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Introduzione.

Il rapporto fra teoria e ricerca


La sociologia è orientata all'osservazione empirica dei fenomeni sociali concreti e all'interpretazione dei processi che
li determinano. Vi è un nesso molto stretto tra teoria e ricerca empirica, sia per quanto si riferisce all'individuazione
dell'oggetto della ricerca, sia per quanto riguarda i principi metodologici, che regolano il rapporto tra teoria e ricerca.
La teoria fornisce dei postulati, delle definizioni che, collegate tra loro, costituiscono lo schema dal quale vengono
dedotte le ipotesi sui fenomeni concreti che si vogliono indagare. La teoria non dovrebbe pretendere di fissare verità
oggettive assolute. Infatti, la validità della teoria viene data alla sua capacità pratica di mettere in evidenza gli elementi
in gioco nei processi sociali in atto e dalla capacità di fornire modelli che siano utili all’interpretazione di tali processi
nella loro dinamica specifica. Bisogna quindi distinguere la teoria dall’ipotesi, poiché a differenza della prima,
quest’ultima è empiricamente verificabile.
La teoria è un insieme di concetti e determina, quindi, i caratteri dell’oggetto di studio di una scienza. L’oggetto non
sussiste indipendentemente dalla prospettiva teorica adottata, ma è costituito da essa poiché ogni scienza studia
relazioni particolari tra elementi e sistemi di relazioni. In sostanza, la teoria costruisce il proprio oggetto di studio.
Nel caso della sociologia sono le interazioni tra gli attori sociali (cooperazione, conflitto, potere) e i processi di
costruzione della realtà sociale a formare l’oggetto di analisi. Per Max Weber la teoria è lo schema logico-concettuale
che consente di cogliere gli elementi e le relazioni particolari che consentono di sviluppare
un’interpretazione/spiegazione dei fenomeni concreti.
Anche se ogni teoria affonda le sue radici nell’esperienza storico-pratica dei suoi autori, il tentativo di precisare in
termini rigorosi le definizioni dei fenomeni studiati crea una distanza rispetto al linguaggio del senso comune. La
conoscenza, infatti, parte sempre da pregiudizi o nozioni di senso comune date per scontate e quindi non verificate
empiricamente. Questi pregiudizi sono legati alla tradizione. Il linguaggio scientifico partendo da presupposti logici e
teorici a carattere generale critica i pregiudizi e rende espliciti i criteri di valutazione usati nei confronti della realtà
che vuole esaminare. In sociologia la teoria orienta la ricerca empirica, e i risultati della ricerca possono a loro volta
correggere, approfondire o portare a sostituire il modello teorico. Il rapporto fra teoria e ricerca presenta uno scambio
reciproco di riflessioni teoriche e di esperienze pratiche che piò promuovere lo sviluppo di entrambe.
Capitolo 1
Émile Durkheim: la società come realtà sui «generis»
Émile Durkheim si forma subendo l’influenza della scuola organicista tedesca e dello psicologo Wundt. Nel 1902
diventa titolare della cattedra in “Storia e teoria dell’educazione”, che diventerà in seguito la cattedra di “Educazione e
sociologia”. Con i suoi scritti e il suo insegnamento contribuirà in maniera decisiva al riconoscimento della sociologia
come scienza e alla sua istituzionalizzazione come disciplina accademica.
Positivismo ed evoluzionismo
La teoria di Émile Durkheim si colloca tra quelle che vengono definite teorie olistiche, ovvero teorie che privilegiano
il punto di vista della società come organismo dotato di vita propria e non riducibile alla somma degli individui che lo
compongono. Prima occorre fare un riferimento alla teoria positivista di Auguste Comte, che aveva utilizzato per
primo il termine sociologia, e alla teoria evoluzionistica di Spencer, che costituiscono lo sfondo della teoria
durkheimiana, che va poi differenziandosi: da Comte ⇨ per alcuni elementi di continuità, da Spencer per la criticità
verso alcune componenti utilitaristiche e individualistiche presenti nel suo pensiero.
Comte considera la sociologia, come la biologia, una scienza sintetica che non può limitarsi ad analizzare aspetti
isolati ma deve riferirli tutti ad un’unità organica che presenta al tempo stesso dimensioni statistiche e dimensioni
dinamiche. Se in biologia, l’unità di riferimento è l’organismo umano, in sociologia tale unità è l’umanità considerata
nel suo insieme. Se la biologia studia l’uomo e l’ambiente in quanto appartenenti alla natura, la sociologia studia la
cultura e la storia senza ignorare la base biologica. La storia permette, infatti, di studiare qual è il prodotto
dell’educazione e dell’eredità culturale nell’uomo.
La sociologia è la conoscenza completa della società, sia come ordine e sia come progresso, cioè come totalità attuale
e processo in divenire. L’aspetto dinamico della sociologia viene studiato da Comte attraverso due leggi fondamentali:
1. La legge dei tre stadi della storia dell’umanità> secondo cui le tappe essenziali del progresso intellettuale sono
rappresentati dallo stadio teologico (nel quale prevalgono i sacerdoti), metafisico (prevalgono i filosofi) e
positivo (prevalgono gli scienziati e gli industriali).
2. La seconda considera> il rapporto tra l’insieme delle nostre esigenze materiali e l’azione volta a soddisfarle.
In corrispondenza con i tra stadi intellettuali, nel primo, l’attività pratica che prevale è la conquista. Nel
secondo, prevale la difesa e nel terzo prevale il lavoro.
Il quadro dinamico del progresso è completato dall’affermarsi della dimensione morale dove domina l’istinto sociale,
che è l’elemento che unifica i progressi dell’intelletto e dell’attività. Infine, possono essere individuati tre stadi
successivi all’istinto sociale: civico, collettivo e universale.
La statistica sociale, a differenza della dinamica, è analoga all'anatomia. Essa studia l'ordine umano analizzandone le
componenti fondamentali. L'oggetto della statistica sociale è lo studio delle leggi di coesistenza dei diversi elementi
che compongono l'unità sociale e delle costanti strutturali che la formano. Nel descrivere tali elementi costanti della
società, Conte tende per lo più a considerare come immutabili e fondate in natura quelle che sono le caratteristiche
storiche della società francese del suo tempo. Gli elementi costanti della società sono le istituzioni religiose e
politiche, la proprietà e l'organizzazione della produzione, la famiglia e il linguaggio. Tra queste diverse componenti
una delle funzioni più importanti è assicurata dal potere politico, inteso come funzione di controllo e di
coordinamento. Il lavoro e il principio della divisione del lavoro hanno l'indispensabile funzione di conciliare la
tendenza all'autonomia individuale con l'esigenza di associazione e di concorso nell'agire collettivo, per il
raggiungimento di finalità comuni. Comte accetta la coercizione come base della società, ma se essa è il primo
fondamento di ogni organizzazione sociale non è sufficiente da sola a mantenere l'unità, pertanto, il potere politico
deve anche agire tramite la cultura intellettuale e l'influenza morale. Ritiene, inoltre, che il mantenimento dell'unità
deve essere assicurato da tre forme di associazione diverse:
1. la famiglia, retta dai principi della simpatia e dell'amore;
2. la città o stato virgola che si occupa dell'attività produttiva e quella politica;
3. la società religiosa o morale, che abbraccia nel suo insieme il sistema sociale.
A queste tre forme di associazione corrispondono tre diversi poteri sociali:
1. materiale, concentrato nelle mani dei potenti e fondato sulla forza;
2. intellettuale, affidato ai filosofi e ai poeti e fondato sulla ragione;
3. morale, affidato alle donne e fondato sull'affetto.
Per Comte la società non deve essere pensata come insieme di individui ma come composta da altri organismi sociali:
la famiglia, le organizzazioni, le associazioni… pur riconoscendo la presenza di possibili tensioni virgola non dubita
che la società evolvendo possa costituirsi in un insieme armonico, senza conflitti né contraddizioni mantenendo però
la distinzione tra potere politico forte e potere intellettuale e morale capace di produrre il consenso collettivo. Inoltre,
secondo lui la concentrazione del capitale nelle mani di pochi e una condizione indispensabile per sviluppare la
solidarietà nel lavoro seguendo la solidarietà sociale. Poiché questo porta i singoli individui ad agire non solo nel loro
personale interesse, ma anche in quello della società come tale.
L'idea che nella realtà sociale operi un principio evolutivo indirizzato a livelli sempre più elevati e soddisfacenti
permette a Comte di unificare ragione e morale. La scienza viene concepita come un sapere neutrale in grado di
fornire fondamenti certi ed è proprio questa concezione idealizzata della scienza da cui deriva il carattere
tendenzialmente dogmatico e astratto della teoria comtiana. L'elemento naturalistico viene accentuato nella teoria
sociale evoluzionista di Spencer, l'idea di evoluzione però viene compreso in un contesto decisamente biologico a
differenza di Comte. Successivamente Darwin interpreta il processo evolutivo in termini di successo nella lotta per la
vita e di selezione naturale e sessuale ⇨ gli individui più adatti hanno maggiori possibilità di sopravvivere e di
riprodursi. L'idea di evoluzione, che per Darwin costituiva solo un’ipotesi empirica di tipo biologico, diventa in
Spencer una categoria filosofica generale per spiegare l'intera realtà, sia quella naturale che è quella sociale. Per
Spencer la società è un insieme super organico di struttura e funzioni, gli elementi materiali e spirituali in relazione tra
loro punto esistono secondo Spencer delle differenze tra società e organismi viventi. Gli organismi viventi formano un
insieme concreto mentre le società formano un insieme discreto di elementi, cioè discontinuo. I membri
dell'organismo sociale mantengono rapporti di cooperazione attraverso il linguaggio, a differenza di Comte, in
Spencer l'unità sociale non è la cellula familiare ma l'individuo singolo. l'unità sociale è condizionata per Spencer da
numerosi fattori di tipo esterno virgola che costituiscono l'ambiente, ed interno che sono rappresentati dai caratteri
fisici, emotivi, intellettuali dell'individuo. In Spencer viene accentuata la dimensione deterministica del naturalismo,
mentre per Comte il progresso è soprattutto il prodotto della razionalità scientifica, per Spencer la ragione ha un
carattere astratto che tende a sovrapporsi negativamente all'ordine naturale, deformandolo anziché lasciandolo libero
di seguire il suo corso. Per Spencer il potere politico e lo stato sono visti come la fonte di tutti i mali.
Il metodo sociologico e il concetto di funzione
Nelle regole del metodo sociologico Durkheim afferma di preferire il termine funzione a quello di fine o scopo, perché
i fenomeni sociali esistono in vista dei risultati utili che essi producono E bisogna considerare se vi è corrispondenza
tra il fatto considerato e bisogni generali dell'organismo sociale. Il termine funzione viene preso da Durkheim
direttamente dalla biologia dove sta a indicare ⇨ un'attività che si rende necessaria per la soddisfazione di un bisogno
dell'organismo vivente e trasferito per analogia alla società in quanto organismo dotato di una sua autonoma natura.
Durkheim intendeva formulare un criterio oggettivo di interpretazione dei fenomeni sociali e riteneva che la società
fosse un'entità sui generis, ovvero dotata di un carattere proprio e non riducibile alla pura dimensione psicologica delle
intenzioni delle proiezioni individuali e collettive. La società, infatti, forma l'individuo secondo i valori e modelli di
comportamento che sono propri dell'epoca e in cui l'individuo vive e secondo le particolari strutture della società qui e
gli appartiene pertanto, la società non può essere considerata come il semplice risultato delle azioni individuali ma
bensì costituisce un sistema ⇨ in quanto è una realtà specifica con i suoi caratteri propri. Riteneva infatti che la causa
determinante di un fatto sociale doveva essere cercata nei fatti sociali precedenti. La funzione di un fatto sociale non
può essere che sociale e non può che consistere nella produzione di effetti utili per la società stessa e poi per
l'individuo singolo.
“La funzione di un fatto sociale deve essere sempre cercata nel rapporto che esso ha con qualche finalità sociale”
La dimensione del sistema sociale per Durkheim si manifesta nel carattere coercitivo che assume il sociale nei
confronti dell'individuo, è l'individuo a dover essere compreso a partire dal sociale e non il sociale a partire
dall'individuo.
Fatto sociale ⇨ maniere di agire, di pensare e di sentire, esterni all'individuo, e che sono dotate di un potere di
coercizione in virtù delle quali si impongono a lui.
In particolare, Durkheim quando parla di coercizione fa riferimento alla dimensione culturale e istituzionale del
sociale, riferendosi quindi alle regole, alle norme e ai modelli di comportamento che guidano l'agire degli individui.
L'insieme di tali elementi culturali, che concretizzano la coscienza collettiva di una determinata società, vanno a
costituire le maniere d'essere collettive (forma delle abitazioni, numero dei mezzi di comunicazione ecc.).
Cultura, consenso, integrazione.
Il modello funzionalista tende a presentare il problema sociale in termini del mantenimento dell’ordine e
dell’integrazione dell’individuo nel sistema sociale stesso. I principali presupposti fondamentali del funzionalismo
sono:
1. all’origine esiste un sistema o un’unità di riferimento rispetto alla quale varie parti sono in una posizione
subordinata;
2. tale sistema deve sopravvivere, cioè mantenere la propria unità e il proprio equilibrio interno nel rapporto con
l’ambiente esterno.
3. tale sopravvivenza richiede delle attività adeguate.
Dal momento che il sistema sociale è pensato come unità culturale normativa, il sistema deve affrontare il problema
della legittimazione delle norme, cioè della loro capacità di produrre consenso negli individui in modo da integrarli nel
sistema stesso. Secondo Durkheim è stato posto sempre più l’accento sull’individuo, sviluppando un vero e proprio
culto dell’individuo, e pur riconoscendo l’importanza assunta dall’individuo nega che quest’ultimo pre-esista alla
società se non come entità psico-fisica mossa da istinti e da desideri, che solo la società può trasformare in una
persona dotata di vita morale. Durkheim considera infatti gli individui, se lasciati a sé stessi, come egoisti e orientati al
perseguimento dei loro desideri illimitati. La società si costituisce come un fenomeno morale di solidarietà collettiva,
imponendo valori e norme. Tali valori corrispondono a esigenze di ordine vitale e al bisogno di convivenza pacifica.
Per Durkheim vi è uno stretto rapporto tra scienza e morale in quanto la conoscenza scientifica permette di individuare
le leggi oggettive dello sviluppo sociale, che permetteranno di formulare principi morali adeguati alle reali esigenze
della situazione concreta di una determinata società, Tali leggi orienteranno l'agire degli individui. Questi presupposti
teorici generali della concezione sociale di Durkheim mostrano come vi sia una dicotomia tra la dimensione di
indeterminatezza, attribuita alla natura dell'individuo umano e al desiderio infinito che possiede, e la dimensione di
determinatezza, che appartiene solo all'ordine sociale.
Forme di solidarietà
Durkheim deve riconoscere la presenza dell’anomia che caratterizza la società industriale del suo tempo. Il termine
“anomia”, cioè privo di leggi, sta ad indicare situazioni nelle quali, per effetto di cambiamenti sociali molto rapidi, i
valori e i modelli di comportamento non sono più adatti alla nuova situazione, determinando nell'attore sociale
disorientamento. Nella sua prima grande opera «La divisione del le lavoro sociale» Durkheim riteneva che la
superiorità della coscienza collettiva caratterizzasse la solidarietà meccanica delle società tradizionali, dove gli
individui sono simili tra loro e condividono valori e regole comuni.
Coscienza collettiva ⇨ insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una stessa società.
Con l'affermarsi del principio della divisione del lavoro viene a formarsi, nelle società industriali, un diverso tipo di
solidarietà, la solidarietà organica, nella quale diventano fondamentali i vincoli funzionali che intercorrono tra gli
individui ⇨ lavorando a un'impresa comune, gli individui hanno bisogno ciascuno dell'attività dell'altro. In questo
caso i valori e le regole condivise diventano meno importanti e viene esaltato l'individualismo. Successivamente, a
seguito di tensioni e conflitti, Durkheim ribadisce l'importanza dei valori e delle regole comuni anche nella società
industriale e l'esigenza di forme istituzionali più adeguate virgola in questo caso le corporazioni professionali, per
consolidare le nuove forme di solidarietà nate dalla crescente differenziazione delle funzioni. Contro Spencer,
Durkheim sostiene la tesi che la divisione del lavoro fa aumentare anziché diminuire l'insieme delle regole giuridiche:
se queste cambiano da «repressive» (fondate soprattutto sulle sanzioni punitive) a «restitutive» (fondate soprattutto
sull'attribuzione e rispetto dei diritti), l'importanza della loro funzione resta immutata. dovrei proprio tutti gli altri
problemi che emergono vengono attribuiti ai mutamenti che avvengono nella realtà sociale.
La ricerca sul suicidio
Nell'opera “il suicidio”, Durkheim analizzando i dati statistici relativi ai casi di suicidio in vari paesi europei, mette in
evidenza come questi dati presentano un andamento costante a seconda delle stagioni e a seconda delle situazioni di
rapida trasformazione di crisi determinate da fattori economici o da eventi bellici. Si rende conto, inoltre, virgola che
il tasso di suicidio è più alto nei paesi a prevalente religione protestante mentre diminuisce in quelle a prevalente
religione cattolica.
Suicidio ⇨ morte procurata dalla stessa vittima, definizione di Durkheim.
Identifica tre tipi di suicidio:
1. egoistico> determinato da situazioni di scarsa integrazione degli attori sociali;
2. anomico> si verifica nelle situazioni di rapido cambiamento sociale;
3. altruista> a differenza dei primi due, non è determinato da una carenza di norme, bensì dalla forza di esse o da
un eccesso di integrazione sociale. (capitano che si lascia affondare Sua nave per onore)
Durkheim vuole dimostrare che le cause di suicidio non sono da ricercare negli Stati d'animo degli individui, ma
devono essere prevalentemente attribuite a cause sociali o al diverso grado di integrazione degli attori sociali nel
sistema sociale. Durkheim è preoccupato degli effetti distruttivi che può provocare un vuoto normativo-valoriale.
L'assenza di norme provocata dai cambiamenti rapidi che caratterizzano la società industriale e alla radice del cronico
moltiplicarsi della devianza presente in questa società e al diffondersi di situazioni di disorientamento che favoriscono
l'aumento dei suicidi. Questa impostazione impedisce a Durkheim di cogliere l'ambivalenza del problema
dell'integrazione, ovvero il fatto che quest'ultima può produrre effetti sia positivi sia distruttivi.
Il rapporto individuo-società
È importante cogliere nel rapporto individuo-società il carattere ambivalente della funzione di determinatezza delle
forme normative istituzionali:
- indispensabili per la sopravvivenza
- potenzialmente distruttive a causa della loro inevitabile riduttività rispetto alla complessità dell'esperienza
vissuta.
Le contraddizioni proprie di ogni situazione sociale sono viste, non come momento di trasformazione sociale, ma
come ciò che deve essere eliminato per realizzare un ordine armonico. La dicotomia tra l’assoluta positività della
determinatezza dell’ordine sociale e la negatività dell’indeterminatezza delle aspirazioni infinite degli individui singoli
rende problematica la stessa origine della socialità. Mentre la guerra appare, in Durkheim, come una qualità originaria
della natura egoista dell’individuo, il desiderio di pace aumenta solo nella misura in cui cresce la socializzazione.
La coscienza collettiva nasce come frutto dell’opinione comune e del desiderio di associazione, ma non è chiaro su
quali basi nasca questo desiderio.
Durkheim parla di “forza delle cose”, di “similitudine di situazioni” degli uomini, del formarsi di gruppi aventi
interessi comuni ecc, ma non spiega quali componenti originarie hanno consentito agli uomini di incontrarsi, dal
momento che lo stesso desiderio di associazione è il prodotto della socializzazione. Si dimostra così che se non si tiene
presente la costituzione ambivalente degli individui, tra l'esigenza d'identità come similarità e l'esigenza di veder
riconosciuta la loro differenza o singolarità, non si riesce neppure a comprendere che gli attori sociali non sono mossi
solo da desideri egoistici illimitati, ma anche dal bisogno d'identità e di riconoscimento che gli orienta verso il
rapporto con l'altro e la ricerca di determinazioni stabili quali solo l'ordine sociale può garantire.
La dimensione religiosa
Nella sua ultima grande opera “Le forme elementari della vita religiosa” Durkheim conduce un'analisi sulle forme
religiose nelle società arcaiche partendo dalla convinzione che da un fenomeno così diffuso e duraturo come la
religione, quest'ultimo non può avere altra origine che le esigenze della società stessa.
1. La religione è prevalentemente sociale;
2. Le rappresentazioni religiose costituiscono rappresentazioni collettive;
3. I riti sono modi di agire che sorgono all'interno di gruppi costituiti e sono destinati a mantenere certi stati
mentali di tali gruppi.
Durkheim analizza il fenomeno della religione totemica (totemismo) nella società strutturata in clan. Il clan non è
fondato sulla consanguineità dei suoi membri ma l'identificazione di questi ultimi come un simbolo sacro, il totem,
rappresentato da un animale o da una pianta che serve a qualificare il rapporto dei membri del clan con il particolare
ambiente naturale nel quale vivono, regolando i rapporti con gli altri clan, identificati ciascuno a loro volta con un
totem particolare. Le cerimonie rituali servono a rafforzare il sentimento di appartenenza al clan, attualizzandolo in
danze, rappresentazioni e sacrifici che lo rendono fisicamente visibile ed emotivamente percepibile. A questo punto
Durkheim attribuisce alla società una dimensione di sacralità che fonda la solidarietà generale.
Considerazioni critiche
A Durkheim si deve il merito di aver attirato l'attenzione sull'importanza che le regole sociali e le rappresentazioni
della realtà sociale hanno sul comportamento individuale e collettivo. Un altro aspetto positivo nel pensiero di
Durkheim è il superamento del modello razionalistico e il superamento dell’etnocentrismo, ovvero quell'atteggiamento
che porta a giudicare altre culture a partire dalla propria, quindi superare i pregiudizi.
Capitolo 6
Talcott Parsons e la teoria funzionalista
Durkheim per indicare la corrispondenza tra un determinato fenomeno sociale e i bisogni generali del sistema sociale
aveva fatto ricorso al concetto di funzione, questo termine è riferito all'attività necessarie per il mantenimento degli
organismi viventi. La teoria struttural-funzionalista, formulata dal sociologo Talcott Parsons, prende spunto dal
concetto di funzione di Durkheim.
Un contributo alla teoria funzionalista è stato dato:
1. dall'antropologia culturale> disciplina che studia le forme della cultura umana, ovvero diversi modi di
rappresentare e comprendere la realtà da parte di individui appartenenti a unità sociali;
2. dall'etimologia> mostra interesse per le società primitive arcaiche virgola che essendo generalmente basate su
un'economia di sopravvivenza, devono principalmente risolvere il problema di mantenere l'unità e la coesione
della loro comunità.
Ciò spiega perché le teorie funzionaliste tendono a porre l'accento sul problema dell'ordine e dell’integrazione sociale.
Nella sua opera “Teorie scientifiche della cultura”, l'antropologo Malinowski, definisce la cultura come un apparato
strumentale, atto a risolvere i problemi specifici che l'individuo e la collettività incontrano nel rapporto con l'ambiente
e nella loro ricerca di soddisfare i propri bisogni. In questa prospettiva, le tradizioni culturali sono concepite come
risultato dell'interazione tra bisogni naturali e attività di manipolazione da parte dell'uomo. Sulla base di questi
presupposti il concetto di funzione viene definito da Malinowski come ⇨ il soddisfacimento di un bisogno tramite
un'attività in cui gli esseri umani e cooperano, usano prodotti e consumano beni.
La struttura dei bisogni si basa sulle esigenze della sopravvivenza biologica, la quale trova espressione negli
imperativi biologici primari.
Imperativi biologici primari ⇨ nutrizione, riproduzione, igiene che trovano soddisfazione tramite l'organizzazione
culturale e le situazioni sociali che assumono, a loro volta, la forma di organismi sociali con bisogni propri che
possiamo considerare come bisogni culturali, in quanto sono prodotti dall'ambiente sociale «artificiale».
Dal sistema culturale e sociale nascono gli imperativi strumentali integrativi ⇨ connessi all'attività economica di
produzione, di controllo e di formazione educativa. All'interno di questo modello organizzativo dipende la possibile
determinare il contesto pragmatico di ogni forma simbolica e definire la funzione di quest'ultima in relazione alla
struttura generale dei bisogni primari e dei bisogni culturali. Malinowski ritiene di essere riuscito a fondare la sua
teoria scientifica della cultura su solide basi oggettive, la dipendenza dell'individuo dalle regole culturali è altrettanto
forte quanto la sua dipendenza dal determinismo biologico, per Malinowski.
Un modello diverso di funzionalismo è quello proposto da un altro antropologo, Alfred R. Radcliffe- Brown, che in
polemica con Malinowski negava di appartenere alla scuola funzionalista. Per lui il concetto di funzione non è più
legato alla base biologica, ma viene considerato in maniera più diretta nella sua relazione con il sistema sociale ⇨ la
funzione è il contributo di un'attività parziale all'attività totale di cui è parte. E in questa direzione che Parsons
svilupperà la sua teoria struttural-funzionalista. Radcliffe-Brown utilizzerà il termine di struttura sociale per riferirsi al
concetto di cultura.
Il concetto di struttura sociale, che egli definisce elemento necessario per il funzionamento e per la stabilità del
sistema stesso, è l'insieme delle relazioni sociali in quanto fondate sugli obblighi normativi di tipo giuridico, morale e
religioso propri di una determinata società.
Il bisogno nasce sempre all’interno di un insieme di significati culturali complessi (che determinano la collocazione
nel sistema di senso, fissando il modo del suo soddisfacimento, secondo criteri strumentali ed espressivi). Il rapporto
natura-cultura non può essere considerato secondo il semplice paradigma causa-effetto ma come relazione circolare di
interdipendenza tra fattori naturali e culturali, altrimenti si cade in una forma di tipo metafisico, attribuendo a un
elemento specifico (la dimensione biologica) il carattere di una causa determinante dalla quale dedurre ogni altro
effetto secondo il principio della equivalenza funzionale uno stesso ha bisogno può essere soddisfatto da funzioni
diverse, così come una stessa funzione può soddisfare bisogni diversi. La funzione di nutrizione può assumere
significati di rassicurazione psicologica. Il rigido schematismo del funzionalismo antropologico impedisce di
riconoscere l'ambivalenza che assumono storicamente le forme culturali (Durkheim). Se il venir meno del momento
normativo e della precisione simbolica ha sempre effetti distruttivi sul corpo sociale, è vero che effetti altrettanto
distruttivi possono essere prodotti da un eccesso di rigidità (assolutizzazione) delle forme simboliche di mediazione. Il
funzionamento di un’istituzione può diventare fine a sé stesso e quindi non può essere più funzionale per la soluzione
di un problema: se il funzionale deve necessariamente essere anche funzionante, il funzionante non sempre coincide
con il funzionale.
L'itinerario intellettuale di Talcott Parsons
Ha dedicato l'intera sua vita di studioso all'ambizioso disegno di sviluppare una teoria generale dell'azione sociale che
potesse comprendere nel suo ambito tutti gli elementi essenziali presenti nella dinamica sociale.
 Nasce nel 1902 a Colorado Spring;
 È figlio di un pastore protestante;
 Ha avuto una formazione profondamente influenzata dallo spirito puritano;
 Orienta i suoi studi universitari verso la biologia e la medicina;
 Dal 1923 si interessa alle scienze sociali e all'economia;
 Frequenta la London School of Economics e viene attratto dagli insegnamenti degli antropologi Malinowski e
Radcliffe-Brown;
 Nel 1925 ottiene una borsa di studio presso l'università di Heidelberg, dove approfondisce la conoscenza di
Weber Marx e Sombart;
 Nel 1931 ottiene un posto di docente nella prestigiosa università di Harvard, dove viene creato per la prima
volta il dipartimento di sociologia, che nel 1946 sarà sotto la sua direzione;
 Nel 1937 pubblica “La struttura dell'azione sociale”;
 Nel 1949 viene eletto presidente dell'American Sociological Association;
 Nel 1951 pubblica “Il sistema sociale” e “Verso una teoria generale dell'azione sociale”;
Nella corposa produzione di Parsons vengono distinti tre periodi:
1. Nel primo periodo ⇨ si ricollega alla grande tradizione teorica della sociologia europea, con particolare
riferimento a Max Weber, Émile Durkheim, Vilfredo Pareto e riprende anche i modelli del funzionalismo di
Malinowski e di Radcliffe- Brown, e sviluppa la sua teoria volontaristica dell'azione sociale;
2. Nel secondo periodo ⇨ egli formula la sua teoria generale dell'azione e del sistema sociale, individuando i
quattro imperativi funzionali di ogni sistema sociale;
3. Nel terzo periodo ⇨ tenta di conciliare il suo modello di sistema con i recenti rapporti della
cibernetica/informatica.

La teoria generale dell'azione sociale


Parsons ha percepito sin dall'inizio la necessità di costruire un paradigma concettuale generale di riferimento (frame of
reference) per comprendere la dinamica dei processi sociali. Secondo Parsons, l’osservazione della realtà sociale può
progredire soltanto se è orientata da uno schema teorico ampio abbastanza da consentire l’interpretazione di fatti
sociali, che rischiano altrimenti di rimanere privi di significato. La teoria indica, quindi, gli aspetti che si devono
analizzare qualora si volesse approfondire la dinamica dei processi sociali e svolge un ruolo attivo di promozione e
chiarimento della ricerca empirica. Per Parson non esiste nessuna conoscenza empirica che non è formata attraverso
concetti, questa impostazione risente dell’influenza di Kant e viene definita da Parsons come “realismo analitico”, che
rifiuta l’idea della conoscenza come semplice riflesso della realtà propria del “realismo acritico”. Mentre cerca di
sviluppare una teoria generale dell’azione sociale, Parsons, denuncia i limiti del modello comportamentista che si
andava ad affermare in quegli anni nella cultura americana.
Modello comportamentista ⇨ analizza l’agire umano nei termini di stimolo-risposta.
Oltre alla critica comportamentista, Parsons muove altre due critiche:
 All’utilitarismo> che considerava l’individuo come mosso dal calcolo razionale dei suoi interessi;
 Al marxismo> che considerava l’agire individuale il semplice riflesso dei condizionamenti economici;
Pertanto, Parsons definisce volontarista la sua teoria dell’azione ⇨ essa deve tenere conto delle condizioni ambientali
che influenzano l’azione e delle componenti psicologiche e motivazionali che configurano l’azione come capacità di
scelta relativamente autonoma, fondata non solo sugli interessi ma anche sui valori morali ed estetici.
Nell’opera “La struttura dell’azione sociale” Parsons trae dalla teoria di Max Weber il concetto di azione sociale ⇨
agire dotato di senso che tiene conto dell’agire altrui.
L’agire viene considerato in base all’intenzionalità del soggetto e alle sue motivazioni e si orienta in senso finalistico
(scopo). Anche in Parsons, come Weber, l’agire appare condizionato dai valori e dai modelli sociali propri del
contesto in cui emerge. Inoltre, è presente un elemento che caratterizzava l’agire secondo Durkheim, cioè i desideri
egoistici. Da ciò assume una grande importanza il problema del controllo e dell’orientamento dell’agire individuale in
base ai valori culturali e interiorizzati.
Parsons, definisci l’azione sociale, distinguendo:
 Il soggetto o attore sociale> può essere interpretato da un individuo o da un gruppo;
 La finalità dell’azione> cioè il risultato verso cui l’azione si orienta;
 La situazione> cioè le condizioni (sui quali gli attori non hanno controllo) e i mezzi (sui quali gli attori hanno
controllo) entro i quali si sviluppa l’azione;
 L’ordine simbolico> cioè l’insieme delle rappresentazioni, dei modelli e delle regole culturali.
Il concetto di cultura è uguale a quello di Durkheim, cioè ⇨ l’insieme delle credenze, dei valori ecc.
I rapporti tra questi elementi (attore, finalità dell’azione ecc.) costituiscono il sistema dell’azione. Il rapporto con
l’ambiente e con le risorse materiali può essere analizzato sia nei processi di trasformazione e produzione, sia in
termini di adattamento con l’ambiente esterno. La stabilità dei rapporti tra attore e ambiente e tra i diversi attori sociali
è assicurata dall’insieme delle regole e delle norme, che una volta istituzionalizzati a livello sociale vengono
interiorizzati dagli attori tramite il processo di apprendimento. Tali processi (istituzionalizzazione e interiorizzazione)
sono alla base dell’integrazione degli individui nel sistema sociale e permettono di regolare le aspettative reciproche
degli attori sociali in un sistema di doppia contingenza, ovvero in una situazione dove ciascun attore mentre si aspetta
che l’altro si comporti in un certo modo, deve tenere conto delle aspettative che l’altro nutre nei suoi confronti.
Sistemi d’azione: sistema della personalità, sistema della cultura, sistema sociale
Per analizzare la dinamica dell’agire sociale, Parsons, fa riferimento al concetto di sistema di Pareto, secondo cui ⇨
un sistema si costituisce quando vengono a stabilirsi relazioni privilegiate di interdipendenza tra più elementi. Es ⇨
una nazione è un sistema costituito da relazioni privilegiate di un gran numero di individui che condividono regole,
norme, tradizioni, cultura, lingua ecc. e questi sono tutti elementi che la distinguono da un’altra.
Secondo Pareto, quindi, ogni sistema è orientato a conservarsi e a mantenere la propria coesione ed equilibrio nel
rapporto con l’ambiente esterno, inteso sia come ambiente naturale, sia come rapporto con altri sistemi con cui entra in
contatto.
Caratteristiche di un sistema:
 Dimensione strutturale> cioè relazioni stabili tra quegli elementi essenziali per la costituzione del sistema
come unità (istituzioni);
 Funzioni> attività che assicurano il mantenimento delle strutture;
 Unità esterna> rapporto con l’esterno;
 Unità interna> problemi che nascono dall’esigenza di un’organizzazione interna;
 Scopi> che esso persegue;
 Mezzi> di cui esso dispone.
A partire da unità esterna/interna e scopi/mezzi, Parsons, riprende gli imperativi strumentali e integrativi di
Malinowski e perviene alla definizione dei ⇨ “quattro imperativi funzionali”, che ogni sistema d’azione deve risolvere
per potersi mantenere in vita. Questi imperativi formano il modello AGIL e sono:
1. Adattamento> adattamento con l’ambiente esterno ed il suo controllo in modo tale che vengano assicurate le
risorse necessarie alla sua sopravvivenza. Riguarda principalmente in sotto-sistema economico e la divisione
del lavoro sociale.
2. Conseguimento degli scopi> variazione del rapporto sistema/ambiente e sistema/rapporti interni
all’organizzazione del sistema. Ha il compito di indirizzare il sistema verso i suoi scopi, selezionarli e
ordinarli tra loro. Riguarda il sotto-sistema politico.
3. Mantenimento delle strutture latenti> assicura i valori, i significati e le motivazioni necessarie a orientare
l’azione in modo adeguato alle esigenze del sistema. Tali strutture vengono definite latenti perché operano
indipendentemente dalla presa di coscienza degli individui. Riguarda il sotto-sistema della socializzazione.
4. Integrazione> permette di equilibrare, armonizzare le decisioni e le azioni che hanno luogo nelle strutture
nelle quali la società si articola. Riguarda il sotto-sistema della comunità societaria.
Parsons distingue, inoltre, in corrispondenza dei quattro imperativi funzionali, quattro sotto-sistemi:
1. L’organismo biologico-comportamentale> è l’oggetto di studio delle scienze biologiche e corrisponde
all’adattamento;
2. Il sistema della personalità> è l’oggetto di studio della psicologia sociale e corrisponde alla funzione di
conseguimento degli scopi;
3. Il sistema della cultura> è l’oggetto di studio dell’antropologia culturale e corrisponde al mantenimento delle
strutture;
4. Il sistema sociale> è l’oggetto di studio della sociologia e corrisponde alla funzione di integrazione.
Ognuno di questi quattro sotto-sistemi deve risolvere a sua volta i quattro imperativi funzionali, e ciascuno di questi
quattro sotto-sistemi contiene altri quattro sottosistemi, i sottosistemi del sistema sociale sono:
 Sottosistema economico> attraverso gli apparati riproduttivi e dei servizi, connesso all’adattamento;
 Sottosistema politico> attraverso gli apparati delle istituzioni politiche, connesso al conseguimento degli
scopi;
 Sottosistema della socializzazione> attraverso gli apparati educativi, connesso al mantenimento delle strutture;
 Sottosistema della comunità societaria> attraverso gli apparati della giustizia, connesso alla funzione di
integrazione.
I vari sistemi e sottosistemi godono tra loro di una dinamica di scambio di prestazioni, di comunicazioni, di bisogni e
di conflitti.
Dal punto di vista sociologico, il sistema della personalità si presenta per il sistema sociale come una fonte di energia
(l'agire degli individui) virgola che deve essere orientata in senso funzionale per il mantenimento dell'equilibrio e
dell'integrazione del sistema. Ehi l'orientamento delle attività individuali viene ottenuto attingendo dal sistema della
cultura i modelli necessari per integrare diversi comportamenti, il sistema della cultura fornisce: le forme di
definizione degli scopi del sistema sociale, le conoscenze e le tecniche necessarie per la funzione di adattamento, i
contenuti e i metodi di educazione per la funzione di socializzazione ecc.
Secondo questa prospettiva, il sistema sociale appare come una costellazione di posizioni (status) connesse ai ruoli.
Ruolo ⇨ insieme coerente di modelli di comportamento forniti dal sistema della cultura e orientati all'espletamento di
una funzione.
Il ruolo in Parsons diventa il punto di incontro, all'interno del sistema sociale, del sistema della personalità con il
sistema della cultura.
Le variabili dei modelli
Parsons ha voluto arricchire il modello costruito in base agli imperativi funzionali con alcune categorie tratte di
modalità fondamentali di ogni tipo di agire. Occorre scegliere tra una serie di possibilità, che Parsons ritiene di poter
esaurire in cinque alternative fondamentali.
Alternative/variabili dei modelli (pattern variables) ⇨ dilemmi in base ai quali ogni azione deve fare le sue scelte.
Tali alternative vengono indicate da Parsons nel seguente modo:
 Affettività/neutralità affettiva ⇨ il tipo di azione comporta dimensioni emotive oppure è caratterizzato in
senso formale (es. Il rapporto tra amici è connotato affettivamente, mentre il rapporto medico/paziente non lo
è);
 orientamento verso il sé o verso la collettività ⇨ se l'attore si orienta verso finalità di tipo personale o verso
finalità di interesse collettivo;
 universalismo/particolarismo ⇨ se l'attore sceglie criteri di carattere generale o criteri connessi a situazioni di
tipo particolare quando agisce (es. il giudice applica la legge in modo uguale per tutti VS padre e figlio);
 realizzazione/attribuzione ⇨ se l'attore è mosso da valori legati all'efficacia della prestazione e all'utilità
dell'oggetto perseguito o dalla qualità (es. lavoro per i soldi o perché mi piace lavorare);
 specificità/diffusione ⇨ se l'attore sta ora rapporti con gli altri per convenienza oppure in quanto persone.
nel caso in cui la scelta delle alternative avviene in contrasto con le aspettative correnti e con i modelli codificati è
possibile individuare degli scompensi (es. nella società industriale il rapporto di lavoro dovrebbe essere improntato a
criteri di universalismo e orientato verso la collettività, ma possono accadere casi in cui invece si instaurano relazioni
ispirate ad affettività, nepotismo ecc.).
L'evoluzione della società moderna
Parsons ha voluto collegare la teoria dell'evoluzione socio culturale con la teoria dell'evoluzione naturale è, infatti,
possibile individuare nei processi di trasformazione della società alcune tendenze evolutive universali analoghe a
quelle presenti nell'ambito biologico punto in particolare si focalizza sulle teorie della genetica e quelle riguardanti
l'azione sociale. In questo modello evolutivo emerge la dimensione volontaristica dell'azione che opera nella
formazione della comunità e nei processi di fondazione delle norme. Parsons definisce processi di cambiamento
presenti nelle società contemporanee nei termini di:
 crescente universalizzazione dei valori di base> es. il modello democratico, la parità dei sessi vanno ad
affermarsi in molte società;
 progressiva differenziazione strutturale delle diverse funzioni sociali;
 incremento adattativo tra i diversi sottosistemi.
Considerazioni critiche
Il limite della teoria di Parsons è insito proprio nel suo carattere prevalentemente descrittivo-concettuale e nel carattere
riduttivo dei suoi modelli esplicativi. Ciò che manca nella teoria di Parsons:
 il riferimento ai processi che generano sia le strutture del sistema sociale, sia i significati e i valori del sistema
della cultura presupponendo come già dalle strutture del sistema;
 Assolutizzazione del problema dell'ordine e del mantenimento della determinatezza;
 Concetto di integrazione talmente centrale da considerare ogni atteggiamento deviante come negativo e non
come momento di apertura verso processi di trasformazione del sistema stesso.
L’ottimismo circa gli esiti dello sviluppo in atto nella società contemporanea deriva dal carattere unidimensionale
della sua teoria, che tende a sottovalutare le tensioni tra ordine delle determinazioni simbolico-normative del sistema
sociale e le istanze presenti a livello dell’azione sociale e dell’esperienza vissuta.
Le critiche di R.K. Merton ai postulati del funzionalismo di Malinowki e Radcliffe-Brown:
- Postulato dell’unità funzionale> la società viene intesa come un tutto, rispetto al quale si presuppone che ogni
attività e ogni forma culturale standardizzata abbiano un significato funzionale sia per la società stessa che per
l’individuo (disfunzioni). Tale unità funzionale è contraddetta dal fatto che non tutte le società umane
presentano lo stesso grado di integrazione e dalle valenze contraddittorie che, all'interno di una stessa società
può avere una stessa funzione, la quale per certi aspetti può contribuire all'integrazione dell'individuo nella
società stessa mentre per gli altri può avere effetti disgreganti (es la religione non ha sempre una funzione di
integrazione ma crea tensioni e conflitti);
- Postulato del funzionalismo universale: afferma che ogniqualvolta incontriamo una forma sociale o culturale
standardizzata, questa deve avere una funzione positiva per la vita del sistema sociale. Questo postulato è
contraddetto dal fatto che esistono delle forme create nel corso della storia che non svolgono più una funzione
(teoria delle sopravvivenze culturali).
- Postulato dell’indispensabilità: ogni funzione vitale rappresenta una parte indispensabile per il sistema sociale.
Si è dimostrato storicamente che le funzioni necessarie per la sopravvivenza possono derivare da più strutture
diverse (principio dell’equivalenza funzionale).
Merton propone un modello di funzionalismo coerente con la critica ai postulati precedenti:
 Distinzione tra funzioni manifeste e funzioni latenti> si evidenzia il divario che può sussistere tra le
motivazioni soggettive coscienti del comportamento sociale e le conseguenze oggettive di esso, ovvero
l'indipendenza tra motivazioni e funzioni. Un determinato elemento può avere, al tempo stesso, conseguenze
sia funzionali sia disfunzionali a seconda degli aspetti cui esso viene riferito.
 Ripresa del concetto di anomia> spesso la devianza può essere indotta dai modelli culturali e delle strutture
sociali quando si dà un troppo forte divario tra le mete ideali proposte dal sistema sociale e i mezzi effettivi
che quest'ultimo è in grado di fornire per raggiungere tali mete.
 Teorie di medio raggio> ovvero teorie più limitate, ma più rigorose, che siano applicabili ad aspetti specifici,
utilizzando di volta in volta paradigmi diversi (ma ciò non esclude modelli teorici più ampi). Tra le critiche
Ann Swidler contesta la tendenza di Parsons a pensare la cultura in termini di orientamento e a considerare la
definizione di finalità comuni condivise come un’essenziale funzione di integrazione.

Il neofunzionalismo
A partire dagli anni 80 vi fu il tentativo di riprendere la prospettiva teorica parsonsiana. Parsons è stato un punto di
riferimento per molti sociologi del nostro tempo, come Luhmann, il quale ribaltando il paradigma parsonsiano da
struttural-funzionalista a funzional-strutturalista, è stato considerato un neofunzionalista. La prospettiva teorica di
Parsons ha subito un rinnovamento da parte di alcuni autori, tra i quali Alexander, sociologo americano che ha
dedicato a Parsons un volume intitolato “La ricostruzione moderna del pensiero classico: Talcott Parsons”.
Alexander si è proposto di sviluppare una nuova logica teoretica in grado di chiarire gli equivoci di fondo ancora
presenti nella teoria, a partire dalla convinzione che senza una teoria forte e vigorosa non può darsi nessuna sociologia
forte e vigorosa. Secondo Alexander la conoscenza scientifica si colloca lungo un continuum avente per estremi
opposti ⇨ la metafisica e l'osservazione empirica. La scienza non può mai prescindere da presupposto speculativi ma
non può fare a meno di dati empirici. Tra un momento teorico il momento empirico vi è interdipendenza, ma occorre
riconoscere la relativa autonomia dei diversi livelli intermedi che si collocano tra i due estremi e che Alexander elenca
secondo un ordine che va dal livello più teorica a quello più empirico (presupposti generali orientamenti ideologici,
modelli teorici, concetti…).
Egli ripropone i concetti di azione e di ordine sociale secondo un approccio multidimensionale che tiene conto del
carattere razionale e non razionale dell’azione, dell'ordine e del conflitto. L'azione e l'ordine sono concetti di carattere
generale da cui nessuna teoria sociale può prescindere e che non comportano necessariamente implicazioni
ideologiche. Parsons, secondo Alexander, non è riuscita a sviluppare una teoria multidimensionale perché ancora
troppo condizionato da scelte di valore che lo hanno portato a privilegiare il momento dell'integrazione,
sottovalutando le potenziali fonti di conflitto strutturale della società contemporanea.
Capitolo 2
Karl Marx: conflitto e mutamento sociale
Karl Marx (considerato un sociologo economista perché ci propone una teoria sulla società)
Nasce a treviri nel 1818, studia diritto a Bonn e filosofia Berlino, dove conosce la filosofia idealistica di Hegel. Nel
1843 si trasferisce a Parigi ha interesse e rapporti di amicizia e collaborazione con Engels con cui pubblica il
“Manifesto del partito comunista”. Per le sue posizioni democratiche repubblicane viene espulso da Parigi e si
trasferisce a Londra e scrive “Per la critica dell'economia politica” e il “Capitale”. Muore a Londra nel 1883.
Il materialismo dialettico
Marx assume una posizione di critica nei confronti dell’idealismo hegeliano e intende sviluppare una teoria scientifica
delle leggi, che stanno a capo della storia e alla dinamica sociale. Tuttavia, Marx adotta il modello dialettico di Hegel
⇨ secondo il quale la storia evolve attraverso costanti contraddizioni e conflitti fino a raggiungere un superamento
definitivo di tutte le contraddizioni in una sintesi finale, che per Marx coincide con la produzione capitalista e con
l'avvento della società comunista, ciò conduce all'eliminazione della proprietà private e dei rapporti di potere creando
una società egualitaria. Marx però rifiuta l’idea di tale processo come manifestazione della progressiva
autorealizzazione dello spirito assoluto, ma interpreta la dialettica come un principio attivo operante all'interno delle
condizioni materiali e degli oggettivi rapporti economici e sociali, e sostiene che l'evoluzione storica e sociale è
determinata dalle contraddizioni oggettive legate alla disponibilità delle risorse materiali e tecniche e ai rapporti di
potere, che di volta in volta vengono a stabilirsi nelle diverse epoche storiche.
Per Marx la teoria dialettica si caratterizza per la rilevanza della dimensione conflittuale nella dinamica delle
relazioni.
La società ⇨ intesa come totalità, ovvero come un insieme di elementi in relazione reciproca tra di loro, in modo
diacronico cioè in continua trasformazione (e non sincronico cioè immutabile), il cui movimento è determinato dalle
contraddizioni oggettive che emergono, di volta in volta, nella realtà sociale tra determinate strutture materiali e
determinati rapporti sociali.
- strutture materiali> insieme di forze e mezzi di produzione (risorse materiali disponibili, conoscenze
scientifiche e strumenti tecnici)
- rapporti sociali> rapporti di produzione (es. rapporti di lavoro) e modo di produzione (che caratterizza il
sistema di produzione di una data società in quel preciso momento storico)
Tali dimensioni costituiscono l'infrastruttura (o struttura portante) del sistema sociale, che a sua volta determina le
forme della sovrastruttura, ovvero l'insieme delle rappresentazioni culturali (mito, religione, filosofia) e dei sistemi
normativi (leggi, istituzioni, politici) presenti nel sistema sociale e anche della coscienza individuale e collettiva
(valori, motivazioni).
Le condizioni di superamento del modo di produzione borghese moderno o capitalista sono rappresentate dalla
crescente socializzazione della produzione del capitale e dallo sviluppo di una classe operaia sempre più numerosa e
consapevole dello sfruttamento nella quale essa si trova. Il cambiamento sociale viene inteso come il risultato
dell'esplodere delle contraddizioni oggettivamente createsi tra livello infrastrutturale e livello sovrastrutturale.
Le classi sociali
Per Marx i veri protagonisti dei processi storici di trasformazione sociale non sono gli individui singoli o i gruppi ma
le classi.
Classe ⇨ insieme di individui che, all'interno di un sistema strutturato di rapporti di produzione, si trovano
oggettivamente nella stessa posizione ed è basata sull’oggettiva possibilità di accesso dei membri alle risorse
economiche e sociali.
L'appartenenza ad una classe è determinata:
 dalla nascita
 dal progetto di socializzazione tipico dei primi anni di vita
 dalle scelte lavorative
Le classi sussistono indipendentemente dalla consapevolezza degli individui di appartenervi, essa è una classe in sé
per l'osservatore esterno.
Quando gli individui assumono consapevolezza di appartenere ad una classe, si sviluppa una classe per sé (identità
oggettiva). Successivamente, solo quando si sviluppa la coscienza di classe, la classe può diventare un soggetto
politico promotore di cambiamenti e rivoluzioni dell’ordine sociale (rivoluzione proletaria). Le contraddizioni
oggettive che emergono dal rapporto tra le forze di produzione e i rapporti di produzione vanno a incidere sul rapporto
conflittuale tra le diverse classi. Ciò provoca la lotta di classe, che viene percepita nei termini di antagonismo tra le
classi dei:
- capitalisti> coloro che hanno la proprietà dei mezzi di produzione;
- proletari> coloro che non hanno altro oltre il lavoro.
Tale antagonismo è la forza motrice dei processi di trasformazione dei sistemi sociali e l'azione rivoluzionaria si fonda
sia sulle condizioni oggettive del contrasto di interessi sia sulla presa di coscienza soggettiva di una comune
appartenenza di classe. Secondo Marx, il proletariato è la forza rivoluzionaria per eccellenza dal momento che gli
operai non sono contaminati dalla proprietà privata, dunque possono costituirsi come la fonte di un processo
innovativo, trasformando così le strutture sociali eliminando la proprietà privata.
*(La lotta di classe è il tema centrale del manifesto del partito comunista)
*[la storia di ogni società sinora esistito è storia di lotta di classi (Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della
plebe)]
Marx riconosce altre classi, oltre a quelle dei capitalisti e dei proletari:
1. proprietari terrieri (possiedono la rendita)
2. capitalisti (hanno la proprietà dei mezzi di produzione, il cui reddito è indicato come profitto)
3. proletari o lavoratori (che non hanno altro che il loro lavoro, compensati con il salario). A fianco dei proletari
esistono anche i contadini, gli artigiani e i piccoli commercianti.
4. il sottoproletariato (che comprende le forze sociali che restano al margine del sistema capitalistico e non
hanno un salario regolare)

La critica delle ideologie


Marx sviluppa una critica delle ideologie. Il termine ideologia prima veniva inteso come l'insieme delle analisi
riguardante l'origine delle idee, la grammatica. Adesso, in Marx, hanno un significato critico diverso ⇨ indica quelle
rappresentazioni e razionalizzazioni illusorie della realtà che servono ad occultare le contraddizioni di quest’ultima e a
legittimare il potere costituito.
La religione, la filosofia, le teorie politiche, morali, economiche sono, per Marx, rivestimenti sovrastrutturali della
disuguaglianza e delle opposizioni oggettive degli interessi di classe ⇨ esse hanno la funzione di giustificare l'ordine
costituito, incanalando le frustrazioni degli individui verso ideali astratti (giustizia, mondo dell'aldilà ecc.) al fine di
allentare le tensioni conflittuali e di mantenere il consenso.
Dietro ogni forma ideologica dominante è possibile cogliere l'interesse delle classi che sono al potere ed è solo
analizzando il rapporto tra una determinata forma ideologica e le strutture dei rapporti di produzione sottostanti che si
rivela la vera natura delle rappresentazioni e delle spiegazioni della realtà naturale e socio-politica. Al pensiero
ideologico, Marx contrappone il sapere scientifico, ovvero la sua stessa teoria, in quanto fondata sull'analisi empirica
oggettiva delle dimensioni reali delle forze e dei rapporti di produzione che sono la base degli effettivi interessi e
rapporti di potere.
*(Ogni ideologia dominante cela l'interesse delle classi al potere.)
L’alienazione
L’alienazione:
- nella dialettica hegeliana> era uno dei momenti essenziali del processo di formazione dell’autocoscienza. ⇨
(il soggetto, semplice coscienza chiusa in sé stessa, deve uscire da sé estraniandosi nell’oggetto, farsi altro e
tornare ad essere sé stesso.)
- per Feuerbach> significato negativo di trasposizione (modificazione della posizione di determinati elementi
all'interno di un ordine preciso) illusoria, nelle forme di rappresentazione simbolica, di qualità proprie
dell'uomo. (es. religione).
- per Marx> mantiene la disapprovazione di Feuerbach ma va intesa in riferimento alla sua teoria del lavoro
come “oggettivazione della vita generica dell'uomo” in cui l'uomo manifesta la sua universalità come
produttore e “vede sé stesso in un mondo fatto da lui”.
La realizzazione dell'uomo è nel suo lavoro, nell'oggetto della sua produzione. L'attività vitale, la quale
realizza l'uomo nella sua essenza, diventa lavoro estraniato grazie alla presenza della proprietà privata. Per
Marx è importante la realizzazione dell'uomo nel suo lavoro perché l'attività lavorativa non è da intendere
come mezzo di vita, ma come la vita stessa. Occorre creare le condizioni perché l'uomo possa mantenere un
rapporto immediato con l'oggetto, e quest'ultimo non venga estraniato come valore di scambio. Se infatti la
produzione, anziché essere considerata una delle possibili forme di mediazione dell’esistenza, viene pensata
come l'attività generica universale dell'uomo allora l'espropriazione delle oggettivazioni prodotte da tale
attività (prodotto) è espropriazione dell'essenza stessa dell'uomo. Sopprimendo la proprietà privata e
l'economia di scambio che rendono mediati rapporti per loro natura immediati, l'uomo potrà riappropriarsi
della propria essenza.
Il comunismo è la vera soluzione del contrasto dell'uomo con la natura e con l'uomo; la vera soluzione del conflitto tra
esistenza ed essenza.
La situazione di alienazione in cui l'uomo si trova è quindi il risultato dell'economia capitalista, fondata sulla
sostituzione del valore d'uso, legato ai bisogni effettivi dell'individuo, con il valore di scambio, che toglie il carattere
immediato del rapporto dell'individuo con il suo oggetto. La produzione procede così secondo una sua logica
indipendente che finisce per imporsi sull'uomo stesso, il quale è diventato strumento nel gioco dello scambio e nella
produzione in vista dell'accumulazione crescente del capitale (per fini propri).
L'alienazione per Marx non è un fenomeno interno al pensiero o una condizione psicologica, ma il risultato oggettivo
delle stesse strutture economiche e sociali. Per superare l'alienazione occorre eliminare la proprietà privata e la stessa
economia di scambio, restituire al lavoratore il controllo diretto dei mezzi di produzione, ristabilire un rapporto
corretto tra attività produttiva e bisogni umani effettivi.
[ ALIENAZIONE E CAPITALISMO
- più oggetti l'operaio produce meno può possederne e tanto più cade sotto il dominio del suo sotto il dominio del suo
prodotto, del capitale.
- l'operaio diventa tanto più povero quando più produce ricchezza. L'operaio diventa una merce tanto più a buon mercato
quanto più crea merci
- se il prodotto del lavoro mi è estraneo, e mi sta di fronte come una potenza straniera, a chi esso appartiene allora? se la
mia propria attività non mi appartiene, ma è estranea e coartata attività, a chi appartiene allora? a un ente altro da me. chi
è questo ente? l'ente estraneo al quale appartiene il lavoro e il prodotto del lavoro può essere soltanto l'uomo stesso. ]
L’influenza di Marx
Marx influenzò Tönnies, Durkheim, Weber e Simmel.
La dialettica di Marx ha avuto una grande influenza sulla sociologia contemporanea ed è importante tener conto le due diverse
anime del marxismo:
- il materialismo dialettico> fondato sul determinismo delle strutture economiche sulle sovrastrutture economiche e sociali
(classe in sé) → marxismo “ortodosso”
- il materialismo storico> che attribuisce alla classe ruolo di soggetto attivo nel cambiamento dell'ordine sociale (classe per
sé) → marxismo “revisionista” e critico. Sono state soprattutto le diverse posizioni di questi ultimi autori a sollecitare la
riflessione sociologica, mentre il marxismo ortodosso è rimasto, per la sua natura dogmatica connessa a precisi interessi
politici, essenzialmente estraneo allo spirito dell'analisi empirica e critica dei fenomeni sociali.
Considerazioni critiche
Interdipendenza tra fattori: Il rapporto di causalità unilineare posto da Marx che considera l'infrastruttura come determinante le
forme sovrastrutturali, solleva non pochi problemi, dal momento che è difficile isolare il dato materiale dalle componenti culturali.
Anche le risorse naturali risultano sempre mediate dalle forme culturali e sociali.
Bisogna tuttavia riconoscere a Marx il grande merito di sottolineare l'impatto dei diversi elementi infrastrutturali sui processi di
trasformazione e sulle caratteristiche assunte dai diversi sistemi sociali, in particolare sui rapporti che intercorrono tra realtà
economica e potere politico. Un'altra considerazione critica sulla doppia natura che può assumere la classe (classe in sé, classe per
sé): presenza di due anime nella concezione marxista, da un lato l'anima positivista propria del materialismo dialettico che
concepisce l'evoluzione dei processi storici come una fatalità indipendente dalla volontà degli individui, dall'altro, l'anima
storicista del materialismo storico che attribuisce alla classe per sé il ruolo di soggetto attivo nel cambiamento dell'ordine sociale.
Tale contraddizione è all'origine dei due diversi modi di sviluppo concreto del marxismo: il materialismo dialettico fornirà la base
del costituirsi in Urss del totalitarismo staliniano, mentre il materialismo storico renderà possibili i diversi sviluppi del marxismo
critico.
Infine, sulla critica dell'ideologia, Marx non riconosce che anche la sua decisione di attribuire ai fattori materiali un ruolo
determinante nei fenomeni storico-sociali deriva da presupposti legati a scelte di valore di natura ideologica. Tuttavia, la critica
delle ideologie inaugurata da Marx resta un momento essenziale per lo studio delle relazioni che intercorrono tra prassi sociale e
forme del sapere e un contributo importante al successivo sviluppo della sociologia della conoscenza.
Capitolo 3
Max Weber: l'agire dotato di senso
Le sue opere furono influenzate da noti uomini della cultura tedesca come Dilthey e Rickert. Weber dopo aver
compiuto i suoi studi universitari conseguì nel 1889 il dottorato a Göttingen e l'abilitazione all'insegnamento nel 1891.
Nel 1893 gli venne conferita la cattedra di economia all'università di Friburgo e tre anni dopo, nel 1896, all'università
di Heidelberg.
La produzione di Weber è caratterizzata dall'interesse per i rapporti tra economia e sociologia, egli ha anche
sviluppato analisi sulle religioni mondiali con una serie di saggi da lui stesso pubblicato col titolo “raccolta di saggi di
sociologia delle religioni”, “l'etica protestante e lo spirito del capitalismo”, in quest'ultimo sosteneva la tesi
dell'influenza che lo sviluppo del protestantesimo avrebbe avuto sull'affermarsi dell'economia di tipo capitalistico.
La teoria di Weber si colloca nelle linee della teoria dell'individualismo metodologico, che considerano la società il
risultato dell'agire congiunto degli individui.
Spiegazione e comprensione
Nella sua opera “Economia e società” Weber sintetizza i risultati delle sue riflessioni metodologiche e teoriche, e dei
suoi studi sociologici, storici, giuridici ed economici. Assume atteggiamenti critici nei confronti delle teorie che
consideravano la società come un sistema autonomo rispetto all'azione dell'individui e osserva che se in altre scienze
(come la biologia) i concetti di organismo e di funzione potevano essere sufficienti, in una sociologia che vuole
interpretare l'azione umana, questi concetti, anche se utili, rischiano di sfociare in un falso realismo, nel caso in cui si
sopravvaluti il loro valore conoscitivo. La specificità della sociologia sta nel fatto che essa, oltre alla semplice
determinazione di connessioni funzionali e di regole (cioè di “leggi”), è volta alla comprensione dell’atteggiamento
degli individui. Nel caso delle società umane non ci troviamo, secondo Weber, soltanto di fronte a processi di
differenziazione connessi a strutture istintive o meccaniche ma ad azioni che sono il prodotto di una razionalità
cosciente (a differenza della società animale). Questa particolare dimensione può essere messa in luce soltanto da una
sociologia che si proponga di intendere il senso in base al quale si determina il comportamento. Weber definisce la
sociologia come una scienza che si propone di intendere in virtù di un procedimento interpretativo l'agire sociale, e
quindi di spiegarlo causalmente nel suo corso e nei suoi effetti.
Il concetto di agire sociale
Per Weber il concetto di agire viene riferito a qualsiasi atteggiamento attivo o passivo congiunto ha un senso
soggettivo. Un agire meccanico o istintivo l'ho rientra nel concetto weberiano di agire. L'agire può essere definito
sociale quando:
- è riferito all'atteggiamento di altri individui
- e determinato nel suo corso
- può essere spiegato in maniera intellettuale in senso intenzionato
La socialità si presenta quindi in Weber come il risultato delle azioni individuali dotate di senso (intenzionate), quando
tali azioni si determinano reciprocamente, ovvero quando ciascun attore tiene conto dell'agire dell'altro, ed è un
riferimento per l'agire altrui. Non si tratta di agire sociale quando si parla di un agire semplicemente uniforme (es.
individui che aprono l’ombrello quando piove) o da quello passivamente influenzato dall’agire di altri (es un individuo
in mezzo ad una folla). Il concetto di senso è riferito a ogni significato elaborato dal soggetto cosciente e che orienta
l'agire di quest'ultimo.
Il soggetto cosciente ⇨ è un individuo relativamente autonomo, in quanto dotato di autoconsapevolezza e di
razionalità, mosso da motivazioni e capace di scelta e di decisione.
I singoli individui partecipano a rappresentazioni comuni che orientano in modo omogeneo il loro agire, consentendo
il coordinamento delle diverse azioni. Tali rappresentazioni (famiglia, stato, lavoro, regole morali ecc. ) non
corrispondono a realtà oggettive e per fare in modo che producono effetti reali è sufficiente la credenza condivisa che
esse corrispondono alla realtà. Appare evidente l'importanza della prevedibilità dell’agire, cioè quella condizione
essenziale per il costituirsi di ogni società, che permette di comprendere e interpretare le azioni degli altri sulla base di
reciprocità. Coerentemente con questo presupposto, Weber definisce la relazione sociale ⇨ come un comportamento
di più individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso e orientato in conformità, esso si fonda
sulla possibilità che si agisca socialmente in un dato modo.
Le forme culturali o simboliche, una volta interiorizzate dagli individui, forniscono la base del reciproco relazionarsi a
partire delle previsioni delle loro conseguenze (origine della doppia contingenza di Parson). Il problema, che si pone
alla sociologia che vuole comprendere e interpretare il senso proprio dell’agire, è quello di conoscere quali siano le
forme codificate del senso, i motivi e le condizioni (le cause) che determinano l’agire degli individui in una concreta
situazione storica. La spiegazione causale è possibile solo se si può stabilire una connessione tra il senso intenzionato
dal soggetto e il suo comportamento in una data situazione. Il senso soggettivo non è l'unica causa del comportamento,
poiché possono essere presi in considerazione anche i condizionamenti materiali, sociali, culturali ma è sempre il
senso (cioè l'elaborazione soggettiva attraverso mediazioni simboliche) che permette di interpretare e comprendere
l’agire.
Le uniformità empiriche dell'agire e i tipi ideali
Vuoi aver precisa che il fatto che lui si riferisca al senso soggettivo individuale non significa assumere una valutazione
individualistica né affermare il prevalere del razionalismo. Il senso intenzionato non è il semplice il risultato di una
scelta individuale, ma è sempre anche connesso alle forme simboliche codificate del “senso comune”. Il senso non è
mai puramente solo soggettivo, ma già da sempre anche sociale. Tale senso deve essere compreso come forma storica
particolare e di per sé autonoma; è impossibile riferirsi, infatti, a credere assoluti di valore o condizioni oggettive
determinanti poiché secondo Weber non si può analizzare l'agire sociale in termini di leggi immutabili, ma solo in
quelli di uniformità empiriche, di costanti statistiche dell'agire, da verificare di volta in volta.
Secondo Weber ogni analisi dei fenomeni sociali parte da un punto di vista specifico dell'osservatore e quindi il
rapporto di causa effetto tra un determinato fattore e un determinato fenomeno sociale, posto in luce da tale punto di
vista, non è l'unico possibile. Da un punto di vista diverso, lo stesso fenomeno può trovare una diversa spiegazione,
infatti, Weber è contrario ad ogni spiegazione dei processi sociali fondati su un fattore considerato come determinante.
Es. ⇨ Weber non contesta la validità del contributo dato da Marx nel mettere in luce l'importanza della struttura
economica-produttiva sulla realtà sociale, ma gli rimprovera di aver considerato questa struttura come l'unico fattore
determinante, anziché riconoscere che il nesso causale che aveva individuato emergeva a partire dal punto di vista
particolare da lui adottato.
Weber, mostrando l'importanza del punto di vista dell'osservatore, ha dato un colpo decisivo ad ogni pretesa di
spiegare fenomeni sociali in modo deterministico partendo da un solo fattore.
Weber recupera la dimensione di avalutatività della sociologia, distinguendo:
 il momento iniziale della ricerca> dove vengono formulate le ipotesi, influenzate dai valori e dagli interessi
dello scienziato sociale;
 il momento successivo impegnato nella verifica delle ipotesi> nel quale possono essere colti i nessi causali tra
i fattori precedentemente isolati, applicando i metodi empirici di rilevazione.
Weber formula i tipi di ideali (Idealtipypen) dell'agire sociale. I tipi ideali sono il risultato di un procedimento di
astrazione concettuale di determinate caratteristiche prevalenti nelle diverse forme dell'agire sociale e permettono di
cogliere certe costanti del comportamento e di interpretarlo in base a categorie più generali. Weber ne distingue
quattro tipi ideali (hanno tutti un senso, ma non sono tutti razionali):
1. Razionale rispetto allo scopo> quando la gira è determinato da aspettative nei confronti di oggetti del mondo
esterno o di altri uomini virgola in relazione a scopi perseguiti razionalmente, secondo il modello mezzi-fini;
2. Razionale rispetto al valore> quando la gira è determinato da credenze consapevoli nell’incondizionato valore
in sé di un determinato comportamento, prescindendo dalle sue conseguenze;
3. Affettivo> quando l'agire è determinato prevalentemente da affetti, emozioni;
4. Tradizionale> quando la gira è determinato da abitudini acquisite;
A differenza di Pareto, Weber non concepisce la razionalità unicamente come modello dell’agire economico
utilitaristico, ma anche come capacità di orientare coerentemente il proprio agire sulla base di principi ideali. Ne
consegue, che l’interpretazione della razionalità non può essere riferita ad un unico modello ma deve essere compresa
secondo il senso intenzionato e il tipo di razionalità operante nel caso concreto.
In sociologia, i tipi ideali non si applicano solo ai comportamenti esterni ma anche a quelli interni. L’attore agisce il
più delle volte “istintivamente” o in base all’abitudine. Secondo la sociologia, l'agire procede in modo consapevole in
base ad un senso.
Il punto di vista dell’osservatore: comprensione e prevedibilità dell’agire
A parte il fatto che l’osservatore attribuisce diversi significati ai comportamenti sociali, si presenta il problema che i
diversi orientamenti, che determinano l'agire, hanno anche oggettivamente gradi di evidenza diversi.
L’agire tradizionale ⇨ può essere compreso solo da un osservatore esterno, che possiede le conoscenze storiche dei
modelli codificati di comportamento consolidati nel tempo di una particolare situazione socio-culturale. Per
comprendere perché un determinato individuo compie determinati atti invece di altri, occorre riferirsi al contesto
culturale nel quale si è formato.
L’agire affettivo ⇨ è la forma più difficile da comprendere per chi non partecipa dello stesso vissuto, (es se non siamo
innamorati non possiamo capire le follie altrui). Quindi diventa fondamentale la capacità di rivivere l'esperienza altrui
ed essere empatici.
L’agire razionale rispetto al valore ⇨ è essenziale la conoscenza simpatetica (che si accorda perfettamente) del
rapporto con un determinato valore.
L’agire razionale rispetto allo scopo ⇨ secondo Weber è quello più evidente per l’osservatore, ed è essenziale per
conoscere le finalità perseguite e i mezzi per raggiungerle. (non sempre l’osservatore azzecca).
L’intelligibilità dell’agire è costruita nell’analisi del rapporto tra il senso intenzionato dell’agente e gli ordini di senso
codificati presenti nella situazione determinata, nonché tra il senso intenzionato dell’agente e il senso cui partecipa
l’osservatore. Al diverso grado di evidenza dei diversi tipi di agire corrispondono anche diversi gradi di prevedibilità
dell’agire stesso da parte dell’osservatore.
I comportamenti più evidenti, come quelli determinati automaticamente dalle abitudini culturali o quelli razionali
rispetto allo scopo, sono anche i più prevedibili. L’agire razionale rispetto al valore e soprattutto l’agire affettivo non
solo sono i più difficili da comprendere ma anche i meno prevedibili.
Più specificamente, la prevedibilità va valutata in riferimento al senso comune partecipato da diversi individui che
fonda la possibilità-probabilità (chance) che si dia un certo comportamento nell'ambito di un determinato processo
relazionale. Tale possibilità presenta gradi diversi di prevedibilità, a seconda che questa sia fondata su semplici
uniformità di fatto, oppure sulla rappresentazione della sussistenza di un determinato ordine legittimo.
 Per uniformità di fatto, Weber intende la presenza di usi, consuetudini di fatto che si presentano come
costume o come usi condizionati da interesse.
 Per rappresentazioni di un ordine legittimo, Weber intende la presenza di convenzioni, la cui validità è
garantita dal fatto che il non osservarle provocherebbe reazioni spontanee di disapprovazione nell'ambito
sociale di appartenenza, nonché ordinamenti giuridici.
Forme di legittimazione e tipi ideali del potere
La forza del carattere impositivo dei vari ordinamenti varia a seconda dei fondamenti della loro legittimità e dei
fondamenti dell'attribuzione a tali ordinamenti di un'effettiva validità. Sulla base delle diverse forme di legittimazione,
Weber costruisce tre tipi ideali di potere, distinguendo tra:
1. Potere tradizionale> quando la legittimazione del potere è fondata sulla credenza nel carattere sacro di
tradizioni ritenute valide da sempre;
2. Potere carismatico> quando la legittimazione è fondata sul carisma come una qualità personale a un
particolare individuo, credenza nel carattere sacro, nella forza eroica o nella virtù esemplare di una persona;
3. Potere legale, quando la legittimazione è fondata sulla credenza nella legalità di ordinamenti giuridici
razionalmente costituiti e nel diritto attribuito a determinate persone di esercitare il potere sulla base di tali
ordinamenti.
La condizione di prevedibilità dell'agire come fondamento importante del relazionarsi reciproco degli individui in
unità sociali (comunità) presenta vari gradi di stabilità e certezza, a seconda del grado di rigidità della codifica del
senso partecipato e dalla presenza dei meccanismi di controllo volti a garantirne l'osservanza. Se la concezione di
società vede nel consenso sociale una dimensione essenziale cioè ⇨ per relazionarsi con altri individui è essenziale la
prevedibilità dell’agire, ciò non esclude il riconoscimento del carattere normale del conflitto.
Conflitto ⇨ definito come relazione sociale che emerge quando “l’agire è orientato in base al proposito di affermare il
proprio volere contro la resistenza di un altro o di altri individui”.
Il conflitto può essere:
- Pacifico> quando manca la violenza fisica;
- Violento> quando si rifiutano le regole e viene meno la reciprocità e si arriva fino all’annientamento della vita
dell’avversario.
Weber ha analizzato l’apparato della burocrazia e la connessione con il potere di tipo legale: per burocrazia si intende
⇨ lo sviluppo delle forme di organizzazione delle attività amministrative di un gran numero di funzionari, secondo
criteri di razionalità ed efficienza funzionale, con rilevanza di leggi e regolamenti; gerarchia delle funzioni;
separazione tra funzione e individuo.
La burocrazia lascia pochissimo spazio all'autonomia individuale per questo, la burocrazia appare a Weber ⇨ il
risultato dell'estendersi dei principi di una razionalità strumentale che rischia di limitare la libertà degli attori sociali.
Religione e secolarizzazione
Weber ha dato un importante contributo all’analisi del rapporto tra religione e società. Ha individuato la funzione
originaria del pensiero religioso che risponde agli interrogativi fondamentali della vita.
La religione costituisce la base fondamentale della cultura di ogni società. Col tempo si è arrivati alla formulazione di
religione della salvezza (cristianesimo, islamismo ecc.) che regolano la vita quotidiana dei credenti e hanno favorito
l’affermarsi di una razionalità secolarizzata.
Nell’opera “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, Weber, sostiene la tesi della riforma protestante nella
versione calvinista, che aveva avuto un’influenza rilevante nella formazione del nuovo spirito capitalista. Il
capitalismo è caratterizzato dalla produzione economica orientata ad un profitto che non viene impiegato solo per
migliorare il tenore di vita ma per essere reinvestito verso maggiori profitti (Come già sosteneva Marx la logica del
capitalismo non è orientata al valore d'uso bensì al valore di scambio quindi di conseguenza aumenta la produttività
che anziché essere collegata a vere esigenze, finisce per indurre sempre nuovi bisogni).
Secondo la tesi weberiana, il protestantesimo avrebbe favorito la nuova impostazione attraverso l'accentuazione,
rispetto alla tradizione cattolica, della dimensione ascetica e attraverso la rivalutazione del valore religioso del lavoro
considerato come Beruf, un termine che può voler dire, allo stesso tempo, sia vocazione che professione. Weber
mostra come il cristianesimo, a differenza di tutte le altre religioni, conteneva valori volti a promuovere
l'individualismo e l'atteggiamento attivo nei confronti del mondo. Il protestantesimo accentua quest’ultimi due valori e
pone l’individuo in rapporto diretto con Dio senza la mediazione dell’istituzione ecclesiastica e considera l’impegno
nelle attività mondane come un dovere connesso alla stessa condizione terrena. La salvezza nell’aldilà non è
conseguente alle opere buone che un individuo compie, ma unicamente alla predestinazione decisa da Dio. Mentre
nella tradizione cattolica la ricchezza viene vista come un ostacolo per la salvezza, nel protestantesimo il successo
nell’attività economica assume il valore di una conferma indiretta dell’elezione divina, cioè segno di predestinazione
alla salvezza.
Successivamente, il processo di secolarizzazione è venuto gradualmente a perdere il nesso dell’attività economica con
la fede, favorendo l’affermazione della razionalità strumentale, visto come un processo di disincanto del mondo, una
fatalità che minaccia di ridurre l'intera dimensione della vita umana all'unica funzione dell'efficienza produttiva.
Analizzare l'influenza che ha avuto la spiritualità cristiana, e in particolare quella protestante, sullo sviluppo
dell'economia capitalista non vuol dire assumere la religione come fattore causale determinante di tale sviluppo ma
soltanto
privilegiare un punto di vista che consente di mettere in luce un aspetto specifico significativo all'interno del processo
storico considerato.

Considerazioni critiche
La teoria dell’azione sociale presenta una maggiore apertura (rispetto, per esempio, a Durkheim) verso un
riconoscimento del carattere ambivalente dell’agire nel suo rapporto con le forme di mediazione simbolica. A
differenza di Durkheim, per Weber l'analisi del rapporto azione-cultura e dei processi attraverso cui si costituiscono le
condizioni di prevedibilità dell’agire, apre il problema della conservazione dell’autonomia individuale. Egli individua
la contrapposizione tra scienza e azione ⇨ la scienza non potrà mai esaurire gli elementi di imprevedibilità e di
irripetibilità quindi Weber lascia agli attori sociali l'intera responsabilità delle scelte politiche e sociali.
Sulla base di ciò, Weber formula la sua distinzione tra:
- etica della responsabilità> che procede da valutazioni concrete riguardo le conseguenze dell'agire sociale;
- etica della convinzione> la quale si determina in base all' osservanza di principi senza tener conto delle
conseguenze.
Capitolo 4
Georg Simmel: le forme sociali
Georg Simmel dopo aver conseguito la laurea in filosofia conseguì l’abilitazione all’insegnamento universitario. La
sua produzione affronta temi non solo sociologici e psicologici ma anche filosofici ed estetici, rendendo difficile una
collocazione sotto una qualunque etichetta. Tuttavia Simmel sviluppa una critica alle teorie del positivismo organicista
ed evoluzionista. Ebbe in particolari rapporti con Weber e come lui, rifiuta la concezione della società come un tutto
organico che precede gli individui. Non condivide la società sui generis di Durkheim.
La società, per Simmel, è ⇨ il risultato delle relazioni reciproche degli individui:
- l’azione sociale sorge sempre da impulsi o per determinati scopi. Gli impulsi fanno in modo che l’uomo entri
in rapporto con altri, in un agire l’uno per l’altro. Queste azioni reciproche significano che da individui
costituiti da impulsi sorge un’unità, cioè la società.
La società viene così realizzata dai suoi elementi perché sono coscienti e sinteticamente attivi.
I presupposti della conoscenza
Le unità sociali sono ⇨ il risultato diretto dell'agire individuale.
Per analizzare e conoscere tali unità il sociologo deve tuttavia procedere attraverso astrazioni e selezioni, facendo uso
di categorie che sono proprie dell'intelletto umano.
Simmel riconosce che gli a-priori della conoscenza non hanno un’origine sociale o convenzionale, per tanto, ritiene
che siano convalidati dalla loro utilità pratica sperimentata a contatto con le condizioni concrete della vita. Il
riconoscimento della presenza di a-priori della conoscenza configura la posizione simmeliana, in maniera simile a
quella weberiana, come una concezione non realista della conoscenza ⇨ nel senso che quest'ultima non viene
considerata come il rispecchiamento neutrale e oggettivo della realtà esterna, bensì come il risultato sempre parziale di
un'attività costruttiva dell'individuo conoscente.
Il rapporto tra idee e strutture sociali è un’influenza reciproca tra le due dimensioni: la conoscenza nasce:
- all'interno di condizionamenti sia naturali che sociali
- ma è anche il risultato di un'attività soggettiva relativamente autonoma.
I sistemi di idee possono influenzare profondamente la vita sociale e gli stessi rapporti economici, ma anche la
struttura materiale può influenzare i sistemi di idee e gli stili di vita.
Simmel sottolinea che le idee hanno una dimensione creativa e non sono, come credeva Marx, un puro riflesso dei
condizionamenti sociali, anche se questi possono incidere sulla possibilità o meno che le idee hanno di affermarsi
nelle situazioni sociali. Inoltre, mantiene sempre il riferimento alla libertà dello spirito umano, in quanto l'individuo
conserva una sua relativa autonomia nella risposta a questioni che sono per lui vitali. Contrariamente a Marx, Simmel
ritiene quindi che le ideologie non siano il prodotto illusorio di una falsa coscienza. Un'ideologia può essere valutata
positivamente nella misura in cui è il risultato di una scelta, di un punto di vista particolare, oggettivamente rilevante
per l'interpretazione di una situazione specifica.
Le forme sociali
Simmel dice che per analizzare e comprendere le unità sociali, la sociologia deve procedere attraverso astrazioni e
selezioni, cioè deve costruire il suo oggetto, assumendo un punto di vista particolare nei confronti dei fenomeni
sociali. Pertanto, propone di mettere in evidenza le forme di relazione che vengono a stabilirsi nei rapporti tra gli attori
sociali. Simmel distingue:
- Forma ⇨ cioè i diversi modi attraverso i quali gli individui stabiliscono le loro interazioni, le forme
permettono di strutturare la materia prima nelle istituzioni, gruppi, ecc.;
- Contenuto ⇨ tutto ciò che è presente negli individui come impulsi, interesse, scopi ecc. Costituisce la materia
prima dell’associazione.
Invece di fissare delle leggi generali dell’agire sociale, mette in evidenza i modi in cui le unità sociali vanno a
formarsi attraverso la dinamica complessa delle azioni e delle relazioni reciproche degli individui. Gli individui
vengono considerati, da Simmel, come il risultato delle relazioni sociali e oltre alla possibilità di analizzare gli
elementi che li compongono, possono essere considerati come parti di unità più ampie.
I fatti sociali, per Simmel, come per Durkheim, non sono riconducibili solo a cause psicologiche, ma anche alle forme
sociali che sono dotate di una propria dinamica.
La società è strutturata in posizioni che prescindono dagli aspetti personali e gli attori sociali stabiliscono le loro
relazioni sulla base di aspettative socialmente strutturate e di ruoli codificati. L'origine delle forme dell’interazione
sociale non si trova in particolare nelle azioni individuali e nel loro confronto, bensì nella struttura stabile delle
relazioni.
La tendenza delle forme a rendersi indipendenti dai contenuti, spiega l’interesse di Simmel per le forme del gioco,
poiché esse essendo disimpegnate dagli interessi, imitano le modalità delle relazioni umane, mettendo in evidenza
forme di relazione allo stato puro.
Simmel analizza l’incidenza del numero degli individui nelle forme concrete di associazione (gruppi, comunità,
organizzazioni) e sviluppa anche un’analisi dei determinati tipi sociali, come lo “straniero” e il “povero”.
La filosofia del denaro
Simmel ha dato una sua interpretazione della crisi della società moderna e nell’importante opera “La filosofia del
denaro” egli analizza gli effetti culturali e sociali provocati dallo sviluppo dello scambio economico fondato sul
denaro, considerato come forma di interazione sociale.
Il denaro, per Simmel, è la migliore dimostrazione del carattere simbolico del sociale, ovvero del fatto che il sociale è
fondato su credenze collettivamente condivise. Il denaro ha avuto conseguenze sullo stile di vita, favorendo:
- Il carattere astratto e anonimo dei rapporti intersoggettivi;
- la presa di distanza dalle cose e dalla natura;
- l’accelerazione dei ritmi di vita e la mobilità spaziale.
Il denaro ha provocato un aumento della complessità sociale, creando problemi di insicurezza negli individui, che
hanno la sensazione di non avere più controllo delle conseguenze delle loro azioni.
A differenza dell'artigiano, l'operaio industriale generalmente non conosce la destinazione ultima del prodotto del suo
lavoro. Ne consegue che il denaro se da un lato favorisce l’affermarsi dell’individualismo, dall’altro provoca «la
continua oggettivazione dei rapporti, l’eliminazione di ogni tinta e di ogni orientamento personali».
La preminenza dello scambio economico astratto ha una diretta influenza sulla percezione della mancanza «di
qualcosa di definitivo nel centro dell’anima» che spinge a ricercare sempre nuovi stimoli, emozioni, soddisfazioni.
Quando gli oggetti che desideriamo appaiono vuoti del loro valore e assumono un valore basato sul denaro e sui
sacrifici che siamo disposti a fare per ottenerli si diventa incapaci di percepire il nesso valore-desiderio, in quanto il
valore è oggettivato nel prezzo di mercato. Simmel pone in rilievo i profondi scompensi presenti nella società
moderna, dando un sostanziale contributo nell’analisi dei processi di oggettivazione che erano stati interpretati da Max
in termini di alienazione, e da Weber in termini di domino della razionalizzazione strumentale.

Il rapporto individuo-società e l’ambivalenza delle forme di determinazione culturale


La società è il prodotto incessante dei processi intersoggettivi di rappresentazione attraverso cui si consolidano nel
tempo le forme codificate delle relazioni reciproche. L’ambivalenza della situazione sociale dell’individuo che, pur
orientato al rapporto intersoggettivo, non può mai essere completamente integrato nell’ordine sociale. Vi è
nell'individuo una dimensione che non è rivolta alla società e non si risolve in essa. Questa dimensione non deve
essere intesa come qualcosa che sta semplicemente accanto alla parte socialmente significativa dell’individuo, bensì è
intimamente unita con essa ed anzi costituisce la condizione positiva della possibilità che l'individuo di partecipare
alla vita sociale stessa. L’ambivalenza della posizione dell’individuo nei confronti della società, come un “essere per
essa e un essere per sé” spiega il fatto che l’individuo, pur essendo compreso e, in parte, costituito nell’ordine sociale,
può anche contrapporsi a quest’ultimo. Si mostra così la tensione che c’è nel rapporto tra individuo e società e la
relazione ambivalente dell’attore sociale con le forme di rappresentazione simbolica, i valori e le regole che, se da un
lato assicurano la necessaria prevedibilità nelle interazioni reciproche, dall'altro minacciano di alienarlo da ciò che
appartiene alla sua vita.
Ancor più che in Weber, l’ambivalenza delle forme di determinazione emerge con forza nella teoria sociologica di
Simmel fino a diventare il nucleo centrale delle sue analisi. Influenzato da Nietzsche, Simmel sviluppa una concezione
tragica della cultura sottolineando “l'effetto inquietante” prodotto da quest'ultima in quanto fissazione della vitalità in
forme oggettivate. Se è vero che tali forme sono il prodotto della creatività della vita, questa poi tende ad
abbandonarle in quando non riesce più in esse. L'immenso valore della vita costituisce un presupposto essenziale dai
molteplici punti di vista attraverso cui Simmel tenta di mostrare la natura complessa dei fenomeni sociali. Al contrario
di Nietzsche che tende a considerarle soltanto come forme repressive rispetto alla vita, egli non demonizza le forme di
oggettivazione culturale bensì le riconosce quali momenti necessari alla costruzione della realtà sociale. È nel rapporto
con tali forme che si sviluppa l'esperienza umana. La necessità delle forme di determinazione viene riconosciuta nel
momento stesso in cui viene sottolineato il loro carattere riduttivo rispetto alla complessità della vita: il continuo
mutamento dei contenuti della cultura è infatti considerato da Simmel ⇨ conseguenza dell’infinita fecondità della vita,
ma anche della contraddizione in cui sta il suo eterno divenire e mutarsi davanti alla validità delle sue manifestazioni e
forme, con le quali e nelle quali essa vive. Simmel, prendendo le distanze da Nietzsche, critica la tendenza presente
nella cultura moderna a volersi liberare da ogni determinazione dal momento che la vita deve sempre muoversi entro
le forme, la vita non può manifestarsi nella sua nuda immediatezza, ma può solo sostituire una forma con un'altra, non
mai la forma in generale con la vita stessa, così come esiste al di là della forma.
La crisi della modernità
Simmel critica la modernità interpretandola ⇨ l’epoca nella quale il concetto di crisi appare come normalità, dovuto
alla predominanza dello spirito oggettivo sullo spirito soggettivo (ipertrofia e atrofia della cultura).
Simmel pone in evidenza che nella società moderna un’immensa quantità di rappresentazione e significati culture
diversi è venuta oggettivandosi in cose e conoscenze, istituzioni e comodità fino a creare un «regresso della cultura
degli individui in termini di intelligenza, di delicatezza, di generosità». Per questi motivi, l’attore sociale appare
sempre meno in grado «di fronteggiare lo sviluppo lussureggiante della cultura oggettiva» ed è ridotto a un granello di
polvere di fronte ad un’immensa organizzazione di cose, che gli sottraggono tutti i progressi, gli ideali e i valori.
Passano da una forma soggettiva ad una forma oggettiva.
Per le sue caratteristiche, la modernità, appare come l’epoca definita “epifania della condizione umana”, cioè vi è la
tensione del rapporto tra individuo e società, il conflitto tra il bisogno di autorealizzazione dell’individuo e il suo
essere sociale. (nel contesto della metropoli).
Simmel afferma che la società contemporanea sembra perdere la sua unità e diventare incapace di mediare rapporto tra
vita individuale e vita pubblica.

Considerazioni critiche
Simmel, fra i teorici classici della sociologia risulta essere quello che ha saputo meglio mettere in evidenza la
complessità degli elementi in gioco nella dinamica sociale. Egli, riferendosi alla dimensione esistenziale
dell’esperienza umana, tiene conto degli elementi emozionali delle insicurezze che caratterizzano il comportamento
degli attori sociali. nella sua interpretazione della crisi della modernità mostra questa ambivalenza nelle tensioni che
caratterizza il rapporto tra individuo e società. Evidenzia così che l’ambivalenza non è presente solo nel rapporto tra
l’agire soggettivo e le forme di determinazione, ma anche all'interno di quest'ultima: l’eccesso di oggettivazione in
quanto assolutizzazione indebita di determinazioni in sé sempre riduttive provoca la distruzione nella stessa funzione
di mediazione.
L’eredità di Weber e di Simmel
Weber e Simmel hanno influenzato molti autori, come:
 il sociologo tedesco Tonnies, noto per la sua distinzione fra i concetti di comunità e società;
Per Tonnies:
a) La società pre-industriale era caratterizzata dalla volontà organica, ovvero dalla supremazia dei
vincoli naturali connessi alla vita biologica, all’istinto e al piacere;
b) La famiglia aveva un ruolo centrale, nella comunità, rappresentava il modello privilegiato per la vita.
c) Le norme erano fondate su: costume, tradizione e religione.
d) Nella società prevale la volontà convenzionale, ovvero il prodotto delle intenzionalità individuali
orientate alla razionalità strumentale.
 Sombart, il quale sviluppa una critica del mondo capitalistico e della borghesia industriale e finanziaria:
a) Distinzione tra cultura oggettiva (insieme di modelli e norme in una data epoca storica) e soggettiva
(cult. di ogni individuo);
b) La tecnica.
 Mannheim, che ha avuto soprattutto il merito di sviluppare la sociologia della conoscenza;
 Elias, il quale si ricollega alla tradizione di Weber e Simmel nelle sue analisi storiche sociologiche riguardanti
il processo di civilizzazione che ha caratterizzato la modernità.
Capitolo 9
L’interazionismo simbolico
GEORGE HERBERT MEAD
La teoria sociale di George Herbert Mead, che verrà poi definita “interazionismo simbolico”, presenta elementi che
l'avvicinano sia al funzionalismo sia allo strutturalismo, ma il suo apporto più specifico riguarda l'analisi dei processi
di costituzione della soggettività e dei significati simbolici. Può essere considerata, in linea di continuità con la teoria
weberiana dell'agire sociale, costituendo un momento di transizione fra la teoria weberiana dell'agire sociale e i
successivi sviluppi della sociologia fenomenologica. Il suo insegnamento teorico si sviluppò nell’università di
Chicago, dove era attivo il dipartimento di sociologia, nel quale lavoravano diversi sociologi, tra cui William T.
Thomas.
Lui aveva impostato la ricerca sociale come analisi degli atteggiamenti e dei valori che influenzano il comportamento
sociale sulla base:
- del concetto di attenzione> atteggiamento mentale che prende nota del mondo esterno e lo manipola;
- del concetto di definizione della situazione> rappresentazioni in base alle quali gli individui valutano una
determinata situazione e si predispongono di conseguenza all’agire.
Thomas era del parere che per interpretare l'agire sociale è importante conoscere le percezioni soggettive, le credenze
e le convinzioni in base alle quali un certo aspetto viene ritenuto un reale dagli individui che agiscono nella situazione
stessa.
Cooley, amico di Mead, sottolinea l'importanza delle immagini che gli individui hanno di sé e degli altri, in quanto
elementi costitutivi della realtà sociale. Egli mostra che l'esperienza vissuta nei vari gruppi determina il modo in cui
gli individui percepiscono sé stessi e gli altri, dunque le loro relazioni sociali. Mead sviluppa la sua teoria dei processi
di interazione in un contesto culturale caratterizzato dalla teoria comportamentista di Watson e di quella pragmatista di
James. È evidente in lui influenza di Baldwin e Kohler. Mead pur definendo la sua teoria come “comportamentismo
sociale” assume una posizione di critica nei confronti della teoria behaviorista (cioè del comportamentismo) che
limitava l'analisi scientifica soltanto alle manifestazioni comportamentali esterne degli individui.
Williams James aveva già mostrato che il rapporto tra soggetto e oggetto, tra coscienza e mondo esterno sono
dimensioni che interagiscono tra di loro. Mead pensa che sia inadeguata a spiegare la genesi delle idee e degli stessi
soggetti. Wuntd pensava il sé soggettivo come antecedente ai processi sociali della comunicazione mentre al contrario
Mead ritiene che siano proprio i sé oggettivi a dover essere spiegati a partire dal processo sociale e del fenomeno
primario della comunicazione.
Mente, sé, società
Al centro della riflessione di Mead vi è il problema dei processi in base ai quali si costituiscono i soggetti sociali
(Self), emerge la dimensione della mente e del pensiero (Mind) e si forma l'organizzazione sociale (Society). Queste
tre dimensioni sono analizzate da Mead come aspetti di un tutto unico, senza che si possa considerare ciascuno degli
elementi separatamente dagli altri. Il rapporto individuo-mondo, interno-esterno, deve essere pensato come riferito a
una struttura comune.
Il comportamento esterno ha la sua fase iniziale negli atteggiamenti interni, ma è anche vero che all'interno si trovano
elementi che derivano dall'esterno. In psicologia sociale, secondo Mead, la condotta individuale deve essere spiegata a
partire da comportamenti organizzati del gruppo sociale: la società come totalità è quindi anteriore all'individuo che ne
è parte. Mead considera l'atto sociale come un tutto, non quindi semplicemente, come nel comportamentismo, in base
allo schema stimolo-risposta, ma come processo organico complesso, nel quale ogni elemento può essere compreso
solo se considerato nella sua interazione circolare con tutti gli altri elementi. Mead imposta la sua teoria della
comunicazione prendendo in considerazione il fenomeno della gestualità. La vita sociale è resa possibile dall'
interazione tra individui dello stesso tipo. L'interazione è resa possibile dalla comunicazione di significati comuni ai
diversi individui. L'espressione più elementare della comunicazione, anche negli animali, è il gesto. L’interazione è la
realizzazione di un vero e proprio atto sociale comune, un “fatto primario” a partire dal quale si possono spiegare i
diversi comportamenti. Il gesto è al tempo stesso un atteggiamento esterno osservabile è un atteggiamento interno che
però, in quanto si scatena come reazione a uno stimolo, ha un carattere automatico non intenzionale. Il gesto esprime
anche un significato, diventa simbolo di una volontà definita e si trasforma in linguaggio.
Il pensiero nasce quando l’individuo può sviluppare con sé stesso una conversazione interiorizzata (analoga a quella
che intrattiene con gli altri). Il gesto interiorizzato è un simbolo significativo, in quanto ha lo stesso significato per
tutti gli individui di una data società o di uno stesso gruppo sociale, ed è all'interno di questo senso comune
partecipato che si sviluppano anche il pensiero cosciente e il rapporto dell’individuo con il suo sé. Mead dimostra
l'intima connessione tra interno ed esterno che caratterizza l'agire umano, senza che sia possibile distinguere i due
momenti o considerarli paralleli. La base del senso comune è sempre l'interazione sociale, in quanto il significato del
mio gesto mi diviene chiaro solo nella reazione che esso provoca nell'altro, ma il fatto che io possa coscientemente
attivare tale significato mi consente di universalizzare il significato e di elaborarlo autonomamente, sullo sfondo di un
contesto generale di riferimento che Mead chiama “l'altro generalizzato”. Il gesto simbolico o linguaggio permettono
di scegliere i significati e di controllare la comunicazione, modificandola: è questo il fenomeno che Mead definisce
mente o intelletto. La mente emerge non come semplice struttura interna dell’individuo ma come risultato di un
processo sociale di interazione mediato simbolicamente.
La riflessività della mente permette di comprendere come si forma la personalità individuale ⇨ il Sé è il risultato
dell’oggettivazione che l’individuo opera di sé stesso, nel momento in cui considera sé stesso nel medesimo modo in
cui lo considerano gli altri. Il Sé si costituisce:
 attraverso i rapporti concreti che l’individuo ha con gli altri
L'immagine che l'individuo ha di sé è quindi il prodotto della sua esperienza sociale e delle forme di mediazione
simbolica di questa esperienza.
Mead pone in evidenza la funzione del gioco per la costruzione del sé ⇨ il bambino, attraverso il gioco spontaneo,
tende ad assumere ruoli diversi imitando quelli degli adulti. In questo stadio, il bambino non ha ancora, secondo
Mead, un sé formato in quanto vive in maniera separata i diversi ruoli che assume di volta in volta. Successivamente
impara a giocare anche in gruppo secondo delle regole e diventa capace di assumere ruoli diversi all’interno di un
unico insieme. A questo punto percepisce sé stesso come unità, mediante l'esperienza che di questo sé gli altri gli
rinviano.
L’atteggiamento della comunità come “altro generalizzato” e il controllo che essa esercita sul comportamento dei suoi
membri diventano un fattore determinante riguardo al tipo di rapporto che il soggetto intrattiene con il suo sé. Mead
distingue tra:
- coscienza> termine che si riferisce soltanto al campo dell'esperienza
- autocoscienza> come capacità di sollecitare in noi stessi un insieme di risposte determinate che sono proprie
degli altri individui del gruppo (l'autocoscienza non riguarda soltanto l'atteggiamento verso il proprio sé ma
l'insieme degli atteggiamenti verso gli altri).
Il rapporto tra io e me
Il Sé, l’unità della personalità, comprende due momenti distinti:
 Io> è un principio attivo che sfugge ai nostri tentativi di definizione: noi riusciamo a cogliere il nostro io solo
sotto forma di personaggio storico e non come io di un me e nonne nella sua immediatezza. Esso è la risposta
dell’organismo agli atteggiamenti degli altri. La reazione individuale al Me organizzato.
 Me> l’insieme organizzato degli atteggiamenti degli altri che l’individuo assume come propri.
La società umana per Mead è ⇨ un fenomeno di comunicazione, mediante forme simboliche codificate dell'agire che,
fondando i significati condivisi e i comuni processi di formazione degli individui, garantiscono l'ordine sociale.
Le istituzioni sociali sono ⇨ “forme di attività sociale organizzata”, che consentono ai singoli individui di assumere
atteggiamenti generalizzati comuni.
Il punto di incontro tra individuo e società è rappresentato dal ruolo ⇨ insieme di comportamenti organizzati in vista
dell’espletamento di funzioni sociali specifiche.
Società ideale ⇨ comunità democratica integrata, pluralistica e cooperativistica, non conflittuale e non competitiva,
sufficientemente differenziata e con un'adeguata organizzazione degli atteggiamenti comuni.
Tale organizzazione è il presupposto per lo sviluppo di capacità creative dell'Io individuale.
Considerazioni critiche
La teoria di Mead ha contribuito alla comprensione della natura del soggetto sociale:
- prodotto dei processi della comunicazione sociale e delle forme di mediazione simbolica presenti in un lato
contesto socioculturale (in quanto me)
- un principio attivo di elaborazione e di trasformazione creativa delle stesse forme (in quanto io).
Il riconoscimento dell'importanza del suo contributo teorico si è ampliato col tempo grazie a Herbert Blumer, il quale
accento all'importanza dell'attività interpretativa dei singoli soggetti nella situazione particolare, dal punto di vista
dell’interazione simbolica l'organizzazione di una società è la cornice entro cui ha luogo l'azione sociale. Tale
organizzazione è il risultato delle attività di unità agenti.

Capitolo 13
Aspetti metodologici e funzioni della ricerca sociologica
La riflessione teorica in sociologia è orientata all'osservazione dei fenomeni sociali concreti all'interpretazione dei
processi che li determinano. Il campo della ricerca sociologica è vasto e comprende i rapporti interni alla famiglia, ai
gruppi sociali, le classi ecc. Il sapere sociologico ha un suo punto di riferimento che costituisce la base comune delle
osservazioni e delle rivelazioni empiriche. Ciò che studia la sociologia sono le interazioni tra i soggetti, in quanto
costituiscono di unità sociali, nel loro rapporto con le forme di mediazione simbolica e con le condizioni materiali
dell'esistenza. Per osservare i fenomeni sociali concreti e interpretare i processi che li determinano è essenziale la
ricerca empirica, attraverso gli strumenti e le tecniche di rivelazione dei dati.
Nella ricerca empirica la complessità dell’oggetto di studio viene ridotta tramite le ipotesi specifiche riguardanti
aspetti parziali della realtà sociale: la funzione delle ipotesi si situa così in una posizione intermedia fra:
- teoria> che è formata dall’esperienza pratica nel suo rapporto con le tradizioni di pensiero e con le forme
simboliche che l’hanno mediata;
- ricerca>che deve di necessità di rivolgersi a situazioni concrete più limitate.
Le ipotesi nascono quindi come risultato dell'incontro tra determinati schemi concettuali a carattere astratto (teoria) e
determinate conoscenze empiriche non ancora verificate scientificamente e come anticipazioni di relazioni esistenti tra
elementi o fenomeni diversi. Le ipotesi costituiscono delle domande delle tre supposizioni circa le possibili risposte a
quelle domande che lo scienziato formula in base all' esperienza teorica e pratica precedenti e alla percezione attuale
che egli ha della realtà che gli sta di fronte. Le ipotesi hanno un'influenza determinante nell’orientamento del piano di
osservazione e nella scelta di elementi da considerare come degli indici di misurazione (es le scale) e degli strumenti
di rilevazione della ricerca (es questionari).
La ricerca empirica non da una pura risposta tautologica (una risposta logica) e nemmeno serve per mettere in
discussione le ipotesi ma è ⇨ il risultato di un’attività interpretata dall'osservatore. Per questo è difficile capire fino a
che punto la dimensione imprevista, che emerge dalla ricerca, sia dovuta all'esperienza empirica diretta oppure al
modo di osservare la realtà. Inoltre, un'ipotesi che sia stata verificata empiricamente non conferma necessariamente la
teoria generale da cui essa è derivata né un'ipotesi falsificata pone necessariamente in crisi tale teoria.
1. Ricerca empirica di tipo tautologico> nelle quali le ipotesi determinano i risultati, selezionando solo quei fatti
che sono atti a confermarle. (determinatezza carattere riduttivo delle ipotesi e definizione dei risultati della
ricerca)
2. ricerca empirica aperta nuove scoperte> in cui vi è il confronto con aspetti che contraddicono le ipotesi di
partenza. (indeterminatezza- complessità fenomenica)
Il carattere di predeterminazione non può mai essere eliminato interamente poiché è appunto questo che viene a
costituire l'oggetto della ricerca, ma sussistono differenze di grado rispetto a tale predeterminazione in relazione sia
all'ampiezza delle procedure di verifica sia alla flessibilità e la riadattabilità nell'uso degli schemi interpretativi.
Il risultato ottenuto avrà una validità parziale e provvisoria ovvero “solo fino a prova contraria” cioè fino a quando ci
sarà una diversa interpretazione dell’esperienza. Bisogna distinguere su quali basi venga fatta la distinzione tra ricerca
quantitativa e qualitativa, così come quella tra livello macro e micro della sociologia.
Distinzione tra: (hanno entrambi un carattere soggettivo)
 ricerca quantitativa> sono comprese le ricerche nelle quali più vistoso è l'apparato statistico riguardanti i dati
oggettivi
 ricerca qualitativa> si tiene conto di atteggiamenti di tipo soggettivo e degli orientamenti di valore
Distinzione tra i livelli di ricerca: (hanno entrambi un carattere soggettivo)
 micro> ricerche che si riferiscono a contesti più specifici
 macro> ricerca che riguardano l'insieme della società o forme di organizzazione più ampie.
Il problema della validità scientifica della ricerca
La scienza ha il compito di individuare regolarità strutturali atte a consentire l'anticipazione sistematica dei fenomeni
in base a principi di spiegazione e di previsione espressi in forma di leggi generali o di teorie. Secondo Hempel la
conoscenza scientifica ha due obiettivi specifici:
- la descrizione dei fenomeni particolari che hanno luogo nel mondo dell’esperienza. Comporta l'esigenza di
modificare l'apparato concettuale di senso comune in modo da estendere la portata del sistema teorico. In
questo ambito nasce la necessità di individuare criteri e forme di classificazione e di misurazione dei fenomeni
osservati e di sviluppare analisi di tipo comparativo tra fenomeni analoghi in situazioni diverse.
- la definizione di principi generali che consentano di spiegare e prevedere quegli stessi fenomeni.
Hempel distingue due modelli di spiegazione in base alle leggi generali:
- il modello nomologico-deduttivo> in cui un determinato evento viene spiegato in base a eventi o stati
precedenti e a leggi note: la conoscenza degli antecedenti e delle leggi consente di prevedere con certezza un
determinato evento. In questo caso si può parlare di un risultato necessario.
- modello probabilistico-induttivo> in cui l'evento singolo viene spiegato a partire dall'ipotesi che è altamente
probabile che, date certe condizioni un determinato evento si verifichi. In questo caso il risultato può anche
non verificarsi. Questo modello serve a spiegare i fenomeni sociali poiché l’agire umano non può essere
ridotto a rapporti di tipo causale.
Il concetto di casualità può essere inteso sia come condizioni necessarie che determinano l'agire, sia in senso
teleologico, ovvero degli esiti intenzionali dal soggetto che possono seguire schemi motivazionali di tipo razionale
oppure seguire le regole.
La generalizzazione è uno dei requisiti di validità della conoscenza scientifica in quanto forma di sapere che per sua
natura comporta l'individuazione di regolarità e la previsione dei fenomeni. La ricerca sociale incontra notevoli
difficoltà nel pervenire a generalizzazioni del tipo di quelle formulate nelle scienze fisiche.
 Mentre le unità di analisi delle scienze fisiche non cambiano, le unità di analisi delle scienze sociali variano a
seconda del tempo e dello spazio e sono scarsamente rappresentative rispetto all'universo.
 Nelle scienze sociali il grado di accordo della comunità scientifica nel definire, sul piano sia lessicale sia
operativo, i concetti relativi alle variabili analizzate, è generalmente molto basso, ciò rende anche improbabili,
oltre alle classificazioni, le comparazioni tra situazione socioculturali diverse.
I limiti che la sociologia incontra non sono tutti da riferire alla giovane sociologia, ma sono dovuti in parte alla natura
dei fenomeni sociali. La teoria in sociologia appare come l'individuazione di categorie generali proprie della vita
sociale, mentre la ricerca ha la funzione di mettere in evidenza come i problemi connessi a quelle categorie siano
risolti nel caso concreto. Il sapere sociologico viene a configurarsi come un metodo per lo studio e l’interpretazione
dei sistemi di relazione sociale, anche in vista dell’accrescimento della consapevolezza critica, dello scambio
comunicativo e della capacità di gestione della realtà sociale. In questo senso, si può parlare del carattere
eminentemente ermeneutico della ricerca sociologica come ambito nel quale avvengono l'incontro lo scambio tra
esperienze diverse e si sviluppano le comunicazioni. La validità della ricerca deve essere confrontata con il criterio
“dell’utilità” legata alle qualità e alle potenzialità proprie della situazione socioculturale nella quale si sviluppa la
ricerca stessa.
Il punto di vista specifico della ricerca sociologica
Riguardo le diverse tecniche della ricerca occorre osservare che l'uso degli strumenti tecnici è condizionato dai
presupposti teorici e metodologici che precedono la ricerca. L'individuazione dei criteri di campionamento e di
delimitazione dell’area della ricerca, la costruzione e la scelta delle variabili, l'elaborazione… sono momenti nei quali
vengono effettuate scelte che possono essere più o meno consapevoli e coerenti con le premesse teoriche e le ipotesi di
partenza di una particolare ricerca. Ogni ricerca sociologica, nella formazione delle ipotesi e nella determinazione del
campo d’indagine come nella scelta degli oggetti da analizzare si serve quasi sempre di informazioni documentali
fornite da altre discipline scientifiche o da altre fonti (questi dati sono anch'essi frutto dell'interpretazione
dell’osservatore). Ciò costituisce un limite per la ricerca per via del numero dei fattori e l’attendibilità dei dati. I dati
devono essere sottoposti a un vaglio critico tramite un'analisi di contenuto in grado di esplicitare i criteri di formazione
dei dati stessi senza dare quest’ultimi per scontati. L'uso di informazioni già preformate e la rilevazione autonoma di
dati di tipo oggettivo comportano il ricorso a discipline diverse dalla sociologia.
In cosa consiste allora il contributo specificamente sociologico della ricerca?
La sociologia ha per oggetto di studio, come si è detto ⇨ le relazioni tra i soggetti in quanto costitutive di unità sociali
nel loro rapporto con le forme di mediazione simbolica costituite e con l'ambiente, naturale e sociale, circostante. Non
sarà sufficiente studiare tali relazioni dal punto di vista della psicologia individuale e della psicologia sociale, né dal
punto di vista della teoria linguistica o della teoria semiologica delle comunicazioni.
La ricerca sociologica ⇨ analizza le condizioni specifiche che garantiscono la stabilità e la prevedibilità delle
aspettative (valori condivisi, norme, ruoli, istituzioni ecc.) dei diversi condizionamenti strutturali dell'agire sociale;
degli effetti positivi di costruzione della realtà sociale; delle dinamiche di potere. Il carattere quasi sempre
interdisciplinare delle ricerche sociologiche non deve fare perdere di vista il punto di vista specifico della sociologia,
se non si vuole veder dissolto quel che costituisce il nucleo forte del contributo proprio della sociologia.
La funzione sociale della ricerca
Le principali difficoltà della ricerca sociologica sono dovuta al fatto che essa deve analizzare i processi in atto nella
realtà sociale. La ricerca sociologica vera e propria deve infatti essere effettuata quasi sembra attraverso
l’osservazione diretta dei comportamenti e il dialogo con i soggetti coinvolti. L'osservazione sia quella non
partecipante, nella quale il ricercatore si tiene all'esterno dei processi di integrazione, sia quella partecipante, che
comporta il coinvolgimento dell’osservazione produce, in misura maggiore o minore, effetti di intervento nella
situazione osservata ⇨ provoca modificazioni nella situazione studiata così che questa non può più dirsi la stessa di
quella precedente all'intervento del ricercatore. Quindi la ricerca stessa fa parte dell'oggetto di studio, e viene intesa
come un'attività interna alla totalità sociale.
Si mette in evidenza il carattere ermeneutico della ricerca in quanto ⇨ rapporto attivo di scambio con la realtà
osservata.
Il sociologo non si limita a registrare problemi già percepiti dai membri della società, ma ne scopre dei nuovi
aumentando la complessità della situazione sociale attraverso una più approfondita conoscenza della situazione stessa.
La funzione della ricerca appare orientata ⇨ ad un aumento della consapevolezza critica della società su sé stessa, in
modo da migliorare le condizioni di comunicazione tra i soggetti sociali e gestire le contraddizioni che sorgono
inevitabilmente in ogni situazione sociale. Da qui anche la responsabilità del sociologo nell’utilizzare i dati della
ricerca, della sua interpretazione dei risultati e nei modi della loro diffusione.
Inoltre, la ricerca sociologica richiede un contributo finanziario che spesso condiziona il rapporto del ricercatore con
gli enti pubblici o privati della ricerca scientifica o con i comitati interessati all’approfondimento di aspetti particolari.
La scarsa popolarità dei sociologi non è dovuta solo al fatto che, sollecitati dai mass media, si dedicano ad attività di
volgarizzazione che ha poco a che fare con l’analisi scientifica, ma anche all’accusa di inadeguatezza rispetto
all’urgenza di risolvere determinati problemi sociali. Il sociologo si muove generalmente in senso contrario alle
tendenze verso l'assolutizzazione e l'autoconservazione che sono proprie della logica delle istituzioni e delle
organizzazioni formali. Ne consegue che il rapporto tra ricercatore sociale e i suoi diversi committenti non è quasi mai
facile e privo di tensioni. Per questo occorre richiamare il sociologo alla sua responsabilità affinché il suo contributo
non venga snaturato ed egli possa conservare la propria autonomia sia nello svolgimento della ricerca sia
nell’interpretazione e diffusione dei risultati di essa.

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