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IL FUNZIONALISMO
Definizione: analisi di fenomeni culturali e sociali nei termini delle funzioni che essi svolgono in un
assetto socioculturale.
La società è un insieme di parti interconnesse nel quale nessuna parte può essere compresa se
isolata dalle altre. Un qualsiasi mutamento in una è considerato causa di un certo grado di
squilibrio, che produce ulteriori cambiamenti in altre parti del sistema e addirittura una
riorganizzazione.
Lo sviluppo del funzionalismo è basato sul modello del sistema organico che troviamo nelle scienze
biologiche.
Tre elementi:
1. La generale interrelazione tra le parti del sistema;
2. L’esistenza di uno “stato normale” delle cose, o stato di equilibrio, paragonabile alla condizione
sana di un organismo;
3. La maniera in cui tutte le parti del sistema si riorganizzano per riportare una situazione
perturbata alla normalità.
I funzionalisti tendono ad utilizzare, come concetti centrali, valori altamente condivisi, o standard
generalmente accettati. L’enfasi posta sui valori è la seconda caratteristica fondamentale del
funzionalismo accanto all’accento posto sulla interdipendenza e sulla tendenza a ristabilire
l’equilibrio. Questo in contrasto con l’altra maggiore teoria macrosociologica, la teoria del conflitto.
Emile Durkheim
Parsons ha dichiarato che Durkheim è stato uno dei suoi più importanti modelli intellettuali, “per
l’influenza sostanziale nel definire i problemi e i molti elementi della struttura empirico-concettuale
centrale del mio pensiero”.
2
Merton ha detto che Durkheim è stato uno dei due studiosi da cui ha imparato di più.
Primo grande lavoro: “La divisione del lavoro sociale”, esamina la funzione della divisione del
lavoro. Durkheim intendeva l’evoluzione sociale come un movimento dalla solidarietà meccanica
delle società tribali a quella organica, espressa dalle società industriali. Egli pensava che le società
primitive fossero caratterizzate da una forte coscienza collettiva che definiva come “la totalità delle
credenze e dei sentimenti comuni ai cittadini medi della stessa società”. Con la crescita della
divisione del lavoro si è verificata anche una crescita dell’individualismo, una corrispondente
diminuzione della coscienza collettiva e uno spostamento verso la solidarietà organica,
caratterizzata dall’interdipendenza dei ruoli e da una mancanza di auto sufficienza che porta
all’aggregazione.
Fatto sociale: risulta generale su tutto l’insieme di una data società pur avendo una propria
esistenza, indipendente dalle manifestazioni individuali. Esempi: le leggi, i costumi.
Istituzione: insieme di credenze e di modi di comportamento formulati dalla collettività.
Definizione di sociologia: la scienza delle istituzioni, del loro formarsi e del loro funzionamento,
quindi sociologia come scienza dei fenomeni macrostrutturali.
Ne “Le regole del metodo sociologico” prende in esame la spiegazione dei fatti sociali; vede le
funzioni come bisogni generali dell’organismo sociale. La spiegazione di tali fatti sta in cause
sociali, piuttosto che non sociali e applica il suo metodo nel noto studio “Il Suicidio”, dove si è
concentrato sui tassi di suicidio, cioè su un fatto sociale anziché sui suicidi individuali.
Punizione: è una reazione sociale al crimine, ricopre anche la funzione di conservare l’intensità dei
sentimenti collettivi o i valori condivisi; la punizione ha l’utile funzione di mantenere il livello di
intensità di determinati sentimenti. La spiegazione di Durkheim su cosa spinga le società ad
adottare forme di punizione è molto meno soddisfacente. Egli indica correttamente che la funzione
che svolge qualcosa non ci spiega di per sé la sua esistenza e sostiene che, se la causa dell’esistenza
di quel qualcosa fosse già nota, ne scopriremmo ancor più facilmente la funzione.
In altre parole, prima afferma che la punizione è una conseguenza, una variabile dipendente, ma poi
quando considera le conseguenze sociali della punizione, finisce per dire il contrario. Perciò la
causa corrisponde alla funzione; problema della circolarità e dello spiegare le cose tramite la
funzione che svolgono, problema che ricorre in tutta l’analisi funzionalista.
Concetto più famoso, l’anomia, centrale ne “Il Suicidio”: ne ha descritti due tipi:
1. Acuta, risultato di un brusco cambiamento;
2. Cronica, determinata da uno stato di costante cambiamento, frutto della moderna società
industriale.
Quindi Durkheim non ha preso una posizione neutrale sul suicidio in quanto lo vedeva come un
problema sociale.
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In una maniera tipica del funzionalismo, Durkheim fonda la sua teoria sulla coesione sociale o
solidarietà, su due specifici “bisogni” sociali, regolazione e integrazione. Ipotesi principale: le
società caratterizzate da troppa o troppo poca regolazione e integrazione producono un alto tasso di
suicidi. L’anomia è appunto il termine usato da Durkheim per individuare questa mancanza di
regole e sui suoi effetti si concentra l’attenzione del sociologo. Per Durkheim l’anomia è uno stato
patologico della società.
Una situazione può essere considerata chiaramente anomica quando una crisi o un cambiamento
sociale improvviso determinano una discontinuità fra l’esperienza delle persone e le loro aspettative
normative.
Il più importante contributo di Durkheim al funzionalismo è “Le forme elementari della vita
religiosa”, in cui mostra come nelle tribù primitive la religione fosse una potente forza di
integrazione.
Valori: concezioni condivise di ciò che è bene, o credenze che legittimano l’esistenza e
l’importanza di specifiche strutture ed i tipi di comportamento che vi corrispondono.
Malinowski si interessava alle funzioni e ai bisogni psicologici che ogni società trovava il modo di
soddisfare; Radcliffe-Brown invece a fattori specificamente sociologici, quali le funzioni delle
istituzioni all’interno del sistema sociale.
La visione che ha Parsons del processo di socializzazione mette in evidenza come tutti questi
sistemi siano interrelati.
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L’individuo interiorizza i valori sociali, cioè apprende “le aspettative inerenti al proprio ruolo” e
diventa membro della società a pieno titolo. I valori derivano dal sistema culturale; le norme ed
aspettative corrispondenti si apprendono all’interno del sistema sociale; l’identità proviene dal
sistema di personalità ed il corredo biologico deriva dal comportamento organico.
Prende in esame inizialmente un attore che è motivato a impegnarsi per raggiungere lo scopo
desiderato, secondo quanto è stabilito dal sistema culturale. L’azione si colloca in una situazione
che comprende mezzi e condizioni. Tutti gli elementi sono regolati dagli standard normativi del
sistema sociale. Gli attori non possono ignorare le regole del gioco; esse definiscono i loro stessi
scopi e il loro modo di comportarsi, e le aspettative normative devono essere soddisfatte da ogni
attore che voglia perseguire un certo scopo. Le norme infatti sono state interiorizzate dall’attore che
è motivato ad agire in modo appropriato.
Le variabili strutturali.
Parsons è andato oltre una semplice doppia tipologia. Le sue variabili-tipo rappresentano una
elaborazione a 5 modelli della tipologia tradizionale-moderno.
Variabile strutturale: dicotomia nella quale l’attore deve scegliere una parte, prima che si
definisca in lui il significato della situazione data; prima che egli possa agire in modo conseguente a
quella situazione. Quindi ogni variabile rappresenta un problema, o un dilemma, che l’attore deve
risolvere prima di intraprendere l’azione.
Le scelte poggiano sulle norme sociali, e l’imparare quale sia la scelta appropriata fa parte del
processo di socializzazione.
ESPRESSIVE STRUMENTALI
Gemeinschaft Geselleschaft
Attribuzione Realizzazione
Diffusione Specificità
Affettività Neutralità
Particolarismo Universalismo
Collettività Individuo
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Quindi necessità di istituzioni con funzione di socializzazione; “la scuola è l’agente socializzante
centrale.”
“L’equilibrio sociale è un concetto secondo cui la vita sociale possiede una tendenza ad essere e
rimanere un fenomeno integrato a livello funzionale, di modo che ogni mutamento in una parte del
sistema sociale porti con sé aggiustamenti in altre parti del sistema. Il mutamento iniziale crea uno
squilibrio, ma avviene un assestamento funzionale delle parti al fine di ricostruire un sistema
integrato, messo a punto e relativamente stabile”.1
Nel contesto del sistema sociale, P. solitamente descrive la società e il sistema sociale come un
quadrato diviso in 4 settori uguali, sono i 4 problemi funzionali del sistema, rappresentati dalle
lettere AGIL
A G
ADATTAMENTO RAGGIUNGIMENTO DEL FINE
ECONOMICO POLITICO
EDUCATIVO
RELIGIOSO LEGALE
FAMIGLIARE
L I
MANTENIMENTO DELLA INTEGRAZIONE
STRUTTURA LATENTE
1
“A modern dictionary of sociology”.
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Problema generale insito nelle quattro funzioni di Parsons: esse non sono necessariamente
distinguibili in modo chiaro e le istituzioni non rientrano in modo sempre netto in un’unica casella,
lo schema non può essere utilizzato per predire quale tipo di istituzioni svilupperà una società e
quali funzioni svolgerà una data istituzione. Esso serve a classificare le istituzioni dopo che l’evento
si è verificato.
Punto cruciale: i 4 bisogni del sistema sono considerati da Parsons, prerequisiti per l’equilibrio
sociale. Il loro contino operare è assicurato da due meccanismi: la socializzazione e il controllo
sociale.
Il controllo sociale entra in gioco nei casi di devianza; ogni società possiede meccanismi generali di
controllo, che fronteggiano la devianza.
Il modello parsonsiano catalizza l’attenzione sull’interdipendenza tra diverse istituzioni, sul modo
in cui le società umane si dibattono in difficoltà simili, malgrado le differenze superficiali, sulle
continuità nella vita sociale e su come esse vengano assicurate.
Ma lascia molto di inspiegato. Problema della circolarità è evidente; egli non specifica mai i
meccanismi attraverso cui i sistemi sviluppano le risposte alle loro necessità e non precisa mai il
metodo con cui i sistemi rispondono allo squilibrio.
Ciò che ha causato critiche spietate è il fatto che P. non sia neutrale nei confronti della
sopravvivenza e dello sviluppo dei sistemi sociali. La sua versione del funzionamento implica che
l’equilibrio sia desiderabile.
Il mutamento sociale.
Primi lavori
“Il processo di mutamento dei sistemi sociali”, capitolo del “Sistema sociale”; P. tratta i
cambiamenti all’interno dei sistemi sociali e non i cambiamenti di sistema sociale.
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P. ha utilizzato l’equilibrio come costrutto teorico, non come descrizione di una realtà empirica.
Non esiste cambiamento se non vengono sopraffatti gli interessi acquisiti, tesi che trova d’accordo i
teorici del conflitto.
P. concepisce il mutamento come un processo graduale; in tutto “Il Sistema sociale”, associa
mutamento a “devianza” e “tensione”, che devono essere controllate a beneficio dell’equilibrio;
utilizza termini con connotazioni negative, sbilanciamento, meccanismi di resistenza, tensione e
agitazione quando parla di conflitto o mutamento.
Il modello di evoluzione.
Le idee di P. sull’evoluzione sono un’estensione della sua tipologia di variabili strutturali e del
paradigma a 4 funzioni; e sviluppa ed estende nuovamente le idee di Durkheim.
P. identifica un certo numero di concetti di evoluzione “universali”, che definisce come “ogni
sviluppo, a livello organizzativo, sufficientemente importante per ulteriori evoluzioni, il quale è
probabile emerga più di una volta, in vari sistemi operanti in diverse condizioni”.2
Prima di tutto, il linguaggio, la parentela, la religione ed una tecnologia pur rudimentale sono
prerequisiti delle comunità destinate a rompere del tutto con lo stadio primitivo e a diventare una
società come noi la intendiamo. Seguono poi i sei maggiori universali evoluzionisti:
1. Stratificazione sociale;
2. Legittimazione culturale;
3. Organizzazione burocratica;
4. Economia monetaria e di mercato;
5. Norme universali generalizzate;
6. Associazioni democratiche.
2
“Evolutionary Universals in Society”, in “American sociological review”, 1964.
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Per P. un sistema stratificato è desiderabile in una società industriale complessa in quanto indirizza
efficacemente alle varie occupazioni e mantiene in funzione l’intero sistema sociale, quindi la
stratificazione è un “universale evoluzionista”.
Libro più noto: “Teoria e struttura sociale”, a differenza di P., Merton formula ipotesi empiriche e
spesso le verifica nella realtà, raccogliendo egli stesso i dati ed analizzando i risultati.
M. diverge dal funzionalismo parsonsiano: rinuncia alla ricerca di una teoria onnicomprensiva e si
dedica a quelle che definisce teorie di medio raggio: “Al vertice del pensiero umano, alcuni
sociologi stanno cercando una teoria unificata. Il nostro compito maggiore è quello di elaborare
teorie specifiche, applicabili a serie limitate di dati: teorie, ad esempio, sul comportamento deviante,
o sul flusso di potere da una generazione all’altra, o sulle maniere invisibili di esercitare
un’influenza personale”.
Merton richiede teorie con una serie limitata di presupposti, da cui si possano derivare e verificare
empiricamente delle ipotesi specifiche. Le teorie di medio raggio vanno poi gradualmente a
consolidarsi in una teoria più generale.
M. si appoggia a grandi sociologi quali Durkheim e Weber: due esempi classici di teorie a medio
raggio sono “Il suicidio” e “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”.
3
“Teoria e struttura sociale”.
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Disfunzioni.
Il concetto di disfunzione è inoltre centrale per poter sostenere che il funzionalismo non è
intrinsecamente conservatore.
Le funzioni manifeste sono quelle conseguenze che gli individui possono osservare o aspettarsi, le
funzioni latenti sono quelle conseguenze non riconosciute come tali, né intenzionali.
M. presta attenzione a quelle latenti e alla crescita conoscitiva che la loro scoperta può procurare
all’analisi funzionalista della società.
M. mette in rilievo sia la distinzione tra manifesto e latente, sia le modalità secondo cui l’analisi
delle funzioni latenti “impedisce che l’analisi sociologica sia sostituita da giudizi morali”. Questo
spinge i sociologi ad andare oltre le motivazioni che gli individui forniscono riguardo alle loro
azioni, o all’esistenza di determinate usanze e istituzioni, li porta a ricercare altre conseguenze
sociali che permettano la sopravvivenza di tali pratiche e chiariscano il sistema di funzionamento
della società.
Alternative funzionali.
Pretesa del funzionalismo: una società per poter durare deve possedere certe caratteristiche e tutte le
società presentano tali caratteristiche.
M. utilizza elementi esplicativi tipici dell’analisi funzionalista, in particolare: fini culturali e norme
istituzionalizzate. Il concetto di anomia è la principale variabile indipendente.
X Y
(Anomia) (Devianza)
+ + Conformità
+ - Innovazione
- + Ritualismo
- + Rinuncia
- - Ribellione
L’innovazione e il ritualismo sono gli unici casi di perfetta anomia secondo la definizione di M., in
entrambi si riscontra una discontinuità tra fini e mezzi.
Comunque questo modello non è chiaro per quel che riguarda il momento in cui emergono i vari
tipi di devianza e in quale misura.
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Parsons ha infatti preso a prestito il modello di M. per la sua classificazione degli orientamenti devianti, nel “Sistema
sociale”.
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Il set di ruoli.
“The Role Set”, 1957. L’analisi di M. parte dalla definizione di status e ruolo data da R. Linton: per
status si intende una posizione nella struttura sociale con diritti e doveri suoi propri, con ruolo si
individua un comportamento orientato rispetto ad aspettative strutturali altrui. Quindi ad ogni status
è associato un ruolo ed ogni persona, nella società, occupa più status.
M. elabora la concezione di Linton introducendo la nozione che ogni status implica non uno, ma un
insieme di ruoli. Quindi un set di ruoli è “quel complesso di relazioni tra ruoli in cui una persona è
coinvolta in virtù del fatto di occupare un particolare status sociale”. Ogni persona ricopre vari
statu, ognuno dei quali ha il proprio set di ruoli; ciò che M. chiama un set di status.
M. si dedica all’analisi degli aggiustamenti sociali che integrano le aspettative di coloro che
partecipano del set di ruoli, evitando conflitti di ruolo. Si concentra sul problema della struttura
sociale e si chiede quali siano gli elementi funzionali e quali quelli disfunzionali.
M. tratta poi del mutuo sostegno sociale tra gli appartenenti ad uno stesso status, che aiuta a
risolvere i conflitti di aspettative tra i membri del set di ruoli.
Questa discussione sul set illustra l’enfasi di Merton sull’analisi degli elementi disfunzionali e delle
alternative funzionali. Egli esamina immediatamente le domande strutturali della società che
possano essere incompatibili o conflittuali tra loro e si chiede quali siano le alternative funzionali.
Fedele alla prospettiva funzionale, M. considera il set di ruoli come un sistema di parti
interconnesse e si domanda come possa essere possibile un ordine tra tali parti.
• Neofunzionalismo.
Recente sviluppo teorico prodottosi negli anni ottanta tanto negli USA quanto in Germania.
Niklas Luhmann. La teoria parsonsiana rappresenta una pietra miliare. Quello che manca sono i
concetti di autoreferenza e di complessità. Incentra il suo lavoro proprio sul tentativo di formulare
una teoria universale che includa questi due termini. Sostiene che un sistema sociale esiste “qualora
le azioni di molte persone siano interrelate in maniera significativa e quindi siano in grado di
differenziarsi dall’ambiente.”5
5
“The differentiation of society”, 1982.
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L’autoreferenza è la condizione necessaria per un efficace funzionamento dei sistemi. Implica che il
sistema sia in grado di osservarsi, riflettere su se stesso e su ciò che gli accade intorno e sia capace
di prendere decisioni in base a queste riflessioni.
La posizione di L. esclude la possibilità da parte del soggetto umano o di gruppi ben definiti di
essere al centro del pensiero sociale, poiché i sistemi societari sono troppo complessi. Non possono
essere considerati composti da esseri umani, ma da unità di comunicazione, in quanto gli individui
non sono che semplici parti dell’ambiente di un sistema societario. L. esclude il significato
soggettivo: “non esiste una maniera plausibile di fondare una teoria sistemica sul concetto
weberiano di azione significante”.
Critica Parsons per aver sovrastimato non solo quel consenso sociale che è funzionalmente
necessario, ma anche quello esistente effettivamente. Il collante della società è dunque
“l’accettazione comune di una contingenza schematizzata, (o strutturale).”
• Conclusioni
Il funzionalismo tende ad accentuare i valori rispetto agli interessi; quindi, benché mostri
l’importanza delle idee e dei legami tra potere e consenso sociale, trascura gli aspetti coercitivi del
potere e l’importanza degli obiettivi conflittuali dei vari individui.
Accentua la struttura a discapito del processo, per quanto il lavoro di Parsons sul mutamento di
evoluzione abbia iniziato a prendere in esame sia i processi che le strutture, inoltre il funzionalismo
preferisce l’analisi macro a quella microsociologica. Quindi visione area della società.