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Capitolo 2

La società come costruzione della realtà sociale


Il fenomeno che indichiamo con il termine società non è riconducibile ad alcun oggetto ma è il risultato dei processi
intersoggettivi (=cioè ciò che è comune a più soggetti) di comunicazione e riflessione, ovvero qualcosa che vive nelle
menti e nelle rappresentazioni degli individui. Tali credenze e rappresentazioni sono legate all’esperienza pratica
dell’agire degli attori sociali e svolgono un ruolo costitutivo nella costruzione della realtà sociale. Esistono quindi,
individui umani e oggetti prodotti da tali individui (utensili, abitazioni, città, etc). La distinzione tra un insieme di
individui che parlano una propria lingua (o hanno delle caratteristiche A) differente da un altro insieme di individui
(che ha caratteristiche B) va a creare quella che noi chiamiamo unità sociale.
Unità sociale= è l’insieme di individui che vivono in relazione e che si differiscono per alcune caratteristiche
particolari;
Gli individui sono dotati di una base comune, cioè, un intelletto che gli permette di riflettere su sé stessi e sulla loro
situazione. (intelletto=autocoscienza) L’individuo è quindi consapevole di esserci.
L’uomo si distingue dagli altri animali proprio per la dimensione della riflessività, mentre gli animali comunicano e si
comportano in un determinato modo per meccanismi dettati dalla struttura biologica, l’istintualità animale dell’uomo
viene interrotta dalla riflessività. La distanza che va a creare la riflessività ha determinato la visione dell’uomo
“indebolito” poiché egli dopo la presa di coscienza di sé non può più affidarsi al suo istinto. Per tanto, l’uomo vive in
una situazione di mediazione poiché il suo rapporto col mondo e con gli altri non nasce in maniera spontanea ma bensì
viene appreso attraverso un lungo processo tramite il linguaggio, cioè quando l’individuo comincia a chiedersi qual è
il senso della vita e comincia a rappresentarsi la realtà in cui vive, quando formula le regole per convivere bene con gli
altri… il linguaggio contiene quindi la mediazione simbolica ossia ciò che nelle scienze sociali viene chiamata
cultura.
Cultura= è un processo di formazione dell’individuo attraverso l’apprendimento;
[Barry Barnes ha proposto di indicare la società come risultato della distribuzione di conoscenza.]
All’inizio del Novecento William I. Thomas aveva formulato il suo teorema affermando che:
“se gli uomini definiscono certe situazioni reali esse sono reali nelle loro conseguenze.”
Con ciò indica che c’è una realtà costruita ma è costruita dagli individui e sulle loro credenze, per tale motivo la
società non è altro che ⇨ il risultato dei processi di conoscenza autoreferenziali e autovalidantesi (noi validiamo ciò in
cui crediamo facendo riferimento a ciò in cui crediamo).
La struttura sociale è quindi il prodotto delle convenzioni partecipate circa l’esistenza della struttura stessa che si
convalida per effetto delle pratiche orientate da tali convinzioni, quest’ultime non precedono però le pratiche sociali,
ma emergono all’interno di queste convinzioni e si consolidano attraverso il linguaggio e i processi di apprendimento
all’interno dei concreti contesti di azione.
Barry Barnes osserva facendo riferimento al concetto di profezia che si autoadempie (di Robert Merton) ⇨cioè la
possibilità che le previsioni degli attori sociali riferite ad una determinata situazione si trasformino in un fatto sociale
che influenza l’agire collettivo, e dice che se ci concentriamo sulla conoscenza della società, quest’ultima ci appare
come una perfetta e gigantesca profezia che si autoadempie. Conoscere la società vuol dire infatti costituirla e
riprodurla, ma anche cambiarla. Secondo Barnes però la conoscenza della società è sempre incompleta, a causa non
solo della sua complessità ma anche perché essa è sempre di tipo fenomenico, cioè è il risultato di nuove forme di
esperienza pratica.
Il concetto sociologico di cultura
In origine il termine cultura veniva usato per indicare la coltivazione della terra e l’allevamento del bestiame.
Successivamente venne utilizzata per indicare quel processo di formazione umana attraverso l’apprendimento (cioè
“paideia” per i greci). Verso la metà del Settecento, con l’affermarsi dell’Illuminismo, il termine cultura veniva
utilizzato riferendosi al patrimonio universale di conoscenze e di valori formatosi nel corso della storia dell’umanità.
In questo modo si afferma anche il concetto di civiltà/civilizzazione riferito all’affinamento dei costumi.
La cultura si costituisce di due caratteri:
- carattere soggettivo: espressione di orientamenti, valori, modelli di comportamento;
- carattere oggettivo: la cultura è prodotta dagli individui e per tanto l’espressione di orientamenti, valori ecc. si
cristallizzano acquistando “vita propria”.
Le forme culturali vengono così trasmesse dalla tradizione, cioè memoria collettiva, e si imprimono negli individui fin
dalla nascita attraverso il linguaggio, gli usi e i costumi della propria comunità. L’uomo è quindi il prodotto della
cultura ma è anche una attiva capacità di elaborare gli elementi culturali acquisiti nel processo di socializzazione,
creandone di nuovi.
La cultura ha:
1. funzione descrittiva(giustifica)> insieme di credenze e di rappresentazioni della realtà naturale e sociale, di
immagini del mondo e della vita che contribuiscono a spiegare e definire le identità individuali, le unità sociali
quasi
sempre
e i fenomeni naturali.
legate 2. funzione prescrittiva(rafforza)> insieme di valori che indicano le mete ideali da perseguire, di norme che
indicano il modo in cui devono comportarsi gli individui sia nella loro vita privata sia in società.
3. funzione di mediazione simbolica> ogni forma espressiva rappresenta un fattore di mediazione nei rapporti
dell’individuo con sé stesso, con gli altri e con le cose che lo circondano.
4. funzione di orientamento> dà la risposta alle domande “chi sono?” “dove vado” “come mi devo comportare in
quella situazione” etc.
La cultura fonda la condizione essenziale del vivere sociale che è costituita dalla prevedibilità, ogni individuo può
prevedere il comportamento degli altri.
L’ordine sociale si basa su una serie di regole condivise da tutti i membri della società e sulle possibilità che nascano
da queste aspettative reciproche. Quando la prevedibilità viene meno si verificano condizioni di incertezza, di
disordine. Le regole sociali:
1. vincolano il nostro comportamento;
2. facilitano le nostre interrelazioni con gli altri.
Funzione di riduzione della complessità, cioè semplificazione attraverso la selezione solo di alcune possibilità:
3. assolutizzazione> ridursi a uno solo
4. determinatezza> verità assolute
(quando diciamo che non esiste nessuna verità assoluta stiamo allo stesso tempo contraddicendoci perché lo diciamo e
intendiamo come una verità assoluta)
Il carattere contraddittorio delle forme culturali ha dato vita al relativismo culturale, cioè, la consapevolezza del
carattere storico e riduttivo di ogni cultura, non esistono per tanto regole e fondamenti immutabili e assolutamente
certi.
La formazione degli individui
La società è qualcosa che sussiste nella mente degli individui, tutti partecipano attivamente alla costruzione di quella
che chiamiamo realtà sociale. nessun individuo umano può esistere isolatamente, questa struttura prende il nome di
intersoggettività, che è alla base di ogni possibilità di rapporto umano, di ogni comunicazione degli individui tra loro.
È grazie al rapporto con gli altri che l'individuo può raggiungere la propria indipendenza e assimilare modi per
rapportarsi alla vita, grazie a:
5. l'apprendimento dei segni (mimica facciale, atteggiamenti di accoglienza tramite il sorriso...)
6. l'apprendimento del linguaggio (uso metaforico delle parole per indicare realtà ideali, capacità di sviluppare
ragionamenti logici)
La società è quindi il risultato di un processo di costruzione messo costantemente in atto dai membri della società
stessa, tutto ciò che è prodotto dall'uomo esiste perché gli individui credono nella loro esistenza.
Il rapporto individuo-società
L’individuo dipende dalla società o è la società a dipendere dall’uomo?
Le teorie che si sviluppano per rispondere a questa domanda sono:
7. OLISMO (o OLISTICHE)> considerano la società come una realtà che si impone sugli individui, formandoli
secondo le sue esigenze.
È importante quindi il concetto di sistema sociale come insieme complesso delle relazioni intersoggettive e
delle strutture sociali, cioè dei sottoinsiemi dove vengono organizzati i diversi ambiti di significato che
garantiscono il mantenimento sociale svolgendo funzioni giuridiche, educative, politiche etc.
Dimensione importante dell’olismo: l’impatto che le strutture sociali e i modelli culturali hanno sugli
individui;
[Facciamo riferimento ad autori come Emile Durkheim, Talcott Parsons, Niklas Luhmann, Lévi-Strauss, che
hanno risentito dell’influenza olistica.]
8. INDIVIDUALISMO METODOLOGICO> considerano la società come il risultato delle azioni intenzionali
degli individui e il risultato degli effetti non intenzionali del loro agire.
Dimensione importante: l’agire e le rappresentazioni degli individui sono gli elementi che costruiscono la
realtà sociale.
[Facciamo riferimento ad autori come Karl Popper, Max Weber, Georg Simmel.]
Queste due teorie (olismo e individualismo) vengono considerate erroneamente in modo separato invece di metterli in
rapporto tra loro. Bisogna adottare uno schema di tipo circolare che permette di pensare agli individui e alla società
come elementi che interagiscono tra di loro senza che si possa attribuire la precedenza a uno dei due (schema causale
unilineare=la società precede gli individui vs gli individui precedono la società). Il lungo processo evolutivo ha quindi
permesso la formazione di individui dotati di coscienza, e seguendo lo schema circolare, il loro agire ha prodotto
effetti di trasformazione dell’ambiente naturale e delle condizioni materiali innescando un processo di tipo dialettico,
in cui l’uomo reagendo ai condizionamenti ne produce altri intenzionalmente o no, nuovi.
Quando si adotta un modello determinato di società come modello definitivo si verificano fenomeni di tipo totalitario,
ciò impedisce di tenere conto delle esigenze e dei mutamenti che si verificano nel corso della storia. I sistemi
democratici riconoscono invece la pluralità delle componenti sociali e per tale motivo sono caratterizzati dal
relativismo culturale e dalla pluralità dei valori.

Capitolo 3
Gli attori sociali
Mentre la psicologia analizza le dinamiche interne al singolo individuo con i problemi che esso incontra nel rapporto
con sé stesso e con gli altri, la sociologia tende ad osservare i comportamenti esterni degli individui nei loro rapporti
sociali andando a capire come le strutture e i modelli culturali presenti nel contesto sociale concreto influenzino
l'individuo. La sociologia analizza quindi comportamenti degli attori sociali nel loro insieme, ovvero le tendenze
comuni che vengono a determinarsi nell’agire dei membri di una società. Va quindi a spiegare sociologicamente come
quel particolare tipo di modello si è imposto alle coscienze individuali di un numero più o meno rilevante di persone.
Attori sociali individuali e collettivi
Gli individui singoli non possono essere considerati entità indipendenti della realtà sociale in cui vivono. Possiamo
considerare facente parte degli attori sociali determinate unità sociali come la famiglia, i gruppi, le classi, i movimenti
etc.
Ma cos’è un soggetto collettivo?
1. Può essere frutto di una generalizzazione> usata dall’osservatore sociale per porre in evidenza elementi
comuni all’agire di più individui, per riferirsi a categorie sociali, a ceti o classi sociali. (Utilizzo astratto
dell’espressione)
2. Può essere un caso della personalità giuridica> quelle formazioni che possono essere riconosciute come veri e
propri soggetti di diritto (istituzioni, enti o privati, fondazioni)
(Utilizzo formale dell’espressione)
3. Nei casi di gruppi di fusione o gruppi organizzati, movimenti o minoranze attive, gli individui sono in questo
caso implicati in relazione diretta tra di loro e sviluppano un’azione collettiva in base a finalità comuni.
Azione collettiva=si riferisce ad ogni azione sociale collettivamente qualificata perché nessun individuo agisce in
maniera isolata ma sempre all’interno di una complessa rete di relazioni e in riferimento a modelli collettivamente
condivisi.
(utilizzo dell’espressione sociologicamente approvato)
I requisiti essenziali per riconoscere un soggetto collettivo sono:
9. Presenza di rapporti di interazione e comunicazione diretta tra gli individui del gruppo in base ai valori e agli
obiettivi condivisi
10. Partecipazione attiva dei membri del gruppo ai processi di decisione e alla formulazione delle strategie e
dell’azione intraprese dal gruppo come tale.
11. Esplicita volontà dei membri del gruppo di presentarsi come parti di un soggetto unitario di decisione e di
azione
12. Rappresentanza di tipo diretto nel caso di delega
Un altro caso di soggetto collettivo in senso improprio è il concetto di pubblico poiché così come la folla e le
minoranze attive, costituiscono fenomeni che non sfociano necessariamente in azioni collettive unitarie ma possono
comunque avere un notevole impatto nella dinamica sociale poiché danno spesso luogo ad eventi dalle conseguenze
molteplici e non prevedibili. (costruttivi e distruttivi)
Il problema dell’identità e del riconoscimento reciproco
La ricerca di identità e di riconoscimento da parte degli altri e il bisogno di consolidare la propria stima di sé
costituiscono la motivazione di fondo di ogni agire. L’essere umano sa abbastanza presto di dover morire così cerca il
senso della propria vita, è spinto a cercare una spiegazione, da qui nascono le religioni (cristianesimo, islamismo ecc.)
che offrono una spiegazione del destino esistenziale dell’uomo.
L’insieme di tutto questo è alla base dell’insicurezza esistenziale dell’uomo e così è in continua ricerca di conferma
del proprio esserci e della propria identità.
13. Ma la propria identità non può essere ottenuta attraverso il riconoscimento degli altri, l’essere umano teme
infatti l’indifferenza del prossimo (tu non esisti). L’amore è l’espressione più alta di riconoscimento
esistenziale e spesso viene utilizzata erroneamente (se non ubbidisci non ti voglio più bene) e sfocia, quindi,
nel riconoscimento condizionato.
14. Hegel evidenziava il fatto che quando un individuo cercava di realizzarsi tramite il suo agire non era
interessato alla cosa stessa ma a quell’azione per cui egli diviene per gli altri, cioè il riconoscimento e
l’interesse. Ogni azione dell’individuo non può essere basata solo sul perseguimento di interessi personali.
(es. elezioni= non vado a votare perché so che molti altri ci andranno così godo di benefici dell’azione
collettiva senza partecipare)
15. La partecipazione all’azione collettiva può però rafforzare l’identità e l’autostima, si basa sull’interesse di
difendere la propria posizione che l’attore sociale occupa nell’unità sociale.
16. Identificabilità> connessa al riconoscimento coerente all’interno di un gruppo o di un’entità collettiva.
Honneth fa riferimento a tre tipi di riconoscimento
Negativi:
1. Coercizione e maltrattamento fisico>colpiscono l’autonomia più elementare relativa alla disponibilità del
proprio corpo;
2. Forme di umiliazione> che incidono sulla comprensione normativa di sé di una persona;
3. Negazione di ogni valore sociale al proprio modo di essere> la possibilità che il proprio ideale di vita sia
riconosciuto come valido all’interno della società
Positivi:
1. Approvazione e incoraggiamento affettivo> che si realizzano nei rapporti di amore per la conferma di fiducia
in sé stessi;
2. La relazione di reciproco riconoscimento di uguali diritti e doveri> che si realizza a livello giuridico ed è
fondamentale per l’autorispetto;
3. La reciproca conferma dell’apprezzamento>fondato sulla solidarietà
Importante è l’ambivalenza del concetto di identità, vi sono infatti due aspetti:
17. la similarità con gli altri
18. la differenza rispetto agli altri
Questi due aspetti originano una dinamica complessa: se l’individuo si identifica troppo con gli altri rischia di essere
dato per scontato dagli altri e quindi non essere riconosciuto nella sua singolarità, se si differenzia troppo rischia
invece di compromettere la similarità (condizione del riconoscimento sociale) e di essere rifiutato dalla società come
eccentrico. Ogni attore sociale deve quindi gestire i due aspetti di identificazione: più trova un equilibrio più riuscirà
ad affermare la sua anatomia.
Nel riconoscimento incondizionato si possono raggiungere gradi massimi che permette all’individuo di riconoscere
l’altro senza condizioni, mentre nel riconoscimento reciproco, più o meno condizionato, si possono raggiungere gradi
diversi.
Se un individuo non viene riconosciuto socialmente, visto, può assumere atteggiamenti violenti e aggressivi che
porteranno gli altri a prendere atto della sua esistenza. Ma la mancanza di riconoscimento può anche ritorcersi sul
giudizio che l’individuo dà di sé stesso, cioè l’auto-colpevolizzazione. L'analisi sociologica deve quindi tenere conto
degli aspetti ambivalenti del problema identitario.
La crisi di identità nelle società contemporanee
Rispetto alle società tradizionali, caratterizzate da una struttura gerarchica nella quali i diversi ambiti presentavano un
maggiore collegamento tra loro, le società contemporanee appaiono invece caratterizzate da una differenziazione e
autonomia di tali ambiti. Gli individui e i gruppi sociali si sono trovati di fronte al fatto che la loro identità non era più
il contenuto di una tradizione.
Inoltre, la crisi del modello individualista ha prodotto effetti regressivi verso alcune forme di dipendenza come quella
di tipo narcisistico o il rifiuto delle responsabilità di tipo sociale e politico.
La crisi di identità ha prodotto l’accentuarsi della differenza tra società e individuo e l’esaltazione dei valori di
autorealizzazione individuale, della creatività, etc.
Altri aspetti sono l’instabilità e la precarietà della definizione dei ruoli e delle posizioni, i rapidi cambiamenti che
necessitano processi costanti di socializzazione e risocializzazione nonché di rinegoziazione dei rapporti e la presenza
di pluralità di valori e di modelli in uno stesso sistema sociale che produce un eccesso di alternative e ha come
conseguenza una crescente indeterminatezza della cultura collettiva.
Capitolo 4
Le strutture sociali
Il termine struttura indica l’insieme di relazioni relativamente stabili tra elementi diversi: la struttura di un oggetto
rappresenta le relazioni interne che si vanno a stabilire tra le componenti di quell’oggetto. L’oggetto ha caratteristiche
proprio e rappresenta la composizione di quegli elementi che altrettante caratteristiche. Quindi: le relazioni tra gli
elementi hanno un’importanza fondamentale per il significato e le funzioni che assumono i singoli elementi.
Es. automobile= se la scomponiamo otteniamo un insieme di materiali diversi (cristalli, plastica, metallo) che uniti
vanno a formare l’automobile.
Nella realtà sociale abbiamo questi due tipi di elementi che vanno a costituire le strutture:
1. elementi oggettivati e strutturati;
2. azioni e rappresentazioni degli attori sociali.
Ma in che modo tali condizionamenti e oggettivazioni vengono però rappresentati dagli attori sociali e prodotti dal
loro agire?
Bisogna distingue le condizioni dell’ambiente naturale e sociale> si fa riferimento alle cose che sono relativamente
indipendenti all’agire degli attori sociali, anche se percepite da questi sempre tramite categorie culturali che
consentono di rappresentarle ed interpretarle;
Dalle strutture del sistema sociale> cioè le strutture organizzative ed istituzionali sono il prodotto dell’agire storico-
sociale e delle rappresentazioni e credenze condivise dagli attori sociali, ma sempre percepite attraverso categorie
culturali che consentono di rappresentarle ed interpretarle.
Le condizioni dell’ambiente naturale e sociale
L’influenza che la natura del territorio e quella del clima possono avere sui rapporti sociali è stata sottolineata da
Aristotele, Jean Bodin e Montesquieu.
Tra i primi sociologi che hanno studiato sia gli aspetti fisici naturali sia quelli legati all'assetto artificiale del territorio
vanno ricordati: Fréderic Le Play, Emile Durkheim, Max weber e Georg Simmel.
Tra i contributi più importanti per lo sviluppo iniziale della sociologia urbana sono da ricordare le ricerche della
scuola di Chicago di Robert Park e di Ernest Burgess.
Lo spazio ha sicuramente un’influenza sui diversi tipi di società, per cui:
- è difficile distinguere gli elementi naturali da quelli artificiali messi in atto dall’azione degli attori sociali e
dalle forme culturali
- ogni aspetto della realtà sociale viene mediato dalle rappresentazioni culturali degli attori sociali
- occorre adottare uno schema circolare nel rapporto uomo-ambiente: analizzando le influenze reciproche tra
natura e cultura
L’ambiente naturale può essere considerato come un complesso di possibilità (secondo Febvre)
- l’uomo si adatta all’ambiente circostante
- la distribuzione e la struttura degli spazi abitativi dipende dall’ambiente naturale
- la distribuzione degli spazi nelle case riflette le relazioni sociali (rapporti di autorità, criteri di controllo, ecc.)
— elemento culturale —
- le strutture urbane riflettono e soddisfano altrettante funzioni sociali e relazionali
Le strutture urbane presentano un’ambivalenza sono, secondo Simmel:
1. strutture che permettono l’aumento della possibilità di scelta e comunicazione tra gli individui o creano una
fonte di solitudine e alienazione;
2. punto di riferimento per il rafforzamento dell’identità collettiva e sono l’espressione di strutture di dominio.
Il tempo interviene in tutte le relazioni sociali e non è una condizione esterna dell’ambiente anche se i processi
naturali hanno indubbiamente il loro ritmo e una loro durata indipendente, possiamo distinguerlo in tempo
astronomico> connesso con il mutare dei processi naturali;
per durata> rappresentata dai flussi temporali;
in dimensione psicologica> connessa alla memoria riflessiva e alla percezione soggettiva
in dimensione culturale> connessa all’ambito del vissuto esistenziale e all’indeterminatezza e ricerca della
prevedibilità
A seconda del tipo di rapporto che gli attori sociali stabiliscono con il loro ambiente, il tempo può essere concepito
come:
dimensione circolare reversibile > come avveniva nelle società tradizionali fondate sull'agricoltura, la produzione era
legata al ritmo delle stagioni;
dimensione lineare irreversibile > come avveniva nelle società industriali in cui la produzione essendo svincolata dai
ritmi stagionali si orientava verso uno sviluppo infinito.
La rapidità dei mezzi di trasporto e la velocità delle informazioni dei mezzi di comunicazione della società attuale ha
contribuito ad accelerare i ritmi di vita e in maniera mai prima conosciuta.
Il corpo è l’elemento attraverso il quale noi ci apriamo al mondo, stabiliamo rapporti intersoggettivi e sviluppiamo
ogni forma di comunicazione e riconoscimento reciproco, inoltre è un simbolo all’interno della società.
Paul Ricoeur, filosofo, fa riferimento a “cogito ergo sum”, afferma che il corpo non è un oggetto esterno a noi ma
nemmeno un soggetto (res cogitans e res extensa) in quanto il corpo ha una sua consistenza fisica irriducibile alla
capacità riflessiva. Il tema del corpo evidenzia, secondo Ricoeur, tre aspetti fondamentali:
- corpo come campo della motivazione, facendo riferimento alle pulsioni mostra come le motivazioni del nostro
agire non sono dovute a decisioni razionali;
- Corpo come organo della mozione volontaria, ogni fare e sempre sin dall'inizio movimento fisico, gesto,
atteggiamento;
- corpo come ambito dell'involontario, fa riferimento al fatto che il corpo è sempre anteriore a qualsiasi azione;
Il corpo umano va considerato come un'unità nella quale la dimensione fisica e quella psichica sono intimamente
intrecciate. La profonda influenza delle forme culturali che agiscono sull'individuo, condizionando tutti i rapporti con
il proprio sé, con il proprio corpo, con gli altri e con le cose, rende problematica l'applicazione all'uomo del concetto
di istinto e la stessa possibilità di definire dei bisogni puramente biologici. L'essere umano è l'unico animale che può
consapevolmente contrastare l'istinto in nome di significati ideali, di tipo religioso, ascetico, morale, politico, estetico,
affettivo. Le stesse funzioni biologiche come alimentazione sessualità ecc. assumono sempre significati simbolici e
sono regolate socialmente, il fatto che assumono significati simbolici non esprime soltanto un'esigenza determinata
dalla struttura biologica ma si trasforma in un desiderio infinito che può sconvolgere ogni equilibrio vitale e sociale.
Le forme culturali che presiedono alla nascita e al tipo di relazioni che egli intrattiene con adulti o coetanei
determinano anche il rapporto con il proprio corpo e con i suoi bisogni in particolare, le regole sociali riguardanti la
sessualità determinano le caratteristiche proprie della mascolinità e della femminilità incidendo sulla gestualità fisica e
sul comportamento. Le stesse caratteristiche somatiche di un gruppo di una popolazione possono venire nel lungo
periodo modificate per effetto della selezione dettata da regole come ad esempio quelle estetiche. Anche il fenomeno
delle differenze razziali non può essere riferito soltanto fattore di tipo biologico ma è sempre il prodotto di un
processo la cui complessità va valutata in una prospettiva storica culturale.
La confusione tra dimensione culturale e dimensione razziale è all'origine di ogni pregiudizio sull’inferiorità di alcune
razze rispetto ad altre, si verifica un fenomeno di etnocentrismo l'atteggiamento di chi, assolutizzando i valori della
propria cultura di appartenenza, li usa come criterio di giudizio nei confronti delle altre culture considerandole
inferiori. Ciò che è diverso viene automaticamente considerato come barbaro o selvaggio respingendo nella natura
tutto ciò che non si conforma ai modelli secondo i quali si ha l'abitudine di vivere. Nel corpo si iscrivono anche
materialmente i segni sociali e culturali e inoltre esso costituisce anche uno dei luoghi privilegiati su cui si esercitano
il controllo e il potere sociale, come ad esempio le regole della sessualità vuoi il controllo delle tendenze omosessuali,
quest'ultime vengono sentite come una minaccia per l'ordine sociale fondato sulla famiglia e quindi considerato contro
natura.
Le risorse materiali non sono un dato oggettivo indipendente, sono connesse alle facoltà conoscitive e simboliche
dell'uomo e sono legate all'esperienza sociale e alle forme di mediazione simbolica. Presentano dei limiti, come il
concetto di scarsità: dove la scarsità può essere pensata:
- in senso assoluto ⇨ appare come una dimensione oggettiva insuperabile
- il prodotto del rapporto dell'agire umano come ambiente naturale ⇨ dove appare come una condizione
superabile. Sotto questo aspetto la scarsità appare come:
 un effetto non voluto ⇨ nel caso in cui è la conseguenza di squilibri e di deformazioni connesse
all'incapacità di controllo della complessità;
 provocato intenzionalmente ⇨ quando è la conseguenza di una logica di dominio politico economico.
Il concetto di scarsità deve essere considerato quindi come effetto dell'agire politico e sociale.
Le caratteristiche demografiche e la stratificazione sociale
Georg Simmel ha sottolineato l'importanza che le dimensioni quantitative possono avere sulle forme e le strutture
della vita sociale.
⇨ Il volume globale delle persone che compongono un gruppo sociale può avere un'incidenza determinante sul tipo di
relazioni che si svolgono nel gruppo stesso.
⇨ L'entità numerica totale dei membri di una società ha conseguenze dirette sul grado di complessità strutturale della
società stessa.
Oltre al volume della popolazione è importante tener conto anche del rapporto tra il numero dei membri e l'estensione
del territorio, ovvero della densità della popolazione. Inoltre, oltre alla densità della popolazione, sono importanti le
caratteristiche connesse alla distribuzione dell'età e dei sessi; infatti, popolazioni nelle quali vi è una maggioranza di
giovani avranno problemi diversi da quella in cui vi è una maggioranza relativa di anziani. Pertanto, la distribuzione
può essere il prodotto di trasformazioni avvenute nelle strutture sociali e può riflettersi a sua volta sui valori e sulle
istituzioni sociali, di conseguenza i caratteri demografici di una popolazione possono avere un'influenza non solo sui
rapporti interni ma anche su quelli internazionali.
Importante è anche la distribuzione delle classi quindi la stratificazione sociale, le diverse classi sociali appaiono
legate a dimensioni qualificanti come, ad esempio, la provenienza etnica e familiare, lo stile di vita, il grado di
istruzione. Max Weber fa una distinzione tra il concetto di classe e il concetto di ceto:
- classe: espressione di una posizione di tipo puramente economico, non costituisce una comunità ma solo un
fondamento possibile di agire in comunità;
- ceto: è una comunità, spesso senza caratteristiche ben definite che si fonda su valutazioni comuni di onore e
condotte di vita (come regole e abitudini)
Le istituzioni e le organizzazioni formali
Le istituzioni possono essere definite sistemi relativamente stabili di relazioni, retti da norme specifiche, che
assolvono a funzioni e interessi della vita sociale come tale. Il termine “istituzione” ha un significato preciso nelle
scienze giuridiche e non nelle scienze sociali.
Mentre le istituzioni sociali possono essere considerate forme complesse di mediazione simbolica volte alla
regolamentazione di funzioni generali della vita sociale, le organizzazioni formali sono forme di mediazione simbolica
volta al perseguimento di fini specifici.
Non è sempre facile distinguere i confini che separano le istituzioni dalle organizzazioni.
Le forme organizzative e istituzionali vengono codificate nell’uso, nel costume e assumono una relativa stabilità che
assicura loro una certa autonomia rispetto ai soggetti che contribuiscono a mantenerle in vita, infatti, nessuna
organizzazione o istituzione può sussistere senza il supporto delle rappresentazioni e delle credenze di attori sociali.
Ma è anche vero che gli attori sociali tendono ad assimilare, tramite il linguaggio e l'apprendimento, le forme
consolidate delle rappresentazioni e delle regole che costituiscono le organizzazioni o le istituzioni. Vi sono anche
strutture che contribuiscono alla formazione dei soggetti sociali e ne condizionano l’agire. Come tutte le altre forme di
mediazione simbolica, anche le istituzioni e le organizzazioni formali devono essere dotate di un certo grado di
assolutizzazione ma se questo diventa eccessivo esse rischiano di cristallizzarsi, venendo meno alle loro funzioni e
provocando effetti non voluti.
John Searle nella sua opera “La costruzione della realtà sociale” ho cercato di comprendere come vengono a costituirsi
nella realtà sociale i fatti istituzionali, indicando con il termine “intenzionalità collettiva”, la capacità degli individui di
cooperare e di partecipare a desideri e credenze comuni voi
(es. per fare la guerra occorre una partecipazione comune). L’intenzionalità collettiva è, quindi, una delle dimensioni
costitutive delle istituzioni sociali. Secondo Searle, la condizione per l'esistenza di un'istituzione sociale è la presenza
di regole costitutive, infatti, le istituzioni sociali non possono esistere senza regole costitutive. queste regole fondano
l'esistenza del fenomeno (il gioco degli scacchi non esisterebbe senza regole costitutive)
Sulla base di questi presupposti, Searle, voi individua i caratteri propri dei fatti istituzionali:
1. Autoreferenzialità ⇨ i pezzi di carta che ho in tasca sono monete poiché si basano sulla credenza collettiva
mente condivisa che essi sono monete e vengono usati e definiti come monete.
2. Componente linguistica ⇨ è essenziale non solo per rappresentare tali fatti ma anche per costituirli.
3. Interrelazione con altri fatti istituzionali ⇨ un fatto istituzionale non può esistere in maniera isolata (es.il
denaro esiste in quanto interrelato con il sistema delle banche)
4. Precostituiti dall'agire sociale ⇨I fatti istituzionali sono precostituiti dall'agire sociale perché hanno origine in
atti sociali e la loro funzione è quella di consentire la continuità dell'agire stesso.
Di seguito le forme organizzative e istituzionali più importanti senza eliminare i complessi problemi che esse
comportano.
Le istituzioni familiari
I sociologi hanno sottolineato il carattere non univoco del termine famiglia che nel corso del tempo viene usato per
designare forme molto diverse di relazioni e di ordini normativi, che regola rapporti sessuali, la procreazione, di
processi di socializzazione primaria, la successione ereditaria di beni o di cariche sociali. Queste dimensioni hanno
subito delle variazioni nel tempo così che le funzioni della famiglia sono cambiate o a seconda del tempo e del luogo.
Prima la famiglia veniva considerata come un’istituzione universale e immutabile. Comte costruiva il suo tipo ideale
di famiglia ispirandosi alla società borghese del suo tempo. La famiglia fondata sulla differenziazione dei ruoli legati
al sesso, sul rapporto di autorità dell'uomo sulla donna, dei genitori sui figli. La famiglia costituisce per Comte una
delle principali fonti della moralità sociale.
Le teorie evoluzionistiche sviluppatesi nella seconda metà dell'Ottocento hanno permesso la trasformazione
dell'istituto familiare, il tipo di famiglia monogamico nucleare (formato dalla coppia e dai figli) caratterizza le società
moderne e viene visto sempre come il risultato finale di un processo che ha alla sua origine forme indifferenziate di
promiscuità sessuale.
Per Friedrich Engels, che si basa sulle teorie di Lewis Morgan, la famiglia borghese è il prodotto della struttura
economica fondata sulla proprietà privata. Mentre immagina la famiglia della futura società comunista come un
rapporto libero di coppia fondato sull'amore poiché la cura dei figli veniva affidato alla comunità diventa possibile
ipotizzare una assoluta parità dei sessi.
Un contributo decisivo all'approfondimento della funzione sociale dello scambio matrimoniale si deve alla teoria
strutturalista di Lévi-Strauss, in quanto ha sottolineato come le regole abbiano la funzione di estendere i vincoli della
solidarietà sociale al di là dei rapporti di consanguineità e di clan. Infatti, la proibizione dei rapporti sessuali tra
consanguinei e appartenenti allo stesso clan fonda l'esigenza di scambio tra diversi gruppi familiari e diversi clan
stabilendo regole di reciprocità che favoriscono le comunicazioni di alleanze tra i gruppi stessi. Il tabù dell'incesto
fonda “l'atomo di parentela” e si articola differenziando tre tipi di relazioni familiari:
- Relazione di consanguineità> da germano a germano
- relazione di alleanza> tra gli sposi
- relazione di filiazione> tra genitori e figli
L'unità di base della parentela è formata da marito, moglie, figli e padre o fratello della madre, tale unità di base è la
chiave per interpretare i sistemi di parentela più complessi. Il sistema di parentela non ha la stessa importanza in tutte
le culture, in alcuni casi fornisce il principio attivo che regola tutte o quasi le relazioni sociali.
Le trasformazioni delle funzioni sociali dell’istituto familiare, nel passaggio da società di tipo pre-industriale a società
industriale sono state analizzate da: Max Weber, Ferdinand Tonnies ed Emile Durkheim.
 Per Marx Weber la famiglia non sorge solo come comunità sessuale durevole, ma anche come comunità
economica di sostentamento. la comunità domestica appare come la comunità economica universalmente più
diffusa ed è la base, secondo Weber, anche dei rapporti di autorità. La comunità domestica comporta una
solidarietà verso l'esterno. Il potere domestico tende a restringersi e le unità familiari allargate tendono a
dissolversi. Esse lasciano il posto alla famiglia caratterizzata dalla separazione contabile dei beni dell'uomo e
della donna, dando avvio al processo di emancipazione dei figli. Il desiderio di autonomia, i guadagni di tipo
individuale, la separazione tra il luogo di abitazione e il luogo di lavoro, il fatto che la formazione e
l’apprendimento siano affidati all’esterno della famiglia, tolgono all’unità familiare molte delle sue
tradizionali funzioni.
 Per Ferdinand Tonnies le trasformazioni dell’istituto familiare sono considerate in stretta relazione con
l’opposizione tra comunità e società. La società pre-industriale è costituita dalla volontà organica (wesenwille)
cioè dai vincoli naturali connessi alla vita biologica, all’istinto e al piacere. Mentre la famiglia nella comunità
svolge una funzione essenziale come unità basata sulla comprensione e sulla solidarietà. Nella società di tipo
urbano-industriale prevale la volontà convenzionale o di arbitrio (kürwille) che è il prodotto delle
intenzionalità individuali(egocentrismo). Le relazioni sono artificiali e basate sul contratto, sul diritto e sulla
finzione dello scambio. in tale situazione la famiglia perde il suo primato e la solidarietà familiare cede il
posto all'individualismo e ai gruppi di interesse economico: alla comunità domestica stabile viene
sostituendosi la coppia coniugale instabile.
 Per Durkheim la famiglia è il prodotto del processo di sviluppo e di differenziazione progressiva della società
stessa. La genesi e le trasformazioni dell'istituto familiare sono collegate al modello evolutivo, tale evoluzione
viene vista come passaggio progressivo dalla forma comunitaria alla forma individualistica. La formazione
dell'unità familiare ristretta coincide con l'affermarsi della società fondata sulla divisione del lavoro sociale,
caratterizzata dalla solidarietà organica e dallo sviluppo delle corporazioni professionali, che tendono a
sostituirsi alle precedenti forme familiari di tipo comunitario anche se, mentre i membri della famiglia
mettono in comune alla totalità della loro esistenza, i membri delle corporazioni mettono in comune solo le
loro preoccupazioni professionali. Anche Durkheim sostiene che la famiglia sarà destinata a perdere la sua
indivisibilità ed efficacia anche se in maniera meno negativa rispetto a Tonnies. Nonostante questo, la
famiglia per Durkheim conserva una funzione essenziale di integrazione come sede di valori morali.
 Talcott Parsons Riprende la problematica relativa alle funzioni della famiglia nucleare nella società
contemporanea sostenendo l'ipotesi della progressiva specializzazione della famiglia come agenzia specifica
di socializzazione e di integrazione sociale. La famiglia contemporanea ha perso molte delle sue funzioni
economiche, educative, ricreative per via dell'importanza che hanno assunto le strutture dell'organizzazione e
produttiva, le scuole, le istituzioni culturali e i mezzi di comunicazione di massa ma essa conserva, secondo
Parsons, la sua funzione indispensabile riguardo all'interiorizzazione dei valori sociali fondamentali, valori nel
campo della formazione affettiva e cognitiva cioè la promozione dell'autonomia dell'individuo. La famiglia
costituisce un'area dove si allentano le tensioni che emergono nel mondo esterno e si rafforzano della vita
sociale.
 Altri sociologi (Adorno, Fromm, Horkheimer, Marcuse) mettono sotto accusa questa funzione della famiglia
denunciando la dipendenza della famiglia dalle forme autoritarie presenti in società e le sue connessioni con le
strutture della proprietà privata.
La famiglia si presenta ad oggi come una struttura che riesce a adattarsi alle diverse esigenze della vita individuale e
collettiva. Inoltre, nonostante non sia più la principale agenzia di socializzazione essa continua a costituire un
importante filtro delle influenze che provengono dalla scuola e soprattutto dai mezzi di comunicazione di massa.
Le istituzioni culturali
Le istituzioni culturali sono sistemi normativi di relazione che assicurano lo svolgimento di funzioni connesse alla
produzione e riproduzione di valori. Tutte le istituzioni sociali sono prodotti culturali che producono a loro volta
cultura. In particolare, poniamo attenzione alle istituzioni che hanno la finalità di produrre forme culturali di tipo
espressivo (produzione di significati), strumentale (tecniche di apprendimento) e normativo (socializzazione). Nella
società contemporanea queste finalità corrispondono alle istituzioni educative come scuola, università, i centri di
ricerca scientifica etc. Mentre le strutture che sono a capo dei mezzi di comunicazione e delle attività ricreative
corrispondono alla forma dell’organizzazione connessa a interessi particolari, anche quando svolgono funzioni
pubbliche.
Un discorso a parte deve essere fatto per la produzione artistica che è difficilmente riconducibile alla forma
istituzionale o a quella delle organizzazioni, ma ha una funzione importante nella produzione e riproduzione di
significati. Vanno inserite in questa sezione anche le istituzioni e le organizzazioni di tipo religioso che hanno una
valenza importante per quanto riguarda la socializzazione e la produzione di valori e modelli normativi. Sia le
istituzioni sia le organizzazioni culturali hanno uno stretto rapporto con l’ambiente naturale e sociale e ciò condiziona
l’agire sociale. La funzione svolta dalla mediazione simbolica e il carattere riduttivo di ogni forma culturale spiegano
la produzione e la riproduzione di cultura che può essere assicurata solo attraverso l’apprendimento e la
comunicazione.
La sociologia della conoscenza ha il compito di studiare i rapporti che intercorrono fra le forme cognitive (filosofia,
scienza etc) e i diversi contesti culturali. Ricordiamo le analisi svolte da Karl Marx, Max Weber, Adorno, Horkheimer.
Il tema dell’interrelazione fra strutture sociali e attività conoscitiva è uscito dal campo di analisi di una sola disciplina
per diventare un riferimento di gran parte delle nuove prospettive teoriche.
Le istituzioni e le organizzazioni culturali sono specializzate nelle istituzioni educative, nei mezzi di comunicazione di
massa, nella produzione artistica e nell’analisi delle forme religiose.
 Le istituzioni educative= hanno la funzione di tramandare il patrimonio culturale abilitando i soggetti sociali a
impadronirsi delle capacità teoriche e pratiche consentite da tale esperienza. Possono essere, inoltre,
considerate strutture di rielaborazione critica e di produzione di forme culturali. E infine, per l’importanza che
hanno nella socializzazione, possono essere considerate anche espressione delle strutture di potere (politico,
amministrativo, economico).
La sociologia dell’educazione studia quindi il funzionamento delle istituzioni educative e i problemi che
nascono dalle dinamiche dei rapporti con la realtà sociale circostante. Per Marx, la scuola della società
borghese era l’espressione delle ideologie della classe dominante e lui voleva fare in modo di trasformare ciò,
in modo che non lo fosse più. Sono gli uomini che trasformano l’ambiente, secondo Marx, e per tanto si deve
affrontare il problema di chi educa gli educatori e questo problema può essere risolto soltanto attraverso una
pratica rivoluzionaria. Per Durkheim la scuola era invece l’espressione delle esigenze funzionali della società.
Weber analizza invece il rapporto tra la scuola e il potere riferendosi alle sue tipologie di potere:
- Potere carismatico> riconoscimento del fatto che eroismo e qualità magiche non si
possono insegnare;
- Potere tradizionale> l’educazione è volta a promuovere menti colte;
- Potere legale> l’educazione è volta a promuovere insegnamenti razionali rivolti al
sapere specialistico-burocratico.
Dopo studi e ricerche di altri autori, come Talcott Parsons, la sociologia dell’educazione è andata
sviluppandosi e sono emerse alcune inadeguatezze della scuola come: la scarsa capacità innovativa dei sistemi
educativi, ritardi culturali, il carattere riduttivo della mediazione simbolica nel rapporto con l’esperienza
collettiva.
 I mezzi di comunicazione= il suo sviluppo è molto recente, essi riflettono gli interessi economici e politici di
gruppi pubblici e privati nella diffusione di informazioni, nelle attività di interpretazione dei processi sociali e
degli eventi storici, nella produzione di orientamenti e valori. Hanno, inoltre, acquistato una rilevanza sempre
maggiore nei processi di costruzione della realtà sociale e possono costituirsi come fonte indipendente di
produzione di significati, centri autonomi di decisione e di potere (terzo potere, accanto a quello economico e
politico).
La diffusione di alcuni prodotti dei mezzi di comunicazione di massa ha dato luogo ad alcuni contrasti in
quelle realtà sociali dove vanno contro le tradizioni culturali locali, suscitando aspettative che in quei contesti
non possono essere soddisfatte. Si crea, attraverso questi mezzi di comunicazione, una cultura di massa che
può essere facilmente manipolata. L’influenza dell’opinion leaders presente in un gruppo è spesso più forte di
quella dei mass media (tv, radio etc)
 La produzione artistica= ha la funzione del coordinamento dell’agire sociale, del rafforzamento del consenso e
di pura espressione della situazione esistenziale dell’uomo nella sua universalità. Si esprime con il limite del
simbolico, si disinteressa dai bisogni concreti e risponde alle esigenze della logica espressiva del simbolico
nel suo rapporto con l’esperienza vissuta. L’arte è quindi una proposta ed invito all’interpretazione e non alla
volontà di persuasione o di imposizione. La sociologia dell’arte ha assunto come oggetto di studio il rapporto
tra l’opera d’arte e le strutture del sistema sociale nel quale viene prodotta. Mette in luce: le modalità di
formazione dei processi creativi, i condizionamenti sociali, l’influenza dell’opera sulle rappresentazioni e sui
comportamenti sociali, le origini sociali, lo status e le funzioni dell’artista. Si mette in luce la complessità del
rapporto tra l’opera d’arte e le strutture del sistema sociale, le posizioni di Marx ed Engels mettono in
evidenza l’incidenza dei condizionamenti socio-economici sull’opera d’arta che viene considerata il
rispecchiamento della realtà storica, mentre le posizioni di weber, Simmel e Scheler sottolineano il carattere
indipendente dell’opera. In particolare, Horkheimer, che condivide la posizione di Weber, ha sottolineato
l’irriducibilità dell’esperienza artistica (l’uomo si spoglia dalla funzionalità sociale e reagisce come singolo)
 Le istituzioni religiose= vengono considerate come agenzie di produzione di significati e hanno una funzione
di mediazione dell’esperienza esistenziale. La religiosità può essere vista come espressione dell’indicibilità
della situazione umana e come tentativo di stabilire un rapporto con il senso che va al di là dei limiti del
dicibile. Tuttavia, l’istituzionalizzazione della religiosità finisce per riprodurre la tendenza di ogni ordine
sociale costituito ad assolutizzarsi. In questo caso assume la funzione di diffusione di valori e modelli
comportamentali che possono favorire il consenso e l’integrazione sociale oppure contrapporsi alla cultura
dominante. Quando la fede religiosa si pone come imposizione dottrinale essa scade a forma di propaganda
ideologica. Pertanto, la sociologia ha rivalutato la dimensione religiosa come elemento essenziale per la
comunicazione dei processi di costituzione dell’ordine sociale.
In una prospettiva di trasformazione delle forme religiose tradizionali a favore di una sorta di religiosità laica,
Comte e Durkheim considerano l’elemento religioso come una componente universale dell’animo umano che
occorre orientare alla promozione della solidarietà sociale. Per Marx la religione è una dimensione
strettamente connessa alle culture sociali, successivamente con Feuerbach, viene vista come una delle
principali cause di alienazione dell’uomo e viene analizzata come prodotto della logica del dominio e dello
sfruttamento. Per Weber la religione viene vista come forma di mediazione culturale che contiene in sé una
visione metafisica del mondo e una concezione etica e ha influenza sulla vita sociale, sul modo di considerare
il potere e sull’attività economica. Infine, per Ernst Troeltsch, la religione viene considerata nel rapporto di
interdipendenza tra elementi soggettivi, gruppi sociali e strutture economiche e viene considerata dotata di una
relativa indipendenza riferendosi al fatto che ha strutture interne proprie e una propria dialettica.
La sociologia della religione si è sviluppata prevalentemente secondo tre orientamenti:
- Orien. Funzionalista> considera la religione in riferimento al problema dell’integrazione
sociale, da un lato la religione offre valori, motivazioni e orientamenti normativi per
l’adattamento degli individui, dall’altro lato è un potenziale elemento di conflitto e di tensione
sociale tra posizioni ideologiche diverse.
- Orien. Fenomenologico> considera la religione come un elemento che collabora alla
costruzione della realtà sociale.
- Orien. Critico> sottolinea il carattere ideologico della religione in quanto funzione sociale
corrispondente a interesse di classe.
Il problema di fondo della sociologia della religione è la definizione stessa di comportamento religioso.
Le istituzioni e organizzazioni economiche
Le istituzioni economiche sono quei sistemi normativi di relazione che regolano l’attività di lavoro, cioè lo scambio e
la distribuzione delle risorse e dei prodotti. Tra le principali formazioni economiche vi sono la proprietà, il mercato, il
sistema monetario e finanziario, gli enti pubblici, le fabbriche, le banche. Anche qui il confine tra istituzione e
organizzazione non è ben delineato. Le prime appaiono come istituzioni vere e proprie (mercato, sistema monetario,
enti pubblici) le secondo appaiono come organizzazioni volte al perseguimento di interessi settoriali (banche,
fabbriche). Le forme istituzionali che presiedono all’attività produttiva hanno presentato grandi variazioni nel corso
del tempo anche per via della cultura dominante. Un contributo fondamentale per la comprensione dell’importanza del
denaro in quanto istituzione sociale è attribuita a Georg Simmel. Per lui, il denaro è la migliore dimostrazione del
carattere simbolico del sociale. La superiorità dello scambio monetario nella società moderna ha avuto conseguenze
indirette sullo stile di vita degli individui aumentando la distanza nei confronti delle cose materiali e della natura,
provocando l’accelerazione dei ritmi di vita e accentuando l’autonomia. La diffusione del sistema monetario da un
lato favorisce l’individualismo poiché apre a maggiori possibilità di scelte autonome ma dall’altro, tende ad eliminare
ogni tinta e ogni orientamento personale.
La sociologia contemporanea si è rivolta allo studio delle forme del lavoro industriale e alle trasformazioni intervenute
nei processi economici a cause della crescente concentrazione di centri di potere economico internazionali.
Weber aveva messo in evidenza il processo in base al quale il sistema capitalista dava vita alle imprese industriali
caratterizzate da criteri di razionalità funzionale. Tali organizzazioni sono dotate di autonomia e segnano una
separazione tra l’ambiente di lavoro e l’ambiente domestico. Sia Weber che Marx hanno mostrato come nel sistema
economico capitalista la produzione tende a svilupparsi unicamente ispirata a criteri di profitto e di accumulazione del
capitale. Mentre, Durkheim, assume una posizione più positiva considerando il fenomeno della divisione del lavoro
sociale come base per la costruzione di nuove forme di solidarietà di tipo organico. La sociologia del lavoro si orienta
così secondo tre direttrici principali:
- La teoria dell’organizzazione del lavoro (scientific management)> si è affermata negli Stati Uniti, in Francia e
in Inghilterra e analizza i problemi dell’azienda dal punto di vista dell’imprenditore e in base a criteri razionali
di massimizzazione dei profitti e di aumento dell’efficienza produttiva. I lavoratori vengono considerati
individui mossi unicamente da interessi di tipo utilitaristico e dal desiderio di guadagno. (Frederick W.
Taylor)
- La teoria delle relazioni umane (human relations)> ha mostrato che il problema del rendimento del lavoratore
non è unicamente riferibile alle condizioni fisiche dell’ambiente di lavoro o agli incentivi salariali, ma deve
anche essere analizzato all’interno di un insieme complesso di relazioni di tipo psicologico e sociale. In
particolare, Elton Mayo mise in evidenza che il lavoratore non agisce come un individuo isolato ma bensì
come membro di un gruppo dal quale provengono motivazioni e criteri che incidono sul lavoro e sul
rendimento. Questo studio dimostra quanto siano importanti i rapporti informali tra i lavoratori e la presenza
di leadership informali.
- La teoria delle organizzazioni> le organizzazioni formali oggi vengono considerate il risultato dei
comportamenti e delle rappresentazioni di un insieme di individui, ciascuno dei quali persegue proprie
finalità. Possono essere analizzate sia nella loro dinamica interna, sia nel rapporto con l’ambiente esterno.
Ciascuna organizzazione ha finalità esplicite ed implicite ed è dotata di propri sistemi normativi e di propri
meccanismi di controllo. La struttura dell’organizzazione può variare da forme caratterizzate da criteri rigidi e
burocratici a forme di tipo associativo spontaneo e partecipativo. Successivamente la sociologia ha mostrato la
relativa autonomia della politica rispetto all’economia.
Settore garantito= forme tradizionali del lavoro nel settore della produzione e dei servizi (privati e pubblici) /
Settore non garantito= attività economiche periferiche della piccola industria cioè attività finalizzate
all’autoconsumo e alla sussistenza a livello locale e familiare.
Le istituzioni e organizzazioni giuridiche e politiche
Le istituzioni giuridiche e politiche sono quei sistemi normativi volti ad assicurare la funzione di amministrazione, di
governo, di rappresentanza e di controllo nel sistema sociale globale. Nelle società industriali le istituzioni giuridiche e
politiche sono rappresentate dallo Stato, con le sue funzioni, dagli enti del governo locali, dai partiti politici e dai
sindacati. Ma quest’ultime due hanno caratteri vicini alle organizzazioni cioè quei gruppi di interesse con strutture più
o meno formalizzate, che possono agire all’interno dell’ordine costituzionale. Non in tutte le forme di società si
possono distinguere istituzioni politiche e giuridiche di tipo autonomo. Nelle società contemporanee sviluppate lo
Stato ha assunto una struttura sempre più complessa, mantenendo sempre le sue tre funzioni (legislative, giudiziari ed
esecutive) ma si è allargato l’ambito dei suoi interventi secondo il modello del Welfare State. Alle origini della teoria
dello Stato moderno vi è la distinzione tra pubblico e privato e tra Stato e società civile che caratterizza il pensiero
politico occidentale. Se Hegel tenta di ricostituire lo stato come sintesi etico-giuridica, successivamente sia il
liberalismo, sia il socialismo e sia il marxismo cercano una nuova unità nella società sociale stessa come forma di
organizzazione autosufficiente che avrebbe dovuto portare al deperimento delle funzioni tradizionali dello stato e alla
sua estinzione. È soltanto con Weber che lo Stato moderno comincia a prendere forma nella teoria sociologica. Weber
coglie l’esigenza di una nuova organizzazione formale unitaria della società indicando:
- I compiti organizzativi sono distribuiti come “funzioni d’ufficio” e i dipendenti sono considerati come esperti
e indipendentemente da ogni rapporto personale;
- La struttura dell’autorità è gerarchica, ogni funzionario è responsabile di sé e dei suoi subordinati verso il
proprio superiore diretto;
- Le decisioni e gli atti ufficiali sono regolati da norme e regole tecniche che garantiscono la continuità
dell’esercizio delle funzioni;
- Il carattere dei rapporti tra funzionari e pubblico è impersonale e l’esecuzione dei compiti d’ufficio è di tipo
materialmente utilitaristico.
Max Weber definisce lo Stato come una comunità la quale, nell’ambito di un determinato territorio pretende per sé il
monopolio dell’uso legittimo della forza fisica. Le due dimensioni fondamentali per lo Stato, secondo Weber, sono
quindi la dimensione territoriale e il controllo legittimo della coercizione fisica, mentre le forme di legittimazione del
potere sono invece da lui individuate nei tre poteri (legale, tradizionale e carismatico). Il problema di fondo dello Stato
è rappresentato, per lui, dalla possibilità di salvare spazi di libertà grazie al riconoscimento del pluralismo delle forze
sociali e dalla relativa autonomia dei diversi ambiti delle attività sociali ed economiche.
Pluralismo> concezione che considera le forze sociali costituite da molteplici principi.
Un altro contributo all’analisi sociologica della dimensione politica si trova nella teoria dell’élite dirigenti di Gaetano
Mosca e di Vilfredo Pareto e nell’applicazione di tali teorie generali ai rapporti interni ai partiti politici di Roberto
Michels.
Mosca> distinzione tra: classe dei governati (monopolio del potere)/classe dei governati(subiscono).
Pareto> classe dirigente/masse. Ritiene che le masse siano spinte da forme emotive irrazionali e da interessi egoistici
per tale motivo non sanno autogovernarsi. L’uso della forza per Pareto è una dimensione essenziale in ogni società e
chi riesce a controllarne l’uso assume una posizione preminenti nella struttura sociale.
Michels> applica questa teoria alle dinamiche interne dei partiti politici e dice che così come le masse si lasciano
guidare e a disinteressarsi dei problemi politici, anche nei partiti che la rappresentano vi sono delle minoranze di
dirigenti che tendono a chiudersi in un gruppo oligarchico. Tutti e tre gli autori concludono in senso scettico riguardo
la possibilità di stabilire effettive condizioni di uguaglianza democratica.
Le teorie dell’élite pur costituendo un valido contributo all’analisi dei complessi problemi legati alla funzione
ineliminabile del potere, risentono del limite di una negazione troppo radicale della possibilità di una distribuzione del
potere che non sia di tipo centralistico.
I modelli delle teorie elistiche di Pareto e di Mosca sono stati ripresi in parte da C. Wright Mills con la sua opera
“L’élite del potere”, dove muove una critica al sistema politico americano dicendo che esso appare come una
democrazia ma in realtà è il prodotto del potere centralizzato di un gruppo ristretto. L’organizzazione formale dello
Stato non sarebbe quindi che il supporto legittimante del dominio effettivo esercitato dal gruppo di potere. Per questa
ragione Mills lo chiama “èlite di potere” piuttosto che classe dirigente. Inoltre, ritiene che il determinismo economico
debbano essere affiancati da quello politico e militare, ciascuno dei quali può essere dotato di un grado considerevole
di autonomia. Una caratteristica essenziale di quest’élite è l’intercambiabilità dei ruoli superiori delle varie
organizzazioni, che permette di mantenere le posizioni dominanti attraverso la sostituzione di un membro con un altro.
Attorno all’élite vi sono i vari consiglieri, i portavoce ecc che formano una sorta di stato maggiore che guida e orienta
l’élite stessa.
Ralph Dahrendorf parte da una critica della teoria di Marx, riprende alcuni concetti weberiani, e tende a precisare i
caratteri assunti dalla classe politica dirigente nella società industriale contemporanea. Dahrendorf pone in evidenza le
particolari forme assunte dal conflitto di classe nella società post-capitaliste e sottolinea la separazione e autonomia
del potere politico rispetto a quello economico. Mentre per Marx la proprietà dei mezzi di produzione coincide con le
posizioni del potere politico, nella società post-capitalista si ha una separazione tra proprietà e le funzioni del controllo
economico e politico.
Lo Stato politico viene visto come un’organizzazione di ruoli che ha una propria struttura, caratterizzata da una
disuguale distribuzione di autorità politica tra gli individui in quanto occupanti determinate posizioni. Dahrendorf
osserva che nello Stato attuale si va ad affermare la forma burocratica di tipo gerarchico.
Classe, per Duhrendorf> diverso da Marx che si riferiva alla stratificazione sociale fondata sui rapporti di produzione
e sulla distribuzione del reddito, viene intesa sul grado di partecipazione dei cittadini all’autorità.
Autorità> ogni forma di potere di tipo legale.
La società politicamente organizzata e la produzione industriale vengono, così, viste come due realtà separate. Ma
Duhrendorf, a differenza di Marx, sostiene che è il potere economico a dipendere dal potere politico.
Tutte le decisioni vengono prese dall’elitè di governo, ma secondo Dahrendorf è il gruppo di interesse al potere che
occupa i vertici delle gerarchie burocratiche (presidente alla camera, primo ministro, giudice della corte
costituzionale), a rappresentare la classe dominante, e quindi a compiere atti decisionali. Quindi pur avendo ruoli
burocratici di dominio, le burocrazie come tali non saranno mai la classe dominante perché sono sempre subordinate.
Il potere della burocrazia non va comunque sottovalutato (può infatti intralciare decisioni prese dal vertice ed è un
organismo che mantiene continuità anche in caso di cambio del governo). Dahrendorf ritiene che la burocrazia sia uno
strumento nelle mani del gruppo di interesse al potere. I gruppi dominanti della società politica costituiscono il ramo
esecutivo, legislativo e giudiziario dello Stato. Darhendorf evidenza quindi, la complessità che esiste nella classe
dominante, rileva l’importanza della burocrazia nelle società industriali. Le sue analisi insieme a quelle di Mills hanno
costituito riferimenti importanti in sociologia per le successive analisi del rapporto tra Stato e classi sociali:
l’autonomia relativa della dimensione politica ormai non viene più messa in discussione nemmeno dai sociologi di
derivazione marxista.
pp.116-129 ⇩
Sempre nella prospettiva dei rapporti tra stato e classi sociali va ricordato il contributo di Randall Collins che
sottolinea la presenza di elementi conflittuali nei rapporti di classe e nella distribuzione del potere. Lo stato, per lui, è
organizzazione della violenza: ”lo stato è l’esercito e la polizia e se questi gruppi non avessero armi allora avremmo
uno stato di tipo classico.” La teoria politica deve analizzare e spiegare i modi in cui la violenza è stata organizzata e
come si sono formate le strutture dello Stato. L’organizzazione militare appare il nucleo dello stato moderno. La
dimensione della coercizione che è propria dello stato, costituisce la “sanzione ultima” della proprietà (terre, beni,
lavoro umano), in quanto ogni governo centralizzato sarà interessato a favorire e regolare legalmente la circolazione
monetaria, il credito e le operazioni di contrattazione commerciale. Vi è, infatti, secondo Collins, uno stretto legame
tra interessi politici e interessi economici. Accanto a questi egli colloca anche gli interessi di status ovvero quegli
interessi connessi alla difesa della propria identità (individuale, di gruppo, di ceto, ecc.) con gli ideali, i simboli e i
rituali sociali che essa comporta. In accordo con la teoria fenomenologica della società, Collins, afferma che le
credenze delle persone nei riguardi del potere sono molto importanti, ecco perché le tattiche del potere
comprenderanno l’organizzazione delle risorse materiali ma anche rappresentazioni rituali tali da far ottenere la
solidarietà delle persone (anche avversari). Si cercano di capire i rapporti tra Stato, strutture economiche e forme
ideologiche delle società. Un contributo importante lo diede la sociologia della politica che pose la sua attenzione
nella trasformazione delle funzioni adempite dallo stato, perché quest’ultimo aveva assunto dei compiti nuovi come la
programmazione economica nel mercato e nella produzione, come nella politica dei prezzi, regolazione sistema
monetario, assistenza pubblica (ospedali, case di ricovero ..) e nei servizi (trasporti, informazione, istruzione,
infrastrutture ..). Tali nuove funzioni avevano modificato il ruolo tradizionale dello Stato e i suoi rapporti con le altre
istituzioni e forze sociali. Mutamento dei partiti politici e sindacati perché si sono visti attribuire compiti connessi alla
gestione di settori importanti della vita economica, assistenziale e dei servizi, con un aumento del loro potere di
controllo e un indebolimento dello Stato ⇨ Crisi dell’immagine sia dei partiti che dello Stato. La complessità dei
compiti assunti dal Welfare State ha provocato problemi nella stessa organizzazione dello Stato, il quale ha spesso
riconosciuto la propria inadeguatezza nel far fronte alle aspettative. Riflessioni di Pizzorno sulla complessità sociale,
riflessioni sulle funzioni dei partiti politici e sul problema della rappresentanza nelle società democratiche. Pizzorno
ha identificato due variabili nell’azione dei partiti:
- la prima, definita come trasmissione della domanda, indica i modi attraverso i quali i partiti fanno proprie e
trasmettono, nella sede politica competente, provvedimenti.
- la seconda definita come delega, riguarda i modi attraverso i quali i membri di una società si identificano con i
partiti diventando solidali con essi.
La prima funzione è anche esercitata dai sindacati e gruppi di interesse. Anche se i partiti dovrebbero presentare
domande legate al bene comune, in realtà propongono spesso domande legate al bene di alcuni, ciò può
compromettere la loro credibilità e base sociale. È proprio in conseguenza alla differenziazione e frammentazione
degli strati e delle categorie sociali che i partiti formulano programmi sempre più generici e trasmettono domande
sempre più particolaristiche connesse a gruppi di interesse, in vista del mantenimento del rapporto clientelare. Con la
fine del 900 la riflessione sociologica sulle istituzioni politiche è passata da analizzare i processi di trasformazione che
hanno investito tali istituzioni in conseguenza del fenomeno della globalizzazione ⇨ (concreta strutturazione del
mondo come un tutto).
1. Primo elemento di omologazione> è il voler ottenere il benessere materiale che può essere raggiunto grazie
allo sviluppo del sapere scientifico e tecnologico, nonché delle forme di produzione e di distribuzione di tipo
industriale.
2. Secondo elemento di omologazione> consolidarsi delle strutture di tipo transnazionale a livello economico e
politico. (es. ONU)
3. Terzo elemento di omologazione del processo di globalizzazione> legato alla diffusione su scala mondiale dei
mezzi di comunicazione di massa e delle nuove tecniche informatiche. Il problema che si pone è se la
globalizzazione porti alla formazione di nuove identità, di appartenenza e solidarietà a livello mondiale oppure
se i suoi effetti siano quelli di diffondere un disorientamento e di impotenza delle istituzioni tradizionali di
comprendere la crescente complessità che si è venuta a determinare. Comunque sia le condizioni della
globalizzazione hanno provocato l’accentuazione del ruolo dei movimenti sociali particolaristici di tipo
etnico, religioso, legati alla difesa di interessi locali o settoriali.

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