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Sociologia

Parte 2 - Individuo e società

Capitolo 1

Per azione sociale - seguendo la de nizione di Weber - si intende un agire che sia intenzionato
volontariamente dall’agente al comportamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a
questo. L’azione sociale può essere divisa in quattro categorie, due razionali e due non razionali:

- Agire razionale rispetto allo scopo, segue il principio dell’homo oeconomicus, secondo il quale
il raggiungimento dello scopo deve essere prima esaminato con un’analisi costi/bene ci

- Agire razionale rispetto al valore, è un’azione razionale in cui non è lo scopo al centro ma vi è la
credenza del soggetto che la opera rispetto al valore che attribuisce a tale azione

- Agire tradizionale, in cui si agisce per abitudine, tradizionalmente

- Agire a ettivo, in cui si agisce sulla base di emozioni, impulsi e sentimenti

Partendo da questo presupposto Weber osserva come da un’azione sociali vi sia un’interazione,
ovvero un processo di orientamento reciproco all’azione, in base al quale due o più attori sociali
reagiscono ale azioni degli altri. Nell’interazione tra gli individui può accadere che, nello
svolgimento di un’azione, s vada incontro ad e etti imprevisti, chiamati anche perversi. Essi
possono essere talvolta indesiderati, non soltanto inaspettati, ne è un esempio la nascita del
capitalismo dovuta all’etica protestante secondo Weber. Nel momento in cui un soggetto agisce
nella quotidianità compie quelli che per Go man sono Microrituali naturali, ovvero piccoli gesti e
azioni svolti nella quotidianità che tendiamo a de nire insigni canti ma che, invece, ricoprono un
importante signi cato.

Esaminando le caratteristiche e le de nizioni degli individui all’interno della società, dobbiamo


parlare della de nizione di status, ovvero il termine che si riferisce alla posizione sociale che una
persona ricopre all’interno di un gruppo sociale e al grado di potere, ricchezza e prestigio
associato a tale posizione. Anche se un individuo può avere più status, ve ne sarà uno che
de nisce particolarmente la persona in questione (in linea di massima la carica lavorativa).

In sociologia vengono, pertanto, evidenziati due tipi di status:

- Ascritti: ovvero attribuiti alla nascita

- Acquisiti: ovvero attribuiti in riferimento all’impegno, il merito...

A seconda dello status che un individuo ricopre, la società si aspetta da esso un determinato
comportamento che viene chiamato ruolo. Talvolta, in riferimento a queste aspettative si
concretizza la possibilità che nascano dei con itti di ruolo, dati dalla situazione in cui un soggetto
dovrebbe contemporaneamente soddisfare due aspettative parzialmente o totalmente
incompatibili tra loro. (Adolescenti con aspettative genitori vs amici).

Dall’interazione di più soggetti, prendono vita i gruppi, ovvero un aggregazione di persone che -
seguendo la de nizione di Merton - è costituita:

- Da un insieme di individui che interagiscono secondo determinati modelli

- Che provano sentimenti di appartenenza alla collettività da loro costruita

- Che si riconoscono reciprocamente nei suoi membri

È particolarmente importante distinguere tra due tipologie di gruppi, ovvero quelli primarie
(costituiti da poche persone che interagiscono direttamente tra loro e in cui è insostituibile la loro
personalità) e quelli secondari (costituiti da persone che non hanno tra loro importanti legami
emotivi ma si pongono un obiettivo comune da raggiungere). Nello studio dei gruppi si sono
palesati due di erenti tipi di leader; mentre il leader strumentale svolge il ruolo di risolutore dei
problemi del gruppo, il leader espressivo si occupa di prendersi cura degli aspetti emotivi che
nascono all’interno del gruppo. Nonostante no ad ora si sia parlato soltanto di gruppi di
appartenenza, esistono anche dei gruppi d riferimento, ovvero quelli nei quali l’individuo non è
inserito, ma vorrebbe farne parte. Questi gruppi sono, per l’appunto, di riferimenti ed ispirazione
per i soggetti che guardano a quel ‘modello’.

Capitolo 2

Un’istituzione, in senso sociologico, viene de nita come un insieme di regole di comportamento


caratterizzata da stabilità e sistematicità, caratteristica di una comunità sociale. Si parla di
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processo di istituzionalizzazione quando, i movimenti sociali nati come spontanei, si cristalizzano
acquisendo stabilità, struttura ed impersonalità. Le strutture sociali totali, de nite in primo luogo
da Go man, sono quelle in cui viene esercitati il massimo controllo sociale e il massimo grado di
istituzionalizzazione (come i carceri). Per quanto riguarda la nascita e la persistenza delle
istituzioni, possiamo distinguere diverse teorie, ma fondamentalmente tutte prendono come
criterio essenziale la necessità degli uomini di soddisfare i loro bisogni essenziali. Tra essi
rientrano:

- Bisogno di produrre beni e servizi necessari alla sopravvivenza

- Bisogno di protezione dai pericoli della natura, dalle malattie ecc

- Bisogno di riproduzione

- Bisogno di trasmissione di conoscenze e tecniche alle generazioni successive

- Bisogno di applicare le norme e controllare la conformità ad esse, regolare eventuali con itti

Nelle società moderne, con l’evoluzionismo sociale di stampo darwiniano e una sempre più
crescente necessità di divisone del lavoro, si è giunti ad una conseguente di erenziazione
istituzionale per far fronte all’aumento della complessità delle società. Se per Spencer e Durkheim
questa pluralità di istituzioni porta ad armonizzazione e coordinamento tra le stesse all’interno
della società, per Weber si porrebbero invece le basi di un con itto tra istituzioni.

Alcune correnti di pensiero contemporaneo - dalla sociologia fenomenologica,


all’etnometodologia e al neo istituzionalismo - hanno sottolineato l’importanza della routine nella
genesi delle istituzioni. La routine viene vista come origine delle istituzioni, in quanto dalla
consuetudinarietà si è data origine all’istituzione dotata di conoscenze e atti comunemente intesi.
Inoltre, riproducendo pratiche consolidate si tende a smorzare i con itti, accentuando simboli di
appartenenza.Per quanto riguarda lo studio del cambiamento sociale si identi cano
principalmente due teorie, la prima risiede nel cambiamento volontario e realizzato da parte di
soggetti razionali (come nelle riforme politiche), la seconda ritiene che il cambiamento sia path-
dependent, ovvero che l’eredità istituzionale vada di pari passo con la possibilità di innovazione
(facendo si, di fatto, che la prima limiti la seconda). In ogni caso, alla base della esistenza e della
persistenza delle istituzioni vi è un rapporto di ducia che prevede una propensione alla
collaborazione.

Capitolo 3

Un’organizzazione, in riferimento alla società moderna, è un’aggregazione spontanea di individui


che diventa formalmente riconosciuta e si presenta come ente complesso, ovvero dotata di una
struttura interna basata sulla specializzazione e la divisione del lavoro. Possiamo essenzialmente
riassumere il concetto di organizzazione in tre caratteri fondamentali:

- enti internamenti strutturati in maniera complessa

- Formalmente riconosciuti

- Capaci di agire come attori collettivi per il raggiungimento di obiettivi comuni

Tra le organizzazioni troviamo le associazioni volontarie che si caratterizzano per tre principali
aspetti:

- L’appartenenza è volontaria

- Viene costituita per promuovere gli interessi comuni dei suoi membri

- Non è dipendente da istituzioni governative

Già dalla “Democrazia in America” di Tocqueville viene presentata, per l’autore, l’importanza
dell’associazionismo, linfa vitale della democrazia americana e antidoto all’individuazione
moderno. Questa tradizione ben radicata in America, non è quasi per nulla radicata nella cultura
Italiana (ad eccezione dele associazioni del volontariato).

Per quanto riguarda la burocrazia, seguendo i postulati di Weber, possiamo identi care sei tratti
distintivi:

- Divisione dei compiti

- Gerarchia degli u ci

- U cio pubblico, ovvero il principio secondo il quale la condotta dell’u cio si fonda su
documenti che vengono conservati e secondo il quale vi è un apparato di funzionari

- Specializzazione

- Remunerazione in denaro

- Regole generali, sui cui si basa la condotta d’u cio e da cui nasce l’etica di u cio, ispirata a
criteri universalistici di imparzialità, riservatezza e fedeltà all organizzazione

Molte critiche sono state però mosse al modello burocratico, in modo particolare è stato criticato
il disfunzionalismo burocratico in quanto reo di essere troppo rigido di fronte a condizioni di
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incertezza. Da ciò ne consegue il formalismo burocratico, ovvero quando l’adesione scrupolosa
alle regole e procedure diventa l’obiettivo stesso del lavoro.

In riferimento alla necessità di avere la massima e cacia lavorativa tramite l’organizzazione


scienti ca del lavoro, Herbert Simon muove delle critiche a questa teoria, sottolineando come la
razionalità sia limitata, in quanto questa razionalità umana trova dei limiti concreti innanzi tutto
nello stesso funzionamento della sua mente (limiti dell’attenzione, della capacità di acquisire
informazioni e sulla capacità di calcolo).

Un’altra prospettiva dell’organizzazione è quella elaborata da Scott, partendo dalle critiche mosse
dal modello di organizzazione come sistema razionale. Egli non trascura gli aspetto della
speci cità dei ni e la formalizzazione ma sostiene che altre caratteristiche siano più importanti,
ovvero:

- Il mantenimento del sistema, in quanto vede le organizzazioni come gruppi sociali che cercano
di sopravvivere in circostanze particolari

- Importanza strutture informali. Secondo questa prospettiva Scott riconosce le strutture formali
ma ne mette in discussione l’importanza.

L’ultima prospettiva delle organizzazioni le vede come un sistema aperto, in cui sono evidenti le
seguenti caratteristiche:

- Sono sistemi cibernetici, capaci di autoregolazione.

- Scarsa coesione tra le parti, secondo questo principio ogni parte non è rigidamente connessa
alle altre ma è capace di compiere azioni autonome

- L’interscambio con l’ambiente, ovvero quello scambio di risorse con l’ambiente fondamentale
per il mantenimento delle organizzazioni aperte

Capitolo 4

Con il termine socializzazione si identi ca quel processo complesso attraverso il quale un


individuo diventa un essere pienamente sociale e si integra in un gruppo o in una comunità più
ampia. Facendo riferimento a questo processo troviamo due diverse prospettive teoriche. La
prima di queste è quella del condizionamento, ovvero quel processo secondo il quale un soggetto
apprende in maniera piuttosto passiva i valori sociali condivisi. Le critiche mosse a Parsons
furono molte, tra le più severe spicca quella di Wong. Secondo questo sociologo Parsons aveva
un’idea iper socializzata dell’uomo secondo la quale la sua socializzazione era relegata al puro
addestramento unilaterale e meccanico di valori. Alla prospettiva del condizionamento si oppone
quella dell’interazione, che considera la socializzazione come un processo di adattamento e
apprendimento attivo. Secondo Mead gli esseri umani cominciano a conoscere se stessi e il
mondo sociale attraverso il gioco. Questo processo è articolato in due fasi:

- il gioco puro semplice, secondo il quale il bambino comincia a giocare assumendo vari ruoli
che osserva nel mondo adulto.

- Il gioco organizzato, ovvero quella fase di gioco in cui un bambino impara ad assumere il ruolo
di tutti gli altri partecipanti al gioco.

I riti di passaggio sono dei particolari momenti della vita degli individui in cui vengono trasmesse,
in maniera unidirezionale, conoscenze, pratiche sociali e valori che costituiscono il patrimonio
culturale del gruppo. Attualmente questi riti sono sempre meno presenti nelle società moderne
occidentali. In queste speci che moderne società troviamo però delle agenzie di socializzazione,
la cui parte più importante è costituita dall’agenzia della famiglia. A partire dagli anni 70 si è
cominciato a parlare di socializzazione incompiuta, ovvero quel processo secondo il quale il
tempo di esplorazione della società si è allungato coinvolgendo anche le fasi della vita successive
all’infanzia e all’adolescenza. Descrivendo questo allungamento incompiuto e sostanziale della
socializzazione si possono individuare due fasi:

- la socializzazione primaria, quel processo che avviene durante l’infanzia, principalmente in


famiglia, ed è carica di componenti emotive.

- La socializzazione secondaria, ovvero quel processo che inizia con l’ingresso nel mondo della
scuola e in quello del lavoro. In questa fase si apprendono abilità e conoscenze legate a
speci ci ruoli.

Fra questi due tipi di socializzazione si può creare una frattura, può essere pertanto necessario
instaurare un processo di risocializzazione, ovvero l’attivazione di nuovi forti legami emotivi tipici
dell’infanzia per ristrutturare l’identità personale.

A partire dagli anni 70, inoltre, si è rivisto il processo di socializzazione verticale, ritenendo
opportuno riconoscere l’esistenza di un apprendimento e di scambio reciproco che va a costituire
la socializzazione orizzontale.

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L’identità designa la capacità autori essiva di un individuo di essere allo stesso tempo soggetto e
oggetto di se stesso e di percepire la propria continuità e coerenza spazio-temporale in rapporto
ad altri che lo riconoscono. L’identità è costituita da due volti, ovvero quello sociale e quello
personale, questi non sono in opposizione tra loro ma rimandano l’uno all’altro. La capacità di un
soggetto di autorappresentarsi si a erma nei gruppi e nelle relazioni sociali a cui prende parte,
l’identità dunque sorge e si sviluppa integralmente nel rapporto con gli altri. Non sempre però il
volto sociale e quello personale di un individuo coincidono, a tale proposito si possono veri care
squilibri e incongruenze.

All’interno di una società è necessario un minimo di conformità dei membri appartenenti alla
stessa e delle sue norme. Usiamo pertanto il termine controllo sociale per indicare tutti i
meccanismi utilizzati in un gruppo o comunità sociale per fare in modo che le norme siano
rispettate e l’esigenza di conformità garantita. Il controllo sociale può essere interno, ovvero quel
processo di socializzazione all’interno di un gruppo, oppure esterno, ovvero quello esercitato da
parte delle istituzioni. Possiamo in termini generali de nire la devianza come quel comportamento
di una persona o di un gruppo che viola le norme di una data collettività, siano esse formali o
informali. Il comportamento criminale è pertanto una forma di devianza in quanto violazione di
regole sociali formali. Secondo le teorie funzionaliste la devianza svolge un ruolo positivo nel
mantenimento dell’ordine sociale. Essa infatti, ra orza la coscienza collettiva, de nisce i con ni
morali della comunità e preme su questi stessi agendo come fattore di mutamento sociale.

Secondo la teoria della tensione la devianza è uno stato di tensione o di non corrispondenza da
cui possono scaturire cinque di erenti tipi di devianza:

- la conformità: comporta l’accettazione sia delle mete culturali di una società sia dei mezzi
istituzionalizzati per raggiungerle, essa è l’unica risposta non deviante.

- L’innovazione: comporta l’accettazione delle mete culturali, ma l’utilizzo di mezzi non


istituzionalmente consentiti.

- Il ritualismo: vengono ri utate le mete culturalmente condivise, ma si accettano i mezzi


istituzionalizzati.

- La rinuncia: si ri utano sia i ni sia i mezzi legittimi per raggiungerli.

- La ribellione: anche in questo tipo, come nel precedente, si ri utano sia le mete sia i mezzi
legittimi per raggiungere l’obiettivo, ma sostituendo entrambi con nalità e mezzi alternativi
considerati migliori e più giusti.

Negli anni 60 si sviluppa la teoria dell’etichettamento che si inserisce nella corrente di pensiero
dell’interazionismo simbolico. Secondo questa teoria sono le istituzioni che, de nendo che cosa è
criminale e che cosa non lo è, marchiando come inferiore e morale un determinato
comportamento, lo creano conferendogli uno statuto di realtà oggettiva.
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