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giovedì 15 marzo 2018

3. Sé, identità e società

Introduzione
- La vostra identità e l’idea di voi stessi stanno alla base della vostra vita quotidiana: la
conoscenza di voi stessi vi permette di sapere ciò che dovreste fare e pensare; la
conoscenza degli altri vi permette di prevedere che cosa essi pensano e fanno.
Conoscere la nostra identità regola e organizza il modo in cui interagiamo con gli altri.
Il pensiero ri essivo, cioè la capacità di ri ettere attorno al nostro pensiero a
differenziarci da quasi tutti gli altri animali. Pensiero ri essivo signi ca che possiamo
pesare a proposito di noi stessi. Sè e identità, quindi, sono parte fondamentali
dell’essere umano. Sè e ideativa sono costrutti cognitivi che condizionano l’interazione
sociale e la percezione, e che a loro volta subiscono l’in uenza della società.

1. Il sé nella storia
- Un sociologo dipinge un quadro della società medievale in cui i rapporti erano
immutabili, stabili e legittimati in termini religiosi. Vite e identità delle persone erano
rigidamente tracciate a secondo del ruolo sociale che ricoprivano. Tutto ciò comincio a
cambiare nel seducessimo solo. La spinta al cambiamento deriva dai seguenti fattori:

1. Secolarizzazione: l’idea che il compimento si sarebbe veri cato nell’aldilà fu


sostituito dall’idea secondo cui la realizzazione personale avrebbe dovuto essere
attivamente in questa vita.

2. Industrializzazione: si iniziava sempre di più a considerare le persone come unita di


produzione che si sarebbero spostate da un logo all’altro e avrebbero cosi avuto un
identità personale mobile, non vincolata a strutture sociali statiche come la famiglia
stessa

3. Illuminismo: la persone intuirono che potevano costruire e organizzare per se stesse


identità e vite differenti e migliori sovvertendo sistemi di valoro ortodossi e regimi
oppressivi

4. Psicoanalisi: la teoria del Freud dalla mente umana cristallizzo la nozione secondo
cui il se era insondabile, in quanto si nascondeva nella profondità oscure
dell’inconscio

1.1 Il se psico dinamico


- Freud riteneva che gli impulsi lipidici asociali ed egoistici (l’Es) fossero repressi e
tenuti sotto controllo da norme interiorizzate provenienti dalla nostra società (il Super -
io) ma anche che, occasionalmente, in modalità insolite e peculiari, gli impulsi repressi
emergessero alla super cie. Si potrebbe dire che il super io esistesse per rovinare la
festa all’Es. Secondo la visione dell’Es di Freud si po davvero conoscere se stessi, o

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gli altri, solo quando procedure particolari come l’ipnosi o la psico terapia sono messe
in pratica per portare alla luce pensieri repressi.

1.2 Il sé: “io” o “noi”?


- Come tanto altri psicologi, Freud considerava il sé molto soggettivo e provato, l’apice
dell’individualità: qualcosa che descrive un singolo essere umano in qualcosa di
unico. Il sé può essere anche condiviso o collettivo: un noi o un ci. Il se e un
fenomeno individuale e collettivo? Per molto tempo la tendenza prevalente e stata
quella dei sostenitori del sé individuale, soprattutto perché gli psicologi ritenevano che
i gruppi fossero costituiti da singoli individui che interagissero fra loro, piuttosto che da
individui con un senso collettivo dell’identità condivisa. La visione secondo cui il sé
tale le sue proprietà dai gruppi e sostenuta da molti altri psicologi sociali: per esempio
dai primi teorizzatori, del comportamento collettivo e della folla. William McDodogall
(1920) sostenne che esisteva un sé collettivo che aveva un proprio fondamento nella
vita di gruppo. Questa idea e direttamente all’origine della successiva ricerca di tipo
sperimentale nel campo della psicologia sociale, la quale conferma che l’iterazione
umana ha proprietà emergenti che sostengono e in uenzano altre persone. In anno
recenti il concetto di sé collettivo e stato sviluppato nella terra dell’identità sociale.

1.3 Sé e interazione sociale


- Un altro punto di svolta nell’idea di sé collettivo e stato segnato dal riconoscere che il
sé nasce e si forma grazie all’interazione sociale. I primi sociologi distinguevano tra il
sé come usso di coscienza, l’io, e il sé come oggetto di percezione, il me. In questo
modo e possibile la conoscenza ri essiva: l’io può essere consapevole del me e le
persone possono quindi riconoscere se stesse. Secondo l’interazionismo simbolico il
sé deriva dall’interazione umana. Per Mead la società in uenza il modo in cui gli
individui pensano a se stessi, un processo continuamente aggiornato mentre
interagiamo con le altre persone. Se vogliamo comunicare con ef cacia utilizziamo
simboli che anno un signi cato condiviso. L’interazione ef cace si basa anche sulla
capacità di assumere il ruolo dell’altro. Più in particolare, ciò comporta il vedere noi
stessi come ci vedono gli altri: come oggetto sociale, me, piuttosto che soggetto
sociale, io. La rappresentazione e le visioni che la nostra società a del mondo sono
scambiate attraverso l’interazione simbolica con gli altri. Poiché la formazione del
nostro concetto di se proviene dal vedere noi stessi come ci vedono gli altri (se
ri essivo), il modo in cui giudichiamo noi stessi dovrebbe essere intimamente
connesso al modo in cui ci giudicano gli altri. Il sociologo Tice, voleva dimostrare che
la condizione pubblica era l’unica a far emergere il sé ri essivo. L’idea che risulta da
studi simili e quello di Tice, e che le persone non vedono se stesse ore gli alti li
vedono, ma piuttosto come pensano che gli altri le vedano. Come vedremo di seguito,
il nostro concedo di sé e associato al modo in cui tentiamo di accrescere la nostra
immagine. Le persone di solito sovrastano le proprie caratteristiche positive e il

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controllo che hanno sugli eventi e sono ottimiste in modo non realistico: due sociologi
de niscono tuto questo triade dell’auto - accrescimento.

2. Auto - consapevolezza
- L’auto consapevolezza viene e va per diverse ragioni e comporta una serie di
conseguenze. Molti sociologi de niscono la consapevolezza di sé come una stato in
cui si e coscienti di sé come un oggetto; per tanto gli autori parlano di auto
consapevolezza oggettiva. In tale stato di auto consapevolezza effettuate un
confronto di come siete in realtà e di come vorreste essere. Il risultato spesso e la
consapevolezza dei propri limiti, accompagnata da emozioni negative. L’auto
consapevolezza oggettiva e generata da qualcosa che focalizza la vostra attenzione
su voi stessi come oggetto. Due sociologi elaborarono una teoria dell’auto
consapevolezza. Distinsero tra due tipi di sé di cui possiamo essere consapevoli:

1. Il sé provato: i nostri pensieri, sentimenti e atteggiamenti privati

2. Il sé pubblico: il modo in cui le persone ci vedono, la nostra immagine pubblica

Il contrario dell’auto consapevolezza oggettiva e lo stato di ridotta auto consapevolezza


oggettiva: dato che l’elevata auto consapevolezza può essere stressante o gradita,
alcuni possono evitare di creare tale condizione attraverso l’alcol o attraverso modalità
più estreme come il suicidio. La riduzione dell’auto consapevolezza è stata identi cata
anche come una componente chiave della de individuazione, uno stato dove le persone
hanno forti limiti alla consapevolezza di sé come individui distinti, falliscono nel
monitorare le proprie azioni e agiscono in maniera impulsiva.

3. Conoscenza di sé
- Quando le persone sono consapevoli si sé, in effetti di che cosa lo sono? La
conoscenza di sé e costruita in modo molto simile e attraverso molti degli stressi
processi con cui costruiamo rappresentazioni delle altre persone.

3.1 Schemi di sé
- Secondo uno psicologo, il concetto di sé non e una identità singolare, statica, rigida,
ne una sempre immagine media del sé; e un concetto complesso e sfaccettato, con
un numero ampio di schemi distinti del sé. Le persone sono schematiche su alcune
caratteristiche ma sono anche a - schematiche su altre. Le persone hanno schemi di
sé relative a dimensioni che ritengono importanti. Noi cerchiamo di utilizzare i nostri
schemi del sé in modo strategico. Avere una molteplicità di schemi di sé protegge da
alcune avversità della vita: possiamo sempre tirare fuori qualche schema di sé da altri
cesti per recuperare qualche soddisfazione. Se alcuni schemi di sé sono molto
negativi e altri molto positivi, gli eventi possono provocare cambiamenti estremi di
stato d’animo a secondo che venga attivato una schema del sé positivo o negativo.

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Confrontate questo atteggiamento con quello di Susanna che crede di essere una
cuoca abbastanza in gamba, ma non una grande musicista. Susanna ha chimi di sé
dai con ni meno de niti: gli effetti del contesto incidono sull’umore in modo meno
drammatico.

3.2 Come conoscere il proprio sé


- Uno dei classici modi per conoscere se stessi e esaminare i propri pensieri e e proprie
emozioni riguardo al mondo: conoscere ciò che si pensa e si prova riguardo al mondo
e un indizio molto utile per capire che tipo di persona si è. Il sociologo Ben sosteneva
che compiamo attribuzioni non soltanto circa il comportamento degli altri ma anche
riguardo al nostro, e che non esiste una differenzia sostanziale tra le auto -
attribuzioni nei confronti degli altri. Anche l’immaginare un nostro speci co
comportamento può essere alla base del modo che abbiamo di percepire noi stessi.
Le auto - attribuzioni hanno importanti implicazioni sulla motivazione. La teoria
afferma che, se qualcuno e indotta a eseguire un compito sotto la spinta di grandi
ricompense o pesanti punizioni, la prestazione che ne deriva e attribuita a fattori
esterni e perciò la motivazione e ridotta. In assenza di fattori esterni a cui poter
attribuire la prestazione rintracceremo le sue cause nella passione o nell’impegno: in
questo modo il ruolo della motivazione aumenta. Questo fenomeno, ha preso il nome
di effetto di sovra - giusti cazione. Riducendo la motivazione e il piacere che si prova
nello svolgimento di un compito in precedenza motivato intrinsecamente. E possibile
che le ricompense svolgano un ruolo utile? La risposta e si. Il trucco e ridurre il rilievo
della ricompense basate sullo svolgimento del compito e incrementare il numero di
quelle basate sulla qualità della prestazione.

3.3 Confronto sociale e conoscenza di sé


- Leon Festinger (1945) ha sviluppato la teoria del confronto sociale proprio in questo
modo, per descrivere come le persone acquistano conoscenza ddi sé attraverso il
confronto con gli altri. In particolare, cercano persone che siano simili a sé, il che può
essere interpretato come ancoraggio ai propri atteggiamenti e del proprio concetto di
sé ai gruppi a cui sento di appartenere. Secondo Thomas Wills (1981) nel caso della
prestazioni cerchiamo di confrontarci con persone che sono leggermente peggiori di
noi: facciamo confronti sociali che tendono verso il basso, i quali portano ad avere
concetti del sé positivi. Un sociologo a osservato che alcuni confronti sociali indirizzati
verso l’altro possono avere effetti dannosi sull’autostima. Secondo il modello di
mantenimento dell’autostima di Abraham Tesser (1988) cerchiamo di minimizzare la
nostra somiglianza con l’altra persona o di interromperete i rapporti con lei. I confronti
verso il basso si instaurano anche fra i gruppi. I gruppi cercano di paragonarsi ad altri
gruppi, inferiori, per sentire che noi siamo meglio di loro. In effetti, le relazioni inter -
gruppo sono in larga parte una lotta per la superiorità del proprio gruppo nei confronti
di gruppi rivali. Secondo la teoria della categorizzazione del sé, uno sviluppo della

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teoria dell’identità sociale, il processo fondamentale vede le persone che si
considerano parte di un gruppo categorizzarsi come membri del gruppo stesso e
interiorizzare in modo automatico nel giudizio su di sé gli attributi che descrivono il
gruppo.

3.4 Regolazione del sé


- Gli schemi di sé non solo descrivono ciò che siamo, ma anche ciò che vogliamo
essere. Un gruppo di sociologi hanno suggerito che ammiriamo una serie di sé
potenziali: schemi orientati al futuro di ciò che vorremmo accadesse o di quello che
temiamo possa accadere. Un altra prospettiva e offerta dalla teoria della discrepanza
del sé. Secondo lo studioso possediamo tre tipi di schemi del sé:

1. Sè reale: come realmente siamo

2. Sè ideale: come vorremmo essere

3. Sè normativo: come pensiamo che dovremmo essere

La discrepanza fra la realtà, l’ideale e la norma possono motivare cambiamenti nalizzati


a ridere la discrepanza: se è cosi, ci impegniamo nella regolazione del sé. La teoria della
discrepanza del sé e il concetto generale della regolazione del sé hanno avuto un
recente sviluppo nella teoria basata sull’auto - regolazione. Un sociologo ha affermato
con chiarezza di voler andare oltre i principi freudiani del piacere e del dolore, secondo i
quali siamo inclini a procurarci il primo ed evitare il secondo. Prendiamo il caso degli
studenti.

1. Il sistema di promozione: siete motivati a concretizzare le vostre speranze e


aspirazioni, cioè i vostri ideali. Vi concentrate sugli eventi positivi. Se questa e la
nostra ottica adottare una strategia di avvicinamento per realizzare i vostri obbiettivi

2. Il sistema di prevenzione: siete motivati ad adempiere hai vostri doveri e obblighi,


cioè nelle norme. Vi concentrate sugli eventi negativi. Se questa e la vostra ottica,
adottate una strategia di allontanamento per realizzare i vostri obbiettivi: potreste per
esempio cercare evitare di evitare nuove situazioni o dove persone e concentrarvi di
più su come evitare il fallimento piuttosto che su come ottenere il voto più alto
possibile.

La ricerca condotta dimostra che le persone orientate alla promozione cercano di


ispirarsi a modelli di ruolo positivi, che danno enfasi alle strategie utili per raggiungere il
successo; le persone orientate alle prevenzione si comportano in modo assai diverso:
sono maggiormente ispirate hai modelli di ruolo negativi, che gettano luce sulle strategie
per evitare il fallimento.

4. Molti di sé, molteplici identità

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- Probabilmente e impreciso de nire il sé come una singola unita differenziata. Un
sociologo descrive il concetto di sé come un repertorio di identità relativamente aperte
e spesso piuttosto diversi cate, ognuna con un distinto insieme di conoscenze. I
teorici dell’identità sociale hanno sostenuto che esistono die apre classi di identità
capaci di de nire differenti tipi di sé:

1. L’identità sociale: de nisce il sé in termini di appartenenza a un gruppo

2. L’identità personale: de nisce il se in termine di relazioni e tratti personali idio-


sincarpici.

Un gruppo di psicologi si sono chiesi: che è questo noi? e hanno distinto tre forme di sé:

1. Il sé individuale: basato su tratti personali che differenziano il se dagli alti

2. Il sé relazionale: basato su collegamenti e relazioni di ruolo con altre signi cative


persone

3. Il sé collettivo: bastato sull’appartenenza a gruppi che differiscono noi da loro.

Il sé relazionale è interessante. Sebbene da un lato sia una forma di sé interpersonale,


essa può anche venire considerato un tipo particolare di sé collettivo. Come ha
osservato uno psicologo, alcuni gruppi e culture de niscono i gruppi in termini di reti di
relazione.

4.1 Come distinguere sé e identità


- Dalla ricerca emergono evidenze dell’esistenza di molteplici sé: grazie alla
manipolazione di fattori legati al contesto si dimostra che, in contesti diversi, le
persone descrivono se stesse in maniera differente e si comportano in maniera
differente. Altri ricercatori hanno sistematicamente scoperto che le procedure
sperimentali focalizzate sull’appartenenza del gruppo portano le persone ad agire in
modo molti differente rispetto alle procedure che si focalizzano sull’individualità e le
relazioni interpersonali.

4.2 La ricerca della coerenza di sé


- Se e vero che possiamo avere una molteplicità di sé relativamente distinti, tuttavia e
anche vero che un nostro obiettivo è quello di trovare e conservare un immagine
ragionevolmente integrata di chi siamo. Per ottenere un senso coerente del sé si
utilizzano molte strategie. Ecco una serie di strategie che potremmo adottare:

1. Circoscrivete la vostra vita ad un insieme limitato di contesti. Dal momento che i


nostri differenti sé entrano in guscio quando i contesti cambiano, riducendo il numero
di questi ultimi vi proteggerete dai con itti attorno al concetto di sé

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2. Rivedere e integrare costantemente la vostra auto - biogra a per accogliere nuove
identità. Di fatto si ricostruisce la storia per portarla a nostro vantaggio eliminando le
incoerenze.

3. Attribuite i cambiamenti del vostro sé a fattori esterni rappresentati dalle variazioni


delle circostanze, piuttosto che a sostanziali cambiamenti interni della vostra
persona, applicando l’effetto attore - osservatore

In sintesi, le persone trovano il modo di costruire le proprie vite in modo che i loro
concetti siano stabili e coerenti.

5. Motivazioni di sé
- Poiché i sé e le identità sono punti di riferimento molto critici a causa del modo in cui
ci adattiamo alla vita, le persone sono assai motivate ad assicurare la conoscenza di
sé. Tuttavia le persone non compiono questa ricerca in maniera obbiettiva: hanno in
mente ciò che vogliono sapere e possono essere delusi se essa porta alla luce aperti
imprevisti o che non si desiderava conoscere. Gli psicologi sociali hanno dentifricio tre
classi motivazionali che possono interagire per in uenzare la costruzione del sé e la
ricerca del conoscenza del sé. Noi perseguiamo:

1. L’autovalutazione per confermare noi stessi

2. L’auto veri ca per essere coerenti

3. L’auto accrescimento per dare una buona impressione

5.1 Auto valutazione e auto veri ca


- Possediamo un naturale desiderio di disporre di informazioni precise e valide sul
nostro conto: è il motivo dell’auto valutazione. Le persone si sforzano di scoprire la
verità al proprio riguardo, non importa quanto sfavorevole o deludente questa possa
essere. Ma le persone si sforzano anche per la ricerca di conferme: per ribadire ciò
che già conoscono di sé cercano informazioni coerenti con il proprio sé attraverso un
processo di auto veri ca.

5.2 Auto accrescimento


- Più di tutto, le persone desiderano conoscere informazioni di sé che ne diano un
immagine positiva. Siamo guidati dal motivo dell’auto accrescimento; avvalendosi
della teoria dell’auto affermazione, un gruppo di psicologi, hanno descritto la molata in
cui questo motivo si rileva. Le persone si impegnano ad affermare pubblicamente
aspetti positivi su di sé: possono farlo in maniera palese, vantandosi, o in modo più
sottile, attraverso ragionamenti o allusioni. La necessita di auto affermazione e
particolarmente forte quando e stato messo in crisi un aspetto della propria
personalità. Quali sono le motivazioni fondamentali e che con maggiore probabilità

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prevarranno nella ricerca della conoscenza di sé: auto valutazione, auto veri ca o
auto accrescimento? Il livello di auto ri essione dovrebbe dipendere da quale
motivazione del sé sta operando.

1. Auto valutazione: auto valutazione maggiore su tratti periferici del sé piuttosto che su
tratti centrali, indipendentemente dalla loro desiderabilità. Mostra il desiderio di
scoprire di più attorno al proprio sé (le persone conoscono già i propri tratti centrali)

2. Auto veri ca: auto ri essione maggiore su tratti centrali piuttosto che su tratti
periferici, indipendentemente dalla positività o meno dell’attributo. Mostra il desiderio
di confermare ciò che si conosce attorno al proprio sé

3. Auto accrescimento: maggiore auto ri essione su aspetti positivi che su aspetti


negativi del sé, indipendentemente dalla centralità dell’attributo. Mostra il desiderio di
apprendere aspetti positivi del proprio sé

Sedikides rilevo che l’in uenza maggiore era esercitata dall’auto accrescimento;
distante, al secondo posto, si trova l’auto veri ca e ancora più distante, al terzo, l’auto
valutazione. Data la cosi grande importanza dell’auto accrescimento, le persone hanno
sviluppato un repertorio formidabile di tecniche per realizzarlo. Esse si impegnano in
elaborati auto inganni per accrescere o proteggere gli aspetti positivi dei propri concedi
di sé.

6. Autostima
- Nella loro rassegna incentrata sul legame tra illusioni e senso di benessere, due
psicologi conclusero che le persone sovra stimano i propri punti forti, il controllo sugli
eventi, e sono ottimiste in modo irrealistico. Due psicologi chiamano queste tre
caratteristiche del pensiero umano triade dell’auto accrescimento. Le persone senza
questi sostegni psicologici sono predisposti alla depressione e da altre forme di
disturbo mentale. L’eccessiva ostentazione di sé, tuttavia, può non solo infastidire, ma
anche essere scarsamente adattiva. Essa non corrisponde alla realtà. Nel concludere
il paragrafo dovremmo rilevare che l’autostima e strettamente connessa all’identità
sociale: grazie all’identi cazione con un gruppo, il prestigio e lo status sociale di quel
medesimo gruppo si incardinano nel concetto di sé di un individuo. Dittmar e i suoi
colleghi hanno dimostrato come la diffusione del consumismo nella culture occidentali
contemporanee abbia avuto un forte effetto negativo sull’idea che le persone hanno
del proprio valore. La loro analisi individua nella propaganda dei media il principale
colpevole della creazione di un potente insieme di obbiettivi dove la maggior parte
sono irrealizzabili: la ricerca del corpo perfetto, di beni materiali, di uno stile di vita
opulento.

6.1 Differenze individuali

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- Un punto di vista oggi piuttosto consolidato, in particolare negli Stati Uniti, considera
la bassa autostima responsabile di una serie di problemi personali e sociali come il
crimine, la delinquenza o la tossico dipendenza. Tuttavia i critici hanno sostenuto che
la bassa autostima può essere il risultato delle condizioni stressanti ed alienanti della
moderna società industriale. Quale è dunque la verità? In America la ricerca
suggerisce che l’autostima individuale tende ad oscillare tra moderata e molto alta,
tossiche la maggior parte delle persone prova sentimenti positivi su di sé. Anche se ci
concentriamo sulle persone con bassa autostima ci sono scarse prove che questa
causi i danno sociali di cui viene ritenuta all’origine. La violenza e stata associata
all’alta autostima: più di speci co essa sembra esplodere quando gli individui con alta
autostima vedono minacciata la loro idealizzata immagine di sé. Questi ultimi individui
si sentino speciali e superiori agli altri e in realtà hanno un autostima relativamente
instabile: sono narcisisti.

6.2 Alla ricerca dell’autostima


- Perché le persone sono alla ricerca dell’auto stima? Pur essere una domanda
stupida, ma la risposta e che l’autostima ci fa star bene. Essere di buon umore, per
qualunque motivo, può provocare piacevoli emozioni in grado di distorcere la stima
che le persone provano nei propri confronti. In questo modo, più che essere l’auto
stima a dare la felicità, e la felicità che può aumentare l’autostima.

a) Paura della morte

La volontà di superare la paura della morte, nella loro teoria della gestione del terrore,
un gruppo di psicologi sostengono che essere consapevoli della ineluttabilità della morte
e la vera minaccia fondamentale affrontata dalle persone e quindi il fattore motivazionale
più forte nell’esistenza umana. L’autostima e parte della difesa contro tale minaccia.
L’alta autostima permette alle persone di fuggire dall’ansia della morte. L’alta autostima
fa star bene le persone con se stesse: si sentono immortali, positive ed entusiastiche
della vita.

b) L’autostima è un “sociometro”?

La ricerca dell’autostima è motivata anche da una seconda ragione: è un ottimo indice,


un rilevatore interno dell’accettazione e dell’inclusione sociale, piuttosto che del ri uto o
dell’esclusione.

7. Auto prestazione
- I sé si costruiscono, modi cano e manifestano attraverso l’interazione con gli altri.
Poiché il sé che proiettiamo ha conseguenze per le reazioni degli altri, cerchiamo di
controllarne la presentazione. Il sociologo Goffman (1959) paragono questo gesto di
gestione delle impressioni al teatro. Ci sono due classi generali di motivazioni alla
base dell’auto presentazione: strategica ed espressiva. La ricerca di Snyder sulle

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differenze individuali nell’auto monitoraggio dimostra che attenti osservatori di se
stessi adottano tecniche di auto presentazione strategica; ridotti osservatori di se
stessi adottano invece strategie di auto presentazione espressiva, orche il loro
comportamento risponde alle richieste di un contesto che è mutevole.

7.1 Auto presentazione strategica


- due sociologi hanno identi cato cinque motivazioni strategiche nel modo in cui
tentiamo di presentare noi stessi:

1. Auto - promozione: cerchiamo di persuadere gli altri della nostra competenza

2. Accattivamento: cerchiamo di piacere agli altri

3. Intimidazione: cerchiamo di far credere agli altri che siamo pericolosi

4. Esepli cazione: cerchiamo di farci considerare dagli altri individui moralmente


rispettabili

5. Supplica: cerchiamo di fare in modo che gli altri si impietosiscano di noi


considerandoci indifesi e bisognos

In effetti, l’accattivamento e l’auto promozione rispondono a due dei più comuni obbiettivi
dell’interazione sociale: farci apprezzare della persone e persuaderete della nostra
competenza.

7.2 Auto presentazione espressiva


- L’auto presentazione strategica si focalizza sulla manipolazione delle percezione che
gli altri hanno su di noi. Le motivazioni espressiva per l’auto presentazione
coinvolgono la dimostrazione e la conferma del nostro concetto di sé attraverso le
nostre azioni: il centro focale e più su se stessi che sugli altri. Tuttavia noi non siamo
ingenui: di solito cerchiamo persone che confermano chi siamo. L’identità richiede la
conferma sociale per poter continuare ad esistere e avere una funzione utile. La
conferma sociale di un comportamento espresso sembra anche essa implicita nel
cambiamento del concetto di sé. L’aspetto importante nel cambiamento del concetto
di sé sta nel fatto che le altre persone vi percepiscono in modo particolare: questa e la
conferma sociale. Non e suf ciente che voi e solo voi percepiate il vostro sé in modo
particolare.

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