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Corso di: ECONOMIA E ORGANIZZAZIONE DELLE AZIENDE CULTURALI

1° Lezione 22/09/21
Binomio Economia e Cultura sono stati molto discussi nel tempo, considerandoli antagonisti, ha portato
per molto tempo in Europa e in Italia ad un’assenza di contaminazione a causa di varie motivazioni e
stereotipi da sovvertire:
● Cultura bene meritorio -> sotto controllo dello stato -> idea risorse infinite
● Problema di mercato= mercato nei beni culturali funziona in modo diverso
● Bisogno di ente regolatore
I primi ad introdurre strumenti per calcolare visitatori e gestioni manageriali sono stati gli Americani in
cui le aziende culturali erano gestite da privati con un'ottica di tipo imprenditoriale.

BENE MERITORIO= speciale categoria dei beni pubblici, che non hanno le stesse caratteristiche dei beni
pubblici. Il bene pubblico di natura meritoria è un bene che lo stato sceglie di garantire alla popolazione
perché lo ritiene estremamente importante, e perché è un bene che genera valore sociale, importante per
una società es: Cultura, Educazione, Sanità (potrebbero essere anche gestiti da privati e non solo dalla
pubblica amministrazione es: Fondazioni); I beni meritori non sono uguali per tutti e dipendono dalla
Welfare State ovvero dal modello di stato sociale che lo Stato sceglie di utilizzare. es: Stati Uniti= pochi beni
meritori, educazione-cultura-servizio sanitario (eccetto per le fasce deboli che è garantito) sono privati, lo
stato è solo regolatore, in Europa no.
Definizione: Bene meritorio, dall'inglese merit good, è un bene considerato necessario dalle logiche
economiche di una nazione, ma che in realtà nel pubblico mercato non verrebbe prodotto, in quanto di
difficile percezione di valore per l'utenza. Sono beni che lo Stato ritiene indispensabili e che produce (e
talvolta impone) a prescindere dalla domanda.

Nella metà degli anni Novanta, le istituzioni culturali (cultura) e imprese (economia) hanno trovato un
punto di incontro, quando hanno scoperto che le risorse a disposizione non erano infinite e di fronte a
risorse scarse è necessario introdurre sistemi di gestione delle risorse, chiamate in economia aziendale, di
management. Il comparto culturale è una grande parte del PIL nazionale, che comprende sia i dipendenti
delle aziende culturali ma anche tutto il mondo del turismo, per questo, questa tipologia d’istituzioni
vanno gestite per salvaguardare non solo loro stesse ma tutto il mondo che ci gira attorno.
Ci sono due tipi di approccio differenti:
1. Macroeconomico: studia come funziona il mercato del bene culturale, con che regole e che
imperfezioni. es: comportamento del consumatore (Addiction), presenza di regole diverse tra il
mondo cultura e quello dei beni tradizionali;
2. Aziendale: istituzione culturale vista come un’azienda e che studia il modo di gestire le risorse che
l’azienda culturale ha a disposizione (tipologie di azienda, organizzazione, misurazione risultati)
attraverso strumenti di management.
Usare questi tipi di approccio non influenza in alcun modo il processo creativo, come si è pensato per
decenni.

CONCETTO DI AZIENDA
Il concetto di azienda nasce in tempi relativamente recenti.
Risale al 1926, quando Gino Zappa, professore universitario della Ca’Foscari a Venezia, appassionato di
sociologia, fece un discorso che getterà le basi dell’economia.
Innanzitutto, le persone per soddisfare i propri bisogni materiali e immateriali hanno da sempre avuto la
tendenza a riunirsi in gruppi organizzati. La consapevolezza della difficoltà oggettiva a raggiungere i
molteplici fini personali di varia specie e grado in maniera individuale, ha incentivato la creazione di
gruppi e società per la realizzazione dei “fini massimi delle persone”
Questi gruppi organizzati li definisce Gruppi Sociali.
La partecipazione a gruppi e società risponde generalmente a due obiettivi fondamentali:
 Il soddisfacimento dei bisogni definiti di “socialità”, ossia di intese e positive relazioni
interpersonali;
 La realizzazione di fini non attuabili con le risorse individuali, o più convenientemente
realizzabili attraverso i contributi speciali e comuni di un insieme di persone.

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Quando un gruppo sociale ha come caratteristiche:
1. Fine, ovvero un obiettivo prestabilito e definito;
2. Durabilità, lo fanno per un certo periodo di tempo (di una certa consistenza, legata al fine);
3. Regole Autonome, regole di comportamento autonome valido per tutti i membri del gruppo e che
sono diverse dagli altri istituti;
I gruppi di persone che hanno queste caratteristiche sono denominati istituti.
Attraverso la creazione degli istituti le persone mirano ad ottenere un soddisfacimento pieno dei molteplici
bisogni che ne guidano l’operato. Devono essere presenti tutte queste caratteristiche altrimenti non si sta
parlando di istituto.
In sostanza:
Le persone perseguono molteplici fini
Il perseguimento dei fini suscita i bisogni
Per soddisfare i bisogni occorrono beni economici, i quali hanno la caratteristica di essere scarsi
Le persone svolgono l’attività economica per produrre e consumare i beni economici per raggiungere il
proprio fine e soddisfare i propri bisogni.
L’attività economica si manifesta prioritariamente nel lavoro, ed è svolta dalle persone per le persone.
Queste medesime persone sono membri di istituti: le famiglie, le imprese, lo stato, gli istituti non profit.

Gli istituti sono costituiti “da tutti i membri della popolazione per gli interessi di soddisfacimento dei
bisogni”. Il bisogno è l’esigenza (senso di mancanza) di un bene necessario agli scopi della vita.
La differenza tra i vari bisogni è presente nella teoria dei bisogni e nella piramide di Maslow:

I bisogni si strutturano in gradi, e secondo questa scala dei bisogni, non si può passare allo scalino successivo
se prima non vengono soddisfatti quelli di grado inferiore. Vi è pertanto una struttura gerarchica dei
bisogni in cui l’individuo viene rappresentato come somma di tutti questi bisogni.
Maslow parte dall’idea che gli individui siano unici ed irripetibili, mentre i bisogni sono comuni a tutti:
Per migliorare la condizione delle persone è necessario soddisfare i bisogni elementari dell’uomo.
I bisogni sono divisi in fondamentali e superiori, e la non soddisfazione dei primi, come abbiamo visto
precedentemente, porta alla non realizzazione dei secondi.
La struttura della piramide è considerata una struttura gerarchica, in cui alla base si trovano i bisogni più
basilari, che devono essere soddisfatti per portare poi alla realizzazione dei gradini superiori.

Vediamo i rispettivi gradini:


1. Bisogni fisiologici: Rappresentano i bisogni fondamentali e la base della vita, perché riguardano
tutto ciò che concerne il sostentamento e la riproduzione. Questi bisogni sono i primi a dover
essere soddisfatti. Una volta in cui tali bisogni siano soddisfatti regolarmente, ci sarà spazio e
tempo per dedicarsi ad altri tipi di bisogni. Alcuni esempi sono la fame, la sete, il sesso, la
respirazione, mantenere la temperatura ideale per il nostro corpo.
2. Bisogni di sicurezza
Una volta soddisfatti i bisogni primari, si può far spazio ad alcuni bisogni che riguardano una sfera
più sociale che permettano di instaurare un sistema di ordine e sicurezza. Alcuni di questi
comportamenti sono

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La sicurezza, il lavoro, la stabilità, la pulizia, la buona salute e la protezione.
3. Bisogni di appartenenza e sociali
Nonostante i bisogni di sicurezza rappresentino già in qualche modo dei comportamenti sociali, è
in questa terza fase che possiamo parlare di soddisfazione di bisogni sociali legati alla compagnia:
quindi necessità di avere compagnia e ricevere affetto. Pertanto, questo gradino riguarda la
necessita di avere delle relazioni sociali e interpersonale di valore. Quindi rientrano in questo
gradino la voglia di avere delle amicizie, della relazione d’amore solide e strutturate, ed avere
conoscenti o colleghi che ci stimano.
4. Bisogni di stima (e autostima)
Anche in questo gradino ritroviamo delle aspirazioni che si possono considerare sociali. In
particolare, questi bisogni fanno riferimento alla necessità dell’individuo di essere percepito dalla
sua comunità come un essere benvoluto, stimato e degno di considerazione.
In questa categoria rientrano bisogni come aver prestigio, sentirsi apprezzati, risaltare all’interno
di un gruppo, aver rispetto per sé stessi, darsi valore
5. Bisogno di autorealizzazione
È la parte più psicologica e individuale, e la sua realizzazione sopraggiunge una volta che tutti gli
altri bisogni vengono soddisfatti. È la spinta, l’aspirazione, il bisogno di diventare ciò che si vuole
essere, sfruttando al meglio le proprie capacità fisiche, intellettive ed emotive.
Per poter arrivare all’autorealizzazione non solo è necessario sviluppare le precedenti tappe, ma è
anche necessario disporre di caratteristiche personali oltre che a capacità tecniche e sociali molto
affinate.

Volendo proporre una distinzione molto piò semplificata è possibile distinguere tra bisogni:
o individuali: riconducibili solo a livello della persona;
o generali: riconosciuti come propri di ciascuna persona e quindi di tutti;
o collettivi: riconosciuti come propri di una collettività;
Bisogni naturali / bisogni sociali, etici, estetici e religiosi • Bisogni essenziali (primari) / bisogni voluttuari
(secondari)
I bisogni si pongono in gerarchia (in relazione ai redditi disponibili, ai gusti, alle preferenze)

In beni come abbiamo già detto hanno la caratteristica di essere scarsi, ovvero beni, in quantità limitata per
il quale noi paghiamo un prezzo diretto o indiretto.

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I beni quindi si dividono in:
 I beni economici: merci e servizi utili per il soddisfacimento dei bisogni e scarsi rispetto alle
esigenze delle persone
 I beni non economici: o beni liberi: non sono scarsi, sono liberamente disponibili in quantità e
qualità sufficienti per tutti
Ormai tutti i beni sono economici, solo pochi non lo sono.
La complessa varietà dei bisogni umani porta alla costituzione di istituti di diversa natura funzionali al
soddisfacimento di bisogni differenti.

TASSONOMIA DEGLI ISTITUTI:


 Famiglia: più antico istituto di tutti
1. Fine: sostegno reciproco dal punto di vista morale ed economico;
2. Durata: lungo periodo di tempo
3. Regole Autonome: diverse per ogni famiglia, divisioni dei compiti-doveri, regole
non scritte che diventano quasi come leggi da rispettare. (spazzatura, posti a
tavola, cane)
4. Attività Economica: Consumo di beni economici
All’interno della famiglia non si produce niente, anche nel caso di un'impresa famigliare perché è
un altro istituto, tutti facciamo parte contemporaneamente di una pluralità di istituti separati tra
di loro. La famiglia è quindi un’aziendadi consumo.
Il denaro necessario al consumo di beni deriva principalmente da due matrici/fonti:
1. Redditi da Lavoro: provenienti (di solito) da genitori (che fanno parte di un altro istituto);
2. Gestione Patrimoniale: la mia Eredità, tutti i beni che arrivano nella mia disponibilità senza
che io abbia lavorato, es: casa al mare;

 Impresa: Gruppo di persone che svolge attività per un certo periodo di tempo per guadagnare soldi
➔ Fine: l’impresa ha come obiettivo Primario quello di Guadagnare denaro, ovvero
creare Valore Monetario. Ma ha anche dei sotto obiettivi come
remunerare/pagare:
◆ I dipendenti
◆ I fattori produttivi (fornitori)
o Durata: ogni impresa non mette in atto un singolo affare ma lo fa in modo organizzato e
duraturo, in modo continuativo; un singolo affare non definisce un'impresa, non è
qualcosa di estemporaneo (esempio: vendita casa al mareno impresa; affittoimpresa).
La troviamo anche nell’Atto Costitutivo (certificato/atto di nascita dell’impresa) con un
valore stimato e alla cui scadenza può essere prolungato in modo semplice;
o Regole Autonome: nella vita reale l’impresa ha bisogno di un vestito giuridico, ovvero di
dichiarare a terzi l'avvio del business, non basta aprire l’azienda ma bisogna prima essere
riconosciuta. Alcune forme giuridiche sono: SRL, SNC, Società per Azioni, da scegliere al
momento della creazione dell’attività imprenditoriale, se non lo faccio sono fuori legge.
Si hanno due tipi di Regole Autonome:
1. Semi-Autonome: strettamente vincolate alla forma giuridica che si sceglie di adattare.
Sono regole di funzionamento presenti all’interno del Codice civile e che riguardano
i meccanismi di funzionamento della società, imposti dal legislatore e sono due:
 Quali sono i suoi organi sociali (Governance)
 Che rapporto c’è tra i suoi organi
e nonostante bisogni rispettare i parametri del legislatore si ha la possibilità di
muoversi all’interno dei paletti dati. (es: Consiglio di Amministrazione= organo
obbligatorio imposto dal legislatore, d'avere secondo il Codice civile nell’impresa, ma
si ha l'autonomia dell’istituto nell’scegliere la numerosità dei membri, e a chi
assegnare le cariche, proprio per questo sono dette semi-autonome).

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Queste regole semi-autonome confluiscono in un documento chiamato statuto.
2. Regole Autonome: non hanno una legge di riferimento o nessuna normativa che
obbliga ad avere queste regole, ma vengono scelte autonomamente e riguardano
l'organizzazione interna, che definisce:
 Funzioni: Attività all’interno dell’impresa di tipo specialistico.
(es: Produzione, Ufficio acquisti, Ufficio vendite, Amministrazione)
La prima sperimentazione arriva con il Taylorismo e la prima impresa che
sperimenta le funzioni aziendali è la Ford negli Stati Uniti.
 Ruoli: in base alla funzione che svolge un lavoratore si ha un diverso livello
gerarchico e responsabilità diverse, definito attraverso alcuni strumenti come
l’organigramma (es: personaX = addetto stampa, contabilità)
o Attività Economica: Produzione di beni economici e di tutto quello che è collegato al
processo di trasformazione, ovvero quello che permette ai fattori produttivi di
trasformarsi nel prodotto o servizio che offri.
Si parla quindi di un’aziendadi produzione.

 Pubblica Amministrazione: composto da vari livelli di istituti dallo statale al locale (nazionale,
Regionale, Comunale).
o Fine: migliorare la qualità della vita dei cittadini, che si esplica in due attività diverse:
a) Definire serie di leggi di buona qualità, che funzionino e che siano coerenti con il
consenso cittadino;
b) Fornire servizi pubblici accettabili;
o Durata: la durata è indispensabile, deve essere in modo continuativo (non solo
Democrazia ma anche Cina, Russia o il Cile di Pinochet hanno creato un sistema di
pubblicazione amministrazione efficiente)
o Regole Autonome: le regole sono completamente fatte da questo istituto e sono del tutto
autonome, organizzazione completamente autonoma;
o Attività Economica: la pubblica amministrazione ha una doppia anima:
1. Anima Politica: Apparato Politico (in Italia elettivo), composta dalle persone elette le
quali hanno lo scopo di definire regole di convivenza, ovvero di creare leggi.
Le leggi prodotte dai politici non sono un bene economico per cui non serve pagare
un prezzo per rispettarle. I politici però consumano beni economici usando il
parlamento e le altre strutture e percependo lo stipendio ecc.
Attività Economica della formazione delle leggi =>di consumo
2. Anima Amministrativa: Apparato di erogazione di servizi pubblici è un’attività
economica => di Produzione
È quindi una Azienda Mista sia che produce che consuma;
 Non profit: nuove categorie che rientra nella tassonomia di istituiti da pochi anni, perché si è
compreso essere una sorta di “via di mezzo” tra Impresa e Pubblica Amministrazione.
o Fine: Generare valore/ricchezza sociale, ma in modo diverso dalla pubblica
amministrazione, infatti in quest’ultima l’obbiettivo è più ampio e comprende tutti i
cittadini, nelle no profit invece è fortemente limitata la platea/i soggetti per cui vado a
creare valore sociale L’istituto Non Profit però è diverso anche dall’Impresa, in quanto il
valore che vado a generare non è di tipo monetario.
N.B: non vuol dire però che l’impresa non debba guadagnare e non debba pagare i propri
dipendenti (se ne possiede).
L’obbiettivo non è quello di arricchire i soci o i partecipanti, ma è invece quello di
agevolare e rendere accessibile ad un gruppo ristretto di persone un particolare bene
economico, mantenendo i profitti all’interno della fondazione o della associazione (es:
Associazione piccola e ristretta= “I Ventisette”, genera valore sociale per un numero molto
piccolo e ristretto di persone).
o Durata: di lunga durata come le imprese, un istituto no profit per generare valore sociale
ha bisogno di farlo in maniera duratura, anche nel documento di nascita (atto costitutivo)
viene resa la durata;

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o Regole Autonome: come gli istituti Imprese anche gli istituti Non Profit hanno bisogno
del loro vestito giuridico, ovvero della loro forma giuridica che può essere di diverso tipo
(Associazioni, Fondazioni, Comitati, Cooperative Sociali ecc.)
Sono presenti anche qui due tipi di regole:
a. Semi-Autonome: In cui si ha la possibilità di scegliere e di muoversi all’interno di
paletti legislativi imposti dal Codice Civile, e da un altro documento chiamato Testo
Unico del Terzo Settore presenti all’interno dello statuto e che riguardano come nelle
imprese la governance e i rapporti che ci sono fra essi (nelle associazioni gli organi e le
tipologie di soci sono vari è più complessi e in generale diversi da quelle delle imprese).
b. Autonome: riguardanti l’organizzazione interna (funzioni e ruoli)
o Attività Economica: esse dipendono dal tipo di Non Profit
 La maggior parte degli istituti fa sia attività Produttiva che di Consumo, (non
azienda mista ma azienda non profit). Se l’istituto non si aprisse verso l’esterno e non
erogasse servizi ma gestirebbe un benessere che genera valore esclusivamente per un
gruppo ristretto di persone si parlerebbe di attività solo di consumo ma l’istituto
aprendosi anche alla collettività va a generare valore sociale e interesse, e si parla
quindi anche di attività di produzione;
 Altri istituti no profit producono e basta (es: cooperative sociali), ma la distinzione tra
Impresa e Non Profit si vede proprio nell’organizzazione interna, esse infatti non
hanno l’obbiettivo di generare ricchezza monetaria (profitto) per i membri
dell’istituto ma quella di mantenere il denaro all’interno dell’istituto e di gestirlo per
raggiungere l’obbiettivo e generare valore sociale, SI alla Retribuzione dei dipendenti
(chi lavora per l’istituto deve essere retribuito), NO al Profitto.
Si può vivere di no profit in quanto i membri posso essere diventare dipendenti o possono
ricevere un compenso periodico. In più è presente una tassazione agevolata rispetto
all’impresa anche se con limitazioni e penalità in altri aspetti.
Quindi si parla di una aziendanon profit.

L’istituto si presta all’indagine di molteplici discipline e ad essere analizzato sotto numerosi punti di vista,
in particolare l’economia aziendale individua come oggetto fondamentale di analisi l’azienda.
L’istituto viene quindi inteso come l’insieme di persone, energie e beni coordinati per raggiungere un fine
comune. Tali insiemi di persone possano essere le “famiglie e le altre società di persone” organizzate in
“comunità politiche nazionali” il cui fine ultimo è individuato nella realizzazione del progresso sociale e
spirituale dei loro membri. Lo Stato, in quanto ordinamento politico, sociale, giuridico ed economico,
deve soprintendere al perseguimento del bene comune.

DEFINIZIONE AZIENDAL’azienda è la dimensione economica di ogni istituto.


Con il termine azienda si definisce quindi “l’ordine strettamente economico di un istituto”, ossia,
l’insieme degli accadimenti economici disposti ad unità secondo proprie leggi.
L’economia aziendale, nella concezione che qui si accoglie, studia quindi l’ordine strettamente economico,
ossia l’azienda, delle diverse classi di istituti.
Le classi di aziende sono accomunate dal fine generale del soddisfacimento dei bisogni umani e dal mezzo,
costituito dall’attività economica, differiscono per i fini immediati e quindi per le loro strutture
caratteristiche in termini di assetto istituzionale, di combinazioni produttive, di organismo personale, di
patrimonio e di assetto tecnico e organizzativo.
Ogni tipologia di istituto che è stato presentato è un’azienda nella su dimensione economica, ovvero nella
sua attività economica.

TASSONOMIA DELLE AZIENDE:


o Famiglia= Azienda di Consumo fine immediato: per l’azienda famigliare il fine immediato è il
soddisfacimento dei bisogni dei membri della famiglia

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o Impresa= Azienda di Produzioneper l’azienda di produzione, la remunerazione dei prestatori di
lavoro e dei conferenti di capitale
o Pubblica Amministrazione= Azienda Mista/ di Erogazione (Produzione e Consumo) fine
immediato: per le aziende pubbliche, la produzione e il consumo di beni pubblici oltre che la
remunerazione dei prestatori di lavoro;
o No Profit= Azienda non Profit fine immediato: per le aziende no profit, la produzione e il
consumo di beni socialmente utili oltre alla remunerazione dei fattori produttivi secondo criteri
non di mercato

Le aziende culturali comprendono:


o Azienda Pubblica: Una parte del settore culturale ha come datore di lavoro la pubblica
amministrazione (es: museo statale) il cui referente è il ministero;
o Azienda Non Profit: Molto presente al giorno d’oggi Es: fondazione Magnani Rocca
o Imprese: es: Fornasetti

DIFFERENZA tra Profit e Non Profit:


 Profit: Generare ricchezza monetaria attraverso
o la remunerazione dei lavoratori;
o remunerazione dei fattori produttivi (fornitori);
o remunerando il capitale, generando ricchezza monetaria per i soci;
Fine: Generare Ricchezza monetaria/Utile da poter distribuire ai proprietari dell’impresa.
Utile di esercizio fine dell’anno Strumento di Management.
L’attività economica è la produzione quindi  azienda di produzione
Forme giuridiche: Società di persone, società di capitali o società cooperative
 Non Profit: Generare ricchezza sociale, non necessariamente ricchezza monetaria attraverso:
o la remunerazione dei dipendenti;
o la remunerazione dei fornitori (fattori produttivi);
o non generando ricchezza monetaria per i soci (perché aziende senza scopo di lucro);
Fine: non si ha l’obbiettivo di guadagnare denaro ma viene fatto per generare ricchezza sociale e
anche nel caso ci fosse un utile di esercizio alla fine dell’anno questo utile non può essere
distribuito ai proprietari dell’azienda no profit.
Forme giuridiche: associazione, comitato, fondazione, impresa sociale

 I dipendenti di un’azienda non profit devono essere pagati tanto quanto quelli di una azienda
profit.
 Nelle aziende non profit sono presenti i volontari che invece nelle aziende profit sono vietati per
legge;
 Non profit significa realizzare un’attività con un obbiettivo di utilità sociale
 A volte le stesso attività possono essere svolte sia da un’impresa non profit, sia da un profit (impresa)
e bisogna comprendere di che azienda si parla in base all’obbiettivo finale (anche nell’impresa un
obbiettivo è quello di generare ricchezza sociale ma non è primario, corporate social
responsibility)
Es: Servizio di emergenza gestito da:
o ASL= fa direttamente lei il servizio di emergenza
o Croce Rossa/ANPAS = di solito per l’ASL conviene di più affidarsi ad associazione no profit
perché gli verrà richiesto solo il denaro necessario a pagare i dipendenti (non i volontari
ovviamente)

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o Operatore Professionale = ASL fa contratto con impresa a prezzo più alto perché chiede
denaro sia per remunerare tutti i lavoratori che per aver del denaro per l’imprenditore

Per fronteggiare le condizioni di incertezza, di dinamica e di contesto l’azienda deve operare secondo i
principi di:
 Efficacia
 Efficienza
 Economicità
Questi tre principi sono fondamentali per garantire all’azienda:
 Durabilità: Attitudine a durare nel tempo in un ambiente mutevole
 Autonomia: attitudine a vivere senza interventi di sostegno e copertura
 Raggiungimento dei fini istituzionali

EFFICACIA
Essere efficace significa avere la capacità di raggiungere i propri obbiettivi. Un’azienda, quindi, è efficace
quando raggiunge gli obiettivi che si è prefissata nel caso dell’impresa ad esempio è guadagnare denaro,
nella azienda pubblica è invece quando miglioro la qualità di vita dei cittadini erogando servizi pubblici
all’altezza del modello di welfare state o ancora nel caso della azienda no profit invece si è efficaci quando
genero ricchezza sociale per il gruppo di persone che mi sono prefissato di aiutare.
Azienda Efficaceraggiunge il suo fine.
Per raggiungere le finalità dominanti si ha bisogno di raggiungere una serie di obbiettivi detti intermedi.
Ad esempio, l’impresa per arrivare a guadagnare deve attirare la clientela, fidelizzarla, aumentare il prezzo.

Ci sono due definizioni del processo produttivo:


 A Monte del processo produttivo indica la parte iniziale del processo produttivo, ovvero gli
acquisti, ed è il momento in cui l’impresa si interfaccia con i fornitori da cui prendiamo i fattori
produttivi (materie prime);
 A Valle del processo produttivo indica la parte finale del processo produttivo, ovvero le vendite,
ed è il momento in cui l’impresa si interfaccia con i clienti;

Il termine efficacia (e gli obbiettivi intermedi) è più sbilanciato sulla parte finale del processo produttivo, a
valle del processo produttivo.

MISURARE L’EFFICACIA:
 In un Impresa non è complicato in quanto basta andare a rintracciare una grandezza
monetaria quantitativa che è l’utile di esercizio alla fine dell’anno, ovvero la ricchezza che ho
generato ai soci in un anno.
 In una Azienda Pubblica ed in una Azienda No Profit e nella pubblica amministrazione la
misurazione è complessa e complicata. Generare ricchezza sociale per i cittadini o per un
gruppo specifico di persone non è facilmente calcolabile. L’efficacia bisogna calcolarla in
termini meta-economici, vuol dire che non riguardano strettamente la dimensione
monetaria, ma sono indicatori che bisogna andare a costruire in maniera personale e
soggettiva andando a reperire i dati non da fonti economiche. A volte però per misurare
l’efficacia non bisogna avvalersi dei valori Out-Put, ovvero quello che faccio ma invece bisogna
misurare l’efficacia in termini di Impatto, ovvero tra quello che faccio e l’effetto che produce,
il quale viene misurato attraverso appositi strumenti di valutazione di impatto.

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Es: teatro Percentuale riempimento teatro Indicatore di Out-Put
Compilazione questionario Indicatore di Impatto

EFFICIENZA:
Essere Efficienti significa fare il massimo con il meno possibile.
Un’azienda è efficiente quando alloca al meglio i propri fattori produttivi, in altre parole quando utilizza al
meglio tutte le risorse che ha a disposizione senza sprechi.
L’efficienza può essere di due tipologie:
1) Efficienza Interna: riguarda il processo produttivo e riguarda strettamente l'utilizzo delle risorse,
come vengono usate o valorizzate.
Queste risorse possono essere di due tipi: risorse materiali e capitale umano.
Dal lato delle risorse materiali essere efficienti significa utilizzarle al meglio senza fare sprechi
Dal lato del capitale umano (dipendenti) invece significa ottimizzare l’orario di lavoro ma anche
valorizzare:
 le competenze/ il know-how (sapere tecnico, cosa ha studiato, la sua esperienza)
 le capacità/abilità di ognuno (le caratteristiche personali es: capacità Leadership, di
lavorare in gruppo, Problem Solving ecc.).
2) Efficienza Esterna: un’azienda è efficiente esternamente quando è in grado di
approvvigionarsi/acquistare i propri fattori produttivi alle condizioni migliori possibile per le
proprie possibilità (es: differenza di condizioni tra fornitore e fornaio e fornitore e Barilla).
L’efficienza riguarda la fase a Monte del processo produttivo (rapporto con i fornitori) e il processo
produttivo stesso (utilizzo e trasformazione dei fattori produttivi).

RAPPORTO TRA EFFICACIA ED EFFICIENZA


In un’azienda si può essere efficaci, ovvero raggiungere l’obbiettivo senza però essere efficienti, ovvero senza
scegliere il metodo più veloce, al contrario se sono efficiente nel 90% dei casi sono anche efficace.
Efficacia ed Efficienza hanno quindi una relazione di tipo diretto il massimo di produttività l’abbiamo
quando un’azienda riesce ad essere sia efficace che efficiente facendo arrivare al massimo il livello d’efficacia.
Essere troppo efficienti all’interno di un’impresa può arrivare a essere meno efficace, si rischia infatti di
andare a perdere di vista l’obbiettivo, compromettendo la qualità del prodotto finale (es: meno personale
per diminuire i costi, più ore di lavoro per aumentare la produttività, acquistare materie prime più scadenti
per il costo minore)
Lo stesso discorso vale per le aziende non profit e la pubblica amministrazione, efficacia ed efficienza
sono aspetti molto importanti. Anzi, a maggior ragione che l’obiettivo non è guadagnare e che quindi i
prezzi dei servizi offerti sono più bassi rispetto al loro reale valore di mercato (per garantire a tutti un
determinato servizio), è fondamentale essere sia efficaci che efficienti. Ad esempio, per la pubblica
amministrazione è fondamentale sfruttare al meglio le risorse pubbliche così da non sprecare le tasse dei
cittadini, e garantire dei servizi di qualità sempre maggiore.

ECONOMICITA’
Il concetto di economicità nasce ad uso e consumo delle imprese e viene solo successivamente adattato alle
aziende pubbliche e al non profit.
L’apprezzamento della economicità risulta molto complesso soprattutto in relazione alle aziende composte
pubbliche, dove i processi di consumo e di produzione sono tra loro confusi e dove i criteri di
finanziamento non sono sempre correlati direttamente, né indirettamente, alle attività svolte o allo sforzo
tributario richiesto agli utilizzatori di un servizio. Nelle aziende pubbliche, storicamente, si è adottato un
orientamento di: misurazione dell’equilibrio tra entrate e spese e valutazioni fortemente soggettive
sull’efficacia dell’attività svolta e efficacia sociale.

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Primo Presupposto: La differenza tra l’economicità delle imprese rispetto a quello dalla P.A. e delle non
profit è la definizione del prezzo.
Secondo l’impresa deriva dall’incontro tra domanda e offerta, quindi dipende dal mercato, è quindi il
consumatore, che deve percepire il valore del bene che sta acquistando che l’impresa chiede.
Un’azienda è “brava” nel far percepire al cliente il valore di quel bene in quell’importo (es: Prada)
Valore Intrinseco (prezzo senza logo);
Percepito (prezzo con il logo);
Il valore percepito da valore al significato simbolico di un bene.
Secondo Presupposto: L’impresa lavora in un mercato concorrenziale, mentre esistono importanti realtà e
(ospedali, cooperative, pubblica amministrazione etc.) che non operano in mercati aperti alla
competizione.
L’economicità è da intendere non più come un fine da perseguire ma come una condizione da rispettare

CONCETTO DI ECONOMICITA’:
Il concetto di economicità può essere definito come: equilibrio dinamico nel tempo tra la quantità delle
risorse impiegate nei processi tipici di un’azienda e le attività, servizi, funzioni proprie della stessa.

Una azienda opera seguendo il principio di economicità quando raggiunge contemporaneamente tre
equilibri:
 Equilibrio Economico
 Equilibrio Monetario
 Equilibrio Finanziario
Definizione di economicità generale che vale per tutte le aziende, ma cambia il significato di equilibrio se si
sta parlando di imprese, p.a. o non profit.
L’equilibrio si esprime attraverso il rapporto tra componenti positivi e negativi di reddito, assicurando
remunerazione soddisfacente al lavoro e al capitale di risparmio.

EQUILIBRIO ECONOMICO (nelle imprese)


(es: Bimby magico)Inserisci gli ingredienti ovvero i fattori produttivi cioè le materie prime (Input) ed
esce dopo il processo produttivo un prodotto completamento diverso che viene chiamato Output, ovvero il
prodotto finito e venduto.
Si dice che un’impresa è in equilibrio economico quando la somma del valore degli Input (fattori produttivi
= materie prime e lavoro) è inferiore rispetto al valore del Output (prodotto finito, bene che produce),
ovvero che i ricavi sono maggiori dei costi.
Il processo di trasformazione rende dei fattori produttivi che hanno una loro individualità in un prodotto
finale diverso, il quale prezzo viene assegnato dal mercato, attraverso la regola generale della domanda e
dell’offerta.
Si dice quindi che l’equilibrio economico nelle imprese è l’Obbiettivo.
EQUILIBRIO ECONOMICO (nella pubblica amministrazione e nella no profit)
La diseguaglianza che mi garantisce l’equilibrio economico nell’impresa (input inferiore all’output), non è
applicabile allo stesso modo per quanto riguarda la pubblica amministrazione e la no profit, perché il valore
dell’input può essere inferiore o uguale al valore dell’output, perché l’obbiettivo non è guadagnare denaro
ma generare ricchezza sociale, (nonostante di debbano pagare i dipendenti e i beni che si consumano e si
possa introdurre una quota associativa). Nel caso di guadagno nell’ azienda no profit il denaro non può
essere distribuito dagli associati e se il guadagno è troppo elevato ci possono essere dei problemi di gestione
dell’associazione (es: prezzo quota associativa troppo alta).
Un’ altra differenza nell’equilibrio economico è che se nell’impresa il valore dell’output è assegnato dal
cliente alla fine del processo produttivo, in questo caso invece il valore dell’output è assegnato da un terzo,
ex ante il processo produttivo (ovvero prima che avvenga). Questa operazione ha delle conseguenze
gestionali non da poco, infatti il valore dell’output assegnato dal terzo è il vincolo per acquistare l’input
necessario al processo produttivo.
Es: ospedale ad un ospedale viene assegnata per svolgere il suo compito, una quantità di risorse dalla
regione a inizio anno (prima che le prestazioni vengano erogate), e la quantità di denaro data è il tetto
massimo di spesa all’interno del quale l’ospedale deve stare per acquistare fattori produttivi, si lavora quindi
a budget. Questo budget rappresenta il valore dell’Output.
Significa quindi che nella pubblica amministrazione e molto spesso anche nella no profit l’equilibrio
economico non è più l’obbiettivo ma diventa il vincolo al quale questa tipologia di aziende deve sottostare.
Nelle aziende no Profit è ancora più complesso l’equilibrio economico rispetto alla P.A per la Molteplicità
di attori che devono assegnare un valore:
Es: Teatro fondazione con soci pubblici che deve come output organizzare il festival verdi,

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 viene fatto un progetto ex-ante che dopo essere stato presentato agli enti pubblici gli assegnano un
valore (3mln€), in questo caso come ospedale;
 ma se al teatro serve più denaro ricerca degli sponsor, ovvero soggetti privati che vogliono associare
il loro nome del loro brand a quell’out-put (festival verdi), ed aumenta quindi il tetto massimo di
spesa;
 Il teatro ha un altro livello di complessità ovvero gli spettatori, al contrario di enti pubblici e
sponsor gli spettatori si comportano come clienti veri;

La no profit ha bisogno quindi di enti pubblici e sponsor che si comportano come la regione con l’ospedale,
non sono clienti che acquistano un servizio ma sono terzi che assegnano un valore ex ante al progetto che
gli viene presentato.
Ma sono presenti anche gli spettatori, ovvero dei veri e propri clienti che acquistano un servizio a cui sta
dando un valore di consumo che spendono il loro denaro per quello spettacolo.

Nonostante non si sappia in anticipo (come l’imprenditore) quanto guadagnerà dagli spettatori (ovvero i
suoi clienti), il teatro dovrà stimare quanto denaro ricaverà dagli spettatori.
La somma degli importi ricavati dagli enti pubblici e gli sponsor e la stima del denaro che riceverò dagli
spettatori sono il vincolo del teatro per l’acquisto di input.
In base a quanto ho a disposizione andrò ad acquistare fattori produttivi per organizzare la mia attività.
Si dice quindi che nella pubblica amministrazione e nell’azienda no profit l’equilibrio economico è un
vincolo, e non un obbiettivo come invece nell’impresa.

EQUILIBRIO MONETARIO
N.B: Vale in tutte e tre le categorie di istituto.
Il secondo equilibrio è l’equilibrio monetario, ed è connesso al ricorso, non patologico, all’indebitamento:
un’azienda è in equilibrio monetario quando è in grado di pagare i debiti scaduti; ed ogni azienda per
perdurare nel tempo deve avere questo equilibrio.
Sembra una cosa semplice ma il 90% delle aziende opera in settori in cui i pagamenti sono anticipati
rispetto agli incassi questo genera la necessità di utilizzare il sistema bancario per garantirsi l'equilibrio
monetario. Un debito scaduto significa alla scadenza, nelle attività business to business quasi mai i
pagamenti avvengono a rimessa diretta, ovvero attraverso un pagamento immediato, al contrario invece è
molto frequente quando vendiamo al consumatore finale.
I tempi di pagamento standard sono 30 gg. o 60gg, in base ai settori merceologici.
Si può prevedere un termine superiore ai 60gg ma deve essere previsto contrattualmente in un documento
sottoscritto dalle parti in cui entrambi le parti sono d’accordo sul fatto di pagare oltre questi termini.
L’azienda deve avere la liquidità economica nel momento in cui il debito scade e non nella data della
consegna. Es: Piccola pasticceria industriale che produce torte semi-industriali, il 6 ottobre acquista gli
ingredienti necessari per la produzione di 30 torte al costo di 150€ di ingredienti, la consegna avviene il 6
ottobre e il pagamento sarà effettuato dopo 30gg.
Dopo 3 giorni, l’8 ottobre vengono prodotte le torte.
Dopo 3 altri tre giorni, l’11 ottobre piazzo sul mercato le torte, vendute e consegnate al cliente Conad al
prezzo di 300€. sono quindi in equilibrio economico.
La consegna avviene dopo 5 giorni e il denaro mi verrà accreditato dopo 60 giorni.
Il processo produttivo all’interno dell’azienda di torte è concluso, e ha dato vita all’output ma non è
avvenuta nessuna transizione economica, gli ingredienti li andrò a pagare tra trenta giorni e le torte mi
verranno pagate a 60 giorni, il guadagno è solo nel contratto.

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L’azienda di torte non ha il denaro necessario a pagare il debito scaduto di 150€ con i fornitori degli
ingredienti acquistati il 6 di ottobre.
Posso avere un aiuto dai soci ma l’azienda in sé all’inizio della sua vita si trova strutturalmente in
disequilibrio monetario.

Il 90% delle attività produttive funziona in questo modo e quindi si trova in u determinato momento in
disequilibrio monetario strutturale
Necessità di andare ad attingere moneta da terzi, due metodologie per pagare i fornitori:
1. Farsi anticipare il denaro dai soci;
2. Andare in prestito dal sistema bancario (la più frequente). Le banche hanno nel tempo strutturato
dei prodotti finanziari che sono specifici per le aziende con questi problemi di equilibrio
monetario periodici, in particolare a messo appunto due strumenti diversi:
a. Affidamento bancario: possibilità di andare in rosso nel conto corrente, così nel momento
in cui viene accreditato il denaro dal cliente vengono subito prelevati (tetto massimo di
spesa);
b. Anticipo della fattura: si porta il documento che certifica la vendita alla Conad e la banca
anticipa il denaro accreditandoli nel conto;
Per il 90% dei processi produttivi il meccanismo è questo, mentre il restante 10% delle aziende che non
usano questa metodologia è perché vendono direttamente al consumatore finale e riescono a vendere il loro
prodotto velocemente.
Questa tipologia di aziende si chiamano generatrici di liquidità perché non hanno la necessità di utilizzare
o il sistema bancario o terzi soggetti (soci) per poter finanziare l’attività ordinaria e garantirsi l’equilibrio
monetario.
Es: Esselunga= paragonabile alla grande distribuzione francese (Carrefour) e americana (Walmart)
Esselunga compra 1000€ di pacchi di pasta da Barilla con scadenza 120 giorni.
La pasta va in gondola (scaffali dei supermercati), Esselunga e i vari super store hanno una rotazione di
magazzino di circa dieci giorni, la rotazione di magazzino è la velocità media a cui un prodotto viene
venduto.
Dopo dieci giorni, il 16 di ottobre ho venduto tutta la pasta a 1100€, e a differenza delle altre aziende questo
denaro è già diventata moneta, denaro fisico, perché il cliente di Esselunga paga immediatamente il bene
che acquista.
Per 110 giorni (prima di darli a Barilla) Esselunga ha in cassa 1100€, e al posto di non utilizzarli, gli investe
in prodotti finanziari, investendoli in banca facendo un investimento a breve termine.
La banca ha strutturato prodotti finanziari, fatti su misura per questi tipi di aziende chiamati prodotti
derivati, i quali permettono di fare investimenti di breve termine (es: 100 giorni) ma con un guadagno a
rischio ridotto. Questo permette a Esselunga di avere un ricavo ancora superiore rispetto ai 100€ di
guadagno e gli consente anche di mantenere i prezzi bassi in gondola (per questo ci sono tante offerte, a
volte conviene che i clienti paghino di meno ma che velocizzino il prezzo di vendita così da avere maggiore
liquidità possibile per guadagnare anche dall’altra fonte, ovvero l’investimento in banca.
Se l’Esselunga avesse venduto al posto di 10gg in 150gg i suoi prodotti, non sarebbe stata in equilibrio
monetario, Esselunga quindi è molto brava nella velocità di magazzino ovvero nel processo di vendita.
Tutto il marketing, la promozione e la comunicazione di Esselunga è improntato sul velocizzare il processo
di vendita.

EQUILIBRIO FINANZIARIO

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Un’azienda è in equilibrio finanziario quando vi è coerenza tra fonti e impieghi;
Le fonti sono le modalità con cui l’azienda si approvvigiona del denaro ovvero da dove arriva il denaro che
gli serve per mantenere l’equilibrio monetario (es: banca)
L’impiego è il bene che acquista l’azienda (es: ingredienti torte)
Ci deve essere coerenza tra la modalità con cui l’azienda acquisisce denaro e cosa si compra (utilizzare le
fonti in maniera coerente con quello che andiamo ad acquistare).
Ci deve essere coerenza tra fonti e impieghi, ogni acquisto deve avere una fonte di finanziamento idonea

L'equilibrio economico e l’equilibrio monetario/finanziario dipendono ovviamente da numerosi elementi


connessi alle politiche perseguite dall'azienda, alle condizioni proprie dei mercati (di approvvigionamento,
finanziari) e alle scelte istituzionali dei livelli di governo dell’azienda.
Il tempo è un elemento importante di valutazione sia per la necessità che l’equilibrio economico-
finanziario sia di durata non breve, sia per la necessità di realizzare le condizioni opportune per il duraturo
svolgersi delle gestioni future.
È necessario dotarsi di uno schema interpretativo dell'economicità aziendale.
Tale schema deve essere messo a disposizione dell’ambiente di riferimento e dei livelli di governo
competenti al fine di poter esprimere giudizi sull’azienda.

L’economicità nelle varie classi di istituto:

1. Famiglia
Condizioni di equilibrio reddituale: Produzione di redditi da lavoro e da gestione
patrimoniale in grado di: soddisfare consumi adeguati; generare un risparmio sufficiente ad
alimentare un patrimonio.
Condizioni di equilibrio monetario: Disponibilità di fondi liquidi sufficienti a fronteggiare i
pagamenti.

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2. Impresa
 Condizioni di equilibrio reddituale: Equilibrio tra componenti positivi e negativi di reddito,
assicurando rimunerazioni soddisfacenti del lavoro e del capitale-risparmio.
 Condizioni di equilibrio monetario: Equilibrio tra entrate e uscite monetarie con ricorso
eventuale alla gestione finanziaria.
3. Istituto pubblico territoriale
 Condizioni di equilibrio reddituale: Tributi e produzione di redditi da gestione patrimoniale in
grado di alimentare produzioni di beni pubblici “soddisfacenti” per la collettività, assicurando
rimunerazioni “soddisfacenti” per i prestatori di lavoro.
 Condizioni di equilibrio monetario: Ricorso non patologico all’indebitamento.

TEORIA DEGLI STAKEHOLDER


Le persone che svolgono attività economica come mezzo per realizzare i propri fini portano nell’azienda
contributi di diversa natura (lavoro, competenze, risorse finanziarie) e si aspettano per questo una
ricompensa. Contributi e ricompensa variano nel tempo e possono avere sia carattere economico che non
economico (es lavoro volontario nel non profit). Tutti questi soggetti hanno interesse alla salute e alla
continuità dell’azienda. Quelli che chiamiamo stakeholders sono i soggetti in qualche modo coinvolti
nella vita dell’azienda.
Come abbiamo già visto l’economia aziendale contemporanea dice che ci sono tre equilibri che l’azienda
deve avere per sopravvivere (economico, monetario e finanziario) a cui poi se ne aggiunge un quarto, ovvero
l’equilibrio tra i diversi portatori di interesse (Stakeholder). Se l’azienda non garantisce l’equilibrio tra gli
interessi dei soggetti coinvolti nella tua attività l’azienda è a rischio quanto come se non fosse in equilibrio
economico. In altre parole, la capacità delle imprese di perdurare nel tempo dipende, oltre che dall’operare
secondo economicità, dalla capacità di soddisfare contemporaneamente una grande quantità di
interlocutori

Attorno all’azienda ruotano diversi tipi di stakeholder:


Interni: soci, amministratori/manager, dipendenti, azionisti, associati sono i soggetti che fanno parte
dell’azienda e ricoprono diversi ruoli al loro interno, la loro economia è strettamente legata a quella
dell’azienda, sono definiti istituzionali stakeholder interni primari.

Esterni: gli stakeholders esterni si dividono in base alla relazione che hanno con l’azienda:
 Relazioni Dirette: Fornitori, Banche e Clienti  sono soggetti fortemente condizionati dal
destino economico dell’azienda, che hanno relazioni dirette con l’aziendastakeholder esterni
primari
 Relazioni Indirette: governo, Comunità locale, Sindacati, Associazioni ambientaliste sono
soggetti che non hanno una relazione diretta con l’azienda, non sono infatti coinvolte con
transazioni dirette con l’azienda ma influenzano e sono altrettanto influenzate da essa
stakeholder esterni secondari
L’azienda sopravvive se riesce a trovare un equilibrio contemporaneo tra tutti questi interlocutori
simultaneamente. Le diverse categorie si influenzano tra di loro e sono in grado di modificare il mercato
Ad esempio: gli ambientalisti condizionano la percezione di un segmento di clienti nei confronti
dell’azienda oppure per un’azienda che opera nel settore dello spettacolo il rapporto con gli enti pubblici è
particolarmente rilevante.
Gli interlocutori esterni anche secondari sono diventati sempre più importanti per 4 cause
 Privatizzazione di molti mercati e partnership pubblico privato nei servizi pubblici
 Liberalizzazione delle politiche e globalizzazione (accordi commerciali di varia natura –
delocalizzazione produttiva)
 Attenzione all’impatto ambientale (sostenibilità)
 Digitalizzazione

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ALBERO DEGLI STAKEHOLDER:
Classificazione degli stakeholder, interni primari, tre tipologie:
 Proprietà= prende il nome di Soggetto economico= si identifica con la proprietà dell’azienda e
sono i soggetti negli interessi dei quali l’azienda opera (Soci);
 Management/Amministratori= prende il nome di Soggetto giuridico, ovvero qui soggetti che
gestiscono l’azienda e che possono validamente prendere impegni per essa, delineandole linee
strategiche che hanno la facoltà di contrarre obbligazioni validamente (contrarre obbligazione 
prendere decisioni e firmare contratti). A loro, quindi, viene affidata la Governance, ovvero
l’insieme di regole e dei vincoli attraverso cui il soggetto economico esercita il suo potere di
governo e persegue il soddisfacimento dei propri interessi, questo governo dell’azienda viene
affidato proprio al soggetto giuridico. A volte (spesso in Italia) i soci sono anche
amministratori/manager, sia soggetto economico che soggetto giuridico;
 Dipendenti= non hanno una definizione, sono dipendenti, a volte il soggetto economico è anche
dipendente;

Tutti i soggetti hanno degli interessi che in parte sono simili e in parte sono confliggenti, l’azienda deve
trovare una mediazione tra tutti gli interessi e trovare una base comune di interessi.

Es: stakeholder interni intenzione comune dei dipendenti e della proprietà è far andare bene l’azienda,
ma quando si parla di ripartizione dei denari che l’azienda guadagna i dipendenti hanno l’obbiettivo di
massimizzare il loro stipendio, ma questo denaro con cui vengono pagati i dipendenti viene tolto all’utile
di fine anno dei soci, i due soggetti hanno quindi interessi diversi che si evidenziano quando l’azienda va
male (abbasso degli stipendi o aumento delle ore di lavoro) che però quando l’azienda va bene non si
percepiscono.
L’obbiettivo, quindi, è quello di massimizzare la soddisfazione degli interessi del soggetto economico (non
sempre economici), compatibilmente con un adeguato grado di soddisfazione degli altri stakeholder (es.
clienti, fornitori, dipendenti)

Esempio di teoria degli stakeholder, necessità di trovare una mediazione tra gli interessi diversi:
Stakeholder esterni primari:
Caso Ryanair in quell’anno cancellati molti voli ed uscita a fine dell’anno in disequilibrio economico
perché i dipendenti si sono ribellati al management per le condizioni di lavoro svantaggiose e hanno
costretto la compagnia a cancellare una grande quantità di voli su tanti mesi.
Il non riuscire a trovare un accordo tra i due state colder ha generato un problema anche sulla economicità.
Stakeholder esterni primari:
 Anche banca e clienti hanno interessi differenti che vanno sodisfati, altrimenti se non si risana il debito
si rischia che la banca possa mettere in seria difficoltà l’azienda, inserendo l’azienda nella centrale rischi.
Stakeholder esterni secondari:

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Caso Nike (Dumping Sociale) utilizza manodopera a basso costo, composta anche da minori in stati in
cui ammesso lavoro minorile, associazioni per i diritti umani campagna fortissima di pressione su Nike con
un danno di immagine fortissima;

In conclusione, vi è quindi un rapporto biunivoco tra aziende e stakeholder, gli stakeholder influenzano la
vita dell’azienda (dipendenti o Banca) ma a loro volta l’azienda ha responsabilità sugli stakeholder
(es: comunità locale).
Il soggetto economico nell’imprese sono i soci, mentre nelle aziende pubbliche sono:
 Cittadini
 Politici
 Dirigenti delle aziende

LA FORMA GIURIDA DELLE IMPRESE (lezione non presente nel manuale)


Come prima cosa, per poter operare in modo professionale da azienda bisogna fare la scelta della forma
giuridica, non è sufficiente avere una idea ed attuarla (fuorilegge).
Si parla prevalentemente di imprese ma anche la pubblica amministrazione a volte adatta alcuni tipi di
forma giudica.
Tipologie di forme giuridiche nell’imprese:

1)L’Impresa individuale: è la forma giuridica più elementare da assegnare ad un’attività commerciale.


In questa categoria rientrano anche i liberi professionisti, ovvero quei soggetti che svolgono una attività
lavorativa con partita IVA da soli, e che anche se possono avere dei dipendenti, non hanno altri soci.
A differenza dell’impresa individuale il libero professionista è un soggetto che svolge autonomamente
un’attività lavorativa prevalentemente con il proprio intelletto, (attività prevalentemente intellettuale) e
che non ha necessità di grandi mezzi (grande quantità di beni materiali).

Per aprire la propria attività l’impresa individuale deve fare una serie di passaggi burocratici:
1. Ottenimento eventuali autorizzazioni amministrative e sanitarie, questo perché alcune
attività hanno bisogno di controlli (es: bar controllato da comune e ASL)
2. Andare in camera di commercio con dichiarazione di inizio attività
3. Scelta della tipologia di Attività, che nel nostro ordinamento può essere solo una;
4. Aprire partita IVAil codice fiscale dell’impresa, emesso dalle agenzie delle entrate, che
identifica l’impresa a livello nazionale e internazionale;
Il libero professionista invece, fa meno passaggi, in quanto gli è sufficiente avere l’autorizzazione (non per
tutti è obbligatoria come al commercialista) e dopo l’apertura della partita IVA è già possibile lavorare.

L’impresa individuale è priva di personalità giuridica: è l’imprenditore, in quanto persona fisica ed unico
proprietario, che assume illimitatamente i rischi derivanti dalle operazioni di gestione (mancanza di
autonomia patrimoniale).
È presente quindi una totale sovrapposizione tra la persona fisica e l’impresa, tra soggetto giuridico e
soggetto economico di fatto perché assume il pieno controllo della gestione e accentra la direzione nelle sue
mani. In altre parole, il patrimonio personale è anche il patrimonio dell’impresa e tutti i rischi che si
assumono come imprenditore (es: debiti) sono rischi anche della persona fisica (nessuna separazione ne
giuridica ne patrimoniale tra persona fisica e impresa)
Esempio: se dopo un prestito con una banca non viene restituito il debito, in quanto il patrimonio
personale è anche patrimonio dell’impresa (non è presente alcuna differenza), la banca può decidere di
attaccare il patrimonio personale senza alcun limite, (pignorare la casa, attaccare il conto corrente
personale prima di controllare il conto corrente dell’impresa).
L’organizzazione dell’impresa individuale è poco formalizzata e molto flessibile, vi è un contatto diretto
tra imprenditore e lavoratori, tipico delle imprese di piccole dimensioni.
La comunicazione interna non presenta difficoltà e il coordinamento è facilitato dalla quasi totale assenza
di gerarchie.

2) Nell’Impresa Collettiva invece troviamo più soggetti che vogliono avviare un’attività economica con
l’obbiettivo di guadagnare;
Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di
un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili (o le eventuali perdite).
Dal contratto di società nasce l’impresa collettiva:

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 nelle imprese collettive si hanno più proprietari disposti ad accollarsi i rischi e gli oneri
derivanti dallo svolgimento dell’attività commerciale;
 unendo i loro apporti l’impresa viene dotata di mezzi propri che possono essere più o meno
ingenti a seconda del tipo di società prescelto;
anche la raccolta del capitale di debito è generalmente facilitata dalle maggiori garanzie offerte
dall’impresa di più grandi dimensioni.

Alla base della costituzione di una società vi sono quindi le seguenti motivazioni:
a. possibilità di reperire un maggior volume di capitali;
b. frazionamento dei rischi imprenditoriali tra più persone.

La burocrazia per l’apertura dell’impresa collettiva è più complessa e ha tempi più lunghi di quella
dell’impresa individuale. Partiamo col distinguere le tre tipologie di imprese collettive:
1. Società di Capitali
2. Società di Persone
3. Società di Cooperative

Principalmente le imprese scelgono come forma giuridica le prime due tipologie, mentre la società di
cooperative è rara al giorno d’oggi.
C’è però una differenza sostanziale tra le due più comuni; infatti, se da una parte la società di persone non
ha personalità giuridica, la società di capitali ha invece una personalità giuridica vera e propria.

DEFINIZIONE DI PERSONALITA’ GIURIDICA:


Personalità giuridica: per una società avere una personalità giuridica significa essere titolare di diritti e
doveri esattamente come se si stesse parlando di una persona fisica.
(Es: Goldrake) La quale ha una propria autonomia e responsabilità e si muove nel mondo come se fosse
una persona fisica. Quando si da vita alla società si parla di rapporto di figliazione, ovvero come un po’
nell’atto di nascita di un figlio, si da vita ad un soggetto terzo diverso dai soci che è una persona, non fisica
ma giuridica.
La conseguenza di essere una persona giuridica è quella di avere un’autonomia patrimoniale perfetta,
ovvero che il patrimonio dei soci e quello della società sono completamente separati e nel caso in cui la
società debba rifondere i creditori (es: obbligazioni da ripagare) i creditori possono solo attaccare il
patrimonio della società (es: banca). Seppur essere una entità diversa da una persona fisica, fa le cose di una
persona fisica ed è guidato da un soggetto che può essere diverso dai soci, ma la responsabilità (a parte alcune
eccezioni) è della persona giuridica e non del soggetto. E’ presente come un muro invalicabile tra il
patrimonio dei soci e il patrimonio della società).

1. Società di persone ha varie caratteristiche:


a. Sono prive di personalità Giuridica (responsabilità limitata), il che comporta che sia soci
che società rispondono insieme per i debiti che la società contrae.
Essi governano l’impresa di cui sono il soggetto economico, assumendosene i rischi.
Pur essendo prive di personalità giuridica, le società di persone hanno un patrimonio
autonomo, distinto da quello personale dei soci. Hanno autonomia imperfetta poiché,
qualora il patrimonio sociale sia insufficiente a estinguere i debiti della società, i creditori
possono rivalersi sul patrimonio personale dei singoli soci.
In altre parole, i creditori non posso scegliere se attaccare prima i soci o prima la società
ma hanno un percorso obbligato che devono rispettare, prima attaccano il patrimonio
società poi se non c’è abbastanza capienza possono attaccare i soci;
b. Gli amministratori devono essere soci, quindi il soggetto giuridico (amministratori)
devono necessariamente essere anche soggetto economico (soci) quindi chi rischia e
investe sono anche i soggetti che devono amministrare e gestire l’azienda, questo perché è
il loro patrimonio personale e hanno il diritto di gestirlo come meglio vogliono,
(meccanismo di responsabilizzazione);
c. I soci non hanno un obbligo di capitale minimo (anche un euro) da investire in società,
Capitalequantità di denaro che inizialmente i soci investono in azienda per dare vita
all’azienda, definendo le percentuali di partecipazione (percentuale di quote);
detto anche capitale sociale per l’impresa, e capitale di rischio per i soci;

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d. Due tipologie di società di persone:
a. Società in Nome Collettivo (SNC): i soci sono tutti uguali, tutti i soci
rispondo illimitatamente con il loro patrimonio e tutti posso fare gli
amministratori (non necessario che tutti lo siano);
b. Società in Accomandita Semplice (SAS) (poco utilizzate) si hanno due
categorie di soci:
a. Soci Accomandatari= possono fare gli amministratori e rispondono
illimitatamente con il loro patrimonio;
b. Soci Accomandanti = soci di capitale stando fuori dalla gestione non
potendo diventare amministratori ma rispondono solo con il denaro
investito;
La differenza sta nella tipologia dei soci
e. Il nome sotto il quale agiscono le società di persone è detto ragione sociale e deve
contenere:
 il nome del brand;
 L’acronimo (SNC/SAS) di fianco al nome perché chiariscono al mondo la forma
giuridica;
 il Cognome di almeno uno dei soci;
In Italia quasi tutte le imprese nascono come SNC lo si capisce anche perché l’imprese
famigliari assumono spesso il nome del brand dal nome della famiglia.

I passaggi per aprire una società di persone sono:


1. Andare dal notaio che fa due atti:
I. Atto costitutivoil certificato di nascita della società, il quale contiene cinque
informazioni principali: il nome del brand (ragione sociale), il nome dei soci,
quantità di denaro che ogni socio mette come capitale iniziale, tipo di attività e la
durata (quando scade si fa il rinnovo).
II. Statutoil documento che contiene le regole di funzionamento degli organi
sociali, che sono due:
a. assemblea dei soci: che riunisce appunto tutti i soci
b. consiglio di amministrazione: nominato a maggioranza dall’assemblea
dei soci
Decisi dai soci ma con i paletti dell’legislatore, perché legge nello statuto.
2. Notaio deposita in camera di commercio questi documenti e avviene la registrazione
dell’attività  e prende ufficialmente vita l’azienda;
3. Prima di iniziare ad operare deve aprire la partita IVA (di solito fatto in contemporanea con il
deposito dei due atti in camera di commercio del notaio);

2. Società di capitali: hanno Personalità Giuridica (non si dice responsabilità illimitata) e sono di tre
tipologie:
a. SRL: Società a responsabilità limitata
b. SPA: Società per Azioni
c. SAS: Società in Accomandita per azioni
d. Cooperative e società unipersonale (forme particolari)
Le caratteristiche che accomunano tutte queste società di capitali:
 Dotate di personalità giuridica: delle obbligazioni sociali risponde la società stessa con il proprio
patrimonio;

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 Si ha quindi un’autonomia patrimoniale perfetta, il patrimonio della società separato da quello dei
soci, la società risponde direttamente alla banca dei suoi debiti, mentre il patrimonio dei soci è
completamente protetto (come muro invalicabile). I soci, quindi, sono responsabili solo per le
quote conferite e proprio per questo motivo non è facile ricevere crediti dalle banche, (storia buona
alle spalle), la capacità di restituire il prestito deve averla la società stessa attraverso la sua attività e
non i soci.
 Per dare vita ad una società di capitali il capitale sociale deve avere un importo minimo, diverso a
seconda del tipo di società (nella società di capitali non basta un euro come la società di persone).
Il capitale minimo da investire per una SRL, ad esempio, è di diecimila euro in totale (non
ciascuno) tra tutti e tre i soci, in altre parole la somma delle quote messe dai soci deve essere come
minimo di 10.000 €, questo definisce le quote di partecipazione all’interno dell’SRL (es: socio al
40%). Nel caso invece di una SPA il capitale minimo è di 50.000€
I soci, quindi, sono responsabili solo per le quote conferite, se l’azienda fallisce i soci perdono il
denaro dell’investimento iniziale ma non viene intaccato il patrimonio personale.
 Gli amministratori non necessariamente devono essere soci (obbligo presente invece nelle società
di persone) e non c’è nessun divieto per i soci di diventare dipendenti della società
 Il nome sotto il quale agiscono è detto denominazione sociale (non ragione sociale) e in questo
tipo di società di capitale non è più necessario avere il nome dei soci nella denominazione, ma sarà
obbligatorio l’acronimo per identificare il tipo societario (es: Galleria arte bella Srl)
 Anche nelle società di capitali è necessario presentarsi da un notaio per redigere l’atto costitutivo
(certificato di nascita) e lo statuto (due organi sociali composti da assemblea dei soci e consiglio di
amministrazione).

Differenze tra SRL e SPA non è il fatturato (ovvero il guadagno):


1) SRL: La società a responsabilità limitata è un modello societario in cui è vietata l’emissione di
azioni, le quali sono sostituite da quote e che risponde alle esigenze proprie delle imprese a ristretta
compagine sociale. Nasce per gestire una quantità di soci limitata che hanno dei rapporti tra di essi.
Il capitale minimo di 10.000€, due organi sociali: assemblea dei soci e consiglio di
amministrazione, quando di grandi dimensioni si aggiunge il collegio sindacale o collegio dei
revisori. Un socio non può uscire da un SRL se non cedendo le proprie quote ad un socio o ad un
terzo (non è scontato riuscire a venderla a qualcun altro che subentri), in alcuni casi particolari a
volte però c’è la possibilità di uscire dall’SRL senza vendere la quota, tramite il recesso, il quale
permette al socio di andarsene portandosi via la sua quota di capitale sociale (es:6.000€/10.000€)
l’altro socio che intende restare deve però accreditare nel patrimonio della società il denaro
necessario a garantire il capitale minimo di 10.000€.
Il recesso però è possibile solamente in due casi:
 Alla scadenza
 Quando si decide di cambiare l’attività.
Questa possibilità di uscire può essere limitata, ovvero ci possono essere delle clausole nello statuto che
limitano la circolazione della quota, in altre parole si ha la possibilità di inserire all’interno dello
statuto delle clausole (articolo) che limitano la partecipazione delle quote es: clausole che
permettano che l’S.r.l. rimanga all’interno del nucleo famigliare.
Al contrario invece se si vuole far subentrare un nuovo socio si possono percorrere due strade possibili: o
gli viene ceduta una parte di quota di qualche altro socio oppure si aumenta il capitale sociale attraverso
un versamento da parte del nuovo socio, questa procedura è chiamata aumento di capitale sociale e
necessita di un notaio.
Le SRL hanno poi una serie di limitazione nella loro attività, ad esempio, non possono essere quotate
in borsa.

2) SPA: La società per azioni è un modello societario a compagine sociale potenzialmente elevata,
dove assumono rilevanza centrale la circolazione della partecipazione sociale e la possibilità di
ricorso al mercato del capitale di rischio realizzato attraverso l’emissione di azioni, titoli
rappresentativi delle quote dei soci.
Questo modello nasce per gestire una grande quantità di soci che non necessariamente si
conoscono tra loro. Il capitale minimo è di 50.000€, e sono fondamentali tre organi sociali
dall’inizio: assemblea dei soci, consiglio di amministrazione e collegio sindacale (l’organo di
controllo).

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Questo tipo di società come già detto si può quotare in borsa, e quindi i soci possono vendere le
loro quote che diventano azioni, con nessuna regola che limita la circolazione.

3) SAS: La società in accomandita per azioni è un modello societario “intermedio”, caratterizzato,


come nelle società in accomandita semplice, dalla presenza sia di soci accomandanti, sia di soci
accomandatari. A differenza di questa, però, le quote dei soci sono rappresentate da azioni.

Altre forme particolari di società di capitali sono:


4) Società Unipersonale: si costituisce con atto unilaterale (atto pubblico) ed è circoscritta solo alla
forma di srl e spa. Sono dette anche a socio unico e hanno le seguenti caratteristiche:
o limitazione della responsabilità al capitale conferito (tipica delle società di capitali);
o le quote di capitale sono interamente detenute da un unico proprietario (tipica delle
imprese individuali);

5) Società di cooperative= società dotate di personalità giuridica che perseguono finalità


mutualistiche, ossia rivolte soprattutto a soddisfare i bisogni degli stessi soci, ovvero una società in
cui i soci vogliono aver un beneficio di tipo economico ma che non necessariamente è un beneficio
economico diretto, come ad esempio la moneta contante per intenderci (tipologia ibrida tra
impresa e non profit). In altre parole, nel rapporto cooperativistico per il socio non deve esserci
intento speculativo; tuttavia, questo non significa che nella sua attività esterna la società
cooperativa non deve comunque porsi obiettivi di economicità e di efficienza, indispensabili per
poter continuare lo svolgimento della funzione sociale.

Le cooperative sono di due tipologie:

 A Mutualità Prevalente: Cooperative che svolgono prevalentemente la loro attività nei


confronti dei soci. Nello statuto prevedono clausole di non lucratività e rispettano il criterio
della prevalenza. Questa tipologia societaria è detta ibrida, ovvero è un po’ nel mondo
dell’imprese e un po’ nel mondo delle no profit, un esempio sono le cooperative di diritto dette
cooperative sociali, che hanno una serie di agevolazione delle no-Profit e possono operare solo
in determinati settori e sono di due tipologie:
a. Cooperative di tipo Asvolgono attività socioassistenziali o educative;
b. Cooperative di tipo Boccupano per più del 30% lavoratori “fragili”;

 A mutualità non Prevalente: l’attività è svolta nei confronti dei soci ma anche dei terzi e non è
presente una supremazia tra le due categorie. Pur svolgendo una funzione sociale non
rispettano il criterio della prevalenza nello scambio mutualistico vengono trattate come delle
vere e proprie imprese, in particolare come delle società di capitali, attività identica a quella
dell’impresa, cambia solo la forma giuridica che da la libertà nel fare entrare soci e la presenza
di un capitale sociale più basso pur mantenendo la responsabilità limitata;
Una cooperativa si genera con un minimo di tre soci, con un capitale minimo di 75€ (in totale tra
tutti i soci, non ciascuno), hanno personalità giuridica e quindi sono a responsabilità limitata.

Ci sono poi due regole fondamentali di funzionamento delle cooperative:


 L’assetto Democratico: a prescindere dall’ammontare di capitale sociale che versa ciascun
socio, nelle decisioni vale sempre la regola che ad ogni socio corrisponde una quota (anche se
ha investito maggiore denaro rispetto ad altri);
 Principio della Porta Aperta: possibilità di poter far entrare i soci senza problemi in qualunque
momento, senza la necessità di un notaio, in qualsiasi momento la cooperativa può accogliere
dei nuovi soci che possono versare il loro capitale sociale in modo del tutto gratuito, senza
oneri di burocrazia da pagare (peculiarità all’ interno delle società di capitali), le cooperative
hanno quindi un capitale variabile. (es: Coop il cliente è anche il proprietario dell’impresa),

Categorie in cui operano le cooperative:

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 Cooperativa di Consumo: hanno l’obbiettivo di garantire ai propri soci prodotti di buona
qualità a un prezzo competitivo rispetto al mercato, con offerte riservate solo ai possessori
di una tessera (es: Coop);
 Cooperative Bancarie: cliente della banca diventa anche socio e ha una serie di vantaggi
riservati ai soci;
 Cooperative Edilizie: cooperative che costruiscono case a prezzi vantaggiosi per i propri
soci;
 Cooperative di Lavoro: quella che opera maggiormente e mirano a trovare
un’occupazione ai propri soci, ma vengono pagati dalla cooperativa, nascono per
occupazioni particolari con orari complicati;
Molto presente anche nel mondo della cultura (soprattutto nel nostro territorio).

Per concludere i fattori determinanti nella scelta della forma giuridica sono:
 Rischi assunti dai soci Qualora i soci siano orientati a limitare la propria responsabilità, le
società di capitali sono, in genere, da preferire alle società di persone.
 Dimensione dell’impresa e aspetti finanziari La dimensione da dare all’impresa dipende dal
settore di attività prescelto ed è vincolata dal volume di mezzi finanziari necessari per effettuare gli
investimenti richiesti. Sotto questo aspetto sono da preferire le società di capitali in quanto hanno
una maggiore facilità nel reperire finanziamenti.
 Aspetti organizzativi e gestionali Le società di capitali costituiscono la forma giuridica più
adatta alle grandi imprese. Le società di persone sono più idonee a inserirsi in settori produttivi che
richiedono una prevalenza del fattore lavoro sul capitale; dove la compagine sociale è ristretta a
pochi individui
 Aspetti giuridici e fiscali Sotto l’aspetto giuridico, è rilevante anche il modo con cui sono
trasferibili le quote di capitale sottoscritte dai soci. Inoltre, deve essere preso in considerazione
anche l’onere connesso agli adempimenti civilistici in tema di obbligatorietà di scritture contabili,
pubblicità degli atti, ecc.. Sotto il profilo tributario deve essere preso in considerazione il differente
carico fiscale gravante sulle diverse forme giuridiche aziendali.
Fallimento: Attraverso la procedura fallimentare, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, vengono
liquidati i beni dell’impresa che si trova in grave e insanabile dissesto finanziario.

LA FORMA GIURIDA DELLE AZIENDE NO PROFIT


Le aziende non for profit si occupano di:
a. Cultura e Ricreazione: attività culturali e artistiche, attività ricreative, club
b. Istruzione e ricerca: istruzione primaria e secondaria, istruzione universitaria, istruzione
professionale, attività di ricerca
c. Sanità: ospedali generali e riabilitativi, case di cura, servizi psichiatrici, altri servizi sanitari
d. Servizi sociali: servizi di assistenza per calamità naturali, di protezione civile, profughi
rifugiati, servizi di sostegno ai redditi e alle condizioni di vita individuale; attività di
beneficienza
e. Ambiente: tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale, protezione della fauna
f. Promozione sviluppo comunità locale: promozione dello sviluppo economico e sociale
della comunità locale, tutela e sviluppo patrimonio abitativo, addestramento ed
avviamento professionale
g. Promozione e tutela diritti civili: organizzazioni civiche e di tutela dei diritti, servizi di
tutela legale
h. Intermediari filantropici e promozione del volontariato: intermediari filantropici e
promozione del volontariato
Le aziende no profit, quindi, sono realtà molto differenziate che operano in vari settori della vita sociale ed
economica, con dimensioni molto differenti, con livelli di professionalità molto differenti, con fabbisogni

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di capitale molto differenti, con schemi di funzionamento i più diversi, e fonti di finanziamento molto
diversificate.

Quando si vuole dare vita ad un’attività non Profit la prima cosa da fare è quella di scegliere la forma
giuridica, essa infatti identifica l’attività e definisce quali sono i criteri con i quali potete portare avanti
l’attività di rilevanza sociale, in altre parole stabilisce la modalità attraverso la quale l’attività potrà operare
per poter generare ricchezza sociale. Il mondo no profit non è ben classificato e lineare come quello delle
imprese (imprenditore individuale, società di persona, società di capitale), infatti si ha un mondo molto
variegato nel mondo delle no profit con livelli di complessità variegati che vanno dall’associazione
calcistica dilettantistica fino alla Croce Rossa.
Due tipologie giuridiche del Non-Profit: (cooperative sociali bonus)

 Fondazioni: molto frequente;


 Associazioni di promozione sociale: tra le più frequenti insieme alle fondazioni. La libertà di
associazione è sancita dall’articolo 18 della Costituzione Italiana, giuridicamente
l’associazione prende vita con un contratto in cui delle persone decidono di realizzare un
interesse comune senza l’obbiettivo di guadagnare denaro, lo scopo comune (comunione di
scopo) è il cuore dall’associazione, scopo di natura ideale ecc.… e non scopo di lucro.
 Comitati: nel “mezzo” tra associazioni e fondazioni
 Ente filantropico
 Enti Ecclesiastici: per quelle entità che erano normante dal diritto canonico e hanno trovato
una collocazione all’interno della normativa civilistica, anche loro in mezzo tra associazioni e
fondazioni
 Impresa sociale
 Cooperative sociali: sono no profit pur essendo cooperative con forma giuridica a
responsabilità limitata
 Reti assicurative
 Società di mutuo soccorso
 Associazioni riconosciute e non riconosciute

Gli Enti del Terzo Settore (ETS) rappresentano una nuova tipologia di enti introdotti dalla Riforma del
Terzo Settore, cominciata 3 anni fa e non ancora conclusa, ha cercato di ordinare la confusione degli enti
non profit, anche se ancora a metà dei decreti attuativi per norme generali, ora ci si trova in una situazione
temporanea.
Gli ETS perseguono senza scopo di lucro finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo
svolgimento in esclusiva o in misura prevalente di una o più attività di interesse generale in forma di azione
volontaria o di erogazione gratuita.
Le norme sugli enti no profit hanno tre fonti: il Codice civile, le norme speciali e il diritto tributario
(fisco).

COME NASCE UNA ASSOCIAZIONE E DIFFERENZE CON LE IMPRESE:


Le associazioni prendono vita dall’accordo degli associati: tale accordo si manifesta nel contratto di
associazione, cioè nell’atto costitutivo (contratto plurilaterale). L’associazione è un contratto con
comunione di scopo, in cui le parti mirano a realizzare un interesse comune a tutti i soggetti che

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partecipano all’associazione. Lo scopo dell’associazione, diversamente da quello delle società è quello di
soddisfare i bisogni di natura ideale, o comunque non economica, dei propri membri.
L’assenza di finalità di lucro non impedisce però all’associazione di svolgere attività economiche, purché
esse siano strumentali al perseguimento delle finalità istituzionali.
L’associazione, come d’altro canto l’impresa nasce con l’autentificazione del notaio che scrive lo statuto e
l’atto costitutivo, i quali però sono più complessi delle semplici imprese perché nello statuto sono presenti
ruoli e versamenti periodici che nelle imprese non sono presenti.
Più precisamente al momento della stesura dello statuto vengono definiti diverse categorie di soci, che ogni
anno versano quote associative diverse e si vanno a collocare nelle diverse categorie di associati, i quali
hanno diritti diversi tra loro. (es: Croce Rossa soci fondatori, soci sostenitori, soci e volontari, soci
ordinari), in altre parole nelle associazioni c’è la possibilità di redigere una classificazione dei soci in base al
conferimento (denaro) che il socio da.
L’associazione può decidere anche di non mettere all’interno dello statuto una categoria di associati e di
avere solo soci ordinari, ma in ogni caso questo denaro che il socio mette è annuale (quota associativa
annuale), questo vuol dire che le quote associative e i titoli di associati non sono eterni e dipendono dal
versare o dal non versare la quota associativa annualmente in modo periodico, a differenza invece
dell’impresa in cui i soci investono solo inizialmente alla nascita dell’attività per poi iniziare a mantenersi
da sola (equilibrio economico e monetario, guadagnare denaro ecc.…).
Una caratteristica non indifferente è quella della porta aperta (come nelle cooperative), ognuno può
associarsi ad un’associazione in qualsiasi momento purché versi la quota associativa.

Le associazioni si dividono poi in categorie, due solo molto rilevanti:


Associazioni di Volontariato: associazioni che si avvalgano prevalentemente dell’attività di volontariato per
svolgere le loro attività, prima della riforma del terzo settore il lavoro volontario non era consentito a tutte
le non profit, ma oggi il lavoro volontario è stato fortemente ampliato in questo terzo settore; resta però
come categoria speciale protetta la categoria delle associazioni di volontariato, che si avvalgono prevalente
e non in modo residuale dell’attività di volontari (l’attività lavorativa dell’associazione svolta per il 70% da
volontari e 30% lavoratori dipendenti), quest’ultima tipologia solitamente svolge attività nel settore socio
assistenziale o culturale ed ha molte agevolazione molto importanti (es: fiscale).
Associazioni di Promozione Sociale: associazioni in cui tra le loro attività fondamentali troviamo la
valorizzazione del patrimonio culturale, anche queste associazioni prima della riforma erano associazioni
riconosciute solo per il fatto di essere associazioni di promozione sociale.
Oggi sono normate dalla nuova normativa del terzo settore, che gli conferisce numerosi vantaggi, tra cui
vantaggi fiscali e la possibilità di sfruttare il lavoro volontario in quantità (anche se non prevalente come
l’associazione di volontariato).
Con la nuova normativa però per dare vita ad una associazione di volontariato o ad una associazione di
promozione sociale sono necessari come minimo sette soci.

LE ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE E NON RICONOSCIUTE:


Sono le due grandi tipologie in cui rientrano tutte le associazioni: la prima più «impegnativa» garantisce
benefici e un riconoscimento istituzionale, la seconda più agile e diffusa è adatta per chi vuole mettersi alla
prova. Tutte le associazioni, qualunque sia la forma associativa che le caratterizza, rientrano tra le
associazioni riconosciute o tra quelle non riconosciute. La differenza tra le due categorie sta nella modalità
di costituzione, nel riconoscimento o meno della personalità giuridica e nel livello di responsabilità degli
amministratori. Il riconoscimento nelle associazioni non è una scelta fatta dagli associati prima di dare vita
all’attività, come nell’impesa (ex-ante), il riconoscimento nell’associazione è una fase successiva.
Quindi per prima cosa viene data vita all’associazione poi viene presa la decisione di farla riconoscere o
continuare ad avere una associazione non riconosciuta.
Le associazioni di dividono quindi in due grandi categorie:
 Associazioni Riconosciute: Sono riconosciute le associazioni che hanno ottenuto il
riconoscimento della personalità giuridica da parte dello Stato.
La personalità giuridica consente alle associazioni di avere un’autonomia patrimoniale perfetta,
ovvero si determina la separazione del patrimonio dell’ente da quello dei soci, che agiscono in
nome e per conto dell’ente. Questo significa che le responsabilità di tipo economico derivanti da
attività svolte dall’associazione ricadono solo sull’associazione e non sui patrimoni delle singole
persone che la compongono o degli amministratori. Le associazioni riconosciute possono usufruire
di particolari benefici previsti dalla legge, come la possibilità di richiedere contributi da parte di
enti pubblici, la possibilità di ricevere eredità e donazioni o di comprare immobili.
Per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica è necessario stanziare un capitale che
rimarrà vincolato: non potrà essere utilizzato per altri scopi dall’associazione, proprio perché
rappresenta la garanzia della solvibilità dell’associazione stessa, in caso di obbligazioni verso terzi.

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 Associazioni non Riconosciute: Le associazioni non riconosciute sono la maggior parte, anche
perché il riconoscimento richiede tempo e oneri economici non trascurabili. Sono prive di
personalità giuridica, non hanno un riconoscimento istituzionale.
Non godono di un’autonomia patrimoniale perfetta, cioè, nel loro caso non c’è separazione
assoluta tra patrimonio dei membri e patrimonio dell’ente, ne consegue che gli amministratori
rispondono con il loro patrimonio per le attività dell’associazione.
Si basano, come le associazioni riconosciute, sull’accordo raggiunto tra gli associati.
Il contratto di associazione non prevede però per legge nessuna particolare formalità. È valido
anche se in forma orale o se redatto con una scrittura privata, senza bisogno di ricorrere a un
notaio o a un pubblico ufficiale, e senza altri elementi specifici se non quelli previsti dal Codice
civile per identificare gli enti senza fini di lucro. La forma scritta serve però se l’associazione
acquisisce beni immobili.
Per maggiore sicurezza sugli accordi presi è comunque opportuno, anche se non obbligatorio, che
l’Atto costitutivo sia in forma scritta.
Nella maggior parte dei casi, infatti, anche le associazioni non riconosciute ricorrono alla
redazione dell’Atto costitutivo e dello Statuto, che è opportuno registrare presso l’Ufficio del
Registro dell’Agenzia delle Entrate, per ottenere il codice fiscale dell'associazione, necessario per
operare e avere relazioni con altri enti, associazioni o individui.
Chi intende costituire un’associazione non riconosciuta deve comunque trovare un accordo su:
scopo dell’associazione, condizioni di ammissione degli associati, regole-ordinamento interno e
amministrazione, denominazione, sede e patrimonio.
Sia le associazioni riconosciute che quelle non riconosciute possono ottenere la qualifica di Onlus
(Organizzazione non lucrativa di utilità sociale).

In ogni caso la costituzione dell’associazione riconosciuta deve avvenire secondo una procedura formale:
 l’Atto costitutivo deve essere un atto pubblico, sottoscritto in presenza di un notaio o un pubblico
ufficiale;
 lo Statuto dell’associazione deve essere registrato presso l’Ufficio del Registro dell’Agenzia delle
Entrate;
Gli elementi essenziali dell’atto costitutivo e dello Statuto sono:
o Denominazione dell’ente;
o Indicazione dello scopo, del patrimonio, della sede
o Definizione delle norme sull’ordinamento e sull’amministrazione
o Specifica di diritti e obblighi degli associati
 la domanda per il riconoscimento della personalità giuridica, insieme alla documentazione
richiesta, deve essere presentata alla Prefettura della provincia in cui l’ente ha sede;
o La richiesta deve essere presentata dal legale rappresentante dell'associazione. La
prefettura, accertata la presenza delle condizioni previste dalla normativa, l’esistenza di
uno scopo possibile e lecito, e che il patrimonio sia sufficiente, la inoltrerà per
l’approvazione, attraverso il Ministero competente, alla Presidenza della Repubblica.
Fino a oggi la procedura di riconoscimento è macchinosa e complicata perché passa attraverso al prefetto
(prefettura locale) che si occupa di verificare che il patrimonio dell’associazione siano coerenti con
l’oggetto sociale (progetto dell’associazione), ovvero cha abbia a disposizione abbastanza denaro per quello
che fa (e che quindi il denaro resti all’interno dell’attività).
Ogni prefettura locale ha regole distinte l’una dall’altra, questa cosa è molto scorretta oltre che allungare
molto il processo burocratico, la nuova normativa si impone quindi di tagliare fuori la prefettura dal
processo di riconoscimento, e lasciare al notaio che da vita all’associazione l’onere di distinguere
un’associazione dall’essere riconosciuta o meno, grazie anche ad un tetto legislativo che fornisce il
patrimonio minimo che un associazioni deve avere per essere riconosciuta, il quale si aggira sui 15.000€
(questa legge entrerà in vigore a breve).

LE FONDAZIONI:
Anche se non esiste una definizione da Codice civile tradizionalmente la fondazione viene intesa come
organizzazione creata per la gestione di un patrimonio autonomo destinato e vincolato, in modo
tendenzialmente perpetuo, al perseguimento di uno scopo socialmente rilevante.
L’ente di diritto privato con personalità giuridica dotato di un patrimonio destinato ad uno scopo:
 l’associazione può esistere senza patrimonio
 la fondazione non può esistere senza patrimonio

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COOPERATIVE SOCIALI:
• Scopo: perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei
cittadini.
• Attività per raggiungere lo scopo:
 gestione di servizi sociosanitarie ed educativi
 svolgimento di attività finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate
I soci hanno uguale diritto di voto (principio «una testa, un voto») a prescindere dalle quote di capitale
sottoscritto. Il capitale della cooperativa sociale è variabile e l’entrata di nuovi soci non richiede modifiche
statutarie.
La cooperativa sociale si costituisce per atto pubblico. Gli organi principali sono: Assemblea dei Soci,
Consiglio di Amministrazione, Collegio sindacale Con la Riforma del Terzo Settore le cooperative sociali
assumeranno «di diritto» la qualifica di impresa sociale, senza necessità di adeguare i propri statuti.

COSA SIGNIFICA ESSERE ONLUS (organizzazione non lucrativa di utilità sociale)


Onlus significa svolgere l’attività prevista dallo statuto senza perseguire fini lucrativi. Onlus non è una
natura giuridica di uno specifico ente individuato nel nostro ordinamento civile, Onlus è uno status, una
qualifica. SI VUOLE ESSERE ONLUS. Pertanto, seppur creando profitto, questo profitto lo si rinveste
nell’attività svolta dall’organizzazione.
Le aziende non profit che possono essere Onlus devono:
 Svolgere attività solo nei settori previsti (assistenza sociale e socio-sanitaria, assistenza sanitaria,
beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela e valorizzazione delle cose di
interesse artistico, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, …)
 Perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale
 Non svolgere attività diverse da quelle espressamente previste, ad eccezione delle attività
direttamente connesse
 Non distribuire, anche indirettamente, utili ed avanzi di gestione
 Devolvere il patrimonio, in caso di scioglimento, ad un’altra Onlus
 Obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale

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Disegnare suonare carte
Corso di: WORKSHOP DI ECONOMIA E ORGANIZZAZIONE DELLE AZIENDE CULTURALI
1° Lezione 08/11/21
Che cos’è un’azienda culturale? E di cosa si occupa?
In un’azienda culturale possono rientrare:
o Imprese (for profit) es: Casa di produzione musicale
o Enti pubblici es: Teatro Regio (ma anche no profit)  new public management nel tempo degli
anni si passa da una tipologia di gestione burocratica ad una più orientata a quella delle imprese
o Istituti non profit es: Fondazione magnani rocca
È un insieme eterogeneo in cui convivono attori con finalità e logiche gestionali molto diverse tra loro.

Prima definizione:
Attività di conservazione, identità e celebrazione, aggregazione e coesione sociale, critica e innovazione,
educativa, raccolta fondi, ricreative, sociali, terapeutiche, manageriali e di sviluppo turistico.
(Tutte le organizzazioni e ambienti in cui l’artistico, l’intellettuale e lo scientifico continuano a lavorare)

Seconda definizione:
Agenti che si occupano della produzione e della distribuzione di beni ed esercizi di natura artistica e
culturale.
Di che cosa si occupa un’azienda culturale?
Conservare-Proteggere-Creare-Valorizzare
 Conservare: non significa solo conservare il prodotto fisico tangibile ma talvolta è considerato
conservare anche una tradizione o identità (patrimonio intangibile), che altrimenti col passare del
tempo scomparirebbero es: museo: conserva opere d’arte, teatro: conserva tradizioni di opere
artistiche;
 Proteggere: aziende proteggono i loro prodotti es: museo protegge le sue opere;
 Creare: realizzano dei prodotti es: azienda produzione musicale e video, cinema, museo: crea
nuovi significati simbolici, mostra: significato simbolico, crea chiave di lettura, casa editrice;
 Valorizzare: aspetto principe delle aziende culturali, senza il quale tutte le azioni compiute sono del
tutto inutili, perché se questo patrimonio non è accessibile, se non si creano le condizioni
favorevoli alla partecipazione dei clienti, non viene svolta l’attività di valorizzazione, quindi
renderla il più accessibile e aperta per la comunità.
“Valorizzazione” (Treccani)= complesso di azioni intese a conferire valore al patrimonio culturale
e a promuovere le potenzialità, migliorandone le condizioni di conoscenza e incrementandone la
fruizione collettiva e individuale;

La convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società:
Legato al tema della valorizzazione abbiamo la famosa:
Convenzione di Faro: il diritto all’eredità culturale è inerente al diritto a partecipare alla vita culturale, così
come definito nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e che la conservazione dell’eredità
culturale ed il suo uso sostenibile, hanno come obbiettivo lo sviluppo umano e la qualità della vita.
Chiede agli stati uno sforzo per accrescere la consapevolezza del potenziale economico del patrimonio
culturale e utilizzarlo.

Da quindi l’idea che l’accesso sia direttamente connesso ai diritti universali dell’uomo, non solo quindi
devo conservare questo patrimonio ma devo anche renderlo fruibile a tutti.
IL PRODOTTO CULTURALE:
L’Economia si occupa di analizzare le scelte di destinazione delle risorse (umane, economiche, finanziarie
in virtù delle finalità. Per capire se ci troviamo davanti ad un’azienda culturale serve indagare sui suoi
bisogni (piramide dei bisogni di A. Maslow).
Il prodotto culturale nasce da attività che hanno a che hanno a che fare con aspetti intellettuali, morali e
artistici della vita umana.
Prima definizione di prodotto culturale:

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Sono beni culturali le cose immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico,
etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge
quali testimonianze aventi valore di civiltà (anche tradizioni).

Seconda definizione di prodotto culturale (Thorsby):

Le attività che danno origine ai prodotti culturali rispondono a 3 criteri definitori:


1. Comportano una certa forma di creatività nella loro produzione (qualcosa di nuovo)
2. Possono riguardare creazione e comunicazione di un significato simbolico (individuare un senso)
3. Il loro risultato implica almeno a livello potenziale, una qualche forma di proprietà intellettuale, e
quindi di potenziale escludibilità all’accesso
o Proprietà industriale (brevetti, marchi, loghi)  compre l’idea
o Diritto d’autore, copyright tutela l’opera, la forma espressiva di quell’idea
Un prodotto culturale deve riguardare contemporaneamente tutte e tre le attività.
Vengono quindi esclusi da questa definizione i centri di formazione, ricerca, cinema, librerie, negozi, enti
di gestione (ministeri e assessorati).
Sono presenti quindi diversi tipi di definizioni che portano all’inclusione o all’esclusione di alcune
categorie.
es: Alessi spremiagrumi di Philippe Starck  dibattito acceso sulla inclusione o non all’interno dei prodotti
culturali degli oggetti di design in quanto alcune definizioni di prodotto culturale non lo includerebbero.

Altra possibile categorizzazione:


o Patrimonio Tangibile e Intangibile (Heritage) tutti quei prodotti storico artistici culturali;
o Spettacolo dal vivo (Performing arts): opere liriche, spettacoli teatrali di prosa, concerti,
circhi, danza;
o Arti Visuali (Visual Arts): Musei, gallerie, pinacoteche, singole opere d’arte
Che si differenziano però dal CC, ovvero l’industria Creativa Culturale (Cultural Industry), cioè
tutte quelle industrie che combinano una finalità profit con una componente di creatività e
creazione artistica nell’ input (fattori produttivi), ma il quale obbiettivo principe è avere un
guadagno, un utile da distribuire ai propri soci es: Alessi, ma più in generale: cinema, televisione,
editoria, design, fashion
In altre parole, le aziende culturali si dividono in:
1. Settore culturale tradizionale (no profit e aziende pubbliche): il settore è composto dalle cosiddette
espressioni artistiche il cui output è culturale ma non necessariamente economico, settori della
conservazione e arti performative.
2. Industrie culturali creative (imprese): tutto quel settore industriale che ha una finalità di profitto o
con potenziale di riproducibilità (editoria, cinema, radio, musica) o che utilizzano la cultura come
valore aggiunto per la produzione di prodotti non culturali, presente solo nei suoi input (moda,
design, architettura)
In realtà anche in questo caso è una definizione, non è così netta la suddivisione es: casa editrice.
Altra possibile tassonomia delle istituzioni culturali, divise in base a quattro direttrici:
 Attività preminente dell’istituzione (attività principale): che possono essere:
o Creazione di significati simboliciatto di dare vita ad un contenuto nuovo e si può
esprimersi in una duplice forma:
 Realizzazione di oggetti culturali nuovi
 Tutela di oggetti culturali: selezione, recupero, conservazione, catalogazione ecc.

o Comunicazione di significati simbolici diffusione di significati simbolici presso il
gruppo che in essi riconosce la propria identità:
 Attraverso i linguaggi (attività editoriale, performing arts)
 Attraverso la messa a disposizione dei contenuti (usanze, costumi, biblioteche)
 Modalità offerta al pubblico = tre tipologie:
o Fruizione diretta dal vivo (performing arts, heritage):
 contemporaneità dell’esecuzione
 presenza del pubblico
 struttura dei costi rigida e costo unitario
es: museo
o Trasmissione (differita o diretta): assenza di necessità di presenziare di persona all’evento
 possibile equilibrio economico

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 aumento dei possibili fruitori, ma esperienza diversa
 diretta o differita
 economie di replicazione
es: concerto Capodanno
o Riproduzione:
 riproduzione dell’originale
 illimitata
 non legato al qui e ora
 impresa orientata al profitto
es: case editrici, case disco grafiche
 L’assetto Istituzionale
o La veste giuridica (associazioni, imprese, fondazioni) strettamente legata alla mission;
o La Governance: detta le linee guida a cui la gestione deve attenersi. Modalità in cui sono
selezionati e coinvolti coloro che governano;
o Le fonti di finanziamento: la tipologia di fonte e la natura delle relazioni con i
finanziatori;
 Finalità:
o Profitto: il prodotto culturale è uno strumento per raggiungere lo scopo ultimo
(es: industrie culturali creative)
o Promozione culturale: La finalità ultima è la promozione e valorizzazione del prodotto
culturale. Il profitto è uno strumento per il raggiungimento della finalità principale
Anche in questa classificazione la distinzione non è sempre così netta es: Alessi

I 3 Settori
Primo SettoreMercato, ovvero il settore For Profit, che comprende le aziende che operano nel mercato
1) Natura privata
2) Profitto e distribuzione utili
3) Costituzione con atto formale
4) Autogoverno
5) Private benefit
Secondo SettoreStato
1)Natura pubblica
2)Non distribuiti utili
3)Costituzione con atto formale
4)Etero direzione
5)Public benefit
Terzo SettoreNon Profit, ovvero tutto ciò che non è né stato né mercato:
1)Aziende di natura privata
2)Non vengono distribuiti utilideve rimanere all’interno dell’azienda (dipendenti comunque
pagati)
3)Costituzione con atto formale
4)Autogoverno
5)Public benefit

Possibile tassonomia:

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Tassonomia di Thorsby:

SPECIFICITA’ DEI BENI:


Sia l’Heritage, le performing arts e le industrie culturali creative hanno caratteristiche che impattano sugli
assetti istituzionali, l’organizzazione e le specificità gestionali.
Facciamo però prima un passo indietro andando a definire l’attività economica come l’insieme dei processi
di produzione di merci e servizi posti in atto per soddisfare i bisogni individuali o collettivi.
I bisogni possono essere individuali o collettivi, quindi fisiologici o di natura sociale.
Se ne trovano diversi, e possono in parte essere soddisfatti dalla disponibilità di beni.

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I beni invece sono utili a soddisfare uno specifico bisogno e sono scarsi rispetto alla loro domanda, essi
possono essere di diverso tipo:
 Beni Primari (pane, acqua)
 Beni non essenziali
 Beni Complementari=l’aumento della domanda di uno aumenta la domanda del secondo es:
videogiochi e playstationpossibile partnership,
 Beni Sostitutivi: due beni simili possono soddisfare lo stesso bisogno agli occhi del consumatore es:
libri cartacei ed e-book  possibile concorrenza,
 Beni Durevoli: durevoli nel tempo es: mobili, elettrodomestici ecc.…
 Beni per Utilizzo Singolo: usa e e getta es: sigarette, cibo
 Bene Collettivo: fruizione collettiva ed esperito insieme ad altri es: teatro
 Beni destinati al Consumo individuale: sono ideati per essere consumati da solo una persona
es: parcheggio
 Bene pubblico: presenti anche i beni culturali, sono beni che non vengono distrutti dal consumo,
non limita la possibilità di consumo da parte di altri soggetti, non si pregiudica la fruibilità futura,
si parla anche della dimensione intangibile, anche se lo consumo non escludo l’accesso alle future
generazioni
- consentire l’accesso ad un pubblico il più possibile ampio
- valorizzazione economica
 Beni duplicabili e/o riproducibili
- diverse tipologie di fruizione
- diminuzione di costi

I beni possono essere:


 Donati: bene può essere dato gratuitamente, ovviamente in modo strategico per secondi fini;
 Scambiati: controprestazione di moneta al ricevimento di un bene o servizio che si possiede (X in
cambio). Lo scopo di ogni scambio è soddisfare i bisogni delle parti che, di conseguenza, decidono
di instaurare tra loro un accordo di compravendita.
Le vendite B2B, ovvero le vendite business to business, si riferiscono alle aziende che vendono
prodotti e servizi alle imprese, piuttosto che direttamente ai consumatori tramite la vendita al
dettaglio, business to customer (B2C). Le vendite B2B hanno tipicamente valori di ordini più
elevati, cicli di vendita più lunghi e sono spesso più complesse delle vendite B2C.
Si sono aggiunte nel tempo anche le vendite Business to People (B2P), ovvero il marketing.
Di solito questo scambio avviene tramite un prezzo, ovvero la quantità di moneta o di credito
ceduta dall’azienda compratrice.
Questo prezzo però non è sempre l’indicatore del valore, dietro le politiche di prezzo ci sono
meccanismi complessi e di vario genere ma che si basano sul principio del mercato della domanda
e dell’offerta:
Il mercato è composto da prodotti e servizi in vendita (offerta), e la volontà dei compratori di
acquistare (domanda).
a. offerta= quantità di un certo bene o servizio messa in vendita ad un determinato prezzo;
b. domanda= quantità di un certo bene o servizio che le persone sono disposte a comprare ad
un determinato prezzo;
I compratori vorranno comprare il bene al prezzo più basso possibile, mentre i venditori
vorranno vendere il bene al prezzo più alto possibile, l’incontro tra domanda e offerta
determina il prezzo.
In generale più è alta la domanda più sarà alto il prezzo, perché i compratori hanno più
bisogno di quel bene o servizio analogamente più sale l’offerta più si abbassa il prezzo,
questo perché aumenta il bisogno di vendere.
Per concludere quindi il mercato è definito da un insieme di negoziazioni e il prezzo è il
frutto della negoziazione tra domanda e offerta.
La scarsità dei beni e la loro utilità ne condiziona il valore percepito da parte degli attori,
maggiore sarà il prezzo che il compratore è disposto a pagare. Talvolta si creano le
condizioni di scarsità per aumentare l’interesse e l’attenzione degli utenti.

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Non sempre però esistono correlazioni tra prezzo e qualità anche in condizione di mercati
perfetti.
 Condivisi: i beni possono essere condivisi quando la loro disponibilità avviene non in virtù di una
transazione basata sullo scambio economico ma in virtù di uno status (es: Wikipedia informazioni
messe a disposizione ai frequentatori di Wikipedia)

SPECIFICITA’ DELLE INDUSTRIE CREATIVE: caratteristiche principali


 Incertezza: di solito nelle aziende in generale è presente un’informazione asimmetrica, ovvero il
produttore ha dell’informazione che il consumatore finale non riesce ad ottenere, creandosi
quindi uno sbilanciamento. Per evitare problemi, frodi e disequilibri che si possono andare a creare
lo stato ha introdotto l’obbligo di dare informazioni riguardo i beni ai consumatori per scelta più
consapevole es: provenienza frutta.
Nelle aziende culturali però è diverso, infatti, si ha un’ignoranza simmetrica, chiamata anche …
nobody knows principle: ovvero né il produttore né il consumatore sapranno come sarà il prodotto
finale es: spettacoli teatrali, libro appena uscito ecc.… ci si trova quindi davanti ad un rischio più
elevato in quanto è impossibile definire ex ante il successo;
 Art for Art’s sake: i lavoratori (spesso artistici) ci tengono all’originalità del loro lavoro,
all’integrità della loro creazione, in quanto spinti da una grande motivazione sono disponibili ad
accettare paghe più basse o a farlo su base volontaria, pur di lavorare nel proprio ambito.
 Motley crew principle: l’addove ci sono prodotti complessi (es: produzione di film, opera teatrale
ecc..) sono presenti diverse fonte di input variegate tra loro (es: direttore costumi, attori, regista,
tecnico del suono). Tutti questi diversi settori (input) devono performare ad altissimi livelli, il
il coordinamento fra queste realtà così diverse tra loro è spesso difficile, ma un solo errore può farne
risentire il complessivo lavoro ovvero l’output finale può risultare mediocre.
 Infinite variety: i prodotti sono differenziati per qualità e unicità e a una serie di input
corrispondono quasi infiniti output; quindi, c’è un potenziale inesauribile di prodotti finali.
Le due problematiche che ne derivano sono:
1. Problemi di informazione e di rischio che sono connessi alla trasformazione delle idee in
scelte imprenditoriali;
2. Eccesso di informazioni;
es: da un input artisti la quantità dell’l’output finale è infinita quantità immensa di opere
d’arte differenti tra loro.
Nei prodotti culturali a differenza di qualsiasi altro prodotto si ha una infinita varietà di prodotti
finali che posso creare. Quando si produce ad esempio una penna non è presente una varietà infinita
di output/prodotti-finali come quella dei prodotti culturali.
Questo implica due tipi di competizione:
o Competizione inter-tipo es:(libro-film)
o Competizione intra-tipo es:(film-film) dal 1912 ad oggi sono stati realizzati 18 film sul
Titanic;
Per gli stessi identici Input possono essere realizzati infiniti output, variando ovviamente, nel caso
dei film, gli attori, la scenografia, gli effetti speciali ecc.…
Nel caso di presenza di competitor, c’è il bisogno di differenziarsi attraverso due metodi:
o Differenziazione Verticale: si differenzia il proprio prodotto per la qualità, i prodotti sono
diversi per natura, in uno dei due prodotti tutti gli attributi sono presenti con un’intensità
maggiore rispetto ad un altro prodotto, in altre parole si da uno stacco sul piano
qualitativo, se il consumatore finale ha tutte le informazioni relative al prodotto
riconoscerà la differenza qualitativa, es: Mac Donald vs ristorante;
o Differenziazione Orizzontale: si differenzia il proprio prodotto attraverso la creazione di
prodotti diversi, i prodotti sono diversi per l’entità delle caratteristiche o attributi che
presentano, e quindi un bene differisce dall’altro perché ha un attributo presente con
maggiore intensità ed un altro con minore intensità rispetto ad un altro, in sintesi quindi

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va a catturare una fetta di mercato non presa dalla concorrenza, rendendo così il prodotto
unico. Es: Mac Donald vs KFC;
 Lista A e Lista B: Gli artisti/opere d’arte sono classificati in base alle loro capacità, originalità e
competenza nei processi creativi e/o nei prodotti.
Piccole differenze di abilità e talento possono produrre enormi differenze nel successo
(finanziario). Con gli stessi input in base all’autore si rientra nella A list, ovvero prodotti
qualitativamente molto alti, oppure nella B list, i quali sono prodotti qualitativamente più bassi
(simile a differenziazione verticale). Si coordinano varie realtà, in risultato finale si può trovare
nella A list (voto massimo) o nella B list (mediocre) in base a come l’Input viene preformato in
maniera diversa;
 Time flies: il tempo vola, quando si coordinano realtà complesse con diversi input, diverse
tempistiche ed esigenze e un alto grado di creatività. È necessario quindi stare all’interno di un
preciso timeframe=coordinamento produzione/distribuzione.
Un bravo coordinatore deve fare in modo che il tempo della produzione sia riadattato per sposarsi
con quello della distribuzione. Tutti gli attori che producono l’input vorranno far si che essi
vengano performati ad alto livello e questo comporterà a tempi di produzione troppo lunghi che
porterebbero di conseguenza ad un ritardo nella successiva fase di distribuzione.
Più questi ritardi si accumulano più c’è la necessità di coordinare questi fattori produttivi, durante
questo processo di coordinamento il tempo scorre ancora più velocemente e si rischia di perdere
l’obbiettivo primario di “match” tra produzione e distribuzione;
 Ars longa: letteralmente l’arte dura a lungo è la capacità dei produttori di certi beni o opere
culturali di continuare a ricavarne rendite economiche molto dopo il periodo di produzione,
grazie al copyright e al pagamento delle royalty. Es: cantante dopo aver fatto album e concerti
guadagna dalla canzone con i diritti d’autore;
Questa lista è criticata perché non tutte le caratteristiche sono peculiari delle industrie creative ma sono
presenti anche in altri settori. Sono poi presenti anche delle eccezioni per certe aziende e quindi non tuti i
sette principi sono applicabili per i prodotti culturali ma ci permette di comprenderne le peculiarità

Ci sono infatti altre caratteristiche/problematiche dei prodotti culturali:


 La natura incerta dei profitti a causa della breve durata dei prodotti, con un’alta percentuale di
fallimento dovuta alla volatilità del mercato che dipende dalla moda, dalle tendenze e
dall’incertezza del consumo (nelle aziende normali si riesce a comprendere se un prodotto va
“bene” o “male” nel mercato, nelle aziende culturali non è così)
 Alti costi fissi a livello di produzione, distribuzione ed esibizione dei lavori creativi e la
conseguente importanza dei finanziamenti;
 Il morbo di Baumol, la teoria della crescita sbilanciata: il settore culturale presenta aumenti
tecnologici e di produttività inferiori alla crescita dell’economia (e dunque dell’inflazione), per cui
i costi e i prezzi di realizzazione dei servizi culturali (soprattutto degli spettacoli dal vivo)
aumentano nel tempo di più dell’aumento del potere di acquisto dei consumatori e necessitano di
finanziamenti pubblici crescenti. Nonostante le innovazioni tecnologiche nei vari settori, in
quello culturale non c’è un aumento della produttività e una diminuzione dei costi e quindi questo
ha portato ad una crescita sbilanciata. Si riscontrano quindi difficoltà nel raggiungimento di un
equilibrio economico (rapporto costi-ricavi) per un azienda culturale.

COME INCONTRARE IL GUSTO DEL PUBBLICO E SUPERARE LA CONCORRENZA?

L'esigenza delle imprese è quella di fornire prodotti che incontrino il gusto del pubblico in maniera
superiore rispetto alla concorrenza, la libertà accordata agli autori diventa quindi una condizione
necessaria per il successo del prodotto. L'incertezza che deriva dalla difficoltà di prevedere il successo del
prodotto e l'opportunità̀ di lasciare l'libert
à ai creativi risulta centrale nelle scelte gestionali nell'industria
culturale. Tra le strategie adoperate per gestire l’incertezza della domanda e la conseguente volatilità
comune a tutti i settori abbiamo cinque aspetti comuni:

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 FOCALIZZAZIONE SULLE ATTIVITÀ DI PROMOZIONE E DISTRIBUZIONE: l'attività̀ di
gestione si concentra sulla riproduzione, distribuzione e promozione del prodotto culturale
lasciando libertà agli autori ed ai creativi.
 COSTRUZIONE DI REPERTORI: una soluzione gestionale è quella di disporre un numero
elevato di diversi prodotti da proporre al pubblico. Con questa tecnica si diversifica il rischio
accrescendo la probabilità̀ di avere successo; ciò̀ comporta, però, due conseguenze:
o Il successo deve coprire l'insuccesso e una crescita dimensionale dell’impresa che riesce di
conseguenza a diversificare maggiormente il rischio.
o L'effetto congiunto, in presenza di concorrenza, conduce ad un incremento degli
investimenti su un singolo prodotto; avvengono così investimenti maggiori e più̀ alti di
rischio.
Le aziende di grandi dimensioni sono così obbligate ad ottenere almeno un grande successo a
stagione.
 UTILIZZO DI FORMAT: l'utilizzo di format permette alle imprese di ridurre i rischi. Il format è
l'utilizzo di elementi invariati che hanno successo, ci sono tre elementi che li caratterizzano:
o La presenza di Star: questo richiede investimenti per la creazione di un personaggio;
o La costruzione di un genere: svolge la funzione di comunicare il tipo di prodotto offerto
intercettando il target a cui è destinato, poiché́, essendo un prodotto experience uno degli
ostacoli che si incontrano è l'impossibilità del pubblico di giudicare un’opera ex ante;
o La serializzazione è lo sfruttamento di una trama attraverso la costruzione di nuove storie
con gli stessi personaggi.
 RUOLO DEGLI INTERMEDIARI DI CREATIVITÀ: le tensioni fra esigenze creative e di
mercato richiedono una figura, che comprenda entrambi gli aspetti.
Queste figure svolgono il ruolo di intermediari e sono dette gatekeeper; i gatekeeper possiedono sia
competenze artistiche che manageriali e sono in grado di riconoscere talenti artistici valutandone
la commerciabilità̀, sono in grado di influenzare l'attività̀ creativa verso i gusti del pubblico.
 INTEGRAZIONE VERTICALE, ORIZZONTALE E MULTISETTORIALE:
o Integrazione verticale: è un'espressione, che nella microeconomia e nel management
strategico descrive la scelta di un'impresa produttrice o assemblatrice di un certo prodotto
di integrare all'interno della propria attività un maggior numero di "passaggi intermedi"
necessari all'ottenimento del prodotto finito

o Integrazione orizzontale: E’ l'espansione dell'attività dell'impresa a prodotti, processi e


know-how affini alla filiera tecnologico-produttiva già esistente, porta ad una riduzione
della concorrenza attraverso takeover e fusioni
o Multisettoriali l'espansione in settori affini alle industrie culturali che possono valorizzare
i propri prodotti e fare leva negli sforzi di produzione;
Piccolo ripasso:
Input: fattori produttivi che si trasformano in
 Output: prodotto del processo produttivo che porta al
Outcome: ovvero la misurazione del soddisfacimento del bisogno o scambio economico

COSTI:
o Fissi: i costi fissi sono quei costi aziendali che non variano al variare delle quantità prodotte.
Significa quindi che se un’azienda produce zero unità del prodotto o se ne produce moltissime i
costi fissi tali sono e tali restano, è quindi un costo che l’azienda deve sempre e comunque
sostenere, non dipendente dalla quantità es: affitto pizzaiolo;
o Variabili: i costi variabili sono quei costi aziendali che variano al variare delle quantità prodotte.
Questo significa, che, a seconda delle quantità che io produco, ho dei costi che variano al variare
delle quantità prodotte es: farina pizzaiolo;

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Costo variabile unitario: costo degli input per produrre una singola unità es: una pizza
Costi variabili: costo variabile unitario moltiplicato per quantità che produco;
Costi totali= costi fissi + costi variabili
Costi fissi + costi variabili unitari *Q = Prezzo di vendita * Q
Prezzo vendita unitario: prezzo di vendita a cui l’azienda vende una sola unità es: prezzo singola pizza;
Ricavi totali: prezzo unitario moltiplicato per numero di unità vendute;
Utile: ricavi totali meno costi totali
Punto di Pareggio/break even point (BEP): costi totali = ricavi totali zero come utile, ovvero punto in cui
il valore dell’input è uguale a quello dell’output;
Perdita: quando l’input ha un valore maggiore dell’output

Costi Fissi (CF)= 3000€


Costo Variabile Unitario (CVu)= 2€ (pizza)
Prezzo unitario (Pu)= 5€;
Quantità (Q)

Costi fissi= 3000€


Costi variabili unitario= 4€
Quantità= 150
BEP=?

ANALISI DEL PUNTO DI PAREGGIO (Break Even Point)


Anche se non molto accurato (visto che costi e ricavi non sempre variano in maniera lineare) il calcolo del
punto di pareggio è un buon indicatore che aiuta a capire quale può essere il prezzo per coprire tutti i costi.
L’analisi del punto di pareggio ci permette di far veloci valutazioni rispetto al tema dell’esternalizzazione,
controllando se conviene in un’attività produrre internamente i fattori produttivi o esternalizzarli,
acquistandoli.
Vi sono alcune tipologie di costi eccezionali presenti nei settori di ricerca e sviluppo (es: sviluppo software,
produzione vaccini), che hanno costi fissi altissimi, e costi variabili estremamente bassi, in questi settori è
fondamentale per arrivare al punto di pareggio produrre grandissime quantità.
Nella cultura e non solo quindi perché tante aziende culturali producono degli impatti che vanno ben oltre
i confini aziendali. L’istituzione culturale può portare ad avere un impatto positivo sul territorio in cui
opera, riuscendo ad attrarre turisti e investitori (esternalità positive).
Da questo impatto non è però possibile capitalizzarne un ricavo, in altre parole è l’impossibilità di recupero
dei costi che producono benefici a tutta la comunità.
Un teatro/museo che si trova in una zona periferica, fuori dai grandi circuiti (Milano, Firenze, Roma ecc..) è
difficile attrarre visitatori (sono presenti, comunque, alcune aziende culturali in zone periferiche.

MORBO DI BAUMOL:
Nelle aziende culturali le cose però cambiano, infatti la cultura ha un “morbo “il morbo di Baumol
L’analisi si fonda su un modello a due settori che comprende un settore a produttività crescente
(manifatturiero) ed un settore a produttività stagnante (arti dello spettacolo)
La produttività del lavoro assume una dinamica opposta per effetto dell’innovazione tecnologica.
I settori a produttività crescente, in grado di assimilare nel processo produttivo l’innovazione tecnologica,
riescono a bilanciare la struttura finanziaria grazie ad economie dette appunto di innovazione.
Il progresso tecnico, quindi, registra incrementi nella produttività che si compensano i progressivi aumenti
salariali degli addetti di tale settore. Per l’effetto di un (supposto) meccanismo di evoluzione salariale

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parallelo nei due settori, i livelli retributivi aumentano anche nel settore stagnante, nel quale non si
ottengono corrispondenti aumenti di produttività.
Progresso tecnologico:
 Progressivo: è la possibilità di avvantaggiarsi del settore tecnologico nel processo di produzione,
con un aumento della produttività  aumento nella maggior parte delle aziende;
 Stagnante: non è possibile assorbire le innovazioni tecnologiche (o almeno in parte), e quindi non
può essere aumentata la produttività  nelle aziende culturali
La miglior produttività permette di bilanciare i costi nel settore progressivo, la minor produttività del
settore stagnante da luogo ad una crescita sbilanciata.
Il settore dello spettacolo dal vivo non gode di progressività poiché la tecnologia di settore è legata a
canoni, teorie e pratiche che difficilmente traggono beneficio dall’introduzione di innovazioni
tecnologiche.
In altre parole, il settore culturale, presenta aumenti tecnologici e di produttività inferiori alla crescita
dell’economia (e dunque dell’inflazione), per cui i costi e i prezzi di realizzazione dei servizi culturali
(soprattutto degli spettacoli dal vivo) aumentano nel tempo di più dell’aumento del potere di acquisto dei
consumatori e necessitano di finanziamenti pubblici crescenti.
Dunque, la produttività (stagnante) del settore non è in grado di abbattere i crescenti costi salariarli e, dal
momento che i salari degli artisti costituiscono la maggior parte dei costi di produzione, lo spettacolo dal
vivo soffre di quella che è stata chiamata la sindrome dei costi o legge della crescita sbilanciata.
In altre parole, il settore culturale, presenta aumenti tecnologici e di produttività inferiori alla crescita
dell’economia (e dunque dell’inflazione), per cui i costi e i prezzi di realizzazione dei servizi culturali
(soprattutto degli spettacoli dal vivo) aumentano nel tempo di più dell’aumento del potere di acquisto dei
consumatori e necessitano di finanziamenti pubblici crescenti.
La sindrome dei costi è tale da determinare una perdita addirittura crescente al crescere del volume delle
attività̀:ùpisi produce più̀ si perde.
È evidente come si tratti di una condizione assai grave e preoccupante che penalizza l’economicità̀ delle
istituzioni culturali.
Si pongono, pertanto le basi dell’incertezza finanziaria che caratterizza il settore dimostrando
scientificamente, mediante categorie analitiche proprio dell’economia, che l’arte non può sopravvivere
senza un contributo finanziario esterno.
Questo morbo di Baumol non è sempre applicabile o condiviso da tutti, in quanto molte volte è un
problema solo di comunicazione e di percezione del prodotto finale al consumatore. (es: come fanno gli
artigiani del lusso)
Musei gratuiti? O a pagamento?
Dibattito ancora aperto Servizio gratuito può sminuire il valore.
Magari modalità di comunicazione del prodotto offerto sbagliata.

Ragioni del finanziamento pubblico alla cultura:


 Bene meritorio (meritgood)
 Promotrice dell’identità nazionale
 Mezzo di inclusione sociale
 Ricadute economiche sul territorio (esternalità positive)
 Per evitare il fallimento del mercato
 Mezzo di redistribuzione delle conoscenze (democratizzare la cultura) soprattutto per i musei
piccoli e fuori dalle grandi direttrici
 Evitarne il rischio di estinzione

Aziende che operano all’interno della cultura:


 Imprese: coinvolte nella progettazione, produzione e distribuzione dei prodotti culturali. Sono
settori economici caratterizzati principalmente dall’apporto di risorse umane, dall’innovazione e
dalle capacità tecnico-artistiche degli operatori (design, moda, editoria)
 Istituzioni culturali (PA): Enti di pubblica amministrazione con diversi gradi di autonomia
 Aziende non profit: impegnata nelle attività di valorizzazione, progettazione e produzione.
Le ultime due hanno una finalità prevalente di carattere non economico e si specializzano in processi
finalizzati alla creazione di valore non economico.

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Quest’ultime si finanziano attraverso quattro modalità:
1. Autofinanziamento: entrate auto-generate derivano dal pagamento del corrispettivo
eventualmente previsto per l’accesso alla prestazione primaria, o dallo svolgimento di ulteriori
servizi e attività di tipo commerciale (servizi accessori e complementari nati per massimizzare il
livello di soddisfazione dell’utente). Le fonti auto-generate sono:
a. Vendita di servizi/Vendita di biglietti di accesso
b. Cessione di servizi connessi all’attività primaria (bar caffetterie in musei, teatri; servizi di
riproduzione nelle biblioteche)
c. Vendita di prodotti (merchandising, prodotti editoriali)
d. Cessione dei diritti sulla riproduzione delle opere (copyright, cartoline e poster per i
musei, cd-room per i concerti, dvd per le rappresentazioni teatrali)
e. Affitto spazi (es: affitto per eventi private)
Differenza:
Servizi accessori: Servizi che si aggiungono all’esperienza offerta, semplificazione del prodotto
e meccanismi per rendere l’offerta interessante es: audio-guide, didattica/workshop
Servizi aggiuntivi: detti anche attività di supporto al consumo servizi per alleviare la fatica o
per facilitare l’esperienza che però non sono strettamente correlati all’esperienza offerta:
parcheggio, caffetteria;

2. Sostegno pubblico: presente perché si parla di beni meritori che meritano il sostegno pubblico.
Attraverso due tipi di intervento:
1. Intervento Diretto: le imprese pubbliche (statali, regionali, provinciali, comunali ecc.) e
non profit ricevono con cadenza periodica dei trasferimenti di risorse finanziarie a fondo
perduto.
i. Finanziamento diretto all’offerta: finanziamento direttamente all’azienda, la
quale riceve x fondi (denaro, voucher ecc.), trasferimenti effettuati dai soggetti
finanziatori alle istituzioni o ai soggetti che producono cultura nei musei, teatri
ecc.…
ii. Finanziamento diretto alla domanda: vengono finanziati i consumatori finali,
che però sono vincolati a spendere la somma data in quel determinato settore che
si vuole promuovere, così da intercettare una parte di utenza che normalmente
non lo farebbe (es: bonus cultura);
2. Intervento Indiretto: agevolazioni fiscali, riduzione di costi, agevolazioni fiscali.
1. Finanziamento indiretto all’offerta: agevolazioni/riduzioni di spese che vengono
date direttamente all’azienda o istituzione (riduzione di spese, sgravi fiscali per
aziende operanti nel settore culturale)

2. Finanziamento indiretto alla domanda: è rappresentato da riduzioni di spese a


vantaggio dei fruitori di cultura, riduzioni di imposte sui beni e i consumi
culturali;

Finanziare la domanda rispetto al finanziare l’offerta spinge le aziende (culturali) a essere più
attrattive.
È un incentivo non solo per chi utilizza il buono ma anche per l’associazione a pensare a delle
strategie per interessare quello specifico target di pubblico.

I criteri di distribuzione dei fondi per intervento diretto vengono definiti dai bandi di gara,
ovvero la procedura attraverso la quale un soggetto (pubblico o privato) definisce criteri di
modalità per l’ottenimento di risorse finanziarie funzionali alla realizzazione di un progetto.

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Gara: i soggetti beneficiari si troveranno a competere sulla base delle rispettive capacità
progettuali per l’ottenimento delle risorse disponibili

Vantaggi:
1. Stimola la competizione positiva tra le aziende culturali
2. Permette di assegnare le risorse scarse ai progetti di maggiore qualità
3. Sviluppa nuove competenze (capacità progettuale) nelle aziende culturali

I trasferimenti:
I trasferimenti possono essere definiti come le somme che un ente pubblico trasferisce ad
un’azienda pubblica con lo scopo di garantire la realizzazione di servizi, opere o funzioni.
Il trasferimento è perciò un modo per distribuire alle aziende pubbliche risorse finanziarie
raccolte ad altri livelli di governo del settore pubblico.
I trasferimenti possono essere di due tipi:
1. Trasferimenti finalizzati: trasferimento di denaro destinato per un determinato fine o
progetto, collegati allo svolgimento di una determinata attività.
2. Trasferimenti indistinti: trasferimento di denaro per gestire l’azienda, collegati alla
gestione in generale.
I criteri utilizzasti per l’individuare la quota di competenza di azienda pubblica:
1. Criterio del “piè di lista”: con questo criterio sono riconosciuti tutti i costi sostenuti
dall’azienda pubblica relativamente ad una funzione, ad un progetto o ad un servizio.
Si segno tutti i costi e si presentano tutte le spese che si hanno sostenuto alla conclusione
del progetto e avviene il rimborso totale.
Ha come vantaggio che nel caso in cui si hanno spese extra inaspettate queste mi verranno
completamente rimborsate in ogni caso. (es: faccio un viaggio a Parigi e poi quando torno
mi vengono rimborsati i soldi)
 finanziamento con controllo burocratico
2. Criterio della Spesa storica: si riconosce all’azienda pubblica un ammontare di risorse pari
(o proporzionale o collegato con uno specifico algoritmo) alla spesa sostenuta nel passato
(l’anno precedente o la media degli anni precedenti). Ha come vantaggio la sicurezza nel
sapere già il budget annuale. Si ha quindi una sicurezza perché si sa l’ammontare che si
riceverà quest’anno ma non tiene conto se l’azienda l’anno precedente ha speso molto o
poco. (es: l’anno scorso ho speso mille per andare a Parigi quest’anno per il tuo viaggio ti
do lo stesso, ma se vado in Polinesia spendo di più)
finanziamento con controllo burocratico
3. Criterio della spesa attesa: con questo criterio si identificano e poi si finalizzano, le spese
che presumibilmente l’azienda pubblica sosterrà. Il problema centrale di questo criterio di
riferimento è il sistema di calcolo. Un modo per valutare la spesa attesa può partire
dall’individuazione, in base alla spesa storica, di una spesa media per ciascuna classe di
azienda pubblica, classe costruita secondo talune omogeneità come, ad esempio,
popolazione, caratteristiche strutturali, e così via. (es: immagino che per andare a Parigi
spenderai mille, ti do mille)
4. Criterio dei parametri espressivi del fabbisogno: In questo caso si identificano vari
elementi in grado di esprimere il differenziale in termini di bisogno a cui le attività delle
aziende pubbliche devono far fronte. I criteri fanno sostanzialmente riferimento a tre
specie: 1) I criteri demografici diversamente ponderati 2) I criteri geografici 3) I criteri
socioeconomici. I Criteri di questi strumenti permettono di individuare gli elementi
caratteristici di ciascuna azienda pubblica e quindi di ipotizzare il finanziamento
attraverso questi stessi elementi. In altre parole, a seconda della determinata area in cui mi
trovo, del momento storico e del bisogno che c’è di un determinato servizio farò dei
finanziamenti. (se Gianluca va in vacanza a Parigi il criterio dei parametri espressivi mette
in conto che avrà bisogno di un corso di francese per approfondire la lingua)
5. Criterio legato alla capacità autonoma di entrata: in questo caso il trasferimento è
correlato in modo inversamente proporzionale alla capacità dell’azienda pubblica di
procurarsi risorse in modo autonomo. Il fine principale di questo criterio è quello di
garantire le stesse risorse alle aziende con caratteristiche simili, sostituendo all’entrata

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propria il trasferimento, laddove per motivi economici e sociali le capacità di
autofinanziamento siano ridotte. Sono presenti aziende (culturali) hanno basse capacità
autonome di entrata e quindi bisognerà finanziare di più (morbo di Baumol).
6. Criterio del prezzo di trasferimento: con questo criterio il trasferimento si realizza sulla
base di prezzi di trasferimento definiti ex ante (cioè conosciuti) per la quantità effettiva di
prestazioni erogate. È questo un sistema di trasferimento che si applica dove la domanda è
divisibile. Inoltre, questo criterio può essere utilizzato solamente per servizi o gruppi di
servizi. Presente principalmente negli ospedali, tariffario per ogni servizio, alla fine
dell’anno si dichiarano il numero di volte in cui è stato fatto qual particolare servizio, es:
come rottura femore, e viene trasferito l’ammontare; c’è quindi un prezzo per ogni
servizio.
Tendenzialmente per il mondo pubblico fino anni Novanta si è seguito un modello burocratico
controllo burocratico. La burocrazia nel tempo ha preso un’accezione negativa di lentezza ma essa
nasce per fare un controllo sui processi, non controllando l’efficacia e l’efficienza a fine anno ma
mettendo una serie di regole su tutte le procedure (per fare ad esempio un bando di gara).
Con la nuova corrente chiamata New Pubblic Management, negli anni Novanta, si teorizzò con
l’introduzione anche nel sistema pubblico di metodologie che prima erano presenti solo nel
mondo privato, cioè quelle di massimizzare il profitto ed essere efficaci ed efficienti per arrivare al
risultato col tema dell’aziendalizzazione.
C’è stato quindi questo processo per cui da enti pubblici/istituti pubblici (lente e burocratiche) si
sono trasformati in enti privati/fondazioni private.
Tutta la pubblica amministrazione sta seguendo un processo di privatizzazione, non nel senso che
diventa di privati ma che è gestito da istituti di diritto privato.

La modalità per finanziare le aziende operanti nel mondo dello spettacolo: FUS
Finanzia attività di produzione e programmazione, nei seguenti ambiti: musica, teatro,
danza, circo e spettacolo. Vengono presentati dei progetti su base triennale che vengono di
conseguenza finanziati.

3. Indebitamento

4. Altro: La Raccolta fondi è un processo che ha come obbiettivo quello di aumentare le


risorse a disposizione dell’impresa culturale per il raggiungimento dei fini istituzionali.
In questa categoria rientrano le Donazioni, Partnership, Sponsorizzazioni, Membership.
1. Donazioni: sia del singolo che delle grandi aziende, differisce dalla
sponsorizzazione perché è a titolo gratuito vuol dire che non vuole nulla in
cambio
2. Sponsorizzazioni: che si divide in due tipi:
 Finanziaria: vengono trasferite risorse monetarie all’azienda
culturale;
 Tecnica: vengono forniti gratuitamente beni o servizi utili
all’azienda culturale;
C’è un contratto di sponsorizzazioneIn cambio di denaro si pubblicizza un’impresa.
Le ragioni di sponsorizzazione da parte di un’azienda privata:
1. comunicazione di un nuovo marchio o prodotto,
2. volontà di migliorare l’immagine aziendale
3. promozione di coesione sociale con la comunità locale
4. legame di carattere istituzionale di medio-lungo periodo
5. finalità istituzionali
3. Partnership: collaborazione volta al medio-lungo termine fra azienda culturale
ed un’altra istituzione, pubblica o privata. Combinazione di strutture e
competenze per favorire il percorso di sviluppo. Non sempre la partnership è
legata ad un finanziamento o ad aspetti economici, può prevedere anche soli
aspetti tecnici o contenutistici.
4. Membership: istituzione di un programma, al quale possono aderire privati e
imprese, che possono sostenere l’azienda, ricevendone in cambio determinati
benefici.

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Normalmente è un programma annuale, ma può anche essere pluriennale.
Si individuano quote di adesione differenti per soggetti diversi alla luce della loro
reale volontà di finanziare l’impresa culturale divento membro, amico di… (es:
amici del teatro regio)
5. Crowfinding: È una forma di micro-finanziamento che:
 Mira a raccogliere generalmente piccole somme di denaro ma da un gran numero
di donatori;
 Utilizza internet come strumento principale per mettere in contatto il
proponente con i potenziali donatori;
Permette a tanti piccoli donatori di finanziare anche attraverso piccolissime
donazioni l’attività di un’azienda o un progetto specifico mettendosi insieme.
 Finanziamento collettivo per ricompensa (Reward Crowdfunding)
prevede per l'investitore/donatore una ricompensa commisurata con il
contributo versato.
 Finanziamento collettivo per donazione (Donation Crowdfunding) i
sostenitori del progetto contribuiscono finanziando il progetto senza
però aspettarsi un beneficio tangibile come ritorno.
 Finanziamento collettivo civico (Civic Crowdfunding) soggetti
istituzionali come (Enti locali o altri enti pubblici) lo utilizzano per
finanziare opere pubbliche e attività di restauro del tessuto urbano.
 Finanziamento sotto forma di capitale di rischio (Equity Crowdfunding)
modalità di finanziamento che consente a società non quotate di
raccogliere risorse finanziarie dal pubblico a fronte di quote azionarie.
 Finanziamento collettivo per prestito (Lending Crowdfunding) persone
fisiche e giuridiche possono decidere di prestarsi fondi reciprocamente, a
un tasso di interesse più o meno alto, al fine di realizzare un progetto.
Caso Artbonus: è stato introdotto un credito d'imposta per le erogazioni
liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, il c.d. Art
bonus, quale sostegno del mecenatismo a favore del patrimonio
culturale.
Credito d’imposta del 65% per le donazioni a favore di:
a) Interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni
culturali pubblici;
b) Musei, siti archeologici, biblioteche e archivi pubblici;
c) spese di investimento per Teatri pubblici e Fondazioni lirico
sinfoniche
Il credito d’imposta è riconosciuto:
• alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15
per cento del reddito imponibile;
• ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per
mille dei ricavi annui;

6. Volontariato: nella sua accezione più ampia, il fundraising può comprendere il


contributo personale fornito dagli individui attraverso la messa a disposizione del
proprio tempo e della propria professionalità.
 Vantaggi:
o competenze qualificate a costi bassi
o Snellimento della struttura dei costi
 Oneri:
o di natura gestionale (tempo dedicato per gestione del
volontario)
o Di tipo economico (rimborso spese, assicurazioni obbligatorie)
o Di tipo materiale (spazi fisici e/o risorse messe a disposizione)

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