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Capitolo 1
La metodologia delle scienze sociali é il complesso delle discipline che insegnano come
si può condurre una buona ricerca empirica sul campo delle scienze sociali. È una
branca della sociologia generale, tocca vari temi ad esempio come quello
dell’epistemologia, gnoseologia antropologia culturale e psicologia.
La competenza metodologica è una meta competenza viene cioè acquisita dopo che i
fondamenti della disciplina sono stati appresi, assimilati e organizzati in uno schema
personale e coerente.
La domanda allora da porci é a questo punto qual é la ragion d’essere della
metodologia delle scienze sociali? Poiché non esiste un metodo unico di fare ricerca
empirica ma abbiamo bisogno di una guida per fare ciò che deve fare ogni disciplina
che vuole essere scientifica ,e cioè controllare sul campo le proprie teorie
La metodologia ha quindi due volti distinti , uno ha un carattere operativo in quanto
disciplina che guida il processo di ricerca , e uno normativo in quanto riflette sulla
pratica della ricerca e astrae da essa per individuare e discutere le regole
concretamente impiegate. Uno quindi è rivolto alla pratica della ricerca mentre l’altro
guarda alla riflessione teorica sulla pratica stessa. Entrambi sono essenziali e nessuno
dei due può fare a meno dell’altro.
La riflessione metodologica nasce contemporaneamente alla sociologia e il primo
sociologo in senso pieno fu Emile Durkheim. Fu il primo studioso a occuparsi del
metodo delle scienze sociali in un’opera di fondamentale importanza il cui titolo è
“Le regole del metodo sociologico” dove propone di mutuare il metodo delle scienze
sociali dal metodo impiegato nelle scienze naturali in particolare dalla fisica.
IL POSITIVISMO
Nasce alla fine dell’800 e i principali esponenti sono i filosofi Comte e Spencer ma che
non nascono sul piano empirico ma sono i capisaldi del positivismo che credono nell’
esistenza di un unico metodo
I positivisti consideravano L’Illuminismo avuto la funzione di una critica certamente
utile al progresso della scienza ma ancora negativa e che quindi c’era bisogno di
fondare un’epoca positiva in cui il progresso nel sud giunto dall’ordine. Come dire
misti credevano che la ragione potesse imporsi per sua stessa evidenza, così positivisti
pensano che la scienza possa di per sé stesso condurre l’umanità verso una condizione
migliore. Il positivismo propone dunque una concezione della scienza come sapere
totalizzanti; è scienza unico edificio in cui abitano varie discipline.
Tre sono le caratteristiche positivismo:
La sociologia nasce nella prima metà dell’ottocento e auguste Comte positivista
francese a coniare per primo il termine sociologia per indicare la disciplina che si
occupa di studiare il mutamento e l’evoluzione di forme di convivenza sociale.
La nascita della sociologia è quindi fortemente condizionato al pensiero positivista. Il
secondo elemento caratterizzante è costituito da una concezione acritica del carattere
di oggettività della scienza: si ipotizza che esista una realtà oggettiva e che scientifica
conduca la conoscenza oggettiva di tale realtà.
DURKHEIM
Durkheim È il primo sociologo in senso pieno oltre che uno dei più importanti studiosi
di questa disciplina. Uno degli obiettivi metodologici della sua attività di ricerca e
isolare la neonata sociologia da altre scienze sociali come la psicologia e l’economia.
Per giungere a questo risultato egli si concentra su uno dei due concetti fondamentali:
oggetto dell’agire della sociologia e il metodo con cui tale oggetto deve essere studiato.
Entrambe le questioni le affronta “le regole del metodo sociologico“.
Il metodo con cui studiare la società è uno dei principali interessi di Durkheim, egli
innanzitutto definisce quale l’oggetto di studio della sociologia, ovvero i fatti sociali:
-“ È un fatto sociale ogni modo di fare, più o meno fissato, capace di esercitare
sull’individuo una costrizione esterna oppure un modo di fare che generare
nell’estensione di una società data, pur avendo esistenza propria, indipendente dalle
sue manifestazioni individuali“ (le regole del metodo sociologico)
Per Durkheim la realtà sociale esiste oggettivamente al di fuori dell’individuo, tanto è
vero che l’individuo la trova già costituita alla sua nascita e non può cambiarla vibrava
iniziativa e anzi incontra parecchie resistenze che tenta di farlo.
Durkheim segnerà di occuparti di un tema assai particolare, ovvero il suicidio, per
dimostrare che anche un evento che si crea di personale a radici, motivazioni cause
sociali e vi si dispiega su cifre definiti dal tempo sociale degli individui. lo studioso
francese riesce nel suo intento: la sua analisi, basata su dati già commentati da altri
studiosi o raccolti da lui personalmente, dimostra che il fattore chiave che influenza e
consente di prevedere il numero di suicidi e integrazione dell’individuo nella società.
IL METODO DURKHEIMIANO
1-la prima regola che anche la più fondamentale, impone di considerare i fatti sociali
come cose.È una cosa tutto ciò che dato, tutto ciò che si offre o si impone
all’osservazione.considerare i fenomeni come cose significa considerarli in qualità di
dati che costituiscono il punto di partenza della scienza.
2-lo studio dei fatti sociali può quindi seguire le regole con cui La fisica studia i fatti
naturali, cioè la ricerca di spiegazioni causali sostenuti da leggi.
3-la causa determinante di un fatto sociale deve essere cercata tra i fatti sociali
antecedenti, e non già tra gli stati della coscienza individuale
Dopo due anni da “Le regole del metodo sociologico“, infatti scrive “il suicidio per
dimostrare che anche evento così privato e personale come questo ha radici,
motivazioni, cause sociali, e non solo legato alla coscienza individuale.
Durkheim ha impiegato gran parte della sua vita al tema del suicidio e lo analizza
partendo dai tassi di suicidio utilizzando dati secondari e ipotizza e poi verifica sul
campo che questo suicidio possa essere legato alla religione e quindi legato ad un fatto
sociale.
I paesi di vita cattolica hanno una vita comunitaria più integrata mentre i paesi di
religione protestante il suicidio è più ricorso. Il suicidio di Durkheim si basa quindi
non su un piano individuale ma su un piano sociale.
Il suicidio come fatto sociale non può essere spiegato da motivazioni di natura
psicologica o naturale > primato della società sull’individuo >irrilevanza dei motivi
dell’agente >natura costrittiva della società con regole capaci di imporsi sui suoi
membri.
Il positivismo ha subito molte critiche e riformulazioni profonde primo fra tutte quella
proposta dal positivismo logico e fatto oggetto di critica da Karl Popper. Il positivismo
fu il paradigma scientifico dominante per tutto l’ottocento ma tra la fine di quel secolo
inizio novecento venne sottoposto ad aspra critica. In seguito riacquisto nuovo vigore
rinnovandosi nel movimento del neo positivismo o positivismo logico. Il positivismo
logico individua nel cosiddetto criterio di verificazione lo strumento per distinguere ciò
che è scientifico da ciò che non lo è; secondo tale criterio, solo le proposizioni che si
possono dimostrare logicamente vere sono da considerarsi scientifiche. Per il
positivismo logico tutto verde attorno alle regole logico-matematiche, anche la
verificazione poggia su basi logiche essa viene infatti condotta grazie il principio di
induzione.
Il principio di induzione è il caposaldo della fondazione logica del metodo neo-
positivista. questo determina la verità delle teorie scientifiche. Se vogliamo che materia
sia dichiarata scientifica e necessario confrontarla con dati di fatto cioè sottoporre a
controllo empirico se i dati vanno in direzione della teoria allora possiamo affermare
che la teoria è vera o meglio verificata se invece questi ultimi non portano conferme la
teoria diremo che se falsa poiché prevede l’accadere di fenomeni viventi che nella
realtà non accadono. Secondo i positivisti il principio di induzione era il fondamento e
la garanzia della scientificità delle teorie.
Proprio principio di induzione è l’oggetto della critica di Car Popper, infatti egli
afferma che tale principio non garantisce la scientificità delle conclusioni cui si giunge
in forza di una semplice constatazione : non possiamo affermare Che tutti i cigni sono
bianchi basandosi sul fatto che abbiamo osservato solo cigni bianchi. potrebbe infatti
esistere un cigno nero, che da solo determinerebbe la falsità della nostra
affermazione.quindi il principio di induzione richiede che le teorie per essere
dichiarate scientifiche siano provate vere cioè verificate ma non è il punto di vista
logico perché può sempre accadere che i fatti le smentiscono e quindi Popper afferma
che impiegare il principio di induzione come criterio per decidere ciò che è scientifico e
ciò che non lo espone la scienza a un rischio radicale: tutte le sue teorie sono passibili
di essere dichiarate non scientifiche.
La falsificabilità popperiana
Seguendo sempre la critica al principio di induzione Karl Popper afferma quindi che le
teorie invece di essere verificate Per essere scientifica devono essere falsificate cioè
deve essere formulata in modo tale da poter essere smentita dai dati. Se vanno nella
direzione prevista dalla teoria non diremo che la teoria verificata diremo invece che
non è falsificata cioè che non è stata smentita. Se invece è stata falsificata dunque non
sarà valida in quella situazione in quella circostanza in cui l’ho messa alla prova.
Popper propone quindi che anziché la verificazione si adotti come criterio di
demarcazione la falsificazione. Se invece afferma che la teoria e non falsificata significa
che il per il momento secondo le prove condotte i dati disponibili essa non è falsa non
escludendo che in futuro possa essere messa in crisi da qualche prova empirica di cui
ora non dispongo.
Oggettività scientifica
Il passaggio dal positivismo al neo positivismo alla proposta popperiana rischia di
privare la scienza dell’elemento fondamentale: la possibilità di affermare che le
asserzioni scientifiche sono oggettive. Per il positivismo infatti esiste una realtà
oggettiva e oggettivamente conoscibile. La proposta metodologica di Popper
costituisce un rovesciamento completo di prospettiva implica automaticamente che la
realtà oggettiva non è più il garante della verità delle teorie anzi non c’è piu realtà
oggettiva con la quale confrontare il nostre teorie per dire se sono vere o false perché
la realtà stessa ci può solo dire che se sono risultate per il momento non falsificate cioè
non smentite.
Capitolo 3
Con la ricerca empirica cerchiamo di dare risposta agli interrogativi che ci poniamo
sulla realtà in cui viviamo. Le risposte della ricerca empirica devono essere frutto di
procedure precise, cioè di un metodo
Capitolo 4
Gli elementi di base utili alla costruzione del discorso metodologico sono tre : concetti,
asserti e nessi tra gli asserti. I concetti (fondamentali per ricerca quantitativa) sono gli
elementi basilari del pensiero; gli asserti si formano combinando concetti infine in essi
trasferiti si costituiscono ponendo in relazione due o più asserti. Si tratta di elementi
che entrano in gioco nel disegno della ricerca, ciò vale sia per la ricerca quantitativa sia
per la ricerca quantitativa: il livello del disegno della ricerca, così come livelli
successivi infatti presente in entrambi casi.
I concetti sono unità del pensiero che ci servono per organizzare percezioni, pensieri,
sensazioni e così via.di questi concetti le facciamo un larghissimo uso della vita
quotidiana: quando diciamo che l’edificio di fronte a casa è una scuola o in che in quel
giardino ci sono molte rose, o che oggi è una giornata nuvolosa Non facciamo altro che
assegnare l’edificio, i fiori, o la giornata un insieme formato da elementi simili tra
loro.un concetto individua oggetti, eventi, stati d’animo eccetera. Ad esempio il
concetto di libro a come referenti tutti libri della mia biblioteca, ma anche quelli della
biblioteca cittadina o quelli della biblioteca universitaria quelli stampati in Germania
in Italia eccetera.tutti libri del mondo e di tutte le epoche sono riferenti cioè esempi del
concetto di libro. Naturalmente non tutti libri sono uguali tra loro tuttavia però
appartengono tutti alla classe soggetti che chiamiamo “libro“.un concetto individua dei
referenti senza affermare nulla su di essi: il concetto di libro non afferma nulla a
proposito dei libri cui si riferisce. Allo stesso modo, il concetto libro della biblioteca
cittadina acquistato lo scorso anno non afferma nulla: esso individua come referenti
tutti libri della biblioteca cittadina che sono stati acquistati lo scorso anno ma senza
dire se sono molti pochi interessanti noiosi costosi e così via. Può aver bisogno di molti
termini per essere espresso tuttavia ciò non fare un concetto un’affermazione che
invece può essere confermata o smentita. Se dico: “libri della biblioteca cittadina
acquistato lo scorso anno sono 500“ afferma qualcosa e posso essere smentita o
corretta; ma se dico: “i libri della biblioteca cittadina acquistato lo scorso anno“ mi
limito a individuare il soggetto di una possibile proposizione senza affermare nulla.
quando un concetto non è il referente concreto empirico, diciamo che al referente
astratto cioè non tangibile non identificabile come un oggetto. Se pensiamo ad esempio
al concetto di equilibrio dobbiamo riconoscere che non c’è nessun oggetto concreto
che possiamo considerare su differenze eppure anche questo concetto a differenti cioè
degli esempi come l’equilibrio con cui il funambolo cammina sulla fune al circo.
A cosa servono i concetti? Se non ci fossero i concetti la nostra percezione del mondo
sarebbe un fascio indistinto di dati provenienti da sensi ai quali non potremo attribuire
alcun senso. Ma invece, il fatto di riconoscere oggetti, eventi, pensieri stati d’animo
cioè di riconoscere i loro alcuni tratti che ce li fanno collocare in gruppi appropriati ci
consente di mettere in ordine i nostri dati sensoriali ripensare al mondo e le nostre
esperienze di esso in modo organizzato e dotato di senso.i concetti dunque sono
“ritardo“ di un flusso di esperienze infinito in estensione in profondità e infinitamente
mutevole. Essi ci consentono di rendere meno problematica l’esperienza quotidiana va
sottolineato che il mondo in cui viene operato questo ritaglio nel flusso di esperienze
non dipende da caratteristiche insite nell’esperienza stessa non c’è nulla dell’oggetto
“tavolo“ che ci obbliga a formare il proprio concetto di tavolo che abbiamo. La
formazione di concetti è un tratto essenziale della formazione del senso comune che
raccoglie tutte le conoscenze che ci permettono di considerare scontato e non
problematici molti aspetti della vita quotidiana.e quindi possiamo considerare concetti
come i mattoni dell’attività scientifica poiché essi individuano il nostro oggetto di
studio compaiono nelle teorie che vogliamo sottoporre a controllo empirico e
costituiscono effetti ciò che unisce la teoria da un lato il mondo empirico dell’altro
come una sorta di ponte tra i due mondi. si infatti i concetti sono retaggi del flusso
dell’esperienza ne segue che essi non sono entità fisse del pensiero ma anzi sono
sottoposte a variazioni sia la società società, sia all’interno di una stessa società e sia
infine da individuo a individuo. Il modo in cui il ritaglio concettuale viene operato e
infatti determinato dicessi ta pratiche di un dato individuo gruppo o società e non da
caratteristiche intrinseche delle cose o delle percezioni. Marradi riporta l’esempio del
modo diverso in cui viene costruito il concetto di neve a seconda dell’esperienza di vari
popoli. Nell’aria mediterranea abbiamo un solo concetto che comprende tutti i tipi di
precipitazione nevosa. Per gli Eschimesi non è così infatti la neve costituisce una parte
importantissima del mondo esperienziale e che perciò posseggono diversi concetti per
distinguere vari tipi di neve. I concetti variano anche nel tempo: nel 200 identificava
ciò che rientra nei canili filosofia della natura di derivazione aristotelica; Nice centro
con Galileo è passato individuare ciò che passibile di verifica empirica tramite il
metodo sperimentale.ma i concetti variano anche all’interno di una stessa società a
seconda degli strati sociali dei gruppi professionali delle generazioni e così via. i
linguaggi specialistici sono un esempio: avvocati, medici, ingegneri, psicologi,
sociologi, economisti, adottare un proprio linguaggio formato da concetti “ritagliati“ in
maniera più o meno diversa rispetto a quanto accade nella società in generale. Lo
stesso linguaggio della metodologia impiega concetti che nel linguaggio quotidiano
hanno un significato più o meno diverso; basti pensare all’uso del concetto di verifica e
verificare. I concetti infine variano anche da individuo individuo: non abbiamo
nessuna garanzia che il concetto di albero a cui sto pensando in questo momento se
identico a quello che stai pensando chi legge questi righe e nemmeno chi sia lo stesso
concetto di albero a cui pensavo due giorni fa poiché l’esperienza potrebbe averlo
modificato.
Secondo Marradi il modo migliore per descrivere i concetti e paragonarli a nuvole a
causa delle loro caratteristiche poi ci sono difficili da definire ma anche molto flessibili.
Ciascuno di noi è nato in un mondo già popolato da moltissimi concetti, elaborati dalla
nostra cultura negli anni nei secoli precedenti la nostra nascita. Schutz afferma che alla
nostra nascita il mondo della vita quotidiana Ci pre- esiste in quanto mondo
organizzato interpretato dotato di una rete di significati elaborati da chi ha preceduto e
che ci vengono trasmessi. La rete di significati è composta da concetti tipici che ci
fanno percepire il mondo come un universo ordinato e dotato di senso. Durante
l’infanzia si realizza una sorta di accordo tra noi la nostra società per farsi che le nostre
esperienze individuali siano ritagliate organizzate più o meno come quella della
maggioranza dei membri della società in cui viviamo. Senza questo accordo non ci si
potrebbe capire e la vita sociale diventerebbe assai difficoltosa.
Un altro punto importante da sottolineare consiste la differenza tra concetti e termini.
Questi ultimi sono lì etichette linguistiche che usiamo per comunicare i concetti stessi.
Dunque concetti e termini non sono la stessa cosa: il dominio di concetti è molto più
vasto del dominio di termini.esistono concetti non associati ad alcun altro termine
infatti il concetto svolge il suo compito di organizzazione mentale e indipendentemente
dal fatto di aver ricevuto un etichetta che lo rende comunicabile. ad esempio possiamo
imparare un concetto osservando esempi dei suoi referenti senza necessità di sapere
che quel dato comportamento si chiama sfuggire alle domande. In secondo luogo non è
vero che ogni concetto corrisponde sempre solo un termine: i concetti anche non
particolarmente complessi necessitano di più di un termine per essere comunicati; Ad
esempio il concetto di propensione a continuare gli studi si compone di più termine
anche se è un concetto unico.
L’insieme dei referenti di un concetto viene chiamato estensione, così come l’estensione
del concetto di libro è assai vasta poiché comprende tutti libri di tutte le epoche. Anche
l’estensione del concetto di studenti e stai vasta comprende infatti tutti coloro che sono
stati sono studenti diventi un 20 a partire dalla scuola dell’antica Grecia fino agli
studenti di questo particolare corso. Per diminuire l’estensione di un concetto cioè il
numero dei suoi referenti e necessario derivare dai suoi concetti più specifici ad
esempio dicendo il libro con copertina rigida carta bianca illustrazione a colori non
penso tutti i possibili libri del mondo di tutti i tempi ma solo quelli che hanno queste
determinate caratteristiche e cioè al sotto insieme di tutti i libri. L’insieme delle
caratteristiche pertinenti è un concetto viene detto invece intenzione ad esempio il
concetto “libro stampato dalla casa editrice tra il 1999 e 2000 con copertina rigida
carta bianca illustrazioni a colori testo del corso di metodologia dell’anno accademico
2003 2004 eccetera formano queste caratteristiche l’intensione del concetto che
aggiungendole possiamo passare da concetti generali a concetti più specifici.
Intensione di estensione sono collegate: se aumento gli aspetti tipici di un concetto,
Cioè le caratteristiche formalizzazione che mi servono per individuare un certo insieme
di referenti , Diminuisco l’estensione. Se diminuisco l’intensione, cioè tolgo specificità
e torno a concetto generale aumenta l’ estensione.
Per passare da un concetto generale a uno specifico è sufficiente lavorare
sull’intenzione del concetto.
Diciamo allora c’è un concetto generale quando la sua intenzione si compone di aspetti
condividono un basso insieme di referenti mentre specifico quando la sua intenzione si
compone di aspetti caratterizzati chiaramente e che dividono un insieme ristretto di
referenti.
Il legame tra intenzione di estensione, e la possibilità di derivare concetti specifici da
concetti generali ci consentono di costruire la cosiddetta scala di generalità che
consiste di vari passaggi che dobbiamo compiere per arrivare a un concetto specifico
partendo da un concetto generale. La scala di generalità è uno strumento
fondamentale per la ricerca empirica. Nel disegno della ricerca infatti il ricercatore
deve individuare con precisione di quali argomenti si occuperà, quando passiamo la
fase della costruzione della base empirica ovvero il secondo livello se concetti
individuati sono posti un elevato grado di generalità amò mi sono in strumento che c’è
da tradurre empiricamente cioè trovare una formulazione che ci renda possibile fare
una ricerca empirica.esempio un conto infatti dire che vogliamo studiare il conflitto
sociale della nostra società dei cinquant’anni un altro sapere esattamente cosa
indagare: il conflitto solo di lavoro rientra questo concetto? E conflitto politico? Sì sì
cosa intendiamo per compito politico? In sostanza quali domande devo fare gli
intervistati per raccogliere informazioni sul compito sociale?
La scala di generalità aiuta a dare risposta a questi interrogativi: lavorando
sull’intenzione del concetto generale e derivando concetti specifici essa ci consente di
stabilire un legame tra conflitto sociale e compito sulle Guy lavoro mentre esclude il
legame tra conflitto sociale partito votato e le ultime lezioni perché i due concetti non
stanno sulla stessa scala di generalità.
Un asserto è un’affermazione circa riferenti di un concetto che viene costruita
combinando concetti in modo semanticamente adeguato cioè in modo che la
proposizione abbia un significato. Ad esempio “gli studenti stanno ascoltando le lezioni
sociologia “ questo è un asserto che afferma qualcosa a proposito di studenti cioè di
referente del concetto di studente. In quanto affermazione può essere smentita: gli
studenti potrebbe essere presenti in aula ma non ascoltare la lezione poiché è difficile o
noiosa o invece potrebbe non essere vero che è la lezione di sociologia ; Genitori
potrebbero non essere studenti veri e propri ma partecipanti a una conferenza.
La differenza sostanziale tra concetti e asserti è data proprio dal fatto che un concetto
non afferma o nega nulla a proposito dei propri referenti mentre un asserto afferma
ognuna e quindi può essere pensato come vero o falso.ora ci occuperemo di tre tipi di
asserti: teoria ipotesi e legge
La teoria (disegno di una ricerca empirica) è un insieme di asserti connessi in modo
organico che si pongono un elevato livello di astrazione e generalizzazione rispetto alla
realtà. Una teoria non può essere inoltre sottoposta direttamente a controllo empirico
così com’è ma deve affrontare alcuni passaggi per essere formulata in modo tale da
poter essere messa confronto dei dati osservati.di questa serie di passaggi fa parte
un’altra forma di asserto c’è l’ipotesi.
L’ipotesi ( disegno) è un asserto che implica una relazione tra due o più concetti,
concepito per essere sottoposto a controllo empirico. Si colloca perciò un livello
inferiore di generalità estrazione rispetto alla teoria: l’ipotesi infatti è il primo dei passi
che permettono la traduzione della teoria in termini praticamente controllabili. la
teoria abbiamo infatti affermato che essa non può essere sottoposta a controllo
empirico direttamente ma consideriamo comunque sempre valida l’indicazione di
Popper per cui la teoria deve essere formulata in modo tale da poter essere falsificata,
poiché quello della controllabilità empirica è uno dei principali criteri di scientificità.
Ciò significa che la teoria deve essere formulata in modo da poter essere articolata in
ipotesi controllabili empiricamente. Se le ipotesi derivata della teoria non saranno
falsificate dei osservati la teoria potrà dirsi non falsificata in caso contrario essa sarà
falsificata e quindi si dovrà abbandonarla o modificarla.
La legge (Controllo intersoggettivo) esprime una relazione tra concetti solitamente di
natura causale e mentre la teoria a limitazioni spaziotemporali una legge è un asserto
di portata universale, valido sempre ovunque senza limitazioni spazio temporali.
Tornando alla distinzione tra concetti asserti, i concetti non affermano un dicono nulla
a riguardo dei propri referenti mentre gli asserti invece affermano o dicono qualcosa.
Gli assetti infatti sono lo strumento mediante il quale viene formulato una certa visione
del mondo, vengono fatte affermazioni su cosa ci si può aspettare che accada se questa
visione del mondo è congruente con i dati rilevati inoltre dopo aver osservato una certa
regolarità e averle confermato empiricamente mediante un asserto li possiamo
esprimere tali regolarità e generalizzarli anche i casi che non abbiamo osservato ma
che sotto qualche aspetto rilevante sono simili a quelli osservati. I concetti quindi sono
i mattoni sui quali e con i quali vengono costruiti gli asserti e permettono di
individuare i referenti a proposito dei quali vengono fatte affermazioni o negazioni.
Il terzo elemento di cui si compone il discorso metodologico costituito dai nessi tra
asserti. Ad esempio:
1. Il radiatore della mia auto si è rotto;
2. L’auto era nel cortile la scorsa notte faceva molto freddo.
E come crede lazioni due asserti ovvero il radiatore della mia auto si è rotto perché lato
era nel cortile la scorsa notte faceva molto freddo. Usando la congiunzione perché
abbiamo istituito un nesso tra le due affermazioni e questo nesso è di natura causale.
Se non avessi lasciato l’auto in cortile, oppure se la scorsa notte non avesse fatto molto
freddo il radiatore dell’auto non si sarebbe rotto.
Ho bisogno che intuisce una relazione causale tra i fatti che serviamo tuttavia nella
realtà osservata non troviamo concetti unisti causali ma sono informazioni che noi
interpretiamo usando concetti e connessioni. La spiegazione causale e quindi un
esempio di nesso tra asserti; un altro tipo di spiegazione è quella definita teleologica.
Essa fa riferimento alla presenza di un fine obiettivo in vista del quale vengono
intraprese determinate azioni.
Ad esempio:
1. Gli studenti seguono le lezioni dei corsi.
2. Gli studenti desiderano ottenere buoni voti per gli esami
anche qui posso dire i due esserti tramite la congiunzione perché: gli studenti seguono
le lezioni dei corsi perché desiderano ottenere buoni voti esami. In questo caso tuttavia
il perché al significato come fine di, affinché e non più a causa di: è cambiato il
significato del nesso tra i due asserti che ora è teleologico e non più causale.
Resta da affrontare un’ultima questione a riguardo dei nessi tra asserti, vale a dire se
sia possibile stabilire la verità o la falsità di un nesso causale teologico. È facile
controllare se questo nesso tra asserti è vero e falso come posso controllare ad esempio
se il radiatore effettivamente rotto o se lato era nel cortile se la scorsa notte faceva
molto freddo e quindi stabilire se queste affermazioni sono vere o false; ma le difficoltà
nascono dal salto che non sappiamo e anzi è difficile decifrare se è stata questa la causa
o il fine dell’azione visto che la tengo la categoria di cause e fine appartengono al
mondo del nostro pensiero e al mondo di leggere osservare la realtà organizzandola
per dare un senso.
Possiamo immaginare che referenti, pensiero e linguaggio siamo gli abitanti di tre
mondi. Il mondo uno e abitato da tutto ciò cui siamo in grado di pensare, cioè da tutti i
referenti; il mondo due è abitato dagli atti del pensiero come ad esempio i concetti di
esserti i nostri trasferte e ragionamenti complessi. Infine il mondo tre è abitato dai
segni linguistici, logici matematici eccetera cioè da tutto ciò di cui si compone un
linguaggio. Possiamo rappresentare i
tre mondi come i vertici di un
triangolo messi in comunicazione da
tre lati il lato che unisce referente
linguaggio e tratteggiato perché la
connessione tra questi due mondi è
mediata dal pensiero: non possiamo
infatti parlare o nominare qualcosa
che non abbiamo pensato; non
esistono termini per concetti
esistenti, mentre è possibile che
esistano concetti per i quali non abbiamo un termine, Un’etichetta linguistica. La
funzione di questa suddivisione è di mettere ordine nei nostri discorsi e risolvere alcuni
problemi che incontriamo quando facciamo ricerca empirica.
In conclusione, è sempre necessario tenere separato il piano delle nostre di costruzioni
interpretazione della realtà dal piano della realtà stessa, un piano tratta quello che
accade l’altro ciò che pensiamo possa accadere; confondendo saremmo propensi a
credere, come facevano i positivisti come pensava anche Galileo, che il nostro lavoro di
scienziati si limita a togliere un velo della realtà mostrando così la sua vera struttura
fatta di connessioni causali, connessioni teleologiche, Leggi e così via. Esse invece non
sono che nostre costruzioni, interpretazioni ipotesi su come vanno le cose.
È necessario questo punto una precisazione importante: la suddivisione fra i due
mondi è fatta non perché si stanno veramente nella realtà ma perché distinguendo le
possiamo mettere ordine nostro lavoro di ricerca.
Capitolo 5
Nella ricerca quantitativa si affrontano le questioni poste dalla scelta di costruire uno
strumento standardizzato di rilevazione di informazioni cioè il questionario. Nella
ricerca qualitativa si affrontano le questioni poste dalla scelta di adottare gli strumenti
di rilevazione e osservazione le varie situazioni di ricerca che si incontrano.
La scelta dell’argomento e le ipotesi formulate condiziona la raccolta
dell’informazione: se intendiamo studiare i valori dei giovani, la “fonte” delle
informazioni. Il giovane, cioè individui compresi in una data fascia di età; se
desideriamo studiare il conflitto sociale, potremmo ricavare informazioni utili
dall’esame delle manifestazioni quali cortei, assemblee, numero di giornate di sciopero
e così via. Se infine intendiamo studiare il voto alle elezioni politiche, possiamo
procurarci informazioni sui collegi elettorali e sul voto espresso alle scorse elezioni.
I tre esempi fanno riferimento a tre tipi di unità le quali sono tipi di referenti sui quali
si raccolgano le informazioni. Nel primo caso si tratta di individui, nel secondo di
eventi e nel terzo di aggregati di individui.
Vi sono almeno altri due tipi di unità: il gruppo e il prodotto culturale. Ad esempio
nel primo caso a una ricerca che coinvolge le sedi di partito: non possiamo dire che si
tratta di un aggregato di individui, poiché solitamente chi frequenta le sedi di partito
forma un gruppo vero e proprio. Nel secondo caso possiamo pensare a una ricerca
sugli articoli dei quotidiani riguardanti un certo argomento, oppure sulle immagini
che accompagnano gli articoli, oppure sulle registrazioni dei telegiornali dell’ultimo
mese. In tutti questi casi L’Unità è costituita appunti da prodotti culturali.
Quindi abbiamo così diversi tipi di unità:
• individui: giovani, segmenti particolari(artisti ecc)
• Aggregati territoriale:nazione, provincia , comune
• Organizzazione-istituzione:famiglia , associazioni, istituzioni, imprese
• Evento-iniziativa: episodi particolari, elezioni politiche
• Prodotto culturale: post su social network, articoli, trasmissione televisive, contenuti
mediali
Stabilire di quale unità ci occuperemo è il primo passo necessario alla base empirica.
Qualsiasi sia la nostra unità il fatto stesso che la individuiamo come tale significa che le
informazioni verranno raccolte facendo riferimento ad essa. Se si tratta di individui
faremo domande o ci procureremo dati sulle persone; se si tratta di articoli di giornale
li esamineremo o catalogheremo secondo alcuni criteri.
Abbiamo detto che L’Unità è il tipo di referente su cui vengono raccolte le
informazioni perché essa individua non degli “oggetti” precisi, ma una categoria di
“oggetti”. Se consideriamo l’insieme di “oggetti” che sono esempi di una data unità
otteniamo la popolazione. Non sempre è però possibile o interessante rilevare
informazioni su tutta la popolazione che corrisponde all’unità scelta
In molti casi perciò si sceglie un campione, che è un sotto-insieme della popolazione
individuato in base a particolari regole. In pratica, un campione comprende solo una
parte delle sedi di partito o dei giovani italiani; quelle sedi o quei giovani che ne fanno
parte sono detti casi e sono gli oggetti sui quali si rileveranno le informazioni di cui
abbiamo bisogno per costruire la nostra base empirica. Immaginiamo di condurre una
ricerca sul modo in cui le persone hanno trovato il loro primo lavoro. L’unità È
costituita dall’individuo: per procurarmi informazioni su ciò che voglio studiare dovrò
quindi fare alcune domande persone; stabilisco che la mia unità è la persona che lavora
con un’età compresa tra i 14 e i 65 anni e che risulta residente in Italia. La popolazione
è costituita perciò da tutti lavoratori residenti in Italia tra i 14 e 65 anni di età. Non
posso tuttavia intervistare tutti lavoratori che presentano queste caratteristiche e
necessario quindi costruire un campione tratto dalla mia popolazione, che individuerà
le persone cui effettivamente porrò domande sul primo lavoro. Per costruire il
campione stabilisco di usare gli elenchi dell’anagrafe, decido cioè quante persone
intervisterò. Estraendo i nominativi maniera casuale costruisco il campione; i
nominativi che ne fanno parte sono i casi e all’oro il informazioni sul modo in cui
hanno trovato il primo lavoro.
Possiamo parlare di due tipi di unità : unità di rilevamento e unita d’ analisi. Il primo
caso trattiamo del tipo di unità sulla quale abbiamo informazioni mentre l’unità
d’analisi è il tipo di unità a livello della quale le informazioni sono organizzate e
analizzata. Ad esempio, per stabilire il consumo medio mensile del carburante la
famiglia posso rilevare informazioni sull’uso dell’auto da parte di ciascun componente
della famiglia e calcolare poi la media. Questo si riferisce alla famiglia e non più agli
individui suoi componenti; quindi l’unità di rilevamento è l’individuo mentre l’unità di
analisi è la famiglia. il passaggio dalle unità di rilevamento a quelli di analisi avviene a
livello dell’organizzazione dei dati, una volta cioè che la base empirica è stata costruita
e prima di analizzare le informazioni raccolte.
Il secondo passo nella costruzione della base empirica è data dalla scelta delle
informazioni che intendiamo raccogliere; Una volta individuata l’unità informazioni
utile la cifra non resta che mettere insieme questi due elementi, espressi ancora per il
momento in forma di concetti. Infatti come argomenta Marradi I concetti non ci
interessano di per sé stessi, ma in quanto entrano nel discorso che svolgiamo sulle
proprietà. Tra un concetto e la corrispondente proprietà passa la stessa differenza che
c’è tra cui il rosso in astratto il colore della mia tazzina da caffè: il primo caso intendo il
colore rosso insieme, mentre il secondo sto parlando del rosso che caratterizza questa
tazzina. Oltre al colore la tazzina molti altri proprietà, è piccola grande leggera pesante
trattiene il colore lo disperde, e non solo rossa ma anche blu e così via. tutte queste
proprietà sono tali perché riferite alla tazzina senza riferimento all’oggetto in
particolare. Il concetto non riguardano gioco in particolare come invece per la
proprietà.qualsiasi “oggetto“ può essere caratterizzano insieme praticamente vive le
proprietà; naturalmente una ricerca non può riguardare tutti i problemi che
caratterizzano dato oggetto; di fatto, il disegno della ricerca ovvero limitare il numero
il tipo di informazioni / proprietà che vogliamo studiare. le proprietà non sono
osservabili in quanto tali, ma lo sono i loro stati, cioè i modi in cui la proprietà stessa di
presentarsi: quando serviamo la tazzina da caffè non vediamo l’attività colore ma che
in rossa e blu; quando guardiamo la persona non vediamo la proprietà colore di capelli,
ma che è castana. in sostanza, noi conosciamo il mondo attraverso stati su proprietà
degli oggetti, persone, eventi, sentimenti che vediamo, proviamo, conosciamo.
Il percorso che consente di tradurre empiricamente una teoria a inizio con
l’individuazione dei concetti si quali il ricercatore intende lavorare e si conclude con la
costruzione della matrice dei dati, ovvero dello strumento che rende possibile analisi
statistico matematica delle informazioni raccolte.tale percorso prevede due tappe
intermedie: la trasformazione dei concetti in proprietà e la trasformazione delle
proprietà in variabili. Il passaggio dalle proprietà le variabili avviene grazie alla
definizione operativa, che è quell’insieme di regole convenzioni che stabiliscono come
concretamente una determinata proprietà possa essere rilevata e costruita.
Essa permette di:
1. definire la lista degli Stati su una certa proprietà e mobili che vengono quindi detti
modalità.
2. Assegnare a ciascuna modalità un codice, solitamente numerico, Klementieff in
modo chiaro e univoco.
3. Definire quali procedure saranno dotati per assegnare ogni riferimento a una sola
modalità tra quelle individuate.
L’esito dell’applicazione di questo complesso di regole convenzioni è appunto la
variabile che non è altro che la proprietà operativizzata , Questa espressione una
forma compatibile con l’ analisi statistico matematica, ovvero informativo gruppo di
studio medici. In sostanza grazie la definizione operativa stabiliscono quali stati delle
proprietà sono trasformabili modalità delle corrispondenti variabili.
La definizione operativa inoltre si compone nei seguenti passi:
1. Identificare l’insieme di Stati che si ritengono significativamente distinti gli uni
dagli altri (ad esempio quattro Stati della proprietà a titolo di studi)
2. Assegnare a ciascuno Stato un codice identificativo, così da trasformarlo in una
modalità della variabile corrispondente.
3. E definire un insieme di regole per attribuire alle varie modalità i casi osservati,
prevedendo che i trattare i casi dubbi
4. Formulare il testo della domanda da porre agli intervistati (ad esempio “mi puoi
dire per cortesia quali titolo di studio conseguito?“)
La definizione operativa dipende fortemente dagli obiettivi del ricercatore,
dall’esigenza dell’analisi, dell’accuratezza con cui pensiamo che gli intervistati possono
fornirci le informazioni e così via.
Ad esempio assenso codificare il titolo di studio degli intervistati in modo esteso,
perché ciascuna ben presente il proprio percorso di vita gli anni dedicati all’istruzione
e così via. È più problematico invece ottenere lo stesso livello di dettaglio quando gli
diamo loro il titolo di studio dei genitori: l’ordinamento scolastico era tanto più diverso
quanto più i genitori sono anziani quindi i 10 Stati individuati sono probabilmente
inadeguati. Inoltre alcuni intervistati non conoscono in dettaglio o non ricordano il
titolo di studio conseguito dai genitori, Per cui non sono in grado di dare
un’informazione precisa. Vi è un ulteriore importante elemento che abbiamo dato per
scontato ma che deve essere soddisfatto, affinché si possa dire di aver predisposto le
regole per trasformare una proprietà in una variabile: gli Stati distinti individuati dalla
definizione operativa devono essere almeno due; in caso contrario non potremmo
affermare che la proprietà varia a seconda dei casi quindi non potrebbe dare luogo a
una variabile.
Il terzo requisito è quello che distingue la ricerca empirica della cattiva ricerca; come
afferma Popper il controllo intersoggettivo l’unica garanzia dell’oggettivitá scientifica.
Le differenze tra variabile dipendono dalle differenze Che percepiamo nel modo in cui
si presentano le proprietà: la proprietà ‘genere’ si presenta con due Stati di cui si può
dire solo che sono diversi, ma non che uno viene prima dell’altro e né tantomeno che è
possibile sommare l’uno all’altro .La proprietà “Età“ si presenta invece come un
continuum formato da infiniti Stati tra due stati intermedi qualsiasi, poiché tra 10 anni
e 11 anni posso individuare in finiti stati intermedi: 10 anni un giorno 10 anni un
giorno e due ore e così via. Per stabilire quale tipo di proprietà ci troviamo di fronte e
quindi a quale tipo di variabili sta da luogo e quali tipi di analisi dei dati sono
consentiti, consideriamo due criteri:
• La presenza di un ordine tra gli Stati della proprietà
• La possibilità di determinare la distanza esatta tra questi stati
su questa base otteniamo la tipologia delle proprietà e delle corrispondenti variabili. Se
gli Stati di una proprietà subordinati è possibile stabilire la distanza tra due stati
successivi allora la proprietà dal luogo a una variabile cardinale. Se gli Stati sono
ordinati ma non conosciamo la distanza tra loro la proprietà da luogo a una variabile
categoriale ordinata e se infine gli Stati non sono ordinati né tantomeno è possibile
stabilire la distanza la proprietà da luogo una variabile categoriale non ordinata.
Capitolo 7
Il modo più naturale per procurarsi informazioni sulle persone è condurre
un'intervista, ovvero rivolgersi direttamente a loro con una serie di domande relativa a
comportamenti, opinioni, atteggiamenti, credenze ecc. Il primo elemento da
considerare è che l'intervista è un'interazione, sebbene di tipo particolare:
intervistatore e intervistato di norma non si conoscono, consapevoli di non incontrarsi
forse più in futuro e per parlare di argomenti di cui forse l'intervistato non avrebbe
parlato spontaneamente. L'intervista è un rapporto particolare anche perché il
rapporto non è simmetrico: è l'intervista che guida e sollecita la conversazione, mentre
l'intervistato può solo fornire le informazioni. Il fine di questa conversazione è
conoscitivo: il ricercatore vuole infatti conoscere il punto di vista dell'intervistato su
una serie di temi, quali sono le sue opinioni, i suoi interessi ecc. Nell'intervista non si
ha, infatti, in alcun modo l'intenzione di modificare le opinioni, gli atteggiamenti o i
comportamenti dei soggetti studiati. L'intervista intende solo rilevare, non alterare, gli
stati degli intervistati rispetto alle proprietà che interessano il ricercatore.
L'intervistatore svolge il proprio ruolo di guida della conversazione secondo uno
schema interrogazione che può essere più o meno standardizzato.
Si parla di :
• Schema strutturato quando esso specifica in maniera dettagliata gli argomenti che
verranno affrontati nel corso dell'intervista.
• Schema standardizzato quando l'intervistatore formula le domande nello stesso
ordine a tutti gli intervistati
• Schema direttivo quando l'intervistato non è libero di dare la risposta che vuole, ma
viene invitato a scegliere una delle alternative proposte.
Sulla base di questa distinzione, Bichi (2002) propone di distinguere tre tipi intervista.
1. Intervista strutturata: il tipo più diffuso nella ricerca quantitativa. In questo caso, i
tre criteri sopra esposti si esprimono al massimo grado. Essa viene condotta sulla
base di uno strumento altamente strutturato, cioè il questionario (in cui sono pre-
definite sia le domande sia le risposte), che viene proposto in maniera
standardizzata, poiché le domande simsuccedono nel medesimo ordine per tutti gli
intervistati. Oltre che strutturato standardizzato, il questionario è uno strumento
direttivo, perché l'intervistato ha di fronte risposte prestabilite tra le quali deve
limitarsi a scegliere.
2. Intervista semi-strutturata: si colloca ai gradi intermedi di direttività e di
standardizzazione mentre presente uno schema scarsamente strutturato. Si tratta
di una conversazione basata su una traccia di argomenti, formulati
dall'intervistatore in termini di domande; l'intervistatore è però libero di adattare
ai singoli intervistati sia le domande sia l'ordine in cui le pone. Dal canto suo, l'
intervistato è libero di rispondere in maniera discorsiva, come avviene in una
normale conversazione.
3. Intervista biografica: è un tipo d'intervista non direttiva, basata su uno schema
ben
strutturato ma non standardizzato. Si tratta di una conversazione in cui gli argomenti
vengono sì affrontati a mano a mano che emergono, seguendo i bisogni e gli stati
d'animo dell'intervistato. Direttività e standardizzazione sono quindi minime, tuttavia
esiste unelenco dettagliato degli argomenti che l'intervistato si propone di affrontare.
In questo senso possiamo dunque dire che lo schema 'interrogazione è strutturato.
Questo schema però non è assolutamente rigido, perché non influenza lo stile non-
direttivo di conduzione e lascia libera la possibilità di introduzione di argomenti che ex
ante non erano sembrati significativi.