all’incirca tra 6500 e 7100.
Nonostante questa eterogeneità la lingua come sistema di segni ha 4
caratteristiche:
 Ogni lingua è composta da un numero finito di unità distinte tra loro e
inconfondibili  queste unità si chiamano morfemi e la loro caratteristica è
quella di potersi combinare tra loro in infiniti modi, alcuni dei quali sono
considerati grammaticamente corretti.
 I morfemi sono arbitrari, cioè sono convenzionali, ma unici.
Un importante filosofo americano dice che la formula generale del sistema di
segni verbale è che X (una certa parola) conta per Y (un certo oggetto) 
questa è la formula della referenza linguistica.
 In un linguaggio servono almeno due persone.
 Il linguaggio ha uno strano statuto ontologico  cioè il linguaggio è di ogni
individuo che lo utilizza, ma è anche qualcosa che non è di nessuno in quanto
esiste anche se nessuno lo usa.

2. STATUS – RUOLI  un individuo riveste una pluralità di ruoli.


Goffman ha sostenuto che gli agenti sociali sono abili a produrre una certa
distanza dal ruolo, infatti sostiene che talvolta gli individui adottano dei gesti,
delle posture, in particolare degli atteggiamenti ironici che permettono di
rivendicare la loro distanza da un certo ruolo  questo perché secondo Goffman
gli attori sociali sanno cos’è un ruolo.
Dahrendorf, al contrario, ha sostenuto che gli agenti sociali sono schiavi
imprigionati all’interno dei propri ruoli.
Goffman è per la libertà interpretativa e la presa di distanza dal ruolo mentre
Dahrendorf al contrario concepisce i ruoli come delle gabbie.
Oggi la posizione dominante è una via di mezzo tra questi due estremi  si
riconosce che quanto un individuo sia più o meno capace di presa di distanza dai
propri ruoli sia una questione che può essere decisa solo empiricamente cioè
mediante l’osservazione e l’indagine.
L’idea di ruolo è strettamente legata all’idea di regola.
Definizione  Il ruolo in sociologia è un insieme degli atteggiamenti e dei
56

comportamenti nonché delle rappresentazioni simboliche che sono


normativamente richiesti ai detentori di posizioni sociali.

Le caratteristiche che definiscono un ruolo sono 3:


 Il ruolo può essere pensato come un organizzatore della vita sociale.
 Il ruolo è un riduttore della complessità che può derivare dall’interazione
sociale.
 Il ruolo è un metodo per l’erogazione di sanzioni positive o negative.

Questo presuppone 2 condizioni fondamentali affinché i ruoli esistano:


1. Ci deve essere un’assegnazione condivisa di diritti e di doveri per determinati
ruoli.
2. Il ruolo nel momento stesso in cui viene creato istituisce un criterio per la
costruzione di una gerarchia sociale.

Esiste una distinzione tra ruolo e status  status è sinonimo di posizione sociale;
infatti, ad ogni status (e quindi ad ogni posizione sociale) di solito corrispondono
più ruoli, però affinché si abbia un ruolo non basta che ci siano delle aspettative di
particolari comportamenti, ma è necessario che ci sia un’attribuzione di ruoli.
Gli status – ruoli condividono con il linguaggio la formula per cui X conta per Y in
un determinato contesto, però ci sono due differenze:
 Riguarda chi attribuisce il ruolo (= il dichiarante)  l’asserzione linguistica si
esaurisce nel suo significato, mentre la dichiarazione di status no perché crea
un ruolo, ovvero crea qualcosa che prima non c’era.
La dichiarazione di status presuppone che il dichiarante sia legittimato a
conferire un determinato ruolo.
Ad esempio in caso del matrimonio il prete è legittimato ad attribuire il ruolo.
 Riguarda il dichiarato  nel linguaggio la relazione X conta per Y in un
determinato contesto è una relazione arbitraria perché il linguaggio è un
sistema convenzionale; invece, nel sistema degli status – ruoli l’assegnatario
non ha delle caratteristiche che rendono questa assegnazione obbligatoria;
eppure, ci sono dei vincoli di adeguatezza.

Un’altra distinzione è quella tra ruoli ascrittivi e ruoli acquisitivi.


57

Si parla di ruoli ascrittivi I ruoli acquisitivi prevalgono


quando una persona nelle società moderne e sono
possiede naturalmente tutti quei ruoli che si possono
alcuni requisiti come, ad acquisire nel corso della
esempio, il sesso o la propria vita mediante
famiglia di assegnazioni di ruolo.
appartenenza.

Infine, vi è una distinzione tra conflitti intra ruolo e conflitti tra ruoli.

Sono quei conflitti che Sono quei conflitti tra


esprimono delle ruoli che fanno parte di
contraddizioni tra i uno stesso status
valori che sono sociale.
incorporati all’interno di
uno stesso ruolo.

Il sociologo Lenski ha coniato il concetto di incoerenze di status  ovvero non c’è


coerenza tra le posizioni sociali che si dovrebbero rivestire dal punto di vista
economico e dal punto di vista sociale.

3. ISTITUZIONI  generalmente per istituzione si intende qualche agenzia con


funzione pubblica, come ad esempio il tribunale.
In sociologia è possibile identificare due definizioni di istituzione:
 Un’istituzione è un insieme di norme sociali che orientano e regolano il
comportamento e si basano su sanzioni che tendono a garantirne il rispetto da
parte dei singoli soggetti ( definizione utilizzata in sociologia economica).
Queste sanzioni possono essere positive o negative e formali o informali.
L’istituzione si distingue dall’organizzazione in quanto quest’ultima non è un
insieme di norme e sanzioni, ma è una collettività concreta che coordina un
insieme di risorse umane e di materiali per il raggiungimento di determinati
obiettivi, come ad esempio i sindacati.
E’ possibile studiare uno stesso oggetto della società sia come se fosse
58

un’istituzione sia come se fosse un’organizzazione, ad esempio la famiglia è


l’istituzione sociale più semplice, ma è anche un’organizzazione sociale.
 Le istituzioni possono essere pensate anche come un insieme di status – ruoli.

I SISTEMI NORMATIVI ( ne fanno parte anche le istituzioni)


Le norme sono delle regole generali di comportamento socialmente stabilite e che
sono destinate a tutti indipendentemente dagli status – ruoli.
Un sistema normativo però non è fatto solo di norme, ma anche di valori.
In Weber ci sono due modi di agire sociale razionale:
 La razionalità rispetto allo scopo  quella che Weber chiama razionalità
strumentale.
 La razionalità rispetto al valore  razionalità che per Weber è non
conseguenziale, cioè che non bada alle conseguenze dell’azione, ma si ispira a
qualche valore ( valori etici, estetici e religiosi).

Quindi secondo Weber i fini possono essere scopi o valori.


Per capire come è possibile riconoscere quando un individuo agisce secondo la
razionalità rispetto lo scopo e quando secondo la razionalità rispetto al valore,
bisogna chiedere all’agente sociale se l’azione in vista di quel fine sia desiderabile
per tutti o solo per sé stesso.
Quando il fine è desiderabile per tutti allora si tratta di un valore.
Un’altra pratica di riconoscibilità dei valori è che tipicamente i valori possono essere
argomentati, ovvero si possono fornire delle ragioni a sostegno di quel valore o
argomenti che sostengono valori opposti.
Invece, gli scopi privati tipicamente non sono da argomentare in quanto sono dei
desideri o talvolta dei gusti.
 Quindi il valore è una dichiarazione di desiderabilità universalizzabile.

Quali sono le relazioni tra valori e norme?


La posizione dominante è pensare che le norme derivano dai valori, ad esempio se il
valore è la sacralità della vita la norma non uccidere è una traduzione normativa del
valore.
Il punto dolente di questa interpretazione è che all’interno del concetto di norma c’è
quello di regola.
Ci sono delle regole che fanno sì che ad esempio un gioco sia quello che è e non un
altro gioco (ad esempio gli scacchi)  queste sono definite regole costitutive.

Le regole si distinguono in:


59

 Regole costitutive  fanno sì che qualcosa esista per come è


 Regole regolative  danno delle istruzioni di funzionamento a ciò che è stato
istituito
 Regole tecniche  che dicono passo per passo cosa fare in vista di uno scopo.

 tutte queste tipologie di regole fanno parte dei sistemi normativi.

I valori e le norme sono delle rappresentazioni sociali che sono suscettibili di due
operazioni:
 Interpretazioni
 Giustificazioni

I limiti al lavoro di interpretazione all’interno dei sistemi normativi:


1. Il lavoro interpretativo deve essere svolto da interpreti autorevoli  per questo
motivo esiste una Corte costituzionale.
2. La tradizione normativa rigorista che sanziona in modo rigido anche i più piccoli
scostamenti del sistema normativo.

 questi due limiti rappresentano una sorta di tensione nelle società tra il rigorismo
e il lassismo

È la lettura
È il livello zero
arbitraria delle
dell’interpretabilità
norme
delle norme

Le società umane si sono evolute dal diritto divino al diritto positivo:


Il sistema normativo nell’antichità era ancorato al concetto di religione, ma già ai
tempi della Roma antica le cose cambiano in quanto incomincia a svilupparsi un
giusnaturalismo laico, ovvero l’idea che le leggi debbano uniformarsi al diritto
naturale  quindi nel tempo il contatto tra il sacro e il dovere diventa sempre meno
vivo.
Però c’è un processo di razionalizzazione del diritto come aveva detto Weber e i
sociologi condividono questa visione tant’è che la utilizzano per leggere la storia
dell’evoluzione dei sistemi normativi  diritto che da sacro diventa positivo, ovvero
diventa il diritto che è il solo codice adibito a regolare giuridicamente la società.
Questo processo di razionalizzazione aiuta a comprendere meglio i sistemi
normativi: infatti le norme e i valori possono essere interpretati, ma possono essere
60

anche giustificati, ovvero argomentati razionalmente e presentati come giusti o non


giusti.
Esistono 3 modi per argomentare (giustificare) un valore:
 Valutando le conseguenze concrete di un valore.
 Per contrasto o per antitesi, cioè ad esempio mostrando che il suo contrario
produce degli effetti molto negativi.
 Mostrando la coerenza tra valori.

 le argomentazioni offrono elementi ai dialoganti per poter muovere contro


argomentazioni e in questo modo i parlanti si impegnano razionalmente a trovare
cooperativamente (insieme) una descrizione dello stato di cose più veritiera.

Margini di trasformabilità
La trasformabilità varia nel tempo e da paese a paese in quanto ci sono paesi che
sono portati a cambiare più di altri il proprio sistema normativo.
Questa differenza tra paesi dovrebbe stimolare la ricerca empirica perché potrebbe
darsi che il grado di proliferazione legislativa all’interno di un paese incida sul modo
in cui i cittadini percepiscano la trasformabilità della loro società.

È un’interpretazione della relazione tra i valori (rappresentati da “mete culturali”) e


le norme (rappresentate da “mezzi istituzionalizzati”).
Questa è una classificazione che viene dall’opera di R.K Merton che ha studiato
come i singoli individui tendono o meno ad adattarsi nei confronti della meta
culturale del successo economico.

I modi di adattamento che Merton considera come possibili sono:


61

 Il conformista acconsente al successo economico e fa esattamente quello che la


società gli dice di fare per raggiungere il successo economico; quindi, accetta sia
le mete culturali sia i mezzi istituzionalizzati.
 L’innovatore sottoscrive le mete culturali, ma si oppone ai mezzi istituzionalizzati,
nel senso che rifiuta quelli dati, ma ne crea di nuovi, come fa ad esempio
l’imprenditore.
 Il ritualista non sottoscrive il valore del successo economico però continua a
vivere in conformità ai mezzi istituzionalizzati  è colui che non vuole arricchirsi
però segue tutte le regole della società.
 I rinunciatori si oppongono sia alle mete culturali sia ai mezzi istituzionalizzati 
sono coloro che si astengono dalla partecipazione alla società.
 I ribelli sono considerati da Merton importanti come agenti di trasformazione
perché il ribelle cerca di rivoluzionare sia i valori di una società sia i mezzi, ovvero
le norme.

ELEMENTI DELLA SOCIETA’ OPACA E TRASFORMAZIONE SOCIALE


Nella società ci sono degli elementi che resistono alla conoscenza e sono: la
menzogna, l’ideologia e l’errore.
L’idea che domina tra gli autori è che molto spesso le trasformazioni sociali siano
portate da condizioni che permettono la mobilitazione di una parte della
popolazione che sia dotata di risorse sufficienti per potersi mobilitare.
Gli autori condividono anche l’idea che un elemento fondamentale di
trasformazione sociale siano le ideologie e talvolta anche le menzogne.
Quindi c’è una connessione tra gli elementi della società opaca e la possibilità di
cambiamento.
62

La caratteristica che gli elementi della società opaca hanno in comune è quella di
essere basate su asserzioni false (scorrette dal punto di vista del contenuto o
logicamente scorrette).
Esistono tre stati psico – mentali del locutore, ovvero:
 essere consapevoli o meno di dire il falso
 la presenza o l’assenza di motivazione
 la consapevolezza di avere quella motivazione.

Nell’errore di solito non si ha nessuna consapevolezza della falsità  l’errore è


l’elemento più semplice perché non ha premeditazione, ovvero non è spinto da un
interesse e non c’è nessuna consapevolezza da parte del locutore della falsità di
quello che viene asserito.
La caratteristica principale dell’errore è il suo poter essere corretto, cioè un errore
può essere corretto ad esempio mostrando evidenze empiriche che neghino
l’asserzione falsa.
La menzogna è quell’elemento che è opposto all’errore perché chi dice il falso è
consapevole di mentire e di solito lo fa per un motivo.
Mentre l’errore non è stato oggetto di studi da parte dei sociologi, le menzogne
invece sono state oggetto soprattutto di due tipi di studi: da un lato quelli più antichi
che hanno esplorato il ruolo della menzogna nella storia e sono giunti alla
conclusione che il posto della menzogna è andato sempre più limitandosi nella sfera
pubblica, cioè la modernità ha abolito ha abolito gli arcana imperii, ovvero il diritto
posseduto dal re al segreto e alla menzogna.
Tuttavia dal punto di vista giuridico, ad oggi, resta il segreto di stato, ma non c’è
nessun diritto legittimato alla menzogna all’interno degli attuali sistemi giuridici.
Dall’altro lato vi è il ruolo delle fake news e soprattutto delle teorie del complotto.
Invece nell’ideologia non c’è nessuna consapevolezza della falsità però c’è una
motivazione che porta il locutore a sostenere quella falsità, ma non è consapevole di
questa motivazione.
Le definizioni che si possono ricavare dagli studi sull’ideologia sono tre:
 l’ideologia è un complesso di idee sulla società (definizione generale).
 L’ideologia è un discorso o una singola asserzione che ha un contenuto
emozionale molto forte e ha la funzione specifica di creare dei gruppi che siano
pronti all’azione politica.
 L’ideologia è l’idea della falsa coscienza ( la falsa coscienza è la sintesi delle tre
variabili: si dice il falso, c’è un motivo per dirlo, ma non si è consapevoli di quella
motivazione)  quindi l’ideologia in questa definizione è la distorsione delle
63

rappresentazioni motivata da interessi inconsapevoli (ad es. l’ideologia della


classe dominante di Marx, ovvero che la proprietà privata è un diritto di natura).

Ci sono tre differenze riguardo a ciò che si può fare:


 L’errore può essere corretto
 La menzogna si denuncia dentro alle società democratiche
 L’ideologia si può chiarire.

ATTORI E SOGGETTI
Attore  agente sociale che riproduce la società in cui vive, ovvero recita una parte,
un canovaccio con pochissimi margini di interpretabilità e di improvvisazione.
Soggetto  in cui vi sono gradi di libertà maggiori concessi all’agente sociale.

 sono due modi diversi di concepire l’agente sociale e la società perché nel caso di
una società totalmente composta da attori sociali, la società è statica; invece, nel
caso di una società composta da soggetti sociali, la società è soggetta a
trasformazioni sociali ed è quindi dinamica.

Mappa delle fonti di soggettività


 ovvero si intende cercare di risalire indietro nella storia della società e dell’uomo
per capire storicamente come l’alternativa soggetto sia diventata sempre più
diffusa.

La fonte generale della soggettività è l’individualismo che nel corso della storia ha
assunto quattro diverse forme:
 Individualismo etico
 Individualismo proprietario
 Individualismo utilitaristico
 Individualismo romantico.
64

Definizione  l’individualismo è un orientamento che pretende di costituire ogni


individuo come soggetto, cioè è un modo di dotare ogni individuo di certi gradi di
libertà.
Molti sociologi hanno studiato il fenomeno dell’individualismo e hanno provato ad
attribuire l’accelerazione dei movimenti sociali in occidente nell’età moderna
proprio all’individualismo  questo perché il credito accordato alla responsabilità
individuale ha scoperchiato grandi potenziali di trasformazione perché ha
aumentato i gradi di libertà dei soggetti e la loro capacità di impattare sui sistemi
normativi, cioè di cambiarli.
Il compito della sociologia per quanto riguarda l’individualismo è cercare di capire
come il ruolo dell’individuo sia stato definito, in generale, all’interno di determinati
sistemi normativi.

1. Individualismo etico  Weber ha evidenziato quale legame c’è tra lo sviluppo


dell’individuo e il processo di razionalizzazione e ha cercato di spiegare come mai
l’individualismo è andato di pari passo nel suo sviluppo con il processo di
razionalizzazione.
Weber aveva individuato nella comparazione tra varie etiche religiose (cattolica,
ebraica, buddhista, induista e protestante) delle affinità e delle differenze 
tuttavia si era accorto che grandi religioni universali avevano contribuito in modo
differente al superamento del dualismo etico (  il dualismo etico è l’esistenza
all’interno prima delle etiche religiose e poi delle etiche laiche di una doppia
pluralità: da un lato un’etica verso i membri appartenenti allo stesso gruppo, ad
esempio la famiglia, il clan o la tribù, dall’altro lato un’etica verso coloro che non
appartengono al gruppo di riferimento).
Tuttavia questo dualismo etico secondo Weber viene superato nel modo più
completo grazie al protestantesimo che potenzia l’anima individuale ad esempio
permettendo e incentivando il libero esame dei testi sacri  ovvero è il
protestantesimo che supera oltre al dualismo etico anche il tradizionalismo e la
magia e potenzia l’aspetto di responsabilità individuale.
Quindi Weber dice che l’individualismo etico affonda le proprie radici nell’etica
economica del protestantesimo però già la visione di Weber evidenzia all’interno
dell’individualismo etico una certa tensione in quanto aveva sostenuto l’idea che
il razionalismo individualistico nel suo sviluppo avrebbe prima o poi incatenato la
libertà imprenditoriale (= l’innovazione individuale).
Per quanto riguarda l’individualismo etico si fa riferimento al pensiero di Tönnies
 contemporaneo di Weber scrive il libro “comunità e società” in cui ribalta la
valutazione che Weber dà del processo di razionalizzazione e individualizzazione
65

perché in Tönnies c’è una grande nostalgia della comunità laddove la comunità si
configura più o meno come la solidarietà meccanica di Durkheim, ovvero quel
tipo di solidarietà antica tra pari in cui ci si conosce, si condivide una coscienza
collettiva di valori e norme morali e in cui è vivo il sentimento di appartenenza ad
una comunità.
Questa analisi di Tönnies è una ricostruzione in termini critici dell’evoluzione
verso la moderna società industriale.

2. Individualismo proprietario  parlando di individualismo proprietario si


sottolinea soprattutto l’affermazione dei diritti legati alla proprietà privata.
I concetti di individualismo e proprietà privata hanno iniziato ad affiancarsi con la
dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese (1789) perché in
questa dichiarazione si definisce la proprietà privata individuale come sacra e
inviolabile  questo è stato l’esito di un lungo processo storico.
Questo processo storico è stato studiato da molti, ma solo pochi si sono
domandati come mai il processo di individualizzazione viene quasi sempre tenuto
distinto dall’idea di proprietà privata  probabilmente l’individualismo non
viene messo in relazione diretta con la proprietà privata perché nel corso della
storia la proprietà privata è passata da individui singoli ad attori collettivi privati e
quindi sembrava che la proprietà privata si fosse spersonalizzata.
Inoltre l’esistenza di una proprietà privata illimitata e la sua difesa normativa non
sono scontate, ecco perché sono fiorite nel tempo una serie di legittimazioni per
difendere l’istituzione della proprietà privata.
Soltanto nell’età moderna la critica radicale della proprietà privata si è liberata
da considerazioni di tipo politico, cioè nella filosofia antica c’era un limite morale
alla proprietà privata, ovvero c’era l’idea che il possesso di beni dovesse essere
limitato.
Quindi anche le legittimazioni critiche della proprietà privata illimitata sono
cambiate del tempo.

3. Individualismo utilitaristico  l’utilitarismo è una corrente di filosofia morale


normativa e l’idea di fondo è che l’utilitarismo fa coincidere l’utile con il morale.
Gli uomini individualmente devono perseguire il massimo possibile della felicità,
ma non oltre quel limite oltrepassato il quale si arreca infelicità o danno agli altri.
Il limite più evidente dell’individualismo utilitaristico è la pretesa di poter
calcolare benessere e felicità collettiva  il primo a criticare la misurabilità
dell’utilità è stato Pareto, egli era dell’idea che le preferenze individuali
potessero essere ordinate solo in modo ordinale.
Pareto ha avviato una serie di riflessioni sulla misurabilità dell’utilità pensando
66

soprattutto al problema dell’aggregazione di ordinamenti di utilità personali in


sommatorie.
Pareto aveva già distinto due utilità:
 Utilità della società  questa secondo Pareto poteva essere definita solo da
un potere politico sovrano.
 Utilità per la società  il concetto di ottimo paretiano che si ottiene secondo
Pareto quando all’interno di una società cresce il benessere collettivo e
nessuno ne subisce un danno.

4. Individualismo romantico  è l’unico tipo di individualismo irrazionale.


Il romanticismo è contemporaneo dell’illuminismo; infatti, si sviluppano nel ‘700
e si confrontano.
Il romanticismo della seconda metà del ‘700 è soprattutto portatore degli ideali
di popolo, nazione, comunità e quindi sembra che non abbia nulla a che fare con
l’individualismo.
L’amore romantico è l’ideale di costruire una relazione amorosa unica e assoluta.
Nella modernità c’è una versione meno “tragica” che si è adattata alla modernità
e alle istituzioni familiari e che però ha mantenuto di quell’ideale due principi
fondamentali: la libera scelta reciproca dei due coniugi e il fondamento erotico
della vita coniugale, a cui si è aggiunta anche l’idea che fra i due coniugi ci debba
essere una sorte di par condicio, cioè una condizione di parità.
Giddens partendo dai due principi fondamentali studia le trasformazioni in
famiglia, soprattutto per quanto riguarda la parità tra i coniugi e sottolinea una
sorta di parentela pratico – morale tra la democrazia e l’idea di parità tra i
coniugi perché secondo Giddens c’è una somiglianza di famiglia tra la democrazia
e il rapporto coniugale nella sua forma contemporanea che esalta l’autonomia
paritaria e la divisione delle responsabilità all’interno delle relazioni matrimoniali.

 tutti questi tipi di individualismo generano tensioni sociali: nell’individualismo


etico c’è una tensione tra la razionalizzazione che promuove la produzione del
capitalismo, ma nello stesso tempo si hanno sistemi normativi sempre più
costringenti.
Sia l’individualismo proprietario che l’individualismo utilitaristico creano
giustificazioni sempre più raffinate per legittimare la proprietà privata illimitata nel
caso dell’individualismo proprietario e nel caso di quello utilitaristico il
perseguimento dell’interesse individuale; inoltre, entrambe hanno il problema di
legittimare la distribuzione diseguale delle risorse.
Anche l’individualismo romantico genera una tensione che però non è di natura
67

sociale, ma è una contraddizione di tipo culturale perché la sua esistenza dà vita alla
convivenza di regimi di vita che sono molto alternativi.
L’individualismo romantico si pone in contrapposizione alla società e alla vita di tutti
i giorni.

METODOLOGIA DELLA RICERCA SOCIOLOGICA

Halbwachs aveva già mosso delle critiche al lavoro di Durkheim dedicato al suicidio.

È certo che non sempre rendiamo giustizia alla sociologia perché essa dà, spesso,
l’idea di scoprire delle banalità. Quando Durkheim, seguendo il Morselli, ha
dimostrato che il matrimonio costituiva una difesa contro il suicidio, e che chi ha dei
figli si uccide meno dei coniugi senza figli, agli occhi di molti lettori ciò parve una di
quelle pacifiche verità di buon senso che non sembrava affatto utile rafforzare sulla
base di dati. Ma nel regno del verosimile, a ciascuna proposizione se ne può opporre
generalmente un’altra che può apparire altrettanto evidente. È quindi altrettanto
meritevole, dal punto di vista scientifico, il determinare quale di due opinioni
verosimili corrisponda alla realtà, di quanto sia mettere in luce una verità del tutto
nuova. Si tratta infatti di superare il confine che separa la conoscenza scientifica
dalla conoscenza volgare”.
Halbwachs, Les causes du suicide (le cause del suicidio)

Halbwachs dice che quando Durkheim ha espresso le relazioni tra tasso dei suicidi e
integrazione degli individui all’interno di una famiglia in realtà non aveva scoperto
nulla di nuovo, in quanto è quel tipo di asserzione che spesso si sente pronunciare
dai sociologici  sembrano delle ovvietà e quindi non meritevoli di essere
sostanziate dal punto di vista empirico, ma Halbwachs sostiene che nel mondo delle
possibilità che sono plausibilmente realizzabili a ciascuna proposizione se ne può
opporre un’altra che può apparire altrettanto evidente.
Quindi per Halbwachs si tratta di superare il confine che separa la conoscenza
scientifica (= episteme) dalla conoscenza volgare (= doxa).

Alcune distinzioni e definizioni:


68

 Metodo vs metodologia

È un insieme È un discorso sul metodo


ordinato di (o meglio è una
scelte descrizione argomentata
di un metodo)

 Epistemologia vs gnoseologia

Ci dice come si Ci dice come si


raggiunge la raggiunge la
conoscenza conoscenza in
scientifica generale

 Monismo vs pluralismo

È la posizione che
È la posizione di chi sostiene che non è
sostiene che in tutte
necessario che per addebitarsi la nozione di
le scienze che
scienza una disciplina debba implementare
vogliono rivendicare
solo il metodo scientifico  quindi si apre
questo titolo, si
la possibilità di una convivenza tra metodi
debba applicare uno
alternativi.
e un solo metodo,
ovvero quello
scientifico

 Quantitativo vs qualitativo

I dati qualitativi forniscono i
I dati quantitativi forniscono dettagli e gli
le cifre che dimostrano i approfondimenti necessari
punti generali complessivi per capirne a pieno le
della ricerca relative implicazioni
69

È possibile suddividere gli approcci in:

APPROCCI STANDARD ALLA APPROCCI NON – STANDARD ALLA


SCIENZA SCIENZA
Secondo questi approcci la scienza è Secondo questi approcci le scienze sociali
formulazione di proposizioni che non possono prescindere dalle conoscenze
riguardano le relazioni tra proprietà personali perché gli oggetti studiati sono
indipendenti da valutazioni soggettive, sempre soggetti e le loro opinioni sono
ma anche proprietà che riguardano rilevanti.
oggetti di studio fungibili, ovvero
sostituibile ai fini della conoscenza.
All’interno di questi approcci si
distinguono due metodi:
 Metodo sperimentale 
ci sono delle asserzioni sui nessi
che non hanno niente a che
fare con il soggetto conoscente
e che riguardano delle relazioni
di causa – effetto.
 Metodo dell’associazione 
gli asserti impersonali possono
riguardare solo relazioni di
associazione, cioè è possibile
stabilire l’intensità di una
relazione, ma non la direzione.
70

IL DISEGNO DELLA RICERCA


È costituito da diverse fasi:
1. Quasi ogni ricerca prende avvio da alcuni problemi preliminari

2. Vi è poi la fase dell’ipotesi di lavoro che può essere suddivisa in una serie di
sottofasi:
 Definizione della domanda di ricerca  ovvero ci si domanda che cosa si ha
intenzione di scoprire.
Generalmente le domande di ricerca all’inizio sono molto generali.
 Fase esplorativa  si selezionano i documenti (libri e articoli).
 Identificazione dell’unità di analisi e delle variabili.
 Studio pilota  cioè l’applicazione iniziale, su piccola scala, del protocollo di
studio.
 Definizione dei risultati attesi.

3. Fase della raccolta dei dati  ovvero scegliere gli strumenti di raccolta dati, che
nel caso si procedesse con i questionari è fondamentale la fase di
campionamento, ma anche il field work, ovvero il lavoro sul campo.

4. Fase di codifica dei dati  che si può suddividere nella definizione di convenzioni
di codifica e nella verifica delle compatibilità e individuazione degli errori.
È un modello di riorganizzazione e denominazione dei dati raccolti.

5. Fase della prima elaborazione dei dati  si tratta di una costruzione di variabili
derivate, in questa fase si possono poi integrare dati mancanti (tornando sul
campo) e si correggono gli errori che sono stati individuati.

6. Fase dell’analisi dei dati  si procede con la scelta delle tecniche di analisi dei
dati, una volta che la tecnica è stata scelta si procede all’analisi in sé e infine si
conclude con un report sulla ricerca.
71

INTERVENTO DI D. OVADIA
COMUNICARE L’INCERTEZZA – IL CASO COVID 19
Come cittadini comuni siamo spesso convinti che le scoperte scientifiche sono delle
verità immutate, mentre in realtà, in particolare il mondo della medicina, è fatto di
scoperte successive che si contraddicono tra loro apparentemente, ma che sono in
realtà la naturale evoluzione della conoscenza in un determinato settore.
Quindi per spiegare cosa si intende quando si dice “comunicare dei fatti incerti” si
può far riferiemento a tre casi di cronaca:
 All’inizio della pandemia si è fatta largo una notizia promossa da un medico
francese che diceva che un farmaco molto economico e conosciuto per la
malaria, ovvero l’idrossiclorochina aiutasse a guarire dal covid.
Questo medico ha somministrato questo farmaco e ha visto che i suoi pazienti
stavano meglio, ha pubblicato questi dati e ne è conseguito che per molto tempo
i medici di tutto il mondo hanno iniziato a somministrare questo farmaco.
Ma dopo che sono stati condotti una serie di studi più sistematici sono arrivati i
primi dati e la Francia è stato il primo paese a revocare l’autorizzazione all’uso
dell’idrossiclorochina per trattare il covid.
Poco dopo sono arrivati altri studi che hanno proprio dimostrato che questo
farmaco non serviva a nulla.
 questo è un esempio di come dopo pochi mesi anche la comunicazione verso
il pubblico ha cambiato la sua posizione.

 Il divulgatore scientifico Guido Silvestri diceva che i vaccini per il covid sarebbero
arrivati in autunno, ma questo è stato un punto verso il quale molti esperti si
sono scagliati nella comunicazione della pandemia perché non era ovvio che
arrivassero vaccini per tutti in così poco tempo.
Tra l’altro somministrare questi vaccini senza sperimentarli in modo appropriato
ha suscitato una serie di problemi tra cui per esempio di tipo etico, infatti sono
usciti molti articoli in cui si diceva che la vaccinazione contro il covid doveva
comunque seguire le regole etiche di sicurezza, senza essere troppo spinti
dall’emergenza somministrando qualcosa che sarebbe potuto essere pericoloso.
72

Oggi che i vaccini ci sono, quello che sta succedendo è che nella comunicazione si
ha sia un tipo di comunicazione positiva sia negativa.

 Il caso delle mascherine  inizialmente l’OMS diceva che non servivano a nulla
perché non esistevano studi di larga scala che dicessero quando effettivamente
servissero.
Dopo pochi mesi sempre l’OMS ha avuto a disposizione molti dati e ha affermato
che invece funzionavano; infatti, è arrivata poi la presa di posizione ufficiale a
giugno secondo la quale tutti dovevano indossarle.
Infine, un importante rivista medica ha pubblicato un grande studio
internazionale che diceva che le mascherine servono e che quindi bisogna
continuare ad utilizzarle, ma contrariamente a quello che noi pensiamo in termini
psicologici non sono il primo presidio di sicurezza, al contrario lo è la distanza
fisica.
Le mascherine sono solo un aiuto e da sole non servono.

 tutto ciò ci dice che uno dei modi per affrontare la comunicazione dell’incertezza
è quello di pensare che la scienza è troppo complicata e quindi non va raccontata
alle persone comuni perché questo potrebbe confonderle, è necessario limitarsi a
dare dei consigli diretti senza spiegare loro la complessità dietro questi
cambiamenti, ma questa non è la visione moderna della comunicazione della
scienza.
La visione moderna della comunicazione della scienza ricalca l’affermazione di un
fisico teorico, ovvero John Ziman, secondo il quale il principio basilare della scienza è
che i risultati della ricerca devono essere resi pubblici e di conseguenza che
l’istituzione fondamentale della scienza è il sistema di comunicazione.
Più o meno da una decina d’anni si parla nel mondo della ricerca in generale, ma in
particolare della comunicazione della scienza, di “Responsible Research and
Innovation”, ovvero significa che la scienza e l’innovazione tecnologica devono
essere responsabili nei confronti della società.
La commissione europea ha fatto del concetto di ricerca responsabile uno dei cardini
della sua comunicazione della scienza.
Cosa si intende per comunicare la scienza?
La scienza non è più solo una questione degli scienziati, ma è una questione che
riguarda la comunità dei ricercatori, ma anche i politici, gli educatori, l’industria e i
cittadini  inoltre il fare scienza deve tener conto di tutta una serie di fattori, tra cui
un comportamento etico, l’uguaglianza di genere nella scienza, il public
engagement, attraverso una serie di strumenti:
73

 Anticipazione e riflessione  cioè ogni scienziato quando fa ricerca dovrebbe


fermarsi e domandarsi il perché la sta facendo, cosa si aspetta dal futuro, che
impatto avrà questa ricerca sui cittadini.
 La scienza deve essere responsiva e capace di adattarsi al cambiamento.

Per quanto riguarda la comunicazione della scienza ci sono delle dichiarazioni sul
fatto che i cittadini giocano un ruolo importante nell’influenzare le decisioni nella
scienza, ovvero devono essere coinvolti negli aspetti decisionali e soprattutto, per
ottenere una buona “cittadinanza scientifica”, è necessario che nella comunicazione
della scienza si prendano in considerazione anche le discipline sociali (es. la
sociologia o l’economia).
Quindi la comunicazione della scienza è molto cambiata: un tempo si pensava che la
comunicazione della scienza dovesse essere veridicistica, ovvero si pensava allo
scienziato che parlava al cittadino attraverso i media che semplificavano il concetto.
Mentre la visione che si ha oggi della comunicazione della scienza è più complessa in
quanto è uno scambio di dibattito e di domande che coinvolge gli scienziati, i media,
i cittadini e gli studiosi di scienze sociali.

Quali sono gli impatti etici della scienza?


Ad esempio, il fatto che la scienza deve essere equa, cioè ogni volta che
un’innovazione tecnologica viene portata al pubblico è importante che sia a
disposizione della maggior parte dei cittadini.

Chi è l’esperto?
Un libro scritto parecchi anni fa da due giornalisti scientifici si è occupato di
raccontare la storia di come la scienza è stata manipolata dall’industria del tabacco
quando si cercava di dimostrare che il tabacco era cancerogeno.
 quindi il ruolo degli esperti a volte può non essere così limpido e trasparente
come sembra.
Questo punto è reso ancora più complicato dall’idea che ci siano sempre diverse
opinioni e che tutte abbiano legittimità nella sfera pubblica, questo è un problema in
ambito scientifico perché la scienza non funziona come la politica dove è giusto che
ci sia la visione di tutti quanti su un tema, ma la scienza invece funziona con verità
che sono frutto di un consenso della comunità degli scienziati su che cosa in questo
momento sappiamo su un certo argomento.
Esiste un’etica della scienza che è proprio questa basata sul consenso comune,
esiste un’etica della comunicazione che insegna ai giornalisti che le verità sono
74

multiple ed esiste un’etica della comunicazione della scienza che è un ibrido tra le
due perché chi comunica la scienza deve tener conto delle opinioni bislacche, ma
deve anche chiarire all’utente finale che queste verità devono essere inquadrate in
un contesto di fenomeno sociale e non di verità scientifica.

Dietro alla comunicazione dell’incertezza c’è la comprensione di dati probabilistici,


ovvero quanto è probabile che questa cosa che oggi noi sappiamo funzionare in un
certo modo di verifichi effettivamente così oppure no.
C’è anche un altro meccanismo importante che è quello psicologico della
disponibilità dell’informazione  siamo portati a dare molta importanza alle
informazioni che ci vengono offerte in modo continuo e costante e quindi ne
percepiamo l’importanza, ma anche il rischio in modo sproporzionato.
Quindi uno dei problemi della comunicazione è che bisogna trovare un modo di
comunicare l’incertezza.

I meccanismi decisionali
Inoltre, i meccanismi decisionali ci rendono complicato il prendere decisioni.
Il decisore razionale è quella persona che definisce l’obiettivo, vaglia le alternative e
sceglie la soluzione più adatta.
Noi però non siamo così, al contrario siamo esseri razionali come ha dimostrato
l’euristica  che è l’epistemologia del funzionamento celebrale.
Le euristiche sono scorciatoie mentali del giudizio che ci permettono di prendere le
decisioni.
Queste euristiche sono determinate da alcuni pregiudizi cognitivi:
 Pregiudizio di salienza  siamo predisposti a filtrare le informazioni sulla base
della salienza dello stimolo, ovvero rumori forti, posizione nello spazio, ecc.
Questo significa che anche le informazioni seguono le stesse regole, ovvero
diamo più importanza alla prima pagina, al carattere grosso, ecc.

 Euristica del “come se”  l’informazione estratta da fonti diverse può avere
peso diverso, mentre noi le trattiamo come se avessero tutte lo stesso peso.
Quindi le decisioni vengono prese più sulla base del numero totale di
suggerimenti piuttosto che sulla loro affidabilità.

 Euristica della disponibilità  prendiamo decisioni sulla base della facilità con
cui ci vengono in mente le questioni rilevanti.
75

 Il pregiudizio di conferma  tendiamo ad avere un’opinione e a prendere


decisioni successive alla prima sulla base di un’opinione precostituita perché sul
piano cognitivo ci vuole molta più energia a cambiare opinione che a restare
sempre della stessa opinione.
I social media rafforzano il pregiudizio di conferma perché tendiamo ad
aggregarci con persone che pensano come noi, a selezionare fonti che
confermano ciò che noi già sappiamo e quindi tendiamo a non muoverci dalla
nostra posizione.

Eccesso di fiducia
In generale, le persone hanno molta più fiducia nelle proprie decisioni di quanto sia
ragionevole.
Le persone tendono a chiudere la loro ricerca di risposte ben prima di avere raccolto
tutte le informazioni disponibili per via di un eccesso di fiducia nelle proprie capacità
decisionali.

I media e l’euristica
I media e, in generale, la comunicazione sono dei forti creatori di bias cognitivi
quindi è importante conoscere questi meccanismi mentali per non cadere nei
pregiudizi cognitivi  questo perché il motore delle nostre decisioni in ambito
scientifico è la paura.
Quindi l’obiettivo con la comunicazione dovrebbe essere quello di favorire il
ragionamento complesso.

LA COSTRUZIONE DEL QUESTIONARIO


IL QUESTIONARIO
Il questionario è uno strumento di rilevazione standardizzato e serve a rilevare
informazioni su comportamenti, atteggiamenti, opinioni, conoscenza, sentimenti,
caratteristiche dell’individuo e della sua vita attraverso l’interrogazione
standardizzata (domande e risposte).
Si tratta quindi di un’intervista standardizzata cioè si sottopongono domande
identiche con le stesse identiche alternative di risposta a tutti gli intervistati
indipendentemente dalle loro caratteristiche  questo garantisce la comparabilità
delle risposte e quindi permette di utilizzare gli strumenti di analisi statistica.
I vantaggi del questionario, oltre alla comparabilità è che permette anche di rilevare
informazioni su grandi numeri in poco tempo.
Però vi sono anche una serie di svantaggi (limiti):
76

 Rapporto intervistato – intervistatore  in quanto il rapporto deve essere


necessariamente spersonalizzato, nel senso che l’intervistatore non dove mai
alterare lo stato dell’oggetto studiato.
Questo significa che l’interazione dell’intervistato e dell’intervistatore deve
essere minima.
 Invarianza dello stimolo  questo è un limite perché noi non siamo tutti uguali
mentre il questionario ci tratta come se lo fossimo.
 Riduzione della complessità  con il questionario si appiattisce la complessità
del fenomeno.
 Affidabilità delle risposte  ha a che fare con l’affidabilità del comportamento
verbale.
Si può affrontare il problema da due punti di vista:
 Desiderabilità sociale  ha a che fare con tutte quelle domande che
riguardano il prestigio o che comunque implicano delle questioni normative.
La desiderabilità sociale è la valutazione socialmente condivisa che in una
certa cultura viene data ad un certo comportamento.
Ci sono alcuni comportamenti che sono giudicati negativamente o
positivamente dalle norme collettive della società.
In questo contesto rientra anche un’altra particolare forma di distorsione
delle risposte che è la menzogna inconscia e che quindi comporta risposte
non veritiere  quando si esprime una menzogna inconscia si tende a negare
l’evidenza di fatti quando questi sono in contraddizione con le nostre
credenze di fondo su noi stessi.

 Assenza dell’opinione  spesso si tende a chiedere alle persone opinioni su


argomenti di cui non sanno nulla e in questi casi si crea una sorta di pressione
a rispondere e le risposte che nascono possono corrispondere o a risposte del
tipo “non so nulla quindi sparo a caso” o a risposte più istintive che nascono lì
seduta stante.

 questi sono limiti propri dello strumento (questionario) quindi non si possono
eliminare, però è possibile minimizzare gli effetti di questi limiti.
Per quanto riguarda il limite intervistato – intervistatore si ricorre molto spesso
all’intervista auto compilata.
Sull’invarianza dello stimolo il ricercatore non può fare altro che costruire al meglio
le domande; è particolarmente difficile, per quanto riguarda l’invarianza dello
stimolo, limitare questo limite quando bisogna intervistare campioni che prevedono
77

segmenti sociali molto diversi per livello di istruzione, per stile di vita, per estrazione
sociale.
Anche per quanto riguarda l’affidabilità delle risposte, il ricercatore deve essere
bravo a costruire uno strumento che minimizzi la questione della desiderabilità
sociale e a valutare in quali tipi di domande prevedere la possibilità che l’intervistato
esprima il fatto di non sapere nulla della questione su cui viene interrogato.
Quando progettiamo il questionario è bene che si abbia in mente già come le
informazioni raccolte andranno ad organizzarsi nella matrice dati.
In questo modo sarà più agevole il lavoro di inserimento e di codifica e sarà anche
più veloce il processo di analisi dei dati.

Ad esempio, come chiedere l’età?


È possibile chiedere l’età in anni compiuti (0 – 100), in anno di nascita oppure è
possibile anche chiedendo all’intervistato di collocarsi in alcune fasce di età
prestabilite.
E’ sempre meglio richiedere questo dato nella forma più disaggregata possibile,
ovvero chiedere il numero di anni o l’anno di nascita in modo da ricondurre le
diverse età alle fasce di età in un secondo momento perché poi dalle fasce di età
non è possibile risalire al dato disaggregato.

La somministrazione del questionario


1. Somministrazione assistita  c’è quella face to face (CAPI) che è sempre meno
utilizzata perché è molto costosa oltre a presentare svantaggi nel rapporto tra
intervistato e intervistatore.
C’è anche l’intervista telefonica che può essere CATI o CAMI a seconda che si
utilizzi il telefono fisso o il cellulare e queste riducono un po' il problema del
rapporto tra intervistato e intervistatore però presentano dei problemi in termini
di estrazione campionaria nel momento in cui non abbiamo un elenco telefonico
di tutti gli individui.
Un altro limite di questo tipo di somministrazione è la durata in quanto non è
possibile tenere al telefono le persone per troppo tempo, tendenzialmente
questo genere di questionari al telefono devono essere brevi.

2. Somministrazione autonoma  esiste l’autocompilato CAWI, ovvero i


questionari via web che sono i più utilizzati e l’autocompilato postale.
Il principio che accomuna questi due tipi di somministrazione è la questione
dell’autocompilazione; quindi, l’intervistato è lasciato solo davanti al
questionario e questo ha dei vantaggi nel momento in cui si sente molto più
78

libero di esprimere quello che pensa, ma dall’altra parte il limite è che


l’intervistato potrebbe non capire e quindi non avere assistenza alla
compilazione.

Tipi di domanda e contenuti


Nei questionari si possono avere diversi tipi di domanda a seconda dei contenuti.
Si possono avere:
 Domande su caratteristiche sociodemografiche  riguardano una descrizione
delle caratteristiche dell’intervistato (sesso, età, regione, stato civile, ecc.).
 Domande su atteggiamenti  riguardano motivazioni, opinioni, sentimenti,
giudizi, valori, ecc.
 Domande su comportamenti  riguardano cosa si è fatto o non si è fatto.
 Domande sulla conoscenza fattuale  cioè si chiede agli intervistati se
conoscono determinati contenuti (es. lei sa chi è il presidente della repubblica?).

La sequenza delle domande


Innanzitutto, bisogna rassicurare l’intervistato e quindi metterlo a suo agio, poi
bisogna minimizzare il rischio di interruzione dell’intervista e assicurarsi il cuore
dell’intervista e, infine, l’intervista deve seguire una sequenza logica.
Bisogna iniziare con:
 Domande facili, non invadenti e non personali
 Fatti e non opinioni
Parte centrale:
 Domande più impegnative
 Tema dell’intervista
Infine, terminare con:
 Domande più noiose, ma che non richiedono riflessione
 Domande imbarazzanti
 Domande che si possono “perdere” (= non troppo importanti).

La formulazione delle domande


Le caratteristiche delle domande:
 Semplicità di linguaggio  il linguaggio deve essere adeguato al target e al tipo
di somministrazione.
 Non ambiguità  ovvero il significato dei termini deve essere ben definito.
79

 Sintassi lineare e semplice  non utilizzare negazioni ed evitare giudizi sulle frasi,
meglio usare frasi positive.
 Univocità della risposta  ovvero le domande multiple: evitare le domande che
contengono più di una domanda.
 Capacità discriminante  una domanda che ottiene il 90% delle risposte dello
stesso tipo è inutile; quindi, evitare alternative di risposta che hanno modalità su
cui si concentrano i consensi.
 Non tendenziosità  si tratta delle domande tendenziose o a risposta pilotata.
Le singole parole usate nella domanda possono alterare le risposte degli
intervistati.
 Comportamenti presunti  non dare per scontato comportamenti che non lo
sono.
Bisogna optare per domande che hanno lo scopo di selezionare gli intervistati
prima di porre una domanda che non riguarda tutti.
 Focalizzazione sul tempo  meglio focalizzare i comportamenti su periodi
specifici (es. l’ultima settimana, l’ultimo mese, ecc.) in quanto questo facilita il
ricordo.
 Concretezza – astrazione  meglio evitare riferimenti troppo astratti, ma
concretizzarli con esempi.
 Comportamenti e atteggiamenti  bisogna preferire sempre le domande che si
riferiscono ai comportamenti piuttosto che agli atteggiamenti.
 Desiderabilità sociale  esistono degli accorgimenti che minimizzano la
desiderabilità sociale di alcune domande, per esempio, rendendo accettabile
anche la risposta meno desiderabile.
 Mancanza di opinione e non so  molti suggeriscono di prevedere il non so tra
le alternative di risposta o addirittura nella domanda.
 Acquiescenza  tendenza delle persone, in particolare quelle meno istruite, a
dare risposte affermative, ad esprimere il proprio accordo su qualsiasi
affermazione.
 Response set  è il problema dell’acquiescenza sommato a quello della pigrizia e
della fretta: si ha quando l’intervistato risponde sempre a tutto nello stesso
modo, tipicamente abbastanza d’accordo.

Tipi di domande classificate in base al tipo di risposta:


 Domande a batteria
 Domande a risposta singola
 Domande a risposta multipla
 Domande con ordinamento di preferenze
80

 Domande con risposte graduate


 Domande con risposta aperta

Nei primi cinque tipi di domanda l’intervistato viene guidato attraverso risposte
predefinite, mentre nell’ultimo tipo di domanda l’intervistato è libero di esprimersi
come meglio crede.

Per quanto riguarda le domande a batteria, si tratta di domande formulate tutte


nello stesso modo, stessa domanda introduttiva e stesse alternative di risposta,
varia solo l’oggetto.

Corollario
L’inchiesta campionaria, o anche survey, è uno strumento di rilevazione dei dati che
utilizza in particolare i procedimenti di campionamento e mira a produrre delle
descrizioni numeriche quantitative e statistiche delle caratteristiche della
popolazione studiata.
L’inchiesta campionaria si serve di due mezzi diversi: campioni e questionari.
Il processo di survey nella sua interezza si basa su due premesse teoriche
fondamentali:
1. Descrivendo le caratteristiche del campione di intervistati che effettivamente
rispondono al questionario, si possono descrivere le caratteristiche della
popolazione oggetto di studio  la scommessa è che le caratteristiche che sono
state sondate dal questionario siano presenti nello stesso grado e siano
distribuite nello stesso modo nel campione e nella popolazione.
Si parla del problema della rappresentatività del campione.
2. Le risposte degli intervistati descrivono in modo accurato le caratteristiche di chi
risponde.
In questo caso si parla del problema della validità/affidabilità dello strumento di
rilevazione dei dati, e cioè del questionario.

 quindi il processo di survey implica due tipi diversi di inferenza e quindi due livelli
diversi di generalizzazione.

IL LINGUAGGIO DELLE VARIABILI


 è il ponte che permette di passare dall’astratto al concreto della ricerca empirica.

Il concetto  è un ritaglio realizzato in un flusso di esperienze infinito in estensione


e in profondità.
81

Inoltre, il concetto riflette le necessità pratiche di un individuo, o più spesso di un


gruppo o società.

Le caratteristiche dei concetti sono:


 Un concetto può essere espresso con più termini
 Un concetto non è mai pensabile
 Non si può dire che un concetto sia vero o falso
 Il concetto può godere di diversi livelli di generalità  per ogni concetto si può
individuare una certa estensione e una certa intensione.
** estensione  è l’insieme delle cose o persone a cui un concetto si
riferisce (= referenti).
intensione  insieme dei criteri o caratteristiche che caratterizzano l’insieme dei
referenti **.

I concetti possono riferirsi agli oggetti di una ricerca scientifica oppure alle proprietà
degli oggetti studiati.
Gli oggetti di cui si occupa una determinata ricerca scientifica si definiscono come
unità  ad esempio l’unità di una ricerca scientifica può essere l’individuo o un
comune.
Invece i particolari oggetti di cui si occupa una ricerca scientifica si chiamano casi.
Se ad esempio l’unità è l’individuo allora le possibili proprietà sono il genere, il
livello di istruzione, lo stato civile, ecc.
Ogni proprietà per diventare oggetto di una ricerca deve soddisfare un criterio
metodologico essenziale, cioè deve poter assumere almeno due stati differenti,
ovvero deve poter variare; infatti, ad esempio la proprietà genere di un individuo ha
due stati: maschio e femmina  quindi può essere trasformato in variabile.
Questo passaggio deve necessariamente avvenire attraverso la definizione
operativa che è un insieme di regole la cui applicazione permette di trasformare lo
stato di un individuo su una proprietà in una modalità sulla corrispondente variabile.
La definizione operativa trasforma le proprietà in variabili  senza non è possibile
muoversi dai concetti agli indici.
La definizione operativa deve essere sempre esplicitata dal ricercatore nel modo più
preciso possibile perché è proprio la definizione operativa ciò che rende replicabile il
processo di traduzione entro il linguaggio delle variabili.
Una volta applicata la definizione operativa si ricavano due operazioni fondamentali:
1. La distribuzione dei vari stati delle proprietà fra gli oggetti di studio.
2. Studiare le relazioni tra gli stati delle proprietà.
82

La definizione operativa ha tre diversi modi per operare questa traduzione:


 Conteggio
 Misurazione
 Classificazione

Ad esempio, per tradurre la proprietà età in una variabile in cui le modalità sono
identificabili basta contare gli anni di una persona e questo è semplice da fare in
quanto gli anni sono proprietà discrete.
Però ci sono dei casi in cui le unità di osservazione non sono discrete, ma sono
continue e quindi devono essere misurate, un esempio è la temperatura o anche
l’altezza, ma ci sono casi in cui il processo di misurazione non è così standardizzato
come nei casi in cui si considerano delle proprietà continue di tipo attitudinale
come, ad esempio, la propensione al rischio o il grado di partecipazione politica  in
questi casi servono degli strumenti di rilevazione adeguati come ad esempio la scala
di Likert.
Un'altra alternativa che ha la definizione operativa per assegnare un valore allo
stato di un oggetto sulla proprietà è la classificazione.

La proprietà nominale è una proprietà del tipo nazionalità di un


individuo (= francese, italiano, spagnolo…) o il modo di produzione
economica (= fordista, taylorista…).
La caratteristica tipica delle variabili categoriali, ovvero quelle che più difficilmente
diventano oggetto di classificazione, è il fatto che sono tutte diverse categorie di una
stessa proprietà.

La proprietà ordinale è ad esempio il titolo di studio di una persona, qui è facile dire
se gli stati sono maggiori o minori  quindi sono ordinabili lungo una certa scala.

Le proprietà cardinali sono quelle che di solito sono oggetto di conteggio, per
esempio il numero di componenti di una famiglia, il numero dei posti letto in un
ospedale, ecc.

I tre requisiti essenziali della classificazione sono:


1. L’esaustività delle categorie  cioè ogni caso deve essere attribuito ad una
classe.
2. La mutua esclusività delle categorie  cioè nessun caso deve essere attribuito a
più di una classe.
83

3. Il fundamentum divisionis  cioè l’attribuzione dei casi deve basarsi su un unico


criterio.

Dopo aver tradotto i concetti attraverso le proprietà, le variabili, gli indicatori e gli
indici si ottiene una matrice dei dati (casi x variabili) dove le righe della matrice sono
i casi, mentre le colonne sono le variabili.
Da qui è possibile iniziare l’analisi dei dati che può orientarsi in più direzioni, la più
semplice è lo studio della distribuzione degli stati della matrice.
Quindi è possibile anche studiare le relazioni tra queste variabili.
Questo è l’approccio standard delle scienze sociali, ovvero è il metodo delle
variazioni concomitanti.
Lo studio di questa matrice dei dati ci dice tra due variabili qual è il segno della
relazione, ovvero due variabili possono essere associate tra loro in modo positivo o
negativo, ma non solo perché ci può anche dire qual è l’intensità di queste
relazioni  il limite però è che non ci permette di accertare la direzione della
relazione.
Nella realtà sono possibili tre tipi di relazione tra due proprietà:
1. Relazione unidirezionale  in questa relazione la proprietà A influenza la
proprietà B, ma A non ne è influenzata.
2. Relazione bidirezionale asimmetrica  in questa relazione la proprietà A
influenza la proprietà B più di quanto non ne sia influenzata.
3. Relazione bidirezionale simmetrica  in questa relazione le due proprietà
esercitano un’influenza reciproca della stessa intensità.

A questo punto bisogna affidarsi a dei modelli per verificare la direzionalità delle
relazioni nella matrice dei dati  i modello è la veste grafica di un’ipotesi.
Esistono i modelli unidirezionali e i modelli bidirezionali.

Studiano gli impatti di Permettono di individuare,


una certa variabile su attraverso la statistica, la forza
un’altra variabile. della bidirezionalità.
Il modello è quello di Il modello è quello della
regressione. correlazione.
84

 sia i modelli unidirezionali sia quelli bidirezionali non possono in nessun modo
dirci se le proprietà A e B sono influenzate da altre proprietà.

INTERVISTE DISCORSIVE
L’intervista è lo strumento di costruzione della documentazione empirica più diffuso
nelle scienze sociali.
L’intervista di ricerca è una forma speciale di conversazione nella quale due persone
o più si impegnano in un’interazione verbale nell’intento di raggiungere una meta
cognitiva precedentemente definita.
Questa conversazione è speciale perché tra i due interlocutori c’è un’asimmetria di
potere e questo perché è l’intervistatore che stabilisce i fini conoscitivi dell’intera
conversazione, è lui che pone le domande all’intervistato e lo guida attraverso una
serie di temi e ci si aspetta che l’intervistato risponda con sincerità alle domande.
Esistono due tipologie di intervista:
 Intervista strutturata  in cui l’intervistato risponde alle domande
dell’intervistatore scegliendo le parole da un copione predefinito.
 Intervista discorsiva  in cui l’intervistato risponde alle domande
dell’intervistatore con parole sue, scelte al momento.

Le interviste discorsive possono essere di due tipi:


 Intervista guidata  in cui l’intervistatore conduce la conversazione seguendo
una traccia che comprende temi o domande che sono già predisposte in un certo
ordine.
 Intervista libera  in cui l’intervistatore si limita a porgere al suo interlocutore il
tema della conversazione introducendolo con una domanda per poi disporsi
all’ascolto del discorso che l’intervistato costruirà liberamente.

Però esistono dei possibili fattori di distorsione:


 Possibilità che l’intervistato menta.
 Possibilità che l’intervistato conoscendo gli scopi dell’intervistatore gli offra le
risposte che lui crede attese o più in generale desiderabili dal punto di vista
sociale.
 Possibilità che l’intervistato non disponga di strumenti concettuali adeguati per
rispondere alle domande in modo “utile” per l’intervistatore.

Gli errori che bisogna evitare durante le interviste discorsive sono:


85

 L’intervistatore deve evitare di dire all’intervistato quali sono i risultati attesi


dall’intervista.
 Se l’intervistato è restio a rilasciare dichiarazioni o a confessare certe azioni o
convinzioni, l’intervistatore deve rispettare l’intervistato e considerare la
resistenza come una mancata risposta.
Il buon esito di un’intervista discorsiva può dipendere da tanti fattori; alcuni di
questi fattori dipendono dall’intervistato e altri dall’intervistatore.

L’intervistato deve essere L’intervistatore


disponibile a raccontarsi e deve avere tanta
a rispondere in modo esperienza.
sincero.

È possibile costruire questa esperienza in due


modi:
1. Continuando ad intervistare riflettendo
ogni volta sugli errori commessi.
2. Studiando indagini sociologiche che hanno
avuto successo e studiando anche alcuni
maestri dell’intervista discorsiva.

OSSERVAZIONE PARTECIPANTE
L’osservazione partecipante nasce in una disciplina che non è la sociologia, ma è
l’antropologia culturale.
L’osservazione partecipante è quella tecnica di ricerca che richiede a colui che la
conduce di passare un periodo di tempo sufficientemente prolungato a stretto
contatto con il fenomeno prescelto, in modo da giungere ad una comprensione
profonda delle diverse specificità che la caratterizzano.
In quanto tale essa è la tecnica principale all’interno di quel ramo delle scienze
sociali, cioè l’etnografia.
Cenni storici: Per tutto l’800 il modo di fare antropologia era teorico e partiva da
basi di dati e informazioni raccolte da missionari  si ricorda l’opera di James Frazer
“Il ramo d’oro”, in questo libro Frazer è arrivato a comparare le pratiche, i riti e i
simboli di decine e decine di popolazioni remote attraverso informazioni raccolte da
86

altri  questa era l’etnografia originariamente.


Si ha una svolta nel 1922 quando l’antropologo polacco Malinowski pubblica il libro
“Argonauts of the Western Pacific” (= argonauti del pacifico occidentale).
La “rivoluzione” di Malinowski inizia in Papua Nuova Guinea e proprio James Frazer
venne incaricato della stesura della prefazione al libro di Malinowski  egli scrisse
che Malinowski ha vissuto come un nativo tra i nativi per molti mesi, presente ad
ogni momento della loro vita (lavoro, riposo, feste) parlando con loro nella loro
lingua  questo è il metodo dell’osservazione partecipante di Malinowski.

La lezione metodologica che Malinowski porta a casa è che:


 Il successo si può ottenere soltanto mediante un’applicazione paziente e
sistematica di un numero di regole di senso comune e di principi scientifici.
 I principi del metodo possono essere raggruppati in tre gruppi:
1. L’etnografo deve avere degli obiettivi scientifici.
2. L’etnografo deve porsi nelle migliori condizioni possibili di lavoro.
3. L’etnografo deve applicare un certo numero di metodi speciali per fissare
l’evidenza.

Gli aspetti che spiegano perché l’osservazione è detta partecipante sono 4:


1. Malinowski dice che nell’osservare le cerimonie o altri riti è bene che l’etnografo
qualche volta metta da parte blocco e penna e partecipi a ciò che sta succedendo
 quindi si tratta di un’osservazione attiva che contempla una partecipazione
dell’etnografo.
2. Malinowski dice che la cultura tribale in tutti i suoi aspetti deve essere
considerata nel corso della ricerca.
3. Ci sono delle difficoltà che spesso l’etnografo incontra sul campo; il più grande
problema è quello della traduzione  il significato può essere perso o frainteso e
bisogna quindi far riferimento ai comportamenti e non alle parole.
4. Dopo che l’etnografo ha raccolto tutte le sue evidenze ne trarrà delle inferenze.

Una volta raccolte le evidenze (= i dati), Malinowski dice che bisogna applicare un
processo induttivo, ovvero ciò che permette di passare dai dati alle teorie.
Applicando questo processo Malinowski dice che bisogna stare attenti perché il
trattamento scientifico dell’innovazione richiede il soddisfacimento di requisiti
molto specifici che sono:
 La completezza dei dati.
 La sistematicità dell’analisi.
 La selezione dei dati rilevanti.
87

La domanda di ricerca iniziale di Malinowski era come avvenivano gli scambi


economici all’interno dell’arcipelago formato da decine e decine di isole.
La prima caratteristica che Malinowski osserva sul campo è che gli scambi
avvengono tutti tramite canoe sulle quali vengono caricati beni d’uso insieme ad una
collana di conchiglie bianca se la canoa naviga in senso orario e una collana di
conchiglie rossa se naviga in senso antiorario.
Malinowski osserva e si accorge che nel momento dello scambio di beni economici,
il partner economico che ha in mano la collana bianca la scambia con la collana
rossa e così questi oggetti continuano a passare di mano in mano in parallelo
rispetto ad altre merci d’uso comune.
Quindi Malinowski si chiede a cosa servono questi oggetti simbolici e arriva a
scoprire che sono oggetti che rappresentano l’affidabilità del partner economico,
cioè nel momento in cui avviene lo scambio di questi oggetti non si conferma solo la
fiducia reciproca tra il compratore e il venditore, ma anche la reputazione del
partner perché se ha ricevuto da qualcun altro un oggetto simbolico è perché è già
stato nel kula ring e quindi perché ha già fatto parte dello scambio economico.
Quindi il kula ring è un’istituzione simbolica e reputazionale.

Potrebbero piacerti anche